N. 44 SENTENZA 7 - 24 febbraio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza  -  Contribuzione  volontaria  -  Divieto  di  cumulo  fra
  contribuzione volontaria e contribuzione nella gestione separata. 
- Decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega
  conferita dall'articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995,  n.
  335, in materia di ricongiunzione, di riscatto  e  di  prosecuzione
  volontaria ai fini pensionistici), art. 6, comma 2. 
-   
(GU n.9 del 1-3-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2,
del decreto legislativo 30 aprile  1997,  n.  184  (Attuazione  della
delega conferita dall'articolo 1, comma  39,  della  legge  8  agosto
1995, n.  335,  in  materia  di  ricongiunzione,  di  riscatto  e  di
prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), promosso dalla  Corte
d'appello di Trieste nel procedimento vertente tra S.O. e  l'Istituto
nazionale della  previdenza  sociale  (INPS)  con  ordinanza  del  12
novembre 2015, iscritta al  n.  55  del  registro  ordinanze  2016  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  12,  prima
serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'Istituto  nazionale   della
previdenza sociale (INPS) nonche' l'atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  7  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi gli avvocati Antonino Sgroi per l'INPS e  l'avvocato  dello
Stato Gesualdo D'Elia per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 12 novembre 2015,  la  Corte  d'appello  di
Trieste solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6,
comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.  184  (Attuazione
della delega conferita dall'articolo  1,  comma  39,  della  legge  8
agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto  e  di
prosecuzione volontaria ai fini pensionistici), «nella parte  in  cui
esso, in base  all'interpretazione  datane  in  primo  grado  e  piu'
corretta, vieta il cumulo fra contribuzione previdenziale  volontaria
e  contribuzione  nella  gestione  separata   nei   casi   [...]   di
prosecuzione dell'attivita' lavorativa per un  limitato  quantitativo
di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori
a € 3000,00 annui», in riferimento agli  artt.  3,  primo  e  secondo
comma, 35, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione. 
    1.1.-  La  Corte  rimettente  premette  in  fatto  di  aver  gia'
sollevato, nei  confronti  della  medesima  norma  e  nel  corso  del
medesimo giudizio, identica questione di legittimita' costituzionale,
dichiarata inammissibile, con  la  sentenza  n.  114  del  2015,  per
difetto di motivazione sulla rilevanza. 
    A seguito di tale pronuncia, parte attrice - prosegue il collegio
rimettente -provvedeva a riassumere tempestivamente  il  procedimento
ex art. 297 del codice di procedura civile e la causa era  nuovamente
discussa all'udienza del 12 novembre 2015 e trattenuta in  decisione.
La Corte  d'appello  di  Trieste  ripropone,  pertanto,  le  medesime
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 6,  comma  2,  del
d.lgs. n. 184 del 1997, nei termini suddetti. 
    1.2.- La Corte ricorda di essere stata adita in  appello  avverso
la sentenza con cui il Tribunale  di  Udine  aveva  accolto  solo  la
domanda, proposta  in  via  subordinata,  di  condanna  dell'Istituto
nazionale della previdenza sociale  (INPS)  alla  restituzione  delle
somme versate a titolo di contribuzione volontaria dalla  ricorrente,
e non quella, svolta in  via  principale,  di  accertamento  del  suo
diritto a  proseguire  nella  contribuzione  volontaria  nel  periodo
2003-2005, in cui  aveva  anche  effettuato  la  contribuzione  nella
gestione separata ex art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995,  n.
335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare),
e di annullamento del  provvedimento  di  revoca  della  pensione  di
anzianita' di cui aveva goduto sino al  mese  di  ottobre  2008,  per
effetto del cumulo fra contributi per lavoro dipendente e  contributi
volontari. 
    Ripetendo quanto gia' esposto nella prima ordinanza con cui aveva
sollevato la  medesima  questione,  la  Corte  d'appello  di  Trieste
ricorda  che  la  ricorrente:  aveva  svolto  attivita'   di   lavoro
subordinato dal 1° settembre 1967 sino al giorno  11  agosto  2000  e
aveva cosi' maturato una contribuzione pari a 1699 settimane utili ai
fini pensionistici; aveva provveduto a versare all'INPS, a seguito di
autorizzazione a proseguire volontariamente la contribuzione, fino  a
tutto il mese di marzo dell'anno 2004, la somma  di  24.355,80  euro,
si' da raggiungere un numero totale di 1829 settimane utili  ai  fini
della pensione; aveva intrapreso, negli anni dal 2003 al marzo  2005,
un'attivita' di lavoro saltuario come promotrice commerciale solo nei
fine settimana, versando i contributi nella gestione separata di  cui
all'art. 2, comma 26, della legge n. 335  del  1995,  con  iscrizione
avvenuta nell'ottobre 2002;  aveva  ottenuto,  nell'aprile  2005,  la
pensione, a seguito della  maturazione  dell'anzianita'  contributiva
per effetto  del  cumulo  fra  contributi  per  lavoro  dipendente  e
contributi volontari; aveva richiesto, nel giugno 2007,  la  pensione
supplementare per il lavoro svolto come promotrice dal 2003 al  2005;
aveva subito la revoca della  pensione  di  anzianita'  per  avvenuto
annullamento  della   contribuzione   volontaria,   con   conseguente
accertamento della sussistenza di un indebito per i ratei di pensione
a lei pagati dall'aprile 2005 all'ottobre 2008. 
    La medesima Corte rimettente, «integrando  in  particolare,  come
specificamente richiesto dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
114/2015, le indicazioni  in  punto  rilevanza  della  questione  qui
posta»,  osserva  che,  «in  base  alle   scarne   indicazioni   date
dall'attrice il suo rapporto di lavoro come promotrice commerciale si
e' articolato [...] come un rapporto di collaborazione  coordinata  e
continuativa ex art. 409 n. 3 c.p.c.». Piu' precisamente e in  virtu'
delle  allegazioni  della  medesima   ricorrente   e   del   «rilievo
forzatamente basato sul notorio», si  sarebbe  trattato,  secondo  la
Corte triestina, di un'attivita' di lavoro parasubordinato,  «per  un
novero limitato di ore a settimana e con compensi ridottissimi». Tale
attivita', sebbene analoga, quanto  a  numero  di  ore  di  lavoro  e
compensi, ad altre attivita' lavorative, alle quali non si applica il
divieto di cumulo di cui all'art. 6, comma 2, del d.lgs. n.  184  del
1997 - come il lavoro a tempo parziale di tipo verticale, orizzontale
e ciclico ex art. 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564
(Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della L.  8
agosto 1995, n. 335, in materia  di  contribuzione  figurativa  e  di
copertura assicurativa per periodi non coperti  da  contribuzione)  e
art. 3, comma 1, del decreto  legislativo  29  giugno  1998,  n.  278
(Disposizioni correttive del D.Lgs. 16 settembre 1996,  n.  564,  del
D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181, e del D.Lgs. 30 aprile 1997,  n.  157,
del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180 e del D.Lgs.  30  aprile  1997,  n.
184, in materia pensionistica),  e  il  lavoro  occasionale  di  tipo
accessorio, di cui agli artt. 70 e  72  del  decreto  legislativo  10
settembre 2003, n.  276  (Attuazione  delle  deleghe  in  materia  di
occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,
n. 30) - non sarebbe riconducibile ad esse.  Il  collegio  rimettente
precisa, infatti, che la differenza fra il caso in esame e quello dei
lavoratori dipendenti a tempo parziale di tipo verticale, orizzontale
e ciclico consisterebbe nella circostanza  che,  mentre  nel  secondo
caso il rapporto di lavoro e' di tipo subordinato  e  il  ricorso  al
riscatto era ed  e'  possibile  per  i  periodi  in  cui  l'attivita'
lavorativa e' sospesa, nel primo caso,  l'appellante,  pur  lavorando
senza vincolo di subordinazione, ma del pari  per  poche  ore  e  con
corrispettivi ridotti (lavoro parasubordinato), non aveva avuto,  ne'
aveva la facolta' di accedere alla contribuzione volontaria.  Quanto,
poi, alle prestazioni di lavoro occasionale di  carattere  accessorio
con contribuzione nella gestione separata ex art. 2, comma 26,  della
legge n. 335 del 1995, si tratterebbe  di  lavori  solo  occasionali,
peraltro svolti da soggetti rispetto ai quali vi sia  una  situazione
di esclusione sociale o che siano al primo ingresso nel  mercato  del
lavoro o in procinto di uscire  da  esso,  lavori  fra  i  quali  non
rientrerebbe   l'attivita'   svolta   dall'appellante   (addetta   al
commercio). 
    Tanto premesso, la Corte d'appello di Trieste  ribadisce  che  il
divieto di cumulo dei versamenti effettuati  in  via  volontaria  con
altre   contestuali   contribuzioni   sarebbe   irragionevole,    con
conseguente violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo del regime
applicabile a casi del tutto corrispondenti sul  piano  fattuale.  La
diversita' di trattamento del cumulo tra contribuzione  volontaria  e
altre forme di  contribuzione  sarebbe  difficilmente  giustificabile
anche con riguardo alla  tutela  del  lavoro  in  ogni  sua  forma  e
applicazione apprestata dall'art. 35 Cost., poiche' ogni  prestazione
di  lavoro  merita   eguale   considerazione   anche   sul   versante
contributivo. Sarebbe,  infine,  violato  anche  l'art.  38,  secondo
comma, Cost., poiche' la differenziazione posta in risalto priverebbe
soggetti,  come  la   ricorrente,   di   un   idoneo   riconoscimento
dell'attivita'  svolta  e   degli   accantonamenti   effettuati   per
provvedere alla propria vecchiaia. 
    2.-  Si  e'   costituito   in   giudizio   davanti   alla   Corte
costituzionale l'INPS, parte del giudizio a quo, e ha chiesto che  la
Corte dichiari irrilevante, inammissibile  e  comunque  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale. 
    In linea preliminare, l'INPS ritiene che l'odierna  ordinanza  di
rimessione  sia  affetta  dalla  medesima  lacuna  che   viziava   la
precedente ordinanza della Corte d'appello di Trieste e  cioe'  dalla
mancata individuazione degli elementi di fatto, necessari a  motivare
la rilevanza della questione sollevata. 
    Inoltre, il quesito di legittimita' costituzionale, frutto di una
lettura della disciplina legislativa focalizzata  sul  singolo  caso,
sarebbe anche generico e non previamente determinato. 
    Nel merito, la questione  sarebbe  infondata.  Tenuto  conto  del
fatto che la funzione della contribuzione  volontaria  e'  quella  di
consentire  a  chi  e'  titolare  di  un  rapporto  assicurativo   di
raggiungere il presupposto contributivo per il diritto a pensione  ed
evitare le conseguenze negative, della mancata prestazione lavorativa
soggetta all'obbligo assicurativo, l'INPS ritiene che non colgano nel
segno  i  parallelismi  con  le  discipline  richiamate  al  fine  di
sostenere l'irragionevolezza della norma che preclude il  contestuale
versamento di contribuzione effettiva e  dicontribuzione  volontaria.
Il richiamo alla disciplina di cui all'art. 8 del d.lgs. n.  564  del
1996, in  tema  di  lavoro  subordinato  a  tempo  parziale,  sarebbe
erroneo, proprio perche' attinente a una fattispecie  di  sospensione
del rapporto  di  lavoro  destinata  a  riprendere.  Nel  caso  posto
all'esame del collegio triestino, invece, il rapporto  di  lavoro  in
essere, non sospeso, era quello in cui la lavoratrice  provvedeva  al
versamento di contribuzione volontaria,  strutturalmente  esclusa  in
presenza  di  contribuzione  effettiva.  Anche   il   richiamo   alla
disciplina delle prestazioni occasionali di tipo  accessorio  dettata
dagli artt. 70 e 72 del d.lgs. n. 276 del 2003 non sarebbe  corretto.
Nel periodo temporale di riferimento trovava,  infatti,  applicazione
il  dettato  dell'art.  71  (abrogato  dall'art.  22,  comma  4,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  recante  «Disposizioni  urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria»,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
agosto 2008,  n.  133),  che  individuava  i  soggetti  che  potevano
prestare lavoro accessorio e  le  modalita'  attraverso  cui  costoro
potevano svolgerlo. 
    3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto che la Corte costituzionale dichiari la manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata
dalla Corte d'appello di Trieste. 
    La difesa statale sostiene che l'art. 6 del  d.lgs.  n.  184  del
1997, in realta', piu' che  vietare  il  cumulo  della  contribuzione
volontaria con quella dovuta in virtu' dell'iscrizione alla  gestione
separata INPS, vieti la sovrapposizione della  contribuzione,  ovvero
il versamento nel medesimo periodo di somme  sia  alla  contribuzione
volontaria, che e' uno strumento di previdenza sociale per i  periodi
di  inattivita'  lavorativa,  sia  alla   gestione   separata,   che,
viceversa, presuppone lo svolgimento di un'attivita' lavorativa. 
    Il caso regolato dalla disposizione censurata  riguarderebbe,  in
altri termini,  la  doppia  contribuzione  e  sarebbe  percio'  molto
diverso dall'ipotesi di cumulo previsto  per  i  lavoratori  a  tempo
parziale di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 564 del 1996, i quali per il
tempo "lavorato" hanno versato la contribuzione  obbligatoria  e  per
quello "non lavorato" possono versare la contribuzione volontaria. 
    Si  tratterebbe,  pertanto,  di  situazioni  differenti,   niente
affatto  comparabili  tra  loro,  quindi  inidonee  a  dimostrare  la
violazione del principio di eguaglianza. 
    Lo stesso rilievo e' svolto dall'Avvocatura generale dello  Stato
con riguardo al lavoro occasionale di  tipo  accessorio,  considerato
che quest'ultimo e' volto all'agevolazione e  alla  regolarizzazione,
dal  punto  di  vista  fiscale,  contributivo  e   assicurativo,   di
prestazioni   lavorative   caratterizzate   da    discontinuita'    e
marginalita' nel mercato del lavoro, per  tutelare  soggetti  deboli,
per i quali, proprio al fine di conseguire tale tutela, si e'  deciso
di consentire il cumulo. 
    4.- All'udienza  pubblica,  l'INPS  e  la  difesa  statale  hanno
insistito per l'accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese
scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  La  Corte  d'appello  di  Trieste  torna  a  dolersi   della
circostanza che il comma 2 dell'art. 6  del  decreto  legislativo  30
aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita  dall'articolo
1, comma 39, della legge  8  agosto  1995,  n.  335,  in  materia  di
ricongiunzione, di riscatto e  di  prosecuzione  volontaria  ai  fini
pensionistici), nella parte in cui vieta il cumulo fra  contribuzione
previdenziale volontaria e  contribuzione  nella  gestione  separata,
anche nei casi, come  quello  oggetto  del  giudizio  principale,  di
«prosecuzione dell'attivita' lavorativa per un limitato  quantitativo
di ore a settimana e per redditi da lavoro con compensi ben inferiori
a  €  3000,00  annui»,  determini  una  irragionevole  disparita'  di
trattamento rispetto a tipologie di prestazioni di lavoro simili  per
impegno orario e per reddito conseguito,  cui  non  si  applica  tale
divieto. 
    Fra queste ultime, in particolare, il rimettente individua quelle
riconducibili  al  lavoro  subordinato  a  tempo  parziale,  di  tipo
verticale, orizzontale e ciclico,  di  cui  all'art.  8  del  decreto
legislativo 16  settembre  1996,  n.  564  (Attuazione  della  delega
conferita dall'art. 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995,  n.  335,
in materia di contribuzione figurativa e  di  copertura  assicurativa
per periodi non coperti da contribuzione), come  integrato  dall'art.
3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 29  giugno  1998,  n.
278 (Disposizioni correttive del D.Lgs. 16 settembre  1996,  n.  564,
del D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181, e del D.Lgs. 30  aprile  1997,  n.
157, del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180 e del D.Lgs. 30  aprile  1997,
n. 184, in materia pensionistica), e le  prestazioni  occasionali  di
tipo  accessorio,  disciplinate  agli  artt.  70  e  72  del  decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione  delle  deleghe  in
materia di occupazione e mercato del lavoro, di  cui  alla  legge  14
febbraio 2003, n. 30). 
    Il collegio rimettente ritiene che tale irragionevole  disparita'
di trattamento contrasti, altresi', con il principio  di  tutela  del
lavoro in ogni sua forma e applicazione, costituzionalmente garantito
dall'art. 35, primo comma, della Costituzione, considerato  che  ogni
prestazione  di  lavoro,  anche  quelle  rientranti  nella  tipologia
oggetto del giudizio principale,  merita  eguale  considerazione  sul
versante contributivo.  Inoltre,  per  tali  lavoratori  risulterebbe
compromesso,   in   modo   altrettanto   irragionevole,   il   giusto
riconoscimento   dell'attivita'   svolta   e   degli   accantonamenti
effettuati per provvedere alla vecchiaia. 
    2.- La questione e' inammissibile sotto vari profili. 
    2.1.- Nella sentenza n. 114 del 2015, questa Corte ha  dichiarato
l'inammissibilita'   di   identica    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 2, del  d.lgs.  n.  184  del  1997,
nella parte in cui vieta il cumulo  fra  contribuzione  previdenziale
volontaria e contribuzione nella gestione separata, anche  nei  casi,
come  quello  oggetto  del  giudizio  principale,  di   «prosecuzione
dell'attivita' lavorativa per  un  limitato  quantitativo  di  ore  a
settimana e per redditi  da  lavoro  con  compensi  ben  inferiori  a
tremila euro annui». La Corte d'appello  di  Trieste  non  aveva,  in
quell'occasione, fornito alcuna motivazione circa le ragioni per cui,
nel caso sottoposto al suo giudizio, riteneva di dover  applicare  la
regola del divieto di cumulo di  cui  alla  norma  censurata.  Questa
Corte aveva rilevato che la descrizione dell'attivita'  lavorativa  -
per cui era stata versata la contribuzione nella gestione separata ex
art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995,  contestualmente  alla
contribuzione volontaria, oggetto di contestazione - quale  attivita'
di «lavoro saltuario come promotrice commerciale», svolta  «solo  nei
fine settimana», «percependo degli importi pari ad  euro  2.527  (nel
2003), euro 2.909 (nel 2004) ed  euro  1.211  (nel  2005)»,  non  era
sufficiente a far comprendere natura  e  caratteri  del  rapporto  di
lavoro in questione, ne' il regime di tutele  applicabile.  In  altri
termini, non erano stati forniti  elementi  idonei  a  ricondurre  la
prestazione di lavoro in oggetto entro l'ambito di applicazione della
norma  censurata  e  a  differenziarla  rispetto   alle   fattispecie
individuate quali tertia  comparationis,  cui  peraltro  il  suddetto
divieto non si applica in  virtu'  di  disposizioni  sopravvenute  al
d.lgs. n. 184 del 1997. 
    Con l'ordinanza di rimessione ora in esame, la Corte d'appello di
Trieste non ha corretto il difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza
della questione. 
    Ai pochi elementi di fatto gia'  forniti  essa  aggiunge  che  il
rapporto di lavoro della ricorrente «come promotrice  commerciale  si
e' articolato (...) come un rapporto di collaborazione  coordinata  e
continuativa ex art. 409 n. 3 c.p.c», e fa riferimento  alle  «scarne
indicazioni  date  dall'attrice»,  all'assenza  «in  atti  [di]  ogni
documento negoziale al riguardo», al  rilievo,  «forzatamente  basato
sul notorio e sulle mere allegazioni della ricorrente»,  che  si  era
trattato di un lavoro concentrato nei fine settimana,  che  impegnava
la ricorrente «per ben poche ore». In forza di queste  indicazioni  -
peraltro gia' contenute nella prima  ordinanza  di  rimessione  -  il
giudice  a  quo  ritiene  che  sia  «esaurientemente  avvalorata   la
considerazione che si era in presenza di un'attivita' di lavoro,  pur
non subordinato ma parasubordinato, per un novero limitato di  ore  a
settimana e con compensi ridottissimi». 
    Nessun elemento  nuovo  e  aggiuntivo  e'  fornito,  al  fine  di
descrivere con maggiore chiarezza la fattispecie concreta, anche  se,
in assenza di adeguata  documentazione,  il  giudice  rimettente  ben
avrebbe potuto  esercitare  i  poteri  istruttori  d'ufficio  di  cui
dispone. Non e' svolta una adeguata motivazione per  giustificare  la
configurazione   dell'attivita'   prestata    come    attivita'    di
collaborazione coordinata e continuativa, ai sensi dell'art. 409,  n.
3, cod. proc. civ., e non sono enucleate  le  ragioni  per  cui  tale
attivita' e' sottoposta al regime di cui al comma 2 dell'art.  6  del
d.lgs. n. 184 del 1997. 
    Permangono, pertanto, i motivi che hanno  indotto  questa  Corte,
con  la  sentenza  n.  114  del  2015,  a  pronunciarsi   nel   senso
dell'inammissibilita' della questione per carente  descrizione  della
fattispecie concreta  e  conseguente  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza, in linea con  la  costante  giurisprudenza  costituzionale
(fra le tante, da ultimo, ordinanze n. 177 del  2016  e  n.  209  del
2015). 
    2.2.-   Sussistono,   inoltre,   piu'   radicali    profili    di
inammissibilita'  della  questione  in  esame,  in   relazione   alla
formulazione del petitum. 
    La Corte rimettente chiede che  sia  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 2, del  d.lgs.  n.  184  del  1997,
«nella parte in cui [...],  in  base  all'interpretazione  datane  in
[primo] grado e piu' corretta,  vieta  il  cumulo  fra  contribuzione
previdenziale volontaria e contribuzione nella gestione separata, nei
casi [...] di prosecuzione dell'attivita' lavorativa per un  limitato
quantitativo di ore a settimana e per redditi da lavoro con  compensi
ben inferiori a € 3000,00 annui». 
    Tale petitum si presenta generico e  indeterminato,  giacche'  si
risolve nella richiesta di introdurre una esclusione del  divieto  di
cumulo  fra  diversi  tipi  di  contribuzione  in  relazione  a  casi
genericamente  descritti  (attivita'  lavorativa  «per  un   limitato
quantitativo  di  ore  a  settimana»),  quindi  privi  dei  necessari
requisiti di tipicita' e chiarezza,  tali  da  rendere  la  richiesta
stessa inammissibile (ex plurimis, ordinanze n. 101 e n. 29 del  2015
e sentenza n. 218 del 2014). Esso appare, inoltre, volto  a  ottenere
da questa Corte  un'addizione  ampiamente  manipolativa,  poiche'  si
verrebbero a delineare prestazioni di lavoro, sottratte al divieto di
cumulo, svolte «per un limitato numero di ore»,  e  «per  redditi  da
lavoro con compensi ben inferiori a tremila euro annui».  Si  tratta,
quindi, di un'addizione non «a rime costituzionalmente obbligate», ma
affidata, per una precisa individuazione, alla  discrezionalita'  del
legislatore (ex plurimis, sentenza n. 254 del 2016 e ordinanza n.  25
del 2016). 
    Non puo' escludersi che il legislatore identifichi con precisione
le  prestazioni  di  lavoro  che,  in  considerazione  del  carattere
saltuario dell'attivita' prestata o  comunque  del  limitato  impegno
orario e della ridotta  entita'  dei  compensi,  siano  sottratte  al
divieto di cumulo di cui al comma 2 dell'art. 6 del d.lgs. n. 184 del
1997. Un tale intervento di definizione delle contribuzioni richieste
ben  potrebbe  fornire  una  piu'   specifica   tutela   a   soggetti
caratterizzati da una condizione di particolare debolezza nel mercato
del lavoro. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 6,  comma  2,  del  decreto  legislativo  30
aprile 1997, n. 184 (Attuazione della delega conferita  dall'articolo
1, comma 39, della legge  8  agosto  1995,  n.  335,  in  materia  di
ricongiunzione, di riscatto e  di  prosecuzione  volontaria  ai  fini
pensionistici), sollevata, in  riferimento  agli  artt.  3,  primo  e
secondo  comma,  35,  primo  comma,  e  38,  secondo   comma,   della
Costituzione,  dalla  Corte  d'appello  di  Trieste  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA