N. 36 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 2017

Ordinanza  del 24  novembre  2017  della  Corte  di  cassazione   nel
procedimento civile promosso  da  Mounji  Mohamed  e  Mounji  Azedine
contro Inps - Istituto nazionale previdenza sociale. 
 
Previdenza e assistenza - Assistenza dei lavoratori involontariamente
  disoccupati  -  Lavoratori  agricoli  a  tempo  indeterminato,   in
  possesso   dei   requisiti   assicurativi    -    Trattamento    di
  disoccupazione. 
- Legge  29  aprile  1949,  n.  264  (Provvedimenti  in  materia   di
  avviamento   al   lavoro   e   di   assistenza    dei    lavoratori
  involontariamente disoccupati), art. 32, comma 1, lett.  a);  legge
  24 dicembre 2007, n. 247 (Norme di attuazione del Protocollo del 23
  luglio 2007 su previdenza, lavoro  e  competitivita'  per  favorire
  l'equita' e la crescita sostenibili,  nonche'  ulteriori  norme  in
  materia di lavoro e previdenza sociale), art. 1, comma 55. 
(GU n.9 del 28-2-2018 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                           Sezione lavoro 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
    dott. Giovanni Mammone - Presidente; 
    dott. Enrica D'Antonio - consigliere; 
    dott. Umberto Berrino - consigliere; 
    dott. Roberto Riverso - rel. consigliere; 
    dott. Daniela Calafiore - consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
18205-2012 proposto da: 
    Mounji Mohamed e Mounji  Azedine,  elettivamente  domiciliati  in
Roma, via Carlo Poma, 2,  presso  lo  studio  degli  avvocati  Silvia
Assennato, Massimiliano  Pucci  che  li  rappresentano  e  difendono,
giusta delega in atti; - ricorrenti - 
    contro I.N.P.S. - Istituto nazionale  previdenza  sociale  codice
fiscale   80078750587,   in   persona   del   Presidente   e   legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato  in  Roma,  via
Cesare Beccaria,  29,  presso  l'Avvocatura  centrale  dell'Istituto,
rappresentato e difeso dagli  avvocati  Emanuele  De  Rose,  Vincenzo
Triolo, Antonietta Coretti, giusta delega in atti -  controricorrente
- 
    avverso la sentenza n. 159/2012 della Corte d'appello di Brescia,
depositata il 7 aprile 2012 R.G.N. 763/2011; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
3 ottobre 2017 dal consigliere dott. Roberto Riverso; 
    udito il pubblico ministero in persona del sostituto  procuratore
generale dott. Gianfranco Servello che ha concluso per il rigetto del
ricorso; 
    udito l'Avvocato Silvia Assennato; 
    udito l'Avvocato  Vicenzo  Stumpo  per  delega  verbale  avvocato
Antonietta Coretti. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. La Corte d'Appello di Brescia  con  sentenza  n.  159/2012  ha
rigettato l'appello proposto da Mounji Mohammed  e  Mounji  Azdine  -
lavoratori  agricoli  a  tempo  indeterminato  dal  1992   al   2008,
licenziati il  31  dicembre  del  2008  -  avverso  la  sentenza  del
tribunale di Mantova che aveva respinto la  loro  domanda  intesa  ad
ottenere l'indennita' di disoccupazione per l'anno 2009. 
    2. A fondamento  della  pronuncia,  ribadendo  le  ragioni  della
decisione  presa  in  primo  grado,  la  Corte  d'Appello  sosteneva,
anzitutto, che non  fosse  rilevante  la  questione  di  legittimita'
costituzionale della  disciplina  dell'indennita'  di  disoccupazione
agricola  (art.  32  comma  1°  comma  legge  264/49)  denunciata  in
subordine in ricorso, in quanto  i  medesimi  ricorrenti  -  i  quali
avevano presentato domanda di indennita' di  disoccupazione  agricola
rigettata dall'INPS  per  mancanza  del  requisito  contributivo  nel
biennio anteriore alla cessazione del rapporto - avevano precisato di
non aver diritto alla indennita' di disoccupazione  agricola  perche'
non iscritti negli  appositi  elenchi,  con  cio'  acquietandosi  del
diniego dell'INPS che non era stato mai impugnato nella causa,  nella
quale  essi  avevano  domandato  esclusivamente   il   riconoscimento
dell'indennita' di disoccupazione non agricola. 
    3. La Corte d'Appello riaffermava, inoltre, che i ricorrenti  non
avessero  diritto  all'indennita'  di  disoccupazione  ordinaria  non
agricola, in quanto i contributi assicurativi per essi versati  erano
confluiti nella gestione agricola e non in quella per il  lavoro  non
agricolo; e nel «sistema chiuso» gestito dall'Inps  non  esisteva  la
possibilita' di accedere all'indennita' di  disoccupazione  ordinaria
se non risultassero versati contributi nella gestione corrispondente;
come confermava l'art. 3 del decreto del Presidente della  Repubblica
1049/70 che,  regolando  il  caso  dei  lavoratori  addetti  in  modo
promiscuo ad attivita' agricola o non agricola, prevede  l'erogazione
della prestazione relativa alla  gestione  ove  siano  stati  versati
contributi in numero prevalente; e nel caso di  specie  era  pacifico
che nel biennio precedente alla disoccupazione entrambi i  lavoratori
non avessero versato alcun contributo nella gestione non agricola. 
    4. Contro la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i due
lavoratori con due motivi di censura. 
    5. Col primo motivo hanno  dedotto  la  violazione  dell'art.  24
legge 88/1989 avendo i giudici di merito errato  a  sostenere  che  i
contributi versati fossero destinati esclusivamente al  finanziamento
della disoccupazione agricola e che percio' non fossero  essi  muniti
dei   requisiti   assicurativi   per   ottenere    l'indennita'    di
disoccupazione non agricola, in quanto  tutti  i  contributi  versati
confluiscono in  base  alla  norma  citata  nell'unica  gestione  che
presiede all'erogazione delle «prestazione previdenziali a  carattere
temporaneo» (la cui unicita' era  stata  affermata  anche  da  questa
Corte di cassazione con sentenza n. 27914/2005). 
    6. Col secondo motivo i ricorrenti  lamentano  «la  violazione  a
carattere  processuale»  consistente   nella   mancata   disamina   e
conseguente mancata pronuncia da parte dei giudici  di  merito  della
domanda articolata in via subordinata, tanto  nel  ricorso  in  primo
grado  che  in  appello,  con   la   quale   essi   richiedevano   il
riconoscimento della indennita' di disoccupazione agricola (pag. 1  e
2  ricorso  in   primo   grado),   previa   rimessione   alla   Corte
costituzionale della questione  di  costituzionalita'  dell'art.  32,
comma 1, lettera  a)  della  legge  n.  264  del  29  aprile  1949  e
successive modificazioni,  che  reiteravano  anche  nel  ricorso  per
cassazione. I giudici del merito avevano errato  sul  punto  poiche',
nel momento in cui avevano negato il loro diritto  all'indennita'  di
disoccupazione ordinaria  per  il  fatto  che  i  contributi  versati
fossero confluiti nella gestione agricola, avrebbero dovuto esaminare
la domanda di indennita' di disoccupazione agricola dispiegata in via
subordinata   (in   relazione   alla   quale    chiedevano    appunto
pregiudizialmente la pronuncia della Corte  costituzionale);  essendo
unico il bene della vita da essi richiesto in giudizio, con  l'azione
volta ad ottenere una protezione indennitaria contro il loro stato di
disoccupazione involontaria. 
    7. L'Inps ha resistito con controricorso; ed ha eccepito,  quanto
al  primo  motivo,  che  i  ricorrenti  non  potessero  godere  della
disoccupazione non agricola, non avendo nel  biennio  anteriore  alla
cessazione del loro rapporto lavorativo il requisito di 52 contributi
settimanali versati  nella  apposita  gestione  della  disoccupazione
ordinaria; e che allo scopo non potessero utilizzarsi quelli  versati
nella gestione assicurativa agricola, che e'  speciale  e  del  tutto
distinta da quella degli altri  lavoratori  dipendenti  ed  autonomi.
Quanto al secondo motivo,  l'Inps  ha  eccepito  l'irrilevanza  della
questione  di  costituzionalita',  ribadendo  quanto  affermato   dai
giudici nei pregressi gradi di merito, ovvero  che  non  fosse  stata
proposta  in   giudizio   alcuna   domanda   di   riconoscimento   di
disoccupazione agricola. 
    8. In prossimita' dell'udienza  di  discussione  le  parti  hanno
depositato memoria ex art. 378  c.p.c  nella  quale  hanno  insistito
delle rispettive tesi e richiamato entrambe la sentenza  della  Corte
costituzionale n. 194/2017.  Nella  stessa  memoria  l'INPS  ha  pure
chiarito che ai ricorrenti, in quanto  lavoratori  agricoli  a  tempo
indeterminato licenziati il 31 dicembre dell'anno, «non  puo'  essere
erogata alcuna indennita' di disoccupazione  agricola,  in  quanto  -
secondo la legislazione che regola la prestazione  di  disoccupazione
nel settore agricolo - non residuano  giornate  indennizzabili».  Per
l'INPS, pertanto,  i  ricorrenti  non  potrebbero  godere  di  alcuna
protezione contro la disoccupazione come avrebbe confermato la stessa
sentenza n. 194/2017 della Corte cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. A giudizio del collegio, ai fini della decisione sui motivi di
ricorso,  risulta  preliminare  la  questione  di   costituzionalita'
dell'art. 32, comma 1, lettera a) della legge 29 aprile 1949, n. 264,
e dell'art. 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247. 
    2. L'art. 32, 1 comma, legge n. 264/1949  stabilisce:  «L'obbligo
dell'assicurazione  contro  la  disoccupazione  e'  esteso:   a)   ai
lavoratori agricoli che prestano la loro opera retribuita alle altrui
dipendenze, limitatamente  alle  categorie  dei  salariati  fissi  ed
assimilati, obbligati e braccianti fissi,  giornalieri  di  campagna,
piccoli coloni e compartecipanti familiari e individuali, anche se in
via sussidiaria esercitano un'attivita'  agricola  in  proprio;  agli
stessi  spetta  l'indennita'  di  disoccupazione  qualora   risultino
iscritti negli elenchi di  cui  all'art.  12  del  regio  decreto  24
settembre 1940, n. 1949, e successive modificazioni,  per  almeno  un
anno oltre che per quello per il quale e' richiesta l'indennita',  ed
abbiano conseguito nell'anno per il quale e' richiesta l'indennita' e
nell'anno  precedente  un  accredito  complessivo   di   almeno   102
contributi    giornalieri.    La    durata    della    corresponsione
dell'indennita' di disoccupazione e' pari, per i lavoratori  agricoli
predetti, alla differenza tra il numero di 270  ed  il  numero  delle
giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno comprese  quelle
per  attivita'  agricole  in  proprio  o  coperte  da  indennita'  di
malattie, infortunio,  maternita',  e  sino  ad  un  massimo  di  180
giornate annue». 
    Pertanto, in base alla norma,  ai  lavoratori  agricoli  a  tempo
indeterminato, parificati per  legge  ai  salariati  fissi  (art.  12
decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375), spetta un'indennita'  di
disoccupazione pari alla differenza tra le giornate  lavorate  ed  il
numero di 270 (col limite massimo di 180). A chi ha lavorato  per  un
periodo  di  tempo  superiore  non  spetta  nessuna   indennita'   di
disoccupazione agricola. Ne' la norma estende ai medesimi  lavoratori
a tempo indeterminato il  trattamento  ordinario  di  disoccupazione,
ancora  regolato  all'epoca  dei  fatti  di   causa,   nei   principi
fondamentali,  dai  R.D.L.  2270/1924  e   1827/1935   e   successive
modificazioni ed integrazioni. 
    3. L'art. 1, comma 55 della  legge  24  dicembre  2007,  n.  247,
stabilisce: «Per gli operai agricoli a tempo determinato e le  figure
equiparate,  l'importo  giornaliero  dell'indennita'   ordinaria   di
disoccupazione di cui all'art. 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo
1988, n. 86, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  20  maggio
1988, n. 160, e successive  modifiche  e  integrazioni,  nonche'  dei
trattamenti speciali di cui all'art. 25 della legge 8 agosto 1972, n.
457, e all'art. 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e' fissato con
riferimento ai trattamenti aventi  decorrenza  dal  1°  gennaio  2008
nella misura del 40 per cento della retribuzione indicata all'art.  1
del  decreto-legge  9  ottobre  1989,   n.   338,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, ed e' corrisposto
per il numero di giornate di  iscrizione  negli  elenchi  nominativi,
entro il limite di 365 giornate del parametro annuo di riferimento». 
    In base a questa norma al lavoratore agricolo a tempo determinato
che dovesse superare il tetto delle 270 giornate e perdere il  lavoro
in prossimita' della fine dell'anno, spetta comunque l'indennita'  di
disoccupazione per un numero  di  giornate  pari  a  quelle  lavorate
(ovvero di iscrizione negli elenchi nominativi che ha valore soltanto
probatorio del lavoro svolto, Cass. S.U. 1133/2000), entro il  limite
di 365 giornate. 
    4.  Rileva  altresi'  ricordare  -  all'interno   dell'articolata
produzione normativa che si e' succeduta nel settore - che lo  stesso
limite delle 270  giornate  fosse  stato  gia'  superato  (come  pure
riconosce l'INPS nella circolare n. 139  del  20  giugno  1988),  per
l'anno 1988, ma con riferimento a  tutti  i  lavoratori  agricoli  (a
tempo determinato ed indeterminato), dal 4° comma  dell'art.  7  d.l.
86/88 conv. in  legge  160/1988  che  prevedeva:  «Per  i  lavoratori
agricoli che hanno conseguito il diritto alla indennita' ordinaria di
disoccupazione e non  quello  relativo  ai  trattamenti  speciali  di
disoccupazione, il trattamento di cui al comma 1 e'  corrisposto  per
un numero di giornate pari a quelle lavorate nel 1987». 
    In base a questa norma, anche i lavoratori a tempo  indeterminato
avrebbero avuto diritto all'indennita'  ordinaria  di  disoccupazione
oltre  il  tetto  di  270  giornate,  come  i  lavoratori   a   tempo
determinato. La norma non risulta prorogata e non e' piu' in vigore.  
    5. La questione di illegittimita' costituzionale  che  viene  ora
sollevata,  in   relazione   alla   disciplina   dell'indennita'   di
disoccupazione agricola e non agricola, risulta  anzitutto  rilevante
nella causa, posto che, anche alla luce delle premesse in fatto,  del
ricorso per  cassazione  e  della  stessa  sentenza  impugnata,  deve
ritenersi che i ricorrenti abbiano proposto in giudizio due  domande,
chiedendo il riconoscimento di uno  dei  trattamenti  (disoccupazione
ordinaria o disoccupazione agricola) previsti dall'ordinamento per la
protezione contro lo stato di  disoccupazione  involontaria;  le  due
domande proposte in giudizio (in  via  principale  ed  in  subordine,
previa questione di costituzionalita' delle norme che regolano quella
agricola) mostrano, nella loro intima connessione logica e giuridica,
che lo scopo del  procedimento  istaurato  dai  lavoratori  fosse  di
ottenere una delle  protezioni  previste  contro  il  loro  stato  di
disoccupazione involontaria, dovendo le domande  essere  interpretate
alla luce del bene della vita il cui conseguimento muove al  giudizio
e senza necessita'  di  adottare  formule  sacramentali.  Non  rileva
pertanto che nelle conclusioni rassegnate  nel  ricorso  introduttivo
non fosse esplicitamente contenuta la richiesta di  accertamento  del
diritto e di condanna dell'Inps al  pagamento  della  prestazione  di
disoccupazione agricola dovendo ritenersi che la stessa istanza fosse
implicita  nella  richiesta  di   rimessione   della   questione   di
costituzionalita' dell'art. 32 comma 1° comma legge 264/49 e comunque
presente nel contenuto complessivo del ricorso. 
    6.   Cio'   posto   deve   ritenersi   che   la   questione    di
costituzionalita'  delle  norme  sopra  indicate  sia  altresi'   non
manifestamente infondata alla stregua delle seguenti osservazioni. 
    Secondo   una   risalente   linea   di   demarcazione    prevista
nell'ordinamento i due sistemi assicurativi contro la  disoccupazione
(ordinaria ed agricola) non configurano sistemi  complementari,  tale
per cui possa operare l'uno  dove  non  arrivi  ad  operare  l'altro.
Quello contro  la  disoccupazione  agricola  rappresenta  infatti  un
sistema protettivo che  presenta  «aspetti  peculiari  rispetto  alla
disciplina generale» (Cass. 3167/2003), in relazione  al  calcolo  ed
alla   riscossione    dei    contributi,    all'accertamento    della
disoccupazione, alle modalita' e  tipologia  di  prestazioni  erogate
(che prescindono dalla data di inizio e dalla durata dello  stato  di
disoccupazione). L'ordinamento in  vigore  non  consente  quindi  che
venga erogata l'indennita' di disoccupazione ordinaria ai  lavoratori
agricoli a tempo indeterminato; ancorche' sia  pure  vero  che,  come
sostenuto dai ricorrenti, ai sensi dell'art. 24 legge 9  marzo  1989,
n. 88, «ogni forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle
pensioni sono fuse in una unica gestione che assume la  denominazione
di gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti»  (giusto
quanto affermato da Cassazione n. 27914/2005). 
    7. La distinzione tra  i  due  sistemi  protettivi  risulta  oggi
positivamente stabilita dall'art. 2, 3° comma della legge  28  giugno
2012 n. 92 e dall'art. 2, 1 comma decreto legislativo 4 marzo 2015 n.
22 che parimenti escludono dall'accesso alle nuove prestazioni contro
la disoccupazione  ordinaria  (denominate,  rispettivamente,  ASpI  e
NASpI) «gli operai agricoli a  tempo  determinato  o  indeterminato»;
entrambe  specificando  (ed  il  decreto   legislativo   n.   22/2015
aggiungendo solo l'aggettivo «ultimi») che per gli stessi  lavoratori
«trovano applicazione le norme  di  cui  all'art.  7,  comma  1,  del
decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, all'art. 25 della legge 8  agosto
1972, n. 457, all'art. 7 della legge  16  febbraio  1977,  n.  37,  e
all'art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247». 
    8.   La   specificita'   del   sistema   protettivo   contro   la
disoccupazione agricola e' stata affermata  pure  in  piu'  occasioni
dalla Corte costituzionale (sentenze 497 del 1988, 29 del 2017, 53  e
194 del 2017), ricordando che essa emerge - secondo  la  sentenza  18
luglio 1996, n. 6491 delle Sezioni Unite di  questa  Corte  -  «nella
predominante funzione di integrazione del reddito  che  si  manifesta
nella cesura tra il sorgere del  diritto  e  l'erogazione  nel  corso
dell'anno successivo e  nel  peculiare  meccanismo  di  liquidazione,
ancorato alle giornate di lavoro e non a quelle di disoccupazione». 
    9. La prestazione di  disoccupazione  agricola  consiste  infatti
nell'erogazione, in un'unica soluzione,  di  un'indennita'  nell'anno
successivo a quello in cui si e' verificato l'evento della cessazione
del rapporto di lavoro; a prescindere dalla permanenza o  meno  dello
stato di disoccupazione del lavoratore. 
    10. Ritiene questa Corte che la  questione  di  costituzionalita'
delle norme sopraindicate debba essere  sollevata  sotto  il  profilo
della mancanza, inadeguatezza ed irragionevolezza della tutela contro
la disoccupazione riservata dall'ordinamento ai lavoratori agricoli a
tempo indeterminato che come  i  ricorrenti  siano  stati  licenziati
verso la fine dell'anno (nel caso di specie  il  31  dicembre  2008),
dopo aver lavorato per 270 giornate. 
    11. Va ribadito che viene  in  rilievo  la  disciplina  normativa
vigente, alla data dei fatti di causa, avendo  i  ricorrenti  chiesto
l'indennita'  di  disoccupazione  per  l'anno  2009   essendo   stati
licenziati nel 2008. 
     12. Non puo' invece applicarsi ratione  temporis  la  disciplina
che risulta individuata dall'art. 2, 3° comma della legge  28  giugno
2012 n. 92 e dall'art. 2, 1 comma decreto legislativo 4 marzo 2015 n.
22  che  nell'escluderli  dall'applicazione  della  nuova  disciplina
ordinaria  -  assoggettano  tutti  i  lavoratori  agricoli  a   tempo
determinato ed a tempo indeterminato ad una medesima  normativa,  che
deve ritenersi costituita precipuamente del citato art. 1,  comma  55
della legge 247 del 2007. 
    13. Tale norma, come gia' detta,  prevede  che  il  numero  delle
giornate indennizzabili per i lavoratori a tempo determinato sia pari
al numero di giornate di iscrizione negli elenchi entro il limite  di
365 giornate. Essa deve ritenersi estesa dopo la legge 92/2012  anche
ai lavoratori a tempo indeterminato,  benche'  non  siano  per  legge
(art. 13 d.lgs. 375/1993) piu' tenuti  ad  iscriversi  negli  elenchi
nominativi, rimanendo comunque assoggettati  ad  un  controllo  sulle
giornate  lavorate  che  prima  era  tenuta  dallo  SCAU  ed  ora  e'
effettuato dall'INPS (si veda sul punto il messaggio INPS n. 3180 del
1° agosto 2017, emanato  dopo  lei  sentenza  della  Corte  Cost.  n.
194/017). 
    L'indicazione  da  parte  dei  legislatore  delle  stesse   norme
applicabili  indifferentemente   agli   operai   agricoli   a   tempo
determinato ed a quelli a tempo indeterminato,  comporta  -  dopo  la
legge 92/2012 - l'applicabilita' dell'art. 1  comma  55  della  legge
247/2007 a tutti i  lavoratori  agricoli,  compresi  quelli  a  tempo
indeterminato. 
    Le altre norme, indicate nell'art. 2, 3°  comma  della  legge  25
giugno 2012 n. 92 e nell'art. 2, 1 comma decreto legislativo 4  marzo
2015  n.  22,  come  riferite  alla   uguale   regolamentazione   del
trattamento di disoccupazione di tutti  i  lavoratori  agricoli,  non
contraddicono tale interpretazione. Infatti, l'articolo 7,  comma  1,
del decreto-legge 21 marzo 1988 n. 86  convertito  con  modificazioni
dalla legge 20  maggio  1988  n.  160  si  occupa  solo  dell'entita'
dell'indennita' di disoccupazione e non rileva ai fini delle giornate
indennizzabili. Gli articoli 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457 e 7
della legge 15 febbraio 1977, n. 37, si riferiscono alle  prestazioni
speciali riservate agli operai e tempo determinato che hanno lavorato
per piu' di 10l e di 151 giornate; e non rilevano quindi in relazione
al trattamento ordinario dei lavoratori a tempo indeterminato. 
    14. Va poi precisato che l'art. 2, 3° comma della legge 28 giugno
2012 n. 92 e l'art. 2, 1 comma decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22
non richiamano invece l'art.  32  della  legge  264/1949;  e  neppure
richiamano il 4° comma (ma solo il 1° comma) dell'art. 7, co. 4,  del
decreto-legge 21 marzo 1988 n. 86 (convertito con modificazioni dalla
legge 20 maggio 1988 n. 160). 
    15. Quanto al merito della  questione  di  costituzionalita',  va
osservato che la Corte Cost. ha ricollegato  «la  specificita'  della
tutela contro la disoccupazione dei  lavoratori  agricoli»  (sentenza
53/2017) «alla natura stagionale dell'attivita' svolta» (sentenza  n.
497/1988); ma ha pure affermato che  essa  vada  misurata  alla  luce
della protezione di cui all'art. 38 Cost. la quale postula «requisiti
di effettivita', tanto piu' che  essa  si  collega  alla  tutela  dei
diritti fondamentali della persona sancita dall'art. 2 Cost.»  (Corte
497/1988;  288/1994);  evidenziando  che  «l'indicata   specificita',
peraltro,  non  rende  meno  imperiosa  l'esigenza   di   predisporre
meccanismi finalizzati a garantire la  perdurante  adeguatezza  delle
prestazioni corrisposte» (sentenza n. 288 dei 1994, 53/2017). Inoltre
ha affermato  (sentenza  n.194/2017)  che  «la  possibilita'  che  il
legislatore disciplini variamente la tutela contro la disoccupazione,
al fine di adeguarla alla natura delle diverse  attivita'  lavorative
(sentenza n.  160  del  1974),  non  esclude  che  le  differenze  di
trattamento tra le  varie  categorie  di  lavoratori  debbano  essere
«razionalmente  giustificabili»,  in  quanto  fondate  su  «valide  e
sostanziali regioni», e che la scelta compiuta dal legislatore  debba
«essere tale da costituire  piena  garanzia,  per  i  lavoratori,  al
conseguimento delle previdenze alle quali hanno diritto» (sentenza n.
160 del 1974). Ne consegue che la sussistenza della  discrezionalita'
legislativa  invocata  dall'INPS  non  esclude   la   necessita'   di
verificare nel merito le scelte operate dal legislatore con  riguardo
al peculiare trattamento di disoccupazione previsto per i  lavoratori
(a tempo indeterminato) del settore agricolo». 
    16. Ora, anche ad avviso di questo collegio, la specificita'  del
sistema  di  protezione  contro  la  disoccupazione  agricola  e   la
discrezionalita' del legislatore in materia non puo' consentire, alla
luce della Costituzione (artt. 3 e 38), che si arrivi  alla  mancanza
di  una  qualsiasi  tutela  contro   lo   stato   di   disoccupazione
involontaria,  come  accade  per  i  lavoratori  agricoli   a   tempo
indeterminato  licenziati  verso  la  fine  dell'anno.  O  che  possa
ritenersi  compatibile  con  la  Costituzione  una  disciplina  della
disoccupazione  involontaria  come  quella  in  oggetto,  che  appare
congegnata senza tener conto delle condizioni oggettive  del  mercato
del lavoro, del tipo di lavoro prestato e del bisogno in guanto  tale
(mancanza di lavoro). 
    17. La specialita' della disciplina della disoccupazione agricola
puo' sfuggire al controllo di costituzionalita'  se  rimane  coerente
alle caratteristiche occupazionali intermittenti e di tipo stagionale
proprie del settore agricolo; secondo fasi determinate dalle  culture
praticate e dalle condizioni metereologiche. Essa non  appare  invece
razionale ed equa (art. 3 Cost.)  quando  vengono  in  considerazione
contratti come quelli a tempo indeterminato legati  a  condizioni  di
lavoro che non hanno le caratteristiche di' discontinuita'  che  sono
supposte a fondamento della specialita' della stessa disciplina. 
    18. Vengono in rilievo attivita'  lavorative  e  professionalita'
impiegate  in  settori  produttivi  che  non  sono  legati  a   cicli
stagionali, come dimostra lo stesso caso dei lavoratori ricorrenti  i
quali prima di essere licenziati il 31 dicembre 2008  hanno  lavorato
con  contratto   a   tempo   indeterminato   versando   la   relativa
contribuzione assicurativa per 16 anni, per poi essere lasciati senza
alcun ammortizzatore sociale alla fine dei rapporto di lavoro. 
    Si  tratta  di  lavoratori  che  per  la  loro  professionalita',
inerente  appunto  a  settori  non  condizionati  da   discontinuita'
produttiva, potrebbero anche non  trovare  nessun  impiego  nell'anno
successivo, onde sopperire alla carenza del lavoro. E per i quali non
si  spiega  dunque  perche',  davanti  allo  stesso   spettro   della
disoccupazione per l'anno  successivo  (particolarmente  visibile  in
questi anni di crisi economica), siano privati di  qualunque  tutela,
benche' sussista lo stato  di  disoccupazione  involontaria  al  pari
degli altri lavoratori  dipendenti  a  tempo  indeterminato  (art.  3
Cost.). 
    19. Va anche considerato che  l'inquadramento  previdenziale  dei
lavoratori segue la  qualificazione  del  datore  di  lavoro  da  cui
dipendono;  e  che  secondo  l'ampia  nozione  di  impresa   agricola
(desumibile dall'art. 2135 c.c. e dalla l. 240/1984)  e'  considerato
lavoratore agricolo a tempo indeterminato colui che presta la propria
opera presso un imprenditore che esercita una attivita' relativa alla
coltivazione  del  fondo,  silvicoltura,  allevamento  di  animali  e
attivita' connesse o anche in base  (in  base  alla  legge  240/1984)
presso imprese cooperative e loro  consorzi  esercenti  attivita'  di
trasformazione,  manipolazione  e  commercializzazione  dei  prodotti
agricoli e zootecnici. Molte di queste attivita',  dunque,  non  sono
necessariamente contraddistinte da fasi di lavoro  discontinue  e  da
cicli stagionali tali da  garantire  soltanto  condizioni  di  lavoro
discontinuo. 
    20. Nondimeno, secondo l'ordinamento in vigore ratione  temporis,
i dipendenti a tempo indeterminato di tutte tali imprese, per il solo
fatto di  essere  licenziati  31  dicembre  non  percepiscono  alcuna
indennita'  di  disoccupazione,  seconde  il  meccanismo  di  computo
dell'indennita' ancorato alle 270  giornate  indennizzabili,  benche'
dal  punto  di  vista  contributivo  possano  aver  gia'  maturato  i
requisiti per ottenere la  prestazione  di  disoccupazione  comune  e
nonostante che i loro contributi affluiscano all'unica  gestione  per
le prestazioni temporanee. 
    21. Talche' non si giustifica un sistema di indennizzo contro  la
disoccupazione  dei  lavoratori  agricoli   a   tempo   indeterminato
costruito esclusivamente sulla base  del  meccanismo  delle  giornate
indennizzabili (ex art. 32 l. 264/1949), in relazione  alle  giornate
lavorate nell'anno precedente e pertanto inidoneo a dare una adeguata
tutela ai lavoratori che perdono il lavoro verso la  fine  dell'anno;
con lesione del loro diritto alla protezione secondo l'art. 38  della
Costituzione il quale riconosce ai lavoratori il  diritto  sociale  a
che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso di disoccupazione  involontaria.  Non  si  scorge  cioe'
alcuna apprezzabile ragione, ex art. 3 Cost., in base alla  quale  il
trattamento dello stato di disoccupazione di tali lavoratori - simile
a quello dei lavoratori a tempo indeterminato degli altri  settori  -
sia rapportato invece alle modalita'  di  protezione  dei  lavoratori
agricoli  a  tempo  determinato  per  tradursi  praticamente  in  una
mancanza di tutela. 
    22. Sotto diverso profilo, non si giustifica, inoltre, alla  luce
dell'art.3 della Cost., il fatto che i lavoratori  agricoli  a  tempo
indeterminato in questione, non solo siano trattati in modo deteriore
rispetto a tutti gli altri lavoratori a tempo indeterminato,  ma  che
lo siano anche (almeno con riferimento al periodo di tempo che  viene
in rilievo nella causa) rispetto agli stessi operai agricoli a  tempo
determinato da cui  mutuano  ;e  caratteristiche  fondamentali  della
modulazione del sistema di protezione (le  giornate  indennizzabili);
dato  che,  come  si  e'  visto,  i  lavoratori  agricoli   a   tempo
determinato, a parita' di lavoro nell'anno, oltre  il  tetto  di  270
giornate, godono  invece  di  una  tutela  previdenziale  piu'  vasta
rispetto agii stessi lavoratori a tempo indeterminato. Solo  i  primi
hanno infatti una tutela che si e' estesa con l'articolo 1, comma  55
della legge 24  dicembre  2007,  n.  247  fino  ad  assicurare  loro,
immancabilmente, una integrazione nell'anno  successivo  del  reddito
percepito  nell'anno  precedente,  qualsiasi  sia  il  numero   delle
giornate lavorate fino al  31 dicembre (anche  se  avessero  lavorato
tutti i mesi per sei giorni alla settimana e quindi fino  al  massimo
possibile di 312 giornate). 
    23. Ora, se come osservato piu' volte anche  dalla  Corte  Cost.,
l'indennita' di disoccupazione agricola  rappresenta  un'integrazione
del reddito  percepito  nell'anno  precedente,  non  si  intuisce  la
funzione ed il motivo  di  questa  differenza  di  trattamento;  che,
dinanzi alla stessa data di' cessazione  del  rapporto  di  lavoro  a
ridosso della fine dell'anno, porta un lavoratore a tempo determinato
a percepire un'integrazione reddituale; mentre il lavoratore a  tempo
indeterminato a non percepire nessuna integrazione del reddito. 
    24. La Corte costituzionale con la recente sentenza  n.  194  del
2017, in relazione ad una fattispecie in cui si discuteva del computo
del requisito contributivo dei 102 contributi  giornalieri  richiesti
dall'art. 32, 1°  comma  legge  n.  264  del  1949  nel  biennio,  ha
riconosciuto che  l'indennita'  di  disoccupazione  spetti  anche  ai
lavoratori  agricoli  a  tempo  indeterminato  e  che  il   requisito
contributivo richiesto possa essere maturato anche in  uno  solo  dei
due anni che costituiscono il biennio. Non e' esatto  quindi  che  la
Corte Costituzionale  abbia  negato  l'indennita'  di  disoccupazione
agricola ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato  licenziati  il
31 dicembre, come afferma  l'INPS  in  questo  giudizio  (richiamando
quanto sostenuto nel messaggio n. 3180 dell'1.8.2017). Al  contrario,
l'indennita' di disoccupazione spetta perche' la sentenza n. 194/2017
ha correttamente individuato il meccanismo di computo  del  requisito
contributivo ed ha poi aggiunto che «in situazioni analoghe a  quella
oggetto del giudizio a quo -  che  sono  all'origine  del  dubbio  di
legittimita' costituzionale del rimettente - il lavoratore agricolo a
tempo  indeterminato  potra'   infatti   ottenere   l'indennita'   di
disoccupazione agricola per l'anno «per il quale [essa] e' richiesta»
(nel caso del giudizio a quo il 2013), dato che, pur in  mancanza  di
contributi accreditati in tale anno,  avendo  lavorato  per  l'intero
anno  «precedente»  (nel  caso  del  giudizio  a  quo  il  2012),  ha
senz'altro conseguito, in tale solo  anno,  il  necessario  accredito
«complessivo» di almeno 102 contributi giornalieri.». 
    25. La questione che viene qui  in  rilievo  e'  quindi  diversa;
perche'  non  riguarda  il   computo   del   requisito   contributivo
(pacificamente sussistente e non contestato in capo  ai  ricorrenti).
Si  tratta  invece  di  garantire  in  concreto  l'individuazione   e
l'erogazione di un trattamento protettivo per chi  ha  lavorato,  nel
2008, fino alla fine dell'anno  e  comunque  oltre  le  270  giornate
all'anno (limite non valevole per i lavoratori a tempo  determinato).
Ed   allo   scopo   si   chiede   quindi    la    dichiarazione    di
incostituzionalita' delle norme indicate in  relazione  ai  parametri
specificati (artt. 3 e 38 Cost.), laddove  escludono  (l'art.  32  n.
264/1949) che  venga  corrisposto  ai  lavoratori  agricoli  a  tempo
indeterminato, in possesso dei requisiti assicurativi, il trattamento
di disoccupazione ordinario riservato agli altri lavoratori  a  tempo
indeterminato; ed, in subordine, laddove  non  prevedono  (l'art.  32
cit. e l'articolo 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007,  n.  247)
che si applichi ai medesimi lavoratori agricoli lo stesso trattamento
protettivo previsto per i lavoratori agricoli a termine. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte visti l'art. 134 Cost. e la legge 11 marzo 1953  n.  87,
dichiara rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita' dell'art. 32, comma  1  lett.  a)  della  legge  29
aprile 1949 n. 264 e dell'art. 1, comma 55 della  legge  24  dicembre
2007, n. 247, in relazione agli artt. 3 e 38 Cost. nella parte in cui
escludono  la  protezione  contro  lo  stato  di  disoccupazione  dei
lavoratori agricoli a tempo  indeterminato  nei  termini  di  cui  ai
motivi. Dispone la sospensione del giudizio in  corso  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Manda alla cancelleria di notificare la presente  ordinanza  alle
parti del giudizio, al Presidente del Consiglio  dei  Ministri  e  di
darne comunicazione al Presidente del Senato e  al  Presidente  della
Camera. 
        Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del 3  ottobre
2017. 
 
                       Il Presidente: Mammone 
 
 
                                    Il consigliere estensore: Riverso