N. 38 ORDINANZA 11 gennaio - 15 febbraio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Contenzioso tributario - Reclamo e mediazione tributaria. 
- Decreto legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul
  processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
  nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413),  art.  17-bis,
  nel testo originario, anteriore alla sostituzione dello  stesso  ad
  opera dell'art. 1, comma 611, lettera a), numero 1, della legge  27
  dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge  di  stabilita'
  2014)». 
-   
(GU n.8 del 22-2-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis  del
decreto legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art.  30  della  legge  30  dicembre  1991,  n.  413),  inserito
dall'art. 39, comma  9,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  15
luglio  2011,  n.  111,   promosso   dalla   Commissione   tributaria
provinciale di Milano, nel procedimento vertente tra G.G. e l'Agenzia
delle entrate - Direzione provinciale II di Milano, con ordinanza del
29 luglio 2014, iscritta al n. 114  del  registro  ordinanze  2016  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  24,  prima
serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2017  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
    Ritenuto che  con  ordinanza  pronunciata  il  3  giugno  2013  e
depositata il 29  luglio  2014  (reg.  ord.  n.  114  del  2016),  la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano  ha  sollevato,   in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del decreto  legislativo
31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n.  413),  inserito  dall'art.  39,  comma  9,  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con    modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111; 
    che il rimettente riferisce  di  essere  investito  del  giudizio
avverso due avvisi di accertamento, emessi dall'Agenzia delle entrate
e notificati il 25 luglio 2012, con i quali si chiede  al  ricorrente
di versare le maggiori imposte accertate in relazione alle annualita'
2007-2008, oltre all'importo dovuto a titolo di sanzioni; 
    che l'amministrazione finanziaria si e'  costituita  in  giudizio
eccependo, pregiudizialmente, l'inammissibilita' del ricorso per  non
avere  il  ricorrente  preliminarmente  presentato,   in   violazione
dell'art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del  1992,  il  reclamo  che  tale
disposizione obbligatoriamente impone a chi intenda proporre  ricorso
avverso un atto emesso dall'Agenzia delle entrate con  il  quale  sia
richiesto il pagamento di un  importo  inferiore  a  ventimila  euro,
notificato successivamente al 1° aprile 2012; 
    che  il  ricorrente  ha  sollevato  eccezione  di  illegittimita'
costituzionale del menzionato art. 17-bis per violazione degli  artt.
3, 24 e 111 Cost.; 
    che il rimettente ritiene, innanzitutto, le questioni  rilevanti,
in  quanto  alla  disposizione  censurata   occorre   riferirsi   per
verificare l'ammissibilita' dei ricorsi; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza, dopo  aver  premesso
il contenuto della disposizione censurata, che disciplina il  reclamo
e la mediazione tributaria, il giudice rimettente afferma  la  natura
amministrativa del primo, come si evincerebbe sia dalla  collocazione
della disposizione censurata all'interno del Titolo I, Capo  II,  del
d.lgs. n. 546 del 1992, sia dalla formulazione letterale del comma  2
dello stesso art. 17-bis, che indica il reclamo quale  condizione  di
ammissibilita' dell'azione,  e  del  successivo  comma  9,  il  quale
specifica che, in caso di mancata conclusione del procedimento  entro
novanta giorni, esso si trasforma in atto introduttivo del giudizio; 
    che la disposizione impugnata lederebbe, innanzitutto,  l'art.  3
Cost., sotto il profilo della disparita' di trattamento, dal  momento
che  essa  si  riferisce  ingiustificatamente  ai  soli  tributi   di
competenza dell'Agenzia delle entrate  e  nel  limite  dei  ventimila
euro; 
    che,   in   particolare,   la   soglia   dei    ventimila    euro
discriminerebbe, in assenza di idonea giustificazione, la  situazione
dei contribuenti in ragione di un  mero  dato  quantitativo  che  non
troverebbe riscontro in altri istituti del diritto tributario; 
    che la violazione del menzionato parametro risulterebbe anche dal
fatto che il contribuente potrebbe invocare la tutela cautelare  solo
a seguito della proposizione del ricorso giurisdizionale, dal momento
che l'art. 47 del d.lgs. n. 546 del  1992  consente  di  ottenere  la
sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato solo a condizione che
il contribuente si sia costituito nel giudizio sul  merito  dell'atto
stesso, come si evince sia dal comma 1 dell'art. 47, che consente  di
chiedere detta sospensione con atto separato  notificato  alle  altre
parti e depositato in  segreteria  «sempre  che  siano  osservate  le
disposizioni di cui all'art. 22», sia dal comma 6 dello  stesso  art.
47,  il  quale  dispone  che,  nei  casi  di  sospensione   dell'atto
impugnato, la trattazione della controversia sia  fissata  non  oltre
novanta giorni dalla pronuncia della sospensione; 
    che l'esclusione della possibilita' di adire con immediatezza  la
tutela cautelare in relazione  alla  sola  tipologia  di  contenzioso
descritta sarebbe «irrazionale, contraria al principio di uguaglianza
e  ingiustificata»,  trattandosi  della  tutela  giurisdizionale   di
posizioni giuridiche soggettive che «devono essere garantite nei casi
nei quali l'atto sia immediatamente esecutivo (avvisi di accertamento
disciplinati a seguito dell'art. 29 del d.l. n. 78 del 2010; cartelle
esattoriali (art. 36 bis DPR n. 600 del 1973 e art. 54 bis DPR n. 633
del 1972)»; 
    che la  disposizione  censurata  lederebbe,  inoltre,  l'art.  24
Cost., dal momento che limita la possibilita' di agire per la  tutela
dei propri diritti, sino ad escluderla del tutto  qualora  non  venga
esperita una preventiva fase amministrativa; 
    che, in particolare, questa Corte, sebbene  abbia,  generalmente,
ritenuto legittimo il differimento della  possibilita'  di  agire  in
giudizio in presenza di specifiche necessita',  ha  tuttavia  escluso
che,  anche  in  tali  casi,  il  diritto  di  azione  possa   essere
eccessivamente compresso e,  comunque,  che  l'ammissibilita'  stessa
dell'azione possa essere condizionata al  previo  esperimento  di  un
rimedio amministrativo; 
    che, in riferimento all'art. 111  Cost.,  il  giudice  rimettente
deduce in primo luogo che  la  disposizione  censurata  comporterebbe
un'eccessiva dilatazione  dei  tempi  di  introduzione  del  giudizio
tributario, in violazione del principio della ragionevole durata  del
processo; 
    che, inoltre, l'art.  111  Cost.  risulterebbe  leso,  sempre  in
relazione al principio della ragionevole durata del  processo,  anche
in considerazione della circostanza per cui, decorsi sessanta  giorni
dalla notifica, gli avvisi di accertamento e le cartelle di pagamento
diventano esecutivi ed il contribuente non potrebbe proporre  istanza
di sospensione in difetto di instaurazione del giudizio (art. 47  del
d.lgs. n. 546 del 1992); 
    che la violazione del medesimo  parametro  e'  dedotta  anche  in
quanto la disposizione censurata attribuisce il compito  di  decidere
il reclamo e quello di mediatore a una delle parti della controversia
(sia pure attraverso apposite strutture diverse e autonome da  quelle
che curano l'istruttoria degli atti reclamabili), in contrasto con la
necessaria terzieta' dell'organo al quale  detti  ruoli  -  quanto  a
quello di mediatore, «anche nel diritto comunitario» - devono  essere
conferiti; 
    che il rimettente sottolinea come la sentenza n. 272 del 2012  di
questa Corte in materia di mediazione civile  abbia  evidenziato  che
l'istituto della mediazione  trova  il  suo  fondamento  nel  diritto
dell'Unione europea  come  risulta  dalle  conclusioni  adottate  dal
Consiglio europeo nel maggio del 2000,  dal  libro  verde  presentato
dalla Commissione nell'aprile del 2002, dalla direttiva n. 2008/52/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio in data 21 maggio 2008 e dalla
Risoluzione   del   Parlamento   europeo   del   25   ottobre    2011
(2011/2117-INI), con particolare riferimento  al  suo  paragrafo  31,
sesto capoverso; 
    che,  inoltre,  questa  Corte  ha  precisato  come  dal   diritto
comunitario si evinca,  da  un  lato,  che  la  finalita'  deflattiva
dell'istituto  della  mediazione  deve  essere  raggiunta  in   forza
dell'autorevolezza e dell'utilita' concreta della  mediazione  e  non
con strumenti di obbligatorieta' del ricorso ad essa  e,  dall'altro,
che la mediazione deve svolgersi in  modo  imparziale  rispetto  alle
parti coinvolte (art. 4 della direttiva n. 2008/52/CE); 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
concluso per l'inammissibilita' o la non fondatezza  delle  questioni
sollevate; 
    che, in via preliminare, ha evidenziato che, successivamente alla
deliberazione ma anteriormente al deposito dell'ordinanza  in  esame,
e'  intervenuta  la  sentenza  n.  98  del  2014  che  ha  dichiarato
l'incostituzionalita' di alcune  disposizioni  dell'art.  17-bis  del
d.lgs. n. 546 del 1992 e, in particolare, della norma che dispone  la
inammissibilita' del ricorso per omessa presentazione del  reclamo  e
della mancata previsione della sospensione degli atti impugnati; 
    che, dunque, in relazione a dette disposizioni, la questione deve
essere dichiarata inammissibile; 
    che parimenti inammissibile sarebbe la  questione,  sollevata  in
riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., relativa alla mancata previsione
della possibilita' di  sospensione  dell'atto  impugnato  nelle  more
della procedura di mediazione, per difetto di rilevanza, dal  momento
che nel giudizio  a  quo  non  e'  stato  presentato  il  reclamo  e,
pertanto, non si deve fare applicazione della norma censurata; 
    che, infine, le ulteriori questioni dovrebbero essere  dichiarate
non fondate, sulla base di quanto gia' dichiarato nella  sentenza  n.
98 del 2014 a riguardo e richiamato nell'atto di intervento. 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale  di  Milano
ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3,  24  e   111   della
Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni
sul  processo  tributario  in  attuazione  della  delega  al  Governo
contenuta nell'art.  30  della  legge  30  dicembre  1991,  n.  413),
inserito dall'art. 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.
98  (Disposizioni  urgenti  per  la   stabilizzazione   finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  15
luglio 2011, n. 111; 
    che questa Corte, con la sentenza n. 98 del 2014, ha  dichiarato,
in riferimento all'art. 24 Cost., l'illegittimita' costituzionale del
denunciato art. 17-bis, comma 2, del d.lgs.  n.  546  del  1992,  nel
testo originario, anteriore alla sostituzione dello stesso  ad  opera
dell'art. 1, comma  611,  lettera  a),  numero  1),  della  legge  27
dicembre 2013, n. 147, recante «(Disposizioni per la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2014)»; 
    che, dunque, la  questione  sollevata  con  riferimento  a  detta
disposizione, nella formulazione originaria, in  quanto  applicabile,
ratione temporis, al giudizio a quo,  instaurato  avverso  avvisi  di
accertamento del 25 luglio 2012  e,  quindi,  successivamente  al  1°
aprile 2012, va dichiarata manifestamente inammissibile,  risultando,
secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, ormai priva  di
oggetto (ex plurimis, ordinanza n. 208 del 2016); 
    che manifestamente inammissibile, per difetto  di  rilevanza,  e'
anche la questione relativa alla preclusione della  tutela  cautelare
giurisdizionale dal momento che dall'ordinanza di  rimessione,  cosi'
come nei casi gia' decisi dalla sentenza n. 98 del  2014,  si  evince
che il ricorrente nel giudizio a quo non  ha  presentato  il  reclamo
previsto dal censurato  art.  17-bis,  ma  ha  proposto  direttamente
ricorso alla Commissione tributaria provinciale, con  la  conseguenza
che  e'  mancata  del  tutto  la  fase  amministrativa  che  solo  la
presentazione del reclamo avrebbe potuto introdurre e,  pertanto,  il
giudice a quo non deve fare applicazione della  norma  censurata  che
(in  assunto)   precluderebbe   l'accesso   alla   tutela   cautelare
giurisdizionale in una fase,  quella  amministrativa  introdotta  dal
reclamo, che nella specie, come si e' detto, non si e' svolta; 
    che  parimenti  manifestamente  inammissibile  per   difetto   di
rilevanza e' la censura inerente la ragionevole durata del  processo,
dal momento che, anche nel caso in esame, come quelli  oggetto  della
sentenza n. 98  del  2012,  non  risulta  che  i  ricorrenti  abbiano
giustificato l'omissione del reclamo con l'argomento che, se avessero
formulato  detta  istanza,  la  presentazione  del  reclamo   avrebbe
comportato una durata del processo non ragionevole; 
    che le ulteriori questioni sono manifestamente  non  fondate,  in
quanto sostanzialmente coincidenti con  quelle  gia'  dichiarate  non
fondate dalla sentenza n. 98 del 2014; 
    che, in particolare, quanto alla dedotta violazione  dell'art.  3
Cost.,  sotto  il  profilo  della   disparita'   di   trattamento   e
dell'irragionevolezza, in considerazione del fatto che la  previsione
in  esame  riguarda  solo  i  contribuenti  parti   di   controversie
rientranti nell'ambito di applicazione dell'impugnato art.  17-bis  e
non, quindi, tutti gli altri contribuenti (in particolare, quelli che
sono parti di controversie relative ad atti emessi da enti impositori
diversi dall'Agenzia delle entrate o di controversie relative ad atti
emessi da tale Agenzia ma di valore superiore a ventimila  euro),  va
in questa sede ribadito il convincimento per cui  il  legislatore  ha
perseguito  l'interesse  generale  alla  deflazione  del  contenzioso
tributario in modo ragionevole, prevedendo il rinvio dell'accesso  al
giudice con riguardo alle liti  (quelle  nei  confronti  dell'Agenzia
delle  entrate)  che  notoriamente  rappresentano  il   numero   piu'
consistente delle controversie tributarie ed, al contempo,  a  quelle
di esse che comportano le minori conseguenze finanziarie sia  per  la
parte privata che per quella pubblica; 
    che, pertanto, la  scelta  del  legislatore,  in  quanto  congrua
rispetto alla  ratio  dell'intervento  normativo,  e'  frutto  di  un
corretto   esercizio   della   discrezionalita'   legislativa,    non
censurabile ne' sul piano del diritto  alla  tutela  giurisdizionale,
ne'  su  quello  del  rispetto  dei  principi  di  uguaglianza  e  di
ragionevolezza; 
    che la lesione del menzionato parametro non sussisterebbe neanche
sotto    il    diverso    profilo    relativo     alla     previsione
dell'obbligatorieta' della  procedura  di  reclamo,  in  presenza  di
«altri preventivi istituti deflattivi»; 
    che, come gia' evidenziato nella sentenza  n.  98  del  2014,  e'
consentito al legislatore di imporre  l'adempimento  di  oneri  -  in
particolare, il previo esperimento di  un  rimedio  amministrativo  -
che, condizionando la proponibilita' dell'azione,  ne  comportino  il
differimento, purche' gli stessi siano giustificati  da  esigenze  di
ordine generale o da superiori finalita' di giustizia; 
    che il  reclamo  e  la  mediazione  tributari,  col  favorire  la
definizione delle controversie (che rientrino nel  menzionato  ambito
di applicazione  dei  due  istituti)  nella  fase  pregiurisdizionale
introdotta con il reclamo, tendono a soddisfare l'interesse  generale
sotto un duplice aspetto: da un lato, assicurando un  piu'  pronto  e
meno dispendioso (rispetto alla durata e  ai  costi  della  procedura
giurisdizionale) soddisfacimento delle situazioni sostanziali oggetto
di dette controversie, con vantaggio sia per il contribuente che  per
l'amministrazione finanziaria; dall'altro, riducendo  il  numero  dei
processi  di  cui  sono  investite  le  commissioni   tributarie   e,
conseguentemente, assicurando il contenimento dei tempi  ed  un  piu'
attento esame di quelli residui (che, nell'ambito di quelli  promossi
nei  confronti  dell'Agenzia  delle  entrate,  comportano   le   piu'
rilevanti conseguenze finanziarie per le parti); 
    che, infine, e' manifestamente non fondata la dedotta  violazione
dell'art. 111 Cost., in relazione al principio  della  terzieta'  del
giudice, per  aver  la  norma  censurata  attribuito  il  compito  di
mediatore a una delle parti della controversia; 
    che, difatti, va ribadita la non  conferenza  del  richiamo  alla
direttiva 21 maggio 2008, n. 2008/52/CE del Parlamento europeo e  del
Consiglio,  in   quanto   essa   si   applica   «nelle   controversie
transfrontaliere, in materia civile e  commerciale»,  con  l'espressa
esclusione della «materia fiscale, doganale e  amministrativa»  (art.
1, comma 2), cioe' proprio della materia che viene qui in rilievo; 
    che, piu' in generale, va osservato che la mediazione  tributaria
introdotta  dall'impugnato  art.  17-bis  costituisce  una  forma  di
composizione pregiurisdizionale delle controversie basata sull'intesa
raggiunta, fuori e prima del  processo,  dalle  stesse  parti  (senza
l'ausilio di terzi), che agiscono, quindi, su un piano di parita'; 
    che dunque deve escludersi che un tale procedimento conciliativo,
non riconducibile  alla  mediazione,  preprocessuale,  il  cui  esito
positivo e' rimesso anche  al  consenso  dello  stesso  contribuente,
possa  violare  il  suo  diritto   di   difesa,   il   principio   di
ragionevolezza o, tanto meno, il diritto a non  essere  distolto  dal
giudice naturale precostituito per legge. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis, comma 2, del d.lgs.  31
dicembre 1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n.  413),  nel  testo  originario,  anteriore  alla
sostituzione dello stesso ad opera dell'art. 1,  comma  611,  lettera
a),  numero  1,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2014)»,  sollevata,  in  riferimento
all'art.  24  della  Costituzione,   dalla   Commissione   tributaria
provinciale di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del d.lgs.  n.  546  del
1992, nel testo originario,  anteriore  alle  modificazioni  ad  esso
apportate dall'art. 1, comma 611, lettera a), numero 1,  della  legge
n. 147 del 2013, nella parte in cui precluderebbe ai contribuenti  la
tutela cautelare giurisdizionale durante la procedura  amministrativa
introdotta con il  reclamo,  sollevata,  in  riferimento  all'art.  3
Cost.,  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano   con
l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    3) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del d.lgs.  n.  546  del
1992, nel testo originario,  anteriore  alle  modificazioni  ad  esso
apportate dall'art. 1, comma 611, lettera a), numero 1,  della  legge
n. 147 del 2013, sollevata,  in  riferimento  all'art.  111,  secondo
comma, Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Milano  con
l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    4)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del d.lgs.  n.  546  del
1992, nel testo originario,  anteriore  alle  modificazioni  ad  esso
apportate dall'art. 1, comma 611, lettera a), numero 1), della  legge
n. 147 del 2013, nella  parte  in  cui  prevede  l'obbligo,  per  chi
intende proporre  ricorso  avverso  atti  emessi  dall'Agenzia  delle
entrate e di valore non superiore a  ventimila  euro,  di  presentare
preliminarmente reclamo, sollevata, in riferimento all'art. 3  Cost.,
dalla Commissione tributaria provinciale di  Milano  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe; 
    5)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del d.lgs.  n.  546  del
1992, nel testo originario,  anteriore  alle  modificazioni  ad  esso
apportate dall'art. 1, comma 611, lettera a), numero 1,  della  legge
n. 147 del 2013, nella parte in cui non prevede che la mediazione sia
svolta da un terzo, sollevata, in  riferimento  all'art.  111  Cost.,
dalla Commissione tributaria provinciale di  Milano  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                       Aldo CAROSI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA