N. 166 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 agosto 2020
Ordinanza del 19 agosto 2020 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da A2A Illuminazione Pubblica srl c/ANAC - Autorita' Nazionale Anticorruzione, Comune di Cassano D'Adda e Utilitalia.. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici - Affidamenti dei concessionari - Obbligo per i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture gia' in essere alla data di entrata in vigore del codice dei contratti pubblici, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, di affidare una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilita' del personale e per la salvaguardia delle professionalita' - Previsione che la restante parte possa essere realizzata da societa' in house per i soggetti pubblici, ovvero da societa' direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. - Legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), art. 1, comma 1, lettera iii); decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), art. 177, comma 1.(GU n.49 del 2-12-2020 )
IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale - Sezione Quinta ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8857 del 2019, proposto da A2A Illuminazione Pubblica S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Flavio Iacovone, Bernardo Giorgio Mattarella e Francesco Sciaudone, con domicilio eletto presso il loro studio, in Roma, via Pinciana, n. 25; Contro: ANAC - Autorita' Nazionale Anticorruzione, in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' domiciliata ope legis, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; nei confronti: Comune di Cassano D'Adda, Utilitalia non costituiti in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione prima, n. 9309/2019, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'ANAC - Autorita' Nazionale Anticorruzione; Viste le memorie e tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza del giorno 25 giugno 2020, tenutasi con le modalita' previste dall'art. 84, commi 5 e 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il consigliere Fabio Franconiero e uditi da remoto per le parti, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, gli avvocati Iacovone, Mattarella, Sciaudone e l'avvocato dello Stato Pluchino; Visto l'art. 36, comma 2, codice di procedura amministrativa; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto 1. La A2A Illuminazione Pubblica S.r.l., societa' facente parte del Gruppo A2A, gestore di impianti d'illuminazione pubblica, artistica, semaforica e lampade votive, operante nei territori dei comuni di Milano, Brescia, Bergamo, Cassano d'Adda, Stradella, Pieve Emanuele e San Giuliano Milanese, chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio l'annullamento delle linee guida A.NA.C. n. 11 (approvate con deliberazione n. 614 del 4 luglio 2018 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto 2018), recanti «Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all'art. 11, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o provati titolati di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture gia' in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ed evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea» (d'ora in avanti anche solo linee guida n. 11); con successivi motivi aggiunti al ricorso originario era impugnato l'Atto di segnalazione A.NA.C. n. 4 del 17 ottobre 2018 «Concernente la verifica degli affidamenti dei concessionari ai sensi dell'art. 177 del decreto legislativo n. 50/2016 e adempimenti dei concessionari autostradali ai sensi dell'art. 178 del medesimo codice». La ricorrente lamentava l'illegittimita' delle linee guida n. 11: per violazione dell'art. 177, comma 3, del codice dei contratti pubblici, sviamento ed eccesso di potere e difetto di competenza, a causa dell'«occupazione di spazi di regolazione non autorizzati dalla fonte primaria», relativi all'adeguamento delle concessioni in essere a quanto previsto dai commi 1 e 2 della medesima disposizione; per l'introduzione di un obbligo generalizzato di esternalizzazione e il divieto per i concessionari di esecuzione diretta dei lavori e servizi; per la mancata esclusione dal suo ambito di applicazione dei concessionari operanti nei settori speciali; per violazione delle direttive e dei principi europei a tutela degli investimenti; per la mancata esclusione dal suo ambito di applicazione concessionari di servizi pubblici locali titolari di affidamento precedenti al 31 dicembre 2004 e conseguente violazione e falsa applicazione dell'art. 34, comma 22, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221). In via subordinata prospettava l'illegittimita' costituzionale delle linee guida n. 11 e dell'art. 177 del decreto legislativo n. 50 del 2016 in relazione agli artt. 76, 11, 117, 97 e 3 Costituzione, anche con riferimento alla violazione dell'art. 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), dell'art. 14, commi 24-bis e successivi della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativa per l'anno 2005), dell'art. 1, comma 1, della legge 28 gennaio 2016, n. 11, di delega per l'attuazione delle direttive europee in materia di contratti pubblici e dell'art. 2 della direttiva n. 2014/23 sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, oltre che dei principi europei di tutela degli investimenti; ed ancora, quanto all'obbligo di esternazione delle attivita' svolte, per violazione degli artt. 41 e 97 della Costituzione, violazione dei principi di certezza del diritto, irretroattivita' della norma e proporzionalita'. 2. L'adito tribunale amministrativo con la sentenza segnata in epigrafe, nella resistenza dell'A.NA.C. e con l'intervento ad adiuvandum di Utilitalia (Federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell'acqua, ambiente, energia elettrica, gas e telecomunicazioni), in accoglimento dell'eccezione preliminare sollevata dalla difesa erariale, dichiarava inammissibile il ricorso ed i motivi aggiunti per carenza di immediata e concreta lesivita' degli atti impugnati. Dopo aver premesso che le linee guida impugnate erano state emanate in attuazione del sopra citato art. 177, comma 3, del codice dei contratti pubblici, il giudice di primo grado evidenziava che il potere dell'A.NA.C. di emanare direttive in materia doveva intendersi limitato alla sola individuazione delle modalita' di verifica e calcolo delle percentuali di esternalizzazioni imposte dal comma 1 della medesima disposizione, senza poter estendersi all'emanazione di direttive interpretative di quest'ultimo comma o riguardanti l'ammontare della sanzioni; di conseguenza la parte prima delle linee guida, «deputata a delimitare l'ambito oggettivo e soggettivo nonche' l'ambito temporale di applicazione delle nuove percentuali di esternalizzazione», poteva considerarsi espressione del potere regolatorio attribuito all'ANAC non gia' ai sensi dell'art. 177, comma 3, ma dell'art. 213, comma 2, del medesimo codice dei contratti pubblici, ovvero di linee guida non vincolanti, come tali prive di «una portata lesiva, assolvendo allo scopo, al pari delle circolari interpretative, di sopportare l'amministrazione e favorire comportamenti omogenei». Identica carenza di carattere lesivo il giudice di primo grado riconosceva anche alla parte seconda delle Linee guida n. 11 - benche' autoqualificata come vincolante e recante la specificazione di taluni obblighi in capo al concedente e ai concessionari anche in relazione alla pubblicazione di dati riguardanti la concessione - sul rilievo che la lesione della posizione giuridica dei concessionari sarebbe derivata non gia' immediatamente dalle mere prescrizioni in esse contenute, quanto piuttosto dal successivo atto applicativo di contestazione dell'esistenza di una «situazione di squilibrio», all'esito della prima verifica annuale successivo alla scadenza del termine per l'adeguamento alle previsioni dell'art. 177, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Uguale carenza di lesione concreta ed attuale era riconosciuto anche all'atto impugnato con i motivi aggiunti, trattandosi di un generico invito rivolto agli enti concedenti a collaborare per assicurare il rispetto degli obblighi nascenti dalla disposizioni e nel raccogliere i dati necessari. 3. Con rituale e tempestivo atto di appello A2A Illuminazione Pubblica S.r.l. ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendo l'erroneita' e l'ingiustizia alla stregua di tre ordini di motivi. Con il primo, denunciando «Error in iudicando. Illogicita' e contraddittorieta' della motivazione», ha rilevato che, pur avendo correttamente premesso che il potere dell'A.NA.C. doveva ritenersi limitato alla sola individuazione delle modalita' di verifica e di calcolo delle percentuali di esternalizzazione imposte dall'art. 177, comma 3, del codice dei contratti pubblici, e che conseguentemente la parte prima delle linee guida n. 11 non costituiva espressione del potere regolatorio dell'Autorita' e non aveva pertanto portata immediatamente lesiva, nondimeno contraddittoriamente il tribunale aveva escluso il carattere lesivo anche della parte seconda delle linee guida, espressamente qualificata di natura vincolante, ritenendo che la lesivita' fosse da riconoscere solo ai successivi atti sanzionatori adottati nei confronti dei concessionari per situazioni di squilibrio. Secondo l'appellante, invece, innanzitutto non poteva negarsi che anche le indicazioni contenute nella parte prima delle linee guida (laddove - punto 2.1. - prevedeva l'applicazione dell'art. 177 del decreto legislativo n. 50 del 2016, non gia' ai soli contratti affidati all'esterno, ma a tutte le attivita' rientranti nelle concessione, vietandone l'esecuzione diretta se non nella limitatissima misura del 20% e laddove - punto 1.4. - conteneva l'indicazione delle fattispecie di esclusione) erano immediatamente lesive; quanto poi alle indicazioni contenute nella parte seconda, eccedevano l'ambito di intervento previsto dal comma 3 del medesimo art. 177 quelle concernenti le modalita' di calcolo delle penali da applicare in caso di squilibrio rispetto ai limiti percentuali, gli obblighi di pubblicazione e le modalita' di verifica delle quote percentuali indicate dall'art. 177 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con conseguente illegittimita' delle linee guida nel loro complesso per mancanza di base normativa. Secondo A2A Illuminazione Pubblica il tribunale avrebbe pertanto errato nel ritenere le linee guida prive di immediata lesivita' e non immediatamente impugnabili, malgrado l'irragionevole alternativa da esse posta a carico dei concessionari: il rispetto delle stesse, con immediati effetti negativi sui loro processi produttivi a causa della massiccia esternalizzazione di attivita', foriera di gravi conseguenze anche sotto il profilo sociale; oppure il loro mancato rispetto, col rischio di subire la sanzione. Sotto quest'ultimo profilo - ha aggiunto l'appellante - si trarrebbe conferma dell'immediata lesivita' delle linee guida n. 11 che, lungi dall'essere atto meramente interpretativo, esplicano effetti lesivi diretti e immediati sui concessionari. Carattere di immediata e diretta lesivita', secondo A2A Illuminazione Pubblica, doveva riconoscersi anche all'Atto di segnalazione dell'A.NA.C., impugnato con i motivi aggiunti, col quale veniva ribadito l'obbligo di applicazione generalizzato delle linee guida n. 11 e dell'art. 177, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016, e riaffermato il potere/dovere di verifica su tutti i concessionari e di applicazione delle sanzioni in caso di inosservanza dei limiti percentuali di cui al comma 1 del medesimo art. 177. Con il secondo, rubricato «A. Illegittimita' delle linee guida 11», sono state riproposte le censure sollevate col ricorso ed i motivi aggiunti, non esaminate dal giudice di primo grado a causa della declaratoria di inammissibilita' e cioe': «I. Illegittimita' delle linee guida 11, per violazione dell'art. 177, comma 3 - Sviamento ed eccesso di potere - Difetto di competenze»; «II. Illegittimita' delle linee guida 11 per l'introduzione di un obbligo generalizzato di esternalizzazione e divieto di esecuzione diretta per i concessionari - Violazione dell'art. 177 - Necessita' di una interpretazione costituzionalmente orientata»; «III. Illegittimita' delle linee guida 11 - Mancata esclusione dei concessionari attivi nei settori speciali - Violazione dell'art. 177, delle Direttive e dei principi europei a tutela degli investimenti»; «IV Illegittimita' delle linee guida 11 - Mancata esclusione dei concessionari titolari di affidamenti antecedenti al 31 dicembre 2004 - Violazione e falsa applicazione dell'art. 34, comma 22 del decreto legislativo n. 179/2012». Con il terzo, intitolato «B. Illegittimita' costituzionale delle linee guida 11 e dell'art. 177», sono stati prospettati anche i dubbi di legittimita' costituzionale delle basi normative delle linee guida [art. 177 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e art. 1, lett. iii) della legge delega n. 11 del 2016], cosi' articolati: «V. Sulla violazione degli artt. 76, 11, 117, 97 e 4 della Costituzione anche con riferimento alla violazione degli artt. 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, dell'art. 14, commi 24-bis e ss. della legge 28 novembre 2005, n. 245, art. 1, comma 1, legge 11/2006 e dell'art. 2 della direttiva n. 2014/23 nonche' dei principi europei di tutela degli investimenti»; «VI. Sull'obbligo di esternalizzazione delle attivita'. Violazione artt. 41 e 97 della Costituzione. Violazione del principio di certezza del diritto. Violazione del principio di irretroattivita' della norma. Violazione del principio di proporzionalita'». 4. Ha resistito al gravame l'A.NA.C. che ne ha chiesto il rigetto per inammissibilita' ed infondatezza. 5. All'udienza pubblica del 25 giugno 2020, tenuta da remoto ai sensi del comma 6 dell'art. 84 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, sentiti gli avvocati, come in epigrafe segnati, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del decreto-legge n. 28 del 2020, la causa e' stata trattenuta in decisione. Diritto 6. Ai fini della decisione occorre premettere quanto segue. 6.1. La legge 28 gennaio 2016, 11 (Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive n. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) ha delegato il Governo «...ad adottare, entro il 18 aprile 2016, un decreto legislativo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, rispettivamente sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, di seguito denominato «decreto di recepimento delle direttive», nonche', entro il 31 luglio 2016, un decreto legislativo per il riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di seguito denominato «decreto di riordino», ferma restando la facolta' per il Governo di adottare entro il 18 aprile 2016 un unico decreto legislativo per le materie di cui al presente alinea, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e dei seguenti principi e criteri direttivi specifici, tenendo conto delle migliori pratiche adottate in altri Paesi dell'Unione europea (art. 1, comma 1): ... iii) obbligo per i soggetti pubblici e privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici gia' esistenti o di nuova aggiudicazione, di affidare una quota pari all'80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro mediante procedura ad evidenza pubblica, stabilendo che la restante parte possa essere realizzata da societa' in house per i soggetti pubblici ovvero da societa' direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato, nonche' modalita' di verifica del rispetto di tali previsioni affidate anche all'ANAC, introducendo clausole sociali per la stabilita' del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalita' e prevedendo, per le concessioni gia' in essere, un periodo transitorio di adeguamento non superiore a ventiquattro mesi ed escludendo dal predetto obbligo unicamente le concessioni in essere o di nuova aggiudicazione affidate con la formula della finanza di progetto e le concessioni in essere o di nuova aggiudicazione affidate con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea per le quali continuano comunque ad applicarsi le disposizioni in materia di affidamento di contratti di appalto vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge» [art. 1, comma 1, lett. iii)]. 6.2. In attuazione di tali deleghe e' stato emanato il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, successivamente modificato ed integrato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56. 6.2.1. In particolare, in attuazione del ricordato criterio di delega sub iii), l'art. 177, nel testo originario, ha stabilito quanto segue: «1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7, i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture gia' in essere alla data di entrata in vigore del presente codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 curo e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilita' del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalita'. La restante parte puo' essere realizzata da societa' in house di cui all'articolo 5 per i soggetti pubblici, ovvero da societa' direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. 2. Le concessioni di cui al comma 1 gia' in essere si adeguano alle predette disposizioni entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice. 3. La verifica del rispetto dei limiti di cui al comma 1, pari all'ottanta per cento, da parte dei soggetti preposti e dell'ANAC viene effettuata annualmente, secondo le modalita' indicate dall'ANAC stessa in apposite linee guida, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Eventuali situazioni di squilibrio rispetto ai limiti indicati devono essere riequilibrate entro l'anno successivo. Nel caso di situazioni di squilibrio reiterate per due anni consecutivi, il concedente applica una penale in misura pari al 10 per cento dell'importo complessivo dei lavori, servizi o forniture che avrebbero dovuto essere affidati con procedura ad evidenza pubblica». 6.2.2. Il predetto art. 177 e' stato oggetto di una pluralita' di interventi di modifica ed integrazione (artt. 1, comma 568, lett. a) e lett. b) della legge 27 dicembre 27 dicembre 2017, n. 205; art. 1, comma 20, lett. bb) del decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55; art. 1, comma 9-bis del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8). Attualmente esso e' del presente tenore: «1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7, i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture gia' in essere alla data di entrata in vigore del presente codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilita' del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalita'. La restante parte puo' essere realizzata da societa' in house di cui all'articolo 5 per i soggetti pubblici, ovvero da societa' direttamente o indirettamente controllate o collegate per soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. Per i titolari di concessioni autostradali, ferme restando le altre disposizioni del presente comma, la quota di cui al primo periodo e' pari al sessanta per cento. 2. Le concessioni di cui al comma 1 gia' in essere si adeguano alle predette disposizioni entro il 31 dicembre 2021. Le concessioni di cui al comma 1, terzo periodo, gia' in essere si adeguano alle predette disposizioni entro il 31 dicembre 2020. 3. La verifica del rispetto dei limiti di cui al comma 1 da parte dei soggetti preposti e dell'ANAC viene effettuata annualmente, secondo le modalita' indicate dall'ANAC stessa in apposite linee guida, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Eventuali situazioni di squilibrio rispetto ai limiti indicati devono essere riequilibrate entro l'anno successivo. Nel caso di situazioni di squilibrio reiterate per due anni consecutivi, il concedente applica una penale in misura pari al 10 per cento dell'importo complessivo dei lavori, servizi o forniture che avrebbero dovuto essere affidati con procedura ad evidenza pubblica». 6.2.3. E' stato evidenziato (parere Consiglio di Stato, comm. Spec., n. 1582 del 20 giugno 2018) che si tratta di una disposizione «estranea al perimetro delle direttive UE 23, 24 e 25/2014, diretta ai concessionari in quanto tali, a prescindere dalla loro natura pubblica o privata, la cui ratio evidentemente risiede nella volonta' del legislatore di restituire, a valle, parte della concorrenza "per il mercato" mancata a monte, secondo uno schema che ovviamente ha ad oggetto, in quota parte, le prestazioni relative alle concessioni a suo tempo affidate direttamente...»; in tal modo il legislatore ha quindi inteso adeguare «...seppure in via mediata e indiretta, l'originario rapporto concessorio alla "concorrenza per il mercato", fatto proprio... per il tramite del recepimento della direttiva n. 2014/23/UE e soprattutto dei principi generali della Costituzione e del Trattato in modo da garantire al mercato quelle quote di lavori, servizi e forniture per lungo tempo affidate senza l'uso di procedure ad evidenza pubblica, atteso il regime previgente al codice, al riparo dalla competizione, senza con cio' incidere sull'esistenza e a durata dell'originaria concessione, in una logica che puo' dirsi riequilibratrice e non sanzionatorie». E' da aggiungere peraltro che, come pure evidenziato nel citato parere, una norma analoga era contenuta anche nel precedente codice dei contratti (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) per i concessionari stradali (art. 253, comma 25; identica ratio ispirava anche l'art. 146 quanto ai concessionari di lavori pubblici), anch'essa da considerarsi espressiva della preoccupazione del legislatore che nelle concessioni, tanto piu' se affidate senza gara, possa determinarsi una sostanziale situazione di monopolio della domanda in grado di alterare la concorrenza con aumento dei costi per la gestione della concessione stesse e traslazione dei relativi oneri sugli utenti e contribuenti. A base delle disposizioni di legge ora richiamate si pone la considerazione che negli affidamenti senza gara il concessionario possa dunque sterilizzare il «rischio operativo» su di esso gravante per norme di legge tipizzatrici della istituto [art. 3, comma 1, lett. uu) e vv); rispettivamente per le concessioni di lavori e per le concessioni di servizi]. 6.3. L'A.N.A.C. ha dato applicazione alla previsione del terzo comma dell'art. 177, comma 3, del codice dei contratti pubblici, come successivamente modificato ed integrato, approvando con deliberazione n. 614 del 4 luglio 2018 le linee guida n. 11. Esse sono articolate in due parti: la parte prima, di natura dichiaratamente interpretativa, resa ai sensi dell'art. 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici, al fine di favorire la corretta e omogenea applicazione della normativa, e quindi di carattere non vincolante, contiene indicazioni su «Ambito di applicazione dell'articolo 177 del codice dei contratti pubblici» (par. 1); «I contratti assoggettati alle previsioni dell'articolo 177 del codice dei contratti pubblici» (par. 2); «Ambito temporale di applicazione dell'articolo 177 del codice dei contratti pubblici» (par. 3); la parte seconda contiene indicazioni operative rese ai sensi dell'art. 177, comma 3 del codice dei contratti pubblici, di carattere dichiaratamente vincolante, concernenti la «Situazione di squilibrio e quantificazione della penale» (par. 4); gli «Obblighi di pubblicazione» (par. 5) e le «Attivita' di verifica» (par. 6). 7. Cio' premesso, passando all'esame del primo motivo d'appello, si osserva quanto segue. 7.1. A2A Illuminazione Pubblica sostiene in sintesi innanzitutto che, diversamente da quanto erroneamente e contraddittoriamente ritenuto dal tribunale, alla apprezzata natura vincolante della parte seconda delle linee guida avrebbe dovuto conseguire l'accertamento della loro immediata lesivita', per cui il ricorso sarebbe ammissibile (e analoga lesivita' dovendo riconoscersi all'Atto di segnalazione dell'A.NA.C., impugnato con motivi aggiunti). Peraltro, sempre secondo la tesi dell'appellante, anche la parte prima delle predette linee guida avrebbe natura vincolante e carattere immediatamente lesivo con riguardo al punto 2.1. (che prevede l'applicazione dell'art. 177 non gia' ai soli contratti affidati all'esterno, bensi' a tutte le attivita' rientranti nelle concessioni, vietando di conseguenza l'esecuzione diretta) e al punto 1.4 (che elenca le fattispecie escluse dall'applicazione dell'art. 177). Sotto altro concorrente profilo, per A2A Illuminazione Pubblica, le indicazioni di natura vincolante contenute nella parte seconda, relative alle modalita' di calcolo delle penali da applicare in caso di squilibrio rispetto ai limiti percentuali, agli obblighi di pubblicazione e alle modalita' di verifica delle quote percentuali indicate nell'art. 177, avrebbero ecceduto l'ambito di intervento riservato alle linee guida ai sensi del comma 3 della disposizione in esame. A detta dell'appellante il vulnus della sua posizione giuridica deriverebbe poi direttamente dal ricordato contenuto delle linee guida n. 11, nella misura in cui esso impone agli enti concedenti e ai concessionari di adottare specifici comportamenti che non necessitano di ulteriori atti o provvedimenti (di individuazioni degli obblighi o di concessione di termini per l'adempimento), erroneo essendo in definitiva il rinvio operato dal giudice di primo grado al successivo atto sanzionatorio, quale atto effettivamente lesivo. 7.2. Il motivo e' fondato. 7.2.1. Sebbene formalmente le linee guida in esame siano articolate in due parti, tuttavia esse nel complesso costituiscono dal punto di vista logico e sistematico un corpus regolatorio unico, in cui la parte prima (di natura dichiaratamente interpretativa) e' finalizzata ad individuare il corretto ambito di applicazione dell'art. 177, su cui sono destinate ad incidere le indicazioni contenute nella seconda parte. La descritta unicita' dell'atto regolatorio impugnato fa si che la distinzione fra la natura interpretativa e non vincolante della parte prima e quella prescrittiva e vincolante della parte seconda receda nell'apprezzamento della portata immediata e direttamente lesiva - e quindi impugnabile in sede giurisdizionale amministrativa - delle linee guida nel loro complesso. 7.2.2. A tal fine deve piuttosto ricordarsi che la giurisprudenza afferma, in linea generale, che l'atto programmatorio, pianificatorio, a contenuto generale o regolamentare (categoria in cui possono annoverarsi latu sensu anche le linee guida vincolanti), non e' di per se' impugnabile se non in una con l'atto applicativo che ne abbia in concreto reso attuale la lesione nella sfera giuridica di un determinato soggetto (ex multis, Cons. Stato, V, 19 luglio 2018, n. 4401; 2 febbraio 2009, n. 529; VI, 2 marzo 2015, nn. 994 e 995; 5 marzo 2015, n. 1095; 18 aprile 2013, n. 2144), cio' anche in ragione del fatto che solo a seguito di tale atto applicativo puo' acquisirsi la pena conoscenza e percezione della prescrizione generale pregiudizievole per l'interessato (Cons. Stato, V, 6 ottobre 2016, n. 4130). Tuttavia e' stata riconosciuta l'impugnabilita' degli atti anche generali o regolamentari aventi portata immediatamente prescrittiva ovvero che vincolino la successiva attivita' amministrativa di guisa che il successivo atto si atteggi quale atto meramente dichiarativo o ricognitivo (Cons. Stato, V, 23 aprile 2019, n. 2572). 7.2.3. Nel caso di specie, anche a voler prescindere dalla circostanza che la censura con cui l'appellante ha lamentato che con le linee guida in questione l'A.NA.C. avrebbe regolato in concreto aspetti non rientranti nei limiti indicati dal comma 3 dell'art. 177 sarebbe gia' di per se' sufficiente a rendere lesive le predette linee guida ed ammissibile il relativo ricorso (indipendentemente dalla sua fondatezza), in ogni caso costituiscono vincoli conformativi puntuali alla successiva attivita' degli enti concedenti e dei concessionari, in capo ai quali non residuano facolta' di modulazione quanto al contenuto e all'estensione, neppure sotto il profilo temporale (quest'ultimo in realta' gia' fissato direttamente dalla legge), le seguenti indicazioni in esse contenute: le modalita' operative, attraverso nuove esternalizzazioni; il rinnovo con procedure di evidenza pubblica delle esternalizzazioni gia' avvenute a mezzo di contratto man mano che scadono; la cessazione degli affidamenti diretti a societa' in house o collegate, eventualmente previo recesso, e temporali, entro l'anno successivo, per il riequilibrio delle situazioni di criticita'; le modalita' di calcolo della sanzione (sull'importo complessivo dei contratti affidati senza gara oltre i limiti percentuali consentiti dalla norma nella misura in cui lo squilibrio non sia recuperato nell'anno successivo); gli obblighi di pubblicazione dei dati sulle concessioni a carico degli enti concedenti e dei concessionari (in particolare, per gli enti concedenti: data della sottoscrizione del contratto; oggetto della concessione; valore stimato della concessione; stato della concessione, con indicazione delle attivita' svolte e delle attivita' residue; dati del concessionario; per i concessionari: dati ed informazioni riferiti ai contratti affidati con procedura ad evidenza pubblica; programma annuale degli affidamenti; incidenza percentuale dei contratti affidati con gara sul totale dei contratti relativi alla concessione; entita' delle eventuali situazioni di squilibrio e interventi proposti per il riequilibrio, con indicazione del relativo cronoprogramma; informazioni circa i contratti affidati senza gara) e la altrettanto puntuale indicazione delle modalita' di verifica delle quote di affidamento da parte degli enti concedenti. Le indicazioni ora richiamate oltre ad essere immediatamente applicabili, senza bisogno dell'intermediazione di ulteriori provvedimenti attuativi, sono pertanto da ritenersi del pari immediatamente lesive, nella misura in cui, come sottolineato dall'appellante, pongono i concessionari di fronte all'alternativa tra l'adeguarsi ad esse o subirne le conseguenze a mezzo del successivo provvedimento applicativo della penale. 7.3. Per tutte le ragioni esposte in accoglimento del primo motivo di appello la sentenza impugnata deve essere riformata e il ricorso di primo grado della A2A Illuminazione Pubblica va dichiarato ammissibile. 8. Deve di conseguenza procedersi all'esame delle censure sollevate in primo grado col ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti ed espressamente riproposte con l'appello in trattazione. Esse sono articolate in due autonome serie, la prima delle quali riguarda la dedotta illegittimita' delle linee guida n. 11 (in particolare per violazione dell'art. 177, comma 3, del codice dei contratti pubblici, sviamento ed eccesso di potere, difetto di competenza; mancata esclusione dei concessionari attivi nei settori speciali, violazione delle Direttive e dei principi europei a tutela degli investimenti; mancata esclusione dei concessionari titolari di affidamenti antecedenti al 31 dicembre 2004, violazione e falsa applicazione dell'art. 34, comma 22 del decreto legislativo n. 179/2012); la seconda concernente i dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 177 del decreto legislativo 50 del 2016 e dell'art. 1, lett. iii) della legge n. 18 del 2016 (per violazione degli artt. 76, 11, 117, 97 e 3 della Costituzione, anche con riferimento alla violazione degli artt. 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, dell'art. 14, commi 24-bis e seguenti della legge 28 novembre 2005, n. 247, art. 1, comma 1, della legge n. 11 del 2016 e dell'art. 2 della direttiva n. 2014/23, nonche' dei principi europei di tutela degli investimenti e sull'obbligo di esternalizzazione delle attivita'; violazione degli artt, 41 e 97 della Costituzione, violazione dei principi di irretroattivita' della norma e di proporzionalita'). 9. Essendo pacifico ed incontestato che le linee guida n. 11 sono state emanate in applicazione dell'art. 177, comma 3, del codice dei contratti pubblici, e affermata l'ammissibilita' della loro immediata impugnazione, priorita' logico-giuridica impone di iniziare l'esame delle censure da quelle che appuntano sotto vari profili dubbi di costituzionalita' della norma di delega, di cui al sopra citato art. 1, comma 1, lett. iii) della legge n. 11 del 2016, e di quella delegata, contenuta nel medesimo art. 177. 10. Come si e' gia' avuto modo di osservare in precedenza, la norma di delega e' «estranea al perimetro delle direttive UE 23, 24 e 2512014, diretta ai concessionari in quanto tali, a prescindere dalla loro natura pubblica o privata, la cui ratio evidentemente risiede nella volonta' del legislatore di restituire, a valle, parte della concorrenza "per il mercato" mancata a monte, secondo uno schema che ovviamente ha ad oggetto; in quota parte, le prestazioni relative alle concessioni a suo tempo affidate direttamente...». Si e' con essa inteso adeguare «... seppure in via mediata e indiretta, l'originario rapporto concessorio alla "concorrenza per il mercato", fatto proprio... per il tramite del recepimento della direttiva 20141231UE e soprattutto dei principi generali della Costituzione e del Trattato in modo da garantire al mercato quelle quote di lavori, servizi e forniture per lungo tempo affidate senza l'uso di procedure ad evidenza pubblica, atteso il regime previgente al codice, al riparo dalla competizione, senza con cio' incidere sull'esistenza e a durata dell'originaria concessione, in una logica che puo' dirsi riequilibriatrice e non sanzionatorie» (parere Cons. Stato, comm. Spec., n. 1582 del 5 giugno 2018). La circostanza che tali disposizioni, per un verso, non costituiscano recepimento delle direttive comunitarie, mentre, per altro verso, rappresentino (meri) strumenti attuativi dei principi comunitari di concorrenza e di massima apertura al mercato, escludono in radice la fondatezza dei prospettati dubbi di violazione delle direttive comunitarie e piu' in generale dei principi comunitari. Cio' anche con riguardo al divieto del c.d. gold plating (ex art. 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e art. 14, commi 24-bis, ter e quater della legge 28 novembre 2005, n. 245), in relazione al quale possono essere richiamati i rilievi svolti dalla Corte Costituzione nella sentenza 27 maggio 2020, n. 100, secondo cui con esso si vuole impedire che siano introdotti «oneri amministrativi e tecnici, ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa comunitaria, che riducano la concorrenza in danno delle imprese e dei cittadini». Resta da aggiungere per completezza che la sopra ricordata ratio delle norme (delegante e delegata) esclude altresi' la pretesa violazione dell'articolo 43 della direttiva n. 2014/23, su cui ha insistito l'appellante per evidenziare che nella disciplina comunitaria tra le cause che legittimano la modifica dei contratti non e' prevista quella che si ricollega all'esigenza di aprire alla concorrenza il mercato su cui incide la concessione stessa: cio' per l'intuitiva constatazione che la norma invocata presuppone che la concessione sia stata affidata a mezzo di procedura ad evidenza pubblica, il che pacificamente non e' avvenuto per quella di cui alla stato risulta titolare l'appellante. 11. Posto poi che, diversamente da quanto prospettato dall'appellante, ne' dal criterio direttivo di cui all'art. 1, comma 1, lett. iii), della legge n. 11 del 2016, ne' dal tenore letterale dell'art. 177 del codice dei contratti pubblici si evince che l'obbligo dei concessionari di esternalizzare l'attivita' complessivamente svolta abbia un qualche effetto retroattivo, resta da verificare la conformita' a Costituzione dell'obbligo in questione, in particolare con gli artt. 41, 3 e 97 della Carta fondamentale. 12. Innanzitutto deve escludersi la possibilita' di percorrere la pur suggestiva interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni di legge ora richiamate proposta da A2A Illuminazione Pubblica. Con essa si sostiene che per escludere l'effetto di una intera (e per l'appellante devastante) dismissione della concessione affidatale si dovrebbe computare la «quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pario superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni» sulla sola parte della concessione che il suo titolare intenda effettivamente esternare. Sul punto, anche a voler prescindere dalla gia' decisiva considerazione che il tenore letterale della norma non lascia dubbi sull'intenzione del legislatore, e' dirimente la considerazione che in tal modo la finalita' perseguita dal legislatore finirebbe per essere irragionevolmente rimesso alla sola volonta' del concessionario, senza che siano stati neppure vagamente indicati i criteri, oggettivi e inequivoci, cui tale volonta' dovrebbe essere improntata per il rispetto degli interessi pubblici in gioco. Inoltre la tesi proposta dall'appellante e' stata gia' respinta dal Consiglio di Stato in sede consultiva, in occasione sia del parere reso sul decreto correttivo al codice dei contratti pubblici (parere 30 marzo 2017, n, 782), sia di quello sulle linee guida n. 11 (parere 20 giugno 2018, n. 1582, piu' volte richiamato), in cui e' stato evidenziato che quella avversata dall'appellante e' l'unica interpretazione plausibile, oltre che conforme al criterio direttiva di cui alla legge delega; ne' sono stati evidenziati nuovi e diversi profili idonei a far rimeditare le conclusioni gia' cosi raggiunte. 13. Esclusa l'interpretazione costituzionalmente conforme, le questioni di legittimita' costituzionale sollevate da A2A Illuminazione Pubblica divengono allora rilevanti nel presente giudizio, nella misura in cui le linee guida in esso impugnate, con specifico riguardo alla parte prima, si manifestano come coerente interpretazione e diretta applicazione dell'art. 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici, a sua volta emanato in attuazione del criterio direttivo enunciato nel piu' volte citato art. 1, comma 1, lett. iii), della legge delega n. 11 del 2016, oltre che - in relazione all'interesse all'immediata impugnazione, positivamente sopra accertato - come presupposto per l'esercizio dei poteri di controllo e sanzionatori dell'Autorita' di vigilanza di settore previsti nella parte seconda delle medesime linee guida. 13.1. Le medesime questioni di legittimita' costituzionale risultano inoltre non manifestamente infondate, innanzitutto sotto il profilo della liberta' di impresa sancito dall'art. 41 della Costituzione. Si pone in particolare in tensione con la citata garanzia costituzionale l'obbligo imposto ai concessionari (titolari di concessioni di importo pari o superiore a euro 150.000, come nel caso di specie) di dismettere l'intera concessione: a terzi, mediante procedura ad evidenza pubblica, per una quota all'80% dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alla concessione; a soggetti riconducibili al medesimo concessionario per il restante 20% (societa' in house di cui all'art. 5, decreto legislativo n. 50 del 2016 per i soggetti pubblici; societa' direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati); ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato (le indicate percentuali variano peraltro per i concessionari autostradali rispettivamente al 60% e al 40%). Come in precedenza esposto, l'obbligo di messa a gara e' giustificato sul piano logico - giuridico e su quello sistematico dall'esigenza di ripristinare la concorrenza «per il mercato» mancata in occasione dell'affidamento della concessione, avvenuto senza gara. Sennonche', attraverso una sua applicazione riferita all'intera concessione l'obbligo in questione e' suscettibile di comportare uno stravolgimento degli equilibri economico-finanziari sottesi allo stesso rapporto concessori in questione, su cui si fondano le scelte di pianificazione ed operative del concessionario/imprenditore. L'attivita' di quest'ultimo viene quindi ridotta a quella di una mera stazione appaltante, con l'unico compito di disciplinare ed attuare, secondo le direttive delle linee guida e degli enti concedenti, l'affidamento a terzi, estranei o a se' riconducibili, di quella che originariamente costituiva il proprium dell'unitaria concessione affidata dall'amministrazione. Come inoltre plausibilmente sostenuto dall'appellante, un simile svuotamento della concessione appare foriero di una vera e propria disgregazione del sottostante compendio aziendale, con conseguente depauperamento anche del patrimonio di conoscenze tecniche e tecnologiche e di professionalita' maturate dal concessionario nello svolgimento del rapporto, il quale non si pone in funzione del solo profitto privato, ma anche dell'interesse pubblico all'attuazione della concessione. Per tutto quanto finora esposto, l'obbligo di dismissione totalitaria previsto dalle disposizioni di legge censurate, ancorche' finalizzato a sanare l'originaria violazione dei principi comunitari di libera concorrenza consumatasi in occasione dell'affidamento senza gara della concessione, si traduce per un verso in un impedimento assoluto e definitivo di proseguire l'attivita' economica privata, comunque intrapresa ed esercitata in base ad un titolo amministrativo legittimo sul piano interno, secondo le disposizioni di legge all'epoca vigenti; e per altro verso va a snaturare il ruolo del privato concessionario, ridotto ad articolazione operativa degli enti concedenti, rispetto alla sua funzione di soggetto proposto dall'amministrazione all'esercizio di attivita' di interesse pubblico. Nel perseguimento di legittimi obiettivi riconducibili ad imperativi di matrice eurounitaria il legislatore sembra cosi avere totalmente pretermesso le contrapposte esigenze di tutela della liberta' di impresa ai sensi del sopra citato art. 41 della Costituzione e di mantenimento della funzionalita' complessiva della concessione, altre volte invece considerate in funzione limitatrice degli obblighi di dismissione a carico del concessionario senza gara (si rinvia ai sopra citati artt. 146 e 253, comma 25, del previgente codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163). 13.2. Le considerazioni ora svolte inducono a ritenere non manifestamente infondate le questioni di costituzionalita' degli artt. 1, comma 1, lett. iii), della legge delega e 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici anche con riguardo all'art. 3, comma 2, della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza. L'obbligo di dismissione totalitaria dei lavori, servizi e forniture relativi ad una concessione affidata senza gara sembra infatti eccedere i pur ampi limiti con cui la discrezionalita' legislativa puo' essere esercitata in riferimento al sovraordinato parametro di costituzionalita' ora richiamato, a causa delle conseguenze sopra descritte. Al medesimo riguardo va aggiunto che rispetto all'integrale esecuzione della concessione e' apprezzabile un affidamento del privato affidatario che non puo' essere ritenuto irragionevole o colpevole, tenuto conto della validita' del titolo costitutivo all'epoca della sua formazione e dunque dell'inesistenza di cause - anche occulte - di contrarieta' delle stesse all'ordinamento interno (cause che diversamente avrebbero potuto legittimare l'annullamento, la risoluzione o la riduzione della durata della concessione). La scelta legislativa, pur legittimamente orientata a rimuovere rendite di posizione, non appare pertanto equilibrata rispetto alle contrapposte e altrettanto legittime aspettative dei concessionari di proseguire l'attivita' economica in corso di svolgimento, con l'inerente realizzazione degli equilibri economico - finanziari su cui erano stati pianificati i relativi investimenti; e di mantenimento delle conoscenze strategiche, tecniche e tecnologiche acquisite e la professionalita' acquisite, rilevanti anche sotto il profilo dell'interesse pubblico. Ancora sotto il profilo della ragionevolezza puo' essere evidenziato il fatto che l'obbligo di dismissione di cui si discute riguarda indistintamente i concessionari titolari di affidamento senza gara, indipendentemente dalla effettiva dimensione della struttura imprenditoriale che gestisce la concessione, dall'oggetto e dall'importanza del settore strategico cui si riferisce la concessione, oltre che dal suo valore economico e dal fatto che il contratto di concessione fosse ancora in vigore al momento dell'entrata in vigore dell'art. 177 decreto legislativo n. 50 del 2016, ovvero se la concessione fosse scaduta e che versasse in una situazione di proroga, di fatto o meno. 13.3. Per le medesime considerazioni le questioni di legittimita' costituzionale appaiono non manifestamente infondate in relazione all'art. 97, comma 2, della Costituzione, dal momento che le concessioni cui si riferisce l'obbligo di dismissione totalitaria concernono servizi pubblici essenziali, evidentemente rispondenti a bisogni fondamentali della collettivita' ed affidati a concessionari privati per l'incapacita' strutturale delle amministrazioni pubbliche di gestirli in modo efficiente ed efficace. Cio' posto la norma delegante e delegata non risultano contenere alcuna considerazione circa gli effetti di tale obbligo di dismissione sull'efficiente svolgimento di tali servizi pubblici essenziali e sulle possibili ricadute sull'utenza. 14. Alla luce delle considerazioni che precedono sono pertanto rilevanti (in ragione dell'accertata ammissibilita' del ricorso e dei motivi aggiunti) e non manifestamente infondate, con riferimento agli artt. 41, comma 1, 3, comma 2, e 97, comma 2 della Costituzione, le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11, e dell'art. 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui stabiliscono l'obbligo per i soggetti pubblici e privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture gia' in essere all'entrata in vigore del codice dei contratti pubblici, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, di affidare una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilita' del personale e per la salvaguardia delle professionalita', prevendo che la restante parte possa essere realizzata da societa' in house di cui all'art. 5 per i soggetti pubblici, ovvero da societa' direttamente o indirettamente controllate ^ collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. 15. In conclusione non definitivamente pronunciando sull'appello come segnato in epigrafe, lo stesso deve essere accolto in parte e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, deve essere dichiarato ammissibile il ricorso di primo grado, integrato da motivi aggiunti. Per il resto - ricordato che la questione di legittimita' costituzionale puo' essere sollevata anche con sentenza non definitiva (Corte costituzionale sentente nn. 116/2018; 256/2010; 275/2013; 151/2009) - il presente giudizio deve essere sospeso, in parte qua, fino alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. Ai sensi dell'art. 23, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la presente sentenza non definitiva sara' comunicata alle parti costituite e notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sara' comunicata anche al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati.
P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, cosi' provvede: a) accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara ammissibile il ricorso ed i motivi aggiunti proposti in primo grado; b) esaminando questi ultimi, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita'. costituzionale, con riferimento agli artt. 41, comma 1, 3, comma 2, e 97, comma 2 della Costituzione, dell'art. 1, comma 1, lett. iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11, e dell'art. 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nei sensi di cui in motivazione; c) dispone la sospensione del presente giudizio e ordina alla Segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; d) ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata anche ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso nella camera di consiglio del 25 giugno 2020, tenuta da remoto ex art. 84, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, con l'intervento dei magistrati: Carlo Saltelli, presidente; Fabio Franconiero, consigliere, estensore; Valeria Perotti, consigliere; Angela Rotondano, consigliere; Stefano Fantini, consigliere. Il Presidente: Saltelli L'estensore: Franconiero