N. 103 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 aprile 2019
Ordinanza del 4 aprile 2019 del Tribunale di Milano nel procedimento civile promosso da C.I. contro Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Ufficio della motorizzazione di Lecco e Ministero dell'interno. Circolazione stradale - Patente di guida - Divieto automatico di rilascio del titolo abilitativo alla guida per i condannati per reati in materia di stupefacenti di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309 del 1990. - D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 120, comma 1, come modificato dall'art. 3, comma 52, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica).(GU n.27 del 3-7-2019 )
TRIBUNALE DI MILANO Sezione prima civile Il Tribunale, nella persona della dott. Paola Gandolfi ha pronunciate la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 55559 dell'anno 2016 R.G. promossa da: I.C., (c.f. ), con il patrocinio degli avv. Ricci Cristina e Paglino Gianluca (PGLGLC79B13D286M) via Dante Alighieri n. 7 - 20900 Monza, ricorrente; Contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Ufficio della motorizzazione di Lecco, (c.f. ), con il patrocinio dell'avv. Avvocatura Stato Milano, e resistente; Ministero dell'interno, (c.f. ), con il patrocinio dell'avv.Avvocatura Stato Milano, e resistente; Descrizione della fattispecie e del thema decidendum del giudizio Con atto di citazione ritualmente notificato, I.C. ha chiesto di accertare l'illegittimita' e, per l'effetto, di annullare o disapplicare il provvedimento amministrativo con cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti gli aveva negato il rilascio del titolo abilitativo alla guida, adottato sulla base dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada), in quanto, dai controlli effettuati, era risultata la condanna irrevocabile a suo carico alla pena sospesa di un anno e un mese di reclusione, per il reato di cui all'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, commesso quando era ancora minorenne e in relazione al quale erano state concesse le attenuanti generiche; A sostegno delle proprie pretese l'attore ha dedotto l'incostituzionalita' dell'art. 120, comma 1, sostenendo che l'automatismo del diniego ivi previsto dovrebbe trovare, invece, applicazione solo con riguardo alle condanne relative alle fattispecie di non lieve entita'. Cio' in quanto, diversamente ragionando, il rinvio dell'art. 120 all'art. 73 nella sua interezza finirebbe illogicamente per attribuire rilievo, ai fini del diniego al rilascio o della revoca della patente di guida, a fattispecie penali dotate di differente disvalore, con violazione dei principi sanciti dagli articoli 3 e 27 della Costituzione. Ha chiesto, pertanto, in via principale, di operare un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 120, comma 1, del Codice della strada, nonche', in subordine, di sollevare questione di legittimita' costituzionale della norma in questione, con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione. Occorre rilevare, in primo luogo, che non appare possibile procedere ad un'interpretazione dell'art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, orientata in senso conforme alle disposizioni costituzionali. Il comma 1 dell'art. 120, infatti, espressamente prevede il dovere per la pubblica amministrazione di vietare il conseguimento del titolo abilitativo all'autorita' amministrativa in via automatica per tutte le condanne ivi elencate, senza operare distinzioni in relazione al diverso disvalore dei fatti di reato. La chiara lettera della legge, confermata anche dall'utilizzo di espressioni dal senso univoco («Non possono conseguire»), non consente l'interpretazione richiesta dall'attore. Come e' noto, infatti, la possibilita' di una lettura costituzionalmente orientata incontra il limite dell'univoco tenore della norma, che segna il confine in presenza del quale il tentativo di interpretazione deve cedere il passo al sindacato di legittimita' costituzionale, in quanto, altrimenti, il giudice sconfinerebbe in un'interpretazione contra legem. Cio' posto, si ritiene che il presente giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, che pertanto si solleva, dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Diversamente, appare manifestamente infondata la questione di costituzionalita' della disposizione in questione sollevata dall'attore con riferimento all'art. 27 della Costituzione, che riguarda esclusivamente le sanzioni penali. La Corte costituzionale, infatti, ha di recente confermato che «la revoca della patente, nei casi previsti dall'art. 120 in esame, non ha natura sanzionatoria, ne' costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, ma rappresenta la constatazione dell'insussistenza (sopravvenuta) dei "requisiti morali" prescritti per il conseguimento di quel titolo di abilitazione» (sentenza n. 22/2018), argomentazione che e' chiaramente estensibile anche al diniego al conseguimento del titolo abilitativo. Avendo escluso la Corte costituzionale in radice la natura sanzionatoria del provvedimento de quo, non si pone, pertanto, neanche la questione di verificare se il diniego sia assimilabile, nella sostanza, ad una sanzione penale, secondo le indicazioni della giurisprudenza sovranazionale. Questione di legittimita' costituzionale Il giudice ritiene di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 1, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui stabilisce che «Non possono conseguire la patente di guida [...], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi [...]», in quanto tale disposizione appare contrastante con l'art. 3 della Costituzione sotto due distinti profili. Giova premettere che la necessita' di sollevare tale questione discende da quanto gia' affermato dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 22/2018, con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 2, Codice della strada, «nella parte in cui dispone che il prefetto "provvede" - invece che "puo' provvedere" - alla revoca della patente di guida, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990». Si ritiene, infatti, come si avra' modo di approfondire nel prosieguo, che le medesime considerazioni espresse dalla Corte costituzionale con riguardo al comma 2 dell'art. 120 debbano valere anche con riferimento al comma 1 del medesimo articolo, in quanto si impone, anche in relazione a quest'ultima disposizione, il rispetto dei principi di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza. Si pone, inoltre, la questione - strettamente correlata - relativa al deteriore trattamento dei soggetti che intendano conseguire per la prima volta il titolo abilitativo, rispetto a quelli interessati dal provvedimento di revoca della patente di guida: a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 22/2018, infatti, l'autorita' amministrativa puo' fare esercizio del proprio potere discrezionale unicamente in caso di revoca della patente e non anche laddove si imponga il diniego al rilascio del titolo abilitativo in questione. Rilevanza della questione In merito alla rilevanza, osserva il giudice che l'art. 120, comma 1, Codice della strada, prevede che la condanna per i reati di cui agli articoli 73 e 74, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, comporti in via automatica la perdita dei requisiti morali necessari per ottenere la patente di guida, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi. Poiche' l'impossibilita' di ottenere la patente consegue al venir meno dei requisiti morali del soggetto abilitando alla guida, per ogni nuovo rilascio della patente, e' prescritta alla pubblica amministrazione la verifica che non sussistano quelle condanne indicate dalla norma, senza possibilita' di operare alcuna valutazione in concreto in ordine alla gravita' del fatto di reato e alla data, piu' o meno risalente, della condanna. Ebbene, il ricorrente nel presente giudizio e' stato definitivamente condannato con sentenza emessa il 19 aprile 2014 dalla Corte d'appello di Milano - sezione per i minorenni (divenuta irrevocabile in data 21 aprile 2015) per il reato previsto dall'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, alla pena sospesa di un anno e un mese di reclusione. Con provvedimento del 2 luglio 2016, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Ufficio motorizzazione di Lecco, ha, di conseguenza, disposto il diniego al rilascio del titolo abilitativo alla guida richiesto dal ricorrente, non ammettendo lo stesso alla prova per il conseguimento della patente di categoria B. Facendo applicazione di tale norma, essendo l'unico presupposto rilevante per il diniego l'intervento di una sentenza di condanna irrevocabile, che, nel caso di specie, si e' verificato nel 2015, e non essendo nel frattempo intervenuta la riabilitazione, questo tribunale dovrebbe rigettare il ricorso, in quanto la pubblica amministrazione si e' limitata a fare corretta applicazione della previsione di legge. Diversamente, laddove la Corte costituzionale si pronunciasse per l'incostituzionalita' della norma, il ricorso avverso il diniego al rilascio del titolo abilitativo disposto in via automatica e, pertanto, carente di motivazione, dovrebbe essere accolto. Sul punto non priva di rilevanza e' la circostanza che, nel caso di specie, il reato dal quale e' discesa la condanna ostativa ai sensi dell'art. 120, comma 1, e' stato commesso dal ricorrente quando ancora era minorenne ed e' stato qualificato come fatto di lieve entita'. La questione di costituzionalita' e', pertanto, indispensabile ai fini della decisione, poiche' investe la stessa previsione che venga negata o meno in via automatica la possibilita' di conseguire la patente di guida per le condanne di cui al testo unico in materia di stupefacenti. Non manifesta infondatezza della questione Questo giudice ritiene che l'art. 120, comma 1, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, possa porsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto parrebbe confliggere con il principio di ragionevolezza sotto due profili, che occorre distinguere. 1) Innanzitutto anche il comma 1, come il comma 2, gia' dichiarato incostituzionale con sentenza n. 22/2018, prevede che la condanna per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico stupefacenti, comporti in via automatica la perdita dei requisiti morali necessari per ottenere la patente di guida; un tale automatismo si pone in contrasto con i principi di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Cosi' disponendo, infatti, il comma 1 ricollega in via automatica il medesimo effetto (ossia l'impossibilita' di conseguire la patente di guida), ad una varieta' di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneita', atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, puo' riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entita', e che, per di piu', possono essere anche risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne l'attitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio di assenza dei requisiti soggettivi per il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, all'attualita' (in questi termini, la sentenza n. 22/2018 citata). 2) Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame e', poi, ravvisabile nella permanenza dell'automatismo del diniego di conseguimento della patente di guida, rispetto alla discrezionalita' della parallela misura della revoca della patente, cosi' come prevista a seguito della modifica del comma 2, in virtu' della sentenza della Corte costituzionale. In altri termini, per come riformulato, l'art. 120 del Codice della strada prevede un trattamento differenziato a seconda che la persona non in possesso dei requisiti morali richiesti, a seguito di condanna per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, sia destinataria di un provvedimento di diniego al rilascio del titolo abilitativo alla guida, in quanto non era mai stata titolare della patente di guida, oppure di un provvedimento di revoca del titolo abilitativo alla guida, in quanto la condanna sia intervenuta in momento successivo al rilascio della patente. Siffatta disparita' di trattamento appare irragionevole in quanto tali due misure riguardano la stessa tipologia di condanna comminata, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarita' della patente e rispondono alla medesima finalita', differenziandosi unicamente in relazione ad un presupposto di fatto che nulla ha a che vedere con le qualita' morali del condannato, vale a dire la precedente titolarita' della patente di guida, che si atteggia a variabile del tutto estranea alla condotta dequalificante. Si noti che, ad aggravare siffatta discrasia, sta anche il fatto, sia pure non direttamente rilevante nel presente giudizio, che il divieto di conseguire la patente di guida ai sensi del comma 1 puo' essere superato unicamente dall'intervento di un provvedimento riabilitativo, che richiede un vaglio giudiziario e che di regola e' concedibile solo decorsi tre anni dall'estinzione del reato (estinzione che, a sua volta, puo' avvenire con modalita' e termini differenti). Diversamente, in caso di revoca del titolo abilitativo alla guida ex art. 120, comma 3, Codice della strada, e' previsto che possa essere conseguita una nuova patente di guida semplicemente decorsi tre anni dallo stesso provvedimento di revoca. I condannati gia' titolari di abilitazione alla guida possono essere ammessi al nuovo esame di guida per il semplice decorso di un triennio dalla revoca amministrativa, mentre quelli che devono ancora sostenerlo devono munirsi del provvedimento riabilitativo in sede penale, con un percorso piu' lungo.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione 23 e seguenti, legge n. 87/1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel testo modificato dall'art. 3, comma 52, della legge 15 luglio 2009, n. 94 e dalle successive modifiche, nella parte in cui prevede che «Non possono conseguire la patente di guida [...], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi [...] », per ritento contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. Ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Milano, 4 aprile 2019 Il Giudice: Gandolfi