N. 37 SENTENZA 7 dicembre 2016- 15 febbraio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Professioni - Albo regionale  del  personale  docente  dei  corsi  di
  formazione  professionale  -  Requisito  dell'assenza  di  condanne
  penale. 
- Legge della Regione siciliana 6 marzo 1976,  n.  24  (Addestramento
  professionale dei lavoratori), art. 14. 
-   
(GU n.8 del 22-2-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Giancarlo
  CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
  ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  14  della
legge della Regione siciliana 6  marzo  1976,  n.  24  (Addestramento
professionale dei lavoratori), promosso dal  Consiglio  di  giustizia
amministrativa  per  la  Regione  siciliana,  sezioni  riunite,   nel
procedimento  vertente   tra   G.   A.   e   Dipartimento   regionale
dell'istruzione e formazione  professionale,  con  ordinanza  del  12
aprile 2016, iscritta  al  n.  111  del  registro  ordinanze  2016  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  23,  prima
serie speciale, dell'anno 2016. 
    Udito nella camera di consiglio del 7 dicembre  2016  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 12 aprile 2016 il  Consiglio  di  giustizia
amministrativa  per  la  Regione  siciliana,  sezioni   riunite,   ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 della
legge della Regione siciliana 6  marzo  1976,  n.  24  (Addestramento
professionale dei lavoratori), in riferimento agli artt. 3, 4, 27, 35
e 97 della Costituzione e all'art. 17 del regio  decreto  legislativo
15 maggio 1946, n. 455  (Approvazione  dello  Statuto  della  Regione
siciliana),  nella  parte  in  cui  prevede   quale   requisito   per
l'iscrizione all'albo regionale del personale docente  dei  corsi  di
formazione professionale l'assenza di qualsivoglia condanna penale e,
quale presupposto automatico per la  cancellazione  dal  detto  albo,
l'esistenza di qualsivoglia condanna penale,  anziche'  prevedere  un
procedimento in contraddittorio con l'interessato  volto  a  valutare
l'effettiva incidenza della condanna  sull'attivita'  lavorativa  e/o
individuare puntuali tipologie di reati. 
    Il  Consiglio  di  giustizia  amministrativa   per   la   Regione
siciliana, sezioni riunite, riferisce che e' stato  proposto  ricorso
straordinario   al   Presidente   della   Regione    siciliana    per
l'annullamento, previa sospensione, del decreto direttoriale con cui,
in esito all'aggiornamento dell'albo regionale del personale  docente
e non docente nel settore dei corsi di formazione  professionale,  il
ricorrente e' stato escluso per  mancanza  dei  requisiti  di  ordine
generale di cui all'art. 14 della legge della Regione siciliana n. 24
del  1976,  avendo  riportato  una  condanna  penale  a  seguito   di
patteggiamento, per il reato di truffa, a mesi sei di  reclusione  ed
euro 400 di multa, con sospensione condizionale della pena. 
    In punto di fatto, il giudice a quo riferisce che  il  ricorrente
ha  precisato  di  essere   dipendente,   con   contratto   a   tempo
indeterminato, fin dal 1997, dell'ente  di  formazione  professionale
C.R.Unci FP e di essere iscritto all'albo regionale, di cui  all'art.
14 della legge reg. Sicilia n. 24 del 1976. 
    Il ricorso, prosegue  il  rimettente,  si  fonda  sulla  ritenuta
illegittimita' dell'applicazione  automatica  dell'art.  14,  poiche'
l'esclusione dall'albo per effetto della sola condanna penale,  senza
lo svolgimento di  un  procedimento  disciplinare  che  commisuri  la
reazione alla effettiva gravita' del fatto commesso, si  porrebbe  in
contrasto  con  la  giurisprudenza  della  Corte  Costituzionale,   e
segnatamente con la sentenza n.  971  del  1988,  con  cui  e'  stata
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 85, lettera  a),
del d.P.R. 10 gennaio 1957, n.  3  (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti lo Statuto degli impiegati civili dello  Stato),  nonche'
con  la  legge  7  febbraio  1990,  n.  19  (Modifiche  in  tema   di
circostanze, sospensione condizionale della pena  e  destituzione  di
diritto dei pubblici dipendenti), con  cui  e'  stata  abrogata  ogni
disposizione attinente alla  destituzione  di  diritto  dei  pubblici
impiegati, senza la preventiva valutazione e ponderazione  dei  fatti
illeciti accertati in sede penale. 
    Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana
precisa che i  principi  dell'illegittimita'  della  destituzione  di
diritto  e  della  commisurazione  della  reazione   dell'ordinamento
all'effettiva gravita' del reato commesso dovrebbero essere applicati
con  maggior  rigore  ai  casi,  quali  quello  sottoposto  alla  sua
attenzione,  in  cui  l'attivita'  lavorativa  e'   irrimediabilmente
preclusa dalla mancanza di iscrizione all'albo previsto dall'art.  14
della legge regionale siciliana n. 24 del 1976. 
    2.- Il collegio rimettente, in via preliminare, precisa di essere
consapevole che l'iscrizione all'albo regionale di cui  trattasi  non
e'    finalizzata    all'esercizio    di    una    professione,    ma
all'individuazione di soggetti da utilizzare per  lo  svolgimento  di
attivita' formativa finanziata dalla  Regione  siciliana,  e  che  la
giurisprudenza costituzionale e la disciplina legislativa, richiamate
dal ricorrente, riguardano la destituzione  automatica  del  pubblico
impiegato e non il  rapporto  di  lavoro  privato,  quale  quello  di
specie. 
    Tuttavia, il Consiglio di giustizia amministrativa  sostiene  che
l'effetto preclusivo ed espulsivo automatico, previsto  dall'art.  14
della legge reg. Sicilia n. 24 del 1976, sarebbe incompatibile con  i
parametri costituzionali di proporzionalita'  e  ragionevolezza,  che
impongono un bilanciamento tra il  diritto  del  singolo  a  svolgere
un'attivita' lavorativa e  l'interesse  generale  dell'ordinamento  a
consentire l'accesso (o la permanenza, come nella specie) al lavoro a
soggetti immuni da condanne penali ostative. 
    A   conferma   di   cio',   il   rimettente    sottolinea    come
l'interpretazione, offerta dalla Corte costituzionale, delle norme in
tema di accesso al lavoro, sia pubblico  che  privato,  e  di  quelle
sull'iscrizione agli albi professionali e' nel senso di  vietare  gli
automatismi  espulsivi,  salvo  che  per  determinate  categorie   di
impiegati pubblici, in considerazione della peculiarita' dei  compiti
ad essi affidati e sempre sulla base di un giudizio di  pericolosita'
sociale  insito  nell'applicazione  di  una   misura   di   sicurezza
personale, ovvero quando l'automatismo espulsivo sia  un  ragionevole
effetto indiretto della pena accessoria di carattere interdittivo. 
    Quanto agli  automatismi  legislativi  ex  ante,  essi  sarebbero
sempre parametrati, per l'iscrizione agli  albi  professionali,  alla
peculiarita' della professione di cui trattasi, riguarderebbero  solo
puntuali tipologie di  reati  ostativi  e,  in  ogni  caso,  la  loro
applicazione  sarebbe  sempre  subordinata  al  contraddittorio   con
l'interessato. 
    L'irragionevolezza  della  normativa   censurata,   prosegue   il
collegio, sarebbe confermata dalla  considerazione  della  disciplina
del personale docente nelle scuole non statali, a  cui,  per  effetto
del rinvio dinamico contenuto nei contratti collettivi nazionali,  si
applica la disciplina del licenziamento disciplinare prevista per  il
pubblico impiego. 
    D'altronde, anche le norme che disciplinano l'esercizio di alcune
libere professioni prevedono che la  condanna  penale  sia  causa  di
diniego di iscrizione all'albo, o di cancellazione da esso,  solo  in
caso  di  particolare  gravita',  con  riguardo  alla  natura   della
professione e previa selezione legale di fattispecie rilevanti. 
    Tale  selezione  verrebbe  in  rilievo  anche  in  altri  settori
dell'ordinamento e, per esempio, in  quello  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, la cui disciplina prevede che
sia di  ostacolo  alla  partecipazione  alla  gara  l'aver  riportato
condanne  specifiche,   incidenti   sulla   moralita'   professionale
dell'esecutore. 
    3.- Il rimettente da' conto di non poter  superare  la  rigidita'
della norma censurata mediante l'interpretazione fornita dall'ufficio
legislativo regionale, che suggerisce di applicare,  in  luogo  della
generica previsione dell'art. 14 della legge reg. Sicilia n.  24  del
1976, l'art. 99 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (Norme sullo  stato
giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della  scuola
materna, elementare,  secondaria  ed  artistica  dello  Stato).  Tale
ultima norma, per il personale docente delle scuole statali,  prevede
la destituzione automatica  nei  soli  casi  indicati  dall'art.  85,
lettere a) e b), del d.P.R. n. 3 del 1957, ovvero in caso di condanna
per alcune tipologie di reato. 
    Adottando   tale   soluzione   ermeneutica    si    consentirebbe
all'amministrazione  regionale  di  disapplicare  la   legge   e   di
individuare,  sostituendosi  al  legislatore,   i   reati   ostativi;
peraltro, l'automatismo ostativo o espulsivo  non  deriverebbe  dalla
pena irrogata in concreto e, quindi, non sarebbe  proporzionata  alla
gravita' del fatto  commesso,  ma  discenderebbe  dal  ricorrere  dei
titoli astratti di reato. 
    Una  tale  interpretazione,  infine,  comporterebbe  l'estensione
analogica di norme punitive, peraltro attuata mediante  il  rinvio  a
due previsioni non piu' in vigore, poiche' l'una, il  d.P.R.  n.  417
del 1974, e' stata sostituita dagli  artt.  496  e  498  del  decreto
legislativo 16 aprile 1994, n.  297  (Approvazione  del  testo  unico
delle disposizioni legislative  vigenti  in  materia  di  istruzione,
relative alle scuole di ogni ordine e grado) e  l'altra,  l'art.  85,
lettera  a),  del  d.P.R.  n.  3  del  1957,  e'   stata   dichiarata
incostituzionale. 
    4.-  Sulla  scorta  di  tali  considerazioni,  il  Consiglio   di
giustizia amministrativa per la Regione siciliana conclude nel  senso
di ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 14 della legge reg. Sicilia n. 24 del  1976,
in riferimento a plurimi parametri costituzionali. 
    In primo luogo, sarebbe violato l'art. 3 Cost. perche' il diniego
di  iscrizione  ovvero  la  cancellazione  automatica  dall'albo  del
personale  docente  della  formazione  professionale,  a  seguito  di
qualsivoglia  condanna  penale,  non  rispetterebbe  i  principi   di
proporzionalita' e ragionevolezza, che sono alla base  del  principio
di  uguaglianza  e  determinerebbe  un'ingiustificata  disparita'  di
trattamento rispetto al  personale  docente  della  scuola  pubblica,
nella identita' delle funzioni esercitate. 
    La previsione censurata, inoltre, sarebbe  incompatibile  con  la
tutela del lavoro, garantita  dagli  artt.  4  e  35  Cost.,  per  la
possibile sproporzione tra  la  gravita'  del  fatto  commesso  e  la
conseguenza sanzionatoria automatica,  che  si  concretizzerebbe,  di
fatto, nella perdita del posto di lavoro. 
    Essa, infine, contrasterebbe: 1) con l'art. 97 Cost.,  impedendo,
nella specie, la migliore utilizzazione delle risorse professionali a
disposizione dell'ente di formazione che utilizza i fondi  regionali;
2) con l'art. 27 Cost., poiche' la funzione  rieducativa  della  pena
implica la proporzionalita' della punizione rispetto all'offesa e  si
realizza anche attraverso  la  valorizzazione  dello  svolgimento  di
attivita' lavorativa da parte dei detenuti e, a maggior  ragione,  di
soggetti  che  non  hanno  scontato  la  pena  a  seguito  della  sua
sospensione condizionale; 3) con l'art. 17, lettera f), dello statuto
della Regione siciliana, che impone alla Regione  di  legiferare  nel
rispetto dei principi  generali  dell'ordinamento  statuale,  di  cui
costituirebbe espressione il  divieto  di  meccanismi  automatici  in
ordine agli effetti delle condanne penali  sui  rapporti  di  lavoro,
pubblici e privati, e sull'iscrizione agli albi professionali. 
    5.- Il collegio rimettente sottolinea che  non  sarebbe  ostativa
all'accoglimento della questione di  legittimita'  costituzionale  la
richiesta di una pronuncia additiva non  costituzionalmente  imposta,
poiche' in  altri  casi  la  Corte  costituzionale  avrebbe  comunque
stigmatizzato  l'automatismo  espulsivo,  pur   in   relazione   alla
commissione di alcuni specifici reati. 
    Nel  caso  di  specie,  l'irragionevolezza  sarebbe  ancor   piu'
evidente, poiche' all'effetto preclusivo automatico si  affianca  una
previsione che non discrimina tra tipologie di  reato,  ma  considera
titolo ostativo all'iscrizione qualsivoglia condanna penale. 
    Tale  indistinta  rigidita',   a   parere   del   collegio,   non
rientrerebbe nella discrezionalita' riservata al legislatore, dovendo
essa cedere al rispetto di valori  costituzionali  quali  il  diritto
all'eguaglianza, il diritto al lavoro ed i principi di ragionevolezza
e proporzionalita'. 
    In ogni caso,  l'adozione  di  una  pronuncia  additiva  andrebbe
considerata  obbligata,  quantomeno  in   relazione   all'automatismo
espulsivo in  assenza  di  un  procedimento  in  contraddittorio  con
l'interessato,  potendo  esso  essere   affidato   alla   Commissione
regionale per la formazione  professionale  dei  lavoratori,  di  cui
all'art. 15 della  medesima  legge  reg.  Sicilia  n.  24  del  1976,
competente per l'iscrizione, cancellazione e tenuta dell'albo. 
    6.- In punto di rilevanza, il collegio rappresenta  che,  poiche'
l'atto impugnato si fonda sulla norma censurata, il ricorso  potrebbe
essere   accolto   solo   a    seguito    della    declaratoria    di
incostituzionalita' di essa. 
    7.- La Regione non e' intervenuta nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la  Regione
siciliana,  sezioni  riunite,  solleva  questione   di   legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 4, 27,  35  e  97  della
Costituzione e all'art. 17 del regio decreto  legislativo  15  maggio
1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto  della  Regione  siciliana),
dell'art. 14 della legge della Regione siciliana 6 marzo 1976, n.  24
(Addestramento professionale dei  lavoratori),  nella  parte  in  cui
prevede quale  requisito  per  l'iscrizione  all'albo  regionale  del
personale docente dei corsi di formazione professionale l'assenza  di
qualsivoglia condanna penale e quale presupposto  automatico  per  la
cancellazione dal detto albo  l'esistenza  di  qualsivoglia  condanna
penale, anziche' prevedere un  procedimento  in  contraddittorio  con
l'interessato volto a valutare l'effettiva incidenza  della  condanna
sull'attivita'  lavorativa  e/o  individuare  puntuali  tipologie  di
reati. 
    Ad avviso del rimettente, l'automatismo preclusivo, non correlato
a specifiche tipologie di reato, e l'assenza  di  un  contraddittorio
con  l'interessato,  per  valutare  la  gravita'  della  condotta  in
relazione alla attivita' lavorativa prestata, contrasterebbero con  i
principi  di  proporzionalita'  e  ragionevolezza,   che   dovrebbero
ispirare il bilanciamento tra  il  diritto  del  singolo  a  svolgere
un'attivita' lavorativa e  l'interesse  generale  dell'ordinamento  a
consentire l'accesso al lavoro a soggetti immuni da  condanne  penali
ostative. 
    2.- In via preliminare, va rilevato  che  la  legittimazione  del
Consiglio di giustizia amministrativa per  la  Regione  siciliana  di
sollevare questione di legittimita' costituzionale, in sede di parere
su un ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana per
l'annullamento di  un  decreto  direttoriale  regionale,  deriva  dal
disposto dell'art. 69, comma 1, della legge 18  giugno  2009,  n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo civile), che stabilisce
che il Consiglio di Stato «se ritiene che il ricorso non possa essere
deciso  indipendentemente  dalla  risoluzione  di  una  questione  di
legittimita' costituzionale che non risulti manifestamente infondata,
sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e  i  motivi
della questione,  ordina  alla  segreteria  l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale», nonche' dagli artt. 9 e 12 del
decreto legislativo 24 dicembre 2003, n.  373  (Norme  di  attuazione
dello  Statuto   speciale   della   Regione   siciliana   concernenti
l'esercizio nella regione delle funzioni spettanti  al  Consiglio  di
Stato), che prevedono, rispettivamente, che l'adunanza delle  sezioni
riunite del Consiglio di  giustizia  amministrativa  per  la  Regione
siciliana rende il parere obbligatorio, per la decisione dei  ricorsi
amministrativi straordinari contro gli atti della Regione  siciliana,
e che a tale organo si estende, in quanto applicabile, la  disciplina
vigente per il Consiglio di Stato. 
    3.- La questione e' inammissibile. 
    L'art. 14 della legge reg. Sicilia n.  24  del  1976  istituisce,
presso l'Assessorato  regionale  del  lavoro  e  della  cooperazione,
l'albo regionale  del  personale  docente  dei  corsi  di  formazione
professionale e contempla tra i requisiti soggettivi  di  ammissione,
ovvero di esclusione, il fatto che l'aspirante sia immune da condanne
penali. 
    La censura del giudice a quo si  appunta  sull'ampiezza  di  tale
requisito. Per restringerne  la  portata,  si  chiede  una  pronuncia
additiva  che  preveda  il  contraddittorio  con  l'interessato,  per
valutare  l'effettiva   incidenza   della   condanna   sull'attivita'
lavorativa, e che individui  puntuali  tipologie  di  reati  ostativi
all'iscrizione e, conseguentemente, alla permanenza nell'albo. 
    L'ordinanza  di  rimessione  costruisce  le   sue   censure   sul
presupposto del possesso di  uno  status  e  confonde  la  situazione
giuridica in cui versano il pubblico dipendente ovvero l'appartenente
ad un ordine professionale e colui che e' inserito nell'albo  di  cui
all'art. 14 della legge reg. Sicilia n. 24 del 1976,  pretendendo  di
estendere a quest'ultimo la disciplina dettata  per  i  primi  e,  in
particolare, quella prevista per i docenti della scuola pubblica, sul
presupposto dell'identita' delle funzioni esercitate. 
    Orbene,  in  disparte  ogni   considerazione   in   ordine   alle
prospettazioni del giudice rimettente, questa  Corte  rileva  che  ai
fini del decidere assume prevalente rilevanza la  considerazione  che
le condotte delittuose che costituiscono  indici  rilevatori  di  non
meritevolezza sono molteplici. Cio' comporta una variegata  gamma  di
soluzioni possibili, pertanto la selezione delle  condotte  non  puo'
che essere riservata alla discrezionalita'  del  legislatore,  a  cui
questa Corte non puo' sostituirsi. 
    Analoghe considerazioni valgono con riferimento alla richiesta di
integrare il precetto prevedendo un procedimento, in  contraddittorio
con l'interessato, per valutare l'effettiva incidenza della  condanna
sull'attivita' lavorativa del formatore. 
    Il riconoscimento alla pubblica amministrazione di un  potere  di
accertare se la condanna riportata possa interferire con le  funzioni
di  formatore,  rientra  pur  sempre   nella   discrezionalita'   del
legislatore, trattandosi di uno strumento, alternativo alla selezione
di specifiche fattispecie di reato, per mitigare l'assolutezza  della
presunzione normativa che viene in discussione. 
    Pertanto,  la  prospettazione  su  cui  si  basa  l'ordinanza  di
rimessione non e' ammissibile, consistendo nella richiesta alla Corte
dell'impossibile istituzione di una  procedura  valutativa  e  di  un
correlato potere discrezionale, in ordine alla  compatibilita'  della
condanna   penale   con   l'iscrizione   all'albo    dei    formatori
professionali. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 14 della legge  della  Regione  siciliana  6
marzo 1976,  n.  24  (Addestramento  professionale  dei  lavoratori),
sollevata in  riferimento  agli  artt.  3,  4,  27,  35  e  97  della
Costituzione e all'art. 17 del regio decreto  legislativo  15  maggio
1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto  della  Regione  siciliana),
dal Consiglio di giustizia amministrativa per la  Regione  siciliana,
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA