N. 146 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2017
Ordinanza del 30 maggio 2017 del Tribunale di Padova nel procedimento penale a carico di S.F.. Misure di prevenzione - Misure di prevenzione personali applicate dal questore e dall'autorita' giudiziaria - Soggetti destinatari - Tipologia delle misure e loro presupposti - Decisione - Misure di prevenzione patrimoniali - Soggetti destinatari - Sequestro - Confisca - Disciplina. - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), artt. 1, 4, comma 1, lett. c), 6, 8, 16, 20 e 24.(GU n.43 del 25-10-2017 )
TRIBUNALE DI PADOVA Composto da: dott.ssa Nicoletta de Nardus, presidente; dott.ssa Beatrice Bergamasco, giudice est.; dott.ssa Sara Ballarin, giudice, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento promosso su richiesta del pubblico ministero nei confronti di S.F., nato a Padova il per la sottoposizione a misura della prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni cinque, nonche' per il sequestro e la confisca dei beni dettagliatamente indicati nella richiesta del pubblico ministero ai sensi degli articoli 16 e ss. del decreto legislativo n. 159/2011; sentite le parti all'udienza del 16 maggio 2017; a scioglimento della riserva assunta premesso che: S.F., e' attualmente imputato, unitamente alla sorella S.D. e a C.M. nel procedimento penale n. 1649/16 R.G.N.R. per l'omicidio premeditato di I.N. e per le conseguenti condotte di soppressione e distruzione del cadavere. Per tali delitti risultano attualmente in fase di applicazione la misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari di Padova in data 18 febbraio 2016. In data 7 dicembre 2016 veniva notificato l'avviso di conclusione delle indagini e attualmente il procedimento pende innanzi al GUP di Padova, con prossima udienza fissata in data odierna per la discussione del giudizio abbreviato, richiesto da tutti e tre gli imputati; la sussistenza dei presupposti di ordine soggettivo per l'applicazione delle misure di prevenzione a carico del proposto emergeva, per quanto addotto dal pubblico ministero nella propria richiesta, nel corso delle indagini relative al procedimento penale avente ad oggetto il predetto omicidio; segnatamente, al fine di chiarire i contorni e il movente dell'omicidio e la concreta possibilita' che gli indagati potessero essere stati indotti a sopprimere la N. anche per ragioni di tipo economico, il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Padova svolgeva indagini di tipo patrimoniale, all'esito delle quali il pubblico ministero delegante riteneva, nonostante la formale incensuratezza del proposto e l'assenza anche di pregiudizi di polizia, che egli fosse inquadrabile tra i soggetti di cui all'art. 1 lett. a e b del decreto legislativo n. 159/2001, assumendo che la pericolosita' sociale del S. si desumesse dalla sperequazione tra i suoi redditi dichiarati, l'attivita' lavorativa da lui ufficialmente svolta ed il patrimonio posseduto, ed anche dall'esistenza di indizi per ritenere che esso fosse, in tutto o in parte, frutto di condotte illecite o ne costituisse, comunque, il reimpiego; ipotizzava, invero, il pubblico ministero, sulla base degli elementi acquisiti nell'indagine suppletiva svolta, che S., quale dipendente, sin quantomeno dall'anno 2002, perpetrasse abituali delitti di truffa a danno dei clienti della societa', rivendendo in nero il carburante destinato ai clienti stessi e consegnato solo in parte, cosi' accumulando un patrimonio del tutto sproporzionato rispetto alle entrate lecite del S.; instava dunque il pubblico ministero come in epigrafe indicato; all'udienza del 16 maggio 2017, la difesa eccepiva l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1 e 4 comma 1 lettera C, 6 e 8 decreto legislativo n. 159/2011 per contrasto con l'art. 117 Cost., in relazione all'art. 2 del protocollo n. 4 addizionale alla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo; il pubblico ministero chiedeva il rigetto della questione; Osserva Non manifesta infondatezza. 1. Con sentenza del 23 febbraio 2017 n. 43395/09 la Corte Europea del Diritti, dell'Uomo ha espressamente affermato che le previsioni degli articoli 1, 3 e 5 della legge n. 1423/1956 sono in contrasto con il dispositivo dell'art. 2 del protocollo numero 4 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, reso esecutivo in Italia con decreto del Presidente della Repubblica n. 217/1982. La Corte europea ha affermato che le norme indicate contrastano con la liberta' di circolazione prevista, dall'art. 2 sopra indicato; ha osservato che l'imposizione delle misure di prevenzione e' legata ad un'analisi prospettica demandata ai giudici nazionali in quanto ne' la legge ne' la Corte costituzionale hanno identificato con chiarezza gli elementi di fatto, con gli specifici tipi di comportamenti che devono essere presi in, considerazione nella valutazione della pericolosita' sociale del proposto al fine di adozione delle misure di prevenzione. La Corte ha pertanto ritenuto che la legge numero 1423 /1956 e' stata formulata in termini vaghi e generici, ha lasciato al giudice un ampio potere discrezionale senza indicare con sufficiente chiarezza la portata di tale discrezionalita' e la modalita' del suo esercizio. Nel paragrafo 126 della sentenza si afferma che l'interferenza derivante dalla normativa interna con la liberta' riconosciuta alla persona dalla convenzione EDU, si fonda su norme di legge che non hanno i requisiti di chiarezza e precisione richiesti dalla convenzione e pertanto la compressione della liberta' prevista dall'art. 2 del prot. addizionale n. 4 non e' fondata su legge in possesso dei requisiti richiesti dalla convenzione, che ne risulta conseguentemente violata per assenza di prevedibilita' della legge; 2. Gli artt. 1, 4 e 1 lettera c del decreto legislativo n. 159/2011 hanno riproposto i criteri di individuazione dei destinatari delle misure di prevenzione negli stessi termini gia' indicati dall'art. 1 della previgente disciplina; 3. L'art. 117 della Costituzione prevede che la potesta' legislativa statale venga esercitata «nel rispetto della costituzione nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», che derivano anche dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Come statuito con sentenza della Corte costituzionale n. 349/2007, le norme contenute in accordi internazionali, oggetto di legge di adattamento, derivando dallo stesso obbligo del legislatore ordinario di rispettare le norme poste dai trattati e dalle convenzioni internazionali, tra le quali rientra la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali - Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali - non hanno rango costituzionale. Alla convenzione Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali deve riconoscersi peraltro una peculiare rilevanza per il suo contenuto e dunque la norma nazionale incompatibile con norma della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali o con gli obblighi internazionali di cui all'art. 117 comma 1 Costituzione, viola per cio' stesso il parametro costituzionale, che realizza un rinvio mobile alla norma convenzionale di volta in volta conferente che da' vita e contenuto a quegli obblighi. Ne consegue che al giudice comune spetta di interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali cio' sia permesso dai testi delle norme; qualora cio' non sia possibile ovvero qualora si dubiti della compatibilita' della norma interna con la disposizione convenzionale interposta, il giudice deve proporre questione di legittimita' costituzionale della norma interna per contrasto con l'art. 117 della costituzione, sul presupposto del conflitto della norma interna con quella convenzionale; 4. Le decisioni della Corte Europea dei diritti dell'uomo che interpretano la convenzione assegnando uno specifico contenuto precettivo alle norme della stessa, si pongono a loro volta come parametro costituzionale interposto. 5. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha espressamente e complessivamente dichiarato il contenuto descrittivo e precettino degli articoli 1, 3 e 5 della legge n. 1423/1956 come in violazione dell'art. 2 del prot. addizionale n. 4 per difetto di precisione e prevedibilita'. Non vi e' quindi possibilita' di interpretare le disposizioni, il cui testo e' ora trasfuso nelle norme in esame collocate nel decreto legislativo n. 159/2011, per adeguarle alla norma convenzionale, come interpretata dalla decisione Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, venendo ritenuta in violazione l'intera disposizione normativa. 6. Non si ignora che la Corte costituzionale, con sentenza n. 49/2015, ha statuito che il giudice non ha obbligo di porre a fondamento del proprio processo interpretativo la giurisprudenza della corte europea, che non sia espressione di un orientamento consolidato nel denunciare la violazione dei principi Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali o che non integri il caso di «sentenza pilota»; nel caso in esame la decisione, proveniente dalla Grande Camera, ha una portata precettiva tale che, sebbene non vincolante sul piano formale, si pone sul piano sostanziale quale criterio per l'interprete, anche suggerendo una rivisitazione dell'esplicazione del principio di legalita' in materia di misure di prevenzione, la cui osservanza in concreto, sotto il profilo della determinazione dei comportamenti tipici tali da determinare la sussunzione dell'individuo in soggetto connotato dalla cosiddetta «pericolosita' generica» viene demandata al giudice. Sul punto, va richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 419 del 1994, ove la Corte, rievocata la propria costante giurisprudenza, assume che la legittimita' costituzionale delle misure di prevenzione - in quanto limitative, a diversi gradi, della liberta' personale - e' necessariamente subordinata, innanzitutto, all'osservanza del principio di legalita', individuato nell'art. 13, secondo comma, della Costituzione, nonche' nell'art. 25, terzo comma, della Carta medesima, nel quale, pur se riferito espressamente alle «misure di sicurezza», e' stata solitamente rinvenuta la conferma di tale principio anche per la categoria delle misure di prevenzione, data l'identita' del fine (prevenzione dei reati) perseguito da entrambe (ritenute due species di un unico genus), aventi a presupposto la pericolosita' sociale dell'individuo. Sul punto, la Corte, nel citato precedente, ribadisce l'esigenza che «l'applicazione della misura, ancorche' legata, nella maggioranza dei casi, ad un giudizio prognostico, trovi il presupposto necessario in «fattispecie di pericolosita'», previste - descritte - dalla legge»; per cui l'accento cade sul sufficiente o insufficiente grado di determinatezza della descrizione legislativa di tali fattispecie (destinate a costituire il parametro dell'accertamento del giudice), descrizione che «permetta di individuare la o le condotte dal cui accertamento nel caso concreto possa fondatamente dedursi un giudizio prognostico, per cio' stesso rivolto all'avvenire». E si aggiunge che il giudizio prognostico deve fondarsi sulla sussistenza di elementi di fatto, in ossequio al principio del ripudio del mero sospetto come presupposto dell'applicazione delle misure in esame. Sotto tale profilo la lettura della sentenza Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali induce, tuttavia, ad un ripensamento sul fatto che il meccanismo sinora attuato sia idoneo ad assicurare il rispetto del principio di legalita', inteso in senso sostanziale, dal momento che proprio l'individuazione della categoria dei soggetti passibili di sottoposizione a misure di prevenzione e' da considerarsi insufficientemente determinata sul piano legislativo, perche' generica ove demanda all'interprete l'individuazione di quegli elementi di fatto cui, ricollegare la sussistenza dei presupposti fondanti la misura; 7. Le stesse Sezioni Unite della Suprema Corte di Cessazione, con sentenza del 27 aprile 2017 di cui e' nota solo l'informazione provvisoria, hanno chiarito che l'art. 75 decreto legislativo n. 159/2011, che punisce la condotta di chi «violi gli obblighi e le prescrizioni imposti con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di PS» non ha ad oggetto le prescrizioni di «vivere onestamente» e «rispettare le leggi», trattandosi di prescrizioni generiche e indeterminate: si e' dunque avvalorato il contenuto precettivo della sentenza De Tommaso; 8. Si aggiunga che, nel caso concreto, viene in rilievo, e deve essere sollevata d'ufficio, la questione di costituzionalita' degli artt. 16, 20 e 24 decreto legislativo n. 159/2011, dal momento che l'istanza del pubblico ministero si spinge a considerare, nei confronti del S., la misura di prevenzione patrimoniale del sequestro, e successiva confisca, dei beni individuati nella proposta, asseritamente riconducibili al S.; in tal senso deve richiamarsi quanto statuito dalla, condivisibile sentenza delle sezioni unite n. 4880 del 26 giugno 2014 Rv. 262605, che precisa che la pericolosita' sociale e' presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, (oltre a porsi quale «misura temporale» del suo ambito applicativo); ne consegue che, con riferimento alla c.d, pericolosita' generica, essendo suscettibili di ablazione i beni acquistati nell'arco di tempo in cui si e' manifestata la pericolosita' sociale, la questione della genericita' delle categorie individuate a mente degli artt. 1 e 4 decreto legislativo n. 159/2011 investe anche presupposti per l'applicazione della misura reale; 9. Sotto ulteriore profilo, si pone la questione della legittimita' costituzionale delle richiamate norme in materia di prevenzione reale rispetto all'art. 1 Prot. Addizionale Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, tramite il parametro interposto dell'art. 117 Cost.: il principio espresso dalla Corte Europea in materia di pericolosita' generica, che fonda, come detto, anche i presupposti di applicazione delle misure reali in esame, e' passibile di minare la legittimita' del sistema di prevenzione, dal momento che, se e' vero che «nessuna puo' essere privato della sua proprieta' se non per causa di pubblica utilita' e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale» (art. 1 comma II Prot. Addizionale CEDU) la dedotta genericita' dei presupposti applicativi del sistema di prevenzione in relazione alla cosiddetta «pericolosita' generica», non puo' che trasfondersi nell'inidoneita' del medesimo dettato legislativo a fondare l'ablazione del diritto tutelato dal Protocollo. Deve pertanto ritenersi non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e 4 lettera c., 6 e 8. 16, 20 e 24 decreto legislativo n. 159/2011 per contrasto con l'art. 117 della costituzione in relazione all'art. 2 dei protocollo addizionale numero 4 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ovverosia per contrasto diretto con l'art. 25 Cost. nonche' la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 16, 20 e 24 decreto legislativo n. 159/2011 per contrasto con l'art. 117 della costituzione in relazione all'art. 1 del primo protocollo addizionale Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Rilevanza. La questione e' rilevante per il giudizio che pende dinanzi a questo tribunale in quanto il pubblico ministero ha espressamente richiesto l'applicazione della misura di prevenzione personale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza e reale a carico di F. S. Per deliberare il tribunale deve considerare quei presupposti normativi che la Grande Camera ha censurato e deve effettuare la valutazione di compatibilita' delle norme interne con la norma convenzionale, nonche' con il principio di legalita', costituzionalmente garantito. Il caso in esame e' particolarmente significativo, sotto il profilo dell'individuazione della categoria di soggetti passibili di essere ricompresi nella categoria della cd «pericolosita' generica», considerato che, a fronte della formale incensuratezza e assenza finiamo di pregiudizi di polizia, S. e' ora sottoposto a misura cautelare massima per delitto particolarmente grave e che il tribunale e' chiamato a valutare se le circostanze evidenziate dal pubblico ministero, sebbene, quantomeno allo stato, non oggetto di accertamento giudiziale, costituiscano elementi di fatto sufficienti a determinarne l'inserimento nella definizione legislativa. La questione di legittimita' costituzionale va dunque sollevata e va estesa agli artt. 16, 20 e 24 decreto legislativo n. 159/2011, trattandosi di norme che il collegio e' chiamato ad applicare in relazione alla richiesta, confisca di prevenzione.
P.Q.M. Letto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953 dichiara rilevanti per la definizione del giudizio e non manifestamente infondate: la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 4 comma 1, lettera c, 6, 8, 16, 20 e 24 del decreto legislativo n. 159/2011 per contrasto con l'art. 117 comma 1 della Costituzione in relazione alla violazione dell'art. 2 del protocollo addizionale n. 4 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e/o con l'art. 25 Cost., nonche' la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 16, 20 e 24 decreto legislativo n. 159/2011 per contrasto con l'art. 117 della costituzione in relazione all'art. 1 del primo protocollo addizionale Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali disponendo l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata a cura del cancelliere anche ai Presidenti delle due camere del Parlamento. Letto l'art. 1, deliberazione della Corte costituzionale del 16 marzo 1956; Ordina che la presente ordinanza sia trasmessa alla Corte costituzionale insieme con gli atti e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni predette. Padova, 30 maggio 2017 Il Presidente: De Nardus I giudici: Bergamasco, Ballarin