N. 158 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 novembre 2023
Ordinanza del 15 novembre 2023 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Ministero dell'interno - Dipartimento Vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile contro E. B.. Impiego pubblico - Maternita' e infanzia - Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche - Previsione che, per i genitori con figli minori fino a tre anni di eta', subordina la possibilita' di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attivita' lavorativa (e non l'attivita' lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione dove e' ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento. - Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), art. 42-bis, comma 1.(GU n.51 del 20-12-2023 )
IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale (Sezione Terza) Ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso numero di registro generale 8446 del 2022, proposto dal Ministero dell'interno - Dipartimento vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la signora E. B., rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Grazia Carcione e Alessandro Russo, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Maria Grazia Carcione in Roma, via Bocca di Leone, 78, per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. ..., resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora E. B.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023, il Cons. Giovanni Tulumello e viste le conclusioni delle parti come in atti; Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto 1. La signora E. B., Vigile del fuoco, presta servizio presso il Comando dei vigili del fuoco di ... . Ella e' residente, insieme al proprio nucleo familiare, nel Comune di ... . Con istanza in data ... ha chiesto il trasferimento temporaneo, ai sensi dell'art. 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001, al Comando dei vigili del fuoco di ... . L'istanza e' stata rigettata una prima volta con provvedimento dell'... , annullato dal T.A.R. della Toscana con sentenza n. ... . Quindi, in sede di riedizione del potere, l'istanza in questione e' stata nuovamente rigettata con provvedimento del ..., per due ordini di ragioni: perche' «il coniuge dell'interessata attualmente presta servizio presso il Comando di ...»; e perche' «nella sede di ... non vi era alla data dell'istanza, e non vi e' ancora oggi, disponibilita' di posti vacanti di corrispondente posizione retributiva, anche considerando i posti 'extra organico' di cui al decreto n. 3231 del 30 novembre 2020 (...)». 2. La signora B. ha impugnato tale provvedimento davanti al T.A.R. della Toscana, che con sentenza n. ... ha accolto il ricorso, annullando il diniego. Il T.A.R. ha, in particolare, osservato: che l'art. 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001 non osta all'accoglimento della domanda, avuto riguardo al fatto che se e' effettivamente vero che il coniuge della richiedente ha la propria sede di servizio in altra regione (che raggiunge quotidianamente dal luogo di comune residenza), nondimeno la valorizzazione del dato della residenza del nucleo familiare, alla luce di un'interpretazione adeguatrice dell'indicata disposizione, conduce alla conclusione della sussistenza del presupposto del richiesto trasferimento; che «Con riguardo invece alla carenza di posti disponibili nella sede di ... la ricorrente (evidenziando movimentazioni verso quella sede coeve al rigetto della sua domanda) ha offerto elementi tali da mettere in dubbio tale assunto ostativo che l'Amministrazione dovra' riconsiderare alla luce di una rinnovata istruttoria». 3. L'indicata sentenza e' stata impugnata con ricorso in appello dal Ministero dell'interno - Dipartimento vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile, che ha dedotto le seguenti censure: 3.1. la sentenza del T.A.R. sarebbe viziata da incompetenza territoriale: «Tra gli atti impugnati v'e' infatti il decreto del Vice Capo Dipartimento vicario VVFF. del 30 novembre 2020 prot. 3231, che e' l'atto amministrativo generale con il quale e' stato previsto un tetto, per i trasferimenti e le assegnazioni c.d. speciali, nel numero massimo del 2% della dotazione organica teorica del ruolo dei VVFF., decreto che, richiamato dal provvedimento impugnato quale atto presupposto, osta unitamente alle altre ragioni all'accoglimento dell'istanza della B.»; la competenza, dunque, secondo questa prospettazione sarebbe stata del T.A.R. del Lazio, sede di Roma, ai sensi dell'art. 13, comma 4-bis, cod. proc. amm.; 3.2. in via subordinata, l'amministrazione appellante ha dedotto la violazione dell'art. 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001, in ragione del fatto che il coniuge dell'interessata ha la propria attivita' lavorativa al di fuori della Regione ... . Cio' non consentirebbe di ritenere perfezionato il presupposto del trasferimento, che l'indicata disposizione indica nella comune Regione di servizio (e non di residenza). Nell'ambito dello stesso motivo, l'appellante contesta - con un secondo profilo di censura - anche il capo di sentenza con cui il T.A.R. ha accolto la censura relativa alla contraddittorieta' fra il diniego opposto alla signora B. per pretesa carenza di posti vacanti nella sede di ..., ed i coevi trasferimenti disposti proprio verso quella sede. 4. Questa Sezione, con ordinanza n. ..., ha respinto la domanda di sospensione cautelare degli effetti della sentenza impugnata, avanzata dalla parte appellante. Il ricorso e' stato quindi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 28 settembre 2023. Diritto 5. Ritiene anzitutto il Collegio che il primo motivo di appello sia infondato. Va anzitutto osservato che l'impugnazione in parte qua dell'atto generale che ad avviso dell'appellante sposterebbe la competenza territoriale e' stata formulata dalla ricorrente in via cautelativa, nella misura in cui la sua applicazione potesse pregiudicare l'esito del ricorso. In realta' non sono stati dedotti profili di censura contro tale provvedimento, tanto che esso e' rimasto estraneo all'oggetto della sentenza gravata: il T.A.R. non lo ha neppure menzionato nella struttura argomentativa della motivazione dell'accoglimento del ricorso di primo grado, incentrata esclusivamente su due (diversi) profili - applicativi - del tutto estranei alla relazione con l'atto generale, ritenuti nel caso di specie assorbenti e dirimenti, senza minimamente porre in discussione la disciplina portata da tale atto generale, che non e' stata dunque oggetto di esame nell'ambito del giudizio. 6. Infondato e' anche il secondo motivo di appello, nella parte in cui critica la sentenza gravata laddove ha rilevato il contrasto fra l'affermazione della carenza di posti nella sede di ..., contenuta nel provvedimento impugnato, ed i coevi trasferimenti presso tale sede documentati dalla ricorrente nel giudizio di primo grado. L'appellante argomenta tale censura osservando che «il TAR non ha all'evidenza tenuto in adeguato conto quanto gia' rappresentato in memoria dall'Avvocatura distrettuale e dall'Amministrazione nella sua relazione versata in atti (nota ministeriale del 13 aprile 2022), nelle quali si faceva presente che quelle assegnazioni erano dovute unicamente alla necessita' di dare esecuzione ad ordinanze cautelari emesse da T.A.R. o Consiglio di Stato e dunque non avevano valore probatorio o, non risultando pertanto smentita la circostanza della inesistenza del posto vacante e disponibile, anche considerato il possibile sovraorganico del 2%, ampiamente superato nella sede desiderata». Il mezzo e' infondato. L'argomento su cui esso poggia era gia' stato sottoposto al giudice di primo grado (come deduce la stessa appellante): il quale, come ricordato, ha ritenuto che gli elementi rappresentati dall'Amministrazione - peraltro soltanto come forma di integrazione in giudizio della motivazione, sul punto, del provvedimento di diniego - non fossero tali da superare la documentata (dalla ricorrente) difformita' fra quanto indicato nel provvedimento di diniego (la carenza di posti nella sede di ...) ed oggettive risultanze di segno contrario (i coevi trasferimenti disposti verso tale sede). Il T.A.R., preso atto della sussistenza di trasferimenti (non menzionati nel provvedimento impugnato, neppure per evidenziarne la causale in tesi compatibile con le ragioni del diniego) verso la sede di ..., e ritenute evidentemente irrilevanti le integrazioni in giudizio della (omessa) motivazione sul punto del provvedimento impugnato, ha pertanto coerentemente disposto che l'Amministrazione, alla luce di elementi tali da mettere in dubbio l'assunto ostativo ritenuto nel provvedimento di diniego, «dovra' riconsiderare alla luce di una rinnovata istruttoria» la sussistenza o meno di tale profilo preclusivo. L'Amministrazione, nel motivo in esame, ha reiterato il tentativo di integrazione postuma della motivazione: senza pero' che il mero richiamo alla produzione documentale in primo grado superi il rilievo del difetto istruttorio e motivazionale del provvedimento di diniego contenuto nella sentenza impugnata. E' peraltro significativo che, a causa della ridetta carenza istruttoria e motivazionale del diniego, e in presenza dell'evidenza di trasferimenti che almeno in apparenza smentiscono le ragioni del diniego medesimo, la ricorrente si sia dovuta fare carico di supplire ad essa. Sullo standard motivazionale minimo che deve supportare l'indicazione delle eccezionali ragioni organizzative che possono opporsi all'accoglimento dell'istanza in parola, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. II, sentenza n. 5223/2023) ha recentemente ricordato che «la disposizione, malgrado sia evidentemente volta a salvaguardare le ragioni di servizio nell'impiego del personale in settori peculiari dell'Amministrazione per i quali il legislatore ha ritenuto necessario adottare una norma derogatoria ad hoc, non spinge il favor per le esigenze di servizio sino al punto di consentire una motivazione generica inerente a tali ragioni senza che esse risultino particolarmente gravi, stante il rilievo costituzionale degli interessi tutelati dall'art. 42-bis, comma 1, cit., che deve trovare un necessario bilanciamento, anche in sede motivazionale, con le esigenze di servizio dell'Amministrazione delle forze di polizia e della difesa (cfr. C.d.S., sez. II, 5 ottobre 2022, n. 8527; id., 20 gennaio 2023, n. 686; id., 24 aprile 2023, n. 4163)». Neppure la norma speciale per le forze di polizia e gli appartenenti all'amministrazione della difesa, il comma 31-bis dell'art. 45 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, «spinge il favor per le esigenze di servizio dell'Amministrazione sino al punto di consentire una motivazione generica inerente alle ragioni di servizio che faccia riferimento alle scoperture di organico, senza che queste ultime risultino particolarmente gravi, o in generale si richiami alle funzioni svolte dal reparto di attuale assegnazione del dipendente, senza evidenziare specifiche ragioni, anche legate ai compiti svolti da colui che richiede il trasferimento temporaneo. Cio' in considerazione delle anzidette esigenze di tutela di valori aventi rilievo costituzionale, che devono trovare un necessario bilanciamento, anche in sede motivazionale, con le esigenze di servizio dell'Amministrazione delle forze di polizia» (Consiglio di Stato, sez. II, sentenza n. 4163/2023). 7. Deve essere ora esaminato il primo profilo del secondo motivo di appello, con cui si censura la sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto l'istanza dell'odierna appellata conforme alle condizioni poste dal citato art. 42-bis, decreto legislativo n. 151/2001, ancorche' la sede di servizio del coniuge fosse in regione diversa da quella verso la quale si chiede il trasferimento (e nella quale e' pero' residente il nucleo familiare). L'Amministrazione appellante allega a sostegno della propria pretesa la sentenza di questo Consiglio di Stato, n. 6713/2022. Il richiamo non e' conferente, perche' tale pronuncia e' relativa a fattispecie in cui l'interessato gia' lavorava nella stessa regione del coniuge. Essa, inoltre, nella motivazione valorizza il criterio della «casa familiare»: il che, paradossalmente, fornisce argomenti tali da supportare una decisione di segno diverso, come si specifichera' nei successivi passaggi argomentativi. 7.1. In punto di fatto va anzitutto osservato che e' incontestato che la signora B., al momento della presentazione dell'istanza, era residente ad ... insieme ai propri figli (di cui uno affetto da una grave patologia ed uno infratreenne), ed al coniuge; quest'ultimo ha la propria sede di lavoro ad ..., ove si reca giornalmente. In presenza di questa situazione, l'appellata ha quindi «chiesto il trasferimento in un reparto di stanza a ... per potersi ricongiungere con il suo nucleo familiare» (questa piattaforma fattuale indicata nel ricorso di primo grado e nella sentenza gravata non e' oggetto di contestazione fra le parti). 7.2. Ad avviso del Collegio, la questione di diritto devoluta con il mezzo in esame postula che venga sollevata questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 42-bis, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (recante «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53»), inserito dall'art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli articoli 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilita' di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attivita' lavorativa (e non l'attivita' lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa provincia o regione ove e' ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento. Tale disposizione stabilisce infatti che «Il genitore con figli minori fino a tre anni di eta' dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, puo' essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attivita' lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda». 7.3. Il T.A.R., nella sentenza oggetto di appello, ha praticato - come gia' indicato - un'interpretazione adeguatrice di tale disposizione nella sua applicazione al caso di specie, osservando che essa non deve «essere interpretata in senso strettamente letterale a pena di avallare situazioni palesemente irragionevoli come quella in cui il coniuge lavori a pochi chilometri dalla sede in cui viene richiesto il trasferimento ma questa si trovi oltre il confine di una diversa regione. Vero e', come osserva la avvocatura, che il legislatore ha inteso attribuire rilevanza non alla residenza del nucleo familiare ma al luogo di lavoro del coniuge, tuttavia ove questo si trovi in una posizione che consenta (per distanza, rete viaria, rete di trasporto, etc.) di raggiungere quotidianamente il luogo di ricongiungimento, la ratio legis (che e' quella di agevolare la riunione della famiglia nei primi anni di vita della prole) deve ritenersi realizzata al pari di quanto accadrebbe se la sede di servizio del primo si trovasse nella medesima regione, non potendo ragionevolmente costituire le linee di confine fra i diversi ambiti amministrativi in cui e' suddiviso il Paese elemento discriminante nella materia di cui ci si occupa. Nel caso di specie la sede di lavoro del coniuge della ricorrente non appare essere collocata ad una distanza tale dal luogo di residenza della famiglia da precluderne il raggiungimento quotidiano; sicche', il fatto che ... non si trovi in ... ma in ... non costituisce un elemento ostativo all'accoglimento della istanza di trasferimento». 7.4. La rilevanza della questione poggia sul fatto che ad avviso del Collegio una simile interpretazione, pur muovendo da premesse pienamente condivisibili, non puo' essere praticata, in ragione della sua contrarieta' al dato testuale: il quale fa infatti espresso riferimento, quale elemento che da' titolo al richiesto trasferimento (nella medesima provincia o regione), alla sede di servizio del coniuge, e non alla sua (e del nucleo familiare) residenza. Nondimeno, l'applicazione al caso di specie del criterio testuale stabilito dalla disposizione in esame condurrebbe ad un esito irragionevole, e dunque contrario all'art. 3 della Costituzione, nonche' contrastante, come dedotto in memoria dall'appellante (sia pur nel contesto di un'argomentazione funzionale alla conferma della sentenza di primo grado), con la tutela costituzionale della famiglia recata dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. Esclusa la praticabilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata, perche' impedita dal chiaro tenore letterale della disposizione, l'applicazione di quest'ultima e' del resto ineludibile per la definizione del giudizio, posto che da essa dipende l'accoglimento o il rigetto dell'appello proprio sulla residua questione - condizionante la pretesa dell'interessata al bene della vita - della spettanza o meno del trasferimento per motivi familiari in relazione alla sussistenza del presupposto legittimante. 7.5. Sul piano della non manifesta infondatezza va considerato, anche in chiave evolutiva, che l'elemento della sede di servizio del coniuge, probabilmente conforme - quale parametro di riferimento per individuare la localizzazione territoriale del nucleo familiare, e le relative esigenze di unita' e stabilita' - ad un criterio di normalita' sociale al momento dell'introduzione della disposizione di cui si discute (circa un ventennio or sono), e dunque tale da costituire in modo non irragionevole il perno della disciplina della tutela del nucleo familiare in relazione agli spostamenti dettati da esigenze lavorative dei suoi componenti adulti, si presta ora - anche a seguito dei mutamenti indotti negli ultimi due decenni (non escluso quello relativo al c.d. lavoro a distanza), e comunque alla maggiore facilita' di spostamenti quotidiani fra regioni limitrofe - ad applicazioni che, come nel caso di specie, possono tradire o frustrare l'intenzione del legislatore, con violazione degli indicati parametri di costituzionalita'. Sul punto e' sufficiente richiamare quanto affermato dalla Corte cost., nella sentenza numero 209 del 2022, allorche' ha osservato - peraltro con riferimento ad una fattispecie ancora piu' evoluta ed avanzata rispetto a quella oggetto del presente giudizio - che «In un contesto come quello attuale, infatti, caratterizzato dall'aumento della mobilita' nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall'evoluzione dei costumi, e' sempre meno rara l'ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell'ambito di una comunione materiale e spirituale». E' pertanto condivisibile, ad avviso del Collegio, l'argomento fattuale speso dalla parte appellata, laddove evidenzia come «Dalla sede di ..., infatti, entrambi i coniugi, potrebbero raggiungere facilmente le rispettive sedi di lavoro, benche' collocate in due regioni confinanti diverse». Il paradosso dell'applicazione della disposizione nel suo significato testuale, invocato dall'appellante, e' che ad oggi il coniuge dell'appellata « - pur in assenza della moglie - ha continuato a vivere e risiedere ad ..., insieme ai figli (di cui uno ammalato e l'altro con eta' inferiore a tre anni), e, quotidianamente, si sposta dalla localita' di residenza per raggiungere quella in cui lavora ...» (circostanza fattuale anch'essa incontestata). Si tratta di una conseguenza applicativa esattamente contraria alla ratio del citato art. 42-bis, come recentemente ricordata da questo Consiglio di Stato (sentenza n. 7725/2023): «E' considerazione di intuitiva consistenza, infatti, quella in forza della quale qualsivoglia garanzia di parita' nell'accudimento dei figli non puo' trovare effettiva esplicazione se il nucleo familiare e' diviso e distante per esigenze lavorative dei genitori. In tale ottica, agevolare l'avvicinamento delle sedi di lavoro costituisce l'antecedente logico, prima che giuridico, di tutto il sistema delle tutele, vero e proprio presupposto «logistico» delle stesse, in assenza del quale esse finiscono per «gravare» (tale divenendo a quel punto l'espressione piu' consona) esclusivamente su quello tra i genitori che ha la possibilita' «fisica» di prendersi cura dei figli (...)». 7.6. D'altra parte, l'unica soluzione alternativa ipotizzabile, ove si volesse applicare la disposizione nel suo significato testuale, sarebbe quella per cui il nucleo familiare dovrebbe mutare residenza in funzione della sede di servizio di uno dei coniugi: il che appare una conseguenza sproporzionata, comportante lo sradicamento del nucleo familiare medesimo, laddove - come nel caso di specie - residenza familiare e sede (o sedi) di servizio, pur se collocati in regioni diverse (ma limitrofe), sono compatibili con spostamenti quotidiani, che non alterano il radicamento territoriale del nucleo familiare. Il superiore argomento peraltro nel caso di specie assume una valenza peculiare, perche' come dedotto dalla parte appellata - e non contestato dalla parte appellante - il nucleo familiare in questione non ha «potuto stabilire la casa familiare a ... in quanto priva di legami familiari sul posto e, soprattutto, in ragione del precario stato di salute in cui versa il figlio maggiore, affetto da una importante patologia cardiaca, patologia che non consente di esporre il bambino ad alcun tipo di stress o cambiamento emotivo (o di abitudini) tale da alterare il suo gia' delicato quadro clinico». Pur prescindendo da tale ultimo (e peculiare) rilievo, in linea generale si e' posto in evidenza in giurisprudenza come «la ratio del citato art. 42-bis (sia) finalizzata al soddisfacimento di esigenze di vicinanza di entrambi i coniugi lavoratori alla residenza del figlio minore di eta' non superiore agli anni tre» (Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sentenza n. 7417/2006). La disposizione, d'altra parte, si applica anche ai figli successivi al primo, e puo' dunque essere invocata piu' volte dal medesimo dipendente (Consiglio di Stato, sez. II, sentenza n. 7725/2023, cit.). In sede di applicazione della disposizione in esame, la giurisprudenza - evidenziando come la stessa, attraverso la tutela del nucleo familiare, sia funzionale principalmente alla protezione dei figli minori - non ha mancato di ricordare che «le esigenze del minore trovano un'esplicita tutela non solo a livello costituzionale (si veda, ad esempio, l'art. 31 della Costituzione), ma anche in fonti di rango sovranazionale, quali la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (c.d. Carta di Nizza), precisamente all'art. 24, e la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176) all'art. 3» (Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sede di Milano, sentenza n. 532/2023). Analogamente si e' pure affermato che l'istituto del trasferimento temporaneo disciplinato dal citato art. 42-bis «ha la funzione di agevolare la cura dei minori nella primissima infanzia, e quindi protegge i valori della famiglia, e piu' in generale della genitorialita', tutelati dall'art. 30 della Costituzione, per cui «E' dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli», e dal successivo art. 31, per cui «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternita', l'infanzia e la gioventu', favorendo gli istituti necessari a tale scopo». 15.3. Nello stesso senso, sono poi le norme di trattati internazionali ai quali l'Italia aderisce, in primo luogo l'art. 24 della Carta di Nizza, per cui «I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere... In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorita' pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente...». Contenuto analogo ha l'art. 3 della Convenzione delle Nazioni unite 5 settembre 1991 sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176 (...)» (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 1418/2021). Dalla superiore prassi giurisprudenziale, ispirata al criterio teleologico, si evince pertanto che oggetto della tutela sia la stabilita' del nucleo familiare, e segnatamente dei figli infratreenni, altrimenti soggetti a cambi di residenza nel primo (e piu' delicato, sotto il profilo psicologico e materiale) periodo di vita: cambi di residenza ingiustificati e sproporzionati tenuto conto della possibilita' di conciliare esigenze lavorative e tutela del nucleo familiare in situazioni di pendolarismo quotidiano anche extraregionale. L'applicazione letterale della disposizione in esame alla fattispecie dedotta condurrebbe invece (e fino alla pronuncia del T.A.R. ha condotto) ad un risultato esattamente opposto a quello che essa intende tutelare. Sicche' il Collegio, preclusa - per le ragioni sopra indicate - la possibilita' di praticare un'interpretazione adeguatrice, non puo' che sollevare l'indicata questione incidentale di legittimita' costituzionale. Va pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42-bis, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (recante «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53»), inserito dall'art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli articoli 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilita' di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attivita' lavorativa (e non l'attivita' lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa provincia o regione ove e' ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento. 8. Resta riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione nel merito e sulle spese.
P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto: lo respinge in parte, nei sensi di cui in parte motiva; dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3, 29, 30, e 31 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42-bis, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Sospende il giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 6, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalita' del minore, dei soggetti esercenti la responsabilita' genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati. Spese al definitivo. Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 28 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati: Raffaele Greco, Presidente; Paolo Carpentieri, Consigliere; Ezio Fedullo, Consigliere; Giovanni Tulumello, Consigliere, estensore; Luca Di Raimondo, Consigliere. Il Presidente: Greco L'estensore: Tulumello