N. 166 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 agosto 2020

Ordinanza del 19 agosto 2020  del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto  da  A2A  Illuminazione  Pubblica  srl  c/ANAC  -  Autorita'
Nazionale Anticorruzione, Comune di Cassano D'Adda e Utilitalia.. 
 
Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici  -  Affidamenti  dei
  concessionari - Obbligo per i soggetti pubblici o privati, titolari
  di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di  forniture  gia'
  in essere alla data di entrata in vigore del codice  dei  contratti
  pubblici, non affidate con la formula della  finanza  di  progetto,
  ovvero con procedure  di  gara  ad  evidenza  pubblica  secondo  il
  diritto dell'Unione europea, di affidare una quota pari all'ottanta
  per cento dei contratti di lavori,  servizi  e  forniture  relativi
  alle concessioni di importo pari  o  superiore  a  150.000  euro  e
  relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza  pubblica,
  introducendo clausole sociali e per la stabilita' del  personale  e
  per la salvaguardia delle  professionalita'  -  Previsione  che  la
  restante parte possa essere realizzata da societa' in house  per  i
  soggetti pubblici, ovvero da societa' direttamente o indirettamente
  controllate o collegate per  i  soggetti  privati,  ovvero  tramite
  operatori individuati  mediante  procedure  ad  evidenza  pubblica,
  anche di tipo semplificato. 
- Legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo  per  l'attuazione
  delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del  Parlamento
  europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014,  sull'aggiudicazione
  dei contratti  di  concessione,  sugli  appalti  pubblici  e  sulle
  procedure d'appalto degli enti erogatori  nei  settori  dell'acqua,
  dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche'  per  il
  riordino della disciplina vigente in materia di contratti  pubblici
  relativi a lavori, servizi e forniture), art. 1, comma  1,  lettera
  iii); decreto  legislativo  18  aprile  2016,  n.  50  (Codice  dei
  contratti pubblici), art. 177, comma 1. 
(GU n.49 del 2-12-2020 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale - Sezione Quinta 
 
    ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso in
appello iscritto al  numero  di  registro  generale  8857  del  2019,
proposto da 
        A2A Illuminazione Pubblica  S.r.l.,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Flavio Iacovone, Bernardo Giorgio Mattarella e  Francesco  Sciaudone,
con domicilio eletto presso il loro studio, in Roma, via Pinciana, n.
25; 
    Contro: 
        ANAC - Autorita' Nazionale  Anticorruzione,  in  persona  del
presidente e  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e
difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  e'
domiciliata ope legis, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
    nei confronti: 
        Comune  di  Cassano  D'Adda,  Utilitalia  non  costituiti  in
giudizio; 
    per  la  riforma  della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio, Sezione prima,  n.  9309/2019,  resa  tra  le
parti; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio  dell'ANAC  -  Autorita'
Nazionale Anticorruzione; 
    Viste le memorie e tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza del giorno 25 giugno 2020, tenutasi con  le
modalita' previste dall'art. 84, commi 5 e 6,  del  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n.  27,  il
consigliere Fabio Franconiero e uditi da  remoto  per  le  parti,  ai
sensi dell'art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n.  28,
gli avvocati Iacovone, Mattarella, Sciaudone e l'avvocato dello Stato
Pluchino; 
    Visto l'art. 36, comma 2, codice di procedura amministrativa; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    1. La A2A Illuminazione Pubblica S.r.l., societa'  facente  parte
del  Gruppo  A2A,  gestore  di  impianti  d'illuminazione   pubblica,
artistica, semaforica e lampade votive, operante  nei  territori  dei
comuni di Milano, Brescia, Bergamo, Cassano d'Adda, Stradella,  Pieve
Emanuele   e   San   Giuliano   Milanese,   chiedeva   al   Tribunale
amministrativo regionale per  il  Lazio  l'annullamento  delle  linee
guida A.NA.C. n. 11 (approvate con deliberazione n. 614 del 4  luglio
2018 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto 2018),
recanti «Indicazioni per la verifica del rispetto del limite  di  cui
all'art. 11, comma 1, del codice, da parte dei  soggetti  pubblici  o
provati  titolati  di  concessioni  di  lavori,  servizi  pubblici  o
forniture gia' in essere alla data di entrata in  vigore  del  codice
non affidate con la formula della  finanza  di  progetto  ovvero  con
procedure di gara ed evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione
europea» (d'ora  in  avanti  anche  solo  linee  guida  n.  11);  con
successivi motivi aggiunti al ricorso originario era impugnato l'Atto
di segnalazione A.NA.C. n. 4 del  17  ottobre  2018  «Concernente  la
verifica degli affidamenti dei concessionari ai sensi  dell'art.  177
del decreto legislativo n. 50/2016 e  adempimenti  dei  concessionari
autostradali ai sensi dell'art. 178 del medesimo codice». 
    La ricorrente lamentava l'illegittimita' delle linee guida n. 11:
per violazione dell'art. 177,  comma  3,  del  codice  dei  contratti
pubblici, sviamento ed eccesso di potere e difetto di  competenza,  a
causa dell'«occupazione di spazi di regolazione non autorizzati dalla
fonte primaria», relativi all'adeguamento delle concessioni in essere
a quanto previsto dai commi 1 e 2 della  medesima  disposizione;  per
l'introduzione di un obbligo generalizzato di esternalizzazione e  il
divieto per i  concessionari  di  esecuzione  diretta  dei  lavori  e
servizi; per la mancata esclusione dal suo ambito di applicazione dei
concessionari operanti nei settori  speciali;  per  violazione  delle
direttive e dei principi europei a tutela degli investimenti; per  la
mancata esclusione dal suo ambito di  applicazione  concessionari  di
servizi pubblici locali titolari  di  affidamento  precedenti  al  31
dicembre 2004 e conseguente violazione e falsa applicazione dell'art.
34, comma 22, del decreto-legge 18 ottobre 2012,  n.  179  (Ulteriori
misure urgenti per la crescita del Paese convertito  dalla  legge  17
dicembre 2012, n. 221). 
    In via subordinata  prospettava  l'illegittimita'  costituzionale
delle linee guida n. 11 e dell'art. 177 del decreto legislativo n. 50
del 2016 in relazione agli artt. 76, 11, 117, 97  e  3  Costituzione,
anche con riferimento alla violazione dell'art.  32  della  legge  24
dicembre  2012,  n.  234   (Norme   generali   sulla   partecipazione
dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e  delle
politiche  dell'Unione  europea),  dell'art.  14,  commi   24-bis   e
successivi della legge 28 novembre 2005, n.  246  (Semplificazione  e
riassetto normativa per l'anno 2005), dell'art.  1,  comma  1,  della
legge 28 gennaio 2016,  n.  11,  di  delega  per  l'attuazione  delle
direttive europee in materia di  contratti  pubblici  e  dell'art.  2
della direttiva  n.  2014/23  sull'aggiudicazione  dei  contratti  di
concessione,  oltre  che  dei  principi  europei  di   tutela   degli
investimenti; ed ancora, quanto  all'obbligo  di  esternazione  delle
attivita'  svolte,  per  violazione  degli  artt.  41  e   97   della
Costituzione,  violazione  dei  principi  di  certezza  del  diritto,
irretroattivita' della norma e proporzionalita'. 
    2. L'adito tribunale amministrativo con la  sentenza  segnata  in
epigrafe,  nella  resistenza  dell'A.NA.C.  e  con  l'intervento   ad
adiuvandum  di  Utilitalia  (Federazione  che  riunisce  le   aziende
operanti  nei  servizi   pubblici   dell'acqua,   ambiente,   energia
elettrica, gas e telecomunicazioni), in  accoglimento  dell'eccezione
preliminare sollevata dalla difesa erariale, dichiarava inammissibile
il ricorso ed i motivi aggiunti per carenza di immediata  e  concreta
lesivita' degli atti impugnati. 
    Dopo aver premesso che  le  linee  guida  impugnate  erano  state
emanate in attuazione del sopra citato art. 177, comma 3, del  codice
dei contratti pubblici, il giudice di primo grado evidenziava che  il
potere dell'A.NA.C. di emanare direttive in materia doveva intendersi
limitato alla sola  individuazione  delle  modalita'  di  verifica  e
calcolo delle percentuali di esternalizzazioni imposte  dal  comma  1
della medesima disposizione, senza poter estendersi all'emanazione di
direttive  interpretative  di  quest'ultimo   comma   o   riguardanti
l'ammontare della sanzioni; di conseguenza la parte prima delle linee
guida, «deputata a delimitare l'ambito oggettivo e soggettivo nonche'
l'ambito  temporale  di  applicazione  delle  nuove  percentuali   di
esternalizzazione»,  poteva  considerarsi  espressione   del   potere
regolatorio attribuito all'ANAC non  gia'  ai  sensi  dell'art.  177,
comma 3, ma dell'art. 213, comma 2, del medesimo codice dei contratti
pubblici, ovvero di linee guida non vincolanti, come  tali  prive  di
«una portata lesiva, assolvendo allo scopo, al pari  delle  circolari
interpretative,   di   sopportare   l'amministrazione   e    favorire
comportamenti omogenei». 
    Identica carenza di carattere lesivo il giudice  di  primo  grado
riconosceva anche alla  parte seconda  delle  Linee  guida  n.  11  -
benche' autoqualificata come vincolante e recante  la  specificazione
di taluni obblighi in capo al concedente e ai concessionari anche  in
relazione alla pubblicazione di dati riguardanti la concessione - sul
rilievo che la lesione della posizione  giuridica  dei  concessionari
sarebbe derivata non gia' immediatamente dalle mere  prescrizioni  in
esse contenute, quanto piuttosto dal successivo atto  applicativo  di
contestazione  dell'esistenza  di  una  «situazione  di  squilibrio»,
all'esito della prima verifica annuale successivo alla  scadenza  del
termine per l'adeguamento alle previsioni dell'art. 177, comma 3, del
decreto legislativo n. 50 del 2016. 
    Uguale carenza di lesione concreta ed  attuale  era  riconosciuto
anche all'atto impugnato con i motivi  aggiunti,  trattandosi  di  un
generico invito  rivolto  agli  enti  concedenti  a  collaborare  per
assicurare il rispetto degli obblighi nascenti dalla  disposizioni  e
nel raccogliere i dati necessari. 
    3. Con rituale e tempestivo atto  di  appello  A2A  Illuminazione
Pubblica S.r.l. ha chiesto la riforma  di  tale  sentenza,  deducendo
l'erroneita' e l'ingiustizia alla stregua di tre ordini di motivi. 
    Con il primo, denunciando  «Error  in  iudicando.  Illogicita'  e
contraddittorieta' della motivazione», ha rilevato  che,  pur  avendo
correttamente premesso che il potere  dell'A.NA.C.  doveva  ritenersi
limitato alla sola individuazione delle modalita' di  verifica  e  di
calcolo delle percentuali di esternalizzazione imposte dall'art. 177,
comma 3, del codice dei contratti pubblici, e che conseguentemente la
parte prima delle linee guida n. 11 non  costituiva  espressione  del
potere  regolatorio  dell'Autorita'  e  non  aveva  pertanto  portata
immediatamente lesiva, nondimeno  contraddittoriamente  il  tribunale
aveva escluso il carattere lesivo anche  della  parte  seconda  delle
linee  guida,  espressamente  qualificata   di   natura   vincolante,
ritenendo che la lesivita' fosse da riconoscere  solo  ai  successivi
atti  sanzionatori  adottati  nei  confronti  dei  concessionari  per
situazioni di squilibrio. 
    Secondo l'appellante, invece, innanzitutto non poteva negarsi che
anche le indicazioni contenute nella parte prima  delle  linee  guida
(laddove - punto 2.1. - prevedeva l'applicazione  dell'art.  177  del
decreto legislativo n. 50  del  2016,  non  gia'  ai  soli  contratti
affidati all'esterno,  ma  a  tutte  le  attivita'  rientranti  nelle
concessione,   vietandone   l'esecuzione   diretta   se   non   nella
limitatissima misura del 20% e  laddove  -  punto  1.4.  -  conteneva
l'indicazione delle fattispecie di esclusione)  erano  immediatamente
lesive; quanto poi alle indicazioni contenute  nella  parte  seconda,
eccedevano l'ambito di intervento previsto dal comma 3  del  medesimo
art. 177 quelle concernenti le modalita' di calcolo delle  penali  da
applicare in caso di squilibrio rispetto ai limiti  percentuali,  gli
obblighi di pubblicazione e le  modalita'  di  verifica  delle  quote
percentuali indicate dall'art. 177 del decreto legislativo n. 50  del
2016, con conseguente  illegittimita'  delle  linee  guida  nel  loro
complesso per mancanza di base normativa. 
    Secondo A2A Illuminazione Pubblica il tribunale avrebbe  pertanto
errato nel ritenere le linee guida prive di immediata lesivita' e non
immediatamente impugnabili, malgrado l'irragionevole  alternativa  da
esse posta a carico dei concessionari: il rispetto delle stesse,  con
immediati effetti negativi sui loro processi produttivi a causa della
massiccia  esternalizzazione   di   attivita',   foriera   di   gravi
conseguenze anche sotto il profilo sociale; oppure  il  loro  mancato
rispetto, col rischio  di  subire  la  sanzione.  Sotto  quest'ultimo
profilo  -  ha  aggiunto  l'appellante  -   si   trarrebbe   conferma
dell'immediata  lesivita'  delle  linee  guida  n.  11   che,   lungi
dall'essere atto meramente interpretativo, esplicano  effetti  lesivi
diretti e immediati sui concessionari. 
    Carattere  di  immediata  e  diretta   lesivita',   secondo   A2A
Illuminazione  Pubblica,  doveva  riconoscersi  anche   all'Atto   di
segnalazione dell'A.NA.C., impugnato con i motivi aggiunti, col quale
veniva ribadito l'obbligo di applicazione generalizzato  delle  linee
guida n. 11 e dell'art. 177, comma 3, del decreto legislativo  n.  50
del 2016, e riaffermato il  potere/dovere  di  verifica  su  tutti  i
concessionari  e  di  applicazione  delle   sanzioni   in   caso   di
inosservanza dei limiti percentuali di cui al comma  1  del  medesimo
art. 177. 
    Con il secondo, rubricato «A. Illegittimita'  delle  linee  guida
11», sono state riproposte le censure  sollevate  col  ricorso  ed  i
motivi aggiunti, non esaminate dal giudice di  primo  grado  a  causa
della declaratoria di inammissibilita' e  cioe':  «I.  Illegittimita'
delle linee guida  11,  per  violazione  dell'art.  177,  comma  3  -
Sviamento ed  eccesso  di  potere  -  Difetto  di  competenze»;  «II.
Illegittimita' delle linee guida 11 per l'introduzione di un  obbligo
generalizzato di esternalizzazione e divieto  di  esecuzione  diretta
per i concessionari - Violazione dell'art. 177 -  Necessita'  di  una
interpretazione costituzionalmente orientata»;  «III.  Illegittimita'
delle linee guida 11 - Mancata esclusione  dei  concessionari  attivi
nei settori speciali - Violazione dell'art. 177,  delle  Direttive  e
dei principi europei a tutela degli investimenti»; «IV Illegittimita'
delle linee guida 11 - Mancata esclusione dei concessionari  titolari
di affidamenti antecedenti al 31 dicembre 2004 - Violazione  e  falsa
applicazione dell'art.  34,  comma  22  del  decreto  legislativo  n.
179/2012». 
    Con il terzo, intitolato «B. Illegittimita' costituzionale  delle
linee guida 11 e dell'art. 177», sono stati prospettati anche i dubbi
di legittimita' costituzionale delle basi normative delle linee guida
[art. 177 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e art. 1, lett. iii)
della legge delega n. 11  del  2016],  cosi'  articolati:  «V.  Sulla
violazione degli artt. 76, 11, 117, 97 e 4 della  Costituzione  anche
con riferimento  alla  violazione  degli  artt.  32  della  legge  24
dicembre 2012, n. 234, dell'art. 14, commi 24-bis e ss.  della  legge
28 novembre 2005, n. 245, art. 1, comma 1, legge 11/2006 e  dell'art.
2 della direttiva n. 2014/23 nonche' dei principi europei  di  tutela
degli investimenti»; «VI.  Sull'obbligo  di  esternalizzazione  delle
attivita'. Violazione artt. 41 e 97  della  Costituzione.  Violazione
del principio di certezza del diritto. Violazione  del  principio  di
irretroattivita'   della   norma.   Violazione   del   principio   di
proporzionalita'». 
    4. Ha resistito al gravame l'A.NA.C. che ne ha chiesto il rigetto
per inammissibilita' ed infondatezza. 
    5. All'udienza pubblica del 25 giugno 2020, tenuta da  remoto  ai
sensi del comma 6 dell'art. 84 del  decreto-legge  n.  18  del  2020,
convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, sentiti  gli
avvocati, come in epigrafe segnati, ai sensi dell'art.  4,  comma  1,
del decreto-legge n. 28 del 2020, la causa  e'  stata  trattenuta  in
decisione. 
 
                               Diritto 
 
    6. Ai fini della decisione occorre premettere quanto segue. 
    6.1. La legge  28  gennaio  2016,  11  (Deleghe  al  Governo  per
l'attuazione delle direttive n. 2014/23/UE, 2014/24/UE  e  2014/25/UE
del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  del  26  febbraio  2014,
sull'aggiudicazione  dei  contratti  di  concessione,  sugli  appalti
pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori
dell'acqua,  dell'energia,  dei  trasporti  e  dei  servizi  postali,
nonche' per il  riordino  della  disciplina  vigente  in  materia  di
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture)  ha
delegato il Governo «...ad adottare, entro  il  18  aprile  2016,  un
decreto legislativo  per  l'attuazione  delle  direttive  2014/23/UE,
2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del
26 febbraio 2014, rispettivamente sull'aggiudicazione  dei  contratti
di concessione, sugli appalti pubblici e  sulle  procedure  d'appalto
degli  enti  erogatori  nei  settori  dell'acqua,  dell'energia,  dei
trasporti e dei servizi postali, di seguito  denominato  «decreto  di
recepimento delle direttive», nonche', entro il 31  luglio  2016,  un
decreto legislativo per  il  riordino  complessivo  della  disciplina
vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture,  di  seguito  denominato  «decreto  di  riordino»,   ferma
restando la facolta' per il Governo di adottare entro  il  18  aprile
2016 un unico decreto legislativo per le materie di cui  al  presente
alinea, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui
all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e dei  seguenti
principi e criteri direttivi specifici, tenendo conto delle  migliori
pratiche adottate in altri Paesi dell'Unione europea (art.  1,  comma
1): ... iii) obbligo per i soggetti pubblici e privati,  titolari  di
concessioni di lavori o di servizi pubblici gia' esistenti o di nuova
aggiudicazione, di affidare una  quota  pari  all'80  per  cento  dei
contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di
importo superiore a  150.000  euro  mediante  procedura  ad  evidenza
pubblica, stabilendo che la restante parte possa essere realizzata da
societa'  in  house  per  i  soggetti  pubblici  ovvero  da  societa'
direttamente o indirettamente controllate o collegate per i  soggetti
privati, ovvero tramite operatori individuati mediante  procedure  ad
evidenza pubblica, anche di tipo semplificato, nonche'  modalita'  di
verifica del rispetto di tali  previsioni  affidate  anche  all'ANAC,
introducendo  clausole  sociali  per  la  stabilita'  del   personale
impiegato e per la salvaguardia delle professionalita' e  prevedendo,
per  le  concessioni  gia'  in  essere,  un  periodo  transitorio  di
adeguamento non superiore  a  ventiquattro  mesi  ed  escludendo  dal
predetto obbligo unicamente le  concessioni  in  essere  o  di  nuova
aggiudicazione affidate con la formula della finanza di progetto e le
concessioni  in  essere  o  di  nuova  aggiudicazione  affidate   con
procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione
europea  per  le  quali  continuano   comunque   ad   applicarsi   le
disposizioni in  materia  di  affidamento  di  contratti  di  appalto
vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge» [art. 1,
comma 1, lett. iii)]. 
    6.2. In attuazione di tali deleghe e' stato  emanato  il  decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50,  Codice  dei  contratti  pubblici,
successivamente modificato ed integrato dal  decreto  legislativo  19
aprile 2017, n. 56. 
    6.2.1. In particolare, in attuazione del  ricordato  criterio  di
delega sub iii), l'art.  177,  nel  testo  originario,  ha  stabilito
quanto segue: 
        «1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7,  i  soggetti
pubblici o privati, titolari di concessioni  di  lavori,  di  servizi
pubblici o di forniture gia' in essere alla data di entrata in vigore
del presente codice, non affidate con la  formula  della  finanza  di
progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza  pubblica  secondo
il diritto dell'Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota
pari all'ottanta  per  cento  dei  contratti  di  lavori,  servizi  e
forniture relativi alle concessioni di  importo  di  importo  pari  o
superiore  a  150.000  curo  e  relativi  alle  concessioni  mediante
procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali  e  per
la stabilita' del personale impiegato e  per  la  salvaguardia  delle
professionalita'.  La  restante  parte  puo'  essere  realizzata   da
societa' in house di cui all'articolo  5  per  i  soggetti  pubblici,
ovvero  da  societa'  direttamente  o  indirettamente  controllate  o
collegate  per  i  soggetti   privati,   ovvero   tramite   operatori
individuati mediante procedura ad evidenza pubblica,  anche  di  tipo
semplificato. 
        2. Le concessioni di  cui  al  comma  1  gia'  in  essere  si
adeguano alle predette disposizioni  entro  ventiquattro  mesi  dalla
data di entrata in vigore del presente codice. 
        3. La verifica del rispetto dei limiti di  cui  al  comma  1,
pari  all'ottanta  per  cento,  da  parte  dei  soggetti  preposti  e
dell'ANAC viene effettuata annualmente, secondo le modalita' indicate
dall'ANAC stessa in apposite linee guida, da adottare  entro  novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della  presente  disposizione.
Eventuali situazioni di squilibrio rispetto ai limiti indicati devono
essere riequilibrate entro l'anno successivo. Nel caso di  situazioni
di squilibrio reiterate  per  due  anni  consecutivi,  il  concedente
applica una penale in  misura  pari  al  10  per  cento  dell'importo
complessivo dei lavori, servizi  o  forniture  che  avrebbero  dovuto
essere affidati con procedura ad evidenza pubblica». 
    6.2.2. Il predetto art. 177 e' stato oggetto di una pluralita' di
interventi di modifica ed integrazione (artt. 1, comma 568, lett.  a)
e lett. b) della legge 27 dicembre 27 dicembre 2017, n. 205; art.  1,
comma 20, lett.  bb)  del  decreto  legge  18  aprile  2019,  n.  32,
convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55;  art.
1, comma 9-bis del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito
con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020,  n.  8).  Attualmente
esso e' del presente tenore: 
        «1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7,  i  soggetti
pubblici o privati, titolari di concessioni  di  lavori,  di  servizi
pubblici o di forniture gia' in essere alla data di entrata in vigore
del presente codice, non affidate con la  formula  della  finanza  di
progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza  pubblica  secondo
il diritto dell'Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota
pari all'ottanta  per  cento  dei  contratti  di  lavori,  servizi  e
forniture relativi alle concessioni di  importo  di  importo  pari  o
superiore  a  150.000  euro  e  relativi  alle  concessioni  mediante
procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali  e  per
la stabilita' del personale impiegato e  per  la  salvaguardia  delle
professionalita'.  La  restante  parte  puo'  essere  realizzata   da
societa' in house di cui all'articolo  5  per  i  soggetti  pubblici,
ovvero  da  societa'  direttamente  o  indirettamente  controllate  o
collegate per soggetti privati, ovvero tramite operatori  individuati
mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo  semplificato.
Per i titolari di concessioni autostradali, ferme restando  le  altre
disposizioni del presente comma, la quota di cui al primo periodo  e'
pari al sessanta per cento. 
        2. Le concessioni di  cui  al  comma  1  gia'  in  essere  si
adeguano alle predette disposizioni entro il  31  dicembre  2021.  Le
concessioni di cui al comma 1,  terzo  periodo,  gia'  in  essere  si
adeguano alle predette disposizioni entro il 31 dicembre 2020. 
        3. La verifica del rispetto dei limiti di cui al comma  1  da
parte dei soggetti preposti e dell'ANAC viene effettuata annualmente,
secondo le modalita' indicate  dall'ANAC  stessa  in  apposite  linee
guida, da adottare entro novanta giorni  dalla  data  di  entrata  in
vigore  della  presente   disposizione.   Eventuali   situazioni   di
squilibrio rispetto ai limiti indicati  devono  essere  riequilibrate
entro  l'anno  successivo.  Nel  caso  di  situazioni  di  squilibrio
reiterate per due anni consecutivi, il concedente applica una  penale
in misura pari al 10 per cento dell'importo complessivo  dei  lavori,
servizi  o  forniture  che  avrebbero  dovuto  essere  affidati   con
procedura ad evidenza pubblica». 
    6.2.3. E' stato evidenziato (parere  Consiglio  di  Stato,  comm.
Spec., n. 1582 del 20 giugno 2018) che si tratta di una  disposizione
«estranea al perimetro delle direttive UE 23, 24 e  25/2014,  diretta
ai concessionari in quanto tali,  a  prescindere  dalla  loro  natura
pubblica o privata, la cui ratio evidentemente risiede nella volonta'
del legislatore di restituire, a valle, parte della concorrenza  "per
il mercato" mancata a monte, secondo uno schema che ovviamente ha  ad
oggetto, in quota parte, le prestazioni relative alle  concessioni  a
suo tempo affidate direttamente...»; in tal modo  il  legislatore  ha
quindi inteso  adeguare  «...seppure  in  via  mediata  e  indiretta,
l'originario rapporto concessorio alla "concorrenza per il  mercato",
fatto proprio... per il tramite del recepimento  della  direttiva  n.
2014/23/UE e soprattutto dei principi generali della  Costituzione  e
del Trattato in modo da garantire al mercato quelle quote di  lavori,
servizi e forniture per lungo tempo affidate senza l'uso di procedure
ad evidenza pubblica, atteso  il  regime  previgente  al  codice,  al
riparo dalla competizione, senza con cio' incidere sull'esistenza e a
durata dell'originaria concessione, in  una  logica  che  puo'  dirsi
riequilibratrice e non sanzionatorie». 
    E' da aggiungere peraltro che, come pure evidenziato  nel  citato
parere, una norma analoga era contenuta anche nel  precedente  codice
dei contratti (decreto legislativo 12 aprile  2006,  n.  163)  per  i
concessionari stradali (art. 253, comma 25; identica  ratio  ispirava
anche  l'art.  146  quanto  ai  concessionari  di  lavori  pubblici),
anch'essa  da  considerarsi  espressiva  della   preoccupazione   del
legislatore che nelle concessioni, tanto piu' se affidate senza gara,
possa determinarsi una  sostanziale  situazione  di  monopolio  della
domanda in grado di alterare la concorrenza con aumento dei costi per
la gestione della concessione stesse e traslazione dei relativi oneri
sugli utenti e contribuenti. 
    A base delle disposizioni di legge  ora  richiamate  si  pone  la
considerazione che negli affidamenti  senza  gara  il  concessionario
possa dunque sterilizzare il «rischio operativo» su di esso  gravante
per norme di legge tipizzatrici della  istituto  [art.  3,  comma  1,
lett. uu) e vv); rispettivamente per le concessioni di lavori  e  per
le concessioni di servizi]. 
    6.3. L'A.N.A.C. ha dato applicazione alla  previsione  del  terzo
comma dell'art. 177, comma 3, del codice dei contratti pubblici, come
successivamente modificato ed integrato, approvando con deliberazione
n. 614 del 4 luglio 2018 le linee guida n. 11. 
    Esse sono articolate in due parti:  la  parte  prima,  di  natura
dichiaratamente interpretativa, resa ai sensi dell'art. 213, comma 2,
del codice dei contratti pubblici, al fine di favorire la corretta  e
omogenea applicazione della normativa,  e  quindi  di  carattere  non
vincolante,  contiene  indicazioni   su   «Ambito   di   applicazione
dell'articolo 177 del codice dei contratti  pubblici»  (par.  1);  «I
contratti assoggettati alle previsioni dell'articolo 177  del  codice
dei contratti pubblici» (par. 2); «Ambito temporale  di  applicazione
dell'articolo 177 del codice dei contratti  pubblici»  (par.  3);  la
parte seconda contiene indicazioni operative rese ai sensi  dell'art.
177,  comma  3  del  codice  dei  contratti  pubblici,  di  carattere
dichiaratamente vincolante, concernenti la «Situazione di  squilibrio
e  quantificazione  della  penale»  (par.  4);   gli   «Obblighi   di
pubblicazione» (par. 5) e le «Attivita' di verifica» (par. 6). 
    7. Cio' premesso, passando all'esame del primo motivo  d'appello,
si osserva quanto segue. 
    7.1. A2A Illuminazione Pubblica sostiene in sintesi  innanzitutto
che,  diversamente  da  quanto  erroneamente  e  contraddittoriamente
ritenuto dal tribunale, alla apprezzata natura vincolante della parte
seconda delle linee guida avrebbe  dovuto  conseguire  l'accertamento
della  loro  immediata  lesivita',  per  cui   il   ricorso   sarebbe
ammissibile (e analoga lesivita'  dovendo  riconoscersi  all'Atto  di
segnalazione dell'A.NA.C., impugnato con motivi aggiunti). 
    Peraltro, sempre secondo la tesi dell'appellante, anche la  parte
prima  delle  predette  linee  guida  avrebbe  natura  vincolante   e
carattere immediatamente lesivo  con  riguardo  al  punto  2.1.  (che
prevede l'applicazione dell'art.  177  non  gia'  ai  soli  contratti
affidati all'esterno, bensi' a tutte le  attivita'  rientranti  nelle
concessioni, vietando di conseguenza l'esecuzione diretta) e al punto
1.4 (che elenca le fattispecie  escluse  dall'applicazione  dell'art.
177). 
    Sotto altro concorrente profilo, per A2A Illuminazione  Pubblica,
le indicazioni di natura vincolante contenute  nella  parte  seconda,
relative alle modalita' di calcolo delle penali da applicare in  caso
di squilibrio  rispetto  ai  limiti  percentuali,  agli  obblighi  di
pubblicazione e alle modalita' di verifica  delle  quote  percentuali
indicate nell'art. 177, avrebbero  ecceduto  l'ambito  di  intervento
riservato alle linee guida ai sensi del comma 3 della disposizione in
esame. 
    A detta dell'appellante il vulnus della sua  posizione  giuridica
deriverebbe poi direttamente  dal  ricordato  contenuto  delle  linee
guida n. 11, nella misura in cui esso impone agli enti  concedenti  e
ai  concessionari  di  adottare  specifici  comportamenti   che   non
necessitano di ulteriori  atti  o  provvedimenti  (di  individuazioni
degli obblighi  o  di  concessione  di  termini  per  l'adempimento),
erroneo essendo in definitiva il rinvio operato dal giudice di  primo
grado al successivo atto  sanzionatorio,  quale  atto  effettivamente
lesivo. 
    7.2. Il motivo e' fondato. 
    7.2.1.  Sebbene  formalmente  le  linee  guida  in  esame   siano
articolate in due parti, tuttavia esse  nel  complesso  costituiscono
dal punto di vista logico e sistematico un corpus regolatorio  unico,
in cui la parte prima (di natura dichiaratamente  interpretativa)  e'
finalizzata  ad  individuare  il  corretto  ambito  di   applicazione
dell'art. 177, su cui  sono  destinate  ad  incidere  le  indicazioni
contenute  nella  seconda  parte.  La  descritta  unicita'  dell'atto
regolatorio  impugnato  fa  si  che  la  distinzione  fra  la  natura
interpretativa  e  non  vincolante  della  parte   prima   e   quella
prescrittiva   e    vincolante    della    parte    seconda    receda
nell'apprezzamento della portata immediata e direttamente lesiva -  e
quindi impugnabile in sede  giurisdizionale  amministrativa  -  delle
linee guida nel loro complesso. 
    7.2.2. A tal fine deve piuttosto ricordarsi che la giurisprudenza
afferma,   in   linea   generale,    che    l'atto    programmatorio,
pianificatorio, a contenuto generale o  regolamentare  (categoria  in
cui possono annoverarsi latu sensu anche le linee guida  vincolanti),
non e' di per se' impugnabile se non in una  con  l'atto  applicativo
che ne  abbia  in  concreto  reso  attuale  la  lesione  nella  sfera
giuridica di un determinato soggetto (ex multis, Cons. Stato,  V,  19
luglio 2018, n. 4401; 2 febbraio 2009, n. 529; VI, 2 marzo 2015,  nn.
994 e 995; 5 marzo 2015, n. 1095; 18  aprile  2013,  n.  2144),  cio'
anche  in  ragione  del  fatto  che  solo  a  seguito  di  tale  atto
applicativo puo' acquisirsi la pena  conoscenza  e  percezione  della
prescrizione generale pregiudizievole per l'interessato (Cons. Stato,
V,  6  ottobre  2016,  n.  4130).  Tuttavia  e'  stata   riconosciuta
l'impugnabilita' degli atti anche  generali  o  regolamentari  aventi
portata  immediatamente  prescrittiva   ovvero   che   vincolino   la
successiva attivita' amministrativa di guisa che il  successivo  atto
si atteggi quale atto meramente  dichiarativo  o  ricognitivo  (Cons.
Stato, V, 23 aprile 2019, n. 2572). 
    7.2.3. Nel caso  di  specie,  anche  a  voler  prescindere  dalla
circostanza che la censura con cui l'appellante ha lamentato che  con
le linee guida in questione l'A.NA.C. avrebbe  regolato  in  concreto
aspetti non rientranti nei limiti indicati dal comma 3 dell'art.  177
sarebbe gia' di per se' sufficiente  a  rendere  lesive  le  predette
linee guida ed ammissibile  il  relativo  ricorso  (indipendentemente
dalla  sua  fondatezza),   in   ogni   caso   costituiscono   vincoli
conformativi puntuali alla successiva attivita' degli enti concedenti
e dei concessionari, in capo  ai  quali  non  residuano  facolta'  di
modulazione quanto al contenuto e all'estensione,  neppure  sotto  il
profilo temporale (quest'ultimo in realta' gia' fissato  direttamente
dalla legge), le seguenti indicazioni in esse contenute: 
        le modalita' operative, attraverso  nuove  esternalizzazioni;
il rinnovo con procedure di evidenza pubblica delle esternalizzazioni
gia'  avvenute  a  mezzo  di  contratto  man  mano  che  scadono;  la
cessazione degli affidamenti diretti a societa' in house o collegate,
eventualmente previo recesso, e temporali, entro  l'anno  successivo,
per il riequilibrio delle situazioni di criticita'; 
        le  modalita'  di  calcolo   della   sanzione   (sull'importo
complessivo  dei  contratti  affidati  senza  gara  oltre  i   limiti
percentuali consentiti dalla norma nella misura in cui lo  squilibrio
non sia recuperato nell'anno successivo); 
        gli obblighi di pubblicazione dei dati  sulle  concessioni  a
carico degli enti concedenti e dei concessionari (in particolare, per
gli enti concedenti: data della sottoscrizione del contratto; oggetto
della concessione; valore  stimato  della  concessione;  stato  della
concessione, con indicazione delle attivita' svolte e delle attivita'
residue; dati  del  concessionario;  per  i  concessionari:  dati  ed
informazioni riferiti ai contratti affidati con procedura ad evidenza
pubblica; programma annuale degli affidamenti; incidenza  percentuale
dei contratti affidati con gara sul  totale  dei  contratti  relativi
alla concessione; entita' delle eventuali situazioni di squilibrio  e
interventi proposti per il riequilibrio, con indicazione del relativo
cronoprogramma; informazioni circa i contratti affidati senza gara) e
la altrettanto puntuale indicazione delle modalita' di verifica delle
quote di affidamento da parte degli enti concedenti. 
    Le indicazioni ora  richiamate  oltre  ad  essere  immediatamente
applicabili,  senza   bisogno   dell'intermediazione   di   ulteriori
provvedimenti  attuativi,  sono  pertanto  da  ritenersi   del   pari
immediatamente  lesive,  nella  misura  in  cui,  come   sottolineato
dall'appellante, pongono i concessionari  di  fronte  all'alternativa
tra l'adeguarsi  ad  esse  o  subirne  le  conseguenze  a  mezzo  del
successivo provvedimento applicativo della penale. 
    7.3. Per tutte le  ragioni  esposte  in  accoglimento  del  primo
motivo di appello la sentenza impugnata deve essere  riformata  e  il
ricorso di primo grado della A2A Illuminazione Pubblica va dichiarato
ammissibile. 
    8.  Deve  di  conseguenza  procedersi  all'esame  delle   censure
sollevate in primo grado col ricorso  introduttivo  e  con  i  motivi
aggiunti ed espressamente riproposte con l'appello in trattazione. 
    Esse sono articolate in due autonome serie, la prima delle  quali
riguarda la dedotta  illegittimita'  delle  linee  guida  n.  11  (in
particolare per violazione dell'art. 177, comma  3,  del  codice  dei
contratti pubblici,  sviamento  ed  eccesso  di  potere,  difetto  di
competenza; mancata esclusione dei concessionari attivi  nei  settori
speciali, violazione delle Direttive e dei principi europei a  tutela
degli investimenti; mancata esclusione dei concessionari titolari  di
affidamenti antecedenti al  31  dicembre  2004,  violazione  e  falsa
applicazione dell'art.  34,  comma  22  del  decreto  legislativo  n.
179/2012);  la  seconda   concernente   i   dubbi   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 177 del decreto legislativo 50  del  2016  e
dell'art. 1, lett. iii) della legge n. 18 del  2016  (per  violazione
degli artt. 76, 11,  117,  97  e  3  della  Costituzione,  anche  con
riferimento alla violazione degli artt. 32 della  legge  24  dicembre
2012, n. 234, dell'art. 14, commi 24-bis e seguenti  della  legge  28
novembre 2005, n. 247, art. 1, comma 1, della legge n. 11 del 2016  e
dell'art. 2 della direttiva n. 2014/23, nonche' dei principi  europei
di tutela degli  investimenti  e  sull'obbligo  di  esternalizzazione
delle attivita'; violazione degli artt, 41 e 97  della  Costituzione,
violazione  dei  principi  di  irretroattivita'  della  norma  e   di
proporzionalita'). 
    9. Essendo pacifico ed incontestato che le linee guida n. 11 sono
state emanate in applicazione dell'art. 177, comma 3, del codice  dei
contratti pubblici, e affermata l'ammissibilita' della loro immediata
impugnazione, priorita' logico-giuridica impone di  iniziare  l'esame
delle censure da quelle che appuntano sotto  vari  profili  dubbi  di
costituzionalita' della norma di delega, di cui al sopra citato  art.
1, comma 1, lett. iii) della legge  n.  11  del  2016,  e  di  quella
delegata, contenuta nel medesimo art. 177. 
    10. Come si e' gia' avuto modo di  osservare  in  precedenza,  la
norma di delega e' «estranea al perimetro delle direttive UE 23, 24 e
2512014, diretta ai concessionari in quanto tali, a prescindere dalla
loro natura pubblica o privata, la cui  ratio  evidentemente  risiede
nella volonta' del legislatore di restituire, a  valle,  parte  della
concorrenza "per il mercato" mancata a monte, secondo uno schema  che
ovviamente ha ad oggetto; in quota  parte,  le  prestazioni  relative
alle concessioni a suo tempo affidate  direttamente...».  Si  e'  con
essa inteso  adeguare  «...  seppure  in  via  mediata  e  indiretta,
l'originario rapporto concessorio alla "concorrenza per il  mercato",
fatto proprio... per  il  tramite  del  recepimento  della  direttiva
20141231UE e soprattutto dei principi generali della  Costituzione  e
del Trattato in modo da garantire al mercato quelle quote di  lavori,
servizi e forniture per lungo tempo affidate senza l'uso di procedure
ad evidenza pubblica, atteso  il  regime  previgente  al  codice,  al
riparo dalla competizione, senza con cio' incidere sull'esistenza e a
durata dell'originaria concessione, in  una  logica  che  puo'  dirsi
riequilibriatrice e non sanzionatorie»  (parere  Cons.  Stato,  comm.
Spec., n. 1582 del 5 giugno 2018). 
    La  circostanza  che  tali  disposizioni,  per  un   verso,   non
costituiscano recepimento delle direttive  comunitarie,  mentre,  per
altro verso, rappresentino (meri) strumenti  attuativi  dei  principi
comunitari di concorrenza e di massima apertura al mercato, escludono
in radice la fondatezza dei prospettati  dubbi  di  violazione  delle
direttive comunitarie e piu' in generale dei principi comunitari. 
    Cio' anche con riguardo al divieto del c.d. gold plating (ex art.
32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e art. 14, commi 24-bis, ter
e quater della legge 28 novembre 2005, n. 245), in relazione al quale
possono essere richiamati i rilievi svolti dalla  Corte  Costituzione
nella sentenza 27 maggio 2020, n. 100, secondo cui con esso si  vuole
impedire  che  siano  introdotti  «oneri  amministrativi  e  tecnici,
ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa comunitaria, che
riducano la concorrenza in danno delle imprese e dei cittadini». 
    Resta da aggiungere per completezza che la sopra ricordata  ratio
delle norme  (delegante  e  delegata)  esclude  altresi'  la  pretesa
violazione dell'articolo 43 della direttiva n.  2014/23,  su  cui  ha
insistito  l'appellante  per   evidenziare   che   nella   disciplina
comunitaria tra le cause che legittimano la  modifica  dei  contratti
non e' prevista quella che si ricollega all'esigenza di  aprire  alla
concorrenza il mercato su cui incide la concessione stessa: cio'  per
l'intuitiva constatazione che la norma  invocata  presuppone  che  la
concessione sia stata affidata  a  mezzo  di  procedura  ad  evidenza
pubblica, il che pacificamente non e' avvenuto per quella di cui alla
stato risulta titolare l'appellante. 
    11.  Posto  poi   che,   diversamente   da   quanto   prospettato
dall'appellante, ne' dal criterio direttivo di cui all'art. 1,  comma
1, lett. iii), della legge n. 11 del 2016, ne' dal  tenore  letterale
dell'art. 177  del  codice  dei  contratti  pubblici  si  evince  che
l'obbligo   dei   concessionari   di    esternalizzare    l'attivita'
complessivamente svolta abbia un qualche effetto  retroattivo,  resta
da  verificare  la  conformita'  a   Costituzione   dell'obbligo   in
questione, in particolare con gli  artt.  41,  3  e  97  della  Carta
fondamentale. 
    12. Innanzitutto deve escludersi la possibilita' di percorrere la
pur suggestiva  interpretazione  costituzionalmente  orientata  delle
disposizioni di legge ora richiamate proposta  da  A2A  Illuminazione
Pubblica. Con essa si sostiene che per  escludere  l'effetto  di  una
intera (e per l'appellante devastante) dismissione della  concessione
affidatale si dovrebbe computare la «quota pari all'ottanta per cento
dei  contratti  di  lavori,  servizi  e   forniture   relativi   alle
concessioni di importo pario superiore a 150.000 euro e relativi alle
concessioni» sulla sola parte della concessione che il  suo  titolare
intenda  effettivamente  esternare.  Sul   punto,   anche   a   voler
prescindere  dalla  gia'  decisiva  considerazione  che   il   tenore
letterale  della  norma  non   lascia   dubbi   sull'intenzione   del
legislatore, e' dirimente  la  considerazione  che  in  tal  modo  la
finalita'   perseguita   dal   legislatore   finirebbe   per   essere
irragionevolmente rimesso  alla  sola  volonta'  del  concessionario,
senza che siano stati neppure vagamente indicati i criteri, oggettivi
e inequivoci, cui tale volonta' dovrebbe  essere  improntata  per  il
rispetto degli interessi pubblici in gioco. 
    Inoltre la tesi proposta dall'appellante e' stata  gia'  respinta
dal Consiglio di Stato in  sede  consultiva,  in  occasione  sia  del
parere reso sul decreto correttivo al codice dei  contratti  pubblici
(parere 30 marzo 2017, n, 782), sia di quello sulle linee guida n. 11
(parere 20 giugno 2018, n. 1582, piu' volte richiamato),  in  cui  e'
stato evidenziato che quella  avversata  dall'appellante  e'  l'unica
interpretazione plausibile, oltre che conforme al criterio  direttiva
di cui alla legge delega; ne' sono stati evidenziati nuovi e  diversi
profili idonei a far rimeditare le conclusioni gia' cosi raggiunte. 
    13. Esclusa  l'interpretazione  costituzionalmente  conforme,  le
questioni   di   legittimita'   costituzionale   sollevate   da   A2A
Illuminazione  Pubblica  divengono  allora  rilevanti  nel   presente
giudizio, nella misura in cui le linee guida in esso  impugnate,  con
specifico riguardo alla parte prima,  si  manifestano  come  coerente
interpretazione e diretta applicazione dell'art. 177,  comma  1,  del
codice dei contratti pubblici, a sua volta emanato in attuazione  del
criterio direttivo enunciato nel piu' volte citato art. 1,  comma  1,
lett. iii), della legge delega  n.  11  del  2016,  oltre  che  -  in
relazione  all'interesse  all'immediata  impugnazione,  positivamente
sopra accertato - come presupposto  per  l'esercizio  dei  poteri  di
controllo e  sanzionatori  dell'Autorita'  di  vigilanza  di  settore
previsti nella parte seconda delle medesime linee guida. 
    13.1.  Le  medesime  questioni  di  legittimita'   costituzionale
risultano inoltre non manifestamente infondate, innanzitutto sotto il
profilo  della  liberta'  di  impresa  sancito  dall'art.  41   della
Costituzione. 
    Si pone  in  particolare  in  tensione  con  la  citata  garanzia
costituzionale  l'obbligo  imposto  ai  concessionari  (titolari   di
concessioni di importo pari o superiore a euro 150.000, come nel caso
di specie) di dismettere  l'intera  concessione:  a  terzi,  mediante
procedura ad evidenza pubblica, per una quota all'80%  dei  contratti
di lavori, servizi e forniture relativi alla concessione; a  soggetti
riconducibili  al  medesimo  concessionario  per  il   restante   20%
(societa' in house di cui all'art. 5, decreto legislativo n.  50  del
2016 per i soggetti pubblici; societa' direttamente o  indirettamente
controllate o collegate  per  i  soggetti  privati);  ovvero  tramite
operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica,  anche
di tipo semplificato (le indicate percentuali variano peraltro per  i
concessionari autostradali rispettivamente al 60% e al 40%). 
    Come  in  precedenza  esposto,  l'obbligo  di  messa  a  gara  e'
giustificato sul piano logico - giuridico  e  su  quello  sistematico
dall'esigenza di ripristinare la concorrenza «per il mercato» mancata
in occasione dell'affidamento della concessione, avvenuto senza gara.
Sennonche',  attraverso  una  sua  applicazione  riferita  all'intera
concessione l'obbligo in questione e' suscettibile di comportare  uno
stravolgimento  degli  equilibri  economico-finanziari  sottesi  allo
stesso rapporto concessori in questione, su cui si fondano le  scelte
di  pianificazione  ed  operative  del   concessionario/imprenditore.
L'attivita' di quest'ultimo viene quindi ridotta a quella di una mera
stazione appaltante, con l'unico compito di disciplinare ed  attuare,
secondo le direttive delle  linee  guida  e  degli  enti  concedenti,
l'affidamento a terzi, estranei o a se' riconducibili, di quella  che
originariamente  costituiva  il  proprium  dell'unitaria  concessione
affidata dall'amministrazione. 
    Come inoltre plausibilmente sostenuto dall'appellante, un  simile
svuotamento della concessione appare foriero di una  vera  e  propria
disgregazione del sottostante compendio  aziendale,  con  conseguente
depauperamento  anche  del  patrimonio  di  conoscenze   tecniche   e
tecnologiche e di professionalita' maturate dal concessionario  nello
svolgimento del rapporto, il quale non si pone in funzione  del  solo
profitto privato, ma  anche  dell'interesse  pubblico  all'attuazione
della concessione. 
    Per  tutto  quanto  finora  esposto,  l'obbligo  di   dismissione
totalitaria previsto dalle disposizioni di legge censurate, ancorche'
finalizzato a sanare l'originaria violazione dei principi  comunitari
di libera concorrenza consumatasi in occasione dell'affidamento senza
gara della concessione, si traduce per un  verso  in  un  impedimento
assoluto e definitivo di proseguire  l'attivita'  economica  privata,
comunque intrapresa ed esercitata in base ad un titolo amministrativo
legittimo  sul  piano  interno,  secondo  le  disposizioni  di  legge
all'epoca vigenti; e per altro verso va  a  snaturare  il  ruolo  del
privato concessionario, ridotto ad articolazione operativa degli enti
concedenti,  rispetto  alla  sua  funzione   di   soggetto   proposto
dall'amministrazione  all'esercizio   di   attivita'   di   interesse
pubblico. 
    Nel  perseguimento  di  legittimi  obiettivi   riconducibili   ad
imperativi di matrice eurounitaria il legislatore sembra  cosi  avere
totalmente pretermesso  le  contrapposte  esigenze  di  tutela  della
liberta'  di  impresa  ai  sensi  del  sopra  citato  art.  41  della
Costituzione e di mantenimento della funzionalita' complessiva  della
concessione, altre volte invece considerate in  funzione  limitatrice
degli obblighi di dismissione a carico del concessionario senza  gara
(si rinvia ai sopra citati artt. 146 e 253, comma 25, del  previgente
codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163). 
    13.2. Le  considerazioni  ora  svolte  inducono  a  ritenere  non
manifestamente infondate  le  questioni  di  costituzionalita'  degli
artt. 1, comma 1, lett. iii), della legge delega e 177, comma 1,  del
codice dei contratti pubblici anche con riguardo all'art. 3, comma 2,
della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza. 
    L'obbligo  di  dismissione  totalitaria  dei  lavori,  servizi  e
forniture relativi ad una  concessione  affidata  senza  gara  sembra
infatti eccedere i  pur  ampi  limiti  con  cui  la  discrezionalita'
legislativa puo' essere esercitata in  riferimento  al  sovraordinato
parametro  di  costituzionalita'  ora  richiamato,  a   causa   delle
conseguenze sopra descritte. Al medesimo  riguardo  va  aggiunto  che
rispetto all'integrale esecuzione della concessione  e'  apprezzabile
un affidamento del privato affidatario che non puo'  essere  ritenuto
irragionevole o colpevole, tenuto conto della  validita'  del  titolo
costitutivo all'epoca della sua formazione e dunque  dell'inesistenza
di  cause  -  anche  occulte   -   di   contrarieta'   delle   stesse
all'ordinamento interno  (cause  che  diversamente  avrebbero  potuto
legittimare l'annullamento,  la  risoluzione  o  la  riduzione  della
durata della concessione). 
    La scelta legislativa, pur legittimamente orientata  a  rimuovere
rendite di posizione, non appare pertanto equilibrata  rispetto  alle
contrapposte e altrettanto legittime aspettative dei concessionari di
proseguire  l'attivita'  economica  in  corso  di  svolgimento,   con
l'inerente realizzazione degli equilibri economico  -  finanziari  su
cui  erano  stati  pianificati  i   relativi   investimenti;   e   di
mantenimento delle conoscenze strategiche,  tecniche  e  tecnologiche
acquisite e la professionalita' acquisite, rilevanti anche  sotto  il
profilo dell'interesse pubblico. 
    Ancora  sotto  il  profilo  della  ragionevolezza   puo'   essere
evidenziato il fatto che l'obbligo di dismissione di cui  si  discute
riguarda indistintamente  i  concessionari  titolari  di  affidamento
senza  gara,  indipendentemente  dalla  effettiva  dimensione   della
struttura imprenditoriale che gestisce la concessione, dall'oggetto e
dall'importanza  del  settore  strategico   cui   si   riferisce   la
concessione, oltre che dal suo valore economico e dal  fatto  che  il
contratto  di  concessione  fosse  ancora  in   vigore   al   momento
dell'entrata in vigore dell'art. 177 decreto legislativo  n.  50  del
2016, ovvero se la concessione fosse scaduta e che  versasse  in  una
situazione di proroga, di fatto o meno. 
    13.3. Per le medesime considerazioni le questioni di legittimita'
costituzionale appaiono non  manifestamente  infondate  in  relazione
all'art.  97,  comma  2,  della  Costituzione,  dal  momento  che  le
concessioni cui si riferisce  l'obbligo  di  dismissione  totalitaria
concernono servizi pubblici essenziali, evidentemente  rispondenti  a
bisogni fondamentali della collettivita' ed affidati a  concessionari
privati per l'incapacita' strutturale delle amministrazioni pubbliche
di gestirli in modo efficiente  ed  efficace.  Cio'  posto  la  norma
delegante e delegata non risultano  contenere  alcuna  considerazione
circa gli effetti di  tale  obbligo  di  dismissione  sull'efficiente
svolgimento di tali servizi pubblici  essenziali  e  sulle  possibili
ricadute sull'utenza. 
    14. Alla luce delle considerazioni che  precedono  sono  pertanto
rilevanti (in ragione dell'accertata ammissibilita' del ricorso e dei
motivi aggiunti) e non manifestamente infondate, con riferimento agli
artt. 41, comma 1, 3, comma 2, e 97, comma 2 della  Costituzione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  lett.
iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11, e dell'art. 177,  comma  1,
del codice dei contratti pubblici di cui al  decreto  legislativo  18
aprile 2016, n. 50, nella parte in cui stabiliscono l'obbligo  per  i
soggetti pubblici e privati, titolari di concessioni  di  lavori,  di
servizi pubblici o di forniture gia' in essere all'entrata in  vigore
del codice dei contratti pubblici, non affidate con la formula  della
finanza di  progetto,  ovvero  con  procedure  ad  evidenza  pubblica
secondo il diritto dell'Unione europea, di affidare  una  quota  pari
all'ottanta per cento dei contratti di lavori,  servizi  e  forniture
relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000  euro
e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza  pubblica,
introducendo clausole sociali e per la stabilita' del personale e per
la salvaguardia delle  professionalita',  prevendo  che  la  restante
parte possa essere realizzata da societa' in house di cui all'art.  5
per  i  soggetti  pubblici,  ovvero  da   societa'   direttamente   o
indirettamente controllate ^ collegate per i soggetti privati, ovvero
tramite  operatori  individuati  mediante   procedure   ad   evidenza
pubblica, anche di tipo semplificato. 
    15. In conclusione non definitivamente pronunciando  sull'appello
come segnato in epigrafe, lo stesso deve essere accolto in  parte  e,
per  l'effetto,  in  riforma  dell'impugnata  sentenza,  deve  essere
dichiarato ammissibile il ricorso di primo grado, integrato da motivi
aggiunti. 
    Per il  resto  -  ricordato  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  puo'  essere  sollevata  anche   con   sentenza   non
definitiva (Corte costituzionale  sentente  nn.  116/2018;  256/2010;
275/2013; 151/2009) - il presente giudizio deve  essere  sospeso,  in
parte qua, fino alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. 
    Ai sensi dell'art. 23, quarto comma, della legge 11  marzo  1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale), la presente sentenza non definitiva sara' comunicata
alle parti costituite e notificata al Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri e sara' comunicata anche  al  Presidente  del  Senato  della
Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  (Sezione  Quinta),
non  definitivamente  pronunciando  sull'appello,  come  in  epigrafe
proposto, cosi' provvede: 
      a) accoglie  l'appello  e,  per  l'effetto,  in  riforma  della
sentenza impugnata, dichiara  ammissibile  il  ricorso  ed  i  motivi
aggiunti proposti in primo grado; 
      b)  esaminando  questi  ultimi,  dichiara   rilevanti   e   non
manifestamente    infondate    le    questioni    di    legittimita'.
costituzionale, con riferimento agli artt. 41, comma 1, 3, comma 2, e
97, comma 2 della Costituzione, dell'art. 1,  comma  1,  lett.  iii),
della legge 28 gennaio 2016, n. 11, e dell'art.  177,  comma  1,  del
codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile
2016, n. 50, nei sensi di cui in motivazione; 
      c) dispone la sospensione del presente giudizio e  ordina  alla
Segreteria   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
      d) ordina che, a cura della Segreteria, la  presente  ordinanza
sia notificata alle parti costituite e al  Presidente  del  Consiglio
dei ministri e  comunicata  anche  ai  Presidenti  del  Senato  della
Repubblica e della Camera dei deputati. 
    Cosi' deciso nella camera di consiglio del 25 giugno 2020, tenuta
da remoto ex art. 84, comma 6, del decreto-legge 17  marzo  2020,  n.
18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n.  27,  con  l'intervento
dei magistrati: 
      Carlo Saltelli, presidente; 
      Fabio Franconiero, consigliere, estensore; 
      Valeria Perotti, consigliere; 
      Angela Rotondano, consigliere; 
      Stefano Fantini, consigliere. 
 
                       Il Presidente: Saltelli 
 
 
                                             L'estensore: Franconiero