N. 59 SENTENZA 10 gennaio - 24 marzo 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Energia - Determinazione del canone di concessione per le derivazioni
  di acqua  pubblica  ad  uso  idroelettrico  in  base  alla  potenza
  efficiente di ciascun impianto - Nozione di "potenza efficiente". 
- Legge della Regione Abruzzo 3 novembre 2015, n. 36 (Disposizioni in
  materia di acque e di  autorizzazione  provvisoria  degli  scarichi
  relativi ad impianti di depurazione delle acque  reflue  urbane  in
  attuazione dell'art. 124,  comma  6,  del  decreto  legislativo  n.
  152/2006 e modifica alla L.R. n. 5/2015), art. 1, comma 2,  lettera
  b); legge della Regione Abruzzo 19  gennaio  2016,  n.  5,  recante
  «Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio pluriennale
  2016-2018 della Regione  Abruzzo  (Legge  di  Stabilita'  Regionale
  2016)», art. 11, comma 6, lettera b); legge della  Regione  Abruzzo
  13 aprile 2016, n. 11  (Modifiche  alle  leggi  regionali  25/2011,
  5/2015, 38/1996 e 9/2011), art. 1, comma 1, lettere a),  b),  c)  e
  d). 
-   
(GU n.13 del 29-3-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  2,
lettera b), della legge della Regione Abruzzo 3 novembre 2015, n.  36
(Disposizioni in materia di acque  e  di  autorizzazione  provvisoria
degli scarichi relativi ad impianti di depurazione delle acque reflue
urbane in attuazione dell'art. 124, comma 6, del decreto  legislativo
n. 152/2006 e modifica alla L.R. n. 5/2015), dell'art. 11,  comma  6,
lettera b), della legge della Regione Abruzzo 19 gennaio 2016, n.  5,
recante «Disposizioni  finanziarie  per  la  redazione  del  Bilancio
pluriennale 2016-2018 della  Regione  Abruzzo  (Legge  di  Stabilita'
Regionale 2016)», e dell'art. 1, comma 1, lettere a), b) e c),  della
legge della Regione Abruzzo 13 aprile 2016,  n.  11  (Modifiche  alle
leggi regionali 25/2011, 5/2015,  38/1996  e  9/2011),  promossi  dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorsi,   il   primo
notificato il 4-5 gennaio 2016, il secondo spedito per la notifica il
22 marzo 2016 ed il terzo notificato l'8-9 giugno 2016, depositati in
cancelleria il 13 gennaio, il 24  marzo  ed  il  10  giugno  2016  e,
rispettivamente, iscritti ai nn. 2, 21  e  29  del  registro  ricorsi
2016. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  10  gennaio  2017  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi gli avvocati dello Stato Massimo  Salvatorelli  e  Leonello
Mariani per il Presidente del Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato
Stefania Valeri per la Regione Abruzzo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 4-5 gennaio 2016  e  depositato  il
successivo 13 gennaio (reg. ric. n. 2 del 2016),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha promosso, in via  principale,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera  b),  della
legge della Regione Abruzzo 3 novembre 2015, n. 36  (Disposizioni  in
materia di acque  e  di  autorizzazione  provvisoria  degli  scarichi
relativi ad impianti di depurazione  delle  acque  reflue  urbane  in
attuazione  dell'art.  124,  comma  6,  del  decreto  legislativo  n.
152/2006 e modifica alla L.R. n. 5/2015),  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera e), della Costituzione,  nella  parte  in
cui riserva alla competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  la
«tutela della concorrenza». 
    1.1.-   L'Avvocatura   generale   dello   Stato   -   dopo   aver
preliminarmente  rammentato  che,  in  materia  di   concessioni   di
derivazioni di acque, l'art. 35 del regio decreto 11  dicembre  1933,
n. 1775 (Approvazione del testo unico  delle  disposizioni  di  legge
sulle acque e sugli impianti elettrici), prevede  che  le  utenze  di
acqua pubblica siano sottoposte al  pagamento  di  un  canone  annuo,
regolato  sulla  media  della  forza  motrice  nominale   disponibile
nell'anno - rileva che la disposizione regionale censurata interviene
sull'art. 12 della legge della Regione Abruzzo 3 agosto 2011,  n.  25
(Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo  speciale
destinato alla perequazione in favore del territorio montano  per  le
azioni di tutela delle falde e in materia di proventi  relativi  alle
utenze di acque pubbliche). Tale ultima disposizione era  gia'  stata
modificata dal legislatore regionale con l'art.  16  della  legge  10
gennaio  2012,  n.  1,  recante  «Disposizioni  finanziarie  per   la
redazione del bilancio annuale 2012  e  pluriennale  2012-2014  della
Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012)», il  quale  aveva
stabilito un nuovo importo del costo unitario del  canone,  associato
pero' alla potenza efficiente, come identificata dai rapporti annuali
del  Gestore  dei  servizi  energetici  (GSE),  di  ciascun  impianto
idroelettrico e non piu' alla potenza nominale. 
    Detto art. 16 era stato  impugnato  dallo  Stato,  che  lo  aveva
ritenuto lesivo delle sue competenze esclusive in materia  di  tutela
dell'ambiente e tutela della concorrenza, nonche' per contrasto con i
principi  fondamentali  in  materia  di   produzione,   trasporto   e
distribuzione dell'energia di cui alla legge 23 agosto 2004,  n.  239
(Riordino del settore energetico, nonche' delega al  Governo  per  il
riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia). La Corte
costituzionale, tuttavia - dopo  aver  trasferito  la  questione,  in
ragione del contenuto  sostanzialmente  analogo,  sull'art.  3  della
legge della  Regione  Abruzzo  17  luglio  2012,  n.  34,  denominata
«Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 3 agosto 2011, n.  25
recante: "Disposizioni in materia di acque con istituzione del  fondo
speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano
per le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi
alle utenze di acque pubbliche", integrazione alla legge regionale 17
aprile 2003, n. 7 recante: "Disposizioni finanziarie per la redazione
del bilancio annuale  2003  e  pluriennale  2003-2005  della  Regione
Abruzzo (legge finanziaria regionale  2003)",  modifiche  alla  legge
regionale 12 aprile 2011, n. 9 recante "Norme in materia di  Servizio
Idrico Integrato della Regione Abruzzo" e modifica all'art. 63  della
L.R. n. 1/2012 recante: Legge finanziaria regionale 2012»  -  con  la
sentenza n.  85  del  2014  aveva  dichiarato  il  ricorso  in  parte
infondato, perche' la disposizione allora censurata non era afferente
alla materia dell'ambiente, e in parte inammissibile, perche' non era
stato specificato come il riferimento alla potenza efficiente potesse
esplicare influenza sui costi. 
    La disposizione oggi impugnata - prosegue  la  difesa  statale  -
sostituisce il comma 1-bis dell'art. 12 della legge regionale  n.  25
del  2011  e  fornisce  espressamente  una  definizione  di   potenza
efficiente, da  intendersi  quale  «massima  potenza  elettrica,  con
riferimento alla potenza attiva, comunque realizzabile  dall'impianto
durante un intervallo  di  tempo  di  funzionamento  pari  a  4  ore,
supponendo le parti dell'impianto in funzione in piena  efficienza  e
nelle condizioni ottimali di portata e di salto». 
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato  ritiene   tale   disciplina
«gravemente violativa dei principi di concorrenza, la cui  tutela  e'
rimessa alla normazione statale secondo la previsione dell'art.  117,
comma 2, lettera e) Cost.». La difesa  dello  Stato  osserva  che  la
giurisprudenza costituzionale, con le sentenze n.  64  e  n.  28  del
2014, ha riconosciuto che, in relazione al settore dell'attivita'  di
generazione idroelettrica,  il  legislatore  statale  ha  «affrontato
l'esigenza di tutelare la concorrenza garantendo l'uniformita'  della
disciplina    sull'intero    territorio    nazionale»,     prevedendo
espressamente, in particolare, che con decreto del  Ministro  per  lo
sviluppo  economico,  sentita  la  Conferenza  Stato-Regioni,   siano
stabiliti i criteri generali per la determinazione,  da  parte  delle
Regioni, di valori massimi delle  concessioni  ad  uso  idroelettrico
(art. 37, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83,  recante
«Misure  urgenti  per  la  crescita  del  Paese»,   convertito,   con
modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 134).  La  circostanza  che
detto decreto ministeriale non sia stato ancora adottato non  farebbe
venire meno la competenza statale esclusiva  in  materia  di  «tutela
della concorrenza». 
    Alla luce di tale quadro normativo, il ricorrente lamenta che  la
disciplina regionale censurata  avrebbe  «l'effetto  di  alterare  le
condizioni concorrenziali sul territorio nazionale, discriminando gli
operatori idroelettrici insediati in Abruzzo», cosi' violando  l'art.
117, secondo comma, lettera e),  Cost.  Tutte  le  Regioni,  infatti,
adottano  canoni  parametrati  alla   potenza   nominale   media   di
concessione, con valori oscillanti tra i 13  e  i  37  euro  per  Kw,
mentre la disposizione regionale impugnata, nel definire  la  potenza
efficiente come quella «teoricamente producibile durante quattro  ore
di ipotetico funzionamento, in condizioni ottimali di  portata  e  di
salto, sfruttando la  massima  efficienza  possibile  dell'impianto»,
prevede una  diversa  grandezza  di  riferimento  la  quale,  essendo
sovrastimata, puo' discostarsi di  molto  dal  valore  della  potenza
nominale. Conseguentemente, l'importo dei canoni  potrebbe  risultare
triplicato,  sino  a  raggiungere  un  ammontare  pari  a  un   terzo
dell'attuale prezzo di vendita dell'energia elettrica. 
    2.- Con memoria depositata l'11 febbraio 2016 si e' costituita in
giudizio la Regione Abruzzo, chiedendo che sia dichiarata cessata  la
materia del contendere o, in subordine, l'infondatezza del ricorso. 
    2.1.-  La  difesa  della  resistente  ripercorre,   innanzitutto,
l'evoluzione  della  legislazione  regionale  in  materia  di  canoni
idroelettrici,  per   poi   rilevare   come,   successivamente   alla
proposizione del ricorso, sia stata approvata la legge della  Regione
Abruzzo 19 gennaio 2016, n. 5, recante «Disposizioni finanziarie  per
la redazione del Bilancio pluriennale 2016-2018 della Regione Abruzzo
(Legge di stabilita' Regionale 2016)», il cui art. 11,  comma  6,  e'
intervenuto sull'art. 12 della legge regionale n.  25  del  2011.  In
particolare, il legislatore regionale ha disposto la sostituzione del
comma 1-bis del suddetto art.  12,  come  precedentemente  modificato
dalla disposizione censurata, sostanzialmente ripristinando - secondo
la difesa della Regione - la previsione  antecedente  alla  normativa
impugnata che, per la definizione  di  potenza  efficiente,  rinviava
alla definizione ufficiale utilizzata dal GSE  e  dall'Autorita'  per
l'energia elettrica ed il gas (AEEG). 
    Osserva la Regione Abruzzo che su tale previsione antecedente  la
Corte costituzionale  era  stata  gia'  chiamata  a  pronunciarsi  su
ricorso dello  Stato,  dichiarato  in  parte  infondato  e  in  parte
inammissibile con la sentenza n. 85 del 2014: in detta occasione,  si
affermo', per un verso, che  «l'unico  principio  fondamentale  della
materia  e'  quello  dell'onerosita'  della   concessione   e   della
proporzionalita' del canone alla  entita'  dello  sfruttamento  della
risorsa pubblica e all'utilita' economica che  il  concessionario  ne
ricava»; per un altro, che il Presidente del Consiglio  dei  ministri
non aveva dimostrato quale influenza sui costi avesse il  riferimento
alla potenza efficiente. Nella richiamata pronuncia, inoltre, non  si
fece alcun riferimento all'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012,
che neppure oggi - a parere della resistente - potrebbe  considerarsi
«parametro legislativo influente ai fini  della  connotazione  di  un
conflitto,  in  difetto  della  emanazione  del  relativo   D.M.   di
attuazione». 
    In  ragione  della  novella  legislativa,   che   ripropone   una
disposizione gia' previamente impugnata e non dichiarata illegittima,
cosi'   «uniformandosi,   sul   piano   precettivo,   alla    lettura
costituzionalmente orientata» fornita dalla Corte costituzionale,  la
difesa regionale chiede, pertanto,  che  sia  dichiarata  cessata  la
materia del contendere. 
    2.2.- In via subordinata, la Regione Abruzzo ritiene  il  ricorso
infondato. 
    Osserva, infatti, che il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
non si sarebbe discostato da  quanto  gia'  argomentato  in  sede  di
impugnazione della legge regionale n.  1  del  2012,  limitandosi  ad
ipotizzare una presunta triplicazione  del  canone  «in  maniera  del
tutto teorica», di modo che anche in questo caso  -  come  in  quello
deciso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 85  del  2014  -
non sarebbe stato  specificato  «in  che  modo  il  riferimento  alla
potenza  efficiente  influisca  sui  costi  e  quale  sia  il  "verso
economico" di tale effetto». 
    La Regione Abruzzo rileva, poi, che l'art. 35 del  r.d.  n.  1775
del  1933  sancisce  il  principio  generale  di   onerosita'   della
concessione di derivazione di acque pubbliche determinato sulla  base
dell'entita' dello sfruttamento  della  risorsa,  che  rappresenta  -
secondo quanto chiarito dalle sezioni unite della Corte di cassazione
(sentenza 30 giugno 2009, n. 15234) - l'unico principio  fondamentale
della materia, assieme alla proporzionalita' del canone all'effettiva
entita' dello sfruttamento e all'utilita' che  il  concessionario  ne
ricava. Al contrario, secondo quanto avrebbe affermato anche la Corte
costituzionale nella sentenza n. 85 del 2014, non  puo'  considerarsi
principio fondamentale la determinazione del  canone  in  base  a  un
importo fisso per ogni cavallo nominale di forza motrice. 
    In applicazione dei principi ora ricordati,  la  Regione  Abruzzo
avrebbe «inteso  discostarsi  dal  criterio  della  potenza  nominale
concessa  investendo  la  potenza  efficiente  lorda  come  parametro
oggettivo»,  in  attuazione  della  competenza  legislativa  di   cui
all'art. 117, terzo comma, Cost. in materia di «produzione, trasporto
e distribuzione nazionale  dell'energia».  La  legittimita'  di  tale
scelta  deriverebbe  dall'impossibilita'  di  considerare   principio
fondamentale una previsione - quella dell'art. 35 del  r.d.  n.  1775
del 1933 - che costituisce una mera misurazione della tariffa  (viene
richiamata la sentenza n.  64  del  2014),  mentre,  a  fronte  della
scarsita' della risorsa idrica,  sarebbe  ragionevole  l'aumento  del
canone attuato con la disposizione censurata, la quale consente che a
un aumento del  quantitativo  di  risorsa  sottratta  corrisponda  un
aumento del canone in misura progressiva. 
    Quanto, poi, al comma 7 dell'art. 37 del d.l. n. 83 del 2012,  la
Regione Abruzzo ritiene che esso debba leggersi in combinato disposto
coi commi 4, 5 e 6 del medesimo articolo: prospettiva nella  quale  i
criteri generali di  determinazione  dei  canoni  idrici  che  devono
essere fissati con decreto ministeriale dovrebbero ritenersi  diretti
ad assicurare una omogenea disciplina sul territorio nazionale  «solo
nei casi di scadenza, rinuncia, revoca e decadenza delle  concessioni
di grande derivazione». Conseguentemente, la  disposizione  impugnata
non  potrebbe  ritenersi  in  contrasto  con  l'evocata  disposizione
statale, dal momento che essa «si rivolge esclusivamente agli attuali
concessionari, ovvero a coloro che attualmente utilizzano l'acqua per
uso  idroelettrico  e  non  si  trovano  nelle  condizioni   previste
dall'art. 37 richiamato». Inoltre, la difesa regionale rileva che  la
Regione Abruzzo e', con riferimento alla determinazione  dei  canoni,
in linea con le altre Regioni italiane, le quali  peraltro  applicano
canoni anche molto diversi tra loro,  cosi'  che,  a  condividere  le
argomentazioni del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  dovrebbe
concludersi che «l'intero sistema attuale di regolazione  dei  canoni
finirebbe per risultare "anticoncorrenziale"». 
    La  Regione  Abruzzo  esclude,  altresi',  che  la   disposizione
censurata  possa  considerarsi  invasiva  di   competenze   esclusive
statali. La potesta' regionale di determinazione dei canoni, infatti,
troverebbe fondamento negli artt. 86 e 89 del decreto legislativo  31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del  capo
I della legge 15 marzo 1997, n.  59),  come  peraltro  sarebbe  stato
ripetutamente confermato tanto dalla giurisprudenza  della  Corte  di
cassazione e del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche, quanto da
decisioni  della  Corte  costituzionale  (si  richiama,  oltre   alla
sentenza n. 85 del 2014, la sentenza n. 1 del 2008). 
    La  resistente,  inoltre,   reputa   inconferente   il   richiamo
effettuato dal Presidente del Consiglio dei ministri alla sentenza n.
28 del 2014 della  Corte  costituzionale.  Ad  avviso  della  Regione
Abruzzo, in detta sentenza la Corte avrebbe  bensi'  ricondotto  alla
materia «tutela della concorrenza» i commi 4, 5, 6, 7 e  8  dell'art.
37 del d.l. n. 83  del  2012,  ma  solo  perche'  dette  disposizioni
«mirano ad agevolare l'accesso degli operatori economici  al  mercato
dell'energia secondo condizioni uniformi sul  territorio  nazionale».
Nondimeno, con la disposizione  impugnata  il  legislatore  regionale
avrebbe  voluto  esclusivamente  «regolare  i  canoni   legati   alle
derivazioni in atto da molti anni e non certo i criteri e le gare per
le  concessioni  di  grandi  derivazioni  idroelettriche,  che   sono
riservate - senza possibilita'  di  contestazioni  di  sorta  -  allo
Stato», come e' noto sin dalla adozione del  decreto  legislativo  16
marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante  norme
comuni per il mercato interno  dell'energia  elettrica),  e  come  si
evince  altresi'  dalla  sentenza  n.  339  del  2011   della   Corte
costituzionale. Pertanto, poiche' la censurata disposizione regionale
riguarda concessioni gia' in essere, per queste ultime  non  potrebbe
presentarsi alcun problema di accesso al mercato e, conseguentemente,
il richiamo del ricorrente all'art. 117, secondo comma,  lettera  e),
Cost. dovrebbe reputarsi privo di fondamento. 
    Parimente inconferente, infine, sarebbe il richiamo da parte  del
Presidente del Consiglio dei ministri alla sentenza n.  64  del  2014
della Corte costituzionale.  La  Regione  Abruzzo,  infatti,  con  la
disposizione impugnata non avrebbe definito alcun  criterio  generale
per la determinazione dei  valori  massimi  dei  canoni.  Secondo  la
resistente, peraltro, la disposizione impugnata sarebbe conforme alla
direttiva 23 ottobre 2000, n. 2000/60/CE  (Direttiva  del  Parlamento
europeo e  del  Consiglio  che  istituisce  un  quadro  per  l'azione
comunitaria in materia di acque), la quale impone  il  principio  del
recupero dei costi  ambiente,  recepito  dall'art.  154  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme  in  materia  ambientale),
nonche' dal decreto del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare 24 febbraio 2015, n. 39 (Regolamento recante  i
criteri per la definizione del costo ambientale  e  del  costo  della
risorsa per i vari settori d'impiego dell'acqua). 
    3.- Con un successivo ricorso, spedito  per  la  notifica  il  22
marzo 2016 e depositato il successivo 24 marzo (reg. ric. n.  21  del
2016), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  ha  promosso,  in  via
principale, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  11,
comma 6, lettera b), della legge della Regione Abruzzo n. 5 del  2016
- sostitutivo del gia' menzionato art. 12, comma 1-bis,  della  legge
regionale n. 25 del 2011, nel  testo  risultante  dalla  sostituzione
operata con l'art. 1, comma 2, lettera b), della legge  regionale  n.
36 del 2015, impugnato con il ricorso n. 2  del  2016  -  ancora  per
violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  Cost.,  nella
parte in cui riserva  alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato la «tutela della concorrenza». 
    3.1.-  Dopo  aver  ricostruito  il  quadro  normativo  statale  e
regionale in cui  detta  disposizione  si  inserisce,  il  ricorrente
osserva che essa - rinviando per la definizione di potenza efficiente
alla definizione ufficiale utilizzata dal  GSE  e  dall'AEEG  -  solo
apparentemente e' caratterizzata da profili di novita',  trattandosi,
in realta', di previsione  avente  portata  normativa  equivalente  a
quella  impugnata  con  il  precedente  ricorso  n.   2   del   2016.
L'Avvocatura generale dello Stato precisa,  in  particolare,  che  il
parametro della potenza efficiente con rinvio  alla  definizione  del
GSE era gia' previsto dall'art. 16 della legge  regionale  n.  1  del
2012, il quale era  stato  oggetto  di  ricorso  dinanzi  alla  Corte
costituzionale,  dichiarato  inammissibile  perche'  non  era   stato
dimostrato «come il riferimento alla potenza  efficiente  [influisse]
sui costi e quale [fosse]  il  "verso  economico"  di  tale  effetto»
(sentenza n. 85 del 2014). 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  pertanto,  in  primo
luogo ripropone i medesimi argomenti gia' utilizzati  per  contestare
la legittimita' costituzionale della disposizione regionale impugnata
con il ricorso n. 2 del 2016,  che  dimostrerebbero  come,  anche  in
questo caso, la disposizione regionale si ponga in  contrasto  con  i
principi in materia di tutela della concorrenza posti  dall'art.  37,
comma 7, del d.l. n. 83 del 2012 e,  conseguentemente,  violi  l'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    In secondo luogo, pone in evidenza come la disposizione impugnata
preveda la stessa definizione di potenza efficiente che  GSE  e  AEEG
adottano dal 2014, ai sensi della delibera AEEGSI 179/2014/R/EFR, con
il che apparirebbe evidente come  il  censurato  art.  11,  comma  6,
lettera b), riproponga una definizione del tutto equivalente a quella
contenuta nella legge regionale  n.  36  del  2015  e,  percio',  sia
inidoneo a determinare la cessazione della materia del contendere nel
giudizio instaurato avverso di essa, richiamandosi  a  tal  proposito
quanto stabilito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale  (si
evocano le sentenze n. 249 del 2014 e n. 272 del 2009). 
    4.- Con memoria depositata il 29 aprile 2016  si  e'  costituita,
anche nel giudizio instaurato con il  ricorso  n.  21  del  2016,  la
Regione Abruzzo, chiedendo che sia dichiarata cessata la materia  del
contendere o, in subordine, l'infondatezza del ricorso. 
    4.1.- Ricostruita, innanzitutto, l'evoluzione della  legislazione
regionale in materia di canoni  idroelettrici,  la  difesa  regionale
rileva che la disposizione oggetto di censura e' stata  espressamente
abrogata ad opera dell'art. 1, comma 3,  della  legge  della  Regione
Abruzzo 13  aprile  2016,  n.  11  (Modifiche  alle  leggi  regionali
25/2011, 5/2015, 38/1996 e 9/2011), il cui art. 1, comma  1,  lettera
b), ha inoltre sostituito il comma 1-bis dell'art.  12  della  citata
legge  regionale  n.  25  del  2011,  nel  testo   risultante   dalla
sostituzione operata con la suddetta disposizione impugnata. 
    La Regione Abruzzo afferma che quest'ultima e'  stata  in  vigore
dal  1°  gennaio  2016  sino  al  14  aprile  2016  e  non  ha  avuto
applicazione: per un verso, il breve arco temporale  di  vigenza  non
avrebbe,  di  fatto,  consentito  ai   titolari   delle   concessioni
idroelettriche di effettuare il pagamento dei canoni  sulla  base  di
quanto previsto da detta disposizione; per un altro, tale adempimento
non sarebbe stato sollecitato dalla struttura  regionale  competente,
la quale ha ritenuto di attendere la definizione della  questione  di
legittimita' costituzionale pendente. 
    La difesa regionale - per il caso in cui la Corte  costituzionale
ritenesse l'abrogazione e la mancata applicazione non  sufficienti  a
determinare la cessata materia  del  contendere  -  procede,  poi,  a
illustrare  quelle  che  ritiene  siano  le  innovazioni  sostanziali
apportate con la nuova  disposizione  regionale  e  la  loro  portata
satisfattiva rispetto alle doglianze prospettate nel ricorso statale. 
    La nuova formulazione dell'art.  12,  comma  1-bis,  della  legge
regionale n. 25 del  2011  rinvia,  per  la  definizione  di  potenza
efficiente, alla «definizione ufficiale  utilizzata  per  la  potenza
efficiente netta dall'Autorita' per l'Energia Elettrica e il Gas e il
Sistema Idrico (AEEGSI)». Secondo la Regione Abruzzo, la  circostanza
che quest'ultima faccia riferimento alla potenza efficiente  netta  -
pari  alla  potenza  risultante  dalla  differenza  tra  la   potenza
efficiente lorda dell'impianto e quella assorbita  dai  suoi  servizi
ausiliari  e  dalle  perdite  nei  trasformatori  della  centrale   -
parametra la determinazione dei canoni idroelettrici  a  una  potenza
reale, «tale da non  incidere  negativamente  sulla  capacita'  delle
imprese Abruzzesi di operare in pari  condizioni  sul  mercato  unico
dell'energia elettrica». Non vi sarebbe,  pertanto,  alcun  contrasto
con il parametro costituzionale evocato dal Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
    Tanto premesso, la  resistente  osserva,  altresi',  che  con  la
disposizione censurata il legislatore regionale ha inteso uniformarsi
alle piu' recenti esigenze di tutela e salvaguardia del  bene  acqua,
«individuando un criterio diverso dalla potenza  nominale  introdotto
dal R.D. 1775/1933 e certamente piu' attuale». D'altro canto,  quella
della potenza efficiente e' definizione tecnica utilizzata  gia'  per
altri aspetti legali ed economici e, pertanto, il suo uso al fine  di
determinare il reale potenziale di produttivita' idroelettrica di  un
impianto sarebbe in linea con il quadro generale di riferimento. 
    4.2.- In via subordinata, la Regione Abruzzo ritiene  il  ricorso
infondato. 
    A tal proposito la difesa regionale - dopo aver sottolineato come
le argomentazioni del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  non
siano, di nuovo, sufficienti a chiarire in qual modo  il  riferimento
alla potenza efficiente influisca sui costi e  quale  sia  il  "verso
economico" di tale effetto e come, quindi, non appaia  suffragata  da
adeguati riscontri l'opinata violazione dei principi  in  materia  di
tutela della concorrenza di cui all'art. 37, comma 7, del d.l. n.  83
del 2012  -  ripropone  i  medesimi  argomenti  gia'  utilizzati  per
replicare alle censure di costituzionalita' mosse  alla  disposizione
regionale impugnata con il ricorso n. 2 del 2016. 
    5.- Con un  ulteriore  e  successivo  ricorso,  notificato  l'8-9
giugno 2016 e depositato il successivo 10 giugno (reg. ric. n. 29 del
2016), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  ha  promosso,  in  via
principale, questione di legittimita' costituzionale, tra gli  altri,
dell'art. 1, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della  Regione
Abruzzo n. 11 del 2016 - sostitutivo dei commi 1, 1-bis e  1-ter  del
piu' volte menzionato art. 12 della legge regionale n. 25  del  2011,
nel testo risultante dalla sostituzione operata con l'art. 11,  comma
6, della legge della Regione Abruzzo  n.  5  del  2016,  parzialmente
impugnato con il ricorso n. 21 del 2016 -  novamente  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nella parte  in  cui
riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la  «tutela
della concorrenza». 
    5.1.-  Ricostruito  il  quadro  normativo  statale  in  tema   di
determinazione dei canoni, il ricorrente osserva che le  disposizioni
impugnate  provvedono  a  fissare  il  costo   unitario   per   l'uso
idroelettrico, per le utenze con potenza nominale superiore a 220 Kw,
in euro 35,00 per ogni Kw di potenza efficiente; a rinviare,  per  la
definizione di potenza efficiente, a quella ufficiale utilizzata  per
la potenza efficiente netta dall'Autorita' per l'energia elettrica  e
il gas e il sistema idrico (AEEGSI); a stabilire che il canone annuo,
calcolato applicando il valore per ogni Kw di potenza  nominale,  sia
versato a titolo di  acconto  ogni  anno  entro  il  28  febbraio;  a
prevedere che il Servizio regionale, una volta certificata la potenza
efficiente da organismo terzo, quantifichi  l'importo  complessivo  a
conguaglio; a disporre, infine, che nulla e' dovuto nel caso  in  cui
detto conguaglio risulti inferiore a quanto versato anticipatamente a
titolo di acconto e che,  in  caso  di  mancata  comunicazione  della
potenza efficiente, il canone dovuto e' triplicato rispetto al canone
dovuto calcolato sulla potenza nominale media di concessione. 
    Tali  disposizioni   riprodurrebbero   sostanzialmente,   secondo
l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  le  disposizioni  oggetto  dei
ricorsi n. 2 e n. 21 del 2016 «e [presenterebbero] quindi i  medesimi
profili di illegittimita' costituzionale». La differenza tra di  esse
sarebbe, in effetti, solo apparente, perche' non solo non  e'  mutata
la definizione di potenza efficiente, ma «lo  scostamento  di  valori
riveniente dal riferimento alla potenza  efficiente  netta  contenuto
nella norma che si impugna e', rispetto  a  quello  risultante  dalle
precedenti  definizioni   e   previsioni   normative,   assolutamente
marginale». In ragione di  cio',  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ritiene che l'abrogazione dell'art. 11, comma 6, della legge
regionale n. 5 del 2016 da parte dell'art. 1, comma  3,  della  legge
regionale n. 11 del  2016  e  la  contestuale  riproduzione  del  suo
contenuto nelle disposizioni  oggetto  di  questo  nuovo  ricorso  si
risolva «nel tentativo del legislatore regionale abruzzese di eludere
la definizione  dei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale»  gia'
instaurati,  il  che,  secondo  la   giurisprudenza   costituzionale,
dovrebbe  portare  al  trasferimento  della  questione  sulle   norme
riproduttive di quelle gia' impugnate (vengono  novamente  richiamate
le sentenze n. 249 del 2014 e n. 272 del 2009). 
    Sulla falsariga degli argomenti  utilizzati  nei  due  precedenti
ricorsi, il Presidente del Consiglio dei ministri rileva che se, come
stabilito dalla  giurisprudenza  costituzionale,  «l'unico  principio
fondamentale  della  materia  e'  quello   della   onerosita'   della
concessione e della proporzionalita' del canone  alla  entita'  dello
sfruttamento della risorsa pubblica e all'utilita' economica  che  il
concessionario ne ricava», il parametro della potenza efficiente  non
e'  pero'  proporzionato  ne'  all'entita'  dello  sfruttamento   ne'
all'utilita'  economica.  Applicando  il  parametro   della   potenza
efficiente, infatti, il canone concessorio sarebbe sino a  tre  volte
maggiore rispetto a quello calcolato applicando  il  parametro  della
potenza nominale media: il  che  inciderebbe  sulla  capacita'  delle
imprese di  operare  in  condizioni  di  parita'  sul  mercato  unico
dell'energia elettrica. 
    Si  osserva,  in   particolare,   che,   dovendo   i   produttori
idroelettrici abruzzesi pagare  un  canone  piu'  elevato,  essi  non
sarebbero in grado di competere con gli operatori stabiliti in  altre
regioni italiane, i quali, dovendo invece corrispondere  canoni  piu'
bassi, sarebbero «in condizione di produrre a costi piu' contenuti e,
quindi,  di  offrire  sul  mercato  dell'energia   elettrica   prezzi
proporzionalmente inferiori a quelli degli  impianti  abruzzesi».  Le
disposizioni censurate, pertanto,  contrastando  con  i  principi  in
materia di tutela della concorrenza posti dall'art. 37, comma 7,  del
d.l. n. 83 del 2012, violerebbero l'art. 117, secondo comma,  lettera
e), Cost. 
    6.- Con memoria depositata il 19 luglio 2016  si  e'  costituita,
anche nel giudizio instaurato con il  ricorso  n.  29  del  2016,  la
Regione Abruzzo, chiedendo che ne sia dichiarata l'infondatezza. 
    6.1.-  Ripercorsa  ampiamente  l'evoluzione  della   legislazione
regionale in  tema  di  canoni  idroelettrici,  la  difesa  regionale
insiste, innanzitutto, nel sostenere che l'art. 37, comma 7, del d.l.
n. 83 del 2012 si limiterebbe a disciplinare le procedure di gara per
l'affidamento delle nuove concessioni nel settore  idroelettrico,  di
modo che, applicandosi il parametro della potenza efficiente  di  cui
alla disposizione impugnata per la quantificazione dei canoni  dovuti
dagli  attuali  concessionari,  non  vi  sarebbe  contrasto  tra   la
normativa regionale e quella statale. 
    La Regione Abruzzo rileva, poi,  che,  alla  luce  del  novellato
Titolo V della Costituzione, la disciplina afferente alle derivazioni
di acqua  pubblica  andrebbe  ricondotta  alla  potesta'  legislativa
concorrente in materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia»,  nell'ambito  della  quale,  in  ragione  di
quanto sarebbe  stato  affermato  dalla  Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 85 del 2014, «il parametro della "potenza  nominale"  non
costituisce  un  caposaldo  inamovibile   e   insuperabile   per   il
legislatore  regionale,  il  quale,  infatti,   puo'   legittimamente
intervenire  nella  determinazione  dei  canoni  idroelettrici,   con
l'unico  limite  del  rispetto  del   principio   di   onerosita'   e
proporzionalita' della concessione». 
    La  difesa  regionale,  inoltre,  ribadisce  novamente  come   le
argomentazioni utilizzate dal Presidente del Consiglio dei  ministri,
non discostandosi da quelle proposte  nelle  precedenti  impugnative,
non siano in grado di dimostrare i lamentati effetti sperequativi sul
sistema concorrenziale correlati alla determinazione  del  canone  in
base alla potenza  efficiente.  Il  ricorrente,  in  particolare,  si
sarebbe limitato  a  una  mera  illustrazione  della  differenza  tra
potenza efficiente netta e potenza efficiente lorda,  non  supportata
pero'  da  una  dimostrazione  tecnico-scientifica  sulla   paventata
maggiore incidenza dei costi. Al contrario, il  rinvio  alla  potenza
efficiente netta operato dalla disposizione impugnata farebbe si' che
il valore di  riferimento  sia  «sicuramente  inferiore»  rispetto  a
quello della potenza  efficiente  lorda,  tanto  che  il  legislatore
regionale ha dovuto disciplinare  l'ipotesi  in  cui  il  dato  della
potenza efficiente, cosi' calcolato, sia  inferiore  a  quello  della
potenza nominale. 
    La Regione Abruzzo osserva, altresi', che, in assenza del decreto
ministeriale previsto dall'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012,
le Regioni non possono non determinare i  canoni  avendo  quali  soli
parametri, secondo quanto affermato nella sentenza  n.  85  del  2014
della  Corte  costituzionale,  i   principi   dell'onerosita'   della
concessione e della proporzionalita'  del  canone  all'entita'  dello
sfruttamento e all'utilita' economica che se ne ricava; principi  cui
il  legislatore  regionale  avrebbe  ispirato  la   propria   azione,
«potenziando  l'applicazione  del  criterio  della  proporzionalita',
attraverso una  piu'  realistica  e  ragionevole  parametrazione  del
canone  alla  effettiva  entita'  dello  sfruttamento  della  risorsa
pubblica e all'utilita' economica che il concessionario ne ricava». 
    Dopo aver riproposto le osservazioni e gli argomenti gia'  svolti
nelle precedenti memorie di costituzione, la Regione  Abruzzo  assume
che,  contrariamente  a   quanto   sostenuto   dal   ricorrente,   la
disposizione impugnata avrebbe  una  portata  innovativa  sostanziale
rispetto  alle  precedenti  disposizioni  regionali  in  materia,  in
particolare perche' la potenza efficiente netta rappresenterebbe  una
potenza reale, che puo' essere anche inferiore alla potenza nominale. 
    Infine, la resistente ritiene che con la  disposizione  censurata
si sarebbe finito «per perseguire una finalita'  pro-concorrenziale»,
creando una situazione di riequilibrio del mercato  laddove,  per  un
verso, il Ministero competente non  ha  ancora  adottato  il  decreto
ministeriale di cui all'art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012  e,
per un altro, mediante il medesimo decreto-legge, che  ha  modificato
l'art. 12 del  d.lgs.  n.  79  del  1999,  sono  state  prorogate  le
concessioni in essere sino al 31  dicembre  2017.  Tale  circostanza,
assieme a quella che il concessionario  uscente  continua  a  gestire
l'impianto fino al  subentro  dell'aggiudicatario  della  gara  «alle
stesse condizioni stabilite dalle normative  e  dal  disciplinare  di
concessione vigenti» (art. 12, comma 8-bis,  del  d.lgs.  n.  79  del
1999), renderebbe evidente come, almeno fino al 31 dicembre 2017, non
sussistano in Italia i presupposti per un mercato competitivo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con tre distinti ricorsi, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha promosso, in via principale,  questioni  di  legittimita'
costituzionale di diverse  disposizioni  contenute  in  tre  distinte
leggi regionali abruzzesi, le quali - intervenendo  tutte,  in  vario
modo, sull'art. 12 della legge della Regione Abruzzo 3  agosto  2011,
n. 25 (Disposizioni in materia di acque  con  istituzione  del  fondo
speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano
per le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativi
alle utenze di acque pubbliche) -  prescrivono  che,  ai  fini  della
determinazione del canone idroelettrico per  le  utenze  con  potenza
nominale superiore a 220  kw,  si  faccia  riferimento  alla  potenza
efficiente. 
    Il ricorrente  ritiene  che  con  le  disposizioni  censurate  la
Regione Abruzzo abbia  invaso  la  competenza  esclusiva  statale  in
materia di «tutela della concorrenza» di cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera e) della Costituzione. 
    1.1.- Con l'art. 1,  comma  2,  lettera  b),  della  legge  della
Regione Abruzzo 3 novembre 2015, n. 36 (Disposizioni  in  materia  di
acque e di autorizzazione  provvisoria  degli  scarichi  relativi  ad
impianti di depurazione  delle  acque  reflue  urbane  in  attuazione
dell'art. 124,  comma  6,  del  decreto  legislativo  n.  152/2006  e
modifica alla L.R. n. 5/2015) - impugnato con il primo ricorso  (reg.
ric.  n.  2  del  2016)  -  il  legislatore  regionale  ha   definito
autonomamente la nozione di potenza efficiente. 
    Con l'art. 11, comma 6, lettera b),  della  legge  della  Regione
Abruzzo 19 gennaio 2016, n. 5, recante «Disposizioni finanziarie  per
la redazione del Bilancio pluriennale 2016-2018 della Regione Abruzzo
(Legge di Stabilita' Regionale 2016)» - adottato a seguito del  primo
ricorso e impugnato con il secondo (reg. ric. n. 21 del  2016)  -  il
legislatore  regionale  ha  rinviato,  per  la  nozione  di   potenza
efficiente, a quella ufficiale utilizzata  dal  Gestore  dei  servizi
energetici (GSE) e dall'Autorita' per l'energia elettrica  e  il  gas
(AEEG). 
    Con l'art. 1, comma 1, lettere a), b) e  c),  della  legge  della
Regione Abruzzo 13 aprile 2016, n. 11 (Modifiche alle leggi regionali
25/2011, 5/2015, 38/1996 e 9/2011) - adottato a seguito  del  secondo
ricorso e impugnato con il terzo (reg. ric. n.  29  del  2016)  -  il
legislatore abruzzese ha, infine, rideterminato il costo unitario del
canone, ancorandolo alla potenza efficiente, e, per la definizione di
quest'ultima, ha rinviato alla nozione di  potenza  efficiente  netta
adoperata dall'Autorita' per  l'energia  elettrica  e  il  gas  e  il
sistema idrico (AEEGSI). Ha, inoltre, disciplinato le  modalita'  per
la riscossione del canone idroelettrico. 
    1.2.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  lamenta,  come
detto, che tutte  le  censurate  disposizioni  siano  invasive  della
competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza»
di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Esse,  infatti,
si porrebbero in contrasto con quanto previsto dall'art. 37, comma 7,
del decreto-legge 22 giugno  2012,  n.  83  (Misure  urgenti  per  la
crescita del Paese), convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto
2012, n. 134, il quale ha  disposto  che  «[a]l  fine  di  assicurare
un'omogenea disciplina sul territorio nazionale  delle  attivita'  di
generazione idroelettrica e parita' di trattamento tra gli  operatori
economici, con decreto del Ministro dello sviluppo economico,  previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato,
le regioni e le province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  sono
stabiliti i criteri generali per la determinazione, secondo  principi
di economicita' e ragionevolezza, da parte delle regioni,  di  valori
massimi dei canoni delle concessioni ad uso idroelettrico». Con  tale
disposizione, come avrebbe riconosciuto questa Corte con le  sentenze
n. 64 e n. 28 del 2014, il legislatore statale sarebbe intervenuto al
fine di tutelare la concorrenza nel settore, garantendo l'uniformita'
della disciplina sull'intero territorio nazionale. 
    In tutte le altre Regioni, rileva il ricorrente,  i  canoni  sono
parametrati alla  potenza  nominale  media,  conformemente  a  quanto
previsto  dalla  normativa  statale  di   riferimento,   con   valori
oscillanti tra i 13 e i 37 euro per Kw. Il  diverso  parametro  della
potenza efficiente, adottato dalle disposizioni regionali  impugnate,
determinerebbe un sensibile aumento dei  canoni  concessori,  fino  a
triplicarli, alterando  le  condizioni  concorrenziali  a  detrimento
degli operatori insediati in Abruzzo. 
    La  potenza   efficiente   e',   infatti,   quella   teoricamente
producibile  durante  quattro  ore  di  funzionamento  in  condizioni
ottimali di portata e di  salto,  sfruttando  la  massima  efficienza
possibile dell'impianto.  Si  tratterebbe,  quindi,  di  una  potenza
sovrastimata, che puo' risultare  di  molto  superiore  alla  potenza
nominale media. 
    2.- In considerazione della sostanziale identita' dei  motivi  di
censura e della connessione esistente tra i ricorsi, i  tre  giudizi,
come sopra delimitati, devono essere riuniti e  decisi  con  un'unica
sentenza. 
    Resta riservata a separate  pronunce  la  decisione  delle  altre
questioni promosse con il ricorso n. 29 del 2016. 
    3.- Preliminarmente, va disattesa la richiesta,  formulata  dalla
Regione Abruzzo, di dichiarare cessata la materia del  contendere  in
relazione ai giudizi introdotti con i ricorsi n. 2 e n. 21 del  2016,
in ragione dell'abrogazione delle  disposizioni  regionali  impugnate
dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    3.1.- Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, perche'
possa dichiararsi la  cessazione  della  materia  del  contendere  e'
necessario il concorso di due requisiti:  lo  ius  superveniens  deve
avere  carattere  satisfattivo  delle  pretese  avanzate  con  l'atto
introduttivo del giudizio e le  disposizioni  oggetto  d'impugnazione
non  devono  avere  avuto  medio  tempore  applicazione  (da  ultimo,
sentenze n. 8 del 2017, n. 257, n. 253, n. 242 e n. 199 del 2016). 
    Nel caso di specie, e' palese come non sussista gia' il primo dei
suddetti  requisiti.  L'abrogazione  delle  disposizioni   censurate,
difatti, e' stata contestualmente accompagnata  dall'approvazione  di
disposizioni, non a  caso  parimente  impugnate  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con i ricorsi n. 21 e  n.  29  del  2016,  dal
contenuto   sostanzialmente   identico:   anch'esse    ancorano    la
determinazione del canone idroelettrico, per le  utenze  con  potenza
nominale superiore a 220 Kw, al parametro  della  potenza  efficiente
(quand'anche  netta,  come  stabilito  dalle  disposizioni  regionali
censurate con il terzo ricorso statale,  e  non  lorda,  come  invece
previsto dalle disposizioni oggetto delle prime due impugnative). Ne'
rileva, in proposito,  la  circostanza  che  la  novella  legislativa
successiva al ricorso n. 2 del  2016,  del  resto  impugnata  con  il
ricorso n. 21 del 2016,  avrebbe  riprodotto  una  disposizione  gia'
previamente impugnata e non dichiarata illegittima, tanto piu' che la
correlata decisione di questa Corte al riguardo - la sentenza  n.  85
del 2014 - e' una pronuncia d'inammissibilita'. 
    4.- Venendo all'esame del merito  delle  questioni,  va  premesso
che, in materia di derivazioni di acqua a scopo idroelettrico  e,  in
particolare, in tema di determinazione dei canoni di concessione,  la
normativa di riferimento affonda le sue radici nel regio  decreto  11
dicembre  1933,  n.  1775  (Approvazione  del   testo   unico   delle
disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici). 
    L'art.  6  di  detto  testo  unico,  tanto   nella   formulazione
originaria quanto in quella oggi vigente a seguito della sostituzione
operata dall'art. 1 del decreto legislativo 12 luglio  1993,  n.  275
(Riordino in materia di concessione di acque  pubbliche),  stabilisce
che le utenze di acqua pubblica hanno per oggetto  grandi  e  piccole
derivazioni e  precisa,  per  quanto  qui  rileva,  che  sono  grandi
derivazioni quelle che per produzione di forza  motrice  eccedono  la
potenza nominale media annua di kilowatt 3000. L'art. 35 del medesimo
regio decreto  stabilisce  che  le  utenze  di  acqua  pubblica  sono
sottoposte al pagamento di un canone annuo, ancorato a ogni  kilowatt
di potenza nominale. 
    L'art. 18 della legge 5 gennaio  1994,  n.  36  (Disposizioni  in
materia di risorse idriche), ha stabilito che i canoni relativi  alle
utenze di acqua pubblica costituiscono il corrispettivo per  gli  usi
delle acque prelevate e ne ha fissato  l'importo  in  relazione  alle
diverse utilizzazioni.  Per  quel  che  concerne  le  concessioni  di
derivazione ad uso idroelettrico, ha determinato il canone, per  ogni
kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta, in lire 20.467. 
    Con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59), e'  stata  conferita  alle  Regioni  competenti  per  territorio
l'intera gestione del demanio  idrico  (art.  86),  specificando  che
detta gestione comprende, tra le altre,  le  funzioni  amministrative
relative alla determinazione dei canoni di concessione e all'introito
dei relativi proventi (art. 88). 
    Nel conferire tali funzioni, il  citato  decreto  legislativo  ha
peraltro fatto temporaneamente salva la  competenza  dello  Stato  in
materia di grandi derivazioni, prevedendo che,  fino  all'entrata  in
vigore delle norme di recepimento della direttiva 19  dicembre  1996,
n.  96/92/CE  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio
concernente  norme  comuni  per  il  mercato   interno   dell'energia
elettrica), le concessioni sono rilasciate dallo Stato  d'intesa  con
la Regione interessata ovvero, in caso di mancata intesa nel  termine
di sessanta giorni, dal  Ministro  dell'industria,  del  commercio  e
dell'artigianato (art. 29, comma 3). Successivamente, con il  decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE
recante norme comuni per il mercato interno dell'energia  elettrica),
e' stata data attuazione a tale direttiva e si e' pertanto realizzata
la  condizione  cui  la  sopracitata  disposizione   subordinava   il
trasferimento delle competenze alle Regioni. 
    L'art.  12,  comma  11,  dello  stesso  d.lgs.  n.  79  del  1999
prevedeva, inoltre, che con altro decreto legislativo sarebbero state
stabilite le modalita' per la  fissazione  dei  canoni  demaniali  di
concessione. 
    In seguito, con la riforma del Titolo  V  della  Parte  II  della
Costituzione e' stata attribuita alle  Regioni  ordinarie,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, la competenza legislativa concorrente  in
materia  di  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia». 
    Con l'art. 154, comma 3, del decreto legislativo 3  aprile  2006,
n. 152 (Norme in materia ambientale), si e' disposto, poi, che  «[a]l
fine di assicurare un'omogenea disciplina sul  territorio  nazionale,
con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,  di  concerto
con il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del
mare, sono stabiliti i criteri generali  per  la  determinazione,  da
parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di  acqua
pubblica».  Con  lo  stesso  decreto  legislativo  si  e'  proceduto,
nell'art. 175, all'abrogazione della citata legge n. 36 del 1994,  il
cui art. 18 determinava il canone idroelettrico. 
    Infine, e' intervenuto il gia' menzionato art. 37, comma  7,  del
d.l. n. 83 del 2012, il quale  demanda  a  un  decreto  ministeriale,
adottato previa intesa in sede di Conferenza permanente, di stabilire
i criteri generali per la determinazione, da parte delle Regioni, dei
valori massimi dei canoni delle concessioni ad uso idroelettrico. 
    4.1.-  Alla  luce  dell'evoluzione  del   quadro   normativo   di
riferimento, questa Corte, chiamata a pronunciarsi circa  il  riparto
di competenze tra Stato e Regioni in materia di canoni idroelettrici,
ha affermato che la determinazione e la quantificazione della  misura
di detti canoni devono essere ricondotte alla competenza  legislativa
concorrente in materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia», di cui  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.
(sentenze n. 158 del 2016, n.  85  e  n.  64  del  2014).  E'  invece
ascrivibile alla «tutela della concorrenza», di competenza  esclusiva
statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,  la
disciplina di cui all'art. 37, comma 7, del decreto-legge n.  83  del
2012, ovvero la definizione, con decreto ministeriale,  dei  «criteri
generali» che condizionano la determinazione, da parte delle Regioni,
dei valori massimi dei canoni (sentenze n. 158 del 2016 e n.  28  del
2014). 
    Si e' altresi' precisato che, in attesa del decreto ministeriale,
oggi come allora ancora non adottato, la  competenza  regionale  alla
determinazione  della  misura  dei  canoni  idroelettrici  non   puo'
ritenersi paralizzata, poiche' in assenza  del  suddetto  decreto  la
disposizione legislativa che ad esso rinvia «non e' ancora pienamente
operante ed efficace» (sentenza n. 158 del 2016). Le  Regioni,  salvo
l'onere di adeguarsi a quanto verra'  stabilito  dallo  Stato,  hanno
attualmente titolo, nell'ambito della  propria  competenza  ai  sensi
dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,   a   determinare   i   canoni
idroelettrici  nel  rispetto  del   principio   fondamentale   «della
onerosita' della concessione e della proporzionalita' del canone alla
entita' dello sfruttamento  della  risorsa  pubblica  e  all'utilita'
economica che il concessionario ne ricava» (sentenza n. 158 del 2016;
nello stesso senso, sentenza n. 64 del 2014), nonche' dei principi di
economicita' e ragionevolezza, previsti  espressamente  dallo  stesso
art. 37, comma 7, del d.l. n. 83 del 2012 e condizionanti l'esercizio
della competenza regionale gia' prima della definizione  con  decreto
ministeriale dei criteri generali (sentenza n. 158 del 2016). 
    4.2.- Le Regioni, in altri termini, sono competenti a determinare
e a quantificare, nel  rispetto  dei  sopra  ricordati  principi,  la
misura dei canoni idroelettrici, dovendosi ricondurre tale intervento
alla  materia  di  potesta'  concorrente  «produzione,  trasporto   e
distribuzione  nazionale  dell'energia».  E'  loro  precluso,  pero',
adottare «criteri generali» per detta  determinazione,  essendo  tale
attivita' ascrivibile alla competenza esclusiva statale in materia di
«tutela della concorrenza»: nella perdurante attesa che sia  adottato
il ricordato decreto ministeriale, in tale ambito restano pur  sempre
fermi, ove stabiliti, i criteri previsti dalla normativa  statale  di
riferimento. 
    5.- Ai fini della risoluzione  delle  odierne  questioni,  questa
Corte e', allora, chiamata a valutare se  le  impugnate  disposizioni
regionali abruzzesi abbiano invaso la competenza  esclusiva  statale,
in  materia  di  «tutela  della  concorrenza»,  a  dettare   «criteri
generali»  o  se,  invece,  si  siano  limitate   a   determinare   e
quantificare la misura dei canoni  idroelettrici,  nell'ambito  della
competenza  regionale  in  materia  di   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia». 
    La disciplina statale di cui al citato  art.  37,  comma  7,  del
decreto-legge n. 83 del 2012 - intervenuta  successivamente  all'atto
introduttivo del giudizio conclusosi con la sentenza n. 85 del 2014 -
e' diretta, infatti, a porre criteri che, al fine di evitare  effetti
anticoncorrenziali, garantiscano omogeneita' sull'intiero  territorio
nazionale nella determinazione dei canoni idroelettrici,  siano  essi
dovuti dai concessionari futuri come dagli attuali, contrariamente  a
quanto sostenuto dalla difesa regionale. 
    6.-  Le  questioni  sono  fondate,  poiche'  tutte  le  censurate
disposizioni  regionali  sono  invasive  della  competenza  esclusiva
statale in materia di «tutela della concorrenza». 
    6.1.- A differenza di quanto compiuto dalla Regione Piemonte  con
la legge scrutinata da questa Corte con la sentenza n. 158 del  2016,
la Regione Abruzzo non si e' limitata, in effetti, a quantificare  il
costo unitario del canone, competenza certo di sua  spettanza  e  che
incontra il limite del rispetto dei principi fondamentali in  materia
di «produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale  dell'energia».
Essa ha, invece, adottato un criterio  per  la  determinazione  della
misura del canone idroelettrico - la potenza efficiente - diverso  da
quello, previsto dagli artt. 6 e 35 del r.d. n. 1775 del 1933,  della
potenza nominale media, il quale, ad oggi e finche' non sia  adottato
il piu' volte rammentato decreto  ministeriale,  e'  inderogabile  da
parte delle Regioni. 
    Che questo sia il significato delle disposizioni impugnate emerge
nitidamente  dalla  loro  lettera:   dette   disposizioni,   difatti,
intervenendo a volta a volta sull'art. 12 della legge regionale n. 25
del 2011, affiancano alla  quantificazione  del  costo  unitario  del
canone la potenza efficiente quale  grandezza  di  riferimento  -  il
criterio, appunto - attraverso cui determinare  la  potenza  prodotta
dall'impianto idroelettrico e calcolare il canone complessivo  dovuto
dal concessionario. La circostanza e' ammessa apertamente, del resto,
dalla stessa  resistente,  la  quale  in  tutte  le  tre  memorie  di
costituzione afferma che, con  la  normativa  impugnata,  «ha  inteso
discostarsi dal criterio della potenza nominale  concessa  investendo
la potenza efficiente lorda come parametro oggettivo». 
    6.2.- Sono, dunque, invasivi dell'ambito materiale di  competenza
esclusiva statale e, pertanto,  vanno  dichiarati  costituzionalmente
illegittimi l'art. 1, comma 2, lettera b), della legge della  Regione
Abruzzo n. 36 del 2015 (impugnato con il ricorso n.  2  del  2016)  e
l'art. 11, comma 6, lettera b), della legge della Regione Abruzzo  n.
5 del 2016 (impugnato con il  ricorso  n.  21  del  2016).  Entrambi,
difatti, sono rivolti all'utilizzazione della potenza efficiente  per
il calcolo del canone complessivo dovuto dai concessionari: l'uno  in
quanto, sostituendo il comma 1-bis dell'art. 12 della legge regionale
n. 25 del  2011,  espressamente  la  definisce;  l'altro  in  quanto,
novamente sostituendo il citato comma 1-bis, per la  sua  definizione
rinvia a quella adoperata dal GSE e dall'AEEG. 
    6.3.- Vanno, invece, prese partitamente in esame le  lettere  a),
b) e c) dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 11
del 2016 (impugnato con il ricorso n. 29 del 2016). 
    6.3.1.- La lettera a), sostitutiva del comma 1 dell'art. 12 della
legge regionale n. 25 del 2011,  non  e'  intieramente  riconducibile
alla competenza esclusiva statale. 
    Essa, infatti,  e'  innanzitutto  diretta  a  (ri)quantificare  e
(ri)determinare il canone idroelettrico per  le  utenze  con  potenza
nominale superiore a 220 Kw, attivita' che,  come  si  e'  detto,  e'
ascrivibile alla  potesta'  concorrente  nella  materia  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e, pertanto, spetta
alle Regioni nel  rispetto  dei  principi  fondamentali  posti  dalla
legislazione statale. Tuttavia, la disposizione de qua stabilisce che
il costo unitario per l'uso idroelettrico e' di  €  35,00,  oltre  ai
relativi aggiornamenti al tasso di inflazione programmata, «per  ogni
Kw  di  potenza  efficiente»,  cosi'  discostandosi  dalla  normativa
statale, la quale prevede invece che esso sia dovuto per ogni  Kw  di
potenza nominale media. Detto altrimenti, nell'esercitare la  propria
competenza  alla  determinazione  del  costo  unitario   del   canone
idroelettrico, la Regione ha pro parte invaso la competenza esclusiva
statale in materia di «tutela della concorrenza»,  adottando,  ancora
una volta, un parametro, per il calcolo del canone complessivo dovuto
dai concessionari, diverso da quello della potenza nominale media. 
    L'art. 1, comma 1, lettera a), della legge della Regione  Abruzzo
n. 11 del 2016 va pertanto dichiarato illegittimo per la  sola  parte
in cui, nello stabilire  il  costo  unitario  del  canone  per  l'uso
idroelettrico, prevede che esso sia dovuto «per ogni  Kw  di  potenza
efficiente» anziche' «per ogni Kw di potenza  nominale  media».  Come
detto, fintanto che non intervenga il  decreto  ministeriale  di  cui
all'art. 37, comma 7, del  d.l.  n.  83  del  2012,  e'  soltanto  il
criterio della «potenza nominale media», posto dagli artt. 6 e 35 del
r.d. n. 1775 del 1933, quello cui le Regioni  possono  parametrare  i
canoni idroelettrici. 
    6.3.2.- Le lettere b) e c) -  sostitutive,  rispettivamente,  dei
commi 1-bis e 1-ter dell'art. 12 della legge regionale n. 25 del 2011
-  intervengono  in  toto,  invece,  nella  materia   «tutela   della
concorrenza» e, pertanto,  debbono  essere  integralmente  dichiarate
costituzionalmente illegittime. 
    Con la prima, infatti, il legislatore regionale  rinvia,  per  la
definizione di potenza efficiente, a  quella  di  potenza  efficiente
netta  utilizzata  dall'AEEGSI,   sostanzialmente   riproducendo   le
disposizioni impugnate con i ricorsi n. 2 e n. 21 del  2016;  con  la
seconda, pone norme correlate all'adozione del criterio della potenza
efficiente,  poiche'  provvede  a  disciplinare   le   modalita'   di
riscossione del  canone  idroelettrico  calcolato  in  base  a  detto
criterio. 
    6.3.3.- La  dichiarazione  d'illegittimita'  costituzionale  deve
essere estesa in via conseguenziale,  ai  sensi  dell'art.  27  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento  della  Corte  costituzionale),  alla  lettera  d)  del
medesimo art. 1, comma 1, la quale inserisce,  dopo  il  comma  1-ter
dell'art. 12 della legge regionale n. 25 del 2011, il comma  1-ter-1.
Tale ultima disposizione stabilisce, per l'anno 2016,  al  31  maggio
2016 il termine di cui al primo periodo dell'art.  12,  comma  1-ter,
della legge regionale n. 25 del 2011, come  sostituito  dalla  citata
lettera c), ed e', percio', in stretta e inscindibile connessione con
quest'ultima. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    riservata a separata pronuncia la decisione sulle altre questioni
promosse con il ricorso n. 29 del 2016; 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,
lettera b), della legge della Regione Abruzzo 3 novembre 2015, n.  36
(Disposizioni in materia di acque  e  di  autorizzazione  provvisoria
degli scarichi relativi ad impianti di depurazione delle acque reflue
urbane in attuazione dell'art. 124, comma 6, del decreto  legislativo
n. 152/2006 e modifica alla L.R. n. 5/2015); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  11,  comma
6, lettera b), della legge della Regione Abruzzo 19 gennaio 2016,  n.
5, recante «Disposizioni finanziarie per la  redazione  del  Bilancio
pluriennale 2016-2018 della  Regione  Abruzzo  (Legge  di  Stabilita'
Regionale 2016)»; 
    3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettera a), della legge della Regione Abruzzo 13 aprile 2016,  n.  11
(Modifiche alle leggi regionali 25/2011, 5/2015, 38/1996  e  9/2011),
nella parte in cui, nello stabilire il costo unitario del canone  per
l'uso idroelettrico, prevede che esso sia  dovuto  «per  ogni  Kw  di
potenza efficiente» anziche' «per ogni Kw di potenza nominale media»; 
    4) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettere b) e c), della legge della Regione Abruzzo n. 11 del 2016; 
    5) dichiara in via conseguenziale, ai sensi  dell'art.  27  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento   della   Corte    costituzionale),    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera d),  della  legge  della
Regione Abruzzo n. 11 del 2016. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA