N. 105 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 2008

  Ordinanza  del  24  gennaio 2008 emessa dal Corte di cassazione nel
procedimento  civile  promosso  dall'Azienda  sanitaria  locale della
Provincia di Milano 3 contro Solcia Roberta ed altra
  Sanita'  pubblica - Diritto alla fruizione di prestazioni sanitarie
  in  forma  indiretta  in  strutture  estere  diverse  dai centri di
  altissima  specializzazione  - Mancata previsione anche nei casi in
  cui  tali  prestazioni  siano  l'unica  possibilita' per evitare un
  danno grave ed irreversibile alla salute - Violazione del principio
  di uguaglianza - Lesione del diritto alla salute.
  -  Legge  23  ottobre  1985,  n. 595,  art.  3,  comma quinto, come
  integrato  dagli  artt.  2  e 7 del decreto ministeriale 3 novembre
  1989; decreto ministeriale 13 maggio 1993, art. 2.
  - Costituzione, artt. 3 e 32.
(GU n.17 del 16-4-2008 )
                       LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso
proposto  da:  ASL/3 -  Azienda  sanitaria  locale della Provincia di
Milano,   in   persona   del   legale   rappresentante  pro  tempore,
elettivamente  domiciliato  in  Roma, via Dora n. 2, presso lo studio
dell'avvocato  Gabriele  Liuzzo, rappresentato e difeso dall'avvocato
Santamaria Bruno, giusta delega in atti, ricorrente;
   Contro  Solcia  Roberta,  Solcia Daniela, quali eredi della sig.ra
Campi  Maria,  gia'  elettivamente  domiciliate in Roma, via Giovanni
Antonelli n. 50, presso lo studio dell'avvocato Gennaro Giovanni, che
le rappresenta e difende, giusta delega in atti e da ultimo d'ufficio
presso   la   cancelleria   della   Corte   suprema   di  Cassazione,
controricorrenti,  avverso la sentenza n. 10/04 della Corte d'appello
di Milano, depositata l'8 gennaio 2004 R.G.N. 262/03;
   Udita  la  relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
25 settembre 2007 dal consigliere dott. Fabrizio Miani Canevari;
   Udito l'avvocato Santamaria Bruno;
   Udito  il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott.
Ignazio Patrone che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
                      Svolgimento del processo
   La  sig.ra  Maria Campi ha convenuto dinanzi al Tribunale di Monza
la  Azienda  sanitaria  locale  della  Provincia  di Milano n. 3 e la
Regione   Lombardia  chiedendo  il  rimborso  delle  spese  sanitarie
sostenute, durante un soggiorno in Messico, a seguito del ricovero di
urgenza  presso  un  ospedale  di  Cancun,  dove  a causa di un edema
polmonare acuto aveva subito un intervento di tracheotomia.
   Il  giudice  adito  ha rigettato la domanda proposta nei confronti
della  A.S.L.  convenuta,  dichiarando  il  difetto di legittimazione
passiva  della  Regione  Lombardia.  Su gravame proposto da Roberta e
Daniela  Solcia,  eredi  della  sig.ra  Campi, la Corte di appello di
Milano  con  la  sentenza oggi denunciata ha riformato tale decisione
condannando la A.S.L. al pagamento della somma richiesta.
   Il   giudice  dell'appello  ha  affermato  di  diritto  soggettivo
dell'interessata  a  fruire  in  forma  indiretta  delle  prestazioni
sanitarie  per  un  intervento  sanitario  indispensabile ed urgente,
rilevando  che  le  regole  dettate dall'art. 3, comma 5, della legge
n. 595/1985  e  dal  d.m.  3 novembre 1989 per i criteri di fruizione
all'estero  di  prestazioni  sanitarie  presso  centri  di  altissima
specializzazione  riguardano l'ipotesi del soggetto che trovandosi in
Italia  voglia  recarsi  all'estero  per curarsi; ma in situazioni di
urgenza  come  quella  considerata  si  deve  ritenere sufficiente la
idoneita'  istituzionale  del  luogo  di  ricovero  a  far  fronte al
problema creatosi.
   Avverso   questa   sentenza  la  Azienda  sanitaria  locale  della
Provincia  di Milano n. 3 ha proposto ricorso per cassazione affidato
ad  unico  motivo  complesso.  Roberta e Daniela Solcia resistono con
controricorso.
                       Motivi della decisione
   1. - Con l'unico motivo del ricorso si denuncia violazione e falsa
applicazione dell'art. 32 Cost., dell'art. 37 della legge 23 dicembre
1978,  n. 833,  del  d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618, dell'art. 3 della
legge  23  ottobre 1985, n. 595, del d.m. 3 novembre 1989 (modificato
dall'art.  2  del d.m. 13 maggio 1993) e dei dd.mm. 24 gennaio 1990 e
30 agosto 1991.
   La  parte  ricorrente  censura la sentenza impugnata rilevando che
sia  l'art. 3 della legge n. 595/1985, sia l'art. 7, comma 2 del d.m.
del  1989  riguardano esclusivamente prestazioni assistenziali presso
centri   di  altissima  specializzazione  all'estero  e  non  trovano
applicazione  per  prestazioni  ottenute  in  strutture prive di tale
caratteristica.  L'art.  7 del d.m. citato introduce una deroga per i
casi di urgenza alla regola generale della preventiva autorizzazione,
ma  opera  sempre nell'ambito di applicazione della legge per le cure
presso  centri  di  altissima  specializzazione;  ed infatti richiama
espressamente  i  presupposti  e le condizioni di cui all'art. 2 (che
definisce  le prestazioni erogabili in relazione alle caratteristiche
delle strutture sanitarie).
   Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, non si
puo'  derivare  dall'art.  32 Cost. un diritto soggettivo al rimborso
delle  spese  sanitarie  sostenute  all'estero per motivi di urgenza,
oltre gli specifici casi previsti dalla normativa vigente.
   Si  rileva infine che nella specie non puo' farsi riferimento alla
tutela  prevista  dal  d.P.R.  n. 618/1980  per i casi di' permanenza
all'estero per motivi di lavoro o per fruire di borse di studio, dato
che  la  sig.ra  Campi si trovava all'estero per motivi di svago o di
diporto.
   2.  - La  sentenza impugnata merita le critiche mosse dall'azienda
ricorrente.  L'art.  3,  quinto  comma  della  legge 23 ottobre 1985,
n. 595,  stabilisce  che  «con  decreto  del  Ministro della sanita',
sentito il Consiglio sanitario nazionale, previo parere del Consiglio
superiore  di sanita', sono previsti i criteri di fruizione, in forma
indiretta,  di  prestazioni  assistenziali presso centri di altissima
specializzazione all'estero in favore di cittadini italiani residenti
in  Italia, per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro Paese
tempestivamente  o  in  forma  adeguata  alla particolarita' del caso
clinico. Con lo stesso decreto sono stabiliti i limiti e le modalita'
per  il  concorso  nella  spesa  relativa  a carico dei bilanci delle
singole  unita'  sanitarie  locali.  Non  puo'  far  carico  al fondo
sanitario  nazionale  la  concessione  di  concorsi  nelle  spese  di
carattere non strettamente sanitario».
   In  relazione  a  questa  previsione, il d.m. 3 novembre 1989 (che
reca il titolo «criteri per la fruizione di prestazioni assistenziali
in  forma  indiretta  presso  centri  di  altissima  specializzazione
all'estero»)  fissa all'art. 2 le tipologie di prestazioni erogabili,
stabilisce  all'art. 2 la regola secondo cui «il concorso nella spesa
e'  concesso  solo  per le prestazioni autorizzate» (regolando poi la
procedura  di  autorizzazione)  e  all'art.  5 fornisce la nozione di
centro   di  altissima  specializzazione  all'estero,  definito  come
«struttura  estera,  notoriamente  riconosciuta in Italia, che sia in
grado    di    assicurare    prestazioni   sanitarie   di   altissima
specializzazione  e che possegga caratteristiche superiori paragonate
a  standards, criteri e definizioni propri dell'ordinamento sanitario
italiano».
   L'art.  7  dello  stesso  testo  normativo  prevede  deroghe  alla
procedura  di  autorizzazione  di  cui  all'art.  4 e alle regole sul
concorso nelle spese del servizio sanitario nazionale poste dall'art.
6,  stabilendo poi al terzo comma (modificato dall'art. 2 del d.m. 13
maggio  1993)  che  «ferma  restando la sussistenza dei presupposti e
delle  condizioni  di  cui  all'art. 2, si prescinde dalla preventiva
autorizzazione  per le prestazioni di comprovata eccezionale gravita'
ed urgenza ivi comprese quelle usufruite dai cittadini che si trovino
gia'  all'estero». La stessa norma dispone altresi' che «in tali casi
la  valutazione  sulla  sussistenza dei presupposti e condizioni e il
parere  sulle  spese rimborsabili sono dati dal centro di riferimento
territorialmente  competente  entro tre mesi dall'effettuazione della
relativa spesa a pena di decadenza dal diritto al rimborso».
   Questa  regola,  contrariamente  a quanto sostenuto nella sentenza
impugnata,  e'  destinata  a  operare  solo  nell'ambito della tutela
prevista,  «per i cittadini italiani residenti in Italia», dal citato
comma  5,  dell'art.  3,  della  legge  n. 595/1985  e  cioe'  per la
fruizione di  prestazioni  assistenziali  in  forma  indiretta presso
centri di altissima specializzazione all'estero, in ordine alla quale
il  d.m.  del  1989,  e  successive  modificazioni,  detta criteri di
attuazione.
   La  disciplina  in  esame,  posta dall'art. 3, quinto comma, della
legge  n. 595/1985,  come  integrato  dagli  artt.  2  e 7 del d.m. 3
novembre  1989  (modificato dall'art. 2 del d.m. 13 maggio 1993) deve
essere  quindi  interpretata  nel  senso  che il rimborso delle spese
sanitarie sostenute all'estero per interventi urgenti e indifferibili
spetta solo se tali spese sono sostenute per le prestazioni descritte
nel  citato  art.  2  del d.m. 3 novembre 1989. In questa linea si e'
espressa  anche  la  giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentenze 17
maggio  2003,  n. 7736,  17  maggio  2007, n. 11462); non puo' essere
riferita ad un diverso orientamento Cass. 18 dicembre 2003, n. 19425,
che,  pur  senza esaminare specificamente detto presupposto, conferma
il  principio  di diritto enunciato da Cass. 14 giugno 1999, n. 5890,
ove  si  afferma  espressamente,  come  condizione per l'accesso alla
prestazione,  la  necessita'  di  urgente  ricovero  presso un centro
ospedaliero di altissima specializzazione).
   D'altro  canto, non rileva nel caso in esame la diversa tutela per
l'assistenza  sanitaria ai cittadini italiani all'estero prevista dal
d.P.R.  31  luglio  1980,  n. 618 (emanato in base alla delega di cui
all'art.  37  della legge 23 dicembre 1978, n. 833), con cui lo Stato
si  e'  assunto  l'onere  di  provvedere  a  detta  assistenza  per i
cittadini  italiani  per  il  periodo  di loro permanenza all'estero,
delimitando     l'ambito     dei     beneficiari    alle    categorie
elencate nell'art.  2,  relative  a  soggetti  che svolgano attivita'
lavorativa all'estero (alla quale e' equiparata la fruizione di borse
di  studio  presso  universita'  o fondazioni straniere). Sono dunque
esclusi  dall'assistenza  i cittadini che si trovino all'estero, come
nel  caso  di  specie,  per  motivi diversi da quelli del lavoro o di
fruizione di borse di studio.
   Nella fattispecie non entra neppure in considerazione l'assistenza
per  i  cittadini  che  si trovino nel territorio di uno Stato membro
della  Comunita'  europea,  o  in  Stati  per i quali operano accordi
bilaterali o multilaterali.
   3.   - Questa   interpretazione,   peraltro,  pone  dei  dubbi  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  quinto comma della legge
n. 595/1985,  come  integrato  dagli  artt. 2 e 7 del d.m. 3 novembre
1989  e  dall'art. 2 del d.m. 13 maggio 1993, in relazione all'art. 3
Cost.
   Il  Collegio  ritiene  la  questione  rilevante, perche' - secondo
l'interpretazione  che  essa fa propria nell'esercizio della funzione
nomofilattica che gli e' demandata - la pretesa azionata nel presente
giudizio  non  puo'  trovare  tutela  nell'ordinamento  e  il ricorso
dovrebbe essere accolto. La questione, inoltre, non e' manifestamente
infondata per le considerazioni che seguono.
   La  giurisprudenza  costituzionale  ha piu' volte affermato che la
tutela  del diritto alla salute garantito dall'art. 32 Cost. non puo'
non  subire  i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel
distribuire  le  risorse finanziarie delle quali dispone; le esigenze
della   finanza   pubblica   tuttavia   non   possono   assumere  nel
bilanciamento  del  legislatore  un  peso  talmente  preponderante da
comprimere  il  nucleo  irriducibile  di tale diritto, protetto dalla
Costituzione  come  ambito  inviolabile della personalita' umana. Con
particolare  riferimento  alla tutela fornita dall'ordinamento per le
prestazioni  sanitarie fornite all'estero, la Corte costituzionale ha
piu' volte confermato che la previsione delle modalita' di attuazione
di  tale  garanzia postula scelte riservate alla discrezionalita' del
legislatore   (cfr.   ord.   n. 19/1992,   sent.   n. 247/1992);  con
l'ordinanza  n. 78/1996  ha  in particolare ritenuto inammissibile la
questione  di  costituzionalita'  dell'art. 3, comma 5 della legge 23
ottobre  1985, n. 595 (nella parte in cui esclude dalla assistenza le
prestazioni  ottenute  all'estero  sul solo presupposto dell'urgenza)
sul  rilievo  che  la  richiesta del giudice a quo avrebbe imposto di
definire -  mediante  una  sentenza  di  tipo  additivo - condizioni,
limiti  e  modalita'  di una ipotesi nuova di assistenza indiretta da
dispensare  all'estero,  secondo  regole  oggetto di scelte riservate
alla discrezionalita' del legislatore.
   Peraltro, importanti indicazioni su questo tema sono state fornite
da   Corte   cost.   n. 309/1999,   con   cui   e'  stata  dichiarata
l'illegittimita'   costituzionale   degli   artt.   37   della  legge
n. 833/1978,  1 e 2 del d.P.R. 31 luglio 1980, n. 618, nella parte in
cui,  a  favore  dei  cittadini  all'estero  che  non rientrano nelle
categorie dell'art. 2 di detto testo normativo e versano in disagiate
condizioni  economiche, non prevedono forme di assistenza gratuita da
stabilirsi  dal  legislatore. Con riguardo alla normativa denunciata,
il  giudice delle leggi ha affermato che «l'istanza di protezione del
diritto  alla  salute  anche  al  di  fuori dei confini nazionali che
informa  l'intera  legge, non viene subordinata ad alcun parametro di
reddito...».  «Cio'  denota che il diritto alla salute, qui declinato
come  diritto  all'assistenza  in  caso  di  malattia, ha assunto una
configurazione legislativa che ne rispecchia la vocazione espansiva».
La  sentenza  nota  anche che ai fini della delimitazione dell'ambito
della  tutela  i  vari  motivi  di  soggiorno  fuori  dal  territorio
nazionale,  diversi  dal lavoro o dalla fruizione di borse di studio,
non  puo'  essere  assegnata  una  aprioristica valutazione negativa,
perche'   l'espatrio   puo'   costituire  in  ogni  caso  fattore  di
arricchimento e di sviluppo della personalita'.
   La  «vocazione  espansiva»  che  nella  legislazione  italiana  ha
assunto  la  configurazione  del diritto alla salute (oltre il limite
irriducibile  della garanzia dell'assistenza gratuita per i cittadini
non  abbienti)  e' rappresentata - indipendentemente dalle condizioni
economiche   dei   cittadini  interessati -  anche  dalla  disciplina
introdotta   dall'art.   3,  quinto  comma,  della  legge  del  1985,
progressivamente  ampliata con i vari decreti ministeriali emanati in
attuazione  di  tale  normativa primaria; per situazioni in cui danni
gravi   e  irreparabili  alla  salute  possono  essere  evitati  solo
ricorrendo a prestazioni sanitarie erogate all'estero, il legislatore
ha  riconosciuto  di  dover  attribuire, rispetto alle esigenze della
finanza  pubblica,  preminenza  al  diritto alla salute, se lo stesso
risulti  compromesso (con il diritto alla integrita' fisica lo stesso
diritto alla vita) nei casi in cui solo le cure ottenibili all'estero
possano  porre  rimedio  alla  gravita'  della  patologia e ai rischi
connessi al differimento dell'intervento terapeutico.
   Peraltro,    in    relazione    alla    tutela    cosi'   concessa
dall'ordinamento,  la lesione dei beni costituzionalmente protetti si
prospetta  negli  stessi termini sia quando la patologia possa essere
curata  solo  all'estero  grazie all'altissima specializzazione della
struttura  ivi operante, sia quando la patologia, insorta all'estero,
possa essere curata solo dove e' sorta (anche in strutture diverse) e
non tolleri un differimento delle terapie necessarie, sia pure con un
rapido rientro in patria.
   Va  d'altro  canto  considerato  che  le condizioni, i limiti e le
modalita'  di  accesso  all'assistenza  indiretta  ex  art.  3, legge
n. 595/1985,   risultano   attualmente   regolati   dalla   normativa
secondaria   di   attuazione  nell'ultima  parte  del  secondo  comma
dell'art.7  del  d.m.  del 1989, nel testo modificato dall'art. 2 del
d.m. del 1993.
   Appare   dunque  priva  di  giustificazione  e  irragionevole,  in
relazione  all'art.  3  Cost.,  una normativa che limiti l'assistenza
indiretta alle ipotesi di ricovero all'estero nei centri di altissima
specializzazione  e  la  neghi  invece  per  le  terapie  urgenti  in
strutture  diverse,  quando,  pur  essendo  differenti le ragioni che
impongono  la  cura  all'estero,  sia  identica  la  minaccia al bene
costituzionalmente  protetto,  e  questo  possa essere garantito alle
stesse condizioni, con i medesimi limiti e le medesime modalita' gia'
stabiliti  per  le  ipotesi  contemplate  dalla normativa denunciata,
senza  che  l'estensione  della sua applicazione alle ipotesi tra cui
rientra  quella  della  fattispecie  oggetto  del  presente  giudizio
implichi  in  alcun  modo, sotto questo profilo, la definizione di un
regime diverso.
   Non  sembra, infine, che la diversita' di trattamento possa essere
giustificata   dal   fatto   volontario  che  determina  la  presenza
all'estero  (diverso  dalle  ragioni di lavoro o di studio) perche' a
tali  motivi, anche culturali e di svago, che possono corrispondere a
fattori  di  arricchimento  e  sviluppo  della personalita', non puo'
essere collegata, come sopra rilevato, una valutazione negativa.
   Per  concludere,  va  dichiarata  rilevante,  e non manifestamente
infondata,   in   relazione   all'art.   3  Cost.,  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  comma  5, della legge 23
ottobre  1985,  n. 595,  come  integrato dagli artt. 2 e 7 del d.m. 3
novembre  1989  e dall'art. 2 del d.m. 13 maggio 1993, nella parte in
cui,  riconoscendo  il  diritto  alla fruizione in forma indiretta di
prestazioni  assistenziali  per  cittadini italiani all'estero presso
centri  di  altissima  specializzazione,  esclude tale assistenza per
prestazioni  ottenute  all'estero  in  strutture diverse dai suddetti
centri  anche  quando  tali  prestazioni siano rese indispensabili da
comprovate ragioni di gravita' ed urgenza.
   Ai  sensi  della  legge  11  marzo  1953,  n. 87,  art.  23,  alla
dichiarazione  di rilevanza nel giudizio e non manifesta infondatezza
della  questione di legittimita' costituzionale, segue la sospensione
del  giudizio,  e  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla Corte
costituzionale.
                              P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento
agli  artt.  3  e  32  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  3,  comma  5, della legge 23 ottobre 1985,
n. 595,  come  integrato dagli artt. 2 e 7 del d.m. 3 novembre 1989 e
dall'art.  2  del  d.m.  13  maggio  1993,  nella parte in cui non e'
applicabile  alle  ipotesi  di  prestazioni sanitarie ottenute presso
strutture estere diverse dai centri di altissima specializzazione nei
casi  in  cui tali prestazioni siano l'unica possibilita' per evitare
un danno grave e irreversibile alla salute.
   Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e la sospensione del giudizio.
   Ordina  che,  a  cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
ministri,  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere del
Parlamento.
     Cosi' deciso in Roma, il 25 settembre 2007.
                        Il Presidente: Senese