N. 48 ORDINANZA 7 febbraio - 2 marzo 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Gioco e scommesse - Regime concessorio (procedure di  gara,  raccolta
  del gioco con vincita di denaro, trattamento sanzionatorio). 
- Legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e
  delle  scommesse  clandestini  e  tutela  della  correttezza  nello
  svolgimento di manifestazioni sportive), art. 4, commi 1  e  4-bis,
  «in combinato disposto» con l'art. 88 del regio decreto  18  giugno
  1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di  pubblica
  sicurezza), con l'art. 10,  comma  9-octies,  del  decreto-legge  2
  marzo  2012,  n.   16   (Disposizioni   urgenti   in   materia   di
  semplificazioni  tributarie,  di  efficientamento  e  potenziamento
  delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, in
  legge 26 aprile 2012, n. 44, e con l'art. 2, commi 2-bis  e  2-ter,
  del decreto-legge  25  marzo  2010,  n.  40  (Disposizioni  urgenti
  tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali
  internazionali e nazionali operate, tra l'altro,  nella  forma  dei
  cosiddetti   «caroselli»   e   «cartiere»,   di   potenziamento   e
  razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento
  alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti  recuperati
  al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda
  in particolari settori), convertito, con modificazioni, in legge 22
  maggio 2010, n. 73. 
-   
(GU n.10 del 8-3-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi  1
e 4-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore
del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela  della  correttezza
nello svolgimento di manifestazioni sportive), in combinato  disposto
con l'art. 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773  (Approvazione
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza),  con  l'art.  10,
comma 9-octies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16  (Disposizioni
urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di  efficientamento
e potenziamento delle procedure  di  accertamento),  convertito,  con
modificazioni, in legge 26 aprile 2012, n. 44, e con l'art. 2,  commi
2-bis e 2-ter, del decreto-legge 25 marzo 2010, n.  40  (Disposizioni
urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto  alle  frodi
fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella  forma
dei  cosiddetti  «caroselli»  e  «cartiere»,   di   potenziamento   e
razionalizzazione della riscossione tributaria anche  in  adeguamento
alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al
finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della  domanda  in
particolari settori), convertito,  con  modificazioni,  in  legge  22
maggio 2010, n. 73, promosso dal  Tribunale  ordinario  di  Bari  nel
procedimento penale a carico di A. M., con ordinanza del 17  novembre
2014, iscritta al n. 264 del registro  ordinanze  2015  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  49,  prima   serie
speciale, dell'anno 2015. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  A.  M.  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  7  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato Vincenzo Maria Scarano per A.  M.  e  l'avvocato
dello Stato Maurizio  Greco  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 17 novembre  2014,  il  Tribunale
ordinario  di   Bari   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 4-bis, della legge 13  dicembre
1989, n. 401 (Interventi nel settore del  giuoco  e  delle  scommesse
clandestini  e  tutela  della  correttezza   nello   svolgimento   di
manifestazioni sportive), «in combinato disposto» con l'art.  88  del
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione  del  testo  unico
delle leggi di pubblica sicurezza) (di seguito,  TULPS),  con  l'art.
10,  comma  9-octies,  del  decreto-legge  2  marzo   2012,   n.   16
(Disposizioni urgenti in materia di  semplificazioni  tributarie,  di
efficientamento e potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),
convertito, con modificazioni, in legge 26 aprile 2012, n. 44, e  con
l'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40
(Disposizioni  urgenti  tributarie  e  finanziarie  in   materia   di
contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate,  tra
l'altro, nella forma dei  cosiddetti  «caroselli»  e  «cartiere»,  di
potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria  anche
in  adeguamento  alla  normativa  comunitaria,  di  destinazione  dei
gettiti recuperati al finanziamento  di  un  Fondo  per  incentivi  e
sostegno della  domanda  in  particolari  settori),  convertito,  con
modificazioni, in legge 22 maggio 2010, n. 73; 
    che il rimettente denuncia il contrasto delle norme censurate con
gli artt. 3, 25 e 41 della Costituzione e con gli artt. 49 e  56  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (di seguito,  TFUE)  -
gia' artt. 43 e 49 del Trattato che istituisce la  Comunita'  europea
(di seguito, TCE) - nella parte in cui: 
    a) consentono di indire una gara nazionale per l'attribuzione  di
concessioni per l'esercizio dell'attivita' di giochi e  scommesse  di
durata inferiore a quella delle concessioni rilasciate in precedenza,
senza che queste ultime vengano revocate; 
    b) dispongono che il gioco con vincita  in  denaro  possa  essere
raccolto dai  soggetti  titolari  di  valida  concessione  rilasciata
dall'Amministrazione autonoma dei  monopoli  di  Stato  (di  seguito,
AAMS) esclusivamente nelle sedi e con  le  modalita'  previste  dalla
relativa convenzione di concessione,  «con  esclusione  di  qualsiasi
altra  sede,  modalita'  o  apparecchiatura  che   ne   permetta   la
partecipazione telematica»; 
    c) sanzionano penalmente i soggetti ai quali sia stato negato  il
rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 88 del TULPS, pur avendo
i requisiti di affidabilita' previsti dall'ordinamento, in quanto non
in possesso di concessione «per irregolarita' commesse nell'ambito di
una procedura di gara per il rilascio dell[a] stess[a]»; 
    che il giudice a quo riferisce di essere investito  del  processo
penale nei confronti di una persona imputata del reato  di  esercizio
abusivo di attivita' di gioco o di  scommessa,  di  cui  all'art.  4,
commi 1 e 4-bis, della legge  n.  401  del  1989,  per  avere  svolto
un'attivita' organizzata finalizzata alla raccolta in via  telematica
di scommesse su eventi sportivi per conto di una societa' di  diritto
maltese, senza essere munito dei prescritti titoli abilitativi; 
    che il fatto era stato accertato a seguito di un controllo  della
Guardia di finanza nei locali utilizzati dall'imputato, in  esito  al
quale si era proceduto al sequestro di nove videoterminali; 
    che, cio' premesso, il rimettente rileva che  la  legge  italiana
subordina  l'esercizio  dell'attivita'  organizzata  di  raccolta   e
gestione delle scommesse a due distinti provvedimenti amministrativi:
una concessione, rilasciata dall'AAMS all'esito di una gara  pubblica
che prevede  l'attribuzione  di  un  circoscritto  numero  di  titoli
abilitativi, e una autorizzazione di polizia, disciplinata  dall'art.
88  del  TULPS,  il  cui  rilascio  presuppone  l'ottenimento   della
concessione; 
    che la Corte di  giustizia  ha,  peraltro,  affermato  -  con  la
sentenza 6 novembre 2003, in causa C-243/01, Gambelli e altri  -  che
il predetto regime  costituisce  una  restrizione  alla  liberta'  di
stabilimento e alla libera prestazione  di  servizi,  previste  dagli
artt. 43 e 49 del TCE; 
    che,  nella  medesima  sentenza,  la  Corte  di  Lussemburgo   ha
precisato, altresi', che simili restrizioni sono ammissibili solo  se
giustificate da esigenze imperative di carattere  generale  -  quale,
nella specie, quella di evitare che  la  raccolta  di  scommesse  sia
svolta per fini criminali o fraudolenti -  e  sempre  che  le  misure
adottate risultino  necessarie  per  il  conseguimento  dello  scopo,
proporzionate e non discriminatorie:  requisiti  la  cui  sussistenza
deve essere verificata dal giudice nazionale; 
    che tali affermazioni sono state ribadite  dalla  sentenza  della
Grande Sezione 6 marzo 2007, nelle cause riunite C338/04,  C359/04  e
C360/04, Placanica e altri, la quale ha  ulteriormente  chiarito  che
contrasta con le citate norme del Trattato  una  normativa  nazionale
che sottoponga a pena i soggetti che raccolgano scommesse in  assenza
della concessione o dell'autorizzazione di polizia, ove  il  rilascio
di queste ultime sia stato loro  negato  in  violazione  del  diritto
comunitario; 
    che tale ipotesi ricorre, in  particolare  -  sempre  secondo  la
giurisprudenza della Corte di  giustizia  -  allorche'  la  gara  per
l'attribuzione di nuove concessioni preveda regole  penalizzanti  per
gli  operatori  interessati,  tali  da  favorire  i  titolari   delle
concessioni   rilasciate   in   precedenza,   assicurando   loro   il
consolidamento di posizioni indebitamente acquisite in violazione del
diritto comunitario: cosi' come era avvenuto - alla  luce  di  quanto
affermato dalla sentenza 16 febbraio 2012, nelle cause riunite C72/10
e C77/10, Costa e Cifone - con riguardo alla gara indetta in base  al
decreto-legge 4 luglio 2006, n.  223  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio  economico   e   sociale,   per   il   contenimento   e   la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di entrate e di  contrasto  all'evasione  fiscale),  convertito,  con
modificazioni, in legge 4 agosto 2006, n. 248; 
    che, ad avviso  del  rimettente,  una  situazione  di  tal  fatta
sarebbe ravvisabile anche nel caso in esame; 
    che  l'imputato  nel  giudizio  a  quo  aveva,  infatti,  chiesto
l'autorizzazione di cui all'art. 88 del TULPS, ma la stessa  gli  era
stata rifiutata in quanto la societa' maltese  cui  era  affiliato  -
regolarmente abilitata alla raccolta  di  scommesse  dalle  autorita'
dello Stato di origine - non era munita della concessione dell'AAMS; 
    che - secondo il rimettente - detta societa'  non  aveva  potuto,
peraltro,  partecipare  alla  nuova  gara  per  l'affidamento   delle
concessioni indetta il 26 luglio 2012 ai sensi  dell'art.  10,  comma
9-octies, del d.l. n. 16 del 2012 (la prima tenutasi dal  momento  in
cui la societa' ha iniziato ad operare),  in  ragione  del  carattere
discriminatorio della relativa disciplina; 
    che discriminatoria risulterebbe, in particolare,  la  previsione
di  una  durata  delle  nuove  concessioni  minore  di  quella  delle
concessioni rilasciate precedentemente (tre anni, anziche' nove); 
    che tale minor durata, da un lato, non troverebbe giustificazione
nell'obiettivo  di  prevenire  l'esercizio  dell'attivita'   a   fini
criminali o fraudolenti; dall'altro,  non  assicurerebbe  un'adeguata
remunerazione degli investimenti, favorendo cosi' gli operatori  gia'
presenti, le cui  concessioni  non  sono  state  revocate,  ancorche'
conseguite in violazione del diritto comunitario; 
    che un ulteriore profilo di frizione deriverebbe dalla previsione
dell'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, del d.l. n. 40  del  2010,  ove  si
stabilisce che il gioco con vincita in denaro  puo'  essere  raccolto
dai titolari della concessione rilasciata dall'AAMS solo «nelle  sedi
e  con  le  modalita'  previste   dalla   relativa   convenzione   di
concessione, con esclusione di  qualsiasi  altra  sede,  modalita'  o
apparecchiatura  che  ne  permetta  la  partecipazione   telematica»:
previsione che apparirebbe anch'essa «in  antitesi  con  [i]  diritti
comunitari fondamentali sopra evidenziati»; 
    che - alla luce delle indicazioni  della  Corte  di  giustizia  e
delle numerose pronunce della giurisprudenza  di  legittimita'  e  di
merito  relative  a  fattispecie  analoghe  -  tutto  quanto  precede
imporrebbe di «non applicare la legge penale nel caso di specie» e di
assolvere conseguentemente l'imputato perche' il fatto non  sussiste:
cio' in ragione dell'ormai indiscusso primato del diritto comunitario
sulla legge nazionale, concordemente riconosciuto tanto  dalla  Corte
di giustizia che dalla Corte costituzionale; 
    che la «non applicazione» non varrebbe, tuttavia, ad espellere la
normativa in questione dall'ordinamento nazionale, privandola di ogni
potenzialita' operativa: tanto che, nel caso di specie - malgrado  il
prospettato conflitto  con  il  diritto  comunitario  -  il  pubblico
ministero ha non solo rigettato  la  richiesta  di  dissequestro  dei
videoterminali, ma  ha  esercitato,  altresi',  l'azione  penale  nei
confronti dell'imputato; 
    che,  «ai  fini  della  certezza  del   diritto   e   della   sua
applicazione»,  la  normativa  censurata  dovrebbe  essere,   quindi,
«necessariamente  e   preliminarmente»   sottoposta   a   vaglio   di
legittimita' costituzionale -  nei  termini  sopra  indicati  -  «per
contrasto con tutte le disposizioni di  rango  primario,  europee  ed
italiane che siano», cosi' da conseguire una «formale declaratoria di
incostituzionalita',  sia  pure  [...]  parziale  e   solo   in   via
interpretativa»; 
    che gli evidenziati profili di incompatibilita' con gli artt.  49
e 56 del TFUE si tradurrebbero, infatti, anche in vulnera ai principi
costituzionali interni di eguaglianza (art. 3 Cost.), di legalita' in
materia penale (art. 25 Cost.) e di liberta' di iniziativa  economica
(art. 41 Cost.); 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha eccepito l'inammissibilita' della questione; 
    che, secondo la  difesa  dell'interveniente,  il  giudice  a  quo
avrebbe  posto  un  problema  di  compatibilita'  delle  disposizioni
censurate  con  norme  dell'Unione  europea  provviste  di  efficacia
diretta: problema che  -  per  costante  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale - spetterebbe  non  a  quest'ultima,  ma  allo  stesso
giudice  comune  risolvere,  con  l'eventuale  ausilio   del   rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia; 
    che,  nel  merito,  la  questione  sarebbe  -  sempre  a   parere
dell'Avvocatura dello Stato - in ogni caso infondata; 
    che le censure  del  giudice  a  quo  sarebbero  state,  infatti,
disattese tanto dalla giurisprudenza nazionale  -  la  quale  avrebbe
respinto tutti i ricorsi  presentati  da  allibratori  stranieri  per
l'annullamento della gara del 2012 - quanto dalla Corte di giustizia,
che con la sentenza 22  gennaio  2015,  in  causa  C-463/13,  Stanley
International Betting Ltd. e Stanleybet Malta Ltd., ha escluso che la
minore durata delle nuove concessioni attribuite all'esito  di  detta
gara contrasti con il diritto dell'Unione; 
    che si e' costituito, altresi', A.M.,  imputato  nel  giudizio  a
quo, il quale  -  condividendo  pienamente  l'impianto  argomentativo
dell'ordinanza di rimessione - ha  chiesto  che  la  questione  venga
accolta; 
    che tanto l'Avvocatura dello Stato che  la  parte  privata  hanno
depositato memorie, insistendo nelle conclusioni gia' prese. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Bari solleva  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1  e  4-bis,  della
legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del  giuoco  e
delle  scommesse  clandestini  e  tutela  della   correttezza   nello
svolgimento di manifestazioni sportive), «in combinato disposto»  con
l'art. 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione  del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) (di  seguito,  TULPS),
con l'art. 10, comma 9-octies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16
(Disposizioni urgenti in materia di  semplificazioni  tributarie,  di
efficientamento e potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),
convertito, con modificazioni, in legge 26 aprile 2012, n. 44, e  con
l'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40
(Disposizioni  urgenti  tributarie  e  finanziarie  in   materia   di
contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate,  tra
l'altro, nella forma dei  cosiddetti  «caroselli»  e  «cartiere»,  di
potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria  anche
in  adeguamento  alla  normativa  comunitaria,  di  destinazione  dei
gettiti recuperati al finanziamento  di  un  Fondo  per  incentivi  e
sostegno della  domanda  in  particolari  settori),  convertito,  con
modificazioni, in legge 22 maggio 2010, n. 73, nella parte in cui: 
    a) consente di indire una gara nazionale  per  l'attribuzione  di
concessioni per l'esercizio dell'attivita' di giochi e  scommesse  di
durata inferiore a quella delle concessioni rilasciate in precedenza,
senza che queste ultime vengano revocate; 
    b) prevede che il  gioco  con  vincita  in  denaro  possa  essere
raccolto dai  soggetti  titolari  di  valida  concessione  rilasciata
dall'Amministrazione autonoma dei monopoli  di  Stato  esclusivamente
nelle sedi e con le modalita' previste dalla relativa convenzione  di
concessione, con esclusione di  qualsiasi  altra  sede,  modalita'  o
apparecchiatura «che ne permetta la partecipazione telematica»; 
    c) sanziona penalmente i soggetti ai quali sia  stato  negato  il
rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 88 del TULPS, pur avendo
i requisiti di affidabilita' previsti dall'ordinamento, in quanto non
in possesso di concessione «per irregolarita' commesse nell'ambito di
una procedura di gara per il rilascio dell[a] stess[a]»; 
    che il giudice a quo assume, sulla base di  diffusa  motivazione,
che la disciplina censurata si ponga in contrasto con gli artt. 49  e
56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea  (di  seguito,
TFUE) (gia' artt. 43 e 49 del Trattato che  istituisce  la  Comunita'
europea), determinando - alla luce delle indicazioni della  Corte  di
giustizia - ingiustificate restrizioni alla liberta' di  stabilimento
e alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione; 
    che, per giurisprudenza di questa  Corte,  fondata  sull'art.  11
della Costituzione e costante a partire dalla  sentenza  n.  170  del
1984, il giudice nazionale deve dare  piena  e  immediata  attuazione
alle norme dell'Unione europea provviste di efficacia diretta - quali
pacificamente sono quelle evocate dall'odierno  rimettente  (sentenza
n. 284 del 2007) - e non applicare, in tutto o anche solo  in  parte,
le norme interne ritenute  con  esse  inconciliabili,  previo  -  ove
occorra - rinvio pregiudiziale  alla  Corte  di  giustizia  ai  sensi
dell'art.  267  del  TFUE  per  dirimere  possibili  dubbi   riguardo
all'esistenza di tale contrasto (ex plurimis,  sentenze  n.  226  del
2014, n. 80 del 2011 e n. 125 del 2009; ordinanza n. 207 del 2013); 
    che la non applicazione deve essere evitata solo quando venga  in
rilievo il limite - sindacabile unicamente  da  questa  Corte  -  del
rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale  e
dei diritti inalienabili della persona (ex plurimis, sentenze n.  238
del 2014, n. 284 del 2007 e n. 168 del 1991); 
    che il giudice a quo non ignora la  ricordata  giurisprudenza  e,
anzi, riconosce espressamente che, alla sua stregua, esso  giudice  -
non nutrendo dubbi riguardo alla sussistenza  del  conflitto  con  il
diritto dell'Unione - dovrebbe non applicare nel caso  di  specie  la
normativa censurata, e particolarmente la fattispecie  incriminatrice
di cui all'art. 4, commi 1 e 4-bis, della  legge  n.  401  del  1989,
assolvendo, di conseguenza, l'imputato; 
    che il rimettente reputa, tuttavia, che, «ai fini della  certezza
del diritto e della sua applicazione», la  suddetta  normativa  debba
essere «necessariamente e preliminarmente»  sottoposta  a  vaglio  di
legittimita' costituzionale  in  riferimento  ai  principi  enunciati
dagli artt. 3, 25 e 41 Cost., il vulnus ai quali sarebbe insito nelle
stesse considerazioni dimostrative del contrasto  con  le  norme  del
Trattato; 
    che,   infatti,   solo   la   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale determinerebbe la «formale espunzione dal corpus delle
leggi» della disciplina in  discussione,  evitando  che  continui  ad
essere  applicata  da  chi  nutra  una  diversa   opinione   riguardo
all'esistenza di quel  contrasto  (come  il  pubblico  ministero  nel
procedimento principale); 
    che l'asserita pregiudizialita'  dell'incidente  di  legittimita'
costituzionale rispetto alla verifica  della  compatibilita'  con  il
diritto dell'Unione e', peraltro, insostenibile, essendo valida  (per
quel che si sta per dire) la proposizione esattamente contraria; 
    che, come ripetutamente affermato da questa Corte  (ex  plurimis,
sentenza n. 75 del 2012; ordinanze n. 298 del 2011, n. 241 del 2010 e
n. 100 del 2009) - anche  in  relazione  a  questioni  inerenti  allo
stesso art. 4 della legge n. 401 del 1989 e analoghe, per il  profilo
in esame, a quella odierna (sentenza n. 284 del  2007;  ordinanze  n.
454 del 2006 e n. 85 del  2002)  -  la  questione  di  compatibilita'
comunitaria (oggi con il diritto dell'Unione europea) costituisce  un
prius logico e giuridico  rispetto  alla  questione  di  legittimita'
costituzionale  in  via  incidentale,  poiche'  investe   la   stessa
applicabilita' della  norma  censurata  nel  giudizio  principale  e,
pertanto, la rilevanza di cotesta questione; 
    che la convinzione espressa dal rimettente,  circa  il  contrasto
delle disposizioni censurate con gli artt. 49 e 56 del  TFUE,  rende,
dunque, incongruente la motivazione sulla rilevanza  della  questione
sollevata,  la  quale  verte  su  una  normativa  che  -  secondo  la
ricostruzione dello stesso giudice a quo - egli non sarebbe  chiamato
ad applicare nel giudizio principale (ordinanze n. 241 del 2010 e  n.
100 del 2009); 
    che la dedotta possibilita' che altri giudici, o  magistrati  del
pubblico ministero, disconoscano  l'esistenza  di  quel  contrasto  e
continuino, quindi, ad applicare la normativa in esame  non  muta  la
conclusione: l'esigenza di dirimere  discordanze  interpretative  non
puo' valere a  sovvertire  le  regole  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale, rendendo  rilevante  una  questione  che
(proprio nella prospettiva del rimettente) non lo e'; 
    che  la  questione  va   dichiarata,   pertanto,   manifestamente
inammissibile. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 4-bis, della legge
13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco  e  delle
scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di
manifestazioni sportive), «in combinato disposto» con l'art.  88  del
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione  del  testo  unico
delle leggi di pubblica sicurezza), con l'art.  10,  comma  9-octies,
del decreto-legge 2  marzo  2012,  n.  16  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  semplificazioni   tributarie,   di   efficientamento   e
potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),  convertito,  con
modificazioni, in legge 26 aprile 2012, n. 44, e con l'art. 2,  commi
2-bis e 2-ter, del decreto-legge 25 marzo 2010, n.  40  (Disposizioni
urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto  alle  frodi
fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella  forma
dei  cosiddetti  «caroselli»  e  «cartiere»,   di   potenziamento   e
razionalizzazione della riscossione tributaria anche  in  adeguamento
alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al
finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della  domanda  in
particolari settori), convertito,  con  modificazioni,  in  legge  22
maggio 2010, n. 73, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25  e  41
della  Costituzione  e  agli  artt.  49  e  56   del   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea, dal Tribunale  ordinario  di  Bari
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA