N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 dicembre 2017

Ordinanza  del 19  dicembre  2017  del   Tribunale   di Imperia   nel
procedimento penale a carico di N.T. e L.G.L.. 
 
Reati e pene - Prescrizione - Reati sessuali nei confronti di  minori
  - Norme della legge n. 251  del  2005,  nel  testo  anteriore  alle
  modifiche introdotte dalla legge n. 172 del 2012 e dalla  legge  n.
  103 del 2017. 
- Legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla L.
  26 luglio 1975, n. 354, in  materia  di  attenuanti  generiche,  di
  recidiva, di giudizio di comparazione delle  circostanze  di  reato
  per i recidivi, di usura e di prescrizione), artt. 6, commi  1,  2,
  4, 5; e 10, nel testo  anteriore  alle  modifiche  apportate  dalla
  legge 1 ottobre 2012, n. 172 (Modifiche al codice penale, al codice
  di procedura penale e all'ordinamento penitenziario) e dalla  legge
  23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale,  al  codice  di
  procedura penale e all'ordinamento penitenziario). 
(GU n.11 del 14-3-2018 )
 
                       IL TRIBUNALE DI IMPERIA 
 
    Il Tribunale composto dai giudici: 
        dott.ssa Donatella Aschero, Presidente; 
        dott. Massimiliano Botti, giudice; 
        dott.ssa Silvia Trevia, GOT, 
    decidendo  in  ordine  al  procedimento  penale  sopra   indicato
iscritto nei confronti N. T. nato a ... il ...e L. G. L. nata  a  ...
il ... imputati: 
    N. T.: dei reati di cui agli articoli 81  cpv.  609-quater  n.  2
codice penale 609-bis e 609-ter n. 5 codice penale perche', con  piu'
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nella  sua  qualita'
di genitore convivente delle figlie N. F., nata nel 1981 e N. M. nata
nel 1987, compiva atti sessuali con le medesime (nella specie: quanto
a N. F., l'agente aveva con la figlia rapporti sessuali completi, nel
periodo in cui la minore aveva dagli 11 ai 15 anni, mentre negli anni
precedenti si faceva  masturbare  dalla  medesima;  quanto  a  N.  M.
l'agente la toccava nelle parti  intime,  strusciandosi  e  facendosi
masturbare, fatti accaduti dall'eta' di 14  anni  della  minore  fino
all'anno 2013). In Sanremo (IM), dal 1991 fino al 2013. 
    L. G. L.: dei reati di cui agli articoli 81 cpv. 609-quater n.  2
codice penale, 609-bis e 609-ter n. 5 codice penale perche', con piu'
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nella  sua  qualita'
di genitore convivente delle figlie N. F., nata nel 1981 e N. M. nata
nel 1987, dopo che il  rispettivamente  marito  e  padre  N.T.  aveva
compiuto atti sessuali con le medesime (nella specie: quanto a N. F.,
l'agente aveva con la figlia rapporti sessuali completi, nel  periodo
in cui la minore aveva  dagli  11  ai  15  anni,  mentre  negli  anni
precedenti si faceva  masturbare  dalla  medesima:  quanto  a  N.  M.
l'agente la toccava nelle parti  intime,  strusciandosi  e  facendosi
masturbare, fatti accaduti dall'eta' di 14  anni  della  minore  fino
all'anno 2013) ed essendo a  conoscenza  delle  abituali  molestie  a
contenuto  sessuale  rivolte  dal  marito  verso  le  figlie  minori,
ometteva dolosamente di far interrompere le stesse  e  di  denunziare
all'Autorita' giudiziaria gli accadimenti criminosi. In Sanremo (IM),
dal 1991 fino al 2013. 
    Considerato che si e' proceduto con  giudizio  ordinario  e  che,
dopo  ampia  istruttoria,  alle  udienze  del  19  dicembre  2017  il
Tribunale -  dichiarata  chiusa  l'istruttoria  dibattimentale  -  ha
invitato le parti ad illustrare le rispettive conclusioni; 
    che il pubblico ministero ha cosi' concluso: 
posizione L. G. L. - capo b): 
        assoluzione per le condotte  contestate  ex  art.  40  cpv  e
riferibili alla parte offesa N. F. perche' il fatto non sussiste; 
        declaratoria  di  estinzione  del   reato   per   intervenuta
prescrizione  per  le  condotte  contestate  ex  art.  40  cpv cp   e
riferibili  alla  parte  offesa  N.  M.,  limitatamente  al   periodo
temporale tra il 2001 e la data della richiesta di rinvio a giudizio; 
        accertamento  di  responsabilita'  penale  per  le   condotte
contestate ex art. 40 cpv, 609-bis cp e riferibili alla parte  offesa
N. M. dalla data della richiesta di  rinvio  a  giudizio  e  la  data
antecedente e prossima al novembre 2013, 
    conseguentemente condanna della medesima alla seguente pena: 
        PB (qualificata la condotta come rientrante negli articoli 40
cpv cp c 09-bis): anni 6 di reclusione; 
        diminuzione   per   il   riconoscimento   delle   circostanze
attenuanti generiche: anni 4 reclusione; 
        aumento per la continuazione (con  riferimento  alle  plurime
omissioni riferibili alla posizione della parte offesa N.  M.):  pena
complessiva e finale di anni 5 mesi 4 di reclusione; 
        pene accessorie di cui all'art. 609-nonies  cp.  interdizione
perpetua dai pp uu e interdizione legale. 
posizione N. T. - capo a): 
        declaratoria  di  estinzione  del   reato   per   intervenuta
prescrizione per le condotte  riferibili  alla  parte  offesa  N.  F.
(periodo di riferimento: anni 1992-1996); 
        declaratoria  di  estinzione  del   reato   per   intervenuta
prescrizione  per  le  condotte  contestate  ex  art.  609-bis  cp  e
riferibili  alla  parte  offesa  N.  M.,  limitatamente  al   periodo
temporale tra il 2001 e la data della richiesta di rinvio a giudizio; 
        accertamento  di  responsabilita'  penale  per  le   condotte
riferibili alla parte offesa N. M. inquadrabili dell'art. 609-bis  cp
dalla data della richiesta di rinvio a giudizio e la data antecedente
e prossima al novembre 2013, 
    conseguentemente condanna del medesimo alla seguente pena: 
        PB: anni 8  di  reclusione  (quantificata  la  condotta  come
rientrante nell'ipotesi dell'art. 609-bis); 
        aumento per la continuazione (con  riferimento  alle  plurime
condotte illecite riferibili alla posizione  della  parte  offesa  N.
M.): pena complessiva e finale anni 10 reclusione; 
        pene accessorie di cui all'art. 609-nonies  cp,  interdizione
perpetua dai pp uu e interdizione legale; 
        trasmissione degli atti al PM per procedere nei confronti  di
L. G. A. per il delitto di falsa testimonianza, 
    che il difensore della parte civile ha chiesto: 
        «Voglia  l'Ecc.mo  Tribunale  di  Imperia,  in   composizione
collegiale, affermata la penale responsabilita' degli imputati N.  T.
e L. G. L., in relazione ai fatti-reato loro rispettivamente ascritti
ai capi A) e B) della rubrica, in danno di N. M., voglia condannare i
predetti  alle  pene  di  legge,  nonche'  in  solido  tra  loro,  al
risarcimento di tutti i danni non patrimoniali subiti e subendi dalla
parte civile stessa, da determinarsi,  secondo  equita',  sulla  base
delle risultanze processuali, nella somma di euro 70.000 o, in quella
maggiore  o  minore  ritenuta  di  giustizia,  con  declaratoria   di
provvisoria esecutivita' stante la ricorrenza di giustificati motivi. 
    In caso di ritenuta carenza  di  sufficienti  elementi  per  tale
liquidazione,  pronunciarsi  condanna  generica  con   consequenziale
rimessione delle parti nanti il  competente  giudice  civile  per  la
relativa liquidazione, previa condanna degli  imputati,  ex  articoli
539 e 540  codice  di  procedura  penale,  in  solido  tra  loro,  al
pagamento di una  provvisionale  immediatamente  esecutiva  a  favore
della parte civile, pari ad € 20.000,00 o per l'importo meglio  visto
e ritenuto di giustizia, nei limiti  del  risarcimento  per  cui  sia
ritenuta gia' raggiunta la prova. 
    Con la condanna altresi' dei suddetti  imputati,  in  solido  tra
loro, alla rifusione delle spese di costituzione e  difesa,  come  da
separata nota che si deposita». 
    I difensori degli imputati hanno chiesto: 
    avv. Pezzetta per N.: 
        chiede in via principale l'assoluzione ex art.  530  comma  I
codice di procedura penale di N. T. per il reato a lui  ascritto  nei
confronti di F. N. perche'  il  fatto  non  sussiste;  in  subordine,
assoluzione ex art. 530 cpv. codice di procedura  penale  perche'  il
fatto non sussiste; in estremo subordine NDP per prescrizione per  N.
F. 
        Assoluzione ex art. 530 comma I codice di procedura penale di
N. T. per il reato a lui ascritto nei confronti di N. M. per non aver
commesso il fatto; in subordine assoluzione ex art. 530  cpv.  codice
di  procedura  penale  perche'  manca  la  prova  della  colpevolezza
dell'imputato; in subordine, applicare all'imputato la diminunente  e
di cui al  terzo  comma  dell'art.  609-bis  codice  penale  e  delle
attenuanti generiche; in estremo subordine minimo pena e applicazione
delle circostanze generiche. In ogni caso NDP per tutte  le  condotte
coperte da prescrizione. 
    avv. Urso per L. G.: 
        per il reato sub a): con riferimento alla figlia  F.  in  via
principale chiede l'assoluzione perche' il fatto non sussiste  o  con
la formula meglio vista in subordine NDP per prescrizione, 
        con riferimento alla figlia minore  M.  chiede  l'assoluzione
perche' il  fatto  non  sussiste  con  la  formula  meglio  vista  in
subordine minimo della pena riconoscimento attenuante 609-bis  uc  cp
attenuanti generiche, 
 
                               Osserva 
 
    Gli imputati sono chiamati a rispondere di una serie di  condotte
di violenza sessuale che si assumono consumate  in  danno  delle  due
figlie, la prima figlia almeno dagli anni '90 quando  la  stessa  era
minore di eta' e fino alla estate 1996, e la  seconda  figlia  in  un
periodo compreso fra la  minore  e  la  maggiore  eta'  (e'  divenuta
maggiorenne il 28 settembre 2005) fino al novembre 2013. 
    Tali condotte sono inquadrabili quoad  poenam  nella  fattispecie
incriminatrice di cui all'art. 519, comma 2, n.  1  e  2  del  codice
penale fino alla data dell'entrata in vigore della legge 15  febbraio
1996, n.  66  e  successivamente  in  quella  di  cui  agli  articoli
609-quater e 609-bis del codice penale. 
    Durante l'istruttoria  dibattimentale  F.  ha  riferito  di  aver
deciso di presentare querela solo il  21  dicembre  2013,  dopo  aver
appreso che anche la sorella minore aveva subito molestie sessuali  e
in particolare che il suo silenzio non era servito  a  preservare  la
sorella dagli abusi,  come  invece  aveva  sperato  in  quanto  cosi'
promessogli dai genitori per impedirle di denunciare. 
    Ora, dall'anno 1995 ad oggi la disciplina della prescrizione, con
riferimento ai delitti di violenza sessuale, e' stata  novellata  tre
volte: 1) dapprima dall'art. 6 della legge 5 dicembre  2005,  n.  251
(con la previsione di un termine corrispondente al massimo della pena
edittale stabilita dalla legge - da determinarsi tenendo conto  delle
sole circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisca una pena
di specie diversa da quella ordinaria e di quelle ad effetto speciale
- e, in caso di interruzione, l'aumento dello stesso  in  misura  non
eccedente un quarto del termine ordinario, la meta' nei casi  di  cui
all'art. 99, comma 2 del codice penale e due terzi nel  caso  di  cui
all'art. 99, quarto comma del codice penale e fissando la  decorrenza
del termine prescrizionale, anche per il reato continuato, dalla data
di consumazione dei singoli reati anziche'  dal  giorno  in  cui  era
cessata la continuazione); 2) dall'art. 4, comma 1, lettera a)  della
legge 1° ottobre 2012, n.  172,  di  ratifica  della  Convenzione  di
Lanzarote cui l'Italia ha aderito come  Stato  membro  del  Consiglio
d'Europa (con l'introduzione al comma  6  dell'art.  157  del  codice
penale della previsione del raddoppio dei termini di prescrizione  di
cui ai commi precedenti per un serie di gravi delitti fra cui  quelli
di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e octies  del
codice  penale  salvi  i  casi  di  minore  gravita'  integranti   le
circostanze attenuanti di cui al terzo comma di cui all'art.  609-bis
del codice penale e al quarto comma dell'art. 609-quater  del  codice
penale); 3) da ultimo con la legge 23 giugno 2017, n. 103 che  per  i
reati previsti dall'art. 392 comma 1-bis codice di  procedura  penale
se commessi nei confronti di minore, fa decorrere  il  termine  della
prescrizione dal compimento  del  diciottesimo  anno  di  eta'  della
persona  offesa  salvo  che  l'azione  penale  sia  stata  esercitata
precedentemente. 
    Pertanto, in relazione ai reati contestati, prima dell'entrata in
vigore della c.d. legge Cirielli n. 251/2005 la prescrizione  era  di
anni quindici ed in caso di interruzione anni 22 e  mesi  sei,  e  il
termine decorreva dall'ultimo degli atti contestati in continuazione,
viceversa dopo l'entrata in vigore della legge n. 251 cit. il termine
prescrizionale di detti reati e' divenuto di anni dieci  aumentato  a
anni dodici e mesi sei in caso  di  interruzione,  e  il  termine  di
prescrizione decorre dalla consumazione dei  singoli  reati  (art.  6
comma 2 legge n. 251/2005). 
    E,  considerando  la  prescrizione  come  istituto   di   diritto
sostanziale, come definita  in  modo  costante  dalla  giurisprudenza
costituzionale e di legittimita' (si vedano tra le altre le  sentenze
della Corte costituzionale n. 393/2006, n. 324 del 2008 e n. 236  del
2011; da ultimo sentenza Cass Sez. 6, n. 31877 del 16  maggio  2017),
deve essere applicata, in caso di successione  di  leggi  penali  nel
tempo, la normativa piu' favorevole all'imputato ai  sensi  dell'art.
2, comma 4 del codice penale,  ossia  pacificamente  l'art.  6  della
legge 5 dicembre 2005, n. 251. 
    In sostanza il reato contestato ai danni di  N.  F.,  protrattosi
fino all'estate 1996 quando la ragazzina  aveva  quindici  anni,  era
gia' prescritto nel momento in cui la p.o. ha presentato querela  (21
dicembre 2013) e del pari in  oggi  risultano  prescritti  anche  gli
episodi ai danni di N. M. commessi prima del 19 giugno 2005. 
    Di qui la richiesta del pubblico ministero di dichiarare il reato
commesso ai danni di N. F. estinto per prescrizione e cosi' parte dei
fatti ai danni di N. M. 
    In sostanza, sarebbe preclusa al Tribunale,  con  riferimento  ai
predetti fatti, la possibilita' di una  piena  pronuncia  nel  merito
(potendo prevalere sulla declaratoria di una causa di estinzione  dei
reati soltanto un eventuale esito assolutorio ai sensi del comma 1  o
del comma 2 dell'art. 530 del codice di procedura penale). 
    Questo Tribunale ritiene peraltro la legge n.  251/2005  (sia  in
relazione   all'art.   6    che    alla    disciplina    transitoria)
costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi. 
    Anteriormente alla legge n.  251/2005  il  Consiglio  dell'Unione
europea in data 22 dicembre 2003 aveva adottato la «Decisione  quadro
2004/68/GAI relativa alla lotta contro lo sfruttamento  sessuale  dei
bambini  e  la  pornografia  infantile»  (pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale n. L 013 del 20 gennaio 2004), il cui  consideranda  n.  10
recita  «Le  caratteristiche  specifiche  della   lotta   contro   lo
sfruttamento sessuale dei bambini debbono indurre gli Stati membri  a
stabilire,  nel   loro   diritto   nazionale,   sanzioni   effettive,
proporzionate  e  dissuasive»  mentre  l'art.  8,  punto  6,  recita:
«Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinche' sia reso
possibile  il  perseguimento,  conformemente  al  diritto  nazionale,
almeno dei piu' gravi dei reati di cui all'art. 2 dopo che la vittima
abbia raggiunto la maggiore eta'» mentre tra le  condotte  penalmente
illecite l'art. 2 individua quella di colui che «lettera c) partecipa
ad attivita' sessuali con un  bambino,  laddove:  i)  faccia  uso  di
coercizione, forza o minaccia: dia in pagamento denaro, o ricorra  ad
altre forme di remunerazione o compenso in cambio del  coinvolgimento
del bambino in attivita' sessuali: oppure iii) abusi di una posizione
riconosciuta di fiducia, autorita' o influenza nel bambino». 
    La Corte di giustizia dell'Unione ha chiarito gli effetti di tale
decisione quadro, affermando l'obbligo  di  interpretazione  conforme
del diritto interno  alla  lettera  ed  allo  scopo  della  decisione
quadro, e ne  ha  riconosciuto  il  carattere  vincolante  quanto  al
risultato da raggiungere (punto 33 sentenza 16 giugno 2005, C-105/03.
Pupino). 
    La Corte costituzionale dalle c.d. sentenze gemelle n. 348 e  349
del 2007  ed  in  particolare  poi  dalla  sentenza  n.  227/2010  e'
consolidata nel ritenere  fondata  una  eccezione  di  illegittimita'
costituzionale di una norma interna per contrasto con  una  decisione
quadro o una direttiva della UE. 
    Inoltre, con riferimento alla  normativa  extranazionale  emanata
dopo l'entrata  in  vigore  della  legge  n.  251/2005,  l'Italia  ha
stipulato la Convenzione del Consiglio di Europa sulla protezione dei
minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali del 25 ottobre  2007
(Trattato di  Lanzarote)  che  all'art.  27,  comma  1,  prevede  che
«ciascuna delle Parti adotta le misure legislative o di altra  natura
necessarie per garantire  che  i  reati  fissati  conformemente  alla
presente   Convenzione   siano   puniti   con   sanzioni   effettive,
proporzionate e dissuasive che tengano conto della loro gravita'»  ed
ancor piu' all'art. 33 prevede che «ciascuna delle  parti  adotta  le
misure legislative necessarie affinche' il termine di prescrizione si
protragga per un periodo di tempo sufficiente  a  consentire  l'avvio
effettivo delle azioni penali dopo che la vittima abbia raggiunto  la
maggiore eta' e che sia proporzionato  alla  gravita'  del  reato  in
questione». 
    L'Italia ha dato attuazione alla detta convenzione del  Consiglio
di  Europa  con  la  legge  1°  ottobre   2012,   n.   172   (recante
autorizzazione alla ratifica e ordine di  esecuzione  della  predetta
Convenzione), che, come sopra rilevato, ha previsto il raddoppio  del
termine  di  prescrizione  per  alcune   fattispecie   incriminatrici
comprese quelle di cui all'art.  609-bis  del  codice  penale  e,  di
recente, con la  legge  n.  103/2017  sopra  citata  ha  previsto  la
decorrenza della prescrizione dal compimento della maggiore eta'. 
    Come bene evidenziato in altra ordinanza di rimessione alla Corte
costituzionale per analoghi reati, «l'attuale assetto  interpretativo
dell'istituto della prescrizione imporrebbe l'applicazione  ai  fatti
di reato contestati all'imputato della disciplina della  prescrizione
a questi piu'  favorevole  introdotta  dall'art.  6  della  legge  n.
251/2005, legge  che  tuttavia  appare  in  contrasto  per  cio'  che
riguarda i  reati  sessuali  commessi  in  danno  di  minori  con  la
decisione quadro del 2004 (confermata e rafforzata  dal  trattato  di
Lanzarote e dalla direttiva UE n. 2011/92); ed infatti, la  riduzione
del termine di prescrizione massima a 12 anni e  sei  mesi  (prevista
dalla citata legge n. 251/2005) (giusto il disposto dell'art. 158 del
codice penale), fa si' che molti delitti in danno di minori  (ad  es.
quelli in danno di persone offese di eta' inferiore ai  5  anni  e  6
mesi) si prescrivano prima del  raggiungimento  della  maggiore  eta'
delle vittime, mentre per molti altri delitti (ad es. quelli in danno
di persone offese di eta' inferiore ai 14 anni) il  tempo  necessario
alla  celebrazione  del   processo   penale   disponibile   dopo   il
raggiungimento della maggiore eta' risulta  oggettivamente  esiguo  e
via via decrescente sino ad annullarsi del tutto; di fatto, dunque la
normativa introdotta dalla legge n. 251/2005 si porrebbe in contrasto
con le disposizioni della  citata  decisione  quadro  in  quanto  non
consente di raggiungere l'obiettivo indicato dalla norma  comunitaria
(vale a dire rendere possibile il perseguimento dei reati sessuali in
danno di minori dopo che  la  vittima  abbia  raggiunto  la  maggiore
eta');  obiettivo  che  invece  -  stanti  i  piu'  ampi  termini  di
prescrizione previsti superiori ai 20 anni - e soprattutto  nel  caso
di decorrenza  dalla  cessazione  della  continuazione  (n.d.r.)  «e'
conseguibile  sia  applicando  la   disciplina   della   prescrizione
antecedente alla legge n. 251/2005 sia quella introdotta dalla  legge
n. 172/2012», (v. ordinanza n. 220 del 21 giugno 2016 Trib.Roma). 
    In sostanza la disciplina in materia di  prescrizione  introdotta
dalla legge n. 251/2005 in tema di reati sessuali in danno di  minori
verrebbe a violare i vincoli alla potesta' normativa del  legislatore
italiano derivanti dalla decisione quadro 2004/68/GAI del 22 dicembre
2003. 
    Pertanto e' da ritenere che l'art. 6, commi 1, 2, 4, 5  e  l'art.
10 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, nel  testo  antecedente  alle
modifiche introdotte dalla legge n. 172/2012 (la quale ha inserito il
comma 6 dell'art. 157 del codice penale  raddoppiando  i  termini  di
prescrizione)  e  della  legge  n.  103/2017  (che  ha  previsto   la
decorrenza della prescrizione dal compimento del diciottesimo anno di
eta'), siano in contrasto con l'art. 11 e con  l'art.  117,  comma  1
della Costituzione  nella  parte  in  cui  non  escludono  dalla  sua
disciplina i reati sessuali nei confronti di minori,  in  particolare
se commessi prima della sua entrata in vigore. 
    Una  simile  esclusione  non  avrebbe  violato  alcun   principio
costituzionale o convenzionale in  materia  di  prevedibilita'  o  di
retroattivita', come riconosciuto dalla stessa  Corte  costituzionale
pronunciandosi circa la legittimita'  dell'art.  10  della  legge  n.
251/05 (v. sentenza 393/2006). 
    E', infatti, principio consolidato  a  livello  costituzionale  e
convenzionale che il principio di retroattivita'  della  lex  mitior,
come in generale le norme  in  materia  di  retroattivita'  contenute
nell'art.  7  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e  delle  liberta'  fondamentali  (CEDU)  norma  interposta
applicabile per effetto del richiamo dell'art. 117 Cost.  nel  nostro
ordinamento, concerne le sole disposizioni che definiscono i reati  e
le pene che li reprimono (decisione 27 aprile  2010  Morabito  contro
Italia e 27 aprile 2009 Scoppola contro Italia). 
    Ma soprattutto la Corte  costituzionale,  proprio  pronunciandosi
circa  la  legittimita'  dell'art.  10  della  legge  n.  251/05  qui
contestata (sentenza n. 393/2006), pur riconoscendo che la  locuzione
«disposizioni piu' favorevoli al reo»  di  cui  all'art.  2  comma  4
codice penale, debba essere interpretata nel senso di includere tutte
quelle norme che apportino modifiche in melius alla disciplina di una
fattispecie  criminosa,  ivi  comprese  quelle  che  incidono   sulla
prescrizione del reato, ha poi ammesso la possibilita' di deroghe  da
parte della legge ordinaria pur a determinate condizioni. Ha  infatti
precisato:  «poste  queste   premesse   deve   essere   ribadita   la
giurisprudenza di questa Corte costante nell'affermare che il  regime
giuridico  riservato  alla  lex  mitior,  e   segnatamente   la   sua
retroattivita', non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di
cui all'art. 25  secondo  comma  della  Costituzione,  in  quanto  la
garanzia costituzionale, prevista dalla citata disposizione. concerne
soltanto  il  divieto  di  applicazione   retroattiva   della   norma
incriminatrice, nonche' di quella altrimenti piu' sfavorevole per  il
reo. Da cio'  discende  che  eventuali  deroghe  al  principio  della
retroattivita'  della  lex  mitior,  ai  sensi  dell'art.   3   della
Costituzione, possono essere disposte dalla  legge  ordinaria  quando
ricorra una sufficiente ragione giustificativa». 
    In sostanza la Corte costituzionale, dopo aver ricordato  che  il
principio della applicabilita' della lex mitior non  e'  soltanto  un
principio affermato dall'art. 2 del codice penale, ma e' sancito  sia
a  livello  internazionale  sia  a  livello  comunitario   (principio
ribadito anche da successive sentenze della Convenzione  europea  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali -
v. Corte eur. dir. uomo, sentenza 21 ottobre 2013, Del Rio  Prada  c.
Spagna, ric. n. 42750/09 e  Corte  di  giustizia  3/5/2005  in  cause
riunione C387/02, c391/02 e c403/02, Berlusconi)  conferma  che  tale
regola e' derogabile in presenza di esigenze tali da prevalere su  un
principio il cui rilievo si fonda soltanto su  una  norma,  sia  pure
generale e di principio, del codice penale. E precisa «Il livello  di
rilevanza dell'interesse preservato dal principio  di  retroattivita'
della legge  piu'  mite  -  quale  emerge  dal  grado  di  protezione
accordatogli dal diritto interno oltre che dal diritto internazionale
convenzionale - impone di ritenere che il  valore  da  esso  tutelato
puo' essere sacrificato da una legge  ordinaria  solo  in  favore  di
interessi di analogo rilievo (quali  -  a  titolo  esemplificativo  -
quelli della efficienza del processo, della salvaguardia dei  diritti
dei soggetti che, in vario  modo,  sono  destinatari  della  funzione
giurisdizionale,  e  quelli  che  coinvolgono  interessi  e  esigenze
dell'intera collettivita' nazionale connessi a valori  costituzionali
di primario  rilievo:  cfr  sentenza  numero  24  del  2004.  Con  la
conseguenza che lo  scrutinio  di  costituzionalita'  e  dell'art.  3
Cost., sulla scelta di derogare  alla  retroattivita'  di  una  norma
penale piu' favorevole al reo deve superare  un  vaglio  positivo  di
ragionevolezza, non essendo a  tal  fine  sufficiente  che  la  norma
derogatoria non sia manifestamente irragionevole»). 
    Orbene l'art. 6 (anche in relazione all'art. 10) legge n. 251/05,
laddove non esclude i reati sessuali contro i minori, pare del  tutto
irragionevole e viola chiaramente principi  di  tutela  a  favore  di
soggetti particolarmente vulnerabili, quali sono i  minori  di  eta',
vittime di reati sessuali come sanciti  dalla  decisione  quadro  GAI
come sopra citata (v. Corte Cost. sentenza  n.  179/2017).  Di  detta
irragionevolezza pare aver preso atto lo stesso  legislatore  con  la
novella legislativa n. 172 del 2012 e legge n. 103/2017. 
    Ora, pur non essendo quindi possibile fare  diretta  applicazione
della decisione quadro 2004/68 (disapplicando la norma censurata)  in
quanto  tale  decisione  non  ha  carattere  «autoapplicativo»,   non
derivando  dalla  stessa  un  diritto   riconosciuto   al   cittadino
azionabile nei confronti dello  Stato  inadempiente,  cio'  non  puo'
impedire il controllo di conformita' al diritto della UE, che  spetta
alla  Corte  costituzionale  davanti  alla  quale  il  giudice   puo'
sollevare questione  di  legittimita'  costituzionale,  per  asserita
violazione dell'art. 11 ed oggi  anche  dell'art.  117,  primo  comma
Cost. (si legga al proposito  sentenza  C.  Cost.  227/2010  nonche',
proprio in punto applicabilita'  della  disciplina  piu'  favorevole,
sentenza Corte costituzionale n. 28/2010 che statuisce «Questa  Corte
ha gia' chiarito che la retroattivita' della  legge  piu'  favorevole
non esclude l'assoggettamento di tutte le norme giuridiche  di  rango
primario allo scrutinio di legittimita' costituzionale: «Altro  [...]
e' la garanzia  che  i  principi  del  diritto  penale-costituzionale
possono offrire agli imputati, circoscrivendo  l'efficacia  spettante
alle dichiarazioni d'illegittimita' delle  norme  penali  di  favore;
altro  e'  il  sindacato  cui  le  norme  stesse  devono  pur  sempre
sottostare, a pena di istituire zone  franche  del  tutto  impreviste
dalla Costituzione, all'interno delle quali la legislazione ordinaria
diverrebbe incontrollabile» (sentenza n. 148 del 1983  e  sul  punto,
sostanzialmente nello stesso senso, sentenza n. 394  del  2006).  Nel
caso di specie, se si stabilisse che il possibile  effetto  in  malam
partem della  sentenza  di  questa  Corte  inibisce  la  verifica  di
conformita' delle  norme  legislative  interne  rispetto  alle  norme
comunitarie - che sono cogenti e sovraordinate alle  leggi  ordinarie
nell'ordinamento italiano per il tramite degli  articoli  11  e  117,
primo comma, Cost. - non si arriverebbe soltanto alla conclusione del
carattere  non  autoapplicativo  delle  direttive   comunitarie   sui
rifiuti, ma si toglierebbe a queste ultime ogni efficacia  vincolante
per il legislatore italiano, come effetto del semplice susseguirsi di
norme interne diverse, che diverrebbero insindacabili a seguito della
previsione, da parte del medesimo legislatore italiano,  di  sanzioni
penali»). 
    E non  essendo  possibile  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata dell'art. 6 della legge n. 251/2005 e apparendo evidente la
rilevanza della dedotta questione di legittimita'  costituzionale  ai
fini della  decisione  da  assumere  in  ordine  ai  fatti  di  reato
contestati agli imputati in  quanto  l'eventuale  accoglimento  della
questione comporterebbe il venir meno, nella  fattispecie  in  esame,
della  disciplina  della  legge  n.   251/2005   e   la   conseguente
applicazione della disciplina previgente e coeva ai fatti per cui  si
procede (si noti infatti come tutta la condotta posta  in  essere  ai
danni di N. F. sia stata posta  in  essere  sotto  la  vigenza  della
normativa ante legge n. 251/05), disciplina che  sia  per  i  diversi
termini di prescrizione, sia per  la  decorrenza  della  prescrizione
(nel caso di specie, qualora la  decorrenza  fosse  quella  dell'anno
1996, ne deriverebbe una  pronuncia  di  non  doversi  procedere  per
estinzione del  reato,  pronuncia  che  invece,  alla  stregua  della
disciplina originaria dell'art. 157 codice penale, gli  imputati  non
potrebbero invocare  in  quanto  la  cessazione  della  continuazione
risulterebbe  al  novembre  2013),  consentirebbe  di  non   ritenere
prescritti i fatti reato contestati ai danni di N. F. e anche  alcuni
di quelli contestati ai danni di  N.  M.  e  di  emettere  una  piena
pronuncia di merito (anche in  relazione  alle  domande  risarcitorie
avanzate dalla parte civile, altrimenti prescritte ai sensi dell'art.
2947 c.c.), il procedimento penale deve esser sospeso ad ogni effetto
di legge e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
     Visti gli articoli 1 della legge n. 1/1948 e 23 della  legge  n.
87/1953, dichiara non manifestamente infondata e  rilevante  ai  fini
del  giudizio  la  questione  di  legittimita'   costituzionale:   a)
dell'art. 6, commi 1-2-4-5 della legge 5 dicembre 2005, n.  251,  nel
testo antecedente alle modifiche introdotte dalla legge n. 172/2012 e
dalla legge n. 103/2017, per contrasto con gli  articoli  11  e  117,
comma 1 della Costituzione nella parte in cui l'art.  6  non  esclude
dalla sua disciplina i reati sessuali nei  confronti  di  minori;  b)
dell'art. 10 legge n. 251 cit. nel testo antecedente  alle  modifiche
introdotte dalla legge n. 172/2012 e  dalla  legge  n.  103/2017  per
contrasto con gli articoli 11 e 117, comma 1 della Costituzione nella
parte in cui l'art. 10 non include  nella  disciplina  transitoria  i
reati sessuali ai danni di  minori  commessi  prima  dell'entrata  in
vigore della legge stessa. 
    Sospende il presente giudizio ad ogni effetto di legge  (compresa
la sospensione ai sensi dell'art. 159 del  codice  penale  del  corso
della prescrizione) ed ordina la immediata  trasmissione  degli  atti
alla Corte costituzionale. 
    Dispone che copia della presente ordinanza sia notificata a  cura
della  cancelleria  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   e
comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera. 
      Imperia, 19 dicembre 2017 
 
                       Il Presidente: Aschero