N. 72 SENTENZA 7 febbraio - 12 aprile 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Impiego pubblico - Disciplina transitoria  in  materia  di  personale
  dipendente dal Servizio sanitario nazionale in servizio  presso  la
  Regione,  nelle  more  della  definizione  della  nuova  disciplina
  contrattuale nazionale in  relazione  al  d.lgs.  n.  66  del  2003
  (orario di lavoro; riposi giornalieri; assunzione  di  personale  a
  tempo determinato) - Differimento  del  termine  di  vigenza  della
  stessa disciplina transitoria. 
- Legge  della  Regione  Basilicata   26   novembre   2015,   n.   53
  (Disposizioni urgenti per  l'applicazione  dell'articolo  14  della
  legge 30 ottobre 2014, n. 161), artt. 2, comma 1, lettere a) e  c),
  e 3; legge della Regione Basilicata 4 agosto 2016, n. 17 (Modifiche
  a norme in materia di sanita'), art. 1, comma 1. 
-   
(GU n.16 del 19-4-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt.  2,  comma
1, lettere a) e c), e 3  della  legge  della  Regione  Basilicata  26
novembre  2015,  n.  53  (Disposizioni  urgenti  per   l'applicazione
dell'articolo 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161), e dell'art. 1,
comma 1, della legge della Regione Basilicata 4 agosto  2016,  n.  17
(Modifiche a norme  in  materia  di  sanita'),  nella  parte  in  cui
modifica l'art. 2, comma 1, della legge della Regione  Basilicata  26
novembre 2015, n. 53, sostituendo le parole «31 luglio 2016»  con  le
parole «31 dicembre 2016», promossi dal Presidente del Consiglio  dei
ministri con ricorsi notificati il 22-26 gennaio e il 30  settembre-4
ottobre 2016, depositati in  cancelleria  il  1°  febbraio  ed  il  4
ottobre 2016 ed iscritti ai nn. 4 e 57 del registro ricorsi 2016. 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  7  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    udito l'avvocato dello Stato Leonello Mariani per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 22-26 gennaio 2016 e depositato  il
1° febbraio 2016, (reg. ric.  n.  4  del  2016),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  promosso  questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 2, comma 1, lettere a) e  c),  e  3  della
legge della Regione Basilicata 26 novembre 2015, n. 53  (Disposizioni
urgenti per l'applicazione dell'articolo 14 della  legge  30  ottobre
2014, n. 161). 
    1.1.- Il ricorrente rappresenta che  l'art.  2,  comma  1,  della
citata legge regionale, cosi' dispone: «Nelle more della  definizione
della nuova disciplina  contrattuale  nazionale,  in  relazione  alle
disposizioni contenute  nel  D.lgs.  n.  66/2003,  fermi  restando  i
principi della  protezione  della  sicurezza  dei  lavoratori  e  dei
pazienti e comunque non oltre il 31 luglio 2016: a)  per  il  calcolo
della durata massima settimanale di 48 ore dell'orario di  lavoro  di
cui all'art. 4 del D.Lgs.  8  aprile  2003,  n.  66,  il  periodo  di
riferimento e' di mesi dodici in linea con quanto previsto dal  comma
4 del predetto  articolo;  b)  (omissis);  c)  i  riposi  giornalieri
inferiori  ad  undici  ore  sono  possibili  in  presenza  di  eventi
eccezionali e non prevedibili o assenze improvvise che non consentano
di  garantire  la  continuita'  dell'assistenza  come  accertati  dai
responsabili dei servizi sanitari interessati; d) (omissis)». 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione di cui alla lettera  a)
dell'art. 2, comma 1, della legge  regionale  in  esame  si  pone  in
contrasto con l'art. 4, comma 2, del  decreto  legislativo  8  aprile
2003, n.  66  (Attuazione  delle  direttive  93/104/CE  e  2000/34/CE
concernenti  taluni  aspetti   dell'organizzazione   dell'orario   di
lavoro), il quale prevede che la durata media dell'orario  di  lavoro
non puo' in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni,  le
quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario, e che  tale
durata  media  dell'orario  di  lavoro  deve  essere  calcolata   con
riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi. 
    Al riguardo, il ricorrente evidenzia  che,  in  attuazione  della
ricordata normativa europea, il comma  4  del  medesimo  art.  4  del
d.lgs. n. 66 del 2003, prevede che solo  i  contratti  collettivi  di
lavoro possano elevare tale periodo di quattro mesi fino a sei  mesi,
ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive,  tecniche  o
inerenti all'organizzazione  del  lavoro,  specificate  negli  stessi
contratti collettivi. 
    Assume,  pertanto,  la  difesa  erariale  che   la   disposizione
regionale in esame violerebbe l'art.  117,  primo  e  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione, in  quanto  non  rispetta  i  vincoli
derivanti  dall'ordinamento   comunitario   e   invade   la   materia
dell'ordinamento civile riservata alla competenza statale. 
    Relativamente alla  disposizione  di  cui  alla  lettera  c)  del
medesimo art. 2, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 53 del 2015,
il ricorrente ritiene che essa si pone in contrasto con  il  disposto
dell'art. 7 del d.lgs. n. 66 del 2003, secondo cui:  «Ferma  restando
la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a
undici ore di riposo consecutivo ogni  ventiquattro  ore.  Il  riposo
giornaliero deve essere fruito in modo  consecutivo  fatte  salve  le
attivita' caratterizzate da periodi di lavoro frazionati  durante  la
giornata o da regimi di reperibilita'». 
    Conseguentemente, l'Avvocatura generale dello  Stato  assume  che
anche la predetta previsione normativa regionale  viola  l'art.  117,
primo e secondo comma, lettera l), Cost., per gli  stessi  motivi  su
enunciati. 
    L'Avvocatura generale dello Stato rappresenta  che  le  ricordate
norme statali di cui agli artt. 4, comma 2, e 7 del d.lgs. n. 66  del
2003 erano state dichiarate «non applicabili» al personale  sanitario
del  Servizio  sanitario  nazionale  dall'art.  41,  comma  13,   del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
e dall'art. 17, comma 6-bis, del d.lgs. n. 66  del  2003,  introdotto
dall'art. 3, comma 85, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2008)». 
    Aggiungeva  la  difesa  erariale  che  le   predette   previsioni
normative di carattere derogatorio avevano determinato l'apertura, da
parte della Commissione  europea,  di  una  procedura  di  infrazione
contro l'Italia per violazione  delle  menzionate  direttive  europee
vigenti in materia, ed in particolare degli  articoli  6  e  3  della
direttiva 2003/88/CE del 4 novembre 2003  (Direttiva  del  Parlamento
europeo    e    del    Consiglio    concernente    taluni     aspetti
dell'organizzazione dell'orario di lavoro). 
    Pertanto, al fine di risolvere positivamente la citata  procedura
di infrazione, il legislatore e'  intervenuto  con  l'art.  14  della
legge 30 ottobre 2014, n. 161 (Disposizioni per  l'adempimento  degli
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea -
Legge europea 2013-bis),  prevedendo  l'abrogazione,  decorsi  dodici
mesi dalla sua entrata in vigore, della citata normativa derogatoria,
e quindi dal 25 novembre 2015. 
    Evidenzia l'Avvocatura generale dello Stato che la predetta norma
transitoria era, altresi', volta  a  consentire  alle  regioni,  come
disposto al comma 2, di  realizzare,  entro  tale  termine,  appositi
processi di  riorganizzazione  finalizzati  ad  una  piu'  efficiente
allocazione delle risorse umane, disponibili a legislazione  vigente,
tenendo anche conto di quanto previsto dell'articolo  15,  comma  13,
lettera c), del decreto-legge 6  luglio  2012,  n.  95  (Disposizioni
urgenti per la revisione della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei
servizi ai cittadini nonche'  misure  di  rafforzamento  patrimoniale
delle imprese del settore bancario), che ha previsto l'adeguamento da
parte delle regioni  e  delle  provincie  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, delle dotazioni organiche dei presidi ospedalieri  pubblici,
per  effetto  della  riduzione  dello  standard   dei   posti   letto
ospedalieri accreditati; disposizione cui e'  stata  data  attuazione
con il decreto del  Ministro  della  salute  2  aprile  2015,  n.  70
(Regolamento  recante   definizione   degli   standard   qualitativi,
strutturali,  tecnologici  e  quantitativi  relativi   all'assistenza
ospedaliera). 
    Precisa ancora il ricorrente che il comma 3 del  menzionato  art.
14 della legge n. 161 del  2014  ha  poi  previsto,  conformemente  a
quanto consentito dall'articolo 17, paragrafo 3,  lettera  c),  della
richiamata  direttiva  2003/88/CE,  che:  «Nel  rispetto  di   quanto
previsto dall'art. 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e
successive  modificazioni,  al  fine  di  garantire  la   continuita'
nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti
collettivi nazionali di lavoro del comparto sanita'  disciplinano  le
deroghe alle  disposizioni  in  materia  di  riposo  giornaliero  del
personale  del  Servizio  sanitario  nazionale  preposto  ai  servizi
relativi all'accettazione, al trattamento  e  alle  cure,  prevedendo
altresi' equivalenti periodi di riposo  compensativo,  immediatamente
successivi al periodo  di  lavoro  da  compensare,  ovvero,  in  casi
eccezionali in cui la concessione  di  tali  periodi  equivalenti  di
riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, adeguate
misure di protezione del personale stesso». 
    Il ricorrente evidenzia, poi, che il medesimo comma  ha  previsto
che, nelle more del rinnovo  dei  contratti  collettivi  vigenti,  le
disposizioni  contrattuali   in   materia   di   durata   settimanale
dell'orario di lavoro e di riposo giornaliero, attuative delle  norme
abrogate, cessano di avere applicazione a  decorrere  dalla  data  di
loro abrogazione stabilita dal comma 1 dell'art. 14 e, dunque,  dallo
stesso 25 novembre 2015. 
    Infine,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  rappresenta   che,
proprio a seguito della pubblicazione della citata legge n.  161  del
2014, la ricordata procedura di infrazione e' stata archiviata. 
    1.2.- Il ricorrente impugna, altresi', l'art. 3, comma  l,  della
legge  regionale  in  esame,  secondo  cui:  «Le  Aziende   Sanitarie
regionali sono autorizzate, fino al 31 luglio 2016,  all'acquisizione
di personale sanitario a tempo  determinato,  anche  nella  forma  di
lavoro in somministrazione, fino ad  una  spesa  massima  complessiva
pari al costo sostenuto nell'anno 2015 per il periodo di assenza  del
personale dipendente in caso di  maternita',  malattia,  aspettative,
fruizione di altri benefici, distacchi, comandi e  permessi  previsti
dalla normativa. Tale costo non  viene  computato  agli  effetti  del
rispetto di tutti  i  vincoli  di  spesa  complessiva  del  personale
stabiliti dalla normativa nazionale e regionale». 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  la   disposizione   regionale   non
rispetterebbe i vincoli recati dalle vigenti disposizioni in  materia
di  contenimento  della  spesa  di  personale,  contrastando  con  la
disciplina statale di riferimento e, in particolare,  con  l'art.  2,
commi 71 e  72,  della  legge  23  dicembre  2009,  n.  191,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria  2010)»,  nonche'  con  l'articolo  9,
comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica), convertito dall'art. 1, comma 1, della  legge  30  luglio
2010, n. 122. 
    In particolare, l'art. 2, comma 71, della legge n. 191  del  2009
dispone: «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma  565,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, per
il triennio 2007-2009, gli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale
concorrono alla realizzazione degli  obiettivi  di  finanza  pubblica
adottando,  anche  nel  triennio  2010-2012,  misure   necessarie   a
garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a
carico delle amministrazioni e dell'imposta regionale sulle attivita'
produttive, non superino per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 il
corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1,4 per cento.
A tale fine si considerano  anche  le  spese  per  il  personale  con
rapporto  di  lavoro  a   tempo   determinato,   con   contratto   di
collaborazione coordinata e continuativa, o che presta  servizio  con
altre forme di rapporto  di  lavoro  flessibile  o  con  convenzioni.
[...]». Ai fini dell'applicazione di tale previsione, il comma  71  e
il successivo comma 72 del medesimo art. 2 dettano,  poi,  specifiche
indicazioni in ordine, rispettivamente, ai criteri di  computo  delle
spese  per  il   personale,   e   all'adozione   di   interventi   di
programmazione e di organizzazione da parte degli enti  del  Servizio
sanitario  nazionale  per  il  conseguimento   degli   obiettivi   di
contenimento della spesa cosi' previsti. 
    A sua volta, l'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 dispone:
«A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali  di  cui
agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999,  n.
300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici,  le
universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive  modificazioni
e integrazioni, le camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del
decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165,  possono  avvalersi  di
personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con  contratti
di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite  del  50  per
cento della spesa sostenuta per le stesse finalita'  nell'anno  2009.
Per le medesime amministrazioni la spesa  per  personale  relativa  a
contratti di formazione-lavoro, ad  altri  rapporti  formativi,  alla
somministrazione di lavoro,  nonche'  al  lavoro  accessorio  di  cui
all'articolo 70, comma 1,  lettera  d)  del  decreto  legislativo  10
settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni  ed  integrazioni,
non puo' essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per  le
rispettive finalita' nell'anno 2009. l limiti di cui al  primo  e  al
secondo periodo non si applicano, anche  con  riferimento  ai  lavori
socialmente utili, ai lavori di pubblica utilita' e  ai  cantieri  di
lavoro, nel caso in  cui  il  costo  del  personale  sia  coperto  da
finanziamenti specifici aggiuntivi o da  fondi  dell'Unione  europea;
nell'ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non  si  applicano
con riferimento alla sala quota  finanziata  da  altri  soggetti.  Le
disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali
ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano
le regioni, le province autonome, gli enti  locali  e  gli  enti  del
Servizio sanitario nazionale [...]». 
    Secondo  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  la   disposizione
censurata, derogando  ai  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica recati dalle suddette norme statali, violerebbe l'art.  117,
terzo comma, Cost. Inoltre, la disposizione, omettendo di indicare la
copertura economica delle spese derivanti dall'assunzione  a  termine
del predetto personale, violerebbe, altresi', l'art. 81 Cost. 
    1.3.- La Regione Basilicata non si e' costituita. 
    2.- Con il secondo ricorso, notificato e  depositato  in  data  4
ottobre 2016 (reg. ric. n. 57 del 2016), il Presidente del  Consiglio
dei ministri propone questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
riferimento agli artt. 117, primo comma, e secondo comma, lettera l),
Cost., dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione  Basilicata  4
agosto 2016, n. 17 (Modifiche a norme in materia di  sanita'),  nella
parte in cui modifica  il  comma  l  dell'art.  2  della  legge  reg.
Basilicata n. 53 del 2015, sostituendo le parole «31 luglio 2016» con
le parole «31 dicembre 2016». 
    Il ricorrente deduce che la norma censurata  «proroga,  di  fatto
consolidandone gli effetti, la disciplina transitoria di cui all'art.
2 della l.r. n. 53/2015» (gia' oggetto del ricorso iscritto al  n.  4
del 2016) «e, in tal modo, reitera, aggravandole, le  violazioni  dei
principi costituzionali gia' denunciate in sede di impugnativa  della
legge sulla quale interviene». 
    Ad avviso dell'Avvocatura, l'art. 1, comma 1,  della  legge  reg.
Basilicata  n.  17  del   2016,   sarebbe   dunque   in   parte   qua
costituzionalmente illegittimo, nella misura in cui reitera  le  gia'
denunziate  violazioni   dei   vincoli   derivanti   dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali,  di  cui  all'art.  117,
primo comma, Cost. e della  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato in materia di ordinamento civile, di cui all'art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    Nel riproporre le argomentazioni gia'  svolte  a  sostegno  della
declaratoria di illegittimita' costituzionale delle  disposizioni  di
cui all'art. 2, comma 1, lettere a) e c), della legge reg. Basilicata
n. 53 del 2015, l'Avvocatura ha avanzato richiesta di  riunione  «per
evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva»  del  ricorso
cosi' proposto, al ricorso n. 4 del 2016. 
    2.1.- Neanche in  tale  giudizio  la  Regione  Basilicata  si  e'
costituita. 
    2.2.- In prossimita' dell'udienza, il  ricorrente  ha  depositato
unica memoria in riferimento ai due ricorsi proposti, insistendo,  in
particolare, per la declaratoria della illegittimita'  costituzionale
delle disposizioni di cui all'art. 2, comma 1, lettere a) e c), della
legge reg. Basilicata n. 53 del 2015, oggetto del ricorso  n.  4  del
2016 e di cui all'art. 1, comma 1, della legge reg. Basilicata n.  17
del 2016, oggetto del ricorso n. 57 del 2016. 
    Al riguardo, l'Avvocatura generale dello Stato ribadisce  che  le
nuove norme sull'orario di lavoro introdotte con la legge n. 161  del
2014, applicabili al personale delle aeree dirigenziali e  del  ruolo
del Servizio sanitario nazionale, hanno consentito  alla  Commissione
Europea di rinunciare, con atto  del  17  dicembre  2014,  agli  atti
concernenti la procedura di infrazione  comunitaria,  attivata  dalla
Commissione medesima con atto 1° aprile 2014, per assunta  violazione
degli artt. 3, 16 e 17,  paragrafo  2,  della  direttiva  2003/88/CE,
concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di  lavoro
del personale del Servizio sanitario nazionale, e che, per effetto di
tale rinuncia, la causa C-124/14 e' stata cancellata dal ruolo  della
Corte di Giustizia. 
    Deduce, altresi', il ricorrente che «La  Corte  di  Giustizia  ha
piu'  volte  affermato  che  queste  disposizioni,  contenute   nelle
direttive citate ed ora  introdotte  anche  nell'ordinamento  statale
italiano, relative alla  determinazione  dell'orario  di  lavoro  del
personale del Servizio sanitario hanno natura di norme inderogabili e
sono immediatamente applicabili negli  Stati  dell'Unione  anche  nei
confronti dei singoli». In particolare, l'Avvocatura  generale  dello
Stato ricorda che,  «da  ultimo,  con  sentenza  emessa  in  data  23
dicembre 2015 nella causa C-180/14 - Commissione c. Grecia - la Corte
di Giustizia ha statuito che la normativa greca e' in  contrasto  con
il diritto dell'Unione nella parte in cui, consentendo ai  medici  di
lavorare consecutivamente 24 ore o piu', non ha applicato  la  durata
massima di 48 ore dell'orario di lavoro settimanale e non ha previsto
un tempo minimo di  riposo  giornaliero  ne'  un  periodo  di  riposo
compensativo». 
    Pur rilevato che, medio tempore, e' intervenuta la cessazione  di
efficacia  delle  disposizioni  regionali  impugnate,  il  ricorrente
ribadisce,  tuttavia,  l'interesse  dello  Stato  a   conseguire   la
pronuncia di incostituzionalita', attesa anche  la  pendenza  davanti
all'Autorita' giudiziaria ordinaria di numerosi giudizi civili intesi
ad ottenere il risarcimento dei danni subiti dal personale  sanitario
per  effetto  della  mancata  o  incompleta  attuazione  del  diritto
dell'Unione Europea in tema di determinazione dell'orario  di  lavoro
dei medici e del personale del Servizio sanitario nazionale. 
    In proposito, la difesa erariale  evidenzia  che  la  Commissione
europea ha avviato una  nuova  procedura  di  infrazione  proprio  in
relazione all'emanazione, da parte della  Regione  Basilicata,  della
legge regionale n. 53 del 2015 (caso EU Pilot 8414/16 EMPL, procedura
specificamente avviata  per  ottenere  informazioni  in  merito  alla
compatibilita' della normativa regionale con la direttiva 2003/88/CE)
e che «la Commissione, a seguito di colloqui intervenuti con lo Stato
italiano - che ha confermato la pendenza  dei  due  ricorsi  proposti
avanti a codesta Ecc.ma Corte (note Ministero della Salute 14.06.2016
n. 3971 e 28.06.2016, n. 4226) - ha sospeso la  procedura  in  attesa
dell'esito del giudizio di legittimita' costituzionale pendente». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
iscritto al reg. ric.  n.  4  del  2016,  ha  promosso  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 1, lettere a) e  c),
e 3 della legge della Regione Basilicata  26  novembre  2015,  n.  53
(Disposizioni urgenti per l'applicazione dell'articolo 14 della legge
30 ottobre 2014,  n.  161),  recanti  una  disciplina  transitoria  e
temporanea in materia di personale dipendente dal Servizio  sanitario
nazionale, in servizio presso la Regione  Basilicata,  al  dichiarato
fine di «garantire la piena attuazione di quanto  disposto  dall'art.
14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161 ed assicurare  la  continuita'
nell'erogazione dei  servizi  sanitari,  dei  Livelli  Essenziali  di
Assistenza (LEA) e l'ottimale funzionamento delle strutture». 
    L'art. 2, comma 1, della legge reg. Basilicata  n.  53  del  2015
dispone che «Nelle more  della  definizione  della  nuova  disciplina
contrattuale nazionale in relazione alle disposizioni  contenute  nel
D.lgs. n. 66/2003 [...] e comunque non oltre il 31 luglio 2016»,  per
il calcolo  della  durata  massima  settimanale  di  quarantotto  ore
dell'orario di lavoro, il periodo di riferimento e'  di  dodici  mesi
(lettera a), e che sono  possibili  riposi  giornalieri  inferiori  a
undici  ore,  in  presenza  di  eventi  eccezionali  non  prevedibili
(lettera c). 
    Il ricorrente ritiene che le predette disposizioni violino l'art.
117,  primo  comma,  della  Costituzione,  in   quanto   disattendono
previsioni dettate dalla normativa comunitaria, e l'art.  117,  terzo
comma, lettera l),  Cost.,  in  quanto  la  materia  dell'ordinamento
civile e' riservata allo Stato. 
    A sua volta, l'art. 3, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 53
del 2015 autorizza le Aziende Sanitarie Locali  della  Regione,  fino
alla medesima  data  del  31  luglio  2016,  ad  acquisire  personale
sanitario  a  tempo  determinato,   anche   attraverso   agenzie   di
somministrazione, fino ad una spesa massima complessiva pari al costo
sostenuto nell'anno 2015 per  il  periodo  di  assenza  di  personale
dipendente  che  prevedono  la  conservazione  del  posto  di  lavoro
(maternita', malattia, aspettativa, distacchi,  comandi,  permessi  e
fruizione di altri  benefici),  stabilendo  che  tale  costo  non  e'
computabile agli effetti del rispetto di tutti  i  vincoli  di  spesa
complessiva  del  personale  stabiliti  dalla   normativa   nazionale
regionale. 
    Il ricorrente assume  che  tale  disposizione,  nel  disattendere
norme statali costituenti principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, violi l'art. 117, terzo comma, Cost. e, nel  non  prevedere
la  copertura  economica  delle  spese  da  essa  derivanti,   violi,
altresi', l'art. 81 Cost. 
    Successivamente, con ricorso iscritto al  reg.  ric.  n.  57  del
2016, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  impugnato,  per
violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera  l),  Cost.,
la disposizione di cui all'art. 1, comma 1, della legge della Regione
Basilicata 4 agosto 2016, n. 17 (Modifiche  a  norme  in  materia  di
sanita'), nella parte in cui differisce dal  31  luglio  2016  al  31
dicembre 2016 il termine della disciplina transitoria  dettata  dalle
disposizioni di cui all'art. 2, comma 1, della legge reg.  Basilicata
n. 53 del 2015, oggetto del ricorso n. 4 del 2016. 
    2.- I due ricorsi  hanno  un  oggetto  e  questioni  parzialmente
comuni  e,  pertanto,  devono  essere  riuniti  per  essere  trattati
congiuntamente e decisi con una unica pronuncia. 
    3.- Sempre in via preliminare,  si  rileva  che  le  disposizioni
censurate hanno esaurito la loro efficacia: il 31 dicembre  2016,  le
disposizioni di cui all'art. 2, comma 1, lettere a) e c), della legge
reg. Basilicata n. 53 del 2015, concernenti l'orario di lavoro  e  il
regime dei riposi giornalieri; il 31 luglio 2016, le disposizioni  di
cui  all'art.  3  della  medesima  legge  regionale,  concernenti  la
facolta' attribuita alle  Aziende  Sanitarie  regionali  di  assumere
personale a tempo determinato, per le finalita' ivi indicate. 
    Tuttavia, tale circostanza non  incide  sulla  definizione  delle
questioni  proposte,  in  quanto  le  disposizioni  censurate,   come
presumibile,  hanno  avuto  applicazione.   Inoltre,   con   riguardo
specifico alle questioni  relative  alla  disciplina  dell'orario  di
lavoro del  personale  sanitario,  il  permanere  dell'interesse  del
ricorrente alla definizione del giudizio e' attestato, per i  profili
dallo stesso evidenziati, anche dalla pendenza di  una  procedura  di
infrazione comunitaria, relativa alle previsioni regionali censurate. 
    4.- Con i ricorsi in esame sono promosse due  distinte  questioni
di legittimita' costituzionale: la  prima,  in  riferimento  all'art.
117, commi primo  e  secondo,  lettera  l),  Cost.,  concernente  gli
interventi del legislatore regionale in materia di orario  di  lavoro
settimanale e  di  riposi  giornalieri  per  il  personale  del  SSN,
destinati ad operare in via transitoria fino al 31  luglio  2016  (ai
sensi dell'art.  2,  comma  1,  lettere  a  e  c,  della  legge  reg.
Basilicata n. 53 del 2015), termine poi differito al 31 dicembre 2016
dall'art. 1, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 17 del 2016;  la
seconda, in riferimento agli artt. 117,  terzo  comma,  e  81  Cost.,
concernente la autorizzazione,  prevista  dall'art.  3  della  citata
legge regionale n. 53 del 2015, alle Aziende Sanitarie  regionali  di
acquisire, fino al  31  luglio  2016,  personale  sanitario  a  tempo
determinato. 
    4.1.- Entrambe le questioni risultano  fondate,  nei  termini  di
seguito indicati. 
    4.2.- Con riferimento alla prima delle questioni in esame, questa
Corte rileva che le disposizioni regionali censurate  in  materia  di
orario  di  lavoro  del  personale  sanitario  incidono  su   aspetti
disciplinati dalla normativa statale, applicabile anche all'orario di
lavoro del personale delle aree dirigenziali e  del  ruolo  sanitario
del Servizio sanitario nazionale, in base al combinato disposto degli
artt. 4, 7 e  17  del  decreto  legislativo  8  aprile  2003,  n.  66
(Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni
aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro),  e  dell'art.  14
della legge 30 ottobre 2014, n.  161  (Disposizioni  per  adempimento
degli obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
Europea - Legge europea 213-bis). 
    In  particolare,  come  evidenziato  dal  ricorrente,  la  citata
disposizione di cui all'art. 14 della legge n. 161 del 2014 e'  stata
espressamente adottata a seguito della  procedura  di  infrazione  n.
2011/4185,  nella  quale  era  stata  contestata  all'Italia  la  non
conformita' alla normativa europea in materia  di  orario  di  lavoro
delle disposizioni relative  al  personale  delle  aree  dirigenziali
degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale, previste
dal comma 13 dell'art. 41 del decreto-legge 25 giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e, per il  personale  del
ruolo sanitario del SSN, dal comma 6-bis dell'art. 17 del  d.lgs.  n.
66 del 2003,  introdotto  dall'art.  3,  comma  85,  della  legge  24
dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)». 
    Il medesimo art. 14 della legge n. 161 del 2014 aveva,  peraltro,
disposto che l'abrogazione  delle  citate  disposizioni  intervenisse
decorsi dodici mesi dalla entrata in vigore della legge stessa, cosi'
come che, dalla medesima data, cessassero di  avere  applicazione  le
disposizioni dei contratti collettivi adottate  in  base  alle  norme
cosi' adottate. 
    In tale quadro normativo, intervengono le disposizioni  regionali
censurate. 
    Osserva la Corte che, contrariamente a quanto affermato nell'art.
1  della  legge  reg.  Basilicata  n.  53  del  2015,   secondo   cui
l'intervento  sarebbe  adottato  «al  fine  di  garantire  la   piena
attuazione di quanto disposto dall'art. 14  della  legge  30  ottobre
2014, n. 161», le disposizioni introducono,  in  realta',  discipline
difformi rispetto a quanto disposto dalla normativa nazionale. 
    In proposito, e' significativo  che  l'adozione  della  legge  e'
intervenuta il 26 novembre  2015,  all'indomani  della  scadenza  del
predetto termine del  regime  transitorio  disposto  dalla  normativa
nazionale, cosi' configurando una proroga per il personale  sanitario
regionale, del ricordato regime  transitorio  previsto  dall'art.  14
della legge n. 161 del 2014, cessato il 25 novembre 2015. 
    Nello specifico, per  il  calcolo  della  durata  settimanale  di
quarantotto ore dell'orario di lavoro, l'art. 2, comma 1, lettera a),
della legge reg. Basilicata n. 53 del 2015, viene  a  determinare  in
dodici mesi il periodo di riferimento, assumendo contraddittoriamente
che cio' sarebbe in linea con l'art. 4 del d.lgs. n. 66 del 2003. 
    L'art. 4 del d.lgs. n. 66 del 2003 stabilisce invece  chiaramente
che il periodo di riferimento  non  puo'  superare  i  quattro  mesi,
demandando ai soli contratti collettivi di lavoro la possibilita'  di
portare a sei mesi detto periodo o, anche  fino  a  dodici  mesi,  ma
esclusivamente a fronte di specifiche ragioni obiettive,  tecniche  o
organizzative individuate dai medesimi contratti. 
    Cio' in conformita' a quanto disposto dal legislatore europeo con
la direttiva 2003/88/CE del 4 novembre 2003 (Direttiva del Parlamento
europeo    e    del    Consiglio    concernente    taluni     aspetti
dell'organizzazione  dell'orario  di   lavoro),   sostitutiva   della
direttiva 93/104/CE del 23 novembre  1993  (Direttiva  del  Consiglio
concernente  taluni  aspetti   dell'organizzazione   dell'orario   di
lavoro): rispettivamente, l'art. 6 per la durata massima; l'art.  16,
lettera b), per il periodo di riferimento  non  superiore  a  quattro
mesi; gli artt. 18 e 19, per  la  possibilita'  di  deroghe  mediante
contratto  collettivo,  nei  limiti  di  sei  mesi  o,  per   ragioni
oggettive, fino a dodici mesi. 
    Quanto ai riposi giornalieri, l'art. 7 del d.lgs. n. 66 del 2003,
in  conformita'  a  quanto  disposto  dall'art.  3  della   direttiva
2003/88/CE, riconosce il diritto  del  lavoratore  a  undici  ore  di
riposo  consecutivo  ogni  ventiquattro  ore.  Il  medesimo   decreto
legislativo prevede, all'art. 17, la possibilita' di derogare a  tale
disposizione  mediante  contratti  collettivi  stipulati  a   livello
nazionale  con   le   organizzazioni   sindacali   comparative   piu'
rappresentative. 
    Diversamente, la disposizione censurata di cui all'art. 2,  comma
1, lettera c), della legge reg. Basilicata n. 53  del  2015,  prevede
che il limite cosi' posto dall'art. 7 del d.lgs. n. 66 del 2003 possa
essere - direttamente - derogato in presenza di eventi eccezionali  e
non  prevedibili  o  assenze  improvvise  che   non   consentano   la
continuita' dell'assistenza,  come  accertata  dai  responsabili  dei
servizi sanitari interessati. 
    Risulta,  dunque,  evidente  che  le  due  previsioni   regionali
censurate ledono la riserva che il legislatore nazionale ha assegnato
in via esclusiva all'autonomia collettiva di  poter  derogare,  entro
precisi limiti e  a  determinate  condizioni,  alle  disposizioni  in
materia  di  durata  massima  settimanale  del  lavoro  e  di  riposo
giornaliero, poste dal legislatore nazionale stesso in via generale. 
    A fronte di cio' la normativa regionale censurata deve  ritenersi
anzitutto lesiva della competenza legislativa statale in  materia  di
ordinamento civile, di cui all'art. 117, secondo comma,  lettera  l),
Cost. 
    La disciplina dei vari aspetti della definizione del tempo  della
prestazione lavorativa  e'  parte  integrante  della  disciplina  del
trattamento normativo del lavoratore  dipendente,  sia  pubblico  che
privato che, secondo il costante indirizzo di questa  Corte,  rientra
nell'ordinamento civile (in tal senso, ex plurimis, sentenze  n.  257
del 2016, n. 178 del 2015, n. 18 del 2013, n. 290, n. 215  e  n.  213
del 2012, n. 339 e n. 77 del 2011, n. 324 del 2010). 
    Al riguardo, questa Corte ha gia' avuto  modo  di  affermare,  in
riferimento alle ferie -  costituenti  anch'esse  una  manifestazione
della disciplina della  articolazione  del  tempo  della  prestazione
lavorativa - che l'istituto e' «parte integrante del trattamento  del
prestatore  di  lavoro»,  rientrante   nella   esclusiva   competenza
legislativa dello Stato,  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost. (sentenza n. 286 del 2013). 
    Ne' a  tali  considerazioni  potrebbe  eventualmente  opporsi  la
rilevanza che la regolazione  dell'orario  di  lavoro  del  personale
pubblico regionale assume sugli assetti organizzativi dei servizi che
la regione deve assicurare, trattandosi di competenza  residuale  che
deve  esercitarsi  nel  rispetto  dei  limiti  derivanti   da   altre
competenze statali, quali appunto quelle in  materia  di  ordinamento
civile. 
    Pertanto,  la  regione,  al  fine  di  assolvere   alle   proprie
inderogabili  funzioni,  dovra'  adottare  interventi  di   carattere
organizzativo e di razionalizzazione,  tra  i  quali  modalita'  piu'
efficienti di utilizzo delle risorse umane disponibili. 
    4.3.- Resta, pertanto, assorbita  la  censura  relativa  all'art.
117, primo comma, Cost. 
    4.4.-  Le  predette  considerazioni,  riferite   alla   impugnata
previsione di cui all'art. 2, comma 1, lettere a) e c),  della  legge
reg. Basilicata n. 53 del 2015, si  estendono  conseguentemente  alla
proroga della loro vigenza al 31 dicembre 2016, disposta dall'art.  1
della legge reg. Basilicata n. 17 del 2016, avendo essa  rinnovato  e
prolungato la riscontrata violazione costituzionale. 
    5.-  La  seconda  questione  di  legittimita'  e'   promossa   in
riferimento all'art. 3 della stessa legge della Regione Basilicata n.
53 del 2015. 
    La previsione normativa impugnata autorizza le Aziende  Sanitarie
regionali, fino al 31  luglio  2016,  all'acquisizione  di  personale
sanitario a  tempo  determinato,  anche  nella  forma  di  lavoro  in
somministrazione, per una spesa massima  complessiva  pari  al  costo
sostenuto nell'anno 2015 per il  periodo  di  assenza  del  personale
dipendente in caso di diritto alla conservazione del posto di lavoro.
La norma censurata dispone, poi,  che  il  costo  derivante  da  tali
assunzioni non e' computabile agli effetti del rispetto  di  tutti  i
vincoli di spesa complessiva del personale stabiliti dalla  normativa
nazionale e regionale. 
    Il ricorrente assume che la disposizione regionale  si  ponga  in
contrasto  con  i  limiti  di  assunzione  di   personale   a   tempo
determinato,  nelle  varie  tipologie  contrattuali,  posti  per   le
pubbliche amministrazioni dall'art. 2, commi 71 e 72, della legge  23
dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»,
e dall'art. 9, comma 28, del decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, in tal modo ledendo i
principi di coordinamento della finanza  pubblica,  che  le  predette
disposizioni statali configurano. 
    La  norma  regionale  in  esame  risulta  in  contrasto  con   le
disposizioni  nazionali  innanzi  invocate  dal  ricorrente  ed,   in
particolare, con la previsione di cui all'art. 9, comma 28, del  d.l.
n. 78 del 2010 che, ai fini del presente giudizio,  assume  peculiare
rilievo quale norma interposta. 
    Difatti la norma  censurata  autorizza,  come  si  e'  visto,  le
aziende sanitarie regionali fino  al  31  luglio  2016  ad  acquisire
personale sanitario a tempo determinato, anche in forma di lavoro  in
somministrazione, per una spesa massima  complessiva  pari  al  costo
sostenuto nel 2015 per il periodo di assenza del personale dipendente
nei diversi casi in cui sia previsto il  diritto  alla  conservazione
del posto di lavoro. La relazione illustrativa e  tecnico-finanziaria
della legge regionale in esame chiarisce che  tale  costo  e'  quello
sostenuto «per sopperire al deficit di prestazioni  orarie  dovute  a
maternita',  malattia,  aspettative,  fruizione  di  altri  benefici,
distacchi, comandi e permessi previsti dalla normativa». 
    La norma regionale si riferisce, dunque, a determinate assunzioni
a termine per specifiche finalita'. 
    L'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010,  invece,  stabilisce
la possibilita', da qualsiasi finalita' motivata,  per  le  pubbliche
amministrazioni di avvalersi di personale a tempo determinato - o con
convenzioni,  ovvero  contratti  di   collaborazione   coordinata   e
continuativa - nel limite  massimo  del  50  per  cento  delle  spese
sostenute nell'anno 2009 per le stesse finalita', vale a dire per  le
medesime tipologie di utilizzo di risorse umane. 
    La riscontrata difformita' della disposizione censurata  rispetto
alla predetta normativa nazionale di riferimento, e il fatto che essa
dispone che il costo delle contemplate assunzioni non e'  computabile
«agli effetti del rispetto di tutti vincoli di spesa complessiva  del
personale stabilita dalla normativa nazionale e regionale»,  comporta
in modo inequivoco la sua incompatibilita' con  i  vincoli  di  spesa
complessivamente posti dal legislatore statale per le  assunzioni  di
personale   a   tempo   determinato   da   parte   delle    pubbliche
amministrazioni, comprese le regioni. 
    Questa Corte ha  gia'  avuto  modo  di  affermare  ripetutamente,
proprio in riferimento all'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010,
che lo Stato, nell'esercizio  della  sua  competenza  concorrente  in
materia di coordinamento della finanza pubblica, puo'  legittimamente
porre, anche alle regioni, limiti alle possibilita' di  assunzione  a
tempo  determinato,  e  che  la  predetta  disposizione   costituisce
principio generale di coordinamento della finanza pubblica, ai  quali
si devono adeguare le regioni stesse, nonche' gli enti  del  Servizio
sanitario nazionale (sentenze n. 61 del 2014, n. 18 del 2013 e n. 173
del 2012). 
    Pertanto, la norma regionale  scrutinata,  non  adeguandosi  alle
disposizioni  adottate  dal  legislatore   nazionale   in   tema   di
contenimento delle spese per  l'acquisizione  di  personale  a  tempo
determinato da parte delle pubbliche amministrazioni, ivi comprese le
regioni e gli enti del Servizio  sanitario  nazionale,  viola  l'art.
117,  terzo  comma,  Cost.,  in  relazione  alla  competenza  statale
concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica». 
    Resta, conseguentemente, assorbita la censura  relativa  all'art.
81 Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2,  comma
1, lettere a) e c), e 3  della  legge  della  Regione  Basilicata  26
novembre  2015,  n.  53  (Disposizioni  urgenti  per   l'applicazione
dell'articolo 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione Basilicata 4 agosto 2016, n. 17  (Modifiche
a norme in materia di  sanita'),  nella  parte  in  cui  dispone  che
«all'art. 2, comma 1, della legge regionale 26 novembre 2015, n.  53,
la data del "31  luglio  2016"  e'  sostituita  dalla  data  del  "31
dicembre 2016"». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA