N. 25 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2017

Ordinanza del  27  novembre  2017  della  Corte  di  cassazione  nel 
procedimento civile promosso da Surace  Gianfranco  contro  Ministero
dell'economia e delle finanze.. 
 
Giustizia amministrativa - Domanda di equa riparazione per violazione
  della ragionevole durata del processo - Soggezione alla  condizione
  di  proponibilita'  della  previa  presentazione  dell'istanza   di
  prelievo. 
- Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo
  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
  stabilizzazione  della   finanza   pubblica   e   la   perequazione
  tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  6  agosto
  2008, n. 133, art. 54, comma 2, come modificato dall'art. 3,  comma
  23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104
  (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18  giugno  2009,  n.  69,
  recante  delega  al  governo   per   il   riordino   del   processo
  amministrativo) e dall'art. 1, comma 3, lett. a),  numero  6),  del
  decreto  legislativo  15  novembre  2011,  n.   195   (Disposizioni
  correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.
  104,  recante  codice   del   processo   amministrativo   a   norma
  dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
(GU n.7 del 14-2-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       seconda sezione civile 
 
    Composta dagli ill.mi signori magistrati: 
        Dott. Stefano Petitti - Presidente; 
        Dott. Felice Manna - consigliere; 
        Dott. Vincenzo Correnti - consigliere; 
        Dott. Ubaldo Bellini - consigliere; 
        Dott. Antonello Cosentino - rel. consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
4443-2015 proposto da: 
        Surace Gianfranco, elettivamente domiciliato in  Roma,  Viale
Parioli 2, presso lo studio dell'avvocato  Andrea  Saccucci,  che  lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati Guerino Massimo  Oscar
Fares, Salvatore Abate; - ricorrente - 
    contro Ministero economia finanze, elettivamente  domiciliato  in
Roma, Via dei  Portoghesi  12,  presso  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, che lo rappresenta e difende; - controricorrente - 
    avverso il decreto n. 515/2014 della Corte d'appello di  Potenza,
depositato il 04/12/2014; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica 
    udienza del 13/10/2017 dal Consigliere Dott. Antonello Cosentino; 
    udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Corrado Mistri che ha concluso disporre la sospensione  del  presente
procedimento ordinando l'immediata la trasmissione  degli  atti  alla
Corte Costituzionale. 
    udito l'avvocato Saccucci Andrea, difensore del ricorrente che ha
chiesto l'accoglimento del ricorso. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Il sig. Gianfranco Surace ricorre avverso il decreto della  Corte
d'appello di Potenza che ha respinto la domanda da lui  proposta  nel
2014, ai sensi della legge n. 89/2001, per l'equa  riparazione  della
eccessiva  durata  di  un  giudizio  da  lui  introdotto  davanti  al
tribunale amministrativo regionale della Puglia negli  anni  '90  del
secolo scorso,  definito  dal  giudice  amministrativo  con  sentenza
depositata il 28.6.13. 
    La corte territoriale  ha  disatteso  la  domanda  dell'  odierno
ricorrente sul rilievo che nel  giudizio  amministrativo  presupposto
egli non aveva presentato l'istanza di prelievo di  cui  all'articolo
71 del codice del processo amministrativo (decreto legislativo n. 104
del 2 luglio 2010), richiesta come condizione di proponibilita' della
domanda di equa riparazione dall'articolo 54, comma  2,  del  decreto
legge n. 112/2008, nel  testo,  in  vigore  dal  16.9.10,  modificato
dall'articolo 3, comma 23, dell'allegato n.  4  al  suddetto  decreto
legislativo n. 104/2010 e, successivamente, dall'articolo 1, comma 3,
lett. «a», n. 6, d.lgs. 195/2011. 
    Il ricorso si articola in due motivi. 
    Il Ministero dell'Economia e delle Finanze si e'  costituito  con
controricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.  1  -  Il  primo  motivo  denuncia  la  violazione   o   falsa
applicazione   degli   art.   6   par.   1   CEDU,    in    relazione
all'interpretazione offerta  dalla  corte  d'appello  di  Potenza  in
ordine all'art. 54, comma 2, del D.L. 112/2008, convertito  in  legge
n. 133/08,  nella  formulazione,  vigente  all'epoca  della  domanda,
risultante dalle  modifiche  apportate  dall'articolo  3,  comma  23,
dell'allegato  n.  4  al   decreto   legislativo   n.   104/2010   e,
successivamente, dall'articolo 1, comma 3, lett. «a»,  n.  6,  d.lgs.
195/2011.  Il  ricorrente,  sotto  un  primo  profilo,   assume   che
un'interpretazione dell'articolo 54, secondo comma, D.L. 112/2008 che
precluda in modo assoluto la proponibilita'  della  domanda  di  equa
riparazione in relazione a giudizi amministrativi nei quali  non  sia
stata proposta istanza  di  prelievo  sarebbe  in  contrasto  con  la
giurisprudenza della Corte di Strasburgo e, sotto un secondo profilo,
contesta l'orientamento di questa Corte che esclude l'assimilabilita'
dell'istanza di prelievo all'istanza di fissazione dell'udienza. 
    1.2 - Il secondo  motivo  solleva  il  dubbio  di  illegittimita'
costituzionale dell'articolo 54, secondo  comma,  D.L.  112/2008  nel
testo in vigore dal 16 settembre  2010  ai  sensi  dell'articolo  117
Cost. 
    2. -  Entrambi  i  motivi  del  ricorso  pongono,  sotto  diversi
profili, la questione della compatibilita' del disposto dell'articolo
54, secondo comma, D.L. n. 112/08,  come  modificato  dal  d.lgs.  n.
104/10 e dal d.lgs. correttivo n. 195/11, con i principi CEDU. 
    3. Il Collegio ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54,  2°  comma,
D.L. n. 112/08, convertito con modificazioni in legge n. 133/08, come
modificato dall'art. 3, comma 23, dell'Allegato 4 al d.lgs. n. 104/10
e dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del d.lgs.  correttivo
n. 195/11, in relazione all'art. 117, comma 1, Cost. e  ai  parametri
interposti degli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par. 1 CEDU. 
    3.1. - In base alla giurisprudenza ormai del  tutto  costante  di
questa  Corte  Suprema,  l'art.  54,  D.L.  n.  112/08  e  successive
modifiche,  va  interpretato   nel   senso   che   per   i   processi
amministrativi pendenti, come nella specie, alla data del  16.9.2010,
la previa presentazione dell'istanza di  prelievo  e'  condizione  di
proponibilita'  della  domanda  di  equa  riparazione   in   rapporto
all'intero svolgimento del giudizio presupposto, e dunque  anche  per
la frazione di tempo anteriore  al  25.6.2008,  data  di  entrata  in
vigore del D.L. n. 112/08 che tale condizione  di  proponibilita'  ha
per la prima volta previsto. 
    Infatti, «(l)'art. 54, comma 2, del decreto legge 25 giugno 2008,
n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008  (art.  85)  -,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma I, della legge 6  agosto
2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008  -,  nella  sua  versione
originaria,  disponeva:  «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma I,  non
e'  stata  presentata  un'istanza  ai   sensi   del   secondo   comma
dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n.  642,  nei  sei
mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui  all'art.
4, comma 1-ter, lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono
state apportate all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2,  dopo
le parole "articolo 2, comma 1" sono  inserite  le  seguenti:  "della
legge 24 marzo 2001, n. 89" e le parole  "nei  sei  mesi  antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)" sono soppresse»; c) conseguentemente, il testo definitivo
dell'art. 54, comma 2, del dl. n. 112 del 2008, quale  convertito  in
legge dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente:  «La  domanda
di equa riparazione non e' proponibile se  nel  giudizio  dinanzi  al
giudice  amministrativo  in  cui  si  assume  essersi  verificata  la
violazione dell'art. 2, comma I, della legge 24 marzo  2001,  n.  89,
non e'  stata  presentata  un'istanza  ai  sensi  del  secondo  comma
dell'articolo 51 del regio  decreto  17  agosto  1907,  n.  642»;  d)
successivamente, l'art. 3, comma 23,  dell'Allegato  4  al  d.lgs.  2
luglio 2010, n. 104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito
che, all'art. 54, comma 2, del d.l.  n.  112  del  2008,  «le  parole
"un'istanza ai sensi del secondo comma  dell'articolo  51  del  regio
decreto 17 agosto 1907,  n.  642"  sono  sostituite  dalle  seguenti:
"l'istanza di prelievo di cui all'articolo 81, comma  1,  del  codice
del processo amministrativo, ne' con riguardo  al  periodo  anteriore
alla sua presentazione"»; e) ancora successivamente, l'art. 1,  comma
3, lettera a), numero  6),  del  d.lgs.  15  novembre  2011,  n.  195
(Disposizioni correttive ed  integrative  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice del  processo  amministrativo,  a
norma dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) -
in vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto che: «al comma  23,  le
parole "81, comma I" sono sostituite dalle seguenti "71,  comma  2"»;
f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del d. l. n. 112 del 2008 -
in vigore dal 16 settembre  2010  -  risulta  del  seguente  testuale
tenore: "La domanda di equa riparazione non  e'  proponibile  se  nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si  assume  essersi
verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge  24  marzo
2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne'
con riguardo al periodo anteriore alla sua  presentazione"»;  g)  per
effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n.  208  del  2015
nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto
dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio  2016),  «il  comma  2
dell'articolo  54  del  decreto-legge  25  giugno   2008,   n.   112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,
come modificato dall'articolo 3, comma 23, dell'allegato 4 al decreto
legislativo 2 luglio 2010, n.  104,  si  applica  solo  nei  processi
amministrativi la cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i  termini  di
cui all'articolo 2, comma  2-bis»;  che,  questo  essendo  il  quadro
normativo di riferimento, e'  del  tutto  evidente  che  in  base  al
principio  tempus  regit  actum:  1)   ai   procedimenti   per   equa
riparazione, promossi a far data  dal  25  giugno  2008,  si  applica
l'art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo:  «La
domanda di equa  riparazione  non  e'  proponibile  se  nel  giudizio
dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata
la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89,
non e'  stata  presentata  un'istanza  ai  sensi  del  secondo  comma
dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907,  n.  642»;  2)  ai
procedimenti per  equa  riparazione,  promossi  a  far  data  dal  16
settembre 2010, si applica - invece  -  l'art.  54,  comma  2,  dello
stesso d.l. n. 112 del 2008 nel seguente testo: «La domanda  di  equa
riparazione non e' proponibile se nel  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata l'istanza di prelievo di cui all'articolo 71, comma 2, del
codice del processo  amministrativo,  ne'  con  riguardo  al  periodo
anteriore alla sua presentazione»; 3) non rileva (...) la  previsione
di cui  all'art.  6,  comma  2-ter,  della  legge  n.  89  del  2001,
applicandosi essa ai soli  giudizi  amministrativi  per  i  quali  il
termine di ragionevole durata sia violato alla data  del  31  ottobre
2016» (cosi' si  esprime  Cass.  n.  16404/16;  conformi,  Cass.  nn.
5914-5915/12 e 3740/13). 
    3.1.1. - Nel  caso  di  specie  -  quanto  alla  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta  la
domanda di equa riparazione nel 2014, relativamente  ad  un  processo
amministrativo pendente al 16.9.2010, la  disciplina  applicabile  e'
quella dell'art. 54, 2° comma D.L. n. 112/08 nel testo in vigore alla
data della domanda stessa (ratione temporis non trova applicazione il
comma 2-ter dell'art. 6 legge n. 89/01,  introdotto  dalla  legge  n.
208/15 a decorrere  dal  1°.1.2016,  per  essere  stato  definito  il
processo presupposto nel 2012). 
    Conseguentemente detta domanda e'  soggetta,  anche  in  rapporto
alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data  di  entrata
in vigore del D.L.  n.  112/08,  alla  condizione  di  proponibilita'
dell'istanza di prelievo, non surrogabile, secondo la  giurisprudenza
di  questa  Corte,  con  l'istanza  di  fissazione  dell'udienza   di
discussione. 
    L'istanza di prelievo  disciplinata  dall'art.  51  del  r.d.  17
agosto 1907, n. 642 e l'istanza  di  fissazione  d'udienza,  regolata
dall'art. 23  della  legge  6  dicembre  1971,  n.  1034,  assolvono,
infatti,  funzioni  distinte,  avendo  la  prima  la   finalita'   di
accelerare  il  processo  mediante  il  riscontro   del   persistente
interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il
perfezionamento della costituzione del  ricorrente  e  la  fissazione
dell'udienza,  la  perenzione   del   giudizio.   Ne   consegue   che
dall'entrata in vigore dell'art. 54 del d.l. 25 giugno 2008, n.  112,
convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le domande di  equa
riparazione relative a procedimenti  che  si  svolgono  davanti  alle
giurisdizioni amministrative, la preventiva formulazione dell'istanza
di  prelievo,  costituisce  una  condizione  di  proponibilita'   non
fungibile con l'istanza di fissazione  d'udienza  (cosi',  Cass.  nn.
16404/16, 780/15, 25572/10, nonche', tra le non massimate, 18546/14 e
785/15). 
    Nel caso di specie, essendo mancata  l'istanza  di  prelievo,  la
domanda di equa riparazione sarebbe improponibile secondo il  diritto
vigente. 
    3.2. - Della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi
prospettati, si deve dubitare alla stregua dei piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte EDU. 
    Con la sentenza nel caso Daddi  c.  Italia  (n.  15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato  che   una   prassi   interpretativa   ed   applicativa
dell'articolo 54, secondo comma, D.L. n. 112/08 che avesse avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare i ricorrenti interessati dall'obbligo di  esperire  rimedio
interno; e che lo  stesso  sarebbe  valso  per  quanta  riguardava  i
procedimenti  ancora  pendenti  in  cui   la   fissazione   d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che  la  norma,
interpretata dai giudici  nazionali  nel  senso  di  escludere  dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori
al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune  categorie
di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata
e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza  emessa  nel  caso  Olivieri  c/
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12
e 22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi  amministrativi
iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza
di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma  2,  legge  n.
205/00, ma non anche l'istanza di  prelievo,  che  aveva  determinato
l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte EDU  ha
affrontato in maniera diretta problema dell'effettivita' dell'istanza
nazionale ex lege n. 89/01 soggetta alla condizione di proponibilita'
dell'art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08. Ed esaminando  diacronicamente
tale disposizione, fino al suo ultimo testo scaturito dalle modifiche
apportate dal d.lgs. n. 104/10, ha convertito in critica  espressa  e
consapevole la riserva formulata con la sentenza resa nel caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi affermato:  a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione  di  ammissibilita'  di  un   ricorso   «Pinto»   previsto
dall'articolo 54, comma 2 della legge n. 112/08  risulta  essere  una
condizione formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla
procedura interna; c) che l'inammissibilita' automatica  dei  ricorsi
per equa riparazione, basata unicamente sul fatto  che  i  ricorrenti
non abbiano presentato l'istanza di  prelievo,  priva  questi  ultimi
della  possibilita'  di   ottenere   una   riparazione   adeguata   e
sufficiente. 
    E',  richiamata  la  propria  giurisprudenza  sul  principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
rimedio interno  se  permette  di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'articolo  54,  comma  2
del decreto-legge n. 112 del 2008 in combinato disposto con la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'articolo 13 della Convenzione». 
    3.3. - Benche'  occasionato  da  fattispecie  aventi  ad  oggetto
l'equa  riparazione   per   l'irragionevole   durata   del   processo
verificatasi anteriormente al 25 giugno 2008 (iniziati  nel  1990,  i
giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra  il  mese
di novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande  ex  lege
n. 89/01 presentate vigente testo dell'art.  54,  comma  2,  D.L.  n.
112/08 ante  d.lgs.  n.  104/10,  tale  precedente  appare  idoneo  a
incidere  sulla  decisione  del  caso  in  oggetto  (per   non   dire
dell'ipoteca  che  esso  iscrive  sull'intero  sistema   dei   rimedi
preventivi introdotto dagli artt. 1-bis e 1-ter della legge n. 89/01,
ivi premessi dall'art. 1, comma 777, lett. a, della legge n. 208/15 e
basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione  della  sentenza
Olivieri c/ Italia (v. par. 65), il riferimento al ridetto d.lgs. non
puo'  liquidarsi  quale  mero  obiter  dictum  (peraltro  di   dubbia
configurabilita'  in   un   contesto   motivazionale   esclusivamente
argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di raffronto  tra
norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo  tramite,  la
Corte di Strasburgo ha confermato e viepiu'  chiarito  il  senso  del
giudizio espresso sul pratico operare congiunto della legge n.  89/01
e della previsione dell'istanza di prelievo quale rimedio preventivo.
E dunque pare sovrabbondante pretendere ed attendere  che,  adita  in
relazione ad un caso perfettamente sovrapponibile  a  quello  ora  in
esame, la Corte EDU reiteri le medesime considerazioni operate su  di
una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo
ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso  dalla
Corte EDU con la decisione sul caso Olivieri e'  da  ritenersi  ormai
adeguatamente consolidato. Esso costituisce  logico  e  preannunciato
sviluppo del principio gia' espresso nella sentenza sul  caso  Daddi;
e' stato adottato  all'unanimita';  non  presenta  alcuna  attitudine
innovativa rispetto alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale
fin qui seguita; concerne una fattispecie tutt'altro  che  isolata  o
peculiare, ma anzi connotata  da  ovvi  elementi  di  serialita';  si
colloca, coerente, nel solco  della  giurisprudenza  di  detta  Corte
europea sul principio di effettivita' per come esso vive in  concreto
negli  ordinamenti  nazionali;  ed  e'  stato  espresso  nella  piena
consapevolezza del modus operandi dei giudici nazionali. 
    3.4. - Cosi' restituito a questa Corte di cassazione  il  compito
suo proprio d'interpretare l'art. 54,  comma  2,  D.L.  n.  112/08  e
successive modificazioni, alla luce della Costituzione, si rileva che
la legittimita' costituzionale  della  norma  e'  stata  ritenuta  in
relazione specifica ai referenti degli artt. 24 e 111 Cost. Una volta
esclusane l'applicazione retroattiva (id est, del  testo  attuale  ai
processi amministrativi non pendenti alla data del 16 settembre  2010
di  entrata  in  vigore  del  c.p.a.),   essa   non   determina   ne'
irragionevoli  disparita  di  trattamento,  ne'  lesione  alcuna  dei
principi del giusto processo e del diritto di difesa, dal momento che
l'istanza di prelievo manifesta l'interesse della parte ad una rapida
definizione della domanda di giustizia (cfr. Cass. n. 26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della
legge n. 89/01 e dell'art. 54 D.L. piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. R.D.  n.  642/1907  quale  strumento  per
sollecitare la trattazione urgente del ricorso. Abrogato  detto  R.D.
dall'art. 4 dell'allegato 4 al d.lgs.  n.  104/10,  e  sostituita  la
disposizione sul prelievo con l'affatto omologa norma  dell'art.  71,
comma 2, c.p.a., permane la medesima funzione di mezzo per  segnalare
l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art. 71-bis, aggiunto al d.lgs. n. 104/10 dall'art. 1,  comma
781, lett. b) della legge n. 208/15,  in  base  al  quale  a  seguito
dell'istanza di cui al comma 2 dell'art. 71, il giudice, accertata la
completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto
le parti costituite, puo' definire, in camera di consiglio,  giudizio
con sentenza in forma semplificata. In disparte la sua applicabilita'
a decorrere dal 1° gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere  la
possibilita'  di  una  tecnica  decisoria  agevole  e  veloce,  senza
tuttavia imporla nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto,
sul complessivo giudizio  di  (in)effettivita'  del  rimedio  interno
secondo la concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come
elaborata dalla Corte di Strasburgo.  Il  che  ripropone  intatta  la
questione in esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto
la funzione di segnalare al giudice permanente interesse della  parte
alla definizione del giudizio, sovente venuto  meno  per  circostanze
sopravvenute alla  sua  proposizione  (quali  atti  di  autotutela  o
sanatorie),  con  la  conseguenza  che   la   mancata   presentazione
dell'istanza, nonostante lungo  tempo  trascorso  dalla  proposizione
della domanda, costituisce  indice  di  scarso  interesse  alla  lite
(cosi' Cass. n. 3271/11, che da cio' ha desunto  la  legittimita'  di
una liquidazione  dell'indennizzo  in  misura  inferiore  rispetto  a
quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come si e' detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di trattazione del ricorso. Tant'e' che prima  del  D.L.
n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche a S.U.,  che  la
lesione del diritto alla  definizione  del  processo  in  un  termine
ragionevole va riscontrata, anche per le  cause  davanti  al  giudice
amministrativo,    con    riferimento    al    periodo     intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non sospende ne' differisce  dovere  dello
Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli
stessi,   ne'   implica   trasferimento    sul    ricorrente    della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008-2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall'art. 1,  comma
777, lett. a, della legge n. 208/15, consiste dunque nell'imporre  al
ricorrente  di  prenotare   gli   effetti   della   riparazione   per
l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto, per  i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l'effettivita'
dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del  fatto  che  i
rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione
dell'art. 6, par. 1, CEDU sia consumata (salvo rilevare  sin  da  ora
che nessuna disposizione  imporrebbe  di  adottare  corsie  decisorie
preferenziali). Per contro, nel caso dei processi pendenti alla  data
del 16 settembre 2010, l'art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08 impone tale
prenotazione indipendentemente dalla circostanza che la violazione si
sia gia' realizzata o meno. Prova ne sia che la proponibilita'  della
domanda di equa riparazione non e' esclusa ove l'istanza di  prelievo
sia stata presentata una sola volta e  in  epoca  risalente  rispetto
alla conclusione del giudizio, atteso  che  nessuna  norma  e  nessun
principio processuale ne impongono la reiterazione ad intervalli piu'
o meno regolari (v. Cass. n. 14386/15); e che l'istanza di  prelievo,
anche quando condiziona  ratione  temporis  la  proponibilita'  della
domanda di indennizzo,  non  incide  sul  computo  della  durata  del
processo, che va riferita all'intero svolgimento  processuale  e  non
alla sola fase seguente detta istanza  (cfr.  Cass.  nn.  13554/16  e
2172/17). 
    3.4.1. - Resta -  difficilmente  eludibile  -  una  significativa
diversita' di accenti. Mentre per la giurisprudenza della  Corte  EDU
il rimedio  interno  deve  garantire  o  la  durata  ragionevole  del
giudizio o  l'adeguata  riparazione  della  violazione  del  precetto
convenzionale, sicche' ogni ostacolo che vi si  frapponga  rende  non
effettivo  rimedio  stesso,  l'art.  54,  comma  2,  D.L.  n.  112/08
interpone proprio questo ostacolo. La sua finalita' selettiva,  volta
a impedire riparazioni  indiscriminate  nell'ambito  di  un  processo
peculiare come quello amministrativo, in cui che in altri il rapporto
sostanziale tra le parti e' soggetto alla temperie di fattori esterni
e mutevoli destinati ad incidere su quello processuale, se da un lato
illumina la  ratio  della  norma  dall'altro  ne  denuncia  contrasto
irredimibile con la Convenzione. Secondo la Corte  EDU,  infatti,  un
processo finche' pende e' per cio' stesso e per cio' solo soggetto al
termine di durata  ragionevole  e  alle  conseguenze  della  relativa
violazione. 
    Non a caso la sentenza  Olivieri  c/  Italia,  nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria  del  TAR  per  chiedere  la  fissazione
d'urgenza della data dell'udienza».  Il  che  fa  risaltare  l'aporia
intrinseca dell'art. 54, comma  2,  D.L.  cit.,  il  quale  subordina
l'equa riparazione ad un adempimento che non solo non  e'  funzionale
alla progressione del giudizio piu' di quanto non lo sia la  semplice
istanza di fissazione dell'udienza, essendo dovuta nell'un caso  come
nell'altro  la  risposta  giurisdizionale  fino   al   limite   della
perenzione;  ma  che  altresi'  si  trasfigura  rispetto  al  proprio
originale,  divenendo,  da  strumento  sollecitatorio   per   ragioni
d'urgenza, mezzo di pura prenotazione  dell'indennizzo,  tramite  una
surrettizia  e  sovrabbondante  dichiarazione   di   interesse   alla
decisione. 
    4. - Dunque, e riassumendo,  mentre  nella  giurisprudenza  della
Corte  EDU  il  rimedio   preventivo   e'   tale   se   efficacemente
sollecitatorio, l'interesse alla risposta  giurisdizionale  derivando
dalla stessa pendenza del processo, nel sistema integrato della legge
n. 89/01 e del piu'  volte  citato  art.  54,  comma  2,  il  rimedio
preventivo non e' sollecitatorio, ma  puramente  dichiarativo  di  un
interesse altrimenti gia' incardinato nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di  qui  la  non  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionalita' dell'art. 54, comma 2, D.L. n. 112/08,
convertito con modificazioni dalla legge n. 133/08,  come  modificato
dall'art. 3,  comma  23,  dell'Allegato  4  al  d.lgs.  n.  104/10  e
dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del d.lgs. correttivo n.
195/11,  per  contrasto  con  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione agli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par.  1,  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, nella parte in cui, relativamente ai  giudizi  pendenti
alla data del  16  settembre  2010  e  per  la  loro  intera  durata,
subordina la proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  per
l'irragionevole durata dei giudizi amministrativi alla  presentazione
dell'istanza di prelievo. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte, visti gli artt. 134 Cost. e 23 della  legge  n.  87/53,
dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata,  in  riferimento
all'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  e  ai  parametri
interposti degli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par. 1  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma 2,  D.L.  n.  112/08,
convertito con modificazioni in  legge  n.  133/08,  come  modificato
dall'art. 3,  comma  23,  dell'Allegato  4  al  d.lgs.  n.  104/10  e
dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero 6), del d.lgs. correttivo n.
195/11; dispone la sospensione del presente giudizio e ordina che,  a
cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia  notificata  alle
parti del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa
Corte e al Presidente del Consiglio dei ministri;  ordina,  altresi',
che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti  delle
due Camere del Parlamento;  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti, comprensivi  della  documentazione  attestante  perfezionamento
delle  prescritte   notificazioni   e   comunicazioni,   alla   Corte
costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella camera  di  consiglio  della  seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2017. 
 
                       Il Presidente: Petitti