N. 138 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 aprile 2017
Ordinanza del 6 aprile 2017 del Tribunale di Sondrio nel procedimento civile promosso da Societa' Agricola Melavi' - Societa' cooperativa contro I.N.P.S.. Legge - Abrogazione - Previsione che include l'articolo 8 della legge 25 luglio 1952, n. 991, tra le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore. - Decreto legislativo 1 dicembre 2009, n. 179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246), [art. 1, comma 1,] Allegato 1, voce n. 1266.(GU n.41 del 11-10-2017 )
TRIBUNALE DI SONDRIO Il Giudice del lavoro, esaminati gli atti della causa n. 230/16 R.G. pendente innanzi a questo Tribunale tra l'attrice Societa' Agricola Melavi' - Societa' cooperativa e il convenuto I.N.P.S.; ha emesso la seguente Ordinanza La presente causa ha ad oggetto la pretesa giudiziale dell'attrice di accertamento del proprio diritto a beneficiare dell'esenzione dal pagamento dei contributi in forza del disposto di cui all'art. 8, legge 25 luglio 1952, n. 991, con la conseguente condanna dell'INPS a ripeterle - nei limiti della prescrizione - le somme versate a tale titolo, pari a complessivi € 1.346.704,94, oltre accessori di legge. I fatti sono pacifici tra le parti, e comunque sono ben documentati in atti. L'attrice gestisce un'azienda agricola in un territorio classificato come montano, avvalendosi di personale alle proprie dipendenze con qualifiche di operaio a tempo indeterminato e a tempo determinato. L'attrice invoca l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati ex art. 8, legge 25 luglio 1952, n. 991, contestando che tale norma sia mai stata oggetto di abrogazione, ne' espressa ne' tacita. L'attrice ha argomentato in proposito ricostruendo l'evoluzione normativa nella materia de qua, e sostiene che un riscontro decisivo e insuperabile della fondatezza della propria tesi si desumerebbe dal decreto legislativo n. 179/09, diretto a individuare le norme «delle quali e' indispensabile la permanenza in vigore» che ha esplicitamente collocato alla voce n. 1266 dell'Allegato 1, tra «le singole disposizioni che restano in vigore», proprio l'art. 8, legge n. 991/52. Tale dato formale, che secondo l'attrice e' anche sostanziale, non potrebbe essere superato a mezzo di una mera disapplicazione della norma avente forza di legge di cui al decreto legislativo n. 179/09, come fatto dalla Cassazione nelle sue sentenze 1920 del 22 agosto 2013 e 7976 del 20 aprile 2016, essendo in siffatta ipotesi il Giudice tenuto a sollevare una correlativa questione di legittimita' costituzionale. L'attrice chiede quindi in sostanza in via principale accogliersi la sua domanda giudiziale sul riscontrato presupposto della permanente vigenza del cit. art. 8, legge n. 991/52; in via subordinata, laddove il Giudice ritenesse di aderire alla tesi dell'abrogazione tacita dell'art. 8, sollevarsi in proposito una questione di 1° comma del decreto legislativo n. 179/09. L'INPS non contesta in fatto quanto allegato dall'attrice, basando al contrario la propria resistenza in giudizio esclusivamente sull'allegazione della sopravvenuta abrogazione tacita del cit. art. 8, ritenuta dalla giurisprudenza da ultimo prevalente e in particolare dalla giurisprudenza di legittimita' sopra citata. Su tale presupposto, e mancando quindi nel nostro ordinamento giuridico la norma di esenzione ex adverso invocata dall'attrice, il convenuto chiede il rigetto della pretesa di quest'ultima. Occorre dunque innanzitutto verificare se l'art. 8, legge n. 991/52 sia effettivamente ancora in vigore, giusta la ricostruzione ermeneutica proposta dall'attrice e giusta la ricognizione operata dal Legislatore col decreto legislativo n. 179/09: in tal caso la presente controversia e' senz'altro decidibile fin d'ora (con l'accoglimento della domanda giudiziale dell'attrice). In proposito il Giudice, esaminate e valutate attentamente le argomentazioni delle parti, ritiene di aderire in pieno al complesso, approfondito ed esaustivo percorso argomentativo in proposito esposto dalla Corte di Cassazione nella gia' cit. sentenza n. 7976/13 (avvalendosi anche di «una relazione del Massimario sui coordinamento sistematico delle norme sugli sgravi contributivi in questione, che tenga conto delle disposizioni richiamate nella presente fattispecie, e in considerazione della confermata vigenza della legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8 (cfr, decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 - Supplemento ordinario G.U. n. 237 del 2009) e delle altre disposizioni nei frattempo intervenute»). Onde evitare rielaborazioni lessicali, si trascrivono qui di seguito siffatte argomentazioni, che vengono integralmente recepite e fatte proprie da questo Giudice. «Deve essere esaminato per primo, in ordine logico, il secondo motivo, nel quale - come afferma anche l'Istituto ricorrente - viene affrontata la questione centrale della presente controversia, rappresentata dalla determinazione dei tipo di sgravio da applicare in favore della Vaira e in riferimento al periodo contributivo di cui si tratta: se, cioe', sia applicabile lo sgravio contributivo totale (previsto dalla legge n. 991 del 1952, art. 8) per i datori di lavoro che operano in territori montani o se, invece, in conseguenza dell'abrogazione dell'art. 8 cit. da parte della legge n. 67 del 1988, sia applicabile lo sgravio contributivo parziale di cui alla stessa legge n. 67 del 1988, art. 9, comma 5, anch'esso previsto in favore dei datori di lavoro agricoli che operano in territori montani. Il motivo e' fondato, per le ragioni di seguito esposte. 5.1. - Per una migliore comprensione della suddetta questione appare opportuno effettuare una ricostruzione del quadro normativo e della giurisprudenza costituzionale di riferimento in materia di esonero dal pagamento dei contributi agricoli in favore delle imprese ubicate in zone montane, con le seguenti avvertenze: a) tale normativa di favore trova il suo fondamentale riferimento nell'art, 44 Cost., comma 2, secondo cui «la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane»; b) in ambito giuridico non si rinviene una unica e generale definizione di «zone montane» e/o di «territori montani», perche', nel diritto interno, tale definizione muta a seconda delle finalita' perseguite dal legislatore, mentre la definizione di «montagna» adottata nell'ordinamento comunitario - ai sensi della direttiva 1975/268 e del regolamento n. 1698/2005 - non coincide con quella propria della nostra legislazione nazionale, la quale, a sua volta, e' diversa rispetto alle definizioni adottate in altri Paesi della U.E.; c) l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli nei territori montani originariamente e' stata prevista come estensione delle analoghe esenzioni fiscali, anche se con l'adozione di un criterio di individuazione dei territori di applicabilita' del beneficio contributivo piu' rigido di quello stabilito per il beneficio fiscale; d) il beneficio dell'esenzione contributiva di cui si tratta nella presente controversia si riferisce ai contributi che l'imprenditore agricolo e' tenuto a versare per i propri lavoratori dipendenti, sicche' esso si differenzia dai contributi previdenziali dovuti dai coltivatori diretti, mezzadri e coloni, situazione disciplinata da una diversa normativa di cui non si dara' conto (su tale distinzione, vedi, per tutte: Cass. 24 ottobre 2000, n. 13981 ). 5.2. - Fatte queste premesse, i principali passaggi dell'evoluzione della normativa e della giurisprudenza nella materia qui considerata, tenendo conto anche della acquisita relazione del Massimario di questa Corte, possono essere ricostruiti, come segue: 1) Decreto legislativo 27 giugno 1946, n. 98 - ratificato dall'art. unico della legge 28 dicembre 1952, n. 4437 e poi abrogato dal D.L. 22 dicembre 2008, n. 200 art. 2, convertito dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9 - il cui art. unico, per primo, conteneva il riferimento all'altitudine di 700 metri s.l.m., esentando dall'imposta sui terreni e da quella sul reddito agrario i comuni il cui centro abitato fosse situato ad un'altitudine non inferiore alla suindicata altitudine; 2) Decreto legislativo C.P.S. 7 gennaio 1947, n. 12 - anch'esso abrogato dal D.L. n. 200 del 2008 cit., art. 2 - il quale, modificando la norma sopra richiamata, concesse l'esenzione dalle menzionate imposte a tutti i terreni siti a quota non inferiore ai 700 metri, estendendola, a domanda, anche a quelli che si trovassero solo in parte a detta altitudine; 3) Legge 25 luglio 1952, n. 991, che provvide alla prima disciplina organica in materia di «territori montani», procedendo (all'art. 1, poi abrogato dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, art. 29) ad una piu' precisa e diversa determinazione di tali territori, non legata al mero dato altimetrico, dal quale si stabili che potesse addirittura del tutto prescindersi, essendo stata attribuita alla Commissione censuaria centrale la facolta' di includere nell'elenco dei comuni considerati territori montani, quelli, o porzione di quelli, «anche non limitrofi ai precedenti, i quali, pur non trovandosi nelle condizioni di cui al comma 1 del presente art., presentino pari condizioni economico-agrarie»; 4) l'art. 3 della legge stessa (rubricato: «Agevolazioni fiscali») estendeva le agevolazioni fiscali previste dal decreto legislativo C.P.S. n. 12 del 1947 ai territori montani cosi' individuati "con le stesse modalita'" stabilite in tale ultimo decreto legislativo, e quindi con applicazione anche ai terreni che solo in parte si trovassero ad una altitudine non inferiore ai 700 metri s.l.m.; 5) lo stesso art. 8, introdusse, per la prima volta, l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati, tuttavia, per la relativa applicabilita' adotto' un criterio piu' rigido di quello stabilito per le agevolazioni fiscali (attraverso il suddetto richiamo al decreto legislativo C.P.S. n. 12 del 1947) perche' specifico' che l'esenzione dai pagamento dei contributi unificati in agricoltura era limitata ai soli «terreni situati a quota non inferiore ai 700 metri s,l.m.», cosi' adottando il solo criterio altimetrico di identificazione; 6) il Decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1958, n. 645, articoli 58 e 68 (Approvazione del testo unico delle leggi sulle imposte dirette) hanno previsto una nuova normativa in materia di esenzione fiscale dei terreni montani e di imposta sul reddito dominicale dei terreni, diversa da quella dettata dalla legge n, 991 del 1952, art. 8, cosi' tacitamente abrogando tale art. 8, per la parte relativa alle agevolazioni fiscali ivi contemplate (come affermato da Cass. 12 novembre 1977, n. 4909, sulla quale vedi oltre); 7) la successiva legge 3 dicembre 1971, n. 1102, istitutiva delle Comunita' montane, adottando identici criteri di qualificazione - dopo aver proclamato all'art. 1 che la propria finalita' era quella di «promuovere, in attuazione dell'art. 44 Cost., u.c. e art. 129 Cost., la valorizzazione delle zone montane, favorendo la partecipazione delle popolazioni, attraverso le Comunita' montane» - all'art. 3 (poi abrogato dalla legge n. 142 del 1990, art. 29, comma 7, lett. b) stabili' che «i territori montani sono quelli determinati in applicazione della legge 25 luglio 1952, n. 991, articoli 1, 14 e 15, dell'art. unico della legge 30 luglio 1957, n. 657 e della L.R. Trentino- Alto Adige 8 febbraio 1956, n. 4 art. 2» (tutte disposizioni che non considerano l'altitudine di almeno 700 metri s.l.m. tra i requisiti sufficienti), soggiungendo, che «la classifica dei territori montani predetti sara' valida a qualsiasi effetto di legge e di regolamento»; 8) Cass. 12 novembre 1977, n, 4909, intervenendo nella materia, stabili' che la legge n. 1102 del 1971, art. 12, comma 5, secondo cui «le agevolazioni fiscali di cui alla legge 25 luglio 1952, n, 991, art. 8, sono estese all'intero territorio montano», comportava l'applicazione dell'esenzione dei datori di lavoro dal pagamento dei contributi unificati per l'agricoltura «non solo ai territori siti ad un'altitudine superiore a settecento metri sul livello del mare - che gia' beneficiavano dell'esenzione a norma dello stesso art. 8 - ma anche a quelli di altitudine inferiore rientranti nella categoria descritta dalla stessa legge n. 991, art. 1. Infatti il citato art. 8 disponeva bensi' anche le esenzioni dall'imposta sui reddito dominicale e dall'imposta sul reddito agrario, ma queste sono state disciplinate nuovamente dagli articoli 58 e 68 del testo unico sulla finanza locale, che hanno in tal modo parzialmente e tacitamente abrogato l'art. 8, potendo cosi riferirsi la legge n. 1102 del 1971, art. 12 alla sola, sopra nominata, esenzione del pagamento dei contributi unificati»; 9) poco dopo il D.L. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 7, comma 1, convertito in legge dalla legge 27 febbraio 1978, n. 41, con norma interpretativa, stabili' che «dall'estensione delle agevolazioni fiscali all'intero territorio montano, disposta dalla legge 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 12, u.c., deve intendersi esclusa l'esenzione dai pagamento dei contributi agricoli unificati di cui al R.D.L. 28 novembre 1938, n. 2138, e successive modificazioni ed integrazioni», riconfermando, al comma 2, che «le imprese con terreni ubicati ad una altitudine non inferiore ai 700 metri sul livello del mare continuano ad essere esonerate dai contributi agricoli anzidetti»; 10) il successivo art. 8 del D.L. cit. disponeva che, con decorrenza dal 1° gennaio 1978, «nei territori montani di cui alla legge 25 luglio 1952, n. 991, e successive modificazioni ed integrazioni, situati al di sotto dei 700 metri di altitudine, i contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per i lavoratori agricoli dipendenti sono ridotti del 40 per cento. Tale riduzione non si applica ai contributi base dovuti per l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti. A decorrere dalla data di cui al comma 1 e' abrogato il regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, l'art. 15, comma 2, e cessano di avere efficacia i provvedimenti agevolati disposti in attuazione dell'art. medesimo»; 11) la Corte costituzionale, con la sentenza n. 370 del 1985 - rilevando inadeguatezza dell'adozione del solo criterio altimetrico per la determinazione del regime contributivo da applicare nelle zone montane - ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale: a) della legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8 e D.L. 23 dicembre 1977, n. 942 cit., art. 7, «nelle parti in cui non prevedono l'esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura anche per i terreni compresi in territori montani ubicati ad altitudine inferiore ai 700 metri sul livello del mare»; b) dello stesso D.L. n. 942 del 1977, art. 8, «in quanto si limita a ridurre del 40 per cento (a decorrere dal 1° gennaio 1978) l'entita' dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per i lavoratori agricoli dipendenti nei territori montani siti a quota inferiore ai 700 metri, anziche' prevedere l'esenzione totale dal pagamento»; 12) con la legge 11 marzo 1988, n. 67. art, 9, sono state previste agevolazioni contributive parziali in favore dei datori di lavoro agricolo operanti nei territori montani di cui al decreto del Presidente della Repubblica, 29 settembre 1973, n. 601, art. 9 e nelle zone svantaggiate, delimitate ai sensi della legge 27 dicembre 1977, n. 984 art. 15 (su tali agevolazioni si tornera' piu' avanti); 13) la stessa Corte costituzionale, con la successiva sentenza n. 254 del 1989, ha, invece, dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale del D.L. 29 luglio 1981, n. 402, art. 13, u.c., convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537 e della legge 11 marzo, 988, n. 67, art. 9, punto 5, relativi al regime contributivo delle zone agricole svantaggiate. La Corte costituzionale ha, in primo luogo, precisato che la precedente sentenza n. 370 del 1985, non ha escluso che, nei terreni montani, la corresponsione dei contributi possa essere contemplata, purche' cio' avvenga senza un semplice collegamento al casuale criterio altimetrico. Quindi ha sottolineato che la individuazione puntuale delle zone agricole svantaggiate, basata sulla disciplina di cui alla legge 27 dicembre 1977, n. 984, e' governato da peculiari principi che sono diversi da quelli che propriamente attengono, invece, ai terreni montani, anche per quel che concerne l'esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura; 14) la legge 8 giugno 1990, n. 142, art. 28, (poi modificato dalla legge 3 agosto 1999, n. 265, art. 7, comma 1) e art. 29, successivamente abrogati dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, delinearono le funzioni e i compiti delle Comunita' montane e abrogarono: a) la legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 1, come sostituito dall'art. unico della legge 30 luglio 1957, n. 657, e la citata legge n. 991 del 1952, art. 14, comma 2; b) della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, articoli 3, 4, 5 e 7; 15) per effetto dell'abrogazione della legge n. 991 del 1952, art. 1 venne meno, per le agevolazioni fiscali, il potere di classificazione dei territori montani della Commissione censuaria nazionale operante presso il Ministero delle Finanze; 16) la legge 31 gennaio 1994, n. 97, che, all'art. 1, comma 3, ha stabilito che: «Quando non diversamente specificato, le disposizioni della presente legge si applicano ai territori delle comunita' montane delimitate ai sensi della legge 8 giugno 1990 n. 142, art. 28. Ai fini della presente legge, per "comuni montani" si intendono "comuni facenti parte di comunita' montare" ovvero "comuni interamente montani classificati tali ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e successive modificazioni" in mancanza della ridelimitazione»; 17) Peraltro, la legge n. 1102 cit., articoli 3, 4, 5 e 7 erano gia' stati abrogati dalla legge n. 142 del 1990, sicche' il suddetto richiamo, contenuto nella legge n. 97 cit., alla legge n. 1102 medesima non poteva - e non puo' - essere interpretato come un indiretto rinvio alla definizione di terreni montani contenuta nella legge n. 991 del 1952, visto che, nella legge n. 1102 cit., il richiamo a quest'ultima definizione era contemplato dall'art. 3 abrogato; 18) La legge n. 97 del 1994, successivo art. 18 (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 25 dicembre 1995, n. 213, art 1), ha previsto, poi, una ipotesi di esonero previdenziale, stabilendo che: «le imprese e i datori di lavoro aventi sedi ed operanti nei comuni montani, in deroga alle norme sul collocamento della mano d'opera, possono assumere senza oneri previdenziali, a tempo parziale, ai sensi del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, o in forma stagionale, coltivatori diretti residenti in comuni montani, iscritti allo SCAU»; 19) Intanto, con decorrenza 1° luglio 1995, il Servizio per i contributi agricoli unificati (SCAU) e' stato soppresso e le relative funzioni con il personale sono stati trasferiti all'INPS e all'INAIL secondo le rispettive competenze, per effetto della legge 23 dicembre 1994, n. 72, art. 19; 20) Il decreto legislativo n. 267 del 2000 cit. articoli 27 e 28 hanno poi sostituito e sostanzialmente recepito la legge n. 142 del 1990 cit., articoli 28 e 29 in materia di comunita' montane, senza peraltro contenere alcuna specifica normativa rilevante per il presente giudizio, ad eccezione del decreto legislativo n. 267 cit., art. 28, comma 6, che stabilisce che: «Gli interventi finanziari disposti dalle Comunita' montane e da altri soggetti pubblici a favore della montagna sono destinati esclusivamente ai territori classificati montani», senza, peraltro, individuare ne' il soggetto competente alla determinazione dei territori montani ne' i parametri di riferimento per tale determinazione; 21) La Corte costituzionale nelle sentenze n. 244 e n. 456 del 2005; n. 397 del 2006 ha affermato che la disciplina delle comunita' montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel decreto legislativo n. 267 del 2000, rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni ai sensi dell'art. 117 Cost., comma 4; 22) La legge 24 dicembre 2007 n. 244, art. 2, commi da 17 a 22, ha previsto il riordino delle Comunita' montane, con finalita' di riduzione, a regime, della spesa corrente per il funzionamento di tali enti per un importo pari almeno ad un terzo della quota del fondo ordinario assegnata per l'anno 2007 alle comunita' montane presenti nella Regione; 23) La Corte costituzionale, con sentenza n. 237 del 2009 - nell'esaminare tale ultima disciplina come modificata dal D.L. 3 giugno 2008, n. 97, art. 4-bis, commi 5 e 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129 - ha, fra l'altro, dichiarato non fondata, anche alla luce dell'art. 44 Cost., comma 2, la questione di legittimita' costituzionale relativa ai suindicati commi 17 e 18, dettati con l'obiettivo della riduzione della spesa corrente per il funzionamento delle Comunita' montane; 24) Tale ultimo comma, fra l'altro, stabilisce che le Regioni, nell'adozione delle leggi regionali in materia, devono tenere conto di taluni «principi fondamentali», tra i quali: «a) riduzione del numero complessivo delle comunita' montane, sulla base di indicatori fisico-geografici, demografici e socioeconomici e in particolare: della dimensione territoriale, della dimensione demografica, dell'indice di vecchiaia, del reddito medio pro capite, dell'acclivita' dei terreni, dell'altimetria del territorio comunale con riferimento all'arco alpino e alla dorsale appenninica, del livello dei servizi, della distanza dal capoluogo di provincia e delle attivita' produttive extra agricole»; 25) Il Giudice delle leggi ha sottolineato come il suddetto comma 18, in relazione ai contenuti delle leggi regionali da adottare ai sensi del precedente comma 17, si limita e porre a disposizione delle Regioni una serie di indicazioni che vengono ad integrare, in un rapporto di complementarita', quelle contenute nel citato art. 27, comma 7, del testo unico sugli enti locali, secondo cui «ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle Regioni e delle comunita' montane, le Regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'ambito territoriale delle singole comunita' montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficolta' nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilita' ecologica, dei rischi ambientali e della realta' socio-economica»; 26) La Corte, nella stessa sentenza, ha anche dichiarato l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dello stesso art. 2 cit., comma 19, secondo cui: «i criteri di cui al comma 18 valgono ai fini della costituzione delle comunita' montane e non rilevano in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali», dopo avere escluso che la norma abbia capacita' lesiva degli ambiti di autonomia regionale, il Giudice delle leggi ha ricordato che una disposizione analoga era gia' contenuta nel decreto legislativo n. 267 del 2000, art. 27, comma 5, in base al quale la legge regionale puo' escludere dalla comunita' montana i comuni che presentino determinate caratteristiche, ma «l'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali»; 27) L'indirizzo interpretativo espresso nella suindicata sentenza - nel senso della legittimita' di interventi legislativi statali aventi l'obiettivo di ridurre gli oneri della finanza pubblica, pure se incidenti sull'autonomia di spesa delle Regioni in genere e su ogni tipo di potesta' legislativa regionale, compresa quella residuale in materia di comunita' montane - e' stato seguito, con riguardo a differenti fattispecie, nelle successive sentenze 326 del 2010; n. 91 e 207 del 2011; n. 151 del 2012; 28) Contemporaneamente e anche negli anni successivi cui risalgono gli interventi legislativi dianzi descritti il settore e' stato oggetto di numerosi ulteriori interventi legislativi, aventi come specifico oggetto la generale disciplina degli sgravi contributivi riferita ai territori montani, la cui identificazione e' stata effettuata tramite il rinvio all'elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, art. 9 (in materia di agevolazioni tributarie), tranne che per le zone di montagna svantaggiate, ai sensi del decreto legislativo 16 aprile 1997, n. 146, art. 2, per le quali si e' fatto riferimento alla deliberazione del CIPE 25 maggio 2000. In particolare: - con il D.L. 22 maggio 1993, n. 155, art. 10, convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 243 venivano elevate le percentuali dei contributi agricoli previste dalla legge n. 67 del 1988, art. 9, comma 5, a carico del datore di lavoro e dei lavoratori; - con la legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, comma 27, veniva sostituito la legge n. 67 del 1988, art. 9, comma 5 (e venivano introdotti i commi 5-bis e 5-ter, onde rafforzare la parte sanzionatoria della normativa), sicche', i premi ed i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali, dovuti dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, occupato a tempo indeterminato e a tempo determinato nei territori montani di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, art. 9 venivano «fissati nella misura del 20 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 25 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1995 e del 30 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996» (mentre i predetti premi e contributi dovuti dai datori di lavoro agricolo operanti nelle zone agricole svantaggiate, delimitate ai sensi della legge 27 dicembre 1977, n. 984, art. 15, erano «fissati nella misura del 30 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 40 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1995, del 60 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996»); - con il D.L. 31 gennaio 1997, n. 11, art. 1, comma 51, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 1997, n. 81, veniva prevista una riduzione - limitata nel tempo - della misura dei contributi dovuti dai datori di lavoro agricolo operanti nei territori montani di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, art. 9 nonche' nelle zone agricole svantaggiate; - con il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 44, comma 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in via di interpretazione autentica, e' stato esclusa la possibilita' di cumulare i suddetti benefici con gli analoghi benefici previsti dalla disciplina a favore dei territori del Mezzogiorno, stabilendosi che «la legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 9, comma 6, e successive modificazioni e integrazioni, si interpreta nel senso che le agevolazioni di cui al medesimo art. 9, comma 5, cosi' come sostituito dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, non sono cumulabili con i benefici di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64, art. 14, comma 1, e successive modificazioni, e al D.L. 30 dicembre 1987, n. 536, art. 1, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 48, e successive modificazioni e integrazioni»; - con il D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, stato introdotto un incremento - fino al 75 - dello sgravio contributivo per i territori montani particolarmente svantaggiati e le zone agricole svantaggiate, nonche' per i territori di alcuni comuni specificamente individuati. In particolare la disposizione ha previsto che «dal 1° gennaio 2006, per lo stesso periodo di cui al comma 1, le agevolazioni contributive previste dalla legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 9, commi 5, 5-bis e 5-ter, e successive modificazioni, sono cosi determinate: a) nei territori montani particolarmente svantaggiati la riduzione contributiva compete nella misura del 75 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro; previsti dalla legge n. 67 del 1988, citato art. 9, commi 5, 5-bis e 5-ter; b) nelle zone agricole svantaggiate, comprese le aree dell'obiettivo 1 di cui ai regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, nonche' i territori dei comuni delle regioni Abruzzo, Molise e Basilicata, la riduzione contributiva compete nella misura del 68 per cento; - con il D.L. 3 novembre 2008, n. 171, art. 1-ter, comma 1, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2008, n. 205, il regime delle maggiori agevolazioni «nei territori montani particolarmente svantaggiati e nelle zone agricole svantaggiate» introdotte con il D.L. n. 2 del 2006 e' stato prorogato fino al 31 marzo 2009: con il D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 8-octies, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e' stato ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2009 il regime di maggiore sgravio previsto dal D.L. n. 171 dei 2008, convertito nella legge n. 205 del 2008: con la legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 49, tale ultimo termine e' stato ulteriormente prorogato fino al 31 luglio 2010; infine, con la legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 45, sono stati semplicemente ripristinati gli sgravi contributivi, eliminando le pregresse scadenze previste per usufruire del maggior beneficio e cio' ancorche' le stesse fossero gia' maturate. 29) Intanto, la Corte costituzionale, nelle sentenza n. 11 del 2007, ha ribadito che il solo criterio altimetrico, definito come "casuale", non e' idoneo per l'attribuzione di benefici ai comuni montani (richiamando le precedenti sentenze n. 370 del 1985 e n. 254 del 1989) e lo stesso orientamento e' stato seguito nella successiva sentenza n. 27 del 2010; 30) Infine, il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 - con il quale e' stata effettuata la ricognizione delle disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui e' stata ritenuta indispensabile la permanenza in vigore, a norma della legge 28 novembre 2005, n. 246, art. 14 - ha incluso tra gli «atti normativi salvati» (vedi Allegato 1 - n. 1266) la legge 25 luglio 1952, n. 991, eccettuando dal disposto «salvataggio» solo l'art. 1 e l'art. 14, comma 2, della legge, gia' espressamente abrogati dalla legge n. 142 del 1990, art. 29; 31) Pertanto, tra le norme di cui e' stata ritenuta indispensabile LA permanenza in vigore e' stato compreso nominatim anche l'art. 8 della legge stessa, cui originariamente si faceva riferimento per la definizione di «territori montani» ai fini del risarcimento del beneficio dell'esenzione contributiva. 6. - Il complesso e articolato quadro normativo e giurisprudenziale fin qui delineato consente di mettere a fuoco che la questione che la presente controversia impone di risolvere riguarda principalmente la definizione di «territori montani» da applicare nella specie e, quindi, se tale definizione debba essere ricavata dalla legge n. 991 del 1952; art. 8 (come sostenuto dalla Vaira, onde ottenere il riconoscimento del diritto allo sgravio contributivo totale) ovvero dalla legge n. 67 del 1988, art. 9, comma 5 (come sostenuto dall'Istituto ricorrente, al fine dell'applicazione dello sgravio contributivo solo parziale). La soluzione della suddetta questione implica, ovviamente, quella relativa all'efficacia del decreto legislativo n. 179 del 2009, nella parte in cui ha operato il «salvataggio» della legge n. 991 del 1952, art. 8. 7. - A tale ultimo riguardo deve essere, in primo luogo, precisato che, come affermato dalla Corte costituzionale, il decreto legislativo n. 179 del 2009 proprio in ragione della sua funzione meramente ricognitiva ... appare, ... sprovvisto di una propria e autonoma forza precettiva o, se si preferisce, di quel carattere innovativo che si suole considerare proprio degli atti normativi: non e' dubbio, infatti, che, nell'individuare le disposizioni da mantenere in vigore, esso non ridetermini ne' in alcun modo corregga le relative discipline, limitandosi a confermare, peraltro indirettamente - attraverso, cioe', la mera individuazione di atti da «salvare» - la persistente e immutata loro efficacia. Cio' significa che con l'entrata in vigore, il 15 dicembre 2009, del decreto legislativo n. 179 del 2009, non si e' determinata la "reintroduzione" o la "reviviscenza" nell'ordinamento delle norme "salvate", ma si e' semplicemente "consentito di vederne confermata la vigenza, sull'ovvio presupposto ... che esso non l'avesse perduta e che percio', altrettanto evidentemente, non avesse necessita' di riacquistarla. Tale perdita di vigenza, dal testo della relativa delega (legge 28 novembre 2005, n. 246, art. 14, commi 14 e seguenti, quale risultante dalla sostituzione ad opera della legge 18 giugno 2009, n. 69, art. 4, comma 1, lett. a)), si desume che possa essere rappresentata anche dalla tacita implicita abrogazione ovvero dal trattarsi di norme "comunque obsolete" (Corte cost. sentenza n. 346 del 2010 nello stesso senso, sentenza n. 80 del 2012). Del resto, l'art. 14, comma 14, cit., ha indicato, tra i principi e criteri direttivi della delega per l'emanazione di «decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore», per primi, seguenti principi: «a) esclusione delle disposizioni oggetto di abrogazione tacita o implicita; b) esclusione delle disposizioni che abbiano esaurito la loro funzione o siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete». Inoltre, nel decreto legislativo n. 179 cit., art. 1, comma 3, lett. d, si precisa che "permanenza in vigore" deve essere stabilita anche ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile. Tale ultima disposizione, com'e' noto, disciplina l'abrogazione delle leggi, espressa o tacita «per incompatibilita' tra le nuove disposizioni e le precedenti o perche' la nuova legge regola l'intera materia gia' regolata dalla legge anteriore». 8. - Dalla descritta evoluzione normativa si desume che la legge n. 991 del 1952, art. 8 non puo' che rientrare tra le disposizioni tacitamente o implicitamente abrogate ovvero tra le disposizioni che, al momento dell'emanazione del decreto legislativo n. 179 del 2009, avevano esaurito la loro funzione o erano comunque obsolete, sicche' non potendo esso essere incluso, in base alla legge di delega, fra le norme "salvate", la relativa ricomprensione al suddetto fine nell'Allegato 1 voce - n. 1266 tra le disposizioni, specificamente indicate, dalla legge n. 991 del 1952 si deve considerare tamquam non esset, frutto di un lapsus calami, sulla base di una interpretazione rispettosa dell'art. 15 preleggi e costituzionalmente orientata, nel senso della coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento (art. 3 Cost.), del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge di delega (art. 76 Cost.), alla luce anche dell'art. 44 Cost., comma 2. A tale conclusione conducono numerosi elementi, desumibili dal riportato excursus normativo: a) la legge n. 991 del 1952, art. 8, aveva un duplice contenuto perche' le zone montane prevedeva sia agevolazioni fiscali sia, per la prima volta, l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati, tuttavia, mentre per le agevolazioni fiscali (attraverso il suddetto richiamo al decreto legislativo C.P.S. n. 12 del 1947 e combinandosi con la stessa legge n. 991 cit., art. 1) adottava un criterio di identificazione dei territori montani non legato soltanto all'altimetria, per l'esenzione contributiva adotto', invece, il rigido criterio della applicabilita' ai soli «terreni situati a quota non inferiore ai 700 metri s.l.m.»; b) il decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1958, n. 645, articoli 58 e 68 hanno previsto una nuova normativa, per quanto riguarda le esenzioni fiscali dei terreni montani e l'imposta sul reddito dominicale dei terreni, diversa da quella dettata dalla legge n. 991 del 1952, art. 8, cosi' tacitamente abrogando il suddetto art. 8, per la parte relativa alle agevolazioni fiscali ivi contemplate (come affermato da Cass. 12 novembre 1977, n. 4909); c) sulla parte "residua" dell'art. 8 e' intervenuta la Corte costituzionale, con la sentenza n. 370 del 1985, dichiarandone l'illegittimita' (unitamente a quella del D.L. 23 dicembre 1977, n. 942 cit., articoli 7 e 8) per inadeguatezza dell'adozione del solo criterio altimetrico per la determinazione del regime contributivo da applicare nelle zone montane; d) la legge 3 dicembre 1971, n. 1102, istitui' le Comunita' montane, adottando criteri identici a quelli previsti in precedenza per la qualificazione dei territori montani e stabilendo (art. 12, comma 5) che «le agevolazioni fiscali di cui alla legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, sono estese all'intero territorio montano»; e) intanto, ai fini fiscali, una nuova definizione di territori montani comprensiva e piu' ampia delle precedenti veniva dettata dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, art. 9; f) a partire dalla legge 1° marzo 1988, n. 67, art. 9, ai fini delle agevolazioni contributive - normalmente parziali in favore dei datori di lavoro agricolo operanti nei territori montani si e generalmente fatto riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, suddetto art. 9 (vedi retro n. 28 dell'excursus normativo); g) la legge n. 142 del 1990, articoli 28 e 29 successivamente abrogati dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, abrogarono, fra l'altro: a) la legge 25 luglio 1952, art. 1, come sostituito dall'art. unico della legge 30 luglio 1957, n. 657 (che prevedeva il potere di classificazione dei territori montani della Commissione censuaria nazionale operante presso il Ministero delle Finanze) e la citata legge n. 991 del 1952, art. 14 comma 2; b) la legge 3 dicembre 1971, n. 1102, articoli 3, 4, 5 e 7; h) la legge 31 gennaio 1994, n. 97 (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 25 dicembre 1995, n. 213, art. 1) ha previsto un esonero previdenziale totale per le assunzioni a tempo parziale da parte delle imprese e dei datori di lavoro «aventi sedi ed operanti nei comuni montani», da intendere come «comuni facenti parte di comunita' montane» se ridelimitate ovvero «comuni interamente montani classificati tali ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e successive modificazioni» in mancanza della ridelimitazione; i) tale ultimo richiamo, contenuto nella legge n. 97 cit., alla legge n. 1102 cit. non puo' essere inteso come un indiretto rinvio alla definizione di terreni montani contenuta nella legge n. 991 del 1952 in quanto, nella legge n. 1102 cit., il richiamo a quest'ultima definizione era contemplato dall'art. 3, gia' abrogato, insieme con la legge n. 1102 cit., articoli 4, 5 e 7 dalla legge n. 142 del 1990; del resto anche Cass. 17 luglio 2007, n. 15907 ha sottolineato come la legge n. 142 del 1990, art. 29 abbia espressamente abrogato le «precedenti disposizioni della normativa del 1952 e 1971 concernenti la individuazione e la classificazione dei comuni montani»; 1) dopo la riforma del Titolo 5^ della Parte seconda della Costituzione la Corte costituzionale ha reiteratamente affermato (vedi: nelle sentenze n. 244 e n. 456 del 2005; n. 397 del 2006; 237 del 2009) che la disciplina delle comunita' montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel decreto legislativo n. 267 del 2000, rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni ai sensi dell'art. 117 Cost., comma 4, e comprende anche l'individuazione degli indicatori da cui desumere il carattere "montano" della Comunita', in un rapporto di complementarita', rispetto a quelli risultanti dalla normativa statale, i quali comunque «non rilevano in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali». 9. - Ne deriva che l'art. 8 in argomento - gia' implicitamente abrogato per la parte relativa alle agevolazioni fiscali prima dal decreto del Presidente della Repubblica n. 645 del 1958, articoli 58 e 68 e poi dal decreto del Presidente della Repubblica n. 631 del 1973, art. 9 - colpito, per la parte relativa ai benefici contributivi, dalla sentenza di accoglimento della Corte costituzionale n. 370 del 1985, coinvolto sia pure indirettamente nell'abrogazione della legge n. 1102 del 1971, art. 3 ad opera della legge n. 142 del 1990, art. 29, non piu' richiamato dal legislatore, per quel che riguarda i benefici contributivi in favore delle zone montane, a partire dalla legge n. 67 del 1988 (essendosi fatto normalmente riferimento alla definizione di territori montani contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, art. 9), non puo' che considerarsi implicitamente abrogato, tanto piu' che esso prevede un regime di totale esenzione contributiva che - come criterio generalizzato da applicare ai territori montani - risulta essere stato abbandonato dal legislatore, a partire dalla legge n. 67 del 1988 cit. Di cio' si ha conferma anche nella legge 31 gennaio 1994, n. 97, art. 18, che, come si e' detto, ha previsto - con una norma speciale - una ipotesi di esonero previdenziale per le imprese e i datori di lavoro aventi sedi ed operanti nei comuni montani, in caso di assunzioni di personale a tempo parziale, Tale norma e' stata emanata pochi giorni dopo la legge n. 537 del 1993, art. 11, comma 27, con il quale e' stata, invece, rideterminata la quota di sgravio contributivo spettante ai datori di lavoro suindicati, con riferimento ai lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato o determinato. Ora, e' evidente che il suddetto art. 18 appare sicuramente coerente con un regime generale di sgravi (piu' o meno articolato) quale quello configurato dalla legge n. 67 del 1988, art. 9, comma 5, (e successive modifiche ed integrazioni), mentre e' dei tutto incompatibile con la sopravvivenza di un regime generale di esenzione contributiva quale risultante dalla legge n. 991 del 1952, art. 8. Infatti - anche su un piano logico - sarebbe da considerare priva di significato un nuova disposizione - di carattere speciale - diretta a prevedere una particolare ipotesi di esenzione (per le assunzioni a tempo parziale) se la si dovesse intendere inserita in un sistema nel quale fosse prevista l'esenzione da ogni contribuzione in favore dei datori di lavoro agricolo operanti nei territori montani da applicare alla generalita' dei dipendenti, come disposto dalla legge n. 991 del 1952, art. 8. In sintesi, l'inserimento della legge n. 991 del 1952, art. 8 tra le norme "salvate" ad opera del decreto legislativo n. 179 del 2009 appare il frutto di un errore in quanto tale norma non aveva le caratteristiche proprie di quelle da includere nel suddetto "salvataggio", essendone stata la relativa abrogazione implicita gia' riconosciuta, fin dal 1958, per la parte riguardante le agevolazioni fiscali ed essendo stata, la parte relativa ai benefici contributivi, prima dichiarata costituzionalmente illegittima (nel 1985) e poi implicitamente abrogata per "incompatibilita'" con i successivi interventi legislativi in materia, da quando, a partire dalla legge n. 67 del 1988, per le zone montane all'esonero contributivo ivi previsto e stato sostituito un sistema di sgravi, variamente articolato, basato sulla definizione di territori montani contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, art. 9. La Cassazione ha quindi, sul punto ora in esame, formulato il seguente, condivisibile, principio di diritto: «la legge n. 991 del 1952, art. 8 - gia' implicitamente abrogato per la parte relativa alle agevolazioni fiscali prima dal decreto del Presidente della Repubblica n. 645 del 1958, articoli 58 e 68 e poi dal decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, art. 9 - colpito, per la parte relativa ai benefici contributivi, dalla sentenza di accoglimento della Corte costituzionale n. 370 del 1985, coinvolto, sia pure indirettamente, nell'abrogazione della legge n. 1102 del 1971, art. 3 ad opera della legge n. 142 del 1990, art. 29, non piu' richiamato dal legislatore, per quel che riguarda i benefici contributivi in favore delle zone montane, a partire dalla legge n. 67 del 1988 (in quanto le relative disposizioni hanno fatto principalmente riferimento alla definizione di territori montani contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, art. 9), non puo' che considerarsi implicitamente abrogato, tanto piu' che esso prevede un regime di totale esenzione contributiva che - come criterio generalizzato da applicare ai territori montani - risulta essere stato abbandonato dal legislatore, a partire dalla legge n. 67 del 1988 cit.». Siffatte argomentazioni, lungi dall'essere state acriticamente reiterate (come sostenuto dall'attrice), sono state riproposte in modo articolato dalla gia' cit. successiva sentenza della Corte di Cassazione 7976/16. Le suddette argomentazioni inerenti all'abrogazione tacita dell'art. 8, legge n. 991/52, vengono recepite dal Giudice e cio' impedisce l'accoglimento de plano della domanda giudiziale attrice, essendo altresi' il Giudice concorde con la Cassazione in punto di non configurabilita' di efficacia innovativa da parte del decreto legislativo n. 179/09: dunque la domanda attrice non e' accoglibile neppure in forza di tale ultima norma. Il Giudice invece dissente dalla restante argomentazione della Cassazione, sopra riportata nella parte motiva e qui di seguito quanto al principio di diritto fissato nella sentenza 1920/13: «Ne consegue che, come si desume dal decreto legislativo n. 179 n. 2009, art. 1, comma 3, lett. d), e dalla relativa legge di delega, il suddetto art. 8 non poteva essere incluso fra le norme "salvate" dal decreto legislativo n. 179 cit., avente carattere meramente ricognitivo e non innovativo (Corte cost. sentenze n. 346 del 2010 e n. 80 del 2012). Pertanto, la relativa ricomprensione al suddetto fine nell'Allegato 1 - voce - 1266 (di tale decreto legislativo) tra le disposizioni, specificamente indicate, della legge n. 991 del 1952 da "mantenere in vigore" si deve considerare tamquam non esset, frutto di un lapsus calami, sulla base di una interpretazione rispettosa dell'art. 15 preleggi e costituzionalmente orientata, nel senso della coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento (art. 3 Cost.), del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge di delega (art. 76 Cost.), alla luce anche dell'art. 44 Cost., comma 2». Se e' vero che l'art. 8 cit. non poteva essere ricompreso tra le norme salvate, appunto non essendo piu' una norma vigente del nostro ordinamento giuridico, e non avendo il Legislatore delegato alcun potere di farla rivivere innovando il previgente tessuto normativo, e' anche vero che l'art. 8 cit. e' stato esplicitamente e consapevolmente ricompreso dal Legislatore delegato nelle norme da salvare. Non e' seriamente ipotizzabile nella specie alcun lapsus calami, ma bensi' un'attivita' normativa sfornita di copertura costituzionale posta in essere dal Legislatore delegato. Un errore valutato come tale dalla Corte di Cassazione e anche da questo Giudice, ma che non consente all'A.G.O. la disapplicazione tout court della norma in questione, avente valore formale di legge fino alla sua rimozione dal nostro ordinamento giuridico, cui e' abilitata la sola Corte costituzionale. Appare invero un artificio dialettico l'evocazione dell'interpretazione costituzionalmente orientata: nella specie non si tratterebbe di alcuna interpretazione, bensi' di disapplicazione pura e semplice. Anche questo Giudice e' convinto che la norma de qua del decreto legislativo n. 179/09 sia "tamquam non esset", ma l'unico Organo costituzionalmente deputato a verificare la fondatezza di tale assunto ed a eliminare la norma dal nostro ordinamento giuridico e' la Corte costituzionale. La norma del decreto legislativo n. 179/09 che ha salvato il cit. art. 8 e' dunque di necessitata applicazione nel presente giudizio, in quanto allo stato impedisce il rigetto della domanda giudiziale attrice alla, stregua della pur ritenuta (da questo Giudice) pregressa abrogazione tacita dell'art. 8, legge n. 991/52; e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale di tale norma, per violazione del canone costituzionale di ragionevolezza e di quello dettato dall'art. 76 Cost., desume da quanto fin qui argomentato. Vanno quindi dati, come in dispositivo, i conseguenti provvedimenti.
P. Q. M. a) Solleva questione di legittimita' costituzionale, nei sensi di cui in motivazione, del decreto legislativo n. 179 del 1° dicembre 2009, voce n. 1266, dell'Allegato 1, nella parte in cui dichiara la permanente vigenza dell'art. 8, legge n. 991 del 25 luglio 1952, per violazione degli articoli 3 e 76 della Costituzione; b) Sospende la presente causa fino all'esito del giudizio di legittimita' costituzionale; c) Ordina l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale degli atti della presente causa, con la prova delle notificazioni e comunicazioni di cui al capo che segue; d) Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e alle parti, e sia comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei Deputati. Sondrio, 6 aprile 2017 Il Giudice del Lavoro: Fanfarillo