N. 23 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2018

Ordinanza   del  27  novembre  2017 della  Corte  di  cassazione  nel
procedimento  civile  promosso  da  Panarello   Giuseppe   Angelo   e
Petrecchia Patrizia contro Ministero dell'economia e delle finanze.. 
 
 Giustizia  amministrativa  -  Domanda  di   equa   riparazione   per
  violazione della ragionevole durata del processo - Soggezione  alla
  condizione   di   proponibilita'   della    previa    presentazione
  dell'istanza di prelievo. 
-  Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per  lo
  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita',  la
  stabilizzazione  della   finanza   pubblica   e   la   perequazione
  tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge  6  agosto
  2008, n. 133, art. 54, comma 2, come modificato dall'art. 3,  comma
  23, dell'Allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104
  (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18  giugno  2009,  n.  69,
  recante  delega  al  governo   per   il   riordino   del   processo
  amministrativo) e dall'art. 1, comma 3, lett. a),  numero  6),  del
  decreto  legislativo  15  novembre  2011,  n.   195   (Disposizioni
  correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010,  n.
  104,  recante  codice   del   processo   amministrativo   a   norma
  dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). 
(GU n.7 del 14-2-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda sezione civile 
 
    Composta dagli ill.mi signori magistrati: 
        dott. Stefano Petitti - Presidente; 
        dott. Felice Manna - consigliere; 
        dott. Vincenzo Correnti - consigliere; 
        dott. Ubaldo Bellini - consigliere; 
        dott. Antonello Cosentino - rel. consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
6499-2015 proposto da: 
        Panarello Giuseppe Angelo, Petrecchia Patrizia, elettivamente
domiciliati in Roma, viale Mazzini 123  int.  18,  presso  lo  studio
dell'avvocato Maria  Cuozzo,  rappresentati  e  difesi  dall'avvocato
Bruno Forte; 
 
                                                       - ricorrenti - 
    Contro Ministero economia finanze, elettivamente  domiciliato  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, che lo rappresenta e difende; 
 
                                                 - controricorrente - 
    Avverso il decreto n. 995/2014 della Corte d'Appello di  Perugia,
depositato l'8 luglio 2014; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
13 ottobre 2017 dal Consigliere dott. Antonello Cosentino; 
    Udito il P.M. in persona del sostituto Procuratore generale dott.
Corrado Mistri che ha concluso disporre la sospensione  del  presente
procedimento ordinando l'immediata la trasmissione  degli  atti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    I  signori  Giuseppe  Angelo  Penarello  e  Patrizia   Petrecchia
ricorrono avverso il decreto della Corte d'appello di Perugia che  ha
respinto la domanda da loro proposta nel 2013, ai sensi  della  legge
n. 89/2001, per l'equa  riparazione  della  eccessiva  durata  di  un
giudizio da  loro  introdotto  davanti  al  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio negli anni '90 del secolo  scorso,  definito  dal
giudice amministrativo con sentenza depositata il 30 novembre 2012. 
    La Corte territoriale  ha  disatteso  la  domanda  degli  odierni
ricorrenti sul rilievo che nel  giudizio  amministrativo  presupposto
essi non avevano presentato l'istanza di prelievo di cui all'art.  71
del codice del processo amministrativo (decreto  legislativo  n.  104
del 2 luglio 2010), richiesta come condizione di proponibilita' della
domanda di equa riparazione dall'art. 54, comma 2, del  decreto-legge
n. 112/2008, nel testo, in vigore dal 16 settembre  2010,  modificato
dall'art. 3,  comma  23,  dell'allegato  n.  4  al  suddetto  decreto
legislativo n. 104/2010 e, successivamente,  dall'art.  1,  comma  3,
lett. «a», n. 6, decreto legislativo 195/2011. 
    Il ricorso si articola in quattro motivi. 
    Il Ministero dell'economia e delle finanze si e'  costituito  con
controricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. 1 - Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 6  par.
1 e 13 CEDU, nonche' la violazione del principio  di  interpretazione
adeguatrice della  norma  interna  contrastante  con  la  convenzione
europea. Nel motivo si argomenta che  la  corte  di  appello  avrebbe
dovuto fare applicazione immediata dei principi fissati  nella  CEDU,
come interpretata dalla Corte di  Strasburgo  nella  sentenza  Daddi,
giudicando quindi proponibile la loro  domanda  di  equa  riparazione
quanto meno per la durata del giudizio presupposto  anteriore  al  25
giugno 2008. 
    1.2 - Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt.  34  e
41  CEDU  e  solleva  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 54, secondo comma, decreto-legge n. 112/08,  convertito  in
legge n. 133/08, come modificato dal decreto legislativo  n.  104/10;
denuncia la violazione dell'art. 1 del protocollo 1 Addizionale  alla
CEDU, in riferimento al credito maturato per la durata  irragionevole
maturata prima dell'entrata in vigore  della  suddetta  disposizione;
denuncia  la  violazione  del  divieto  di  applicazione   di   norme
retroattive. Nel motivo si argomenta come i ricorrenti debbano essere
considerati vittime nei sensi di cui all'art. 34 CEDU; essendo  stato
leso il loro diritto ad una ragionevole durata del processo, come non
si possa ritenere che l'istanza di prelievo sia di per se' un rimedio
efficace per ottenere una celere  fissazione  dell'udienza;  come  il
diritto  alla  ragionevole   durata   del   giudizio   debba   essere
riconosciuto anche nei confronti di coloro le cui domande  giudiziali
non siano qualificate da particolari ragioni di urgenza.  Nel  motivo
si  prospetta  altresi'  il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 54, secondo comma, decreto-legge n. 112/08, come modificato
dal decreto legislativo n. 104/10, sia con riferimento agli artt. 24,
101, 102, 103, 104, 108 e 113  della  Costituzione  (in  quanto  tale
disposizione si  risolverebbe  in  un'interferenza  nell'esplicazione
della funzione giurisdizionale e in una compressione del  diritto  di
agire e di difendersi in giudizio), sia con riferimento agli artt. 3,
24 e 97 Cost. (in quanto tale disposizione,  ribaltando  con  effetti
retroattivi   un'interpretazione    giurisprudenziale    consolidata,
colliderebbe con i principi di ragionevolezza, divieto di  disparita'
di trattamento, tutela dell'affidamento e certezza del diritto),  sia
con riferimento all'art. 117 Cost. in  quanto  tale  disposizione  si
porrebbe in contrasto con i principi della CEDU. 
    1.3  -  Il  terzo  motivo  denuncia  la  violazione  dell'art.  6
paragrafo 1 CEDU e dell'art. 1  del  protocollo  1  Addizionale  alla
CEDU. Secondo i ricorrenti  l'interpretazione  in  senso  retroattivo
dell'art. 54, secondo comma, decreto-legge n. 112/08, come modificato
dal  decreto  legislativo  n.   104/10,   costituirebbe   un'indebita
ingerenza  del  potere  legislativo  nel  funzionamento  del   potere
giudiziario,  avente  ad  effetto  l'espropriazione  del  diritto  di
credito relativo all'equa riparazione per l'irragionevole durata  del
processo maturata fino all'entrata in vigore della disposizione. 
    1.4 - Il quarto motivo denuncia la violazione dell'art.  2  legge
n. 89 del 2001 e dell'art.  6  paragrafo  1  CEDU  in  cui  la  corte
territoriale sarebbe incorsa  non  ritenendo  l'art.  54,  nel  testo
vigente  dal  16  settembre  2010,  applicabile   solo   ai   giudizi
amministrativi che al 16 settembre  2010  non  fossero  stati  ancora
introdotti o,  comunque,  non  avessero  ancora  superato  la  durata
ragionevole. 
    2. - Tutti i motivi del ricorso pongono, sotto  diversi  profili,
la questione della compatibilita' del disposto dell'art. 54,  secondo
comma,  decreto-legge  n.  112/08,  come   modificato   dal   decreto
legislativo n. 104/10 e dal decreto legislativo correttivo n. 195/11,
con i principi CEDU. 
    3. - Il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  54,  secondo
comma, decreto-legge n. 112/08, convertito con modificazioni in legge
n. 133/08, come modificato dall'art. 3, comma 23, dell'allegato 4  al
decreto legislativo n. 104/10 e dall'art. 1,  comma  3,  lettera  a),
numero 6), del decreto legislativo correttivo n. 195/11, in relazione
all'art. 117, comma 1, Cost. e ai parametri interposti degli artt. 6,
par. 1, 13 e 46, par. 1 CEDU. 
    3.1. - In base alla giurisprudenza ormai del  tutto  costante  di
questa Corte Suprema, l'art. 54, decreto-legge n. 112/08 e successive
modifiche,  va  interpretato   nel   senso   che   per   i   processi
amministrativi  pendenti,  come  nella  specie,  alla  data  del   16
settembre 2010, la previa presentazione dell'istanza di  prelievo  e'
condizione di proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  in
rapporto all'intero svolgimento del giudizio  presupposto,  e  dunque
anche per la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008,  data  di
entrata in vigore del decreto-legge n. 112/08 che tale condizione  di
proponibilita' ha per la prima volta previsto. 
    Infatti, «l»'art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno  2008,
n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008  (art.  85)  -,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma I, della legge 6  agosto
2008, n. 133 - in vigore dal 22 agosto 2008  -,  nella  sua  versione
originaria,  disponeva:  «La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma I,  non
e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.
51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)»; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate
all'art. 54 le seguenti modifiche: «al comma 2, dopo le parole  "art.
2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della legge 24 marzo 2001, n.
89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza  dei  termini
di  durata  di  cui  all'art.  4,  comma  1-ter,  lettera  b)"   sono
soppresse»; c) conseguentemente, il testo  definitivo  dell'art.  54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge
dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: «La domanda di equa
riparazione non e' proponibile se nel  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma I, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907, n. 642»; d) successivamente, l'art.  3,
comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito  che,  all'art.
54,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  «le   parole
"un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642" sono sostituite dalle seguenti: "l'istanza di
prelievo di cui  all'art.  81,  comma  1,  del  codice  del  processo
amministrativo, ne'  con  riguardo  al  periodo  anteriore  alla  sua
presentazione"»;  e)  ancora  successivamente,  l'art.  1,  comma  3,
lettera a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre  2011,  n.
195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice del  processo  amministrativo,  a
norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) -  in
vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto  che:  «al  comma  23,  le
parole "81, comma I" sono sostituite dalle seguenti "71,  comma  2"»;
f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  n.  112
del 2008 - in vigore dal 16 settembre 2010  -  risulta  del  seguente
testuale tenore: «La domanda di equa riparazione non  e'  proponibile
se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui  si  assume
essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24
marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di  prelievo  di
cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne'
con riguardo al periodo anteriore alla sua  presentazione"»;  g)  per
effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n.  208  del  2015
nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto
dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio  2016),  «il  comma  2
dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato
dall'art. 3, comma 23,  dell'allegato  4  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi  amministrativi  la
cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini  di  cui  all'art.  2,
comma 2-bis»; che, questo essendo il quadro normativo di riferimento,
e' del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1)
ai procedimenti per equa riparazione, promossi  a  far  data  dal  25
giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n.  112
del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la  violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata  un'istanza
ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto  17  agosto
1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa  riparazione,  promossi  a
far data dal 16 settembre 2010, si applica  -  invece  -  l'art.  54,
comma 2, dello stesso decreto-legge n.  112  del  2008  nel  seguente
testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'  proponibile  se  nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si  assume  essersi
verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge  24  marzo
2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con
riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non  rileva
(...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89
del 2001, applicandosi essa ai  soli  giudizi  amministrativi  per  i
quali il termine di ragionevole durata sia violato alla data  del  31
ottobre 2016» (cosi' si esprime Cass. n.  16404/16;  conformi,  Cass.
nn. 5914-5915/12 e 3740/13). 
    3.1.1. - Nel  caso  di  specie  -  quanto  alla  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale - essendo stata proposta  la
domanda di equa riparazione nel 2013, relativamente  ad  un  processo
amministrativo  pendente  al  16  settembre   2010,   la   disciplina
applicabile e' quella dell'art. 54, secondo  comma  decreto-legge  n.
112/08 nel testo in vigore alla data della  domanda  stessa  (ratione
temporis non trova applicazione il comma 2-ter dell'art. 6  legge  n.
89/01, introdotto dalla legge n. 208/15 a decorrere  dal  1°  gennaio
2016, per essere stato definito il processo presupposto nel 2012). 
    Conseguentemente detta domanda e'  soggetta,  anche  in  rapporto
alla durata del giudizio presupposto anteriore alla data  di  entrata
in  vigore  del  decreto-legge  n.   112/08,   alla   condizione   di
proponibilita' dell'istanza di prelievo, non surrogabile, secondo  la
giurisprudenza  di  questa  Corte,  con   l'istanza   di   fissazione
dell'udienza di discussione. 
    L'istanza di prelievo disciplinata dall'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642 e l'istanza di fissazione d'udienza,  regolata
dall'art. 23  della  legge  6  dicembre  1971,  n.  1034,  assolvono,
infatti,  funzioni  distinte,  avendo  la  prima  la   finalita'   di
accelerare  il  processo  mediante  il  riscontro   del   persistente
interesse del ricorrente, e la seconda quella d'impedire, mediante il
perfezionamento della costituzione del  ricorrente  e  la  fissazione
dell'udienza,  la  perenzione   del   giudizio.   Ne   consegue   che
dall'entrata in vigore dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le  domande
di equa riparazione relative a procedimenti che si  svolgono  davanti
alle  giurisdizioni  amministrative,   la   preventiva   formulazione
dell'istanza   di   prelievo,   costituisce   una    condizione    di
proponibilita' non fungibile con l'istanza  di  fissazione  d'udienza
(cosi', Cass. nn. 16404/16, 780/15, 25572/10,  nonche',  tra  le  non
massimate, 18546/14 e 785/15). 
    Nel caso di specie, essendo mancata  l'istanza  di  prelievo,  la
domanda di equa riparazione sarebbe improponibile secondo il  diritto
vigente. 
    3.2. - Della cui legittimita' costituzionale, nei termini innanzi
prospettati, si deve dubitare alla stregua dei piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte EDU. 
    Con la sentenza nel caso Daddi  c.  Italia  (n.  15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa  dell'art.
54, secondo comma, decreto-legge  n.  112/08  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che  la  norma,
interpretata dai giudici  nazionali  nel  senso  di  escludere  dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori
al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune  categorie
di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata
e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza  emessa  nel  caso  Olivieri  c/
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12
e 22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi  amministrativi
iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza
di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma  2,  legge  n.
205/00, ma non anche l'istanza di prelievo, il che aveva  determinato
l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte EDU  ha
affrontato  in  maniera   diretta   il   problema   dell'effettivita'
dell'istanza nazionale ex lege n. 89/01 soggetta alla  condizione  di
proponibilita' dell'art. 54, comma 2,  decreto-legge  n.  112/08.  Ed
esaminando diacronicamente tale  disposizione,  fino  al  suo  ultimo
testo scaturito dalle modifiche apportate dal decreto legislativo  n.
104/10, ha convertito in critica espressa e  consapevole  la  riserva
formulata con la sentenza resa nel caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi' affermato: a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione di ammissibilita' di un ricorso «Pinto» previsto dall'art.
54, comma 2 della legge  n.  112/08  risulta  essere  una  condizione
formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla  procedura
interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei  ricorsi  per  equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E,  richiamata  la  propria  giurisprudenza  sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54,  comma  2  del
decreto-legge n. 112 del 2008 in  combinato  disposto  con  la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'art. 13 della Convenzione». 
    3.3. - Benche'  occasionato  da  fattispecie  aventi  ad  oggetto
l'equa  riparazione   per   l'irragionevole   durata   del   processo
verificatasi anteriormente al 25 giugno 2008 (iniziati nel  1990,  i'
giudizi amministrativi presupposti erano stati definiti tra  il  mese
di novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande  ex  lege
n.  89/01  presentate  vigente  il  testo  dell'art.  54,  comma   2,
decreto-legge n. 112/08 ante  decreto  legislativo  n.  104/10,  tale
precedente appare idoneo a incidere  sulla  decisione  del  caso  in,
oggetto (per non  dire  dell'ipoteca  che  esso  iscrive  sull'intero
sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli artt.  1-bis  e  1-ter
della legge n. 89/01, ivi premessi dall'art. 1, comma 777,  lett.  a,
della legge n. 208/15 e basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione  della  sentenza
Olivieri c/ Italia (v. par. 65), il riferimento  al  ridetto  decreto
legislativo non puo' liquidarsi quale mero obiter dictum (peraltro di
dubbia configurabilita' in un contesto  motivazionale  esclusivamente
argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di raffronto  tra
norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo  tramite,  la
Corte di Strasburgo ha confermato e viepiu'  chiarito  il  senso  del
giudizio espresso sul pratico operare congiunto della legge n.  89/01
e della previsione dell'istanza di prelievo quale rimedio preventivo.
E dunque pare sovrabbondante pretendere ed attendere  che,  adita  in
relazione ad un caso perfettamente sovrapponibile  a  quello  ora  in
esame, la Corte EDU reiteri le medesime considerazioni operate su  di
una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il Collegio rileva che pur non avendo
ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso  dalla
Corte EDU con la decisione sul caso Olivieri e'  da  ritenersi  ormai
adeguatamente consolidato. Esso costituisce il logico e preannunciato
sviluppo del principio gia' espresso nella sentenza sul  caso  Daddi;
e' stato adottato  all'unanimita';  non  presenta  alcuna  attitudine
innovativa rispetto alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale
fin qui seguita; concerne una fattispecie tutt'altro  che  isolata  o
peculiare, ma anzi connotata  da  ovvi  elementi  di  serialita';  si
colloca, coerente, nel solco  della  giurisprudenza  di  detta  Corte
europea sul principio di effettivita' per come esso vive in  concreto
negli  ordinamenti  nazionali;  ed  e'  stato  espresso  nella  piena
consapevolezza del modus operandi dei giudici nazionali. 
    3.4. - Cosi' restituito a questa Corte di cassazione  il  compito
suo proprio d'interpretare  l'art.  54,  comma  2,  decreto-legge  n.
112/08 e successive modificazioni, alla luce della  Costituzione,  si
rileva che  la  legittimita'  costituzionale  della  norma  e'  stata
ritenuta in relazione specifica ai referenti degli  artt.  24  e  111
Cost. Una volta esclusane l'applicazione  retroattiva  (id  est,  del
testo attuale ai processi amministrativi non pendenti alla  data  del
16 settembre  2010  di  entrata  in  vigore  del  c.p.a.),  essa  non
determina ne' irragionevoli disparita' di  trattamento,  ne'  lesione
alcuna dei principi del giusto processo e del diritto di difesa,  dal
momento che l'istanza di prelievo manifesta l'interesse  della  parte
ad una rapida definizione della domanda di giustizia (cfr.  Cass.  n.
26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della
legge n. 89/01 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento
per sollecitare la trattazione urgente del  ricorso.  Abrogato  detto
regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto  legislativo  n.
104/10, e sostituita  la  disposizione  sul  prelievo  con  l'affatto
omologa norma dell'art. 71, comma  2,  c.p.a.,  permane  la  medesima
funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art.  71-bis,  aggiunto  al  decreto  legislativo  n.  104/10
dall'art. 1, comma 781, lett. b) della legge n. 208/15,  in  base  al
quale a seguito dell'istanza di cui  al  comma  2  dell'art.  71,  il
giudice,   accertata   la   completezza   del    contraddittorio    e
dell'istruttoria,  sentite  sul  punto  le  parti  costituite,   puo'
definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza  in  forma
semplificata. In disparte la sua applicabilita' a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una
tecnica decisoria piu'  agevole  e  veloce,  senza  tuttavia  imporla
nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul  complessivo
giudizio  di  (in)effettivita'  del  rimedio   interno   secondo   la
concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come  elaborata
dalla Corte di Strasburgo. Il che ripropone intatta la  questione  in
esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto
la funzione di segnalare al giudice  il  permanente  interesse  della
parte  alla  definizione  del  giudizio,  sovente  venuto  meno   per
circostanze  sopravvenute  alla  sua  proposizione  (quali  atti   di
autotutela  o  sanatorie),  con  la  conseguenza   che   la   mancata
presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla
proposizione della domanda, costituisce indice  di  scarso  interesse
alla lite (cosi'  Cass.  n.  3271/11,  che  da  cio'  ha  desunto  la
legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura  inferiore
rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come si e' detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di  trattazione  del  ricorso.  Tant'e'  che  prima  del
decreto-legge n. 112/08 questa Corte aveva sempre affermato, anche  a
S.U., che la lesione del diritto alla definizione del processo in  un
termine ragionevole va riscontrata, anche per  le  cause  davanti  al
giudice  amministrativo,  con  riferimento  al   periodo   intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non  sospende  ne'  differisce  il  dovere
dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio
degli stessi, ne'  implica  il  trasferimento  sul  ricorrente  della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008-2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella legge n. 89/01 dall'art. 1,  comma
777, lett. a, della legge n. 208/15, consiste dunque nell'imporre  al
ricorrente  di  prenotare   gli   effetti   della   riparazione   per
l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto, per  i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/01 operino a regime, sia o non idonea ad assicurare l'effettivita'
dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del  fatto  che  i
rimedi ivi contemplati devono essere azionati prima che la violazione
dell'art. 6, par. 1, CEDU sia consumata (salvo rilevare  sin  da  ora
che nessuna disposizione  imporrebbe  di  adottare  corsie  decisorie
preferenziali). Per contro, nel caso dei processi pendenti alla  data
del 16 settembre 2010, l'art. 54, comma 2,  decreto-legge  n.  112/08
impone tale prenotazione indipendentemente dalla circostanza  che  la
violazione si sia gia'  realizzata  o  meno.  Prova  ne  sia  che  la
proponibilita' della domanda di equa riparazione non e'  esclusa  ove
l'istanza di prelievo sia stata presentata una sola volta e in  epoca
risalente rispetto alla conclusione del giudizio, atteso che  nessuna
norma e nessun principio processuale ne impongono la reiterazione  ad
intervalli piu' o  meno  regolari  (v.  Cass.  n.  14386/15);  e  che
l'istanza di prelievo, anche quando condiziona  ratione  temporis  la
proponibilita' della domanda di indennizzo, non  incide  sul  computo
della durata del processo, che  va  riferita  all'intero  svolgimento
processuale e non alla sola fase seguente detta istanza  (cfr.  Cass.
nn. 13554/16 e 2172/17). 
    3.4.1. - Resta -  difficilmente  eludibile  -  una  significativa
diversita' di accenti. Mentre per la giurisprudenza della  Corte  EDU
il rimedio  interno  deve  garantire  o  la  durata  ragionevole  del
giudizio o  l'adeguata  riparazione  della  violazione  del  precetto
convenzionale, sicche' ogni ostacolo che vi si  frapponga  rende  non
effettivo rimedio stesso, l'art. 54, comma 2, decreto-legge n. 112/08
interpone proprio questo ostacolo. La sua finalita' selettiva,  volta
a impedire riparazioni  indiscriminate  nell'ambito  di  un  processo
peculiare come quello amministrativo, in cui piu'  che  in  altri  il
rapporto sostanziale tra  le  parti  e'  soggetto  alla  temperie  di
fattori  esterni  e  mutevoli  destinati  ad   incidere   su   quello
processuale, se da un lato illumina la ratio della  norma  dall'altro
ne denuncia il contrasto irredimibile con la Convenzione. Secondo  la
Corte EDU, infatti, un processo finche' pende e' per  cio'  stesso  e
per cio' solo soggetto  al  termine  di  durata  ragionevole  e  alle
conseguenze della relativa violazione. 
    Non a caso la sentenza  Olivieri  c/  Italia,  nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria  del  TAR  per  chiedere  la  fissazione
d'urgenza della data dell'udienza».  Il  che  fa  risaltare  l'aporia
intrinseca dell'art.  54,  comma  2,  decreto-legge  cit.,  il  quale
subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non  solo  non  e'
funzionale alla progressione del giudizio piu' di quanto non  lo  sia
la  semplice  istanza  di  fissazione  dell'udienza,  essendo  dovuta
nell'un caso come nell'altro  la  risposta  giurisdizionale  fino  al
limite della perenzione; ma che altresi' si  trasfigura  rispetto  al
proprio originale, divenendo, da strumento sollecitatorio per ragioni
d'urgenza, mezzo di pura prenotazione  dell'indennizzo,  tramite  una
surrettizia  e  sovrabbondante  dichiarazione   di   interesse   alla
decisione. 
    4. - Dunque, e riassumendo,  mentre  nella  giurisprudenza  della
Corte  EDU  il  rimedio   preventivo   e'   tale   se   efficacemente
sollecitatorio, l'interesse alla risposta  giurisdizionale  derivando
dalla stessa pendenza del processo, nel sistema integrato della legge
n. 89/01 e del piu'  volte  citato  art.  54,  comma  2,  il  rimedio
preventivo non e' sollecitatorio, ma  puramente  dichiarativo  di  un
interesse altrimenti gia' incardinato nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di  qui  la  non  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionalita' dell'art. 54, comma  2,  decreto-legge
n. 112/08, convertito con modificazioni dalla legge n.  133/08,  come
modificato  dall'art.  3,  comma  23,  dell'allegato  4  al   decreto
legislativo n. 104/10 e dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero  6),
del decreto legislativo  correttivo  n.  195/11,  per  contrasto  con
l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6, par. 1, 13
e 46, par. 1, della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella parte in  cui,
relativamente ai giudizi pendenti alla data del 16 settembre  2010  e
per la loro intera durata, subordina la proponibilita' della  domanda
di  equa  riparazione  per   l'irragionevole   durata   dei   giudizi
amministrativi alla presentazione dell'istanza di prelievo. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte, visti gli artt. 134 Cost. e 23 della  legge  n.  87/53,
dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata,  in  riferimento
all'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  e  ai  parametri
interposti degli artt. 6, par. 1, 13 e 46, par. 1  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 54, comma 2,  decreto-legge  n.
112/08,  convertito  con  modificazioni  in  legge  n.  133/08,  come
modificato  dall'art.  3,  comma  23,  dell'allegato  4  al   decreto
legislativo n. 104/10 e dall'art. 1, comma 3, lettera a), numero  6),
del decreto legislativo correttivo n. 195/11; dispone la  sospensione
del presente giudizio e ordina che,  a  cura  della  cancelleria,  la
presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti  del  giudizio   di
cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte e al Presidente
del Consiglio dei ministri; ordina, altresi', che  l'ordinanza  venga
comunicata  dal  cancelliere  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento; dispone l'immediata trasmissione degli atti,  comprensivi
della documentazione attestante il perfezionamento  delle  prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma, nella camera  di  consiglio  della  seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2017. 
 
                       Il Presidente: Petitti