N. 119 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 marzo 2017

Ordinanza del 31 marzo 2017 del Tribunale di Brescia nel procedimento
civile promosso da Enel Sole srl contro Comune di Orzinuovi. 
 
Arbitrato - Assunzione diretta dei  pubblici  servizi  da  parte  dei
  Comuni e delle Province - Esercizio della facolta' di  riscatto  da
  parte dei Comuni - Determinazione dell'equa  indennita'  dovuta  ai
  concessionari  -  Devoluzione  ad  un  collegio   arbitrale   della
  decisione sull'ammontare dell'indennita', in mancanza  dell'accordo
  tra le parti. 
- Regio decreto 15 ottobre 1925,  n.  2578  (Approvazione  del  testo
  unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici  servizi  da
  parte dei comuni e  delle  province),  art.  24,  commi  settimo  e
  ottavo. 
(GU n.37 del 19-9-2018 )
 
                   TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA 
                        PRIMA SEZIONE CIVILE 
 
     Il   giudice,   Elisabetta   Sampaolesi,   ha   pronunciato   la
seguente ordinanza nella causa n. 9964/15, promossa da Enel Sole srl,
con gli avv.ti C. Bonora, M. Bondioni e M.  Ladogana  attrice  contro
Comune di Orzinuovi, con gli avv.ti F. Bertuzzi, S. Venturi e G. Sina
convenuto con atto di citazione regolarmente  notificato,  Enel  Sole
srl, gestrice del servizio di illuminazione pubblica in  ragione  del
subentro nella proprieta' degli impianti gia'  appartenenti  ad  Enel
spa, conveniva in giudizio il Comune di Orzinuovi al fine di sentirlo
condannare al pagamento dell'equo  indennizzo  ad  essa  spettante  a
seguito del riscatto degli  impianti  di  illuminazione  pubblica  da
parte del Comune, ai sensi dell'art. 24 regio decreto n. 2578/1925  e
degli articoli 13 e 14 decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.
902/1986. 
    Il Comune, costituitosi in giudizio, eccepiva preliminarmente «il
difetto di giurisdizione o  competenza»  del  Tribunale  di  Brescia,
essendo la questione devoluta agli arbitri ex art. 24  regio  decreto
n. 2578/1925 e chiedeva, nel merito, la determinazione  dei  rapporti
debito-credito tra le parti con conseguente condanna dell'attrice  al
pagamento del dovuto. 
    Alla prima udienza di comparizione, l'attrice insisteva nelle sue
istanze   e   sollevava,   altresi',   questione   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 24 sopra citato in riferimento agli articoli
24, comma 1, 25, comma 1 e 2, e 102, comma 1, della Costituzione. 
    Il g.i. fissava udienza, ex art. 281-sexies codice  di  procedura
civile, per discussione sulle questioni preliminari con  termine  per
note conclusive. 
    Va  senz'altro,  preliminarmente,  affrontata  la  questione   di
costituzionalita'  sollevata  da  parte  attrice  in  relazione  alla
disposizione di cui all'art. 24 del regio decreto  n.  2578/1925  per
effetto del contrasto con gli articoli 24, comma 1, 25, comma 1 e  2,
e 102, comma 1, della Costituzione. 
    Detto articolo, ai commi 7 e 8, in caso di esercizio del riscatto
degli  impianti  utilizzati  per   l'erogazione   del   servizio   di
illuminazione  pubblica  da  parte   dell'Ente   pubblico,   per   la
determinazione dell'equa indennita' di cui al comma  4,  prevede  che
«in mancanza  dell'accordo  decide  in  primo  grado,  con  decisione
motivata, un collegio arbitrale composto di tre arbitri, di  cui  uno
e' nominato dal consiglio comunale, uno dal concessionario ed uno dal
presidente del tribunale nella cui giurisdizione e' posto il  comune»
e che, «avverso la decisione di tale collegio, cosi' il  comune  come
il concessionario possono appellarsi ad  un  altro  collegio  di  tre
arbitri, i quali saranno nominati dal primo  presidente  della  Corte
d'appello e decideranno come amichevoli compositori». 
    Trovando   l'arbitrato   la   sua   fonte    di    legittimazione
nell'autonomia dei privati, l'imposizione eteronoma, come  in  questo
caso, di una risoluzione in via  arbitrale  delle  controversie  pare
violare precetti fondamentali della Costituzione. 
    In piu' pronunce, la Corte di  cassazione  ha  affermato  che  «i
collegi previsti dall'art. 24 del regio decreto 15 ottobre  1925,  n.
2578, ai quali e' demandata, per il caso di mancato  accordo  tra  le
parti, la liquidazione dell'indennita' dovuta agli  ex  concessionari
di pubblici servizi, in ipotesi di assunzione diretta  di  questi  da
parte  del  comune,  hanno  natura  di  collegi  arbitrali   rituali»
(Cassazione  n.  2874/1974;  S.U.   n.   3178/1972;   Cassazione   n.
3026/2002). 
    Anche aderendo a tale orientamento della Cassazione e  collocando
l'arbitrato rituale sul piano della giurisdizione, comunque non  puo'
non evidenziarsi come  la  predisposizione  dell'arbitrato  da  parte
della legge mal si concili con il divieto di istituzione  di  giudici
speciali di cui all'art. 102, comma 2, Costituzione, con il principio
del giudice naturale sancito dall'art. 25 Costituzione e  con  quello
del libero accesso alla tutela giurisdizionale dei propri diritti  ed
interessi. 
    In particolare, l'applicazione dell'art. 24 del regio decreto  n.
2578/  sembra  in  contrasto  con  i  citati  articoli  della   Carta
costituzionale, laddove questi, al  fine  di  consentire  l'effettiva
operativita' dei diritti di  liberta'  e  uguaglianza  dei  soggetti,
prevedono, in ossequio al principio di  uguaglianza,  il  diritto  di
accesso alla giustizia a tutti, la garanzia  dell'individuazione  del
giudice naturale in base a criteri predeterminati che  ne  assicurino
l'imparzialita'  rispetto  alla  questione   portata   in   giudizio,
l'unitarieta' della giurisdizione ed il  divieto  di  istituzione  di
giudici straordinari, che  rappresentano  una  pericolosa  deviazione
dalla regola del giudice naturale. 
    La norma in commento, imponendo il  ricorso  all'arbitrato  quale
strumento  necessario  ed  indefettibile  per  la  risoluzione  delle
controversie,     non     consente     neppure     un'interpretazione
costituzionalmente orientata, volta che in essa non e'  previsto  che
la competenza arbitrale possa essere  derogata  per  volonta',  anche
unilaterale, di una delle parti. 
    Il richiamo,  formulato  dall'attrice  per  sostenere  la  comune
volonta'  contraria  delle  parti  all'arbitrato,  alla   convenzione
stipulata il 30 aprile 1973  (nella  quale  era  stata  convenuta  la
competenza del Foro di Brescia per  qualsiasi  controversia)  e'  del
tutto inconferente, volta che la clausola in questione non poteva che
fare riferimento alle liti che  fossero  insorte  tra  le  parti  con
riferimento all'interpretazione  ed  all'esecuzione,  per  l'appunto,
della convenzione in seno alla quale la previsione in  questione  era
contenuta. Diversa e', invece, l'ipotesi in  esame,  nella  quale  ad
essere in discussione e'  l'indennizzo,  di  cui  all'art.  24  regio
decreto   n.   2578/25,   spettante   all'attrice   in    conseguenza
dell'esercizio del riscatto da parte del Comune. 
    Si ritiene, poi, che la questione sia  rilevante,  in  quanto  e'
evidente   che   l'applicazione   della   norma   sopra    richiamata
precluderebbe qualsiasi pronuncia in rito e in  merito  da  parte  di
questo Tribunale. 
    Quanto alla non  manifesta  infondatezza,  va  rilevato  come  la
giurisprudenza costituzionale abbia sempre affermato che  i  principi
contenuti nella Carta costituzionale si applichino anche  alle  norme
emanate   prima   dell'entrata   in   vigore   della   Carta   (Corte
costituzionale n.  1/1956)  e  come,  in  piu'  occasioni,  la  Corte
costituzionale   abbia   ritenuto   costituzionalmente    illegittime
disposizioni normative che contenevano  la  previsione  di  forme  di
arbitrato obbligatorio per la risoluzione  delle  controversie  (cfr.
Corte costituzionale 14 luglio 1977 n. 127; 27 dicembre 1991 n.  488;
23 febbraio 1994 n. 49; 11 dicembre 1997 n. 381; 24  luglio  1998  n.
325; 8 giugno 2005 n. 221). 
    In  particolare,  in  alcune  di  queste   pronunce,   la   Corte
costituzionale ha affermato che, «poiche' la Costituzione  garantisce
ad ogni soggetto il diritto di agire in giudizio per  la  tutela  dei
propri diritti ed interessi legittimi,  il  fondamento  di  qualsiasi
arbitrato e' da rinvenirsi nella libera scelta delle  parti:  perche'
solo la scelta dei soggetti (intesa come uno dei  possibili  modi  di
disporre, anche in senso negativo, del diritto di  cui  all'art.  24,
comma  primo  Costituzione)  puo'  derogare  al  precetto   contenuto
nell'art. 102, comma primo Costituzione  [...],  sicche'  la  "fonte"
dell'arbitrato  non  puo'  piu'  ricercarsi  e  porsi  in  una  legge
ordinaria o, piu' generalmente, in una volonta' autoritativa»  (sent.
Corte  costituzionale  8  giugno  2005  n.  221);   ed   ancora   che
«l'arbitrato trova il proprio  legittimo  fondamento  nella  volonta'
concorde delle  parti,  sicche'  l'obbligatorieta'  del  medesimo  si
traduce in un'illegittima compressione del diritto di  difesa  ed  in
una violazione del principio generale della  tutela  giurisdizionale.
Detta illegittimita' si incentra non nella previsione legislativa  di
un arbitrato per la risoluzione di certe  controversie,  ma  nel  suo
carattere    obbligatorio    imposto    ex    lege    e    risultante
inequivocabilmente dalla norma» (Sent. Corte costituzionale 21 aprile
2000 n. 115). 
    E' evidente, pertanto, come il giudizio non possa essere definito
prescindendo dalla risoluzione della suddetta questione. 
    Per tutti i profili  sin  qui  esposti,  questo  giudice  giudica
necessario  sollevare  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 24 regio decreto n. 2578/1925, nella parte in  cui  prevede
un'ipotesi di arbitrato obbligatorio e predisposto  dalla  legge  per
contrasto con gli articoli 24, 25 e 102 Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale ordinario di  Brescia,  nella  persona  del  giudice
monocratico, Elisabetta Sampaolesi, 
    Visti gli articoli 134 Costituzione, 23 legge 11  marzo  1953  n.
87; 
    Ritenuta rilevante e non manifestamente  infondata  con  riguardo
agli articoli 24, 25 e 102 Costituzione la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 24, commi 7 ed 8, regio decreto n. 2578/1925
nella parte in cui prevede che «in mancanza  dell'accordo  decide  in
primo grado, con decisione motivata, un collegio  arbitrale  composto
di tre arbitri, di cui uno e' nominato dal  Consiglio  comunale,  uno
dal concessionario ed uno dal  presidente  del  tribunale  nella  cui
giurisdizione e' posto il comune» e che,  «avverso  la  decisione  di
tale  collegio,  cosi'  il  comune  come  il  concessionario  possono
appellarsi ad un altro collegio  di  tre  arbitri,  i  quali  saranno
nominati dal primo presidente della  Corte  d'appello  e  decideranno
come amichevoli compositori». 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti  alla  Corte  costituzionale,  unitamente   alla   prova   delle
comunicazioni e notificazioni previste a seguire. 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti del processo, al Presidente del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata ai presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica. 
        Brescia, 31 marzo 2017 
 
                       Il Giudice: Sampaolesi