N. 29 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 novembre 2017

Ordinanza del 23 novembre 2017 del Tribunale amministrativo regionale
per il Piemonte sul ricorso proposto da  Federazione  italiana  della
caccia - Federazione della caccia Regione  Piemonte  e  altri  contro
Regione Piemonte e altri. 
 
Caccia - Norme della Regione Piemonte - Disposizioni  in  materia  di
  attivita' venatoria - Divieto di abbattimento, cattura o caccia  di
  determinate specie di animali. 
- Legge della Regione Piemonte 22 dicembre 2015, n. 26  (Disposizioni
  collegate alla manovra finanziaria per l'anno 2015), art. 39; legge
  della Regione Piemonte 27 dicembre 2016,  n.  27  ("Modifiche  alla
  legge regionale 4 maggio 2012, n. 5 (Legge finanziaria  per  l'anno
  2012)"), art. 1. 
(GU n.8 del 21-2-2018 )
 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIEMONTE 
                           Sezione seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale n. 590 del  2016,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da: Federazione italiana della caccia  -  Federazione  della
caccia Regione Piemonte, Unione nazionale Enalcaccia pesca e  tiro  -
Delegazione regionale del  Piemonte,  Associazione  nazionale  libera
caccia, Associazione dei migratoristi italiani,  Comprensorio  alpino
Ca To1, Comprensorio alpino  Ca  To2,  Comprensorio  alpino  Ca  To3,
Comprensorio alpino Ca To4, Comprensorio alpino Ca Cn1,  Comprensorio
alpino Ca Cn2, Comprensorio alpino Ca  Cn4,  Comprensorio  alpino  Ca
Cn5, Comprensorio alpino Ca Cn7, Ambito territoriale  di  caccia  Atc
Al1,  Ambito  territoriale  di  caccia  Atc  Al4,   Ente   produttori
selvaggina,  tutti  rappresentati  e  difesi  dagli  avvocati   Paolo
Scaparone e Federico Burlando, con domicilio eletto  presso  il  loro
studio in Torino, via S. Francesco d'Assisi n. 14; 
    Contro Regione Piemonte, rappresentata e  difesa  dagli  avvocati
Giulietta Magliona  e  Chiara  Candiollo,  con  domicilio  eletto  in
Torino, corso Regina Margherita n. 174;  e  con  l'intervento  di  ad
opponendum: L.A.C. Lega per l'abolizione della  caccia,  L.A.C.  Lega
per l'abolizione della caccia  -  Sezione  Piemonte,  Fondazione  per
l'ecospiritualita' ONLUS, Pro natura Torino ONLUS, L.A.V.  Lega  anti
vivisezione ONLUS, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Andrea
Fenoglio e Mia Callegari, con domicilio eletto presso il loro  studio
in Torino, via Susa n. 35; per l'annullamento: 
        della deliberazione della giunta regionale 11 aprile 2016, n.
21-3140,  recante  «Art.  18,  legge  n.  157/1992.  Art.  40,  legge
regionale n. 5/2012. Approvazione del  calendario  venatorio  per  la
stagione   2016/2017   e   delle   relative   istruzioni    operative
supplementari» e dei connessi  allegati,  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Piemonte n. 15  del  14  aprile  2016,  nelle
parti in cui: 
1) vietano la caccia alla pernice bianca, alla allodola ed alla lepre
variabile; 
2) definiscono il periodo di caccia per le specie  tortora,  quaglia,
beccaccia, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello e cervo; 
3) restringono il carniere giornaliero rispetto alla previsione della
«Guida per la stesura dei calendari venatori» ISPRA in relazione alle
specie tortora, quaglia, beccaccia; 
4) vietano la caccia alle specie  fischione,  canapiglia,  mestolone,
codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, moretta
e combattente; 
        della deliberazione della giunta regionale 9 gennaio 2017, n.
10-4551, con cui, in adeguamento alla legge regionale n. 27 del 2016,
la Regione  ha  espunto  dall'allegato  A  del  calendario  venatorio
relativo alla stagione 2016/2017  le  specie  fischione,  canapiglia,
mestolone,  codone,   marzaiola,   folaga,   porciglione,   frullino,
pavoncella, moretta, moriglione, combattente, merlo; 
        di  tutti  gli  atti  preparatori  e  comunque  connessi  del
procedimento, compresa la nota della Regione Piemonte del 29 dicembre
2016 recante l'invito ad osservare il divieto legislativo di prelievo
degli anatidi; 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2017 il dott.
Savio Picone e uditi per le parti i difensori  come  specificato  nel
verbale; 
 
                                Fatto 
 
    I ricorrenti, associazioni di cacciatori e comprensori alpini  di
caccia, hanno impugnato in via principale la delibera 11 aprile 2016,
n. 21-3140,  con  la  quale  la  Regione  Piemonte  ha  approvato  il
calendario venatorio per la stagione 2016/2017. 
    In particolare, hanno chiesto l'annullamento  delle  disposizioni
con le quali la regione ha: 
        1) vietato la caccia alla pernice bianca,  alla  allodola  ed
alla lepre variabile; 
        2) definito il periodo  di  caccia  per  le  specie  tortora,
quaglia, beccaccia, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello e cervo; 
        3) ristretto il carniere giornaliero  delle  specie  tortora,
quaglia e beccaccia; 
        4)  vietato  del  tutto  la  caccia  alle  specie  fischione,
canapiglia,  mestolone,  codone,  marzaiola,   folaga,   porciglione,
frullino, pavoncella, moretta e combattente. 
    Si sono affidati a motivi cosi' riassumibili: 
        I)  violazione  dell'art.  2  dello  statuto  della   Regione
Piemonte, violazione dell'art. 8 della convenzione di Aarhus  del  25
giugno 1998 ed eccesso di potere per difetto d'istruttoria: il  nuovo
calendario sarebbe stato adottato senza consentire la  partecipazione
preventiva degli organi di gestione dei comprensori alpini di  caccia
e delle associazioni venatorie; 
        II) illegittimita' dell'art. 39 della legge regionale  n.  26
del 2015: il divieto assoluto di caccia alle specie  pernice  bianca,
allodola e lepre  variabile  discenderebbe  da  una  norma  di  legge
incostituzionale, in relazione all'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), Cost.; 
        III) violazione dell'art. 3 della  legge  n.  241  del  1990,
violazione dell'art. 18 della legge n. 157 del  1992  ed  eccesso  di
potere per difetto d'istruttoria  e  contraddittorieta':  la  regione
avrebbe illegittimamente compresso il calendario  per  alcune  specie
(tortora, quaglia, beccaccia, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello
e cervo) ed il carniere giornaliero di prelievo per alcune di  queste
(tortora, quaglia, beccaccia),  disattendendo  senza  giustificazione
gli indirizzi formulati dall'Istituto superiore per la  protezione  e
la ricerca ambientale nella  «Guida  per  la  stesura  dei  calendari
venatori»; 
        IV) violazione dell'art. 18 della  legge  n.  157  del  1992,
violazione dell'art. 40 della  legge  regionale  n.  5  del  2012  ed
eccesso di potere  per  difetto  d'istruttoria:  la  regione  avrebbe
illegittimamente  omesso  di  inserire,  nell'elenco   delle   specie
cacciabili, il fischione, la canapiglia, il mestolone, il codone,  la
marzaiola, la folaga, il porciglione, il frullino, la pavoncella,  la
moretta e il combattente. 
    Si sono costituite la  Regione  Piemonte  e,  ad  opponendum,  la
L.A.C. - Lega  per  l'abolizione  della  caccia,  la  Fondazione  per
l'ecospiritualita',  la  Pro  natura  Torino,  la   L.A.V.   -   Lega
antivivisezione, chiedendo il rigetto del ricorso. 
    L'istanza cautelare e' stata parzialmente accolta, con  ordinanza
di questa Sezione n. 280 del 28 luglio 2016  cosi'  motivata:  «(...)
Ritenuto, nei limiti della sommaria  cognizione  propria  della  fase
cautelare: che non appare fondato il  primo  motivo,  attinente  alla
mancata partecipazione delle associazioni venatorie e degli organi di
gestione dei comprensori alpini, poiche' la regione ha dimostrato  di
aver  consentito  la  presentazione  di  osservazioni  da  parte   di
associazioni ed organizzazioni riconosciute ai sensi della  legge  n.
157 del 1992 (documenti 1, 2, 3 e 4 della difesa regionale);  che  la
prospettata questione di incostituzionalita' dell'art. 39 della legge
regionale n. 26 del 2015 (in relazione al divieto di  caccia  per  le
specie pernice  bianca,  allodola,  lepre  variabile)  dovra'  essere
compiutamente esaminata nella fase del merito; che appaiono legittime
le limitazioni al carniere giornaliero e  stagionale  per  le  specie
tortora,  quaglia  e  beccaccia,   poiche'   le   linee-guida   ISPRA
prescrivono quantita' massime di prelievo, rispetto  alle  quali  non
puo' negarsi alla regione la facolta'  di  prevedere  riduzioni;  che
appare altresi'  legittima  l'articolazione  del  calendario  per  le
specie tortora, quaglia, beccaccia, cesena,  tordo  bottaccio,  tordo
sassello  e  cervo,  rispetto   alle   quali   la   regione   si   e'
sostanzialmente conformata ai suggerimenti formulati dall'ISPRA; che,
viceversa, risulta ingiustificato (anche secondo la leale  ammissione
della  difesa  regionale)  il  mancato  inserimento  nel   calendario
venatorio delle  specie  fischione,  canapiglia,  mestolone,  codone,
marzaiola,  folaga,  porciglione,  frullino,  pavoncella,  moretta  e
combattente,  tutte  incluse  tra  le  specie  cacciabili  ai   sensi
dell'art. 18 della legge n. 157 del 1992 e delle linee-guida ISPRA». 
    In seguito, con delibera 4 agosto  2016,  n.  97-385,  la  giunta
regionale  ha  modificato  il  calendario   venatorio,   ottemperando
all'ordinanza cautelare della Sezione ed includendo,  tra  le  specie
cacciabili, gli uccelli acquatici. 
    Di cio' ha dato atto la successiva ordinanza di questa Sezione n.
331 del 16 settembre 2016. 
    In pendenza del giudizio, la  giunta  regionale  ha  adottato  la
deliberazione 9 gennaio 2017, n. 10-4551,  con  cui  ha  recepito  la
previsione introdotta dall'art. 1 della legge  regionale  n.  27  del
2016 ed ha espunto dall'elenco delle specie  cacciabili  (allegato  A
del calendario venatorio per la stagione 2016/2017) il fischione,  la
canapiglia, il mestolone, il codone,  la  marzaiola,  la  folaga,  il
porciglione, il frullino, la pavoncella, la moretta,  il  moriglione,
il combattente, il merlo. 
    I ricorrenti ne hanno  chiesto  l'annullamento,  mediante  motivi
aggiunti ritualmente notificati, muovendo censure cosi' riassumibili: 
        V) illegittimita' dell'art. 1 della legge regionale n. 27 del
2016:  il  divieto  assoluto  di  caccia   alle   specie   fischione,
canapiglia,  mestolone,  codone,  marzaiola,   folaga,   porciglione,
frullino,  pavoncella,  moretta,  moriglione,  combattente  e   merlo
discenderebbe da una norma di legge  incostituzionale,  in  relazione
all'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  la  quale  peraltro
produrrebbe effetti  retroattivi  su  materia  gia'  oggetto  di  una
pronuncia cautelare di questo Tribunale. 
    La  Regione  Piemonte  e  le  associazioni  intervenienti   hanno
replicato ai motivi aggiunti, chiedendone il rigetto. 
    Alla pubblica udienza dell'11 luglio 2017 la causa e' passata  in
decisione. 
    Con sentenza parziale n. 1235 del 20 novembre  2017,  sono  stati
respinti i motivi rubricati al  n.  I)  ed  al  n.  III),  in  quanto
infondati. 
    In  relazione  ai   restanti   motivi,   e'   rilevante   e   non
manifestamente infondata  la  questione  di  costituzionalita'  della
normativa regionale piemontese che impone divieti alla  caccia  della
pernice  bianca,  dell'allodola,  della  lepre  variabile   e   delle
summenzionate specie di anatidi. 
 
                               Diritto 
 
1. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    I ricorrenti chiedono l'annullamento delle delibere con le  quali
la  giunta  della  Regione  Piemonte,  nell'approvare  il  calendario
venatorio per la stagione 2016/2017,  ha  escluso  dal  novero  delle
specie cacciabili: 
        la pernice bianca, l'allodola e la lepre variabile  (delibera
11 aprile 2016, n. 21-3140); 
        il fischione, la canapiglia,  il  mestolone,  il  codone,  la
marzaiola, la folaga, il porciglione, il frullino, la pavoncella,  la
moretta, il moriglione, il combattente, il merlo (delibera 9  gennaio
2017, n. 10-4551). 
    La  prima  delibera,  impugnata  con   il   ricorso   originario,
costituisce attuazione di quanto previsto dell'art.  39  della  legge
regionale n. 26 del 2015,  che  ha  introdotto  all'art.  40,  quarto
comma, lettera f-ter), della legge regionale n. 5 del 2012 il divieto
cosi' formulato: «oltre a quanto previsto dalla legge n. 157/1992, e'
vietato: (...) abbattere, catturare  o  cacciare  le  specie  pernice
bianca (Lagopus mutus), allodola (Alauda arvensis) e lepre  variabile
(Lepus timidus)». 
    La  seconda  delibera,  impugnata  con  i  motivi  aggiunti,   ha
ulteriormente modificato il  calendario  venatorio  per  la  stagione
2016/2017, recependo la previsione introdotta dall'art. 1 della legge
regionale n. 27 del  2016,  che  ha  aggiunto  la  lettera  f-quater)
all'art. 40, quarto comma, della  legge  regionale  n.  5  del  2012,
vietando di «(...) abbattere o catturare le  specie  fischione  (Anas
penelope), canapiglia (Anas  strepera),  mestolone  (Anas  clypeata),
codone (Anas acuta), marzaiola  (Anas  querquedula),  folaga  (Fulica
atra),  porciglione  (Rallus   aquaticus),   frullino   (Lymnocryptes
minimum), pavoncella (Vanellus vanellus), moretta (Aythya  fuligula),
moriglione (Aythya ferina), combattente (Philomachus  pugnax),  merlo
(Turdus merula)». 
    La questione  di  legittimita'  costituzionale  della  richiamata
disciplina di legge regionale assume rilevanza pregiudiziale ai  fini
della decisione del ricorso. Infatti, essa  sostanzialmente  coincide
con le censure articolate dai ricorrenti. I provvedimenti  impugnati,
per le specie anzidette, si fondano esclusivamente  sui  precetti  di
divieto posti dalle norme di legge regionale. 
2. Sulla non manifesta infondatezza della questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    2.1. Secondo il risalente e consolidato orientamento della Corte,
tanto l'individuazione dei contenuti minimi della sfera sottoposta  a
protezione (le specie  non  cacciabili)  quanto  l'elencazione  delle
possibili eccezioni (le specie  cacciabili)  investono  un  interesse
unitario proprio della comunita' nazionale, la cui valutazione  e  la
cui salvaguardia restano in primo luogo affidate  allo  Stato  ed  ai
poteri dell'Amministrazione centrale (sentenza n. 577 del 1990). 
    Piu' di recente, e' stato ribadito che la normativa  statale,  in
quanto preordinata alla preservazione della fauna, e' inderogabile da
parte della legislazione regionale (sentenza n. 278 del 2012). 
    Il legislatore statale ha assegnato  particolare  rilevanza  alle
linee  guida  ed  ai  pareri  dell'ISPRA,  allo  scopo  di  garantire
l'osservanza di livelli minimi e uniformi  di  protezione  ambientale
(sentenza n. 107 del 2014). 
    Secondo  la  consolidata   giurisprudenza   costituzionale,   pur
costituendo la caccia materia affidata  alla  competenza  legislativa
residuale della Regione ai sensi dell'art. 117, quarto comma,  Cost.,
e' tuttavia necessario, in base all'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost.,  che  la  legislazione  regionale  rispetti  la  normativa
statale adottata in tema di tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema,
ove essa esprima regole minime uniformi (tra molte: sentenza  n.  151
del 2011, sentenza n. 2 del 2015). Quando tali regole sono  contenute
nella legge n. 157 del 1992 (norme  per  la  protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che in larga  parte
le  racchiude,  la  normativa   regionale   in   contrasto   con   le
corrispondenti disposizioni statali invade  la  sfera  di  competenza
legislativa dello Stato ed e' percio' costituzionalmente illegittima,
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.  (da
ultimo: sentenza n. 139 del 2017). 
    Come e' noto, l'art. 18 della legge n.  157  del  1992  individua
puntualmente le specie cacciabili ed i periodi di caccia per ciascuna
specie,  attribuisce  alle   Regioni   il   potere   di   autorizzare
modificazioni ai periodi di caccia, previo parere  dell'ISPRA,  e  di
predisporre, sentito l'ISPRA, il calendario venatorio. 
    La Regione Piemonte ha  disciplinato  in  modo  difforme  e  piu'
restrittivo, con le norme qui  sospette  di  incostituzionalita',  la
caccia alla pernice bianca, all'allodola, alla lepre variabile  ed  a
numerose specie di uccelli acquatici. 
    La natura  derogatoria  dell'intervento  regionale,  rispetto  al
rigido quadro normativo statale, implica che i casi in cui la regione
puo' incidere su questo devono essere  espressamente  contemplati  da
una disposizione  di  legge  statale,  se  l'incidenza  attiene  alla
materia della «tutela dell'ambiente» soggetta a potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    Non vi sono disposizioni di legge statale  che  riconoscono  alla
Regione Piemonte il potere, in sede di  approvazione  del  calendario
venatorio, di vietare la caccia a determinate specie. Alle regioni e'
solo consentito di rimodulare i periodi di caccia. 
    2.2. Va poi osservato, sotto altro profilo, che la  Corte  ha  di
recente  statuito   l'illegittimita'   costituzionale   della   legge
regionale  dell'Abruzzo  n.  39  del  2010,  contenente   norme   per
l'esercizio della caccia  nella  stagione  2010/2011,  affermando  il
principio che il calendario venatorio deve avere la  forma  dell'atto
amministrativo (sentenza n. 20 del 2012). A tale conclusione la Corte
e' pervenuta interpretando nuovamente  la  legge  n.  157  del  1992,
quantomeno nella parte che individua le specie cacciabili, come legge
che  disciplina  la  materia  «tutela   dell'ambiente»   assoggettata
dall'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  alla  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato ed  avente  tipicamente  natura  di
materia «trasversale» e cioe' rinvenibile  in  una  molteplicita'  di
altre materie aventi una diversa caratterizzazione complessiva. 
    In questo modo, la Corte ha inteso la legge n. 157 del  1992  non
piu' come «legge quadro» o «legge di principi» in materia di  caccia,
bensi' come legge a contenuto strettamente ambientale. 
    L'imprescindibilita' della forma  amministrativa  del  calendario
venatorio, sulla base  della  ratio  e  di  plurimi  indici  testuali
dell'art. 18 della legge n. 157 del 1992,  e'  cosi'  motivata  nella
sentenza  da  ultimo  citata:  «L'intervento  regionale  viene  (...)
consentito espressamente dalla legge dello Stato proprio  allo  scopo
di  modulare  l'impatto  delle  previsioni  generali   recate   dalla
normativa  statale,  in  tema  di  calendario  venatorio   e   specie
cacciabili, sulle specifiche condizioni dell'habitat locale, alla cui
verifica ben si presta un'amministrazione radicata sul territorio. In
questa prospettiva, l'art. 18 della legge n. 157 del 1992, se  da  un
lato predetermina gli esemplari abbattibili, specie per specie e  nei
periodi   indicati,   dall'altro   lato   permette    alla    Regione
l'introduzione di limitate deroghe ispirate a una simile finalita', e
chiaramente motivate con riguardo a profili di natura scientifica: ne
e' conferma la previsione del parere dell'Istituto superiore  per  la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), richiesto  dall'art.  18,
comma  2  e  dall'art.  18,  comma  4,  con   specifico   riferimento
all'approvazione del calendario venatorio». 
    Il  riferimento  alla  necessita'  della   motivazione   rafforza
ulteriormente l'assunto per il quale  il  calendario  venatorio  deve
assumere la forma dell'atto amministrativo.  Afferma  la  Corte:  «La
scelta che si provveda con atto amministrativo non  solo  e'  l'unica
coerente in tale ordine di idee con il peculiare  contenuto  che  nel
caso di specie l'atto andra'  ad  assumere,  e  si  inserisce  dunque
armonicamente nel  tessuto  della  legge  n.  157  del  1992,  ma  si
riconnette altresi' ad un regime  di  flessibilita'  certamente  piu'
marcato che nell'ipotesi in cui il contenuto  del  provvedimento  sia
cristallizzato nella  forma  della  legge»,  anche  considerando  che
l'esigenza di regolare con legge una materia e' avvertita soprattutto
per la protezione di interessi primari, a fini di  maggior  tutela  e
garanzia dei diritti, e non anche per imporre l'osservanza di criteri
tecnico-scientifici. 
    L'utilizzo della legge, secondo la Corte, e' improprio in  quanto
il calendario venatorio non mira a comporre  interessi  in  conflitto
secondo apprezzamenti propri della discrezionalita'  legislativa,  ma
esprime «un complesso di valutazioni basate su elementi di  carattere
squisitamente tecnico-scientifico (...)  al  fine  di  introdurre  in
relazione  alle   situazioni   ambientali   delle   diverse   realta'
territoriali (art. 18,  comma  2,  legge  n.  157/1992)  un  elemento
circoscritto  di  flessibilita'  all'interno  dell'altrimenti  rigido
quadro normativo nazionale». 
    D'altronde, in base al terzo  comma  del  medesimo  art.  18,  la
possibilita'  di  modificare  l'elenco  delle  specie  cacciabili  e'
significativamente riservata,  a  livello  statale,  al  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Anche per la tutela di questo valore, il calendario venatorio non
puo' essere sottratto al regime  di  tutela  giurisdizionale  proprio
degli atti amministrativi e ricondotto a quello,  differente  e  piu'
complesso, proprio degli atti legislativi. 
    Va peraltro rilevato che l'art. 1 della legge regionale n. 27 del
2016  e'  sopraggiunto  in  pendenza  della  presente   controversia,
allorquando era stata sospesa in sede cautelare (ordinanza di  questa
Sezione n.  280  del  28  luglio  2016)  l'efficacia  del  calendario
venatorio approvato con delibera 11 aprile 2016, n. 21-3140,  proprio
in  relazione  alla  mancata  inclusione  degli   uccelli   acquatici
nell'elenco delle spese cacciabili per la stagione 2016/2017. 
    Un simile  intervento,  che  si  connota  quale  vera  e  proprio
legge-provvedimento, appare potenzialmente  idoneo  ad  intaccare  la
separazione  dei  poteri  e  la  riserva  di  giurisdizione  prevista
dall'art. 102 Cost., da intendersi quale divieto per  il  legislatore
di incidere intenzionalmente  su  concrete  fattispecie  sub  iudice,
secondo l'autorevole insegnamento della Corte (sentenza  n.  525  del
2000). 
    2.3. Infine, le norme regionali  che  vietano  in  modo  assoluto
l'abbattimento e la cattura di numerose specie animali si pongono, ad
avviso del Collegio, in contrasto con i principi del diritto  europeo
in materia di tutela dell'ambiente e, in  specie,  con  l'obbligo  di
adeguata  istruttoria  e  motivazione  che  si   impone,   anche   al
legislatore regionale, nell'adozione  di  misure  di  maggior  tutela
della fauna. 
    Cio' comporta l'incostituzionalita' delle norme in questione, per
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. che impone alle  regioni
di conformarsi ai vincoli dell'ordinamento comunitario. 
    Le disposizioni con le quali la Regione Piemonte  ha  vietato,  a
partire dall'anno 2016, la caccia alla pernice bianca,  all'allodola,
alla  lepre  variabile  ed  a  numerose  specie   di   anatidi,   poi
pedissequamente  recepite  nel  calendario  venatorio,   sono   state
approvate senza un'adeguata istruttoria tecnico-scientifica  e  senza
richiedere il parere dell'ISPRA. 
    L'istruttoria e' imposta, oltre che dai canoni di  ragionevolezza
e non discriminazione, anche dalla disciplina comunitaria. 
    Secondo il considerando n. 32) della  decisione  n.  1600/2002/CE
del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario  di
azione in materia di  ambiente  (pubblicata  nella  G.U.C.E.  del  10
settembre 2002), vista la complessita' delle  tematiche  «l'attivita'
legislativa  in  campo  ambientale  deve  fondarsi   sulla   migliore
valutazione scientifica ed economica disponibile e  sulla  conoscenza
dello stato dell'ambiente e delle tendenze in  atto,  secondo  quanto
stabilito dall'art. 174 del Trattato». 
    Secondo quanto stabilito dagli articoli 114 e 193  del  T.F.U.E.,
gli Stati membri possono incrementare il livello di tutela ambientale
previsto dalle norme comunitarie, a condizione  che  le  misure  piu'
restrittive  siano  non  discriminatorie,  adeguatamente  motivate  e
supportate  da  dati  scientifici  ulteriori  e   documentati.   Ogni
decisione normativa o amministrativa deve  essere  preceduta  da  una
seria ed accurata attivita' istruttoria,  con  il  coinvolgimento  di
organismi indipendenti e  riconosciuti  dalla  comunita'  scientifica
(cfr. Corte giust. CE, sentenza 9 settembre 2003, C-236/01, Monsanto;
Trib. CE, sentenza 11 settembre 2002, T-13/99, Pfizer). 
3. Conclusioni. 
    Il Collegio, per le ragioni sopra esposte, solleva  questione  di
costituzionalita' dell'art. 39 della legge regionale del Piemonte  n.
26 del 2015 e dell'art. 1 della legge regionale del  Piemonte  n.  27
del 2016, per violazione degli articoli 102 e 117  (primo  e  secondo
comma, lettera s) della Costituzione, nella parte in cui  vietano  la
caccia alle specie animali ivi elencate. 
    Resta  sospesa  ogni  decisione  sull'impugnativa  in   epigrafe,
dovendo  la  questione  essere  demandata  al  giudizio  della  Corte
costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per  il  Piemonte  (Sezione
seconda) visti gli articoli 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1, e 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87, riservata ogni altra  pronuncia  in
rito,  nel  merito  e  sulle  spese,   ritenuta   rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione di costituzionalita'  dell'art.
39 della legge regionale del Piemonte n. 26 del 2015  e  dell'art.  1
della legge regionale del Piemonte n. 27 del 2016, in relazione  agli
articoli 102  e  117,  primo  e  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla  Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti ed al Presidente  della  giunta  della  Regione
Piemonte e sia comunicata al Presidente del Consiglio  regionale  del
Piemonte. 
 
    Cosi' deciso in Torino nella camera di consiglio  del  giorno  11
luglio 2017 con l'intervento dei magistrati: 
 
        Carlo Testori, Presidente; 
        Savio Picone, consigliere, estensore; 
        Ariberto Sabino Limongelli, consigliere. 
 
                       Il Presidente: Testori 
 
 
                                                  L'estensore: Picone