N. 231 SENTENZA 23 - 27 giugno 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Corte  dei conti - Norme della Regione Siciliana - Revisore contabile
  presso  la  Riscossione Sicilia S.p.A. - Delimitazione territoriale
  della  provenienza  dei magistrati cui affidare l'incarico e potere
  di scelta attribuito esclusivamente all'Amministrazione regionale -
  Ritenuta  violazione del principio di indipendenza ed imparzialita'
  dei   magistrati   della   Corte   dei   conti   -   Eccezione   di
  inammissibilita'  della  questione  per  non  avere  il  rimettente
  adottato  una interpretazione conforme a Costituzione - Motivazione
  non implausibile circa l'opzione ermeneutica prescelta come l'unica
  praticabile - Reiezione.
- Legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2006, n. 21, art. 3.
- Costituzione, artt. 100, comma terzo, e 108, comma secondo.
Corte  dei conti - Norme della Regione Siciliana - Revisore contabile
  presso  la  Riscossione Sicilia S.p.A. - Delimitazione territoriale
  della  provenienza  dei magistrati cui affidare l'incarico e potere
  di scelta attribuito esclusivamente all'Amministrazione regionale -
  Violazione  del  principio  di  indipendenza  ed  imparzialita' dei
  magistrati della Corte dei conti - Illegittimita' costituzionale.
- Legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2006, n. 21, art. 3.
- Costituzione, artt. 100, comma terzo, e 108, comma secondo.
(GU n.28 del 2-7-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici: Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge
della Regione siciliana 5 dicembre 2006, n. 21 (Provvedimenti urgenti
per  il  funzionamento  dell'Amministrazione  regionale ed interventi
finanziari),  promosso con ordinanza del 20 giugno 2007 dal Tribunale
amministrativo  regionale  della  Sicilia  sul  ricorso  proposto  da
Zingale  Pino contro il Consiglio di presidenza della Corte dei conti
ed altri, iscritta al n. 759 del registro ordinanze 2007 e pubblicata
nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 45, 1ª serie speciale,
dell'anno 2007.
   Visto l'atto di intervento della Regione siciliana;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7 maggio 2008 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
                          Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza del 20 giugno 2007, il Tribunale amministrativo
regionale  della Sicilia ha sollevato, in riferimento agli artt. 100,
terzo  comma,  e 108, secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della legge della Regione
siciliana  5  dicembre  2006,  n. 21  (Provvedimenti  urgenti  per il
funzionamento    dell'Amministrazione    regionale    ed   interventi
finanziari),  il quale dispone: «Al fine di garantire le finalita' di
cui  al  disposto  dell'articolo  3,  comma  3,  del decreto-legge 30
settembre  2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2
dicembre 2005, n. 248, recepito dall'articolo 2 della legge regionale
22   dicembre   2005,   n. 19,   il   revisore  contabile  e'  scelto
dall'Amministrazione  regionale  tra  i  magistrati  della  Corte dei
conti,  in  servizio  presso  gli uffici della Corte dei conti aventi
sede  in  Sicilia,  in possesso, per tutta la durata del mandato, dei
requisiti di cui all'articolo 2409-quinquies del codice civile».
   Il  rimettente evidenzia, in punto di fatto, di dover decidere sul
ricorso  proposto da un consigliere della Corte dei conti in servizio
presso  la  sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, avverso
la  deliberazione  del  Consiglio  di  Presidenza della stessa Corte,
assunta  nell'adunanza  del  17-18  gennaio  2007,  che  ha  respinto
l'istanza  del magistrato di autorizzazione ad assumere l'incarico di
revisore  contabile  presso  la  "Riscossione  Sicilia" s.p.a. per la
durata di tre anni, ed ha indetto una procedura concorsuale riservata
ai  magistrati  della Corte in servizio presso gli uffici aventi sede
in    Sicilia.    Nell'atto   di   promovimento   dell'incidente   di
costituzionalita'  si  precisa,  altresi', che la predetta nomina era
stata  richiesta in forza del denunciato art. 3 della legge regionale
siciliana  n. 21  del  2006  (pubblicata  nella  G.U.R.S. n. 56 del 7
dicembre  2006,  ed  entrata  in vigore, per disposizione dell'art. 8
della  medesima  legge,  il  giorno  successivo  a  quello  della sua
pubblicazione)  e  che  il  relativo diniego e' stato cosi' motivato:
«Considerato  che  il  Consiglio  di presidenza, nell'adunanza del 20
dicembre 2006, ha ritenuto - anche alla luce dei principi esplicitati
nella sentenza della Corte costituzionale n. 224/1999, in particolare
al punto 9 della parte normativa (recte: motiva) - che detto incarico
non  sia  autorizzabile  ai  sensi  dell'art.  2, comma 3, del d.P.R.
n. 388/1995,  e  dei  relativi  criteri  applicativi,  approvati  con
deliberazione   n. 227   in   data   28   giugno  2002  e  successive
modificazioni (art. 6, comma 1, lettera c)».
   Il  giudice  a  quo rammenta, poi, che, con ordinanza n. 191 del 6
febbraio  2007,  ha  emesso  provvedimento  cautelare  con  il quale,
ritenuto  che  il  ricorso  dell'interessato  presentava  profili  di
fondatezza,  si  invitava  il Consiglio di Presidenza della Corte dei
conti  ad  un  riesame  del  provvedimento  impugnato.  Detto  organo
pronunciava,  pero',  un nuovo motivato diniego, che veniva impugnato
dal    ricorrente    con   la   proposizione   di   motivi   aggiunti
all'impugnazione  originaria,  alla  quale  seguiva ulteriore ricorso
anche  contro  il bando di concorso per il conferimento dell'incarico
di  revisore  contabile  della  "Riscossione  Sicilia" s.p.a. indetto
dallo stesso Consiglio di presidenza della Corte dei conti.
   Cio'  posto, il rimettente, assumendo anzitutto di poter sollevare
questione  di costituzionalita' anche in sede cautelare, sostiene che
la   rilevanza   della   questione   medesima   sarebbe   «attestata,
innanzitutto,  dalla  effettiva  sussistenza  dei  profili  di  danno
prospettati  dal ricorrente», non essendo ristorabile per equivalente
il  pregiudizio  «ravvisabile  nella  perdita  dell'occasione, per il
magistrato   interessato,   di   arricchire   la  propria  esperienza
professionale  mediante l'effettivo svolgimento di un incarico la cui
assunzione   riveste   profili   di   alta   responsabilita'   e   di
indiscutibile,  primario,  rilievo  per la finanza regionale - specie
ove si consideri che la «Riscossione Sicilia» S.p.a. e' ente di nuova
costituzione;  e  che,  di  conseguenza,  garantirebbe al consigliere
Zingale l'accrescimento ulteriore della sua gia' ben nota qualita' di
esperto della materia della riscossione».
   Peraltro,  sussisterebbe  anche il fumus boni juris della pretesa,
non  potendosi  condividere  l'interpretazione  del denunciato art. 3
della  legge  regionale  n. 21  del  2006  seguita  dal  Consiglio di
Presidenza   della   Corte   dei  conti,  che  lo  stesso  «definisce
"costituzionalmente  orientata"  (in  quanto essa sarebbe ispirata ai
principi   di   cui   alla   sentenza   della   Corte  costituzionale
n. 224/1999),    e    che,   alla -   asserita -   possibilita'   che
l'indipendenza e l'imparzialita' del magistrato siano vulnerate dalla
designazione nominativa operata dall'amministrazione regionale, tende
a  contrapporre  una  lettura  della  norma  tesa  a  privilegiare la
sussistenza  del  potere  del  Consiglio  di presidenza di indire una
procedura  selettiva  di  tipo  concorsuale  riservata  ai magistrati
operanti  in  Sicilia».  Invero,  prosegue il giudice a quo, la norma
censurata «non sembra far residuare spazi di sorta per l'esercizio di
poteri  da  parte  di soggetti diversi dall'amministrazione regionale
siciliana,  alla  quale,  inoltre,  pare demandare esclusivamente una
scelta  intuitu  personae,  svincolata  da  altri  parametri  che non
quello -  previsto dalla stessa norma - del possesso dei requisiti di
cui all'art. 2409-quinquies del codice civile»; tant'e' che quando il
legislatore  regionale ha inteso attribuire il compito di scegliere i
revisori  dei  conti di un ente regionale alla magistratura del quale
il soggetto designato avrebbe dovuto essere espressione, «lo ha fatto
expressis  verbis:  e'  il  caso, ad esempio, dell'art. 5 della legge
regionale   6   marzo   1976,   n. 25   (Disposizioni  per  i  centri
interaziendali  per  l'addestramento  professionale nell'industria)»,
peraltro  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo, nella parte in
cui   prevedeva  che  i  magistrati  della  Corte  nominati  revisori
dovessero  essere  scelti  fra  quelli  in servizio in Sicilia, dalla
sentenza n. 224 del 1999 della Corte costituzionale.
   Il  rimettente sostiene, pero', che la norma denunciata «contrasti
con  gli  articoli  100,  terzo  comma,  Cost., per il quale la legge
assicura  l'indipendenza  della Corte e dei suoi componenti di fronte
al  Governo (e, ovviamente, anche di fronte all'esecutivo regionale),
nonche'  dell'art.  108,  secondo  comma, Cost., secondo cui la legge
assicura  l'indipendenza  dei  giudici delle giurisdizioni speciali».
Nel  rammentare  i contenuti della citata sentenza n. 224 del 1999 e,
segnatamente,  quanto  affermato in punto di affidamento di incarichi
extragiudiziari, per cui la «delimitazione territoriale contrasta con
le  esigenze  di  salvaguardia  e  di indipendenza dei magistrati, e,
dunque,  risulta  lesiva  dell'art.  100, terzo comma, e 108, secondo
comma,  Cost.  nel  caso in cui - per il contesto normativo in cui si
colloca  e  per  le  caratteristiche concrete degli incarichi - renda
palese  la  contaminazione  fra  controlli interni agli enti (operati
proprio  dai  revisori  dei  conti) e controlli esterni operati dalle
sezioni siciliane della Corte dei conti», il giudice a quo assume che
l'art.  3  della legge regionale n. 21 del 2006, «formulato nel senso
che  il revisore contabile "e' scelto dall'amministrazione regionale"
tra  i  magistrati della Corte dei conti in servizio preso gli uffici
siciliani,   contrasti   con  le  norme  costituzionali  indicate  in
precedenza, proprio in quanto rende operante detta contaminazione».
   A  tal riguardo, nell'ordinanza di rimessione si individuano quali
siano  le  funzioni  di  controllo affidate dalla legge (art. 3 della
legge  14  gennaio  1994,  n. 20, recante «Disposizioni in materia di
giurisdizione  e  controllo  della  Corte  dei  conti»)  alle sezioni
regionali  della  Corte dei conti e si precisa, inoltre, che, in base
all'art.  2, comma 5, della legge della Regione siciliana 22 dicembre
2005,  n. 19  (Misure  finanziarie  urgenti  e variazioni al bilancio
della  Regione per l'esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie),
la  Riscossione Sicilia S.p.A. svolge le attivita' previste dall'art.
3,  comma  4,  del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di
contrasto  all'evasione  fiscale  e  disposizioni  urgenti in materia
tributaria  e  finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.
1,  comma  1,  della legge 2 dicembre 2005, n. 248, tra cui quelle di
riscossione mediante ruolo, di riscossione spontanea, liquidazione ed
accertamento  delle  entrate,  tributarie  o patrimoniali, degli enti
pubblici,  anche  territoriali,  e  delle  loro societa' partecipate,
nonche'  altre  attivita',  strumentali  a  quelle dell'Agenzia delle
entrate.
   Il  giudice  a quo evidenzia, quindi, l'importanza particolare che
riveste,  nell'ambito  dell'organizzazione  societaria,  il  revisore
contabile,  «essendo  istituzionalmente preposto al controllo interno
sulla  gestione»,  secondo  quanto  previsto  dall'art.  2409-ter del
codice  civile.  Sicche',  il  rimettente sottolinea come le predette
funzioni  sarebbero  «strettamente legate da un vincolo di necessaria
complementarieta';  e  come, in particolare, la funzione del revisore
contabile - che si esplica principalmente sui bilanci di una societa'
dal  valore  strategico  centrale  per  le  finanze  regionali  e sui
documenti  ad  esso  correlati -  si  ponga  a  monte  del  controllo
successivo sulla gestione demandato alla Corte». Un vincolo che, come
dimostrato anche dalla pronuncia adottata dalle sezioni riunite della
Corte  dei  conti  in  sede di controllo nell'adunanza del 27 ottobre
2006,  avente  ad  oggetto  gli  indirizzi e i criteri di riferimento
programmatico  del controllo sulla gestione per l'anno 2007, verrebbe
ancor  di  piu' a risaltare, giacche' «l'analisi condotta dalla Corte
dovrebbe  individuare  ed  evidenziare  gli  obiettivi perseguiti dai
soggetti  controllati quali evidenziati nei documenti di bilancio, al
fine  di  valutare  in  concreto  la  coerenza  delle scelte adottate
dall'Ente controllato sulla base delle sue effettive disponibilita».
   Pertanto, secondo il TAR rimettente, la norma di cui al denunciato
art.   3  della  legge  regionale  n. 21  del  2006,  nell'attribuire
«all'amministrazione  regionale controllata il potere di scegliere il
revisore  dei  conti  della  societa'  di  riscossione  delle entrate
regionali  proprio  fra  i  soggetti  istituzionalmente  preposti  ad
effettuare  il controllo sulla gestione della societa' medesima e, in
generale,  di  tutto l'apparato amministrativo regionale, ossia fra i
magistrati  preposti  agli  uffici siciliani della Corte», violerebbe
gli  artt.  100,  terzo  comma, e 108, secondo comma, Cost., giacche'
essa sarebbe «idonea a vulnerare l'imparzialita' e l'indipendenza del
magistrato   contabile   sul   quale   cada   la   scelta  ampiamente
discrezionale  dell'amministrazione regionale, proprio perche' appare
atta  a  realizzare quella "linea di coinvolgimento istituzionale" di
tali  magistrati  nell'attivita'  di  controllo  interno  nell'ambito
dell'organizzazione  delle amministrazioni, poi soggette ai poteri di
controllo   esterno   delle   sezioni  siciliane  della  magistratura
contabile».  Peraltro,  nel caso di specie, la disarmonia rispetto ai
parametri  costituzionali evocati risulterebbe ancor piu' evidente di
quella  apprezzata  dalla citata sentenza n. 224 del 1999, in quanto,
«alla    delimitazione    territoriale    inderogabile   (che   rende
imprescindibile  la  nomina  di un magistrato operante in Sicilia) si
affianca  la scelta intuitu personae - e, quindi, non mediata neppure
dalla  selezione  concorsuale  operata  dal Consiglio di presidenza -
dell'amministrazione regionale della persona del revisore».
   2.  - E'  intervenuto  in  giudizio  il  Presidente  della Regione
siciliana,  il  quale  ha  chiesto  che  la sollevata questione venga
dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.
   Quanto  alla dedotta inammissibilita', questa deriverebbe, secondo
la difesa regionale, dall'esistenza, ammessa dallo stesso rimettente,
di una interpretazione conforme a Costituzione della norma censurata,
siccome  fatta  propria  dallo  stesso  Consiglio di Presidenza della
Corte   dei   conti  nel  reputare  possibile,  per  il  conferimento
dell'incarico di revisore contabile della Riscossione Sicilia S.p.A.,
l'indizione  di  una  «procedura selettiva fra i magistrati contabili
adibiti   agli   uffici   siciliani,   in  alternativa  alla  diretta
investitura da parte dell'amministrazione regionale».
   La  stessa  difesa  della  Regione  ritiene,  in ogni caso, che la
disposizione  denunciata  non  confligga  con i parametri evocati dal
giudice  rimettente.  A tal riguardo, si osserva nella memoria che la
Regione  siciliana  si  e'  dovuta  adeguare alla riforma del sistema
della  riscossione  prevista  dall'art.  3  del d.l. n. 203 del 2005,
provvedendo   anch'essa   a   riformare   il  servizio  regionale  di
riscossione e, tramite l'art. 2 della legge regionale n. 19 del 2005,
ha disposto l'applicazione nel territorio siciliano del citato art. 3
del  d.l. n. 203 del 2005, stabilendo altresi', con la partecipazione
della  Agenzia  delle  Entrate,  la  «costituzione  della Riscossione
Sicilia  S.p.a.,  cui,  per espressa e testuale previsione normativa,
"devono intendersi riferiti" gli obblighi, i diritti ed i rapporti in
campo  nazionale  riferiti  alla  Riscossione  S.p.a.». Il modello di
"governance"  prescelto  per  la  Riscossione  Sicilia  S.p.a.,  alla
stregua  delle  norme recate dal decreto legislativo 17 gennaio 2003,
n. 6  (Riforma organica della disciplina delle societa' di capitali e
societa'  cooperative,  in  attuazione  della  legge  3 ottobre 2001,
n. 366),  e'  stato quello dualistico, nel cui ambito il consiglio di
sorveglianza  «non  puo'  essere parificato al collegio sindacale cui
tradizionalmente  competeva  il  controllo gestionale ed il controllo
contabile»,  e  dove  il  controllo  contabile  «deve necessariamente
essere  esercitato  da  un  revisore  contabile  o da una societa' di
revisione».  Sicche',  prosegue la difesa regionale, si e' provveduto
ad  affidare il controllo contabile di detta societa' «ad un revisore
contabile  da scegliersi, come specificato nei patti parasociali, tra
i  magistrati  della Corte dei conti, con cio' non intendendosi tanto
soddisfare  l'esigenza  di applicare pedissequamente» l'art. 3, comma
3,  del  d.l.  n. 203 del 2005, che appunto prevede che il presidente
del  collegio  sindacale  della  Riscossione  S.p.a  e'  scelto tra i
magistrati  della Corte dei conti, quanto invece «adeguare l'esigenza
sottesa  dalla  richiamata previsione alla diversa realta' societaria
conseguente  alla scelta discrezionale effettuata in attuazione della
normativa  regionale» e, dunque, «per ovvie esigenze di imparzialita'
e  garanzia,  di  doversi giovare della medesima figura di magistrato
contabile,  la  cui professionalita' certamente garantisce le sottese
occorrenze».
   Ad  avviso  della difesa della Regione, posto che la disciplina in
tema  di  incarichi  extraistituzionali  a magistrati della Corte dei
conti, di competenza della legislazione statale, afferma il principio
dell'ammissibilita' di incarichi espressamente previsti da legge o da
altre   fonti   normative,  risulterebbe  coerente  con  «il  vigente
ordinamento»  la  previsione  della  norma  censurata che attribuisce
all'Amministrazione  regionale la scelta del revisore contabile della
Riscossione  Sicilia S.p.a. «tra una individuata platea di magistrati
contabili», la' dove, inoltre, essendo la carica di revisore prevista
dal  codice  civile,  sarebbe rispettato anche l'art. 3, comma 3, del
d.P.R.  27  luglio  1995,  n. 388  (Regolamento  recante  norme sugli
incarichi dei magistrati della Corte di conti, ai sensi dell'art. 58,
comma  3,  del  decreto  legislativo  3  febbraio  1993,  n. 29), che
contempla  tra  gli  incarichi  consentiti  quelli «previsti da legge
dello Stato».
   Peraltro, si precisa nella memoria, il comma 5 dello stesso art. 3
del  citato  Regolamento  «esclude  dalle  vietate  partecipazioni  a
collegi sindacali o di revisori dei conti [...] "i casi espressamente
previsti  da legge dello Stato e delle regioni"», risultando, quindi,
solo  una «astratta evenienza», concernente «situazioni patologiche»,
la  «eventualita'  che  la disposizione impugnata determini un vulnus
all'imparzialita'  e  all'indipendenza del magistrato», come tale non
rilevante ai fini di una declaratoria di incostituzionalita'.
   La  difesa  regionale  evidenzia,  ancora,  che «la presenza di un
magistrato della Corte fra i revisori di enti pubblici e', da sempre,
prevista  dall'ordinamento  [...]  in quanto funzionale al tempestivo
esercizio  della  funzione  di  controllo  gia'  in  fase di gestione
dell'ente  e  non  puo' dar luogo al conflitto di interessi rilevato»
dal rimettente, conflitto che potrebbe, comunque, essere superato con
l'esclusione   dal   collegio   del   magistrato  revisore.  Sicche',
puntualizza  la  stessa  difesa  regionale,  «la scelta rimessa dalla
censurata norma all'Amministrazione regionale va correttamente intesa
quale  segnalazione  di  un ben individuato magistrato, assolutamente
consentita  dalle  norme  di  riferimento  ed in particolare dal piu'
volte  citato  Regolamento  emanato  con  il  d.P.R.  27 luglio 1995,
n. 388».  Ne  consegue  che  «l'indipendenza  e  l'imparzialita'  dei
magistrati  contabili  e'  certamente salvaguardata dal potere-dovere
del  Consiglio  di  Presidenza  della  Corte dei conti a provvedere -
previo  espletamento  delle  valutazioni di competenza ex articolo 13
della  L.  27  aprile  1982, n. 186, ed articolo 2 del DPR 388/1995 -
all'attribuzione  dell'incarico  in  questione,  sulla base di quella
motivata richiesta nominativa, seppur priva di un effetto vincolante,
formulata  dalla  Regione,  in cui si sostanzia legittimamente quella
"scelta" cui si riferisce il legislatore regionale».
                       Considerato in diritto
   1.  - Viene all'esame di questa Corte la questione di legittimita'
costituzionale,  sollevata  dal  Tribunale  amministrativo  regionale
della  Sicilia,  dell'art.  3  della  legge della Regione siciliana 5
dicembre  2006,  n. 21  (Provvedimenti  urgenti  per il funzionamento
dell'Amministrazione regionale ed interventi finanziari).
   La  norma stabilisce: «Al fine di garantire le finalita' di cui al
disposto  dell'articolo  3,  comma  3, del decreto-legge 30 settembre
2005,  n. 203,  convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre
2005,  n. 248,  recepito  dall'articolo  2  della  legge regionale 22
dicembre    2005,    n. 19,   il   revisore   contabile   e'   scelto
dall'Amministrazione  regionale  tra  i  magistrati  della  Corte dei
conti,  in  servizio  presso  gli uffici della Corte dei conti aventi
sede  in  Sicilia,  in possesso, per tutta la durata del mandato, dei
requisiti di cui all'articolo 2409-quinquies del codice civile».
   Ad avviso del rimettente, la disposizione censurata contrasterebbe
con gli artt. 100, terzo comma, e 108, secondo comma, Cost., giacche'
essa,  nell'attribuire  «all'amministrazione regionale controllata il
potere   di  scegliere  il  revisore  dei  conti  della  societa'  di
riscossione   delle   entrate   regionali   proprio  fra  i  soggetti
istituzionalmente  preposti ad effettuare il controllo sulla gestione
della   societa'   medesima  e,  in  generale,  di  tutto  l'apparato
amministrativo regionale, ossia fra i magistrati preposti agli uffici
siciliani della Corte», sarebbe «idonea a vulnerare l'imparzialita' e
l'indipendenza  del  magistrato  contabile  sul  quale cada la scelta
ampiamente   discrezionale  dell'amministrazione  regionale,  proprio
perche'  appare  atta  a  realizzare  quella "linea di coinvolgimento
istituzionale" di tali magistrati nell'attivita' di controllo interno
nell'ambito  dell'organizzazione  delle amministrazioni, poi soggette
ai   poteri  di  controllo  esterno  delle  sezioni  siciliane  della
magistratura contabile».
   2.  -  In  via  preliminare,  deve  essere respinta l'eccezione di
inammissibilita' della questione formulata dalla difesa della Regione
siciliana  sul presupposto che il rimettente non avrebbe sperimentato
una  interpretazione  conforme  a Costituzione della norma censurata,
come,   peraltro,   avrebbe  invece  fatto  lo  stesso  Consiglio  di
Presidenza  della  Corte dei conti, nel reputare possibile indire una
procedura  selettiva  per  il  conferimento dell'incarico di revisore
contabile della Riscossione Sicilia s.p.a.
   A tal riguardo, e' sufficiente osservare che il giudice a quo pone
in  rilievo che la norma censurata «non sembra far residuare spazi di
sorta  per  l'esercizio  di  poteri  da  parte  di  soggetti  diversi
dall'amministrazione  regionale  siciliana, alla quale, inoltre, pare
demandare  esclusivamente  una scelta intuitu personae, svincolata da
altri  parametri  che  non quello - previsto dalla stessa norma - del
possesso  dei  requisiti  di  cui  all'art. 2409-quinquies del codice
civile».  Il  rimettente  fornisce,  dunque,  una  esauriente  e  non
implausibile  motivazione  circa  le  ragioni che lo hanno condotto a
reputare  l'opzione  ermeneutica  prescelta come l'unica praticabile,
cosi' da sottrarsi alla eccezione prospettata dalla Regione.
   3. - Nel merito, la questione e' fondata.
   3.1.  -  Il denunciato art. 3 della legge regionale n. 21 del 2006
si  colloca  nell'ambito  della  disciplina dettata dalla legge della
Regione siciliana 22 dicembre 2005, n. 19 (Misure finanziarie urgenti
e  variazioni  al  bilancio della Regione per l'esercizio finanziario
2005.  Disposizioni  varie),  il  cui  art. 2 prevede la costituzione
(comma  3)  della "Riscossione Sicilia s.p.a." da parte della Regione
(che  e'  tenuta  a  mantenere la partecipazione di maggioranza), con
l'eventuale    partecipazione    dell'Agenzia   delle   entrate.   La
"Riscossione  Sicilia  S.p.A."  e'  compagine  sociale  omologa  alla
"Riscossione  S.p.A.",  la  quale ha rilievo nazionale ed e' prevista
dall'articolo   3   del  decreto-legge  30  settembre  2005,  n. 203,
convertito,  con  modificazioni,  dall'art. 1, comma 1, della legge 2
dicembre  2005,  n. 248.  Difatti,  alla  societa'  siciliana sono da
riferirsi  «gli  obblighi,  i  diritti  ed  i  rapporti» che la legge
contempla  per  la  "Riscossione S.p.A.", nonche' le attivita' che il
citato  art.  3  del  d.l.  n. 203  del  2005  riserva, al comma 4, a
quest'ultima  e,  tra  queste,  le  attivita' di riscossione mediante
ruolo,  quelle di riscossione spontanea, liquidazione ed accertamento
delle  entrate, tributarie o patrimoniali, degli enti pubblici, anche
territoriali,  e  delle loro societa' partecipate, oltre ad attivita'
strumentali   a   quelle   dell'Agenzia   delle   entrate.   Sicche',
coerentemente  con  tale  assetto, il comma 2 dell'art. 2 della legge
regionale n. 19 del 2005 dispone che «a decorrere dal 1° ottobre 2006
e'  soppresso  il  sistema di affidamento in concessione del servizio
regionale  della  riscossione e le funzioni relative alla riscossione
in  Sicilia  sono  esercitate dalla Regione mediante» la "Riscossione
Sicilia S.p.A.".
   Quanto poi alla gestione di tale societa' di riscossione, il comma
4  del  citato  art.  2  prevede  che  sia la Regione ad esercitare i
diritti  «corporativi»,  anche  nel  contenuto dei patti parasociali,
tramite  il  dipartimento  finanze  e credito dell'Assessorato per il
bilancio e le finanze. In siffatto contesto assume, quindi, specifico
rilievo  il  successivo  comma 6, secondo cui: «L'Assessore regionale
per   il  bilancio  e  le  finanze  rende  annualmente  all'Assemblea
regionale  siciliana  una  relazione  sullo  stato  dell'attivita' di
riscossione;   a   tal   fine,  il  dipartimento  finanze  e  credito
dell'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze fornisce allo
stesso   Assessore   i   risultati  dei  controlli  sull'efficacia  e
sull'efficienza   dell'attivita'  svolta  dalla  Riscossione  Sicilia
S.p.A.».
   3.2.  -  Sotto  il diverso, ma correlato, profilo della disciplina
del codice civile sul controllo contabile delle societa' di capitali,
occorre  evidenziare  che l'art. 2409-bis affida detto controllo a un
revisore  contabile  o  ad  una  societa'  di  revisione iscritti nel
registro istituito presso il Ministero della giustizia; segnatamente,
la  societa'  di revisione lo esercita necessariamente nelle societa'
che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, mentre la' dove
non  vi  e'  ricorso  al mercato del capitale di rischio e non vi sia
l'obbligo  alla  redazione  del  bilancio  consolidato,  il controllo
contabile  puo'  essere  esercitato  dal  collegio  sindacale (di cui
all'art.  2403  cod. civ.), il quale deve pertanto essere «costituito
da  revisori  contabili  iscritti  nel  registro  istituito presso il
Ministero  della  giustizia».  Le funzioni di controllo contabile del
revisore  o  della  societa'  incaricata del controllo contabile sono
elencate  dall'art.  2409-ter  cod.  civ.,  il  quale stabilisce, tra
l'altro,  che,  secondo l'esito dell'attivita - nel corso della quale
«il  revisore  o  la societa' incaricata del controllo contabile puo'
chiedere agli amministratori documenti e notizie utili al controllo e
puo' procedere ad ispezioni» - il revisore e' tenuto ad esprimere «un
giudizio  sul  bilancio  con  rilievi, un giudizio negativo» ovvero a
rilasciare  «una  dichiarazione  di  impossibilita'  di  esprimere un
giudizio»,  dovendo  cosi'  redigere  una relazione nella quale siano
illustrati «analiticamente i motivi della decisione».
   3.3.  -  E'  nel  descritto quadro normativo che va letta, ai fini
della  presente  decisione,  la  disciplina concernente gli incarichi
extraistituzionali che possono ricoprire i magistrati della Corte dei
conti  ed al cui conferimento provvede il Consiglio di presidenza, in
base  al  combinato disposto dell'art. 10 della legge 13 aprile 1988,
n. 117   (Risarcimento   dei  danni  cagionati  nell'esercizio  delle
funzioni  giudiziarie  e  responsabilita'  civile  dei  magistrati) e
dell'art.  13,  secondo  comma, numero 3, della legge 27 aprile 1982,
n. 186   (Ordinamento   della   giurisdizione  amministrativa  e  del
personale  di  segreteria  ed ausiliario del Consiglio di stato e dei
tribunali amministrativi regionali).
   Detta disciplina, che ha trovato la propria originaria fonte nella
generica  previsione  dell'art.  7,  quinto  e sesto comma, del testo
unico   approvato   con   regio   decreto  12  aprile  1934,  n. 1214
(Approvazione  del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), e'
stata  innovata dall'art. 58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993,
n. 29  (Razionalizzazione  dell'organizzazione  delle amministrazioni
pubbliche  e  revisione  della  disciplina  in  materia  di  pubblico
impiego,  a  norma  dell'articolo  2  della  legge  23  ottobre 1992,
n. 421),  il quale, in riferimento ai magistrati, demanda ad apposito
regolamento   l'emanazione   di  norme  «dirette  a  determinare  gli
incarichi consentiti e quelli vietati» (comma 3), stabilendo altresi'
che,  una  volta scaduto il termine per l'emanazione del regolamento,
«l'attribuzione   degli   incarichi   e'  consentita  nei  soli  casi
espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative» (comma
4).  Per  i magistrati della Corte dei conti, il regolamento e' stato
emanato  con  il  d.P.R.  27 luglio 1995, n. 388 (Regolamento recante
norme  sugli incarichi dei magistrati della Corte dei conti, ai sensi
dell'art.  58,  comma  3,  del  decreto  legislativo 3 febbraio 1993,
n. 29),  il  quale, posta la disciplina di principio, include tra gli
incarichi  per  i  quali sussiste il divieto di conferimento anche la
«partecipazione  a collegi sindacali o di revisori dei conti», ma con
salvezza  dei  «casi  espressamente  previsti  da legge dello Stato o
delle  regioni»  (art.  3,  comma  6,  lettera  g).  A tale specifico
riguardo,  in  forza  dell'art.  7  della  Delibera  n. 227/2002  del
Consiglio di presidenza (adottata nell'adunanza del 4-5 giugno 2002),
la  partecipazione  a collegi sindacali o di revisione «e' consentita
solo se espressamente prevista dalla legge, statale o regionale, o da
regolamenti  di  delegificazione  oppure da statuti di istituzioni ad
autonomia  costituzionalmente garantita». Lo stesso art. 7 stabilisce
altresi': «Detti incarichi qualora si tratti di Amministrazioni, Enti
o  Istituzioni soggetti al controllo o alla giurisdizione della Corte
dei  conti,  non  possono  essere autorizzati o conferiti nell'ambito
della  Regione  nella  quale  ha  sede l'ufficio cui il magistrato e'
assegnato [comma 2]. Fa eccezione la partecipazione a titolo gratuito
ad organi di enti senza fine di lucro ed alle istituzioni di garanzia
di  cui  all'art.  3,  comma  3,  lett. b) del D.P.R. 27 luglio 1995,
n. 388  [comma  3]. I magistrati della Corte dei conti, nei limiti di
cui al comma 2, possono svolgere l'incarico, autorizzato o conferito,
di Presidente o componente dei collegi dei revisori delle Universita'
o  di Istituzioni universitarie, secondo quanto previsto dai relativi
statuti di autonomia [comma 4]».
   4.  - Questa Corte, con la sentenza n. 224 del 1999, ha gia' avuto
modo  di  affrontare questioni di costituzionalita' analoghe a quella
attualmente  oggetto  di scrutinio, e riguardanti talune disposizioni
di  leggi  della  Regione  siciliana  (art. 5 della legge regionale 6
marzo  1976,  n. 25; art. 22 della legge regionale 14 settembre 1979,
n. 212),  nella  parte  in  cui  prevedevano  che  anche i magistrati
contabili  chiamati  a far parte di organi collegiali di controllo di
enti  pubblici  regionali  dovessero  essere  nominati  tra quelli in
servizio nel territorio della Regione.
   In  detta  occasione  si  e'  precisato, per quanto specificamente
interessa   in   questa  sede,  che  il  vulnus  all'indipendenza  ed
all'imparzialita' dei magistrati contabili (artt. 100, terzo comma, e
108,  secondo  comma,  Cost.),  le  quali «governano anche la materia
degli incarichi extraistituzionali, e sono affidate, per la loro cura
in  concreto,  alle  determinazioni del Consiglio di presidenza della
Corte  dei  conti»,  deriva,  in  particolare,  dalla  «delimitazione
territoriale,  per  il contesto normativo in cui si colloca, e per le
caratteristiche  degli  incarichi  in  questione».  Cio' in quanto le
«sezioni  regionali  siciliane  della  Corte  dei  conti svolgono, in
posizione   di   indipendenza,   nei  confronti  dell'amministrazione
regionale,  comprensiva degli enti pubblici dipendenti dalla Regione,
e  degli  amministratori e dei funzionari che operano presso di essa,
tutte  le funzioni di controllo e giurisdizionali proprie della Corte
stessa»,  la'  dove  i  «collegi  dei  revisori  dei conti degli enti
regionali  in  questione  svolgono  le funzioni tipiche del controllo
interno,  essendo  dunque  a  loro  volta  soggetti  alle valutazioni
"esterne"  della  Corte  dei  conti»,  rendendo,  quindi,  «palese il
rischio di un intreccio fra i due ordini di funzioni, suscettibile di
tradursi  in  una  menomazione dell'indipendenza e dell'imparzialita'
dei magistrati delle sezioni regionali della Corte».
   Ed  ancora,  la medesima sentenza n. 224 del 1999 ha puntualizzato
che,  sebbene una «siffatta linea possa corrispondere all'intento del
legislatore regionale, di per se' lodevole, di imprimere caratteri di
serieta'   e   di  "neutralita'"  al  controllo  interno  agli  enti,
attraverso  la  presenza della professionalita' tipica dei magistrati
contabili»,  essa,  tuttavia,  «non  elimina  la "contaminazione" fra
controlli  interni  ed  esterni, che si puo' realizzare attraverso la
sistematica attribuzione di incarichi di controllo interno, conferiti
e  remunerati dalla Regione o da enti regionali, a molti degli stessi
magistrati che per i compiti di istituto operano, nel medesimo ambito
territoriale,  nell'organo  di  controllo esterno». In definitiva, la
«limitazione   territoriale   [...]   si   traduce   in  un  ostacolo
all'esercizio   dei   compiti  di  salvaguardia  dell'indipendenza  e
dell'imparzialita'   dei   magistrati,   affidati   al  Consiglio  di
presidenza,  cui  spetta,  proprio  a  questi  fini, deliberare sugli
incarichi,  e  che  non  potrebbe  impedire,  non  tanto  in  singole
occasioni  (per  le  quali  esso  potrebbe  sempre  esercitare la sua
potesta'    di   rifiutare   in   concreto   la   designazione),   ma
sistematicamente,  che  si  crei  l'accennato  rischio  di intreccio,
pericoloso per l'indipendenza della Corte e dei suoi magistrati».
   5.  -  Alla  luce di quanto sopra, il censurato art. 3 della legge
della  Regione  siciliana n. 21 del 2006 si presta, con piu' evidenza
rispetto  alle  stesse  norme  scrutinate  dalla  richiamata sentenza
n. 224   del  1999,  ad  infliggere  un  vulnus  all'indipendenza  ed
all'imparzialita' dei magistrati della Corte dei conti, giacche' esso
non solo limita nel territorio della Sicilia la scelta dei magistrati
cui  affidare  l'incarico  di  revisore  della  «Riscossione  Sicilia
s.p.a.»,  ma  attribuisce  detta  scelta  all'esclusivo apprezzamento
dell'amministrazione regionale siciliana.
   In  tale  ottica  non  puo'  valere  ad elidere il contrasto con i
suddetti  principi costituzionali quanto sostenuto dalla difesa della
Regione  siciliana in ordine alla specificita' del modello di governo
prescelto  per  la societa' di riscossione, giacche' l'aver scelto il
modello  con  unico  revisore contabile aggrava, semmai, i profili di
incostituzionalita' posti in rilievo dalla citata pronuncia del 1999.
   Peraltro,  l'esistenza reale di una «contaminazione» tra controlli
interni  ed  esterni  che  si  viene  a  determinare  in  forza della
disposizione  denunciata  e'  posta  in evidenza dalla norma (art. 2,
comma  6,  della  legge  regionale  n. 19  del  2005) che prevede che
l'Assessorato regionale per il bilancio e le finanze, nel redigere la
relazione annuale all'Assemblea regionale «sullo stato dell'attivita'
di  riscossione»,  si  avvale  proprio  dei  «risultati dei controlli
sull'efficacia   e   sull'efficienza   dell'attivita'   svolta  dalla
Riscossione  Sicilia  S.p.A.»,  effettuati  dal revisore scelto tra i
magistrati della Corte dei conti in servizio nella Regione siciliana.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 3 della legge
della Regione siciliana 5 dicembre 2006, n. 21 (Provvedimenti urgenti
per  il  funzionamento  dell'Amministrazione  regionale ed interventi
finanziari).
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 23 giugno 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Maddalena
                      Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 27 giugno 2008.
                      Il cancelliere: Fruscella