N. 100 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2017

Ordinanza del 16 marzo  2017  del  Presidente  delegato  della  Corte
d'appello di Salerno sul ricorso proposto da Apicella Gaetano  contro
Ministero della giustizia. 
 
Patrocinio a spese dello Stato - Esclusione  dalla  liquidazione  dei
  compensi al difensore e al consulente tecnico di parte - Previsione
  che il compenso per le impugnazioni coltivate dalla  parte  non  e'
  liquidato se le stesse sono dichiarate inammissibili. 
- Decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115
  (Testo unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
  materia di spese di giustizia), art. 106. 
(GU n.33 del 16-8-2017 )
 
                     CORTE DI APPELLO DI SALERNO 
                           SEZIONE CIVILE 
 
    Il Presidente delegato,  a  scioglimento  della  riserva  assunta
all'udienza del 7 marzo 2017, pronuncia la seguente  ordinanza  nella
causa iscritta al n. 1071/2016 R.G., promossa ex art.  15,  comma  5,
decreto  legislativo  n.  150/2011  e  art.  702-bis  del  codice  di
procedura  civile  dall'avvocato  Apicella Gaetano,  rappresentato  e
difeso da se stesso ed elettivamente domiciliato  presso  il  proprio
studio professionale, in Agropoli  (SA),  alla  via  Amendola  n.  3,
ricorrente, e Ministero della giustizia, in persona del Ministro  pro
tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura  distrettuale
dello Stato di Salerno ed elettivamente domiciliato presso la stessa,
in Salerno, corso V. Emanuele n. 58, resistente; 
 
                           Motivi di fatto 
 
    In data 3 novembre 2009 la Corte d'appello di Salerno emetteva la
sentenza di condanna n. 1458/09  nei  confronti  del  signor  Marotta
Angelo, imputato appellante contro la sentenza resa dal Tribunale  di
Vallo della Lucania per il reato  di  cessione  di  stupefacenti  nel
procedimento penale n. 309/96  r.g.n.r.,  ammesso  al  beneficio  del
patrocinio a spese dello Stato, confermando  la  decisione  di  primo
grado e condannando il Marotta alla pena di anni tre e  mesi  sei  di
reclusione ed euro 10.000,00 di multa, oltre il pagamento delle spese
processuali. 
    La notifica dell'avviso di deposito della sentenza  e  l'estratto
contumaciale risultavano, pero', erronei e contra legem per non  aver
messo l'imputato in condizione di  identificare  compiutamente  e  di
conoscere il reale contenuto  e  le  motivazioni  della  sentenza  di
condanna.  La  motivazione   della   sentenza   risultava,   infatti,
assolutamente illogica ovvero riferibile a fatti del tutto diversi ed
inconferenti rispetto ai fatti realmente ad oggetto del  procedimento
penale n. 309/96 r.g.n.r. 
    Il difensore del signor  Marotta,  l'avvocato  Gaetano  Apicella,
proponeva ricorso  per  Cassazione,  chiedendo  la  restituzione  nel
termine per l'impugnazione ed eccependo la mancata  conoscenza  della
reale motivazione della sentenza e la conseguente  impossibilita'  di
esercitare il diritto all'impugnazione nel merito e  depositava  tale
ricorso il giorno 18 febbraio 2010, entro  il  termine  di  legge  di
trenta  giorni  dalla  notifica  dell'estratto  contumaciale,  previo
pregiudizio del diritto di impugnazione nel  merito  dell'imputato  e
lesione del diritto di difesa. 
    Dopo la  proposizione  del  ricorso  per  Cassazione  e  dopo  la
scadenza del termine per proporlo, la Corte  di  appello  di  Salerno
autonomamente adottava, in data 13 aprile 2010, un'ordinanza con  cui
rilevava l'erronea  formazione  degli  atti  notificati  all'imputato
contumace  ed  ordinava  la  rinnovazione  di   ogni   consequenziale
adempimento, inclusa la notifica dell'estratto al signor Marotta. 
    La sesta sezione penale della Corte  di  cassazione,  a  cui  era
stato assegnato il ricorso, all'udienza in Camera  di  Consiglio  del
giorno  8  luglio  2010,  dichiarava  inammissibile  il  ricorso  per
sopravvenuta mancanza di interesse, preso atto  dell'ordinanza  medio
tempore adottata dalla Corte di appello di Salerno. 
    Con decreto  del  18  novembre  2016,  notificato  il  giorno  21
novembre 2016, la  Corte  di  appello  di  Salerno,  sezione  penale,
rigettava  la  richiesta  di  liquidazione  dei  compensi   spettanti
all'avvocato  Apicella  per  le  attivita'  difensive  espletate  per
l'imputato ammesso al beneficio del patrocinio a spese  dello  Stato,
motivando che «l'art. 106 del d.P.R. n. 115/2002  stabilisce  che  il
compenso per le impugnazioni coltivate dalla parte non  e'  liquidato
se le stesse sono  dichiarate  inammissibili,  senza  operare  alcuna
distinzione circa la causa dell'inammissibilita'». 
    L'avvocato Gaetano Apicella proponeva ricorso  in  opposizione  a
decreto di pagamento di difensore di parte ammessa  al  patrocinio  a
spese dello  Stato,  il  n.  621/15,  chiedendo  di  provvedere  alla
liquidazione  dei  compensi  professionali  in  suo  favore   e,   in
subordine, di  sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002
per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione. 
 
                          Motivi di diritto 
 
    Secondo quanto disposto dall'art. 106 del decreto del  Presidente
della   Repubblica   n.   115/2002,   rubricato   «Esclusione   dalla
liquidazione dei compensi al difensore e  al  consulente  tecnico  di
parte, 
        «il compenso per le impugnazioni coltivate dalla parte non e'
liquidato se le stesse sono dichiarate inammissibili. 
        Non possono  essere  liquidate  le  spese  sostenute  per  le
consulenze  tecniche  di  parte  che,   all'atto   del   conferimento
dell'incarico, apparivano  irrilevanti  o  superflue  ai  fini  della
prova». 
    Dalla lettera della legge si evince, dunque, che il  compenso  al
difensore di parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese  dello
Stato non viene liquidato  qualora  l'impugnazione  venga  dichiarata
inammissibile,  senza  distinzione  alcuna  in  merito   alla   causa
d'inammissibilita'. La ratio di tale norma  risiede  nel  divieto  di
condurre, a spese dello Stato e dunque dei contribuenti, un'attivita'
difensiva irrilevante, superflua e meramente dilatoria.  Il  precetto
normativo non e' suscettibile di interpretazione e non lascia  spazio
a casi nei quali non sia ravvisabile la ratio che sostiene la norma. 
    Nel caso in esame, pero', nel  momento  in  cui  il  ricorso  per
Cassazione e' stato proposto, l'interesse a ricorrere  sussisteva  ed
e' venuto successivamente meno, prima della decisione  della  Suprema
Corte, per cause non  addebitabili  al  ricorrente.  Si  legge  nella
stessa sentenza della Corte  di  cassazione  che  «le  deduzioni  del
ricorrente sono fondate ma il provvedimento  adottato  medio  tempore
dalla Corte di appello  di  Salerno  ha  determinato  il  venir  meno
dell'interesse al ricorso». 
    L'inammissibilita' dell'impugnazione non  e'  ricollegabile  alla
responsabilita' del ricorrente  e  l'attivita'  difensiva  svolta  in
favore della parte ammessa al patrocinio a spese dello  Stato  e'  da
considerarsi legittima, opportuna e necessaria. 
    L'art.  106  del  decreto  del  Presidente  della   Repubblica n.
115/2002 si pone in contrasto, in primo luogo,  con  l'art.  3  della
Carta costituzionale, in particolare del comma  2,  che  sancisce  il
principio fondamentale di uguaglianza sostanziale, in  quanto  l'art.
106 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  115/2002  non
prevede  un  trattamento  differenziato  di  situazioni  diverse,  ma
considera inammissibile un  ricorso  senza  tener  conto  del  motivo
dell'inammissibilita',   che,   nel   caso    di    specie,    deriva
dall'emanazione  di  un  provvedimento  medio  tempore  che  ha  reso
inammissibile il ricorso per sopravvenuta mancanza di interesse. 
    Strettamente connesso  al  principio  di  uguaglianza  vi  e'  il
diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione, anch'esso
violato dall'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
115/2002 nella misura in cui  e'  un  diritto  inviolabile  agire  in
giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi  legittimi  ed
esso risulterebbe precluso laddove non venisse liquidato un  compenso
per un ricorso  che,  quando  proposto,  risultava  ammissibile,  con
evidente sperequazione tra la situazione dei  cittadini  che  non  si
valgono del gratuito patrocinio rispetto  a  quelli  che  si  trovano
nelle condizioni per fruirne, perche' questi ultimi, diversamente dai
primi, risulterebbero  danneggiati  dalla  possibilita'  del  mancato
compenso. 
    In particolare risulterebbero violati i commi 2 e 3 dell' art. 24
della Costituzione, nella parte in cui esso fa  riferimento  ad  ogni
giurisdizione e ad ogni grado del procedimento. 
    Infine, l'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica n.
115/2002 si pone in contrasto anche con l'art. 36 della  Costituzione
che sancisce il diritto ad un'equa retribuzione, violato qualora  non
fosse liquidato il compenso a chi ha effettivamente svolto il proprio
lavoro proponendo un'impugnazione di fatto ammissibile  ma  che,  per
motivi sopravvenuti, non veniva accolta. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Letti  gli  articoli  134  della  Costituzione,  1  della   legge
costituzionale n. 1/1948 e 23 della legge n. 87/1953,  il  Presidente
delegato: 
        dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 106  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 per contrasto con
gli articoli 3, comma 2, 24 commi 2 e 3, 36 della Costituzione; 
        sospende il presente giudizio; 
        ordina che, a cura della Cancelleria, la  presente  ordinanza
venga notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri
nonche' comunicata al Presidente del Senato  e  al  Presidente  della
Camera dei deputati; 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti,  comprensivi
della documentazione attestante il perfezionamento  delle  prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
 
          Salerno, 16 marzo 2017 
 
                 Il Presidente delegato: de Filippis