N. 17 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 novembre 2017

Ordinanza  del  16  novembre  2017  della  Corte  di  cassazione  nel
procedimento civile promosso da  D'Argenio  Cosimo  contro  Ministero
dell'economia e delle finanze. 
 
Giustizia amministrativa - Domanda di equa riparazione per violazione
  della ragionevole durata del processo - Soggezione alla  condizione
  di  proponibilita'  della  previa  presentazione  dell'istanza   di
  prelievo. 
- Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo
  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
  stabilizzazione  della   finanza   pubblica   e   la   perequazione
  tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  6  agosto
  2008, n. 133, art. 54, comma 2, come modificato dall'art. 3,  comma
  23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104
  (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18  giugno  2009,  n.  69,
  recante  delega  al  governo   per   il   riordino   del   processo
  amministrativo) e dall'art. 1, comma 3, lett. a),  numero  6),  del
  decreto  legislativo  15  novembre  2011,  n.   195   (Disposizioni
  correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.
  104,  recante  codice   del   processo   amministrativo   a   norma
  dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
(GU n.7 del 14-2-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda sezione civile 
 
    Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
        dott. Stefano Petitti, Presidente; 
        dott. Felice Manna, consigliere; 
        dott. Vincenzo Correnti, consigliere; 
        dott. Ubaldo Bellini, consigliere; 
        dott. Luca Varrone, rel. consigliere; 
    ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  6079-2015
proposto da: 
        D'Argenio   Cosimo   (codice    fiscale    DRGCSM57P28A783L),
elettivamente domiciliato in Roma, via Valadier 43, presso lo  studio
dell'avvocato  Giovanni  Romano,  che  lo  rappresenta   e   difende;
ricorrenti; 
    nonche'   contro   Ministero   dell'economia   e    delle finanze
80415740580; intimati; 
    Avverso il decreto della Corte d'appello di Roma,  depositata  il
30 gennaio 2015; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
13 ottobre 2017 dal consigliere dott. Luca Varrone; 
    Udito il pubblico ministero in persona del sostituto  procuratore
generale dott. Corrado Mistri che ha concluso per la rimessione degli
atti alla Corte costituzionale; 
    Udito l'avvocato Giovanni Romano; 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. Con ricorso depositato presso la Corte d'appello  di  Roma  in
data 7 marzo 2011 D'Argenio Cosimo proponeva domanda di  accertamento
della violazione del termine di ragionevole durata  del  processo  di
cui all'art. 6, paragrafo 1, Convenzione europea per la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  con  contestuale
richiesta di condanna del Ministero dell'economia e delle finanze  al
pagamento in suo favore dell'equa riparazione  ex  legge  n.  89  del
2001. 
    Il giudizio presupposto aveva ad  oggetto  un  ricorso  (proposto
insieme con altri)  innanzi  al  Tribunale  amministrativo  regionale
Campania, notificato il 24 giugno 1993, e depositato il 6 luglio 1993
unitamente all'istanza di fissazione dell'udienza. 
    L'amministrazione intimata si costituiva in giudizio con  memoria
depositata il 30 luglio 1993. 
    2. Il Tribunale amministrativo regionale Campania, tuttavia,  non
provvedeva a fissare l'udienza per la trattazione del ricorso  e,  in
data 22 ottobre 2010, stante la sopravvenuta  mancanza  di  interesse
del  ricorrente,  depositava  in  cancelleria  decreto  decisorio  di
avvenuta perenzione del ricorso. 
    3. Il ricorrente precisa  che  avverso  il  suddetto  decreto  di
perenzione non aveva proposto opposizione nei sessanta giorni di  cui
all'art. 26 della legge n. 1034 del 1971, sicche', il termine di  sei
mesi per proporre  la  domanda  di  equa  riparazione,  nella  specie
decorreva dal 21 dicembre 2010,  data  in  cui  il  provvedimento  e'
divenuto definitivo. 
    4. Nella domanda di equa riparazione il ricorrente affermava  che
il venir meno del suo interesse alla prosecuzione del giudizio doveva
ascriversi al notevole lasso di tempo  trascorso  dalla  proposizione
del ricorso introduttivo presso il Tribunale amministrativo regionale
Campania, non avendo l'ufficio, in un tempo ragionevole, provveduto a
fissare l'udienza per la trattazione nel merito, in palese violazione
dell'obbligo di organizzare il sistema giudiziario in maniera che  la
giurisdizione possa assolvere all'obbligo di garantire ad  ognuno  il
diritto di  ottenere  entro  un  termine  ragionevole  una  decisione
definitiva. Resisteva il Ministero dell'economia e delle finanze. 
    5. Con decreto del 30 gennaio 2015 la Corte  d'appello  rigettava
la domanda e  condannava  il  ricorrente  al  pagamento  delle  spese
processuali. 
    La Corte d'appello preso atto che il ricorso innanzi al Tribunale
amministrativo regionale Campania era stato notificato il  24  giugno
del 1993 e che non era stata presentata alcuna istanza di prelievo  e
che, dunque, il processo era stato dichiarato perento per inattivita'
della parte, visto l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n.  112  del
2008 riteneva la domanda non proponibile. 
    Ai  sensi  della  suddetta  norma,  infatti,   la   presentazione
dell'istanza di prelievo condiziona la proponibilita'  della  domanda
di equa riparazione anche per il periodo precedente la  presentazione
dell'istanza, 
    6. Per la Cassazione di tale  decreto  D'Argenio  Cosimo  propone
ricorso, sulla base di due motivi. 
    7.  In  prossimita'  dell'udienza  il  ricorrente  ha  depositato
memoria illustrativa con la  quale  insiste  per  l'accoglimento  del
ricorso e chiede sollevarsi questione di costituzionalita'  dell'art.
54, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 in relazione  all'art.
117, primo comma, Cost. e all'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
 
                       Ragioni della decisione 
 
    1. Il primo motivo  di  ricorso  deduce  la  violazione  e  falsa
applicazione degli articoli  6  e  13,  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
dell'art.  2  della  legge  n.  89  del  2001,  erronea  applicazione
dell'art. 54, comma 2, della legge n. 133 del 2008, in  relazione  al
disposto di cui all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. 
    1.2  Il  ricorrente  premette  che  non  intende  affrontare   la
questione della successione  di  norme  nell'ambito  della  complessa
materia delle condizioni  di  proponibilita'  del  ricorso  per  equa
riparazione,  quanto   piuttosto   evidenziare,   alla   luce   delle
peculiarita' del processo amministrativo, la violazione del  disposto
dell'art. 6, paragrafo 1, Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e dell'art.  2  della
legge n. 89 del 2001,  in  conseguenza  della  dichiarazione  di  non
procedibilita' del ricorso di cui al decreto impugnato. 
    1.3 Il ricorrente, inoltre,  sottolinea  che  il  problema  della
presentazione o meno delle istanza di prelievo, nel caso  di  specie,
non riveste alcun  ruolo  come  risulta  confermato  dalla  scansione
temporale del giudizio amministrativo presupposto. In particolare, il
decreto di perenzione  quinquennale,  con  cui  e'  stato  dichiarato
estinto detto processo, e' datato 22 ottobre 2010, sicche' la vicenda
in esame si era gia' esaurita prima dell'entrata in vigore del codice
del processo amministrativo con cui e' stata individuata l'istanza di
prelievo quale condizione di proponibilita'  del  ricorso  anche  con
riferimento al periodo antecedente. 
    Infatti, la perenzione quinquennale opera quando, decorsi  cinque
anni dalla data di deposito del  ricorso,  il  ricorrente  non  abbia
presentato nuova istanza di fissazione dell'udienza  entro  sei  mesi
dalla notifica  dell'avviso  comunicato  a  cura  della  cancelleria.
Dunque la spinta propulsiva del ricorrente, ovvero il  suo  interesse
alla   coltivazione   del   processo,   si   era    esaurita    prima
dell'introduzione  dell'istanza  di  prelievo,  quale  condizione  di
accesso  al  giudizio  di  equa  riparazione  anche  per  il  periodo
anteriore alla presentazione. 
    1.4 In altri termini il ricorrente vuole concentrare l'attenzione
non sulla circostanza della  presentazione  o  meno  dell'istanza  di
prelievo,   bensi'   sull'intervenuta   perenzione    del    giudizio
amministrativo a monte, e sulle relative cause e sul  ruolo  da  essa
rivestito nell'ottica del riconoscimento dell'equo indennizzo. A  tal
fine rimarca di aver sostenuto la medesima tesi  anche  nel  giudizio
dinanzi la Corte d'appello del quale  in  ossequio  al  principio  di
autosufficienza del ricorso riporta alcuni passi. 
    Dunque oggetto del motivo e' il  diniego  di  tutela  riparatoria
perpetrato dalla Corte  d'appello  di  Roma  che  si  e'  limitata  a
dichiarare non proponibile il ricorso per  mancanza  dell'istanza  di
prelievo nel giudizio a monte,  omettendo  di  compiere  la  doverosa
analisi in ordine alle ragioni della dichiarazione di perenzione e la
conseguente   valutazione   di   tali   ragioni    nell'ottica    del
riconoscimento dell'equo indennizzo. 
    In sostanza ritiene  il  ricorrente  di  aver  agito  dinanzi  al
giudice amministrativo per ottenere la tutela del proprio diritto  di
lavoratore, di aver  prontamente  presentato  l'apposita  istanza  di
fissazione dell'udienza di  trattazione  e  che  solo  l'inerzia  del
giudice ha fatto progressivamente venir meno il  suo  interesse  alla
coltivazione del giudizio fino a  culminare  nella  dichiarazione  di
perenzione. 
    1.5 A questo proposito il ricorrente richiama numerose norme  del
processo amministrativo dalle quali a suo parere si evidenzia che  la
dichiarazione di perenzione non e' il sintomo del mero disinteresse o
della  mera  negligenza   del   ricorrente   ma   espressione   della
sopravvenuta mancanza di interesse alla  continuazione  del  processo
generata dalla perdurante inerzia del giudice adito. 
    D'altra parte la  stessa  Corte  di  cassazione  ammette  che  la
carenza di interesse possa essere conseguenza della colpevole inerzia
del giudice adito sancendo che la pronuncia di perenzione non  e'  di
per  se'  di  ostacolo  all'accoglimento  di  una  domanda  di   equa
riparazione, dovendosi invece vagliare il motivo  della  sopravvenuta
carenza di interesse (Cass. n. 6619 del 2010). 
    Dunque l'analisi del  giudizio  amministrativo  presupposto  deve
necessariamente dividersi in due  momenti:  prima  di  tutto  bisogna
vagliare la sussistenza di un  effettivo  interesse  all'introduzione
del giudizio, in secondo luogo bisogna prendere in considerazione  il
complessivo contegno processuale del ricorrente  e  del  giudice  per
verificare se la sopravvenuta  mancanza  di  interesse  debba  essere
ricondotta all'uno piuttosto che  all'altro  dei  protagonisti  della
vicenda giudiziaria. 
    1.6 La circostanza che il giudizio presupposto  si  sia  concluso
con la dichiarazione di perenzione quinquennale non  puo'  essere  di
ostacolo al riconoscimento del diritto all'equa riparazione in quanto
l'estinzione deve essere ricollegata  alla  sopravvenuta  carenza  di
interesse del ricorrente,  a  sua  volta  determinata  dall'eccessiva
durata del processo. Cio' in quanto il  Tribunale  amministrativo  ha
omesso di provvedere alla fissazione dell'udienza di discussione  per
oltre un decennio a fronte di  un  ricorrente  che  ad  esso  si  era
rivolto  per  vedere  tutelati  i  propri  diritti   di   lavoratore,
puntualmente presentando anche la istanza di fissazione  dell'udienza
di discussione, manifestando in  tal  modo  il  proprio  effettivo  e
perdurante interesse al giudizio. 
    1.7 Il secondo motivo di ricorso ha ad oggetto  la  violazione  e
falsa applicazione degli articoli 6, par. 1 e 13,  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, dell'art. 2 legge n. 89 del 2001 e degli articoli 91  e
92 codice di procedura civile. 
    Il ricorrente censura la condanna al pagamento  delle  spese  del
giudizio liquidate in  euro  1888,50  pur  in  presenza  di  tutti  i
presupposti per la compensazione delle stesse. 
    Il motivo ripete le medesime argomentazioni del precedente  circa
la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente  a  coltivare  il
giudizio presupposto a causa dell'inerzia dell'autorita'  giudiziaria
che non ha fissato l'udienza  per  lunghissimo  tempo.  Cio'  avrebbe
dovuto giustificare la  presenza  di  quelle  «gravi  ed  eccezionali
ragioni» che consentono  di  compensare  le  spese  indipendentemente
dalla soccombenza ex art. 92 codice di procedura civile. 
    Inoltre la condanna alle spese sarebbe in  palese  contraddizione
con la motivazione della sentenza  sia  per  il  riferimento  ad  una
questione di costituzionalita' ritenuta manifestamente  infondata  da
Cassazione sez. II n.  26262  del  2013  sia  per  il  rigetto  delle
eccezioni di  incompetenza  e  prescrizione  sollevate  dalla  difesa
erariale. 
    3. Il Collegio ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54,  2°  comma,
decreto-legge n. 112/08, convertito con  modificazioni  in  legge  n.
133/08, come modificato dall'art. 3, comma  23,  dell'Allegato  4  al
decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1,  comma  3,  lettera  a),
numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11, in relazione
all'art. 117, comma 1, Cost. e ai parametri interposti degli articoli
6, par. 1, 13 e 46, par. 1 Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    3.1. In base alla giurisprudenza  ormai  del  tutto  costante  di
questa Corte Suprema, l'art. 54, decreto-legge n. 112/08 e successive
modifiche,  va  interpretato   nel   senso   che   per   i   processi
amministrativi  pendenti,  come  nella  specie,  alla  data  del   16
settembre 2010, la previa presentazione dell'istanza di  prelievo  e'
condizione di proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  in
rapporto all'intero svolgimento del giudizio  presupposto,  e  dunque
anche per la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008,  data  di
entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08 che tale condizione  di
proponibilita' ha per la prima volta previsto. 
    Infatti, «(l)'art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008  (art.  85)  -,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma I, della legge 6  agosto
2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008  -,  nella  sua  versione
originaria,  disponeva:  «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma I,  non
e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.
51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate
all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole  "art.
2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della legge 24 marzo 2001, n.
89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza  dei  termini
di  durata  di  cui  all'art.  4,  comma  1-ter,  lettera  b)"   sono
soppresse»; c) conseguentemente, il testo  definitivo  dell'art.  54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge
dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa
riparazione non e' proponibile se nel  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma I, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art.  3,
comma 23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito  che,  all'art.
54,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  «le   parole
"un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642" sono sostituite dalle seguenti: "l'istanza di
prelievo di cui  all'art.  81,  comma  1,  del  codice  del  processo
amministrativo, ne'  con  riguardo  al  periodo  anteriore  alla  sua
presentazione"»;  e)  ancora  successivamente,  l'art.  1,  comma  3,
lettera a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre  2011,  n.
195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice del  processo  amministrativo,  a
norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) -  in
vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto  che:  «al  comma  23,  le
parole "81, comma I" sono sostituite dalle seguenti "71,  comma  2"»;
f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  n.  112
del 2008 - in vigore dal 16 settembre 2010  -  risulta  del  seguente
testuale tenore: "La domanda di equa riparazione non  e'  proponibile
se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui  si  assume
essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24
marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di  prelievo  di
cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne'
con riguardo al periodo anteriore alla sua  presentazione"»;  g)  per
effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n.  208  del  2015
nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto
dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio  2016),  «il  comma  2
dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato
dall'art. 3, comma 23,  dell'allegato  4  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi  amministrativi  la
cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini  di  cui  all'art.  2,
comma 2-bis»; che, questo essendo il quadro normativo di riferimento,
e' del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1)
ai procedimenti per equa riparazione, promossi  a  far  data  dal  25
giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n.  112
del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la  violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata  un'istanza
ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto  17  agosto
1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa  riparazione,  promossi  a
far data dal 16 settembre 2010, si  applica -  invece  -  l'art.  54,
comma 2, dello stesso decreto-legge n.  112  del  2008  nel  seguente
testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'  proponibile  se  nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si  assume  essersi
verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge  24  marzo
2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con
riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non  rileva
(...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89
del 2001, applicandosi essa ai  soli  giudizi  amministrativi  per  i
quali il termine di ragionevole durata sia violato alla data  del  31
ottobre 2016» (cosi' si esprime  Cassazione  n.  16404/16;  conformi,
Cassazione nn. 5914-5915/12 e 3740/13). 
    3.1.1. Nel caso di specie - quanto alla rilevanza della questione
di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta la domanda di
equa   riparazione   nel   2011,   relativamente   ad   un   processo
amministrativo  pendente  al  16  settembre   2010,   la   disciplina
applicabile e' quella dell'art. 54, 2° comma decreto-legge n.  112/08
nel testo in vigore alla data della domanda stessa (ratione  temporis
non trova applicazione il comma 2-ter dell'art.  6  legge  n.  89/01,
introdotto dalla legge n. 208/15 a decorrere dal 1° gennaio 2016, per
essere stato definito il processo presupposto nel 2010). 
    Conseguentemente detta domanda e'  soggetta,  anche  in  rapporto
alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data  di  entrata
in  vigore  del  decreto-legge  n.   112/08,   alla   condizione   di
proponibilita' dell'istanza di prelievo; la quale, a sua volta non e'
surrogabile con l'istanza di fissazione dell'udienza di discussione. 
    In generale,  infatti,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte l'istanza di  prelievo  disciplinata  dall'art.  51  del
regio decreto 17 agosto  1907,  n.  642  e  l'istanza  di  fissazione
d'udienza, regolata dall'art. 23 della  legge  6  dicembre  1971,  n.
1034, assolvono funzioni distinte, avendo la prima  la  finalita'  di
accelerare  il  processo  mediante  il  riscontro   del   persistente
interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il
perfezionamento della costituzione del  ricorrente  e  la  fissazione
dell'udienza,  la  perenzione   del   giudizio.   Ne   consegue   che
dall'entrata in vigore dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le  domande
di equa riparazione relative a procedimenti che si  svolgono  davanti
alle  giurisdizioni  amministrative,   la   preventiva   formulazione
dell'istanza   di   prelievo,   costituisce   una    condizione    di
proponibilita' non fungibile con l'istanza  di  fissazione  d'udienza
(cosi', Cassazione nn. 16404/16, 780/15, 25572/10,  nonche',  tra  le
non massimate, 18546/14 e 785/15). 
    Ne consegue che nel caso di specie, essendo mancata l'istanza  di
prelievo,  la  domanda  di  equa  riparazione  sarebbe  improponibile
secondo il diritto vigente. 
    3.2. Della cui legittimita' costituzionale, nei  termini  innanzi
prospettati, si deve dubitare alla stregua dei piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Con la sentenza nel caso Daddi contro Italia (n. 15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa  dell'art.
54, secondo comma, decreto-legge  n.  112/08  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte europea dei diritti dell'uomo, non si sarebbe potuto  escludere
che la  norma,  interpretata  dai  giudici  nazionali  nel  senso  di
escludere dalla determinazione della durata soggetta a  indennizzo  i
periodi anteriori al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente
alcune categorie di ricorrenti della  possibilita'  di  ottenere  una
riparazione adeguata e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri  contro
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12
e 22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi  amministrativi
iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza
di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma  2,  legge  n.
205/00, ma non anche l'istanza di prelievo, il che aveva  determinato
l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte europea
dei diritti dell'uomo ha affrontato in maniera  diretta  il  problema
dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege  n.  89/01  soggetta
alla  condizione   di   proponibilita'   dell'art.   54,   comma   2,
decreto-legge  n.  112/08.   Ed   esaminando   diacronicamente   tale
disposizione, fino al suo  ultimo  testo  scaturito  dalle  modifiche
apportate dal decreto legislativo n. 104/10, ha convertito in critica
espressa e consapevole la riserva formulata con la sentenza resa  nel
caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi' affermato: a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione di ammissibilita' di un ricorso «Pinto» prevista dall'art.
54, comma 2 de decreto-legge n. 112/08 risulta essere una  condizione
formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla  procedura
interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei  ricorsi  per  equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E  richiamata  la  propria  giurisprudenza   sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54,  comma  2  del
decreto-legge n. 112 del 2008 in  combinato  disposto  con  la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'art. 13 della Convenzione». 
    3.3. Benche' occasionato da fattispecie aventi ad oggetto  l'equa
riparazione per  l'irragionevole  durata  del  processo  verificatasi
anteriormente al 25.6.08 (iniziati nel 1990, i giudizi amministrativi
presupposti erano stati definiti tra il mese di novembre 2008  ed  il
marzo 2009), e sulla base di domande  ex  lege  n.  89/01  presentate
vigente il testo dell'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08  ante
decreto legislativo  n.  104/10,  tale  precedente  appare  idoneo  a
incidere  sulla  decisione  del  caso  in  oggetto  (per   non   dire
dell'ipoteca  che  esso  iscrive  sull'intero  sistema   dei   rimedi
preventivi introdotto dagli articoli 1-bis e  1-ter  della  legge  n.
89/01, ivi premessi dall'art. 1, comma 777, lettera a, della legge n.
208/15 e basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione  della  sentenza
Olivieri contro Italia  (v.  par.  65),  il  riferimento  al  ridetto
decreto legislativo non puo'  liquidarsi  quale  mero  obiter  dictum
(peraltro di dubbia configurabilita'  in  un  contesto  motivazionale
esclusivamente argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di
raffronto tra norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo
tramite, la Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  ha  confermato  e
viepiu' chiarito il senso del giudizio espresso sul  pratico  operare
congiunto della legge n. 89/01 e  della  previsione  dell'istanza  di
prelievo quale  rimedio  preventivo.  E  dunque  pare  sovrabbondante
pretendere  ed  attendere  che,  adita  in  relazione  ad   un   caso
perfettamente sovrapponibile a quello ora in esame, la Corte  europea
dei diritti dell'uomo reiteri le medesime considerazioni  operate  su
di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo
ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso  dalla
Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  con  la  decisione  sul  caso
Olivieri  e'  da  ritenersi  ormai  adeguatamente  consolidato.  Esso
costituisce il logico e preannunciato  sviluppo  del  principio  gia'
espresso  nella  sentenza  sul  caso   Daddi;   e'   stato   adottato
all'unanimita'; non presenta alcuna  attitudine  innovativa  rispetto
alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale  fin  qui  seguita;
concerne una fattispecie tutt'altro che isolata o peculiare, ma  anzi
connotata da ovvi elementi di serialita'; si colloca,  coerente,  nel
solco della giurisprudenza di detta Corte europea  sul  principio  di
effettivita'  per  come  esso  vive  in  concreto  negli  ordinamenti
nazionali; ed e' stato espresso nella piena consapevolezza del  modus
operandi dei giudici nazionali. 
    3.4. Cosi' restituito a questa Corte di cassazione il compito suo
proprio d'interpretare l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08  e
successive modificazioni, alla luce della Costituzione, si rileva che
la legittimita' costituzionale  della  norma  e'  stata  ritenuta  in
relazione specifica ai referenti degli articoli 24 e  111  Cost.  Una
volta esclusane l'applicazione retroattiva (id est, del testo attuale
ai processi amministrativi non pendenti alla data  del  16  settembre
2010 di entrata  in  vigore  del  c.p.a.),  essa  non  determina  ne'
irragionevoli disparita'  di  trattamento,  ne'  lesione  alcuna  dei
principi del giusto processo e del diritto di difesa, dal momento che
l'istanza di prelievo manifesta l'interesse della parte ad una rapida
definizione della domanda di giustizia (cfr. Cassazione n. 26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della
legge n. 89/01 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento
per sollecitare la trattazione urgente del  ricorso.  Abrogato  detto
regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto  legislativo  n.
104/10, e sostituita  la  disposizione  sul  prelievo  con  l'affatto
omologa norma dell'art. 71, comma  2,  c.p.a.,  permane  la  medesima
funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art.  71-bis,  aggiunto  al  decreto  legislativo  n.  104/10
dall'art. 1, comma 781, lettera b) della legge n. 208/15, in base  al
quale a seguito dell'istanza di cui  al  comma  2  dell'art.  71,  il
giudice,   accertata   la   completezza   del    contraddittorio    e
dell'istruttoria,  sentite  sul  punto  le  parti  costituite,   puo'
definire, in Camera di consiglio, il giudizio con sentenza  in  forma
semplificata. In disparte la sua applicabilita' a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una
tecnica decisoria piu'  agevole  e  veloce,  senza  tuttavia  imporla
nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul  complessivo
giudizio  di  (in)effettivita'  del  rimedio   interno   secondo   la
concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come  elaborata
dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il che  ripropone  intatta
la questione in esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto
la funzione di segnalare al giudice  il  permanente  interesse  della
parte  alla  definizione  del  giudizio,  sovente  venuto  meno   per
circostanze  sopravvenute  alla  sua  proposizione  (quali  atti   di
autotutela  o  sanatorie),  con  la  conseguenza   che   la   mancata
presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla
proposizione della domanda, costituisce indice  di  scarso  interesse
alla lite (cosi' Cassazione n. 3271/11, che da  cio'  ha  desunto  la
legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura  inferiore
rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come si e' detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di  trattazione  del  ricorso.  Tant'e'  che  prima  del
decreto-legge n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche  a
S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in  un
termine ragionevole, va riscontrata, anche per le  cause  davanti  al
giudice  amministrativo,  con  riferimento  al   periodo   intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non  sospende  ne'  differisce  il  dovere
dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio
degli stessi, ne'  implica  il  trasferimento  sul  ricorrente  della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  ai  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008-2010, confermato del resto dai piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall'art. 1,  comma
777, lettera a, della legge n. 208/15, consiste  dunque  nell'imporre
al  ricorrente  di  prenotare  gli  effetti  della  riparazione   per
l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto, per  i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l'effettivita'
dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del fatto  che  i'
rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione
dell'art. 6, par. 1  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali sia consumata  (salvo
rilevare sin da ora che nessuna disposizione imporrebbe  di  adottare
corsie decisorie preferenziali). Per contro, nel  caso  dei  processi
pendenti alla data  del  16  settembre  2010,  l'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/08 impone  tale  prenotazione  indipendentemente
dalla circostanza che la violazione si sia gia'  realizzata  o  meno.
Prova ne sia che la proponibilita' della domanda di equa  riparazione
non e' esclusa ove l'istanza di prelievo  sia  stata  presentata  una
sola volta  e  in  epoca  risalente  rispetto  alla  conclusione  del
giudizio, atteso che nessuna norma e nessun principio processuale  ne
impongono la reiterazione ad intervalli  piu'  o  meno  regolari  (v.
Cassazione n. 14386/15); e che l'istanza di  prelievo,  anche  quando
condiziona  ratione  temporis  la  proponibilita'  della  domanda  di
indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che  va
riferita all'intero svolgimento processuale  e  non  alla  sola  fase
seguente detta istanza (cfr. Cassazione nn. 13554/16 e 2172/17). 
    3.4.1.  Resta  -  difficilmente  eludibile  -  una  significativa
diversita' di accenti.  Mentre  per  la  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo il rimedio interno deve garantire o  la
durata  ragionevole  del  giudizio  o  l'adeguata  riparazione  della
violazione del precetto convenzionale, sicche' ogni ostacolo  che  vi
si frapponga rende non effettivo il rimedio stesso, l'art. 54,  comma
2, decreto-legge n. 112/08 interpone proprio questo ostacolo. La  sua
finalita' selettiva,  volta  a  impedire  riparazioni  indiscriminate
nell'ambito di un processo peculiare come quello  amministrativo,  in
cui piu' che in  altri  il  rapporto  sostanziale  tra  le  parti  e'
soggetto alla temperie di fattori esterni  e  mutevoli  destinati  ad
incidere su quello processuale, se da un lato illumina la ratio della
norma  dall'altro  ne  denuncia  il  contrasto  irredimibile  con  la
Convenzione. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti,
un processo finche' pende e' per cio' stesso e per cio' solo soggetto
al termine di durata ragionevole e alle  conseguenze  della  relativa
violazione. 
    Non a caso la sentenza Olivieri contro Italia, nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria del Tribunale  amministrativo  regionale
per chiedere la fissazione d'urgenza della data dell'udienza». Il che
fa risaltare l'aporia intrinseca dell'art. 54, comma 2, decreto-legge
cit., il quale subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non
solo non e' funzionale alla progressione del giudizio piu' di  quanto
non lo sia la semplice istanza di  fissazione  dell'udienza,  essendo
dovuta nell'un caso come nell'altro la risposta giurisdizionale  fino
al limite della perenzione; ma altresi'  si  trasfigura  rispetto  ai
proprio originale, divenendo da strumento sollecitatorio per  ragioni
d'urgenza a mezzo di pura prenotazione dell'indennizzo,  tramite  una
surrettizia  e  sovrabbondante  dichiarazione   di   interesse   alla
decisione. 
    4. Dunque e riassumendo, mentre nella giurisprudenza della  Corte
europea dei diritti  dell'uomo  il  rimedio  preventivo  e'  tale  se
efficacemente    sollecitatorio,    l'interesse     alla     risposta
giurisdizionale derivando dalla stessa  pendenza  del  processo,  nel
sistema integrato della legge n. 89/01 e del piu' volte  citato  art.
54,  comma  2,  il  rimedio  preventivo  non  e'  sollecitatorio,  ma
puramente dichiarativo di un interesse  altrimenti  gia'  incardinato
nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di qui la rilevanza e non manifesta infondatezza della  questione
di   legittimita'   costituzionalita',   dell'art.   54,   comma   2,
decreto-legge n. 112 del 2008, conv. con modif.  dalla legge  n.  133
del 2008, come modificato dall'art.  3,  comma  23,  dell'All.  4  al
decreto legislativo n. 104 del 2010 e dall'art. 1, comma  3,  lettera
a), n. 6), del decreto legislativo n. 195 del 2011, per contrasto con
l'art. 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 6 della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, nella parte in cui, relativamente ai  giudizi  pendenti
alla data del  16  settembre  2010  e  per  la  loro  intera  durata,
subordina la proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  per
l'irragionevole  durata  dei  giudizi  amministrativi   alla   previa
presentazione dell'istanza di prelievo. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte, visti gli articoli 134 Cost. e 23 della legge n. 87/53,
dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata,  in  riferimento
all'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  e  ai  parametri
interposti  degli  articoli  6,  par.  1,  13  e  46,  par.  1  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955,  n.  848,  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,  comma  2,
decreto-legge n. 112/08, convertito con  modificazioni  in  legge  n.
133/08, come modificato dall'art. 3, comma  23,  dell'Allegato  4  al
decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1,  comma  3,  lettera  a),
numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11;  dispone  la
sospensione  del  presente  giudizio  e  ordina  che,  a  cura  della
cancelleria, la presente ordinanza  sia  notificata  alle  parti  del
giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa  Corte  e
al Presidente del  Consiglio  dei  ministri;  ordina,  altresi',  che
l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle  due
Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione  degli  atti,
comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento  delle
prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera  di  consiglio  della  seconda
sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 13 ottobre 2017. 
 
                       Il Presidente: Petitti