N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 dicembre 2017
Ordinanza del 19 dicembre 2017 del Tribunale di Imperia nel procedimento penale a carico di N.T. e L.G.L.. Reati e pene - Prescrizione - Reati sessuali nei confronti di minori - Norme della legge n. 251 del 2005, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla legge n. 172 del 2012 e dalla legge n. 103 del 2017. - Legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), artt. 6, commi 1, 2, 4, 5; e 10, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge 1 ottobre 2012, n. 172 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario) e dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario).(GU n.11 del 14-3-2018 )
IL TRIBUNALE DI IMPERIA Il Tribunale composto dai giudici: dott.ssa Donatella Aschero, Presidente; dott. Massimiliano Botti, giudice; dott.ssa Silvia Trevia, GOT, decidendo in ordine al procedimento penale sopra indicato iscritto nei confronti N. T. nato a ... il ...e L. G. L. nata a ... il ... imputati: N. T.: dei reati di cui agli articoli 81 cpv. 609-quater n. 2 codice penale 609-bis e 609-ter n. 5 codice penale perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nella sua qualita' di genitore convivente delle figlie N. F., nata nel 1981 e N. M. nata nel 1987, compiva atti sessuali con le medesime (nella specie: quanto a N. F., l'agente aveva con la figlia rapporti sessuali completi, nel periodo in cui la minore aveva dagli 11 ai 15 anni, mentre negli anni precedenti si faceva masturbare dalla medesima; quanto a N. M. l'agente la toccava nelle parti intime, strusciandosi e facendosi masturbare, fatti accaduti dall'eta' di 14 anni della minore fino all'anno 2013). In Sanremo (IM), dal 1991 fino al 2013. L. G. L.: dei reati di cui agli articoli 81 cpv. 609-quater n. 2 codice penale, 609-bis e 609-ter n. 5 codice penale perche', con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nella sua qualita' di genitore convivente delle figlie N. F., nata nel 1981 e N. M. nata nel 1987, dopo che il rispettivamente marito e padre N.T. aveva compiuto atti sessuali con le medesime (nella specie: quanto a N. F., l'agente aveva con la figlia rapporti sessuali completi, nel periodo in cui la minore aveva dagli 11 ai 15 anni, mentre negli anni precedenti si faceva masturbare dalla medesima: quanto a N. M. l'agente la toccava nelle parti intime, strusciandosi e facendosi masturbare, fatti accaduti dall'eta' di 14 anni della minore fino all'anno 2013) ed essendo a conoscenza delle abituali molestie a contenuto sessuale rivolte dal marito verso le figlie minori, ometteva dolosamente di far interrompere le stesse e di denunziare all'Autorita' giudiziaria gli accadimenti criminosi. In Sanremo (IM), dal 1991 fino al 2013. Considerato che si e' proceduto con giudizio ordinario e che, dopo ampia istruttoria, alle udienze del 19 dicembre 2017 il Tribunale - dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale - ha invitato le parti ad illustrare le rispettive conclusioni; che il pubblico ministero ha cosi' concluso: posizione L. G. L. - capo b): assoluzione per le condotte contestate ex art. 40 cpv e riferibili alla parte offesa N. F. perche' il fatto non sussiste; declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione per le condotte contestate ex art. 40 cpv cp e riferibili alla parte offesa N. M., limitatamente al periodo temporale tra il 2001 e la data della richiesta di rinvio a giudizio; accertamento di responsabilita' penale per le condotte contestate ex art. 40 cpv, 609-bis cp e riferibili alla parte offesa N. M. dalla data della richiesta di rinvio a giudizio e la data antecedente e prossima al novembre 2013, conseguentemente condanna della medesima alla seguente pena: PB (qualificata la condotta come rientrante negli articoli 40 cpv cp c 09-bis): anni 6 di reclusione; diminuzione per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: anni 4 reclusione; aumento per la continuazione (con riferimento alle plurime omissioni riferibili alla posizione della parte offesa N. M.): pena complessiva e finale di anni 5 mesi 4 di reclusione; pene accessorie di cui all'art. 609-nonies cp. interdizione perpetua dai pp uu e interdizione legale. posizione N. T. - capo a): declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione per le condotte riferibili alla parte offesa N. F. (periodo di riferimento: anni 1992-1996); declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione per le condotte contestate ex art. 609-bis cp e riferibili alla parte offesa N. M., limitatamente al periodo temporale tra il 2001 e la data della richiesta di rinvio a giudizio; accertamento di responsabilita' penale per le condotte riferibili alla parte offesa N. M. inquadrabili dell'art. 609-bis cp dalla data della richiesta di rinvio a giudizio e la data antecedente e prossima al novembre 2013, conseguentemente condanna del medesimo alla seguente pena: PB: anni 8 di reclusione (quantificata la condotta come rientrante nell'ipotesi dell'art. 609-bis); aumento per la continuazione (con riferimento alle plurime condotte illecite riferibili alla posizione della parte offesa N. M.): pena complessiva e finale anni 10 reclusione; pene accessorie di cui all'art. 609-nonies cp, interdizione perpetua dai pp uu e interdizione legale; trasmissione degli atti al PM per procedere nei confronti di L. G. A. per il delitto di falsa testimonianza, che il difensore della parte civile ha chiesto: «Voglia l'Ecc.mo Tribunale di Imperia, in composizione collegiale, affermata la penale responsabilita' degli imputati N. T. e L. G. L., in relazione ai fatti-reato loro rispettivamente ascritti ai capi A) e B) della rubrica, in danno di N. M., voglia condannare i predetti alle pene di legge, nonche' in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali subiti e subendi dalla parte civile stessa, da determinarsi, secondo equita', sulla base delle risultanze processuali, nella somma di euro 70.000 o, in quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, con declaratoria di provvisoria esecutivita' stante la ricorrenza di giustificati motivi. In caso di ritenuta carenza di sufficienti elementi per tale liquidazione, pronunciarsi condanna generica con consequenziale rimessione delle parti nanti il competente giudice civile per la relativa liquidazione, previa condanna degli imputati, ex articoli 539 e 540 codice di procedura penale, in solido tra loro, al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva a favore della parte civile, pari ad € 20.000,00 o per l'importo meglio visto e ritenuto di giustizia, nei limiti del risarcimento per cui sia ritenuta gia' raggiunta la prova. Con la condanna altresi' dei suddetti imputati, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di costituzione e difesa, come da separata nota che si deposita». I difensori degli imputati hanno chiesto: avv. Pezzetta per N.: chiede in via principale l'assoluzione ex art. 530 comma I codice di procedura penale di N. T. per il reato a lui ascritto nei confronti di F. N. perche' il fatto non sussiste; in subordine, assoluzione ex art. 530 cpv. codice di procedura penale perche' il fatto non sussiste; in estremo subordine NDP per prescrizione per N. F. Assoluzione ex art. 530 comma I codice di procedura penale di N. T. per il reato a lui ascritto nei confronti di N. M. per non aver commesso il fatto; in subordine assoluzione ex art. 530 cpv. codice di procedura penale perche' manca la prova della colpevolezza dell'imputato; in subordine, applicare all'imputato la diminunente e di cui al terzo comma dell'art. 609-bis codice penale e delle attenuanti generiche; in estremo subordine minimo pena e applicazione delle circostanze generiche. In ogni caso NDP per tutte le condotte coperte da prescrizione. avv. Urso per L. G.: per il reato sub a): con riferimento alla figlia F. in via principale chiede l'assoluzione perche' il fatto non sussiste o con la formula meglio vista in subordine NDP per prescrizione, con riferimento alla figlia minore M. chiede l'assoluzione perche' il fatto non sussiste con la formula meglio vista in subordine minimo della pena riconoscimento attenuante 609-bis uc cp attenuanti generiche, Osserva Gli imputati sono chiamati a rispondere di una serie di condotte di violenza sessuale che si assumono consumate in danno delle due figlie, la prima figlia almeno dagli anni '90 quando la stessa era minore di eta' e fino alla estate 1996, e la seconda figlia in un periodo compreso fra la minore e la maggiore eta' (e' divenuta maggiorenne il 28 settembre 2005) fino al novembre 2013. Tali condotte sono inquadrabili quoad poenam nella fattispecie incriminatrice di cui all'art. 519, comma 2, n. 1 e 2 del codice penale fino alla data dell'entrata in vigore della legge 15 febbraio 1996, n. 66 e successivamente in quella di cui agli articoli 609-quater e 609-bis del codice penale. Durante l'istruttoria dibattimentale F. ha riferito di aver deciso di presentare querela solo il 21 dicembre 2013, dopo aver appreso che anche la sorella minore aveva subito molestie sessuali e in particolare che il suo silenzio non era servito a preservare la sorella dagli abusi, come invece aveva sperato in quanto cosi' promessogli dai genitori per impedirle di denunciare. Ora, dall'anno 1995 ad oggi la disciplina della prescrizione, con riferimento ai delitti di violenza sessuale, e' stata novellata tre volte: 1) dapprima dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (con la previsione di un termine corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge - da determinarsi tenendo conto delle sole circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisca una pena di specie diversa da quella ordinaria e di quelle ad effetto speciale - e, in caso di interruzione, l'aumento dello stesso in misura non eccedente un quarto del termine ordinario, la meta' nei casi di cui all'art. 99, comma 2 del codice penale e due terzi nel caso di cui all'art. 99, quarto comma del codice penale e fissando la decorrenza del termine prescrizionale, anche per il reato continuato, dalla data di consumazione dei singoli reati anziche' dal giorno in cui era cessata la continuazione); 2) dall'art. 4, comma 1, lettera a) della legge 1° ottobre 2012, n. 172, di ratifica della Convenzione di Lanzarote cui l'Italia ha aderito come Stato membro del Consiglio d'Europa (con l'introduzione al comma 6 dell'art. 157 del codice penale della previsione del raddoppio dei termini di prescrizione di cui ai commi precedenti per un serie di gravi delitti fra cui quelli di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e octies del codice penale salvi i casi di minore gravita' integranti le circostanze attenuanti di cui al terzo comma di cui all'art. 609-bis del codice penale e al quarto comma dell'art. 609-quater del codice penale); 3) da ultimo con la legge 23 giugno 2017, n. 103 che per i reati previsti dall'art. 392 comma 1-bis codice di procedura penale se commessi nei confronti di minore, fa decorrere il termine della prescrizione dal compimento del diciottesimo anno di eta' della persona offesa salvo che l'azione penale sia stata esercitata precedentemente. Pertanto, in relazione ai reati contestati, prima dell'entrata in vigore della c.d. legge Cirielli n. 251/2005 la prescrizione era di anni quindici ed in caso di interruzione anni 22 e mesi sei, e il termine decorreva dall'ultimo degli atti contestati in continuazione, viceversa dopo l'entrata in vigore della legge n. 251 cit. il termine prescrizionale di detti reati e' divenuto di anni dieci aumentato a anni dodici e mesi sei in caso di interruzione, e il termine di prescrizione decorre dalla consumazione dei singoli reati (art. 6 comma 2 legge n. 251/2005). E, considerando la prescrizione come istituto di diritto sostanziale, come definita in modo costante dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimita' (si vedano tra le altre le sentenze della Corte costituzionale n. 393/2006, n. 324 del 2008 e n. 236 del 2011; da ultimo sentenza Cass Sez. 6, n. 31877 del 16 maggio 2017), deve essere applicata, in caso di successione di leggi penali nel tempo, la normativa piu' favorevole all'imputato ai sensi dell'art. 2, comma 4 del codice penale, ossia pacificamente l'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251. In sostanza il reato contestato ai danni di N. F., protrattosi fino all'estate 1996 quando la ragazzina aveva quindici anni, era gia' prescritto nel momento in cui la p.o. ha presentato querela (21 dicembre 2013) e del pari in oggi risultano prescritti anche gli episodi ai danni di N. M. commessi prima del 19 giugno 2005. Di qui la richiesta del pubblico ministero di dichiarare il reato commesso ai danni di N. F. estinto per prescrizione e cosi' parte dei fatti ai danni di N. M. In sostanza, sarebbe preclusa al Tribunale, con riferimento ai predetti fatti, la possibilita' di una piena pronuncia nel merito (potendo prevalere sulla declaratoria di una causa di estinzione dei reati soltanto un eventuale esito assolutorio ai sensi del comma 1 o del comma 2 dell'art. 530 del codice di procedura penale). Questo Tribunale ritiene peraltro la legge n. 251/2005 (sia in relazione all'art. 6 che alla disciplina transitoria) costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi. Anteriormente alla legge n. 251/2005 il Consiglio dell'Unione europea in data 22 dicembre 2003 aveva adottato la «Decisione quadro 2004/68/GAI relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile» (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. L 013 del 20 gennaio 2004), il cui consideranda n. 10 recita «Le caratteristiche specifiche della lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini debbono indurre gli Stati membri a stabilire, nel loro diritto nazionale, sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive» mentre l'art. 8, punto 6, recita: «Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinche' sia reso possibile il perseguimento, conformemente al diritto nazionale, almeno dei piu' gravi dei reati di cui all'art. 2 dopo che la vittima abbia raggiunto la maggiore eta'» mentre tra le condotte penalmente illecite l'art. 2 individua quella di colui che «lettera c) partecipa ad attivita' sessuali con un bambino, laddove: i) faccia uso di coercizione, forza o minaccia: dia in pagamento denaro, o ricorra ad altre forme di remunerazione o compenso in cambio del coinvolgimento del bambino in attivita' sessuali: oppure iii) abusi di una posizione riconosciuta di fiducia, autorita' o influenza nel bambino». La Corte di giustizia dell'Unione ha chiarito gli effetti di tale decisione quadro, affermando l'obbligo di interpretazione conforme del diritto interno alla lettera ed allo scopo della decisione quadro, e ne ha riconosciuto il carattere vincolante quanto al risultato da raggiungere (punto 33 sentenza 16 giugno 2005, C-105/03. Pupino). La Corte costituzionale dalle c.d. sentenze gemelle n. 348 e 349 del 2007 ed in particolare poi dalla sentenza n. 227/2010 e' consolidata nel ritenere fondata una eccezione di illegittimita' costituzionale di una norma interna per contrasto con una decisione quadro o una direttiva della UE. Inoltre, con riferimento alla normativa extranazionale emanata dopo l'entrata in vigore della legge n. 251/2005, l'Italia ha stipulato la Convenzione del Consiglio di Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali del 25 ottobre 2007 (Trattato di Lanzarote) che all'art. 27, comma 1, prevede che «ciascuna delle Parti adotta le misure legislative o di altra natura necessarie per garantire che i reati fissati conformemente alla presente Convenzione siano puniti con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive che tengano conto della loro gravita'» ed ancor piu' all'art. 33 prevede che «ciascuna delle parti adotta le misure legislative necessarie affinche' il termine di prescrizione si protragga per un periodo di tempo sufficiente a consentire l'avvio effettivo delle azioni penali dopo che la vittima abbia raggiunto la maggiore eta' e che sia proporzionato alla gravita' del reato in questione». L'Italia ha dato attuazione alla detta convenzione del Consiglio di Europa con la legge 1° ottobre 2012, n. 172 (recante autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione della predetta Convenzione), che, come sopra rilevato, ha previsto il raddoppio del termine di prescrizione per alcune fattispecie incriminatrici comprese quelle di cui all'art. 609-bis del codice penale e, di recente, con la legge n. 103/2017 sopra citata ha previsto la decorrenza della prescrizione dal compimento della maggiore eta'. Come bene evidenziato in altra ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale per analoghi reati, «l'attuale assetto interpretativo dell'istituto della prescrizione imporrebbe l'applicazione ai fatti di reato contestati all'imputato della disciplina della prescrizione a questi piu' favorevole introdotta dall'art. 6 della legge n. 251/2005, legge che tuttavia appare in contrasto per cio' che riguarda i reati sessuali commessi in danno di minori con la decisione quadro del 2004 (confermata e rafforzata dal trattato di Lanzarote e dalla direttiva UE n. 2011/92); ed infatti, la riduzione del termine di prescrizione massima a 12 anni e sei mesi (prevista dalla citata legge n. 251/2005) (giusto il disposto dell'art. 158 del codice penale), fa si' che molti delitti in danno di minori (ad es. quelli in danno di persone offese di eta' inferiore ai 5 anni e 6 mesi) si prescrivano prima del raggiungimento della maggiore eta' delle vittime, mentre per molti altri delitti (ad es. quelli in danno di persone offese di eta' inferiore ai 14 anni) il tempo necessario alla celebrazione del processo penale disponibile dopo il raggiungimento della maggiore eta' risulta oggettivamente esiguo e via via decrescente sino ad annullarsi del tutto; di fatto, dunque la normativa introdotta dalla legge n. 251/2005 si porrebbe in contrasto con le disposizioni della citata decisione quadro in quanto non consente di raggiungere l'obiettivo indicato dalla norma comunitaria (vale a dire rendere possibile il perseguimento dei reati sessuali in danno di minori dopo che la vittima abbia raggiunto la maggiore eta'); obiettivo che invece - stanti i piu' ampi termini di prescrizione previsti superiori ai 20 anni - e soprattutto nel caso di decorrenza dalla cessazione della continuazione (n.d.r.) «e' conseguibile sia applicando la disciplina della prescrizione antecedente alla legge n. 251/2005 sia quella introdotta dalla legge n. 172/2012», (v. ordinanza n. 220 del 21 giugno 2016 Trib.Roma). In sostanza la disciplina in materia di prescrizione introdotta dalla legge n. 251/2005 in tema di reati sessuali in danno di minori verrebbe a violare i vincoli alla potesta' normativa del legislatore italiano derivanti dalla decisione quadro 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003. Pertanto e' da ritenere che l'art. 6, commi 1, 2, 4, 5 e l'art. 10 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, nel testo antecedente alle modifiche introdotte dalla legge n. 172/2012 (la quale ha inserito il comma 6 dell'art. 157 del codice penale raddoppiando i termini di prescrizione) e della legge n. 103/2017 (che ha previsto la decorrenza della prescrizione dal compimento del diciottesimo anno di eta'), siano in contrasto con l'art. 11 e con l'art. 117, comma 1 della Costituzione nella parte in cui non escludono dalla sua disciplina i reati sessuali nei confronti di minori, in particolare se commessi prima della sua entrata in vigore. Una simile esclusione non avrebbe violato alcun principio costituzionale o convenzionale in materia di prevedibilita' o di retroattivita', come riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale pronunciandosi circa la legittimita' dell'art. 10 della legge n. 251/05 (v. sentenza 393/2006). E', infatti, principio consolidato a livello costituzionale e convenzionale che il principio di retroattivita' della lex mitior, come in generale le norme in materia di retroattivita' contenute nell'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU) norma interposta applicabile per effetto del richiamo dell'art. 117 Cost. nel nostro ordinamento, concerne le sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li reprimono (decisione 27 aprile 2010 Morabito contro Italia e 27 aprile 2009 Scoppola contro Italia). Ma soprattutto la Corte costituzionale, proprio pronunciandosi circa la legittimita' dell'art. 10 della legge n. 251/05 qui contestata (sentenza n. 393/2006), pur riconoscendo che la locuzione «disposizioni piu' favorevoli al reo» di cui all'art. 2 comma 4 codice penale, debba essere interpretata nel senso di includere tutte quelle norme che apportino modifiche in melius alla disciplina di una fattispecie criminosa, ivi comprese quelle che incidono sulla prescrizione del reato, ha poi ammesso la possibilita' di deroghe da parte della legge ordinaria pur a determinate condizioni. Ha infatti precisato: «poste queste premesse deve essere ribadita la giurisprudenza di questa Corte costante nell'affermare che il regime giuridico riservato alla lex mitior, e segnatamente la sua retroattivita', non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25 secondo comma della Costituzione, in quanto la garanzia costituzionale, prevista dalla citata disposizione. concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonche' di quella altrimenti piu' sfavorevole per il reo. Da cio' discende che eventuali deroghe al principio della retroattivita' della lex mitior, ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, possono essere disposte dalla legge ordinaria quando ricorra una sufficiente ragione giustificativa». In sostanza la Corte costituzionale, dopo aver ricordato che il principio della applicabilita' della lex mitior non e' soltanto un principio affermato dall'art. 2 del codice penale, ma e' sancito sia a livello internazionale sia a livello comunitario (principio ribadito anche da successive sentenze della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali - v. Corte eur. dir. uomo, sentenza 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c. Spagna, ric. n. 42750/09 e Corte di giustizia 3/5/2005 in cause riunione C387/02, c391/02 e c403/02, Berlusconi) conferma che tale regola e' derogabile in presenza di esigenze tali da prevalere su un principio il cui rilievo si fonda soltanto su una norma, sia pure generale e di principio, del codice penale. E precisa «Il livello di rilevanza dell'interesse preservato dal principio di retroattivita' della legge piu' mite - quale emerge dal grado di protezione accordatogli dal diritto interno oltre che dal diritto internazionale convenzionale - impone di ritenere che il valore da esso tutelato puo' essere sacrificato da una legge ordinaria solo in favore di interessi di analogo rilievo (quali - a titolo esemplificativo - quelli della efficienza del processo, della salvaguardia dei diritti dei soggetti che, in vario modo, sono destinatari della funzione giurisdizionale, e quelli che coinvolgono interessi e esigenze dell'intera collettivita' nazionale connessi a valori costituzionali di primario rilievo: cfr sentenza numero 24 del 2004. Con la conseguenza che lo scrutinio di costituzionalita' e dell'art. 3 Cost., sulla scelta di derogare alla retroattivita' di una norma penale piu' favorevole al reo deve superare un vaglio positivo di ragionevolezza, non essendo a tal fine sufficiente che la norma derogatoria non sia manifestamente irragionevole»). Orbene l'art. 6 (anche in relazione all'art. 10) legge n. 251/05, laddove non esclude i reati sessuali contro i minori, pare del tutto irragionevole e viola chiaramente principi di tutela a favore di soggetti particolarmente vulnerabili, quali sono i minori di eta', vittime di reati sessuali come sanciti dalla decisione quadro GAI come sopra citata (v. Corte Cost. sentenza n. 179/2017). Di detta irragionevolezza pare aver preso atto lo stesso legislatore con la novella legislativa n. 172 del 2012 e legge n. 103/2017. Ora, pur non essendo quindi possibile fare diretta applicazione della decisione quadro 2004/68 (disapplicando la norma censurata) in quanto tale decisione non ha carattere «autoapplicativo», non derivando dalla stessa un diritto riconosciuto al cittadino azionabile nei confronti dello Stato inadempiente, cio' non puo' impedire il controllo di conformita' al diritto della UE, che spetta alla Corte costituzionale davanti alla quale il giudice puo' sollevare questione di legittimita' costituzionale, per asserita violazione dell'art. 11 ed oggi anche dell'art. 117, primo comma Cost. (si legga al proposito sentenza C. Cost. 227/2010 nonche', proprio in punto applicabilita' della disciplina piu' favorevole, sentenza Corte costituzionale n. 28/2010 che statuisce «Questa Corte ha gia' chiarito che la retroattivita' della legge piu' favorevole non esclude l'assoggettamento di tutte le norme giuridiche di rango primario allo scrutinio di legittimita' costituzionale: «Altro [...] e' la garanzia che i principi del diritto penale-costituzionale possono offrire agli imputati, circoscrivendo l'efficacia spettante alle dichiarazioni d'illegittimita' delle norme penali di favore; altro e' il sindacato cui le norme stesse devono pur sempre sottostare, a pena di istituire zone franche del tutto impreviste dalla Costituzione, all'interno delle quali la legislazione ordinaria diverrebbe incontrollabile» (sentenza n. 148 del 1983 e sul punto, sostanzialmente nello stesso senso, sentenza n. 394 del 2006). Nel caso di specie, se si stabilisse che il possibile effetto in malam partem della sentenza di questa Corte inibisce la verifica di conformita' delle norme legislative interne rispetto alle norme comunitarie - che sono cogenti e sovraordinate alle leggi ordinarie nell'ordinamento italiano per il tramite degli articoli 11 e 117, primo comma, Cost. - non si arriverebbe soltanto alla conclusione del carattere non autoapplicativo delle direttive comunitarie sui rifiuti, ma si toglierebbe a queste ultime ogni efficacia vincolante per il legislatore italiano, come effetto del semplice susseguirsi di norme interne diverse, che diverrebbero insindacabili a seguito della previsione, da parte del medesimo legislatore italiano, di sanzioni penali»). E non essendo possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 6 della legge n. 251/2005 e apparendo evidente la rilevanza della dedotta questione di legittimita' costituzionale ai fini della decisione da assumere in ordine ai fatti di reato contestati agli imputati in quanto l'eventuale accoglimento della questione comporterebbe il venir meno, nella fattispecie in esame, della disciplina della legge n. 251/2005 e la conseguente applicazione della disciplina previgente e coeva ai fatti per cui si procede (si noti infatti come tutta la condotta posta in essere ai danni di N. F. sia stata posta in essere sotto la vigenza della normativa ante legge n. 251/05), disciplina che sia per i diversi termini di prescrizione, sia per la decorrenza della prescrizione (nel caso di specie, qualora la decorrenza fosse quella dell'anno 1996, ne deriverebbe una pronuncia di non doversi procedere per estinzione del reato, pronuncia che invece, alla stregua della disciplina originaria dell'art. 157 codice penale, gli imputati non potrebbero invocare in quanto la cessazione della continuazione risulterebbe al novembre 2013), consentirebbe di non ritenere prescritti i fatti reato contestati ai danni di N. F. e anche alcuni di quelli contestati ai danni di N. M. e di emettere una piena pronuncia di merito (anche in relazione alle domande risarcitorie avanzate dalla parte civile, altrimenti prescritte ai sensi dell'art. 2947 c.c.), il procedimento penale deve esser sospeso ad ogni effetto di legge e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale.
P.Q.M. Visti gli articoli 1 della legge n. 1/1948 e 23 della legge n. 87/1953, dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio la questione di legittimita' costituzionale: a) dell'art. 6, commi 1-2-4-5 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, nel testo antecedente alle modifiche introdotte dalla legge n. 172/2012 e dalla legge n. 103/2017, per contrasto con gli articoli 11 e 117, comma 1 della Costituzione nella parte in cui l'art. 6 non esclude dalla sua disciplina i reati sessuali nei confronti di minori; b) dell'art. 10 legge n. 251 cit. nel testo antecedente alle modifiche introdotte dalla legge n. 172/2012 e dalla legge n. 103/2017 per contrasto con gli articoli 11 e 117, comma 1 della Costituzione nella parte in cui l'art. 10 non include nella disciplina transitoria i reati sessuali ai danni di minori commessi prima dell'entrata in vigore della legge stessa. Sospende il presente giudizio ad ogni effetto di legge (compresa la sospensione ai sensi dell'art. 159 del codice penale del corso della prescrizione) ed ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che copia della presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera. Imperia, 19 dicembre 2017 Il Presidente: Aschero