N. 17 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 novembre 2017
Ordinanza del 16 novembre 2017 della Corte di cassazione nel procedimento civile promosso da D'Argenio Cosimo contro Ministero dell'economia e delle finanze. Giustizia amministrativa - Domanda di equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Soggezione alla condizione di proponibilita' della previa presentazione dell'istanza di prelievo. - Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, art. 54, comma 2, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) e dall'art. 1, comma 3, lett. a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69).(GU n.7 del 14-2-2018 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Seconda sezione civile Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: dott. Stefano Petitti, Presidente; dott. Felice Manna, consigliere; dott. Vincenzo Correnti, consigliere; dott. Ubaldo Bellini, consigliere; dott. Luca Varrone, rel. consigliere; ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso 6079-2015 proposto da: D'Argenio Cosimo (codice fiscale DRGCSM57P28A783L), elettivamente domiciliato in Roma, via Valadier 43, presso lo studio dell'avvocato Giovanni Romano, che lo rappresenta e difende; ricorrenti; nonche' contro Ministero dell'economia e delle finanze 80415740580; intimati; Avverso il decreto della Corte d'appello di Roma, depositata il 30 gennaio 2015; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 ottobre 2017 dal consigliere dott. Luca Varrone; Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Corrado Mistri che ha concluso per la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Udito l'avvocato Giovanni Romano; Ritenuto in fatto 1. Con ricorso depositato presso la Corte d'appello di Roma in data 7 marzo 2011 D'Argenio Cosimo proponeva domanda di accertamento della violazione del termine di ragionevole durata del processo di cui all'art. 6, paragrafo 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali con contestuale richiesta di condanna del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento in suo favore dell'equa riparazione ex legge n. 89 del 2001. Il giudizio presupposto aveva ad oggetto un ricorso (proposto insieme con altri) innanzi al Tribunale amministrativo regionale Campania, notificato il 24 giugno 1993, e depositato il 6 luglio 1993 unitamente all'istanza di fissazione dell'udienza. L'amministrazione intimata si costituiva in giudizio con memoria depositata il 30 luglio 1993. 2. Il Tribunale amministrativo regionale Campania, tuttavia, non provvedeva a fissare l'udienza per la trattazione del ricorso e, in data 22 ottobre 2010, stante la sopravvenuta mancanza di interesse del ricorrente, depositava in cancelleria decreto decisorio di avvenuta perenzione del ricorso. 3. Il ricorrente precisa che avverso il suddetto decreto di perenzione non aveva proposto opposizione nei sessanta giorni di cui all'art. 26 della legge n. 1034 del 1971, sicche', il termine di sei mesi per proporre la domanda di equa riparazione, nella specie decorreva dal 21 dicembre 2010, data in cui il provvedimento e' divenuto definitivo. 4. Nella domanda di equa riparazione il ricorrente affermava che il venir meno del suo interesse alla prosecuzione del giudizio doveva ascriversi al notevole lasso di tempo trascorso dalla proposizione del ricorso introduttivo presso il Tribunale amministrativo regionale Campania, non avendo l'ufficio, in un tempo ragionevole, provveduto a fissare l'udienza per la trattazione nel merito, in palese violazione dell'obbligo di organizzare il sistema giudiziario in maniera che la giurisdizione possa assolvere all'obbligo di garantire ad ognuno il diritto di ottenere entro un termine ragionevole una decisione definitiva. Resisteva il Ministero dell'economia e delle finanze. 5. Con decreto del 30 gennaio 2015 la Corte d'appello rigettava la domanda e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte d'appello preso atto che il ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale Campania era stato notificato il 24 giugno del 1993 e che non era stata presentata alcuna istanza di prelievo e che, dunque, il processo era stato dichiarato perento per inattivita' della parte, visto l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 riteneva la domanda non proponibile. Ai sensi della suddetta norma, infatti, la presentazione dell'istanza di prelievo condiziona la proponibilita' della domanda di equa riparazione anche per il periodo precedente la presentazione dell'istanza, 6. Per la Cassazione di tale decreto D'Argenio Cosimo propone ricorso, sulla base di due motivi. 7. In prossimita' dell'udienza il ricorrente ha depositato memoria illustrativa con la quale insiste per l'accoglimento del ricorso e chiede sollevarsi questione di costituzionalita' dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 in relazione all'art. 117, primo comma, Cost. e all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 6 e 13, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, dell'art. 2 della legge n. 89 del 2001, erronea applicazione dell'art. 54, comma 2, della legge n. 133 del 2008, in relazione al disposto di cui all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. 1.2 Il ricorrente premette che non intende affrontare la questione della successione di norme nell'ambito della complessa materia delle condizioni di proponibilita' del ricorso per equa riparazione, quanto piuttosto evidenziare, alla luce delle peculiarita' del processo amministrativo, la violazione del disposto dell'art. 6, paragrafo 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e dell'art. 2 della legge n. 89 del 2001, in conseguenza della dichiarazione di non procedibilita' del ricorso di cui al decreto impugnato. 1.3 Il ricorrente, inoltre, sottolinea che il problema della presentazione o meno delle istanza di prelievo, nel caso di specie, non riveste alcun ruolo come risulta confermato dalla scansione temporale del giudizio amministrativo presupposto. In particolare, il decreto di perenzione quinquennale, con cui e' stato dichiarato estinto detto processo, e' datato 22 ottobre 2010, sicche' la vicenda in esame si era gia' esaurita prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo con cui e' stata individuata l'istanza di prelievo quale condizione di proponibilita' del ricorso anche con riferimento al periodo antecedente. Infatti, la perenzione quinquennale opera quando, decorsi cinque anni dalla data di deposito del ricorso, il ricorrente non abbia presentato nuova istanza di fissazione dell'udienza entro sei mesi dalla notifica dell'avviso comunicato a cura della cancelleria. Dunque la spinta propulsiva del ricorrente, ovvero il suo interesse alla coltivazione del processo, si era esaurita prima dell'introduzione dell'istanza di prelievo, quale condizione di accesso al giudizio di equa riparazione anche per il periodo anteriore alla presentazione. 1.4 In altri termini il ricorrente vuole concentrare l'attenzione non sulla circostanza della presentazione o meno dell'istanza di prelievo, bensi' sull'intervenuta perenzione del giudizio amministrativo a monte, e sulle relative cause e sul ruolo da essa rivestito nell'ottica del riconoscimento dell'equo indennizzo. A tal fine rimarca di aver sostenuto la medesima tesi anche nel giudizio dinanzi la Corte d'appello del quale in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso riporta alcuni passi. Dunque oggetto del motivo e' il diniego di tutela riparatoria perpetrato dalla Corte d'appello di Roma che si e' limitata a dichiarare non proponibile il ricorso per mancanza dell'istanza di prelievo nel giudizio a monte, omettendo di compiere la doverosa analisi in ordine alle ragioni della dichiarazione di perenzione e la conseguente valutazione di tali ragioni nell'ottica del riconoscimento dell'equo indennizzo. In sostanza ritiene il ricorrente di aver agito dinanzi al giudice amministrativo per ottenere la tutela del proprio diritto di lavoratore, di aver prontamente presentato l'apposita istanza di fissazione dell'udienza di trattazione e che solo l'inerzia del giudice ha fatto progressivamente venir meno il suo interesse alla coltivazione del giudizio fino a culminare nella dichiarazione di perenzione. 1.5 A questo proposito il ricorrente richiama numerose norme del processo amministrativo dalle quali a suo parere si evidenzia che la dichiarazione di perenzione non e' il sintomo del mero disinteresse o della mera negligenza del ricorrente ma espressione della sopravvenuta mancanza di interesse alla continuazione del processo generata dalla perdurante inerzia del giudice adito. D'altra parte la stessa Corte di cassazione ammette che la carenza di interesse possa essere conseguenza della colpevole inerzia del giudice adito sancendo che la pronuncia di perenzione non e' di per se' di ostacolo all'accoglimento di una domanda di equa riparazione, dovendosi invece vagliare il motivo della sopravvenuta carenza di interesse (Cass. n. 6619 del 2010). Dunque l'analisi del giudizio amministrativo presupposto deve necessariamente dividersi in due momenti: prima di tutto bisogna vagliare la sussistenza di un effettivo interesse all'introduzione del giudizio, in secondo luogo bisogna prendere in considerazione il complessivo contegno processuale del ricorrente e del giudice per verificare se la sopravvenuta mancanza di interesse debba essere ricondotta all'uno piuttosto che all'altro dei protagonisti della vicenda giudiziaria. 1.6 La circostanza che il giudizio presupposto si sia concluso con la dichiarazione di perenzione quinquennale non puo' essere di ostacolo al riconoscimento del diritto all'equa riparazione in quanto l'estinzione deve essere ricollegata alla sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente, a sua volta determinata dall'eccessiva durata del processo. Cio' in quanto il Tribunale amministrativo ha omesso di provvedere alla fissazione dell'udienza di discussione per oltre un decennio a fronte di un ricorrente che ad esso si era rivolto per vedere tutelati i propri diritti di lavoratore, puntualmente presentando anche la istanza di fissazione dell'udienza di discussione, manifestando in tal modo il proprio effettivo e perdurante interesse al giudizio. 1.7 Il secondo motivo di ricorso ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione degli articoli 6, par. 1 e 13, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, dell'art. 2 legge n. 89 del 2001 e degli articoli 91 e 92 codice di procedura civile. Il ricorrente censura la condanna al pagamento delle spese del giudizio liquidate in euro 1888,50 pur in presenza di tutti i presupposti per la compensazione delle stesse. Il motivo ripete le medesime argomentazioni del precedente circa la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente a coltivare il giudizio presupposto a causa dell'inerzia dell'autorita' giudiziaria che non ha fissato l'udienza per lunghissimo tempo. Cio' avrebbe dovuto giustificare la presenza di quelle «gravi ed eccezionali ragioni» che consentono di compensare le spese indipendentemente dalla soccombenza ex art. 92 codice di procedura civile. Inoltre la condanna alle spese sarebbe in palese contraddizione con la motivazione della sentenza sia per il riferimento ad una questione di costituzionalita' ritenuta manifestamente infondata da Cassazione sez. II n. 26262 del 2013 sia per il rigetto delle eccezioni di incompetenza e prescrizione sollevate dalla difesa erariale. 3. Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54, 2° comma, decreto-legge n. 112/08, convertito con modificazioni in legge n. 133/08, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11, in relazione all'art. 117, comma 1, Cost. e ai parametri interposti degli articoli 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 3.1. In base alla giurisprudenza ormai del tutto costante di questa Corte Suprema, l'art. 54, decreto-legge n. 112/08 e successive modifiche, va interpretato nel senso che per i processi amministrativi pendenti, come nella specie, alla data del 16 settembre 2010, la previa presentazione dell'istanza di prelievo e' condizione di proponibilita' della domanda di equa riparazione in rapporto all'intero svolgimento del giudizio presupposto, e dunque anche per la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08 che tale condizione di proponibilita' ha per la prima volta previsto. Infatti, «(l)'art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008 (art. 85) -, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma I, della legge 6 agosto 2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008 -, nella sua versione originaria, disponeva: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma I, non e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4, comma 1-ter, lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole "art. 2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della legge 24 marzo 2001, n. 89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4, comma 1-ter, lettera b)" sono soppresse»; c) conseguentemente, il testo definitivo dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma I, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art. 3, comma 23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito che, all'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, «le parole "un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642" sono sostituite dalle seguenti: "l'istanza di prelievo di cui all'art. 81, comma 1, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione"»; e) ancora successivamente, l'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) - in vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto che: «al comma 23, le parole "81, comma I" sono sostituite dalle seguenti "71, comma 2"»; f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 - in vigore dal 16 settembre 2010 - risulta del seguente testuale tenore: "La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione"»; g) per effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n. 208 del 2015 nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio 2016), «il comma 2 dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi amministrativi la cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini di cui all'art. 2, comma 2-bis»; che, questo essendo il quadro normativo di riferimento, e' del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 25 giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 16 settembre 2010, si applica - invece - l'art. 54, comma 2, dello stesso decreto-legge n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione non e' proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non rileva (...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89 del 2001, applicandosi essa ai soli giudizi amministrativi per i quali il termine di ragionevole durata sia violato alla data del 31 ottobre 2016» (cosi' si esprime Cassazione n. 16404/16; conformi, Cassazione nn. 5914-5915/12 e 3740/13). 3.1.1. Nel caso di specie - quanto alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta la domanda di equa riparazione nel 2011, relativamente ad un processo amministrativo pendente al 16 settembre 2010, la disciplina applicabile e' quella dell'art. 54, 2° comma decreto-legge n. 112/08 nel testo in vigore alla data della domanda stessa (ratione temporis non trova applicazione il comma 2-ter dell'art. 6 legge n. 89/01, introdotto dalla legge n. 208/15 a decorrere dal 1° gennaio 2016, per essere stato definito il processo presupposto nel 2010). Conseguentemente detta domanda e' soggetta, anche in rapporto alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08, alla condizione di proponibilita' dell'istanza di prelievo; la quale, a sua volta non e' surrogabile con l'istanza di fissazione dell'udienza di discussione. In generale, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte l'istanza di prelievo disciplinata dall'art. 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 e l'istanza di fissazione d'udienza, regolata dall'art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, assolvono funzioni distinte, avendo la prima la finalita' di accelerare il processo mediante il riscontro del persistente interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il perfezionamento della costituzione del ricorrente e la fissazione dell'udienza, la perenzione del giudizio. Ne consegue che dall'entrata in vigore dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le domande di equa riparazione relative a procedimenti che si svolgono davanti alle giurisdizioni amministrative, la preventiva formulazione dell'istanza di prelievo, costituisce una condizione di proponibilita' non fungibile con l'istanza di fissazione d'udienza (cosi', Cassazione nn. 16404/16, 780/15, 25572/10, nonche', tra le non massimate, 18546/14 e 785/15). Ne consegue che nel caso di specie, essendo mancata l'istanza di prelievo, la domanda di equa riparazione sarebbe improponibile secondo il diritto vigente. 3.2. Della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi prospettati, si deve dubitare alla stregua dei piu' recenti approdi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Con la sentenza nel caso Daddi contro Italia (n. 15476/09 del 2 giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando il ricorso inammissibile per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa dell'art. 54, secondo comma, decreto-legge n. 112/08 che avesse avuto per effetto quello di opporsi all'ammissibilita' dei ricorsi ex lege Pinto relativi alla durata di un processo amministrativo conclusosi prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse stata presentata un'istanza di prelievo, avrebbe potuto essere di natura tale da esonerare i ricorrenti interessati dall'obbligo di esperire il rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto riguardava i procedimenti ancora pendenti in cui la fissazione d'urgenza dell'udienza fosse stata richiesta solo dopo l'entrata in vigore della disposizione in questione. In questi casi, aveva concluso la Corte europea dei diritti dell'uomo, non si sarebbe potuto escludere che la norma, interpretata dai giudici nazionali nel senso di escludere dalla determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune categorie di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri contro Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12 e 22994), in una fattispecie relativa a giudizi amministrativi iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma 2, legge n. 205/00, ma non anche l'istanza di prelievo, il che aveva determinato l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affrontato in maniera diretta il problema dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege n. 89/01 soggetta alla condizione di proponibilita' dell'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08. Ed esaminando diacronicamente tale disposizione, fino al suo ultimo testo scaturito dalle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 104/10, ha convertito in critica espressa e consapevole la riserva formulata con la sentenza resa nel caso Daddi. La Corte europea ha cosi' affermato: a) che ne' dal contenuto della norma ne' dalla relativa prassi giudiziaria si evince che l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione in merito alla causa sottoposta all'esame del tribunale; b) che la condizione di ammissibilita' di un ricorso «Pinto» prevista dall'art. 54, comma 2 de decreto-legge n. 112/08 risulta essere una condizione formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla procedura interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei ricorsi per equa riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano presentato l'istanza di prelievo, priva questi ultimi della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. E richiamata la propria giurisprudenza sul principio di effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo il rimedio interno se permette di evitare che si verifichi o si protragga la violazione dedotta o se permette di fornire all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni che si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per lamentare la durata eccessiva di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54, comma 2 del decreto-legge n. 112 del 2008 in combinato disposto con la legge Pinto, non possa essere considerata un ricorso effettivo ai sensi dell'art. 13 della Convenzione». 3.3. Benche' occasionato da fattispecie aventi ad oggetto l'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo verificatasi anteriormente al 25.6.08 (iniziati nel 1990, i giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra il mese di novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande ex lege n. 89/01 presentate vigente il testo dell'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 ante decreto legislativo n. 104/10, tale precedente appare idoneo a incidere sulla decisione del caso in oggetto (per non dire dell'ipoteca che esso iscrive sull'intero sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli articoli 1-bis e 1-ter della legge n. 89/01, ivi premessi dall'art. 1, comma 777, lettera a, della legge n. 208/15 e basati sul medesimo principio). Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione della sentenza Olivieri contro Italia (v. par. 65), il riferimento al ridetto decreto legislativo non puo' liquidarsi quale mero obiter dictum (peraltro di dubbia configurabilita' in un contesto motivazionale esclusivamente argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di raffronto tra norme appartenenti a sistemi giuridici autonomi). Suo tramite, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha confermato e viepiu' chiarito il senso del giudizio espresso sul pratico operare congiunto della legge n. 89/01 e della previsione dell'istanza di prelievo quale rimedio preventivo. E dunque pare sovrabbondante pretendere ed attendere che, adita in relazione ad un caso perfettamente sovrapponibile a quello ora in esame, la Corte europea dei diritti dell'uomo reiteri le medesime considerazioni operate su di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. Avuto riguardo alle indicazioni di metodo ritraibili dai precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi quello di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo ricevuto l'avallo della Grand Chambre, l'indirizzo espresso dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con la decisione sul caso Olivieri e' da ritenersi ormai adeguatamente consolidato. Esso costituisce il logico e preannunciato sviluppo del principio gia' espresso nella sentenza sul caso Daddi; e' stato adottato all'unanimita'; non presenta alcuna attitudine innovativa rispetto alla tecnica dell'interpretazione convenzionale fin qui seguita; concerne una fattispecie tutt'altro che isolata o peculiare, ma anzi connotata da ovvi elementi di serialita'; si colloca, coerente, nel solco della giurisprudenza di detta Corte europea sul principio di effettivita' per come esso vive in concreto negli ordinamenti nazionali; ed e' stato espresso nella piena consapevolezza del modus operandi dei giudici nazionali. 3.4. Cosi' restituito a questa Corte di cassazione il compito suo proprio d'interpretare l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 e successive modificazioni, alla luce della Costituzione, si rileva che la legittimita' costituzionale della norma e' stata ritenuta in relazione specifica ai referenti degli articoli 24 e 111 Cost. Una volta esclusane l'applicazione retroattiva (id est, del testo attuale ai processi amministrativi non pendenti alla data del 16 settembre 2010 di entrata in vigore del c.p.a.), essa non determina ne' irragionevoli disparita' di trattamento, ne' lesione alcuna dei principi del giusto processo e del diritto di difesa, dal momento che l'istanza di prelievo manifesta l'interesse della parte ad una rapida definizione della domanda di giustizia (cfr. Cassazione n. 26262/13). Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la visuale prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della legge n. 89/01 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. Nell'ambito del processo amministrativo detta istanza e' stata prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento per sollecitare la trattazione urgente del ricorso. Abrogato detto regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto legislativo n. 104/10, e sostituita la disposizione sul prelievo con l'affatto omologa norma dell'art. 71, comma 2, c.p.a., permane la medesima funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. Non pare, invece, ne' rilevante ne' significativo ai fini in esame l'art. 71-bis, aggiunto al decreto legislativo n. 104/10 dall'art. 1, comma 781, lettera b) della legge n. 208/15, in base al quale a seguito dell'istanza di cui al comma 2 dell'art. 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, puo' definire, in Camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata. In disparte la sua applicabilita' a decorrere dal 1° gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una tecnica decisoria piu' agevole e veloce, senza tuttavia imporla nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul complessivo giudizio di (in)effettivita' del rimedio interno secondo la concezione dell'art. 13 della Convenzione europea, come elaborata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il che ripropone intatta la questione in esame. Diversa e', invece, proprio sul terreno dell'effettivita', la funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa riparazione. Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto la funzione di segnalare al giudice il permanente interesse della parte alla definizione del giudizio, sovente venuto meno per circostanze sopravvenute alla sua proposizione (quali atti di autotutela o sanatorie), con la conseguenza che la mancata presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla proposizione della domanda, costituisce indice di scarso interesse alla lite (cosi' Cassazione n. 3271/11, che da cio' ha desunto la legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura inferiore rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). Cio' non vuol dire, ovviamente, che l'assenza del prelievo impedisca la decisione del giudice amministrativo, una volta che, come si e' detto, la costituzione della parte ricorrente si sia perfezionata con la proposizione dell'istanza di fissazione dell'udienza di trattazione del ricorso. Tant'e' che prima del decreto-legge n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche a S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall'instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell'istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione di strumenti sollecitatori non sospende ne' differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, ne' implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilita' per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte ai solo fine dell'apprezzamento della entita' del lamentato pregiudizio (cosi' e per tutte, S.U. n. 28507/05). Il senso ultimo dell'operazione posta in essere dal legislatore del 2008-2010, confermato del resto dai piu' generalizzato sistema di rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall'art. 1, comma 777, lettera a, della legge n. 208/15, consiste dunque nell'imporre al ricorrente di prenotare gli effetti della riparazione per l'irragionevole durata del processo. Non mette conto, per i limiti di rilevanza della questione, indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della legge n. 89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l'effettivita' dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del fatto che i' rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione dell'art. 6, par. 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali sia consumata (salvo rilevare sin da ora che nessuna disposizione imporrebbe di adottare corsie decisorie preferenziali). Per contro, nel caso dei processi pendenti alla data del 16 settembre 2010, l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 impone tale prenotazione indipendentemente dalla circostanza che la violazione si sia gia' realizzata o meno. Prova ne sia che la proponibilita' della domanda di equa riparazione non e' esclusa ove l'istanza di prelievo sia stata presentata una sola volta e in epoca risalente rispetto alla conclusione del giudizio, atteso che nessuna norma e nessun principio processuale ne impongono la reiterazione ad intervalli piu' o meno regolari (v. Cassazione n. 14386/15); e che l'istanza di prelievo, anche quando condiziona ratione temporis la proponibilita' della domanda di indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che va riferita all'intero svolgimento processuale e non alla sola fase seguente detta istanza (cfr. Cassazione nn. 13554/16 e 2172/17). 3.4.1. Resta - difficilmente eludibile - una significativa diversita' di accenti. Mentre per la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo il rimedio interno deve garantire o la durata ragionevole del giudizio o l'adeguata riparazione della violazione del precetto convenzionale, sicche' ogni ostacolo che vi si frapponga rende non effettivo il rimedio stesso, l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08 interpone proprio questo ostacolo. La sua finalita' selettiva, volta a impedire riparazioni indiscriminate nell'ambito di un processo peculiare come quello amministrativo, in cui piu' che in altri il rapporto sostanziale tra le parti e' soggetto alla temperie di fattori esterni e mutevoli destinati ad incidere su quello processuale, se da un lato illumina la ratio della norma dall'altro ne denuncia il contrasto irredimibile con la Convenzione. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti, un processo finche' pende e' per cio' stesso e per cio' solo soggetto al termine di durata ragionevole e alle conseguenze della relativa violazione. Non a caso la sentenza Olivieri contro Italia, nel rilevare che ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa, tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione dell'udienza di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso che «(i) ricorrenti non avevano dunque alcun interesse a sollecitare una seconda volta la cancelleria del Tribunale amministrativo regionale per chiedere la fissazione d'urgenza della data dell'udienza». Il che fa risaltare l'aporia intrinseca dell'art. 54, comma 2, decreto-legge cit., il quale subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non solo non e' funzionale alla progressione del giudizio piu' di quanto non lo sia la semplice istanza di fissazione dell'udienza, essendo dovuta nell'un caso come nell'altro la risposta giurisdizionale fino al limite della perenzione; ma altresi' si trasfigura rispetto ai proprio originale, divenendo da strumento sollecitatorio per ragioni d'urgenza a mezzo di pura prenotazione dell'indennizzo, tramite una surrettizia e sovrabbondante dichiarazione di interesse alla decisione. 4. Dunque e riassumendo, mentre nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo il rimedio preventivo e' tale se efficacemente sollecitatorio, l'interesse alla risposta giurisdizionale derivando dalla stessa pendenza del processo, nel sistema integrato della legge n. 89/01 e del piu' volte citato art. 54, comma 2, il rimedio preventivo non e' sollecitatorio, ma puramente dichiarativo di un interesse altrimenti gia' incardinato nel processo. Non e' possibile un'interpretazione convenzionalmente orientata di tale norma che non si traduca nella sua sostanziale e intera disapplicazione. E' l'idea stessa del prelievo quale condizione d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. Di qui la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionalita', dell'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112 del 2008, conv. con modif. dalla legge n. 133 del 2008, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'All. 4 al decreto legislativo n. 104 del 2010 e dall'art. 1, comma 3, lettera a), n. 6), del decreto legislativo n. 195 del 2011, per contrasto con l'art. 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella parte in cui, relativamente ai giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 e per la loro intera durata, subordina la proponibilita' della domanda di equa riparazione per l'irragionevole durata dei giudizi amministrativi alla previa presentazione dell'istanza di prelievo.
P. Q. M. La Corte, visti gli articoli 134 Cost. e 23 della legge n. 87/53, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, e ai parametri interposti degli articoli 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08, convertito con modificazioni in legge n. 133/08, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11; dispone la sospensione del presente giudizio e ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte e al Presidente del Consiglio dei ministri; ordina, altresi', che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 13 ottobre 2017. Il Presidente: Petitti