N. 13 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 marzo 2024

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 26  marzo  2024  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Impiego pubblico  -  Trattamento  economico  -  Norme  della  Regione
  Siciliana - Incrementi retributivi di cui all'art. 87 del Contratto
  collettivo regionale di  lavoro  del  personale  del  comparto  non
  dirigenziale della Regione Siciliana e degli enti di cui all'art. 1
  della legge reg. n. 10 del 2000 - triennio normativo  ed  economico
  2016-2018, previsti in sostituzione  dell'elemento  perequativo  di
  cui alla lettera b) del comma 440 dell'art. 1 della  legge  n.  145
  del  2018  -  Finanziamento  a  regime  nell'ambito   del   rinnovo
  contrattuale per il triennio  2019-2021  del  medesimo  comparto  -
  Integrazione, per le predette finalita', delle risorse  finanziarie
  per i rinnovi  dei  contratti  collettivi  di  lavoro  relativi  al
  triennio 2019-2021, a decorrere dall'esercizio finanziario 2024, di
  un importo pari a 4.300 migliaia di euro, da destinare  al  rinnovo
  contrattuale del personale del comparto non dirigenziale. 
Sanita' pubblica - Servizio sanitario regionale (SSR) -  Norme  della
  Regione Siciliana - Modifica del comma 1 dell'art. 20  della  legge
  regionale n. 30  del  1993  -  Qualificazione  del  Centro  per  la
  formazione permanente e l'aggiornamento del personale del  Servizio
  sanitario (CEFPAS) come ente del Servizio sanitario regionale. 
- Legge della Regione Siciliana 16  gennaio  2024,  n.  1  (Legge  di
  stabilita' regionale 2024-2026), artt. 8 e 25, comma 2. 
(GU n.18 del 2-5-2024 )
     Ricorso ex art. 127 della Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   per   legge
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 - ricorrente; 
    contro la  Regione  Sicilia,  in  persona  del  Presidente  della
regione  pro-tempore,  con  sede  legale  in  Palermo   alla   piazza
Indipendenza n. 21, Palazzo Orleans - intimata; 
    per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli
articoli 8 e 25 comma 2 della legge della Regione Sicilia 16  gennaio
2024, n. 1, come da delibera del Consiglio dei ministri  in  data  11
marzo 2024. 
    Nel Bollettino Ufficiale  della  Regione  Sicilia  n.  4  del  20
gennaio 2024 e' stata pubblicata la  legge  regionale  n.  1  del  16
gennaio 2024, recante «Legge di stabilita' regionale 2024-2026». 
    Il Governo ritiene che le previsioni contenute negli articoli 8 e
25 comma 2 della suddetta legge  eccedano  le  competenze  attribuite
alla Regione Siciliana dallo statuto  speciale  di  autonomia,  regio
decreto legislativo 15 maggio  1946,  n.  455,  convertito  in  legge
costituzionale 26 febbraio 1948, e si pongano in  contrasto  con  gli
articoli 97 commi 1 e 2, 117 terzo comma  (principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica) della Costituzione. 
    Si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. Illegittimita' dell'art. 8 della legge della  Regione  Sicilia
n. 1/2024, per violazione degli articoli 97 commi 1 e 2, 117 comma  3
(principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica) della
Costituzione, oltre che per  inosservanza  dei  limiti  all'esercizio
della potesta' legislativa della regione sanciti dall'art.  14  primo
comma dello statuto regionale, derivanti  dal  rispetto  delle  norme
fondamentali di riforma economico-sociale della  Repubblica,  nonche'
dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. 
    L'art. 8, rubricato «Benefici retributivi a favore del  personale
dipendente di cui  all'art.  87  del  CCRL  2016-2018»,  della  legge
regionale n. 1/2024, al comma 1  prevede  che,  in  conformita'  alle
disposizioni dei commi 869 e 959 dell'art. 1 della legge n. 178/2020,
gli incrementi di cui all'art. 87 del contratto collettivo  regionale
di lavoro del personale del comparto non dirigenziale  della  Regione
Siciliana, triennio normativo ed  economico  2016-2018,  previsti  in
sostituzione dell'elemento perequativo di cui  alla  lettera  b)  del
comma 440 dell'art. 1 della legge  n.  145/2018,  sono  finanziati  a
regime nell'ambito del rinnovo contrattuale per il triennio 2019-2021
del medesimo comparto. 
    Al comma 2 l'art. 8 dispone, inoltre, che, per le  finalita'  del
precedente  comma  1,  le  risorse  finanziarie  per  i  rinnovi  dei
contratti collettivi di lavoro relativi al  triennio  2019-2021  sono
integrate, a decorrere dall'esercizio finanziario 2024, di un importo
pari a 4,3 milioni di euro, da destinare al rinnovo contrattuale  del
personale del comparto non dirigenziale (Missione  1,  Programma  10,
capitolo 212017). 
    Al riguardo, in via preliminare, va evidenziato che l'accordo tra
Stato e Regione Siciliana per il  ripiano  decennale  del  disavanzo,
sottoscritto il 16 ottobre  2023  (doc.  1),  contiene  al  punto  10
l'impegno della Regione Siciliana finalizzato al  contenimento  della
spesa di personale, al netto  dei  rinnovi  contrattuali  nei  limiti
previsti per il medesimo periodo  a  livello  nazionale,  incluso  il
trattamento  accessorio  e,  sulla  base  del  predetto  impegno   di
contenimento di tale importante componente della spesa corrente, come
contropartita,  il  nuovo  accordo  ha  previsto  la  ripresa   delle
assunzioni a tempo indeterminato di personale sia  del  comparto  sia
con  qualifica  dirigenziale,  con  tassi   di   sostituzione   delle
cessazioni dal servizio superiori, per il  triennio  2023-  2025,  al
100% del turn over. 
    Cio' posto, l'art. 8 della legge regionale n. 1/2024 determina un
aggiramento del limite finanziario cui sono sottoposti i fondi per il
trattamento accessorio del personale, previsto dall'art. 23, comma 2,
del  decreto  legislativo  n.  75/2017,  ed  anche   la   conseguente
violazione del citato accordo tra Stato e Regione  Siciliana  per  il
ripiano decennale del disavanzo sottoscritto il 16 ottobre 2023 (doc.
1), nella parte in cui prevede, al punto 10, l'impegno della  Regione
Siciliana a contenere le spese di personale nei  limiti  dei  rinnovi
contrattuali  previsti  per  tutti  i  comparti   di   contrattazione
nazionale (funzioni centrali, funzioni locali, sanita', istruzione  e
ricerca). 
    La norma in esame  stanzia  4,3  milioni  di  euro,  a  decorrere
dall'anno 2024, in aggiunta agli stanziamenti gia'  effettuati  dalle
leggi regionali n. 10/2021  e  n.  35/2021,  relativi  all'incremento
medio a regime del 3,78% da destinare  al  rinnovo  contrattuale  del
personale del comparto non dirigenziale per  il  triennio  2019-2021,
unitamente ad altri  stanziamenti  previsti  pur  sempre  nell'ambito
della legge di stabilita' regionale 2024  -  2026,  come  di  seguito
indicati: 
        art. 6, euro 1.668.946 sulla  base  della  percentuale  dello
0,22%  prevista  quale  incremento  dei  fondi  per  il   trattamento
accessorio dall'art. 1, comma 604, della legge n. 234/2021 (legge  di
bilancio statale 2022); 
        art.  7,  euro  3.410.095  sulla   base   della   percentuale
dell'0,55% prevista per la riforma  degli  ordinamenti  professionali
dall'art. 1, comma 612, della legge n. 234/2021  (legge  di  bilancio
statale 2022). 
    Lo  stanziamento  di  4,3  milioni  a  decorrere  dall'anno  2024
fuoriesce  dall'accordo  Stato-Regione  Siciliana,   in   quanto   le
motivazioni addotte fanno riferimento  all'elemento  perequativo  una
tantum  introdotto  nei  contratti  collettivi  di  lavoro  nazionali
riferiti al triennio 2016-2018  con  oneri  a  carico  delle  risorse
contrattuali  di  tale  triennio,  che  con  specifico  finanziamento
disposto dall'art. 1, commi 869 e 959, della  legge  n.  178/2020  e'
stato reso strutturale con inclusione  nel  trattamento  fondamentale
con la tornata contrattuale 2019-2021. 
    Nel caso, invece, dell'art. 87 del  C.C.R.L.  del  personale  del
comparto  non  dirigenziale  della  Regione  Siciliana  del  triennio
2016-2018, richiamato dall'art. 8 legge  regionale  n.  1/2024,  tale
clausola negoziale non ha istituito un analogo  elemento  perequativo
una  tantum,  ma  con  criteri  nettamente  diversi   dai   contratti
collettivi    nazionali    ha    incrementato    l'«indennita'     di
amministrazione» (componente fissa mensile della retribuzione) con la
corrispondente  diminuzione  delle   risorse   per   il   trattamento
accessorio appostate  nel  «Fondo  per  risorse  decentrate»  di  cui
all'art. 90 del medesimo C.C.R.L. (somme destinate alla produttivita'
da  corrispondersi  all'esito  delle  risultanze   del   sistema   di
valutazione della performance); operazione sulla quale la  Corte  dei
conti - sezione regionale di controllo per la  Sicilia,  in  sede  di
rapporto di certificazione del C.C.R.L.  2016-2018,  ha  espresso  le
proprie perplessita' ed osservazioni. 
    Tanto premesso, risulta  evidente  che  lo  stanziamento  di  4,3
milioni di euro previsto  dalla  norma  regionale  in  esame  non  e'
finalizzato, come nei contratti collettivi nazionali,  a  reintegrare
le risorse contrattuali utilizzate  per  l'elemento  perequativo  una
tantum a valere sulle risorse che la finanza pubblica ha destinato ai
rinnovi contrattuali 2016 - 2018 (3,78% a regime), ma e' destinato  a
compensare le risorse dirottate dal «Fondo  per  risorse  decentrate»
per  incrementare  l'«indennita'   di   amministrazione»   con   cio'
aggirando, di fatto, il vincolo normativo  del  rispetto  del  limite
finanziario delle somme  complessivamente  destinate  ai  trattamenti
accessori del personale previsto dall'art. 23, comma 2,  del  decreto
legislativo n. 75/2017. 
    Sul punto, va rilevato che sia l'«indennita' di  amministrazione»
sia le risorse del «Fondo per risorse decentrate» assumono natura  di
componenti del trattamento  accessorio  come  indicato  dallo  stesso
C.C.R.L. e oggettivamente confermato dall'applicazione - per entrambi
i predetti istituti contrattuali -  delle  ritenute  previste  per  i
primi dieci giorni di malattia dall'art. 71 della legge  n.  133  del
2008, che  ha  introdotto  tali  trattenute  su  «ogni  indennita'  o
emolumento,   comunque   denominati,   aventi   carattere   fisso   e
continuativo, nonche' di ogni altro trattamento accessorio». 
    Per quanto esposto, l'art. 8 della legge di stabilita'  regionale
2024  -  2026  non  risulta  conforme   alla   previsione   contenuta
nell'accordo tra Stato e Regione Siciliana per il  ripiano  decennale
del disavanzo sottoscritto il 16 ottobre 2023 (doc. 1), in  relazione
all'impegno assunto di contenere i rinnovi contrattuali del personale
regionale nei limiti previsti  per  il  medesimo  periodo  a  livello
nazionale, incluso il trattamento accessorio,  tenuto  conto  che  la
legge di bilancio nazionale e' finalizzata al reintegro delle risorse
stanziate per la tornata contrattuale 2016 - 2018 ed  utilizzate  per
l'elemento perequativo una tantum, mentre la  disposizione  regionale
incrementa le risorse destinate al trattamento  economico  accessorio
in violazione dei limiti di spesa previsti dall'art. 23, comma 2, del
decreto legislativo n. 75/2107 e, in quanto tali, in misura eccedente
agli incrementi previsti per i contratti collettivi nazionali. 
    Giova rammentare che, successivamente alla sottoscrizione in data
14 gennaio 2021 del  primo  accordo  per  il  ripiano  decennale  del
disavanzo,  la  Regione  Siciliana  ha  legiferato  in   materia   di
incremento  del  trattamento  accessorio  del  personale,  in  palese
contrasto  con  le  finalita'  dell'accordo  stesso,  finalizzato  al
contenimento della spesa per il personale, ivi incluso il trattamento
accessorio,  adottando  disposizioni  che,  come  noto,  sono   state
dichiarate incostituzionali da codesta ecc.ma Corte con  le  seguenti
pronunce: 
        sentenza  n.  190  del  25  luglio  2022  che  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art.  5,  comma  1,  lettera  f)
(indennita' trattamento accessorio  personale  UREGA),  dell'art.  14
(ricostruzione trattamento economico personale ex  ARRA  della  legge
regione siciliana n.  9/2021,  legge  di  stabilita'  2021),  nonche'
dell'art. 14  (trattamento  accessorio  personale  Dipartimento  beni
culturali) della legge regione siciliana n. 29/2021  (Modifiche  alla
legge regionale n. 9/2021); 
        sentenza  n.  200  del  28  luglio  2022  che  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale  della  legge  regione  siciliana  n.
28/2021 (Norme in materia  di  funzionamento  del  Corpo  forestale),
nonche' dell'art. 1, comma 1 (Corpo Forestale)  della  legge  regione
siciliana n. 1/2022 (esercizio provvisorio). 
    Su tale aspetto, si richiamano i  costanti  insegnamenti  secondo
cui gli interventi finalizzati al contenimento della  spesa  pubblica
costituiscono principi fondamentali in materia di coordinamento della
finanza  pubblica,  in  quanto  pongono  obiettivi  di  riequilibrio,
rilevando altresi' che «[...] la spesa per il personale, per  la  sua
importanza strategica ai fini dell'attuazione  del  patto  stabilita'
interna (data la sua rilevante entita'),  costituisce  non  gia'  una
minuta voce di dettaglio, ma  un  importante  aggregato  della  spesa
corrente, con la conseguenza che  le  disposizioni  relative  al  suo
contenimento assurgono a principio  fondamentale  della  legislazione
statale» (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la  sentenza  n.  169
del 2007). 
    Non puo' essere quindi condivisa la tesi secondo cui  la  Regione
Siciliana, in forza dell'art. 14, lettera q), dello statuto,  che  le
attribuisce la competenza legislativa esclusiva in materia  di  stato
giuridico ed economico del proprio personale, sarebbe  legittimata  a
adottare la disposizione impugnata. 
    Al contrario, la competenza regionale  incontra,  secondo  quanto
previsto dallo stesso statuto siciliano,  i  limiti  derivanti  dalle
norme fondamentali  di  riforma  economico-sociale  della  Repubblica
(cosi', tra l'altro, sentenza n. 172 del 2018)  e,  conseguentemente,
quelli specificati dalle  sopra  citate  norme  interposte  (art.  23
decreto legislativo n. 75/2017, accordo tra Stato e Regione Siciliana
per il ripiano decennale del disavanzo, sottoscritto  il  16  ottobre
2023). 
    La  giurisprudenza  di   codesta   ecc.ma   Corte   e'   costante
nell'affermare che l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n.  75
del 2017  e'  norma  che  pone  un  limite  generale  al  trattamento
economico  del  personale  pubblico  e  ha  natura  di  principio  di
coordinamento della finanza pubblica, essendo tale  spesa  una  delle
piu' frequenti e rilevanti cause di disavanzo pubblico  (sentenze  n.
212 e n. 20 del 2021, n. 191 del 2017, n. 218 del 2015 e n.  215  del
2012). 
    La Regione Sicilia non  puo'  quindi  effettuare  integrazioni  e
incrementi che andrebbero in  senso  opposto  all'armonizzazione  che
ispira la predetta norma interposta. 
    La previsione di  maggiori  oneri  da  destinare  ai  trattamenti
economici del personale del comparto non dirigenziale,  pertanto,  si
pone in netto contrasto con gli obiettivi di finanza pubblica,  oltre
che con lo specifico  obiettivo  di  riduzione  della  spesa  per  il
personale, che la regione si e' prefissata  d'intesa  con  lo  Stato,
come recepita al punto 10 dell'accordo tra Stato e Regione  Siciliana
per il ripiano decennale del disavanzo del 16 ottobre 2023 (doc. 1). 
    L'art.  8  della  legge  regionale  Siciliana  n.  1  del   2024,
autorizzando una spesa che supera il limite  stabilito  dall'indicata
normativa statale si pone quindi in contrasto con le misure volte  ad
assicurare l'invarianza del costo del personale  e,  di  conseguenza,
con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in particolare con i
principi fondamentali  nella  materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica». 
    La riduzione del trattamento accessorio  del  personale  pubblico
rappresenta  una  delle  condizioni  pattuite  (al  punto   10)   nel
richiamato accordo per il ripiano decennale del disavanzo (doc. 1). 
    La  disposizione  regionale,  destinando,  invece,  un   maggiore
importo  per  il  trattamento  accessorio  del  personale   a   tempo
indeterminato, si pone in contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,
della Costituzione, per violazione dei  principi  fondamentali  nella
materia «coordinamento della finanza  pubblica»,  in  relazione  alle
citate norme interposte. 
    Per quanto attiene alla  Regione  Siciliana,  l'applicazione  dei
predetti  principi  non  e'  preclusa  dalla   previsione   contenuta
nell'art. 14, lettera q), dello statuto  speciale  poiche'  la  norma
statutaria, pur attribuendo  alla  competenza  legislativa  esclusiva
della regione la disciplina dello stato giuridico  ed  economico  dei
dipendenti regionali, incontra - in virtu' di quanto  previsto  dallo
stesso  statuto  di  autonomia  -  i  limiti  derivanti  dalle  norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica  (sent.
n. 172 del 2018)  che,  in  quanto  tali,  si  impongono  anche  alla
potesta' legislativa esclusiva delle regioni autonome  (sent.  n.  93
del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018). 
    Alla stregua di quanto dedotto  e  per  i  motivi  ivi  indicati,
l'art. 8 della  legge  regionale  n.  1/2024,  appare,  altresi',  in
contrasto con l'art. 97, primo comma, della Costituzione, che pone in
capo alle  pubbliche  amministrazioni  l'obbligo  di  assicurare  «in
coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, ... l'equilibrio  dei
bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico». 
    La norma impugnata, infatti, non rispetta l'impegno della regione
a contenere i rinnovi contrattuali del personale regionale nei limiti
previsti per il medesimo periodo  a  livello  nazionale,  incluso  il
trattamento accessorio, impegno assunto con lo Stato nell'accordo del
16 ottobre 2023 (punto  10)  finalizzato  al  ripiano  decennale  del
disavanzo e, quindi, a ripristinare l'equilibrio del bilancio. 
    L'equilibrio del bilancio di ciascun ente pubblico rappresenta un
presupposto della sana gestione finanziaria e del corretto  esercizio
dell'autonomia  degli  enti  territoriali,  nonche'  del  dovere   di
concorrere alla realizzazione degli obiettivi posti in sede nazionale
e in ambito eurounitario e sovranazionale (in tal senso, sentenza  n.
4 del 2020). 
    Si tratta di un principio che non puo' essere derogato neppure in
favore delle regioni a  statuto  speciale,  le  quali  partecipano  -
insieme  agli  altri  enti  territoriali  -  alla  finanza   pubblica
allargata (sent. n. 165 del 2023). 
    Infatti, per assicurare il rispetto degli obiettivi di equilibrio
dei bilanci delle amministrazioni pubbliche, l'art. 9, comma 5, legge
24 dicembre 2012, n. 243, stabilisce che «la legge dello Stato, sulla
base di criteri analoghi a quelli  previsti  per  le  amministrazioni
statali e tenendo conto di parametri di virtuosita',  puo'  prevedere
ulteriori obblighi a carico degli enti di cui al comma 1 [tra cui  le
regioni, ndr] in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi
di finanza pubblica del complesso  delle  amministrazioni  pubbliche»
(cfr. Corte costituzionale n. 221 del 2013,  n.  217  e  n.  215  del
2012). 
    Infine, le disposizioni del contestato  art.  8  della  legge  di
stabilita' regionale 2024 - 2026 appaiono in contrasto anche  con  il
secondo comma dell'art. 97 della Costituzione il quale, nel prevedere
che l'organizzazione degli uffici pubblici debba assicurare  il  buon
andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione,  viene  a  limitare
sia la discrezionalita' del legislatore  statale  e  sia  quella  del
legislatore regionale. 
    La Regione Siciliana, anche nelle materie in cui e'  titolare  di
una  potesta'  legislativa  esclusiva  -  quali  quelle   concernenti
l'«ordinamento degli uffici» o lo «stato giuridico ed economico»  del
personale (art. 14, comma 1, lettere p e q, dello statuto speciale) -
e' tenuta ad esercitare le  relative  competenze  «nei  limiti  delle
leggi costituzionali dello Stato» e, quindi, a maggior  ragione,  nel
rispetto del principio di buon andamento di cui all'art. 97,  secondo
comma, della Costituzione. 
    Codesta ecc.ma  Corte  ha  costantemente  valorizzato  il  sicuro
contenuto precettivo  del  principio  di  buon  andamento,  il  quale
costituisce il «cardine della vita amministrativa e quindi condizione
dello svolgimento ordinato della vita  sociale»  (sent.  n.  123  del
1968, richiamata dalla sentenza n. 202 del 2014); esso «comporta che,
cosi' con riguardo alla organizzazione degli uffici come con riguardo
al loro funzionamento, la disciplina si debba ispirare ad un criterio
di congruenza e di non arbitrarieta' rispetto al  fine  che  si  vuol
perseguire (sentenza n. 160 del 1988)» (sent. n. 376 del 1993). 
    E' tale contenuto precettivo del principio di buon andamento e di
imparzialita' dell'amministrazione a porre in  luce  l'illegittimita'
costituzionale,   per   arbitrarieta'   e   irragionevolezza,   della
disposizione impugnata. 
    Infatti, dal punto di vista dei contenuti  tecnici  emergono,  in
misura evidente, le diverse  finalita'  dei  due  istituti  economici
presi a confronto, in quanto l'elemento perequativo  una  tantum  (1)
 e'   corrisposto   in   misura   fortemente   decrescente   rispetto
all'inquadramento giuridico ed economico  dei  dipendenti  arrivando,
nel caso del CCNL Funzioni centrali, ad escludere da  tale  beneficio
la  maggior  parte  dei  dipendenti  inquadrati  nella  seconda  area
funzionale  e  tutti  i  dipendenti  inquadrati  nella   terza   area
funzionale, cio' proprio per difendere  i  livelli  retributivi  piu'
bassi, coerentemente con quanto previsto dall'art. 1, comma 12, della
legge n. 190/2014 (c.d. bonus detrazioni fiscali 80 euro mensili). 
    La norma regionale, invece,  con  finalita'  opposte,  incrementa
l'indennita'  di  amministrazione  gia'  in   godimento   in   misura
significativamente crescente rispetto all'inquadramento giuridico  ed
economico dei dipendenti, con conseguente maggiore  beneficio  per  i
soggetti con inquadramenti  medio-alti,  ponendosi  in  irragionevole
antitesi con le finalita' di  difesa  dei  livelli  retributivi  piu'
bassi prevista dai contratti collettivi nazionali e dal  citato  art.
1, comma 12, della legge n. 190/2014. 
    Si  denuncia,  dunque,  la  violazione  del  principio  di   buon
andamento e  di  imparzialita'  della  pubblica  amministrazione,  in
quanto l'art. 8 della legge regionale n. 1/2024,  nell'attribuire  il
beneficio dell'aumento retributivo ai dipendenti  della  regione  con
qualifiche medio-alte, non risulta ispirato al criterio di congruenza
e di non arbitrarieta'  che  dovrebbe  ispirare  il  finanziamento  a
regime degli incrementi di cui all'art. 87 del C.C.R.L.  previsti  in
sostituzione dell'elemento  perequativo  introdotto  dalla  normativa
statale. 
    Alla stregua di quanto sopra indicato, la disposizione  in  esame
appare illegittima per violazione dell'art. 117, terzo  comma,  della
Costituzione,  nella  materia   di   legislazione   concorrente   del
coordinamento  della  finanza  pubblica  in  relazione  ai  parametri
interposti di cui all'art. 23 del decreto legislativo  n.  75/2017  e
all'accordo tra Stato e Regione Siciliana per  il  ripiano  decennale
del disavanzo,  sottoscritto  il  16  ottobre  2023,  oltre  che  per
inosservanza dei  limiti  all'esercizio  della  potesta'  legislativa
della  regione  sanciti  dall'art.  14  primo  comma  dello   statuto
regionale, derivanti dal rispetto delle norme fondamentali di riforma
economico-sociale della Repubblica, nonche'  dei  principi  stabiliti
dalle leggi dello Stato, e per violazione dell'art. 97, commi 1 e  2,
della Costituzione. 
    2. Illegittimita' dell'art. 25 comma 2 della legge della  Regione
Sicilia  n.  1/2024,  per  violazione  dell'art.  117,  comma  2,  in
relazione ai principi fondamentali in materia di coordinamento  della
finanza pubblica, oltre che per inosservanza dei limiti all'esercizio
della potesta' legislativa della regione sanciti dagli articoli 14  e
17, primo comma, dello  statuto  regionale,  derivanti  dal  rispetto
delle  norme  fondamentali   di   riforma   economico-sociale   della
Repubblica, nonche' dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. 
    L'art.  25,  comma  2,  della  legge  di   stabilita'   regionale
2024-2026, rubricato «Abrogazioni e modifiche di  norme»,  attraverso
una modifica del  comma  1  dell'art.  20  della  legge  regionale  3
novembre 1993, n. 30, riconosce, a decorrere dal 20  gennaio  2024  e
con applicabilita' dal  1°  gennaio  2024  (ai  sensi  del  combinato
disposto dell'art. 28,  comma  1  e  dell'art.  27,  comma  2,  della
medesima  legge  di  stabilita'),  la  nuova  natura  del  Centro  di
formazione (CEFPAS) di Caltanissetta - per la formazione permanente e
l'aggiornamento del personale del servizio sanitario - quale ente del
Servizio sanitario regionale cui  la  regione  affidera'  in  maniera
centralizzata servizi e funzioni a supporto  delle  aziende  e  degli
enti che forniscono prestazioni sanitarie. 
    Premesso che le funzioni del  CEFPAS  non  sono  riconducibili  a
funzioni sanitarie in senso stretto (come gia' stabilito  per  l'ARPA
siciliana dalla sentenza n. 172/2018) e che  gli  enti  del  servizio
sanitario nazionale sono indicati dal legislatore statale all'art. 19
del decreto legislativo n. 118/2011, l'inclusione  del  CEFPAS  (ente
strumentale della Regione Sicilia) nel «perimetro sanitario»  finisce
per estendere l'area stessa di tale perimetro,  tracciata,  peraltro,
dalla disciplina contabile nazionale di cui all'art. 20  del  decreto
legislativo n. 118 del 2011, incidendo, innanzitutto sulle  modalita'
e quantita' del finanziamento dei Livelli  essenziali  di  assistenza
(LEA). 
    Codesta ecc.ma Corte insegna che  la  disciplina  concernente  il
c.d. «perimetro sanitario» stabilisce le condizioni,  non  derogabili
dalla legislazione regionale, per  l'individuazione  e  l'allocazione
delle risorse  destinate  a  garantire  i  livelli  essenziali  delle
prestazioni (sent. n. 132 del 2021 e sentenza n. 233 del  2022),  con
conseguente divieto di destinare risorse a spese correnti diverse  da
quelle quantificate per la copertura dei LEA.  Siffatti  insegnamenti
sono stati peraltro recepiti  e  richiamati  anche  dalla  Corte  dei
conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana nell'ordinanza n.  41
del 7 febbraio 2023 (di promuovimento di questione in via incidentale
delle norme regionali che pongono il finanziamento di ARPA Sicilia  a
carico del FSR, decisa con sentenza di accoglimento n. 1 del 2024). 
    Orbene, la  norma  regionale  impugnata  si  pone  in  violazione
dell'art. 117, terzo comma, della  Costituzione,  in  relazione  alla
norma interposta di cui all'art. 20 del decreto  legislativo  n.  118
del 2011,  poiche'  estende  il  perimetro  sanitario,  ponendosi  in
contrasto con il  principio  di  contenimento  della  spesa  pubblica
sanitaria, da ritenersi  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    La norma regionale in esame, invero, non pone il trasferimento di
risorse dal FSR in alcun rapporto di immediata e diretta destinazione
all'erogazione  di  servizi  sanitari  afferenti  ai  LEA,  cosi'  da
alterare la struttura del perimetro sanitario prescritto  dal  citato
art. 20 del decreto legislativo n. 118/2011. 
    Peraltro,  l'inserimento  del  CEFPAS  (ente  strumentale   della
Regione  Sicilia)   nel   perimetro   sanitario   determinerebbe   un
trattamento contabile derogatorio per tutta una serie  di  spese,  in
quanto andrebbe ad essere disciplinato  dal  Titolo  II  del  decreto
legislativo n. 118/2011. 
    Sotto altro profilo, la norma  regionale  impugnata  si  pone  in
contrasto anche con quanto  disposto  dagli  articoli  contenuti  nel
titolo I - «ordinamento» del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502 e con la normativa in materia di piano  di  rientro,  considerato
che il riconoscimento di un ente di diritto pubblico quale  ente  del
S.S.R. potrebbe generare un incremento di costi  non  quantificato  e
non compatibile con l'equilibrio economico finanziario  del  bilancio
sanitario della regione impegnata nel piano di rientro. 
    Infatti, tenuto conto che la regione e' impegnata  nel  piano  di
rientro dal disavanzo sanitario, qualsiasi intervento messo in  campo
deve  essere  valutato  in   coerenza   con   il   quadro   economico
programmatico complessivo per il triennio 2022  -  2024,  poiche'  la
vincolativita' del programma operativo di consolidamento  e  sviluppo
e' da considerarsi, come noto, espressione del principio fondamentale
diretto  al  contenimento  della  spesa  pubblica  sanitaria  e   del
correlato principio di coordinamento della finanza pubblica ai  sensi
dell'art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009 (cfr., per  tutte,
Corte costituzionale sentenza n. 104 del 2013). 
    In  questa  prospettiva,  qualsiasi  eventuale   modifica   della
programmazione sanitaria deve passare attraverso un aggiornamento del
programma operativo 2023 - 2025, anche e soprattutto  allo  scopo  di
valutarne la compatibilita' economica, con conseguente previa analisi
da parte dei Ministeri affiancanti. 
    Inoltre, l'art. 2, comma 80, della legge n.  191/2009  stabilisce
la cogenza degli interventi individuati dal piano di rientro che sono
vincolanti per la regione  obbligata  a  rimuovere  i  provvedimenti,
anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che possano  essere  di
ostacolo alla piena attuazione del suddetto piano. 
    Infine, la  qualificazione  compiuta  dall'art.  25  della  legge
regionale di che trattasi puo' implicare una violazione  del  divieto
di spese non obbligatorie da parte della regione, ai sensi  dell'art.
1, comma 174, della legge 30 dicembre  2004,  n.  311,  ed  ai  sensi
dell'art. 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n, 191. 
    Codesta  ecc.ma  Corte,  infatti,  ha  in  piu'  di  un'occasione
affermato che l'assoggettamento ai vincoli dei piani di  rientro  dal
disavanzo sanitario non consente di incrementare la  spesa  sanitaria
per motivi che non siano inerenti  alla  garanzia  delle  prestazioni
essenziali e per spese, dunque, non obbligatorie (sentenze n.  142  e
n. 36 del 2021 e n. 166 del 2020). 
    E' stato, altresi', chiarito che i predetti vincoli in materia di
contenimento della spesa pubblica sanitaria costituiscono espressione
di un principio fondamentale di coordinamento della finanza  pubblica
(ex plurimis, sentenze n. 36 del 2021, n. 130, n. 62 del  2020  e  n.
197 del 2019). 
    Ne consegue che l'effettuazione di altre spese, in una condizione
di risorse contingentate, pone il  problema  della  congruita'  della
copertura  della  spesa   «necessaria»   (art.   81,   terzo   comma,
della Costituzione), posto che un impiego di risorse per  prestazioni
«non essenziali» verrebbe a ridurre  corrispondentemente  le  risorse
per quelle essenziali. 
    Siffatte conclusioni non  possono  essere,  infine,  contraddette
dalla circostanza che la materia  dell'assistenza  sanitaria  rientra
tra quelle contemplate  dall'art.  17  dello  statuto  siciliano,  in
quanto la regione puo' esercitare la propria  competenza  legislativa
solo nei limiti dei  principi  e  degli  interessi  generali  cui  si
informa la legislazione statale (Corte  costituzionale,  sentenza  23
luglio 2018, n. 172). 
    Codesta ecc.ma Corte ha poi riconosciuto la vincolativita'  delle
vigenti disposizioni in materia di piano  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario, che si configurano quali principi di  coordinamento  della
finanza pubblica, anche  nei  confronti  della  potesta'  legislativa
riconosciuta dallo statuto alla  Regione  Sicilia  (sent.  20  luglio
2023, n. 155). 
    La norma impugnata travalica, quindi, le competenze affidate alla
regione dallo statuto  di  autonomia  il  quale,  sebbene  conferisca
all'assemblea regionale il  potere  di  emanare  leggi  «al  fine  di
soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della
regione», in materia  di  «ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti
regionali»  (art.  14,  lettera  p)  e  in  materia  di   «assistenza
sanitaria» (art. 17, comma 1, lettera c), prevede, tuttavia, che tale
potere sia esercitato «entro  i  limiti  dei  principi  ed  interessi
generali cui  si  informa  la  legislazione  dello  Stato»,  tra  cui
rientrano i principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia di
coordinamento della finanza pubblica e di  contenimento  della  spesa
pubblica sanitaria (sent. 25 luglio 2022, n. 190). 
    Alla stregua di quanto sopra e per  i  motivi  ivi  indicati,  si
chiede che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
25, comma 2, della legge di stabilita'  regionale  2024  -  2026  per
contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione in  materia
di coordinamento della finanza  pubblica,  in  relazione  alle  norme
interposte di cui agli articoli 19 e 20 del  decreto  legislativo  n.
118 del 2011,  nonche',  sotto  altro  profilo,  alla  norma  di  cui
all'art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, per violazione del
principio  di  contenimento  della  spesa  pubblica   sanitaria,   da
ritenersi principio di coordinamento della  finanza  pubblica,  oltre
che  per  inosservanza  dei  limiti  all'esercizio   della   potesta'
legislativa della regione  sanciti  dagli  articoli  14  e  17  dello
statuto regionale, derivanti dal rispetto delle norme fondamentali di
riforma economico-sociale  della  Repubblica,  nonche'  dei  principi
stabiliti dalle leggi dello Stato. 
    Per i motivi suesposti, si  promuove  questione  di  legittimita'
costituzionale relativamente articoli 8 e 25, comma  2,  della  legge
della Regione Sicilia 16 gennaio 2024, n. 1. 

(1) Le clausole  contrattuali  che  hanno  introdotto  nella  tornata
    contrattuale 2016-2018 l'istituto dell'elemento  perequativo  una
    tantum sono: art. 75 ed allegata  tabella  D  del  CCNL  Funzioni
    centrali del 12 febbraio 2018, art. 66 ed allegata tabella D  del
    CCNL Funzioni locali del 21 maggio  2018,  art.  78  ed  allegata
    tabella D del CCNL  Sanita'  del  21  maggio  2018,  art.  37  ed
    allegata tabella D1 del CCNL Istruzione  ricerca  del  19  aprile
    2018. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  ecc.ma  Corte   costituzionale   voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi gli articoli 8 e 25,  comma
2, della legge della Regione Sicilia 16 gennaio 2024, n.  1,  per  le
motivazioni indicate nel ricorso, con le conseguenti statuizioni. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositera': 
        1. accordo tra Stato  e  Regione  Siciliana  per  il  ripiano
decennale del disavanzo, sottoscritto il 16 ottobre 2023; 
        2. estratto della delibera del Consiglio dei ministri in data
11 marzo 2024 con l'allegata relazione illustrativa. 
      Roma, 18 marzo 2024 
 
                    Avvocato dello Stato: Fedeli 
 
 
                 Vice Avvocato generale: Di Martino