N. 187 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 novembre 2017

Ordinanza  del  3  novembre  2017  della  Corte  di  cassazione   nel
procedimento civile promosso da Di lordi  Annamaria  e  altri  contro
Ministero dell'economia e delle finanze.. 
 
Giustizia amministrativa - Domanda di equa riparazione per violazione
  della ragionevole durata del processo - Soggezione alla  condizione
  di proponibilita' della presentazione dell'istanza di prelievo,  di
  cui all'art. 71, comma 2, del decreto legislativo n. 104  del  2010
  (codice del processo amministrativo). 
- Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo
  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
  stabilizzazione  della   finanza   pubblica   e   la   perequazione
  tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  6  agosto
  2008, n. 133, art. 54, comma 2, come modificato dall'art. 3,  comma
  23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104
  (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18  giugno  2009,  n.  69,
  recante  delega  al  governo   per   il   riordino   del   processo
  amministrativo) e dall'art. 1, comma 3, lett. a),  numero  6),  del
  decreto  legislativo  15  novembre  2011,  n.   195   (Disposizioni
  correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.
  104,  recante  codice   del   processo   amministrativo   a   norma
  dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
(GU n.1 del 3-1-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda sezione civile 
 
    Composta dagli ill.mi sigg.ri Magistrati: 
        dott. Stefano Petitti - Presidente; 
        dott. Felice Manna - rel. consigliere; 
        dott. Vincenzo Correnti - consigliere; 
        dott. Ubaldo Bellini - consigliere; 
        dott. Alberto Giusti - consigliere, 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
12275-2015 proposto da: 
        Di Ioroi Annamaria, Aloi  Anna  Maria,  Di  Meglio  Giovanna,
Buono  Antonia  Cecilia,  Marciano  Fulvio,  Di  Meglio  Ida,  Iacono
Vittoria, Mattera Giuseppe, Masia Angelo,  Gaudioso  Anna,  Di  Sapia
Antonietta, Conte Lucia, Volo Marisa,  elettivamente  domiciliati  in
Roma, via Gabi, 8, presso lo studio dell'avvocato  Antonio  Esposito,
rappresentati e difesi dall'avvocato Giovanni Abet; ricorrenti; 
    Contro Ministero economia finanze, elettivamente  domiciliato  in
Roma, via Dei Portoghesi,  12,  presso  l'avvocatura  generale  dello
Stato, che lo rappresenta e difende; resistente; 
     Avverso il decreto della Corte d'appello di Roma, depositato  il
3 novembre 2014; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
13 ottobre 2017 dal consigliere dott. Felice Manna; 
    udito il pubblico ministero in persona del Sostituto  Procuratore
Generale dott. Corrado Mistri che  ha  concluso  per  la  sospensione
ordinando la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
     Con decreto del 3 novembre  2014  la  Corte  d'appello  di  Roma
rigettava l'opposizione ex art. 5-ter legge n. 89/01  proposta  dagli
odierni  ricorrenti  per   ottenere   la   condanna   del   Ministero
dell'economia e delle finanze al pagamento di un equo indennizzo, per
l'eccessiva durata di un processo amministrativo svoltosi innanzi  al
Tribunale amministrativo regionale Campania tra il 2005 e il 2012.  A
base  della  pronuncia,  la  mancata  presentazione  dell'istanza  di
prelievo,  non  surrogabile  con  la  nuova  istanza  di   fissazione
dell'udienza di discussione, (ri)depositata il  13  aprile  2011  per
evitare la perenzione del giudizio a seguito dell'entrata  in  vigore
del  codice  del  processo  amministrativo.   Aggiungeva   la   Corte
territoriale che ove anche si fosse opinato  altrimenti,  solo  dalla
data di tale ultima istanza avrebbe potuto valutarsi  la  durata  del
processo presupposto, che essendosi esaurito nel 2012 non aveva avuto
una durata eccedente da allora il limite di ragionevolezza. 
    La cassazione di tale decreto e' chiesta  dai  ricorrenti  meglio
indicati in epigrafe sulla base di due motivi. 
    Il Ministero dell'economia e delle finanze ha depositato un «atto
di costituzione» in vista della discussione orale della causa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il primo motivo denuncia la violazione o falsa  applicazione
degli articoli 71, 81 e 82 c.p.a. e 23 legge n.  1034/71,  nonche'  1
allegato 3 c.p.a. e della legge n. 89/01. Sostengono i ricorrenti che
l'istanza depositata nel giudizio presupposto il 13 aprile  2011  non
puo' essere qualificata come istanza di  fissazione  dell'udienza  di
discussione ai sensi degli articoli  71  ed  81  c.p.a.  Il  relativo
adempimento era gia' stato assolto contestualmente  al  deposito  del
ricorso, in data 9 giugno 2005, vigente l'art. 23 legge TAR.  Ancora,
ai ricorrenti non era mai pervenuto alcun avviso  di  perenzione  del
ricorso, pendente da oltre cinque anni, a fronte del  quale  chiedere
una nuova udienza di discussione, tanto che la sentenza  del  giudice
amministrativo aveva  dato  atto  del  fatto  che  le  parti  avevano
manifestato l'interesse  alla  prosecuzione  del  giudizio  ai  sensi
dell'art. 82, secondo comma, c.p.a,  che  espressamente  prevede  una
tale  dichiarazione  in  udienza  nel  caso  di  mancato  avviso   di
perenzione. Infine, ai sensi dell'art.  1,  allegato  3  c.p.a.  tale
istanza avrebbe dovuto  essere  depositata  entro centottanta  giorni
dall'entrata in vigore  del  medesimo  codice  (16  settembre  2010).
Pertanto, depositata dopo  il  decorso  di  tale  termine,  essa  non
potrebbe che essere qualificata come atto volto a segnalare l'urgenza
della decisione e dunque quale istanza di prelievo. 
    Sulla stessa questione e su quest'ultimo profilo fattuale,  parte
ricorrente deduce altresi', pur nell'ambito del medesimo  motivo,  il
concorrente vizio di omesso esame di un fatto decisivo e discusso, ai
sensi dell'art. 360, n. 5 c.p.c. 
    2. - Il secondo motivo allega la violazione o falsa  applicazione
dell'art. 54, 2° comma, decreto-legge n. 112/08, convertito in  legge
n. 133/08, come modificato dal decreto legislativo n. 104/10, nonche'
della legge n. 89/01, in  quanto  dette  norme  non  potevano  essere
applicate ai giudizi amministrativi pendenti alla data di entrata  in
vigore  del  citato  decreto-legge  o,  quantomeno,  per  il  periodo
anteriore, in base al principio per cui  tempus  regit  actum.  Detta
norma, si sostiene,  non  poteva  esplicare  effetti  per  i  ricorsi
amministrativi pendenti, o quanto meno, per il periodo  intercorrente
tra la data del deposito del ricorso (9  giugno  2005)  e  quella  di
entrata in vigore del  decreto-legge  n.  112/08  (28  agosto  2008).
Pertanto, a tale periodo  dovrebbero  sommarsi  quello  compreso  tra
l'istanza di fissazione dell'udienza e il  deposito  della  decisione
finale, come  desumibile  da  Cassazione  nn.  15303/12,  20935/14  e
5914/12. 
    3. - Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54,  2°  comma,
decreto-legge n. 112/08, convertito con  modificazioni  in  legge  n.
133/08, come modificato dall'art. 3, comma  23,  dell'allegato  4  al
decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1,  comma  3,  lettera  a),
numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11, in relazione
all'art. 117, comma 1, Cost. e ai parametri interposti degli articoli
6, par. 1, 13 e 46, par. 1 Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    3.1. - In base alla giurisprudenza ormai del  tutto  costante  di
questa Corte Suprema, l'art. 54, decreto-legge n. 112/08 e successive
modifiche,  va  interpretato   nel   senso   che   per   i   processi
amministrativi  pendenti,  come  nella  specie,  alla  data  del   16
settembre 2010, la previa presentazione dell'istanza di  prelievo  e'
condizione di proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  in
rapporto all'intero svolgimento del giudizio  presupposto,  e  dunque
anche per la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008,  data  di
entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08 che tale condizione  di
proponibilita' ha per la prima volta previsto. 
    Infatti, «(l)'art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008  (art.  85)  -,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto
2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008  -,  nella  sua  versione
originaria,  disponeva:  «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1,  non
e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.
51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate
all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole  «art.
2, comma 1» sono inserite le seguenti: «della legge 24 marzo 2001, n.
89» e le parole «nei sei mesi antecedenti alla scadenza  dei  termini
di  durata  di  cui  all'art.  4,  comma  1-ter,  lettera  b)»   sono
soppresse»; c) conseguentemente, il testo  definitivo  dell'art.  54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge
dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa
riparazione non e' proponibile se nel  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art.  3,
comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito  che,  all'art.
54,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  «le   parole
«un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642» sono sostituite dalle seguenti: «l'istanza di
prelievo di cui  all'art.  81,  comma  1,  del  codice  del  processo
amministrativo, ne'  con  riguardo  al  periodo  anteriore  alla  sua
presentazione»; e) ancora successivamente, l'art. 1, comma 3, lettera
a), numero 6), del decreto  legislativo  15  novembre  2011,  n.  195
(Disposizioni correttive ed  integrative  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice del  processo  amministrativo,  a
norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) -  in
vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto  che:  «al  comma  23,  le
parole «81, comma 1» sono sostituite dalle seguenti «71, comma 2»; f)
la disposizione dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n.  112  del
2008 - in vigore  dal  16  settembre  2010  -  risulta  del  seguente
testuale tenore: «La domanda di equa riparazione non  e'  proponibile
se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui  si  assume
essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24
marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di  prelievo  di
cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne'
con riguardo al periodo anteriore alla  sua  presentazione»;  g)  per
effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n.  208  del  2015
nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto
dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio  2016),  «il  comma  2
dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato
dall'art. 3, comma 23,  dell'allegato  4  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi  amministrativi  la
cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini  di  cui  all'art.  2,
comma 2-bis»; che, questo essendo il quadro normativo di riferimento,
e' del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1)
ai procedimenti per equa riparazione, promossi  a  far  data  dal  25
giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n.  112
del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la  violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata  un'istanza
ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto  17  agosto
1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa  riparazione,  promossi  a
far data dal 16 settembre 2010, si applica  -  invece  -  l'art.  54,
comma 2, dello stesso decreto-legge n.  112  del  2008  nel  seguente
testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'  proponibile  se  nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si  assume  essersi
verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge  24  marzo
2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con
riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non  rileva
(...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89
del 2001, applicandosi essa ai  soli  giudizi  amministrativi  per  i
quali il termine di ragionevole durata sia violato alla data  del  31
ottobre 2016» (cosi' si esprime  Cassazione  n.  16404/16;  conformi,
Cassazione nn. 5914-5915/12 e 3740/13). 
    3.1.1. - Nel  caso  di  specie  -  quanto  alla  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta  la
domanda di equa riparazione nel 2014, relativamente  ad  un  processo
amministrativo  pendente  al  16  settembre   2010,   la   disciplina
applicabile e' quella dell'art. 54, 2° comma decreto-legge n.  112/08
nel testo in vigore alla data della domanda stessa (ratione  temporis
non trova applicazione il comma 2-ter dell'art.  6  legge  n.  89/01,
introdotto dalla legge n. 208/15 a decorrere dal 1° gennaio 2016, per
essere stato definito il processo presupposto nel 2012). 
    Conseguentemente detta domanda e'  soggetta,  anche  in  rapporto
alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data  di  entrata
in vigore del decreto-legge  n.  112/08  (durata,  peraltro,  neppure
irragionevole fino al 25 giugno 2008, essendo  praticamente  coincisa
con il termine triennale di cui all'art. 2,  comma  2-bis,  legge  n.
89/01), alla condizione di proponibilita' dell'istanza  di  prelievo;
la quale, a sua volta non e' surrogabile con l'istanza di  fissazione
dell'udienza di discussione, neppure nel caso  specifico  prospettato
da parte ricorrente. 
    In generale,  infatti,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte l'istanza di  prelievo  disciplinata  dall'art.  51  del
regio decreto 17 agosto  1907,  n.  642  e  l'istanza  di  fissazione
d'udienza, regolata dall'art. 23 della  legge  6  dicembre  1971,  n.
1034, assolvono funzioni distinte, avendo la prima  la  finalita'  di
accelerare  il  processo  mediante  il  riscontro   del   persistente
interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il
perfezionamento della costituzione del  ricorrente  e  la  fissazione
dell'udienza,  la  perenzione   del   giudizio.   Ne   consegue   che
dall'entrata in vigore dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le  domande
di equa riparazione relative a procedimenti che si  svolgono  davanti
alle  giurisdizioni  amministrative,   la   preventiva   formulazione
dell'istanza   di   prelievo,   costituisce   una    condizione    di
proponibilita' non fungibile con l'istanza  di  fissazione  d'udienza
(cosi', Cassazione nn. 16404/16, 780/15, 25572/10,  nonche',  tra  le
non massimate, 18546/14 e 785/15). 
    In particolare, poi, l'insostenibile  equipollenza  tra  l'una  e
l'altra ipotesi non e' esclusa ove - come nel caso  in  esame  -  una
nuova istanza di discussione sia stata presentata  dopo  la  scadenza
del termine di centottanta giorni previsto dall'art. 1, primo  comma,
dell'allegato 3 al c.p.a. per  verificare  il  persistente  interesse
alla decisione del ricorso. Cio' non solo e  non  tanto  perche'  una
nuova istanza di  fissazione  d'udienza  presentata  dopo centottanta
giorni dall'entrata in vigore del c.p.a. va equiparata ad altro, vale
a dire ad una tempestiva dichiarazione, ai sensi  del  secondo  comma
del medesimo articolo, di persistenza dell'interesse a che  la  causa
sia  trattata,  purche'   proposta   nei centottanta   giorni   dalla
comunicazione  del  decreto  di  perenzione   (e   in   mancanza   di
comunicazione senza neppure  tale  limite  temporale);  ma  anche  ed
essenzialmente  in  quanto  il  prelievo   presuppone   un   processo
amministrativo in cui la costituzione della parte ricorrente  si  sia
perfezionata,  rendendo  cosi'  attuale  l'obbligo  del  giudice   di
pronunciarsi. Pendenti i termini di cui al primo e al  secondo  comma
del ridetto articolo, tale  perfezione,  non  piu'  assicurata  dalla
prima istanza ex art. 23 legge Tribunale amministrativo  regionale  a
causa dell'onere iterativo imposto dalla medesima  norma  transitoria
del c.p.a., non  puo'  farsi  dipendere  da  un  atto  cui  s'intenda
attribuire il diverso effetto del prelievo, che a  sua  volta  quella
costituzione perfetta presuppone. 
    Ne consegue che nel caso di specie, essendo mancata l'istanza  di
prelievo,  la  domanda  di  equa  riparazione  sarebbe  improponibile
secondo il diritto vigente. 
    3.2. - Della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi
prospettati, si deve dubitare a  stregua  dei  piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Con la sentenza nel caso Daddi contro Italia (n. 15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa  dell'art.
54, secondo comma, decreto-legge  n.  112/08  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che  la  norma,
interpretata dai giudici  nazionali  nel  senso  di  escludere  dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori
al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune  categorie
di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata
e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri  contro
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12
e 22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi  amministrativi
iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza
di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma  2,  legge  n.
205/00, ma non anche l'istanza di prelievo, il che aveva  determinato
l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte europea
dei diritti dell'uomo ha affrontato in maniera  diretta  il  problema
dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege  n.  89/01  soggetta
alla  condizione   di   proponibilita'   dell'art.   54,   comma   2,
decreto-legge  n.  112/08.   Ed   esaminando   diacronicamente   tale
disposizione, fino al suo  ultimo  testo  scaturito  dalle  modifiche
apportate dal decreto legislativo n. 104/10, ha convertito in critica
espressa e consapevole la riserva formulata con la sentenza resa  nel
caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi' affermato: a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione di ammissibilita' di un ricorso «Pinto» previsto dall'art.
54, comma 2 della legge  n.  112/08  risulta  essere  una  condizione
formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla  procedura
interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei  ricorsi  per  equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E  richiamata  la  propria  giurisprudenza   sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54,  comma  2  del
decreto-legge n. 112 del 2008 in  combinato  disposto  con  la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'art. 13 della Convenzione». 
    3.3. - Benche'  occasionato  da  fattispecie  aventi  ad  oggetto
l'equa  riparazione   per   l'irragionevole   durata   del   processo
verificatasi anteriormente al 25 giugno 2008 (iniziati  nel  1990,  i
giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra  il  mese
di novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande  ex  lege
n.  89/01  presentate  vigente  il  testo  dell'art.  54,  comma   2,
decreto-legge n. 112/08 ante  decreto  legislativo  n.  104/10,  tale
precedente appare idoneo a  incidere  sulla  decisione  del  caso  in
oggetto (per non  dire  dell'ipoteca  che  esso  iscrive  sull'intero
sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli articoli 1-bis e 1-ter
della legge n. 89/01, ivi premessi dall'art. 1, comma 777, lettera a,
della legge n. 208/15 e basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione  della  sentenza
Olivieri contro Italia  (v.  par.  65),  il  riferimento  al  ridetto
decreto legislativo non puo'  liquidarsi  quale  mero  obiter  dictum
(peraltro di dubbia configurabilita'  in  un  contesto  motivazionale
esclusivamente argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di
raffronto tra norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo
tramite, la Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  ha  confermato  e
viepiu' chiarito il senso del giudizio espresso sul  pratico  operare
congiunto della legge n. 89/01 e  della  previsione  dell'istanza  di
prelievo quale  rimedio  preventivo.  E  dunque  pare  sovrabbondante
pretendere  ed  attendere  che,  adita  in  relazione  ad   un   caso
perfettamente sovrapponibile a quello ora in esame, la Corte  europea
dei diritti dell'uomo reiteri le medesime considerazioni  operate  su
di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo
ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso  dalla
Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  con  la  decisione  sul  caso
Olivieri  e'  da  ritenersi  ormai  adeguatamente  consolidato.  Esso
costituisce il logico e preannunciato  sviluppo  del  principio  gia'
espresso  nella  sentenza  sul  caso   Daddi;   e'   stato   adottato
all'unanimita'; non presenta alcuna  attitudine  innovativa  rispetto
alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale  fin  qui  seguita;
concerne una fattispecie tutt'altro che isolata o peculiare, ma  anzi
connotata da ovvi elementi di serialita'; si colloca,  coerente,  nel
solco della giurisprudenza di detta Corte europea  sul  principio  di
effettivita'  per  come  esso  vive  in  concreto  negli  ordinamenti
nazionali; ed e' stato espresso nella piena consapevolezza del  modus
operandi dei giudici nazionali. 
    3.4. - Cosi' restituito a questa Corte di cassazione  il  compito
suo proprio d'interpretare  l'art.  54,  comma  2,  decreto-legge  n.
112/08 e successive modificazioni, alla luce della  Costituzione,  si
rileva che  la  legittimita'  costituzionale  della  norma  e'  stata
ritenuta in relazione specifica ai referenti degli articoli 24 e  111
Cost. Una volta esclusane l'applicazione  retroattiva  (id  est,  del
testo attuale ai processi amministrativi non pendenti alla  data  del
16 settembre  2010  di  entrata  in  vigore  del  c.p.a.),  essa  non
determina ne' irragionevoli disparita' di  trattamento,  ne'  lesione
alcuna dei principi del giusto processo e del diritto di difesa,  dal
momento che l'istanza di prelievo manifesta l'interesse  della  parte
ad una rapida definizione della domanda di giustizia (cfr. Cassazione
n. 26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della
legge n. 89/01 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento
per sollecitare la trattazione urgente del  ricorso.  Abrogato  detto
regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto  legislativo  n.
104/10, e sostituita  la  disposizione  sul  prelievo  con  l'affatto
omologa norma dell'art. 71, comma  2,  c.p.a.,  permane  la  medesima
funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art.  71-bis,  aggiunto  al  decreto  legislativo  n.  104/10
dall'art. 1, comma 781, lettera b) della legge n. 208/15, in base  al
quale a seguito dell'istanza di cui  al  comma  2  dell'art.  71,  il
giudice,   accertata   la   completezza   del    contraddittorio    e
dell'istruttoria,  sentite  sul  punto  le  parti  costituite,   puo'
definire, in Camera di consiglio, il giudizio con sentenza  in  forma
semplificata. In disparte la sua applicabilita' a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una
tecnica decisoria piu'  agevole  e  veloce,  senza  tuttavia  imporla
nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul  complessivo
giudizio  di  (in)effettivita'  del  rimedio   interno   secondo   la
concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come  elaborata
dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il che  ripropone  intatta
la questione in esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto
la funzione di segnalare al giudice  il  permanente  interesse  della
parte  alla  definizione  del  giudizio,  sovente  venuto  meno   per
circostanze  sopravvenute  alla  sua  proposizione  (quali  atti   di
autotutela  o  sanatorie),  con  la  conseguenza   che   la   mancata
presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla
proposizione della domanda, costituisce indice  di  scarso  interesse
alla lite (cosi' Cassazione n. 3271/11, che da  cio'  ha  desunto  la
legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura  inferiore
rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come e' si detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di  trattazione  del  ricorso.  Tant'e'  che  prima  del
decreto-legge n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche  a
S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in  un
termine ragionevole, va riscontrata, anche per le  cause  davanti  al
giudice  amministrativo,  con  riferimento  al   periodo   intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non  sospende  ne'  differisce  il  dovere
dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio
degli stessi, ne'  implica  il  trasferimento  sul  ricorrente  della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008-2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall'art. 1,  comma
777, lettera a, della legge n. 208/15, consiste  dunque  nell'imporre
al  ricorrente  di  prenotare  gli  effetti  della  riparazione   per
l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto,  per i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l'effettivita'
dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del  fatto  che  i
rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione
dell'art. 6, par. 1  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali sia consumata  (salvo
rilevare sin da ora che nessuna disposizione imporrebbe  di  adottare
corsie decisorie preferenziali). Per contro, nel  caso  dei  processi
pendenti alla data  del  16  settembre  2010,  l'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/08 impone  tale  prenotazione  indipendentemente
dalla circostanza che la violazione si sia gia'  realizzata  o  meno.
Prova ne sia che la proponibilita' della domanda di equa  riparazione
non e' esclusa ove l'istanza di prelievo  sia  stata  presentata  una
sola volta  e  in  epoca  risalente  rispetto  alla  conclusione  del
giudizio, atteso che nessuna norma e nessun principio processuale  ne
impongono la reiterazione ad intervalli  piu'  o  meno  regolari  (v.
Cassazione n. 14386/15); e che l'istanza di  prelievo,  anche  quando
condiziona  ratione  temporis  la  proponibilita'  della  domanda  di
indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che  va
riferita all'intero svolgimento processuale  e  non  alla  sola  fase
seguente detta istanza (cfr. Cassazione nn. 13554/16 e 2172/17). 
    3.4.1. - Resta -  difficilmente  eludibile  -  una  significativa
diversita' di accenti.  Mentre  per  la  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo il rimedio interno deve garantire o  la
durata  ragionevole  del  giudizio  o  l'adeguata  riparazione  della
violazione del precetto convenzionale, sicche' ogni ostacolo  che  vi
si frapponga rende non effettivo il rimedio stesso, l'art. 54,  comma
2, decreto-legge n. 112/08 interpone proprio questo ostacolo. La  sua
finalita' selettiva,  volta  a  impedire  riparazioni  indiscriminate
nell'ambito di un processo peculiare come quello  amministrativo,  in
cui piu' che in  altri  il  rapporto  sostanziale  tra  le  parti  e'
soggetto alla temperie di fattori esterni  e  mutevoli  destinati  ad
incidere su quello processuale, se da un lato illumina la ratio della
norma  dall'altro  ne  denuncia  il  contrasto  irredimibile  con  la
Convenzione. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti,
un processo finche' pende e' per cio' stesso e per cio' solo soggetto
al termine di durata ragionevole e alle  conseguenze  della  relativa
violazione. 
    Non a caso la sentenza Olivieri contro Italia, nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria del Tribunale  amministrativo  regionale
per chiedere la fissazione d'urgenza della data dell'udienza». Il che
fa risaltare l'aporia intrinseca dell'art. 54, comma 2, decreto-legge
cit., il quale subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non
solo non e' funzionale alla progressione del giudizio piu' di  quanto
non lo sia la semplice istanza di  fissazione  dell'udienza,  essendo
dovuta nell'un caso come nell'altro la risposta giurisdizionale  fino
al limite della perenzione; ma che altresi' si trasfigura rispetto al
proprio originale, divenendo da strumento sollecitatorio per  ragioni
d'urgenza a mezzo di pura prenotazione dell'indennizzo,  tramite  una
surrettizia  e  sovrabbondante  dichiarazione   di   interesse   alla
decisione. 
    4. - Dunque e  riassumendo,  mentre  nella  giurisprudenza  della
Corte europea dei diritti dell'uomo il rimedio preventivo e' tale  se
efficacemente    sollecitatorio,    l'interesse     alla     risposta
giurisdizionale derivando dalla stessa  pendenza  del  processo,  nel
sistema integrato della legge n. 89/01 e del piu' volte  citato  art.
54,  comma  2,  il  rimedio  preventivo  non  e'  sollecitatorio,  ma
puramente dichiarativo di un interesse  altrimenti  gia'  incardinato
nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di  qui  la  non  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionalita', nei termini di cui in dispositivo. 
 
                                P.Q.M. 
 
    La Corte, visti gli articoli 134 Cost. e 23 della legge n. 87/53,
dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata,  in  riferimento
all'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  e  ai  parametri
interposti  degli  articoli  6,  par.  1,  13  e  46,  par.  1  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955,  n.  848,  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/08, convertito con  modificazioni  in  legge  n.
133/08, come modificato dall'art. 3, comma  23,  dell'Allegato  4  al
decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1,  comma  3,  lettera  a),
numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11; 
    dispone la sospensione del presente giudizio e ordina che, a cura
della cancelleria, la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti
del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte
e al Presidente del Consiglio dei ministri; 
    ordina,  altresi',   che   l'ordinanza   venga   comunicata   dal
cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    dispone l'immediata trasmissione degli  atti,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera  di  consiglio  della  seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2017. 
 
                       Il Presidente: Petitti