N. 73 SENTENZA 22 febbraio - 12 aprile 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Disposizioni varie in materia di edilizia e  urbanistica  (interventi
  edilizi straordinari su edifici esistenti in deroga agli  strumenti
  urbanistici   vigenti;   retroattiva   estensione   agli    edifici
  residenziali  in  fase  di   realizzazione,   comprese   le   nuove
  costruzioni)  e  di  sanita'  pubblica  (limiti  di  spesa  per  il
  personale delle Aziende sanitarie). 
- Legge della Regione Basilicata 4 marzo 2016, n. 5  (Collegato  alla
  Legge di stabilita' regionale 2016), artt. 42, 44, commi 1, 2 e  3;
  legge della Regione Basilicata 8 agosto 2012, n. 16, art. 20, comma
  4, come sostituito dall'art. 63, comma 1, della legge regionale  n.
  5 del 2016. 
-   
(GU n.16 del 19-4-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  42,  44,
commi 1, 2 e 3, e 63, comma 1, della legge della Regione Basilicata 4
marzo 2016, n. 5 (Collegato alla Legge di stabilita' regionale 2016),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 3-6 maggio 2016, depositato in cancelleria il 4  maggio
2016 ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2016. 
    Udito nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    udito l'avvocato dello Stato Pietro Garofoli  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, notificato il 3-6 maggio 2016, il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 42, 44 e
63, comma 1, della legge della Regione Basilicata 4 marzo 2016, n.  5
(Collegato alla Legge di stabilita' regionale 2016),  pubblicata  nel
BUR Basilicata n. 9 del 4 marzo 2016, in riferimento agli artt.  3  e
117, terzo comma, della Costituzione. 
    2.- Evidenzia il ricorrente che l'art. 42 della  legge  regionale
impugnata interpreta autenticamente l'art. 3 della legge regionale  7
agosto 2009, n. 25 (Misure urgenti e straordinarie volte al  rilancio
dell'economia  e  alla  riqualificazione  del   patrimonio   edilizio
esistente). La norma interpretata prevede,  nella  sua  prima  parte,
che: «La Regione Basilicata, per le finalita' di cui all'art.  1,  in
deroga agli strumenti urbanistici  comunali  vigenti  e  all'art.  44
della legge regionale n.  23/1999,  promuove  il  rinnovamento  e  la
sostituzione del patrimonio edilizio  esistente  realizzato  dopo  il
1942 che non abbia un adeguato livello di protezione sismica rispetto
alle norme tecniche vigenti o  che  non  abbia  adeguati  livelli  di
prestazione energetica». La stessa norma, ancora, prevede, sempre nel
primo comma,  che  in  ragione  di  siffatte  finalita'  «[...]  sono
consentiti interventi straordinari di demolizione e ricostruzione  di
edifici  esistenti,  autorizzati  o  condonati,  con  aumento   della
superficie complessiva entro il limite max del 30%». 
    Cio' premesso, la disposizione impugnata recita testualmente: «1.
L'articolo 3, comma 1 della legge regionale 7  agosto  2009,  n.  25,
come modificato dall'articolo 4  della  legge  regionale  3  dicembre
2012, n. 25, nella parte  in  cui  prevede  che:  "A  tal  fine  sono
consentiti interventi straordinari di demolizione e ricostruzione  di
edifici  esistenti,  autorizzati  o  condonati,  con  aumento   della
superficie complessiva entro il limite max del 30%", va  interpretato
con continuita' temporale nel senso che: "tra gli  edifici  esistenti
sono  ricompresi  anche  gli  edifici   residenziali   in   fase   di
realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso di validita'"». 
    2.1.- Ad avviso del Governo la  disposizione  censurata,  seppure
qualificata dallo stesso legislatore regionale in termini di norma di
interpretazione autentica, non si pone in linea  con  le  indicazioni
offerte dalla Corte Costituzionale nello  scrutinare,  attraverso  il
parametro offerto dall'art. 3 Cost., la legittimita' delle  norme  di
interpretazione autentica o comunque delle norme dotate di  efficacia
retroattiva:  non  assegna,  infatti,  alla  norma  interpretata   un
significato gia' in questa contenuto, riconoscibile  come  una  delle
possibili letture del testo originario; ne', ancora, vale a  chiarire
situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in  ragione  di
un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o consente  di  ristabilire
un'interpretazione  piu'  aderente  alla  originaria   volonta'   del
legislatore a tutela della certezza del diritto e  della  eguaglianza
dei  cittadini,  principi  di  preminente  interesse  costituzionale.
Piuttosto, lungi dal fornire un'interpretazione possibile  del  testo
della legge impugnata, ne amplia all'evidenza l'estensione, cosi'  da
legittimare le relative deroghe volumetriche ad interventi su edifici
(quelli residenziali in fase di realizzazione) che non  ne  avrebbero
in alcun modo potuto beneficiare a mente  della  predetta  disciplina
regionale del 2009. 
    Ne',  ancora,  si   rimarca   da   parte   del   ricorrente,   la
retroattivita' della disposizione de qua finisce comunque per trovare
giustificazione nella tutela di principi, diritti e beni  di  rilievo
costituzionale, che costituiscono altrettanti  motivi  imperativi  di
interesse generale, ai sensi della Convenzione  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata  a  Roma
il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con  legge  4  agosto
1955, n. 848; si  mostra,  per  contro,  lesiva  dei  principi  prima
richiamati  ed  in  particolare   della   certezza   dell'ordinamento
giuridico e dell'affidamento dei soggetti destinatari. 
    3.-  Il  Governo  muove  analoghe  contestazioni  nei   confronti
dell'art. 44 della legge regionale in esame. 
    3.1.- Segnala, a tal fine, il ricorrente  che  con  i  primi  due
commi  della  norma  censurata  si  interpretano  autenticamente   le
disposizioni rispettivamente contenute nell'art.  8,  commi  1-bis  e
1-ter, della citata legge n. 25 del 2009. In particolare, si  precisa
che tali ultime due disposizioni,  dettate  in  relazione  ai  titoli
abilitativi funzionali alle opere di ristrutturazione con demolizione
e successiva  ricostruzione  considerate  dall'art.  3  della  stessa
legge, nel riferirsi ai relativi interventi edilizi in deroga, devono
ritenersi  applicabili  «[...]  anche  agli  edifici   in   fase   di
realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso  di  validita',
compreso quelli aventi  ad  oggetto  nuove  costruzioni,  cosi'  come
definito dal D.P.R. n. 380/2001» 
    Ne consegue, secondo quanto prospettato nel ricorso, che  tramite
le  due  disposizioni  impugnate  ed  in  ragione   del   significato
interpretativo dalle stesse dettato, viene  estesa  retroattivamente,
sin dalla entrata in vigore della legge regionale n. 25 del 2009,  la
possibilita' di assentire interventi in deroga anche  su  edifici  in
fase di realizzazione, comprese le nuove costruzioni. 
    3.2.- Con il ricorso si censura anche il  comma  3  dell'art.  44
della legge impugnata, con  il  quale  il  legislatore  regionale  ha
attribuito, in via generalizzata, natura di norme di «interpretazione
normativa» a tutte le modifiche della citata legge  n.  25  del  2009
apportate dalla legge regionale 27 gennaio 2015, n. 4 (Collegato alla
Legge di stabilita' regionale 2015). 
    In particolare, nel ricorso  si  fa  riferimento  alle  modifiche
apportate al comma 3-bis dell'art. 2 della  legge  n.  25  del  2009,
dall'art.  9  della  legge  n.  4  del  2015,  destinata  ad  operare
retroattivamente perche' avente natura assertivamente interpretativa;
a quelle previste dall'art. 10 della legge  n.  4  del  2015,  cadute
sugli artt. 2, commi 1 e 3-quinquies, e 9 della legge n. 25 del 2009;
ancora, alle modifiche dettate dall'art. 11  della  legge  n.  4  del
2015, relative all'art. 2, comma 3-quater,  della  legge  n.  25  del
2009; alle modifiche apportate dall'art. 12 della  citata  legge  del
2015, con il quale e' stato innovato il comma  5  dell'art.  3  della
legge del 2009 e sono stati introdotti i commi 5-sexies  e  5-septies
dello stesso articolo; infine, alle modifiche apportate dall'art.  13
della legge n. 4 del 2015 a modifica  del  comma  1-ter  dell'art.  5
della richiamata legge n. 25 del 2009. 
    Anche in  questo  caso,  si  rimarca  nel  ricorso,  le  predette
disposizioni   sarebbero   illegittime   perche'   fanno   retroagire
l'efficacia di tali norme in contrasto con l'art. 3 Cost., violazione
parimenti  sostanziata  dalle  medesime  ragioni  di   doglianza   in
precedenza rassegnate per le altre norme censurate. 
    4.- Gli artt.  42  e  44  oggetto  di  impugnazione,  secondo  il
ricorrente, travalicano inoltre i limiti della  potesta'  legislativa
regionale, invadendo l'ambito assegnato alla  legge  dello  Stato  in
materia di «governo del territorio» ex art. 117, terzo comma, Cost. 
    4.1.- Segnatamente, le disposizioni impugnate, una volta  che  se
ne riconosca la legittima natura retroattiva, sarebbero in  conflitto
con gli artt. 36 e 37, comma 4,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  6  giugno  2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia  edilizia  (Testo
A)», evocati quali parametri interposti; norme,  queste  ultime,  cui
questa  Corte  ha  in  precedenza  ascritto  la  natura  di  principi
fondamentali  in  materia  di  «governo   del   territorio»   e   che
presuppongono,  ai  fini  del  rilascio  del  titolo  abilitativo  in
sanatoria, la c.d.  "doppia  conformita'",  intesa  come  conformita'
dell'intervento sia al momento della  realizzazione  sia  al  momento
della  presentazione  della  domanda.   Per   contro,   grazie   alla
retroattivita' delle norme in contestazione, la  portata  derogatoria
della legge regionale n. 25 del 2009 finirebbe per rendere  legittimi
ex post interventi che, eseguiti medio tempore, al momento della loro
realizzazione non erano conformi agli strumenti urbanistici all'epoca
vigenti. 
    4.2.-  Le  disposizioni  censurate,  se  ritenute  legittimamente
retroattive, sarebbero inoltre in conflitto con il disposto dell'art.
5 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo  -  Prime
disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con  modificazioni,
nella legge 12 luglio 2011, n. 106, che, al comma 10, esclude che gli
interventi edilizi in deroga, oggetto della normativa  di  interesse,
possano «riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o  in
aree ad inedificabilita' assoluta, con esclusione degli edifici per i
quali  sia  stato  rilasciato  il  titolo  abilitativo  edilizio   in
sanatoria». 
    5.- Il ricorrente censura altresi'  l'art.  63,  comma  1,  della
legge regionale n. 5 del 2016. Tale disposizione sarebbe in contrasto
con i principi di coordinamento  della  finanza  pubblica,  riservati
alla competenza statale ai sensi dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
dettati in materia di contenimento della spesa per il personale degli
enti del servizio sanitario. 
    5.1.- Nel ricorso si  evidenzia  che  la  norma  impugnata  detta
disposizioni in materia di limiti di spesa  per  il  personale  delle
Aziende  sanitarie.  In  particolare,  prevede  che:  «Il   comma   4
dell'articolo 20 della legge regionale 8  agosto  2012,  n.  16  come
modificato dall'articolo 1 della legge regionale 13 agosto  2015,  n.
36 e' cosi' sostituito: "4. In ogni caso  la  spesa  complessiva  del
personale per le Aziende Sanitarie provinciali di  Potenza  e  Matera
nonche' per l'Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza,  al
netto dei rinnovi contrattuali intervenuti  successivamente  all'anno
2004, non puo' essere superiore a quella dell'anno precedente,  cosi'
come risultante da idonea attestazione aziendale. In attuazione delle
disposizioni di cui all'art. 1, comma 584, della  legge  23  dicembre
2014, n. 190, la Giunta regionale adotta un programma pluriennale  di
graduale riduzione della spesa del personale delle  Aziende  ed  Enti
del servizio sanitario regionale, al fine di  garantire  l'obiettivo,
previsto per l'anno 2020, di una spesa complessiva del personale pari
a quella sostenuta nell'anno 2004 ridotta dell'1,4%  al  netto  della
spesa per il personale  del  sistema  dell'emergenza  urgenza  118  e
dell'IRCCS CROB di Rionero in Vulture  non  ancora  strutturata  alla
data del 31 dicembre 2004, individuando il limite  di  spesa  annuale
per ciascuna Azienda."». 
    5.2.- Il ricorrente rimarca che, ai sensi dell'art. 2, comma  71,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2010)», era previsto che «Fermo restando quanto  previsto
dall'articolo 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n.  296,  e
successive modificazioni, per il triennio  2007-2009,  gli  enti  del
Servizio sanitario  nazionale  concorrono  alla  realizzazione  degli
obiettivi  di  finanza  pubblica  adottando,   anche   nel   triennio
2010-2012, misure necessarie a garantire che le spese del  personale,
al lordo degli  oneri  riflessi  a  carico  delle  amministrazioni  e
dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, non  superino  per
ciascuno degli anni 2010, 2011 e  2012  il  corrispondente  ammontare
dell'anno  2004  diminuito  dell'1,4  per  cento.  A  tale  fine   si
considerano anche le spese per il personale con rapporto di lavoro  a
tempo determinato,  con  contratto  di  collaborazione  coordinata  e
continuativa, o che presta servizio con altre forme  di  rapporto  di
lavoro flessibile o con convenzioni. Ai fini dell'applicazione  delle
disposizioni di cui al presente comma, le spese per il personale sono
considerate al netto: a) per l'anno 2004, delle spese  per  arretrati
relativi ad anni precedenti  per  rinnovo  dei  contratti  collettivi
nazionali di lavoro; b) per ciascuno degli anni 2010,  2011  e  2012,
delle spese derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi  nazionali
di lavoro intervenuti successivamente all'anno  2004.  Sono  comunque
fatte salve, e devono essere escluse sia  per  l'anno  2004  sia  per
ciascuno degli  anni  2010,  2011  e  2012,  le  spese  di  personale
totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati, nonche' le
spese relative alle assunzioni a tempo determinato e ai contratti  di
collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti
di ricerca finanziati  ai  sensi  dell'articolo  12-bis  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni». 
    Si segnala, ancora, che, ai sensi del successivo  comma  72,  gli
enti destinatari delle disposizioni di cui al comma 71 -  nell'ambito
degli indirizzi fissati dalle Regioni, anche  in  connessione  con  i
processi   di    riorganizzazione,    ivi    compresi    quelli    di
razionalizzazione ed efficientamento della rete ospedaliera,  per  il
conseguimento degli obiettivi di contenimento  della  spesa  previsti
dal medesimo comma - predispongono un programma annuale di  revisione
delle consistenze di  personale  dipendente  a  tempo  indeterminato,
determinato, che presta  servizio  con  contratti  di  collaborazione
coordinata e continuativa o con altre forme di  lavoro  flessibile  o
con convenzioni, finalizzato alla riduzione della  spesa  complessiva
per il personale, con conseguente  ridimensionamento  dei  pertinenti
fondi della contrattazione integrativa. 
    Le disposizioni citate da ultimo, evidenzia ancora il ricorrente,
benche' riferite al triennio 2010-2012,  sono  state  successivamente
estese agli anni dal 2013 al 2020, ai sensi dell'art.  17,  comma  3,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito dalla legge 15 luglio  2011,
n. 111, come modificato  dall'art.  1,  comma  584,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2015)». 
    5.3.- Cio' premesso, la disposizione censurata,  nella  parte  in
cui esclude, dal  computo  della  spesa  cui  applicare  il  predetto
obiettivo di risparmio,  il  «personale  del  sistema  dell'emergenza
urgenza 118 e dell'IRCCS CROB di Rionero  in  Vulture»,  finisce  per
compromettere, a livello regionale, l'osservanza degli  obiettivi  di
contenimento della spesa di personale previsti dall'art. 2, commi  71
e 72, della legge n. 191 del 2009 e dall'art. 17, comma 3,  del  d.l.
n. 98 del 2011, le cui disposizioni si configurano quali principi  di
coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art.  117,  comma
3, Cost. 
    Di qui la addotta violazione dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
per  effetto  del  contrasto  della  disciplina  regionale   con   la
disciplina statale evocata come parametro interposto. 
    6.- La Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli artt.  42,  44  e  63,
comma 1, della legge della Regione Basilicata  4  marzo  2016,  n.  5
(Collegato alla Legge di stabilita' regionale 2016),  per  violazione
degli artt. 3 e 117, terzo comma, della Costituzione. 
    In particolare, le prime due disposizioni, per quanto definite di
interpretazione  autentica,   avrebbero   un   contenuto   innovativo
retroattivo, non  giustificato  ex  art.  3  Cost.,  e  sarebbero  in
conflitto con i principi fondamentali dettati, in materia di  governo
del territorio, dagli artt. 36 e 37 del decreto del Presidente  della
Repubblica  6  giugno  2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia  edilizia  (Testo
A)»  (di  seguito:  TUE),  nonche'  dal  comma  10  dell'art.  5  del
decreto-legge 13  maggio  2011,  n.  70  (Semestre  Europeo  -  Prime
disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con  modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. 
    L'ultima  delle  disposizioni  censurate  sarebbe,   invece,   in
conflitto con i  principi  fondamentali  dettati  dalla  legislazione
statale in materia di coordinamento della finanza pubblica  sul  tema
del contenimento delle spese del personale sanitario. 
    Di qui il riferimento al terzo comma dell'art. 117 Cost., evocato
in ragione del rilevato contrasto con i principi dettati dall'art. 2,
commi 71 e  72,  della  legge  23  dicembre  2009,  n.  191,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2010)». 
    2.- Le disposizioni contenute negli artt. 42  e  44  della  legge
impugnata sono qualificate dallo stesso legislatore  regionale  norme
di interpretazione autentica. Mirano, in particolare,  a  fornire  il
senso,  vincolante  per  l'interprete,   da   assegnare   ad   alcune
disposizioni contenute nella legge regionale 7  agosto  2009,  n.  25
(Misure urgenti e straordinarie volte  al  rilancio  dell'economia  e
alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente). 
    2.1.- L'art. 42 della legge regionale n. 5 del  2016  avrebbe  il
compito  di  offrire  l'effettivo  significato  da   ascrivere   alla
locuzione «edifici esistenti» contenuta nel comma 1 dell'art. 3 della
legge regionale n. 25 del 2009. In particolare, in forza della  norma
censurata, il disposto del citato art.  3,  nella  parte  in  cui  si
riferisce  agli  «[...]  interventi  straordinari  di  demolizione  e
ricostruzione di edifici  esistenti,  autorizzati  o  condonati,  con
aumento della superficie complessiva entro il limite  max  del  30%»,
realizzati, in deroga agli strumenti urbanistici, per le finalita' di
cui all'art. 1 della stessa legge n. 25 del  2009  e  nell'ottica  di
promuovere «[...] il rinnovamento e la  sostituzione  del  patrimonio
edilizio esistente realizzato dopo il 1942 che non abbia un  adeguato
livello di protezione sismica rispetto alle norme tecniche vigenti  o
che non abbia  adeguati  livelli  di  prestazione  energetica»,  deve
essere «[....] interpretato con continuita' temporale nel senso  che:
"tra  gli  edifici  esistenti  sono  ricompresi  anche  gli   edifici
residenziali in fase di realizzazione in forza di titolo  abilitativo
in corso di validita'"». 
    2.2.- Il Governo impugna anche l'art. 44 della legge regionale in
esame, i cui primi due commi si pongono in evidente  continuita'  con
la disposizione di cui all'art. 42. 
    Con tali commi, come esplicitato nella  rubrica,  si  afferma  di
voler procedere  ad  una  interpretazione  autentica  rispettivamente
relativa ai commi 1-bis e 1-ter dell'art. 8 della  legge  n.  25  del
2009, disposizione,  quest'ultima,  diretta  a  regolare  il  profilo
inerente i titoli abilitativi  strumentali  agli  interventi  edilizi
previsti dalla stessa legge regionale del 2009.  In  particolare,  si
precisa che le previsioni relative a tali due  commi,  immediatamente
inerenti le opere di ristrutturazione con  demolizione  e  successiva
ricostruzione, considerate dall'art. 3 della legge  regionale  n.  25
del 2009, devono ritenersi applicabili «[...] anche agli  edifici  in
fase di realizzazione in forza di  titolo  abilitativo  in  corso  di
validita', compreso quelli aventi ad oggetto nuove costruzioni, cosi'
come definito dal D.P.R. n. 380/2001». 
    2.3.- Infine, adduce il Governo, con il terzo comma dell'art.  44
della legge impugnata si qualificano in  termini  di  interpretazione
autentica tutte le modifiche, analiticamente  indicate  nel  ricorso,
apportate alla legge regionale n.  25  del  2009  dalla  legge  della
Regione Basilicata 27 gennaio 2015, n. 4  (Collegato  alla  Legge  di
stabilita'  regionale   2015)   in   quanto   ritenute   di   «[....]
esplicitazione dell'interpretazione normativa del combinato  disposto
di quanto stabilito nel  D.P.R.  n.  380/2001  [...]  e  nella  legge
regionale n. 25/2009 [... ]». 
    3.- Le censure rivolte agli artt. 42 e 44 della  legge  impugnata
hanno un contenuto sostanzialmente identico. 
    3.1.- Il Governo, avuto riguardo a dette  disposizioni,  lamenta,
in primo luogo, la violazione dell'art. 3  Cost.,  perche'  le  norme
impugnate, piuttosto che avere effettiva  natura  di  interpretazione
autentica,  introducono,  in  via  retroattiva,  principi  innovativi
destinati  a  ledere   valori   garantiti   dal   citato   parametro,
segnatamente indicati nella esigenza di certezza del  diritto  ed  in
quella afferente la tutela dell'affidamento dei soggetti destinatari,
la cui violazione disvela  l'irragionevolezza  della  scelta  di  far
retroagire  nel  tempo  l'efficacia  delle  disposizioni  oggetto  di
censura. 
    3.2.- In ogni caso, se ritenute  legittimamente  retroattive,  le
disposizioni  dovrebbero  ritenersi  in  conflitto  con  i   principi
fondamentali dettati nella materia del «governo del territorio» dagli
artt. 36 e 37, comma 4 del TUE: utilizzando le deroghe previste dalla
legge n. 25 del 2009, tali  disposizioni  finirebbero,  infatti,  per
legittimare retroattivamente, interventi che, eseguiti medio tempore,
al momento della loro realizzazione non  erano  conformi  ai  vigenti
strumenti urbanistici, in aperto contrasto  con  il  principio  della
"doppia  conformita'"  dettato  dal  parametro  interposto   all'uopo
evocato. Ancora, sarebbero in conflitto con il comma 10  dell'art.  5
del d.l. n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni,  dalla  legge
n. 106 del 2011, nella parte in cui esclude che  misure  premiali  in
deroga come quelle previste dalla legge regionale in disamina possano
riguardare edifici abusivi. 
    4.- La censura  proposta  in  riferimento  all'art.  3  Cost.  e'
fondata. 
    4.1.- La  legge  regionale  n.  25  del  2009  -  inquadrata  nel
programma nazionale per  l'edilizia  (meglio  noto  con  il  sintagma
"Piano Casa"), delineato dall'intesa stipulata in data 31 marzo  2009
in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni e  autonomie  locali  -
prevede  alcuni  interventi  edilizi  straordinari  in  deroga   agli
strumenti  urbanistici  vigenti,  per  la  durata  di  24  mesi  (poi
prorogata fino al 31 dicembre 2016 ai sensi della legge regionale  n.
4 del 2015). 
    Interventi in deroga, quelli in disamina,  che  la  stessa  legge
regionale n. 25 del 2009, in linea con il citato programma nazionale,
descrive come  funzionali  «[...]  a  migliorare  la  qualita'  e  la
sicurezza del patrimonio edilizio esistente, a favorire il  risparmio
energetico e l'utilizzo di fonti di energia  rinnovabile,  nonche'  a
ridurre il consumo dei  suoli  attraverso  il  riuso  del  patrimonio
edilizio esistente» (art. 1, comma 1, lettera a). 
    4.2.- Sono tre le categorie cui  possono  essere  ricondotti  gli
interventi in deroga tipizzati dalla citata legge n. 25 del 2009.  E'
consentito, in particolare, un  ampliamento  volumetrico,  in  deroga
alle norme  urbanistiche  vigenti,  destinato  a  riguardare  edifici
residenziali  esistenti  aventi  tipologia   monofamiliare   isolata,
bifamiliare  isolata  o  plurifamiliare  (art.  2,  comma  1);   sono
consentiti  in  deroga,  inoltre,  aumenti  di  volume  legati   agli
interventi di demolizione e  ricostruzione  del  patrimonio  edilizio
esistente,  finalizzati  a  garantire  un  adeguamento  alle  vigenti
disposizioni  antisismiche  ed  a   favorire   migliori   prestazioni
energetiche (art. 3, comma 1); infine,  e'  consentito  il  «riuso  e
recupero  del  patrimonio  edilizio  esistente»  al  verificarsi   di
determinati presupposti,  attraverso  il  mutamento  di  destinazione
d'uso, sempre in deroga alle disposizioni urbanistiche vigenti  (art.
5). 
    4.3.- Cio' premesso, va escluso  che  le  disposizioni  impugnate
costituiscano norme di interpretazione autentica. 
    4.3.1.- Questa Corte si e' ripetutamente espressa nel senso della
sostanziale  indifferenza,  quanto  allo  scrutinio  di  legittimita'
costituzionale,  della  distinzione  tra  norme  di   interpretazione
autentica - retroattive, salva una  diversa  volonta'  in  tal  senso
esplicitata dal legislatore stesso - e norme innovative con efficacia
retroattiva. Cio' che assume rilievo, piuttosto, e' la compatibilita'
di tali disposizioni con  il  divieto  di  retroattivita'  che,  «pur
costituendo valore fondamentale di  civilta'  giuridica,  non  riceve
nell'ordinamento la tutela privilegiata riservata dall'art. 25  Cost.
esclusivamente alla materia penale» (ex plurimis,  sentenza  156  del
2014). 
    Al legislatore non e' preclusa la possibilita' di  emanare  norme
retroattive sia  innovative  che  di  interpretazione  autentica.  La
retroattivita' deve, tuttavia, trovare adeguata  giustificazione  sul
piano della ragionevolezza attraverso un puntuale  bilanciamento  tra
le  ragioni  che  ne  hanno  motivato  la  previsione  e  i   valori,
costituzionalmente  tutelati,   al   contempo   potenzialmente   lesi
dall'efficacia a ritroso della norma adottata (sentenza  n.  170  del
2013, che riassume sul tema  le  costanti  indicazioni  di  principio
espresse dalla Corte). 
    Questa Corte ha, pertanto,  individuato  alcuni  limiti  generali
all'efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia di
principi costituzionali tra i quali sono ricompresi «il rispetto  del
principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto  di
introdurre  ingiustificate  disparita'  di  trattamento;  la   tutela
dell'affidamento legittimamente sorto nei  soggetti  quale  principio
connaturato  allo  Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza
dell'ordinamento    giuridico;    il    rispetto    delle    funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (sentenza n.  170
del 2013, nonche' sentenze n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010). 
    4.3.2.- L'affermazione di  principio  in  forza  della  quale  la
distinzione tra norme interpretative e disposizioni retroattive  deve
ritenersi priva di rilievo al fine che occupa merita,  tuttavia,  una
ulteriore precisazione. 
    In  piu'  occasioni,  infatti,  avuto  riguardo  alle  norme  che
pretendono di avere natura meramente interpretativa, questa Corte  ha
ritenuto che la palese erroneita' di  tale  auto-qualificazione  puo'
costituire un indice, sia pure non dirimente, della  irragionevolezza
della disposizione impugnata (in tal senso, sentenze n. 103 del  2013
e n. 41 del 2011). 
    Per contro, l'individuazione della  natura  interpretativa  della
norma non puo' ritenersi in se'  indifferente  nel  bilanciamento  di
valori sotteso al giudizio di costituzionalita' che cade sulle  norme
retroattive. Se, ad esempio, i valori costituzionali  in  gioco  sono
quelli dell'affidamento dei consociati e della certezza dei  rapporti
giuridici,  e'  di  tutta  evidenza   che   l'esegesi   imposta   dal
legislatore, assegnando alle disposizioni interpretate un significato
in esse gia' contenuto, riconoscibile come una delle  loro  possibili
varianti di senso, influisce sul positivo apprezzamento sia della sua
ragionevolezza « [...] sia della non configurabilita' di una  lesione
dell'affidamento dei destinatari» (sentenza n. 170 del 2008). 
    4.3.3.- Occorre dunque  procedere  alla  corretta  individuazione
della natura delle norme oggetto di censura in parte qua. 
    Sul punto va ribadito (ex plurimis, sentenza n. 314 del 2013) che
«va riconosciuto carattere interpretativo alle  norme  che  hanno  il
fine obiettivo di chiarire il senso di norme preesistenti  ovvero  di
escludere  o  di  enucleare  uno  dei  sensi  fra   quelli   ritenuti
ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo  di
imporre a chi e' tenuto ad applicare la disposizione  considerata  un
determinato significato normativo». Il legislatore, del  resto,  puo'
adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in  presenza
di incertezze sull'applicazione di una disposizione  o  di  contrasti
giurisprudenziali, ma anche quando  la  scelta  imposta  dalla  legge
rientri tra le possibili varianti  di  senso  del  testo  originario,
cosi' rendendo vincolante un significato  ascrivibile  ad  una  norma
anteriore (in termini, oltre al  precedente  gia'  citato,  anche  le
sentenze n. 271 del 2011, n. 209 del 2010 e n. 170 del 2008). 
    4.3.4.- Nella specie, diversi indici  portano  ad  escludere  che
alle disposizioni in questione possa ascriversi natura  di  norme  di
interpretazione autentica. 
    Prendendo le mosse dall'art. 42 della legge regionale  impugnata,
va subito ribadito che gli interventi edilizi presi in considerazione
dall'art. 3 della legge n. 25 del 2009, in linea con le  connotazioni
complessive della  stessa,  sono  destinati  al  patrimonio  edilizio
esistente: le relative deroghe volumetriche, assentite rispetto  agli
strumenti   urbanistici   vigenti,   limitate   nel   tempo   perche'
straordinarie,  trovano  una  ragion  d'essere  nella  finalita'   di
adeguare  dal  punto  di  vista  antisismico  ed  energetico  realta'
immobiliari  preesistenti  fatte  oggetto  di  ricostruzione   previa
demolizione. 
    Utilizzando  l'espressione  «edifici  residenziali  in  fase   di
realizzazione  in  forza  di  un  titolo  abilitativo  in  corso   di
validita'», che la  disposizione  interpretativa  vorrebbe  ascrivere
come contenuto della disposizione interpretata, si intendono, dunque,
le demolizioni con ricostruzione in corso di realizzazione alla  data
di entrata in vigore della legge regionale n.  25  del  2009;  ma  il
significato che il legislatore regionale ha  deciso  di  imporre  con
l'intervento normativo contestato coincide con quello  in  precedenza
espresso dal tenore originario della  norma  interpretata,  prima  di
venire modificata sul punto dall'art. 4  della  legge  della  Regione
Basilicata 3 dicembre 2012, n.  25,  recante  «Modifiche  alla  legge
regionale 7 agosto 2009, n. 25 (Misure urgenti e straordinarie  volte
al rilancio dell'economia  e  alla  riqualificazione  del  patrimonio
edilizio esistente), alla legge  regionale  11  agosto  1999,  n.  23
(Tutela, governo ed uso  del  territorio),  alla  legge  regionale  7
agosto 1996, n. 37  (Procedure  per  l'approvazione  degli  strumenti
attuativi in variante  agli  strumenti  urbanistici  generali),  alla
legge regionale 27 luglio 1979, n. 23 (Disciplina  transitoria  delle
procedure di approvazione degli strumenti urbanistici di attuazione),
in attuazione dell'art. 5 comma 9 del decreto legge 13  maggio  2011,
n. 70 convertito con modificazioni dalla legge  12  luglio  2011,  n.
106». 
    Appare pertanto evidente che si tratta di una reintroduzione  del
medesimo significato in precedenza espunto dallo  stesso  legislatore
regionale: il relativo intervento normativo, dunque, non  puo'  avere
altra natura che quella della innovazione. 
    Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in riferimento  ai  primi
due commi dell'art. 44  della  legge  impugnata,  i  quali  non  solo
ribadiscono che gli edifici interessati dai relativi interventi  sono
anche quelli «in fase di realizzazione», ma precisano, altresi',  che
questi ultimi possono avere ad  oggetto  anche  «nuove  costruzioni»,
individuate  in  termini  coincidenti  con  la  definizione  all'uopo
espressa nel TUE. 
    Una lettura complessiva delle tre citate  disposizioni,  favorita
dal comune denominatore di riferimento, induce, quindi,  l'interprete
a  ritenere  che  con  l'intervento   normativo   in   questione   il
legislatore, avuto riguardo agli interventi edilizi di cui all'art. 3
della legge regionale n.  25  del  2009,  ha  inteso  assegnare  alla
locuzione «edifici esistenti» un significato comprensivo anche  degli
interventi aventi ad oggetto «nuove  costruzioni».  Esegesi,  questa,
che conferma  il  carattere  innovativo  della  norma  in  questione,
giacche' vengono evocate categorie di intervento edilizio che,  nella
loro massima espansione, hanno un contenuto non coerente con la ratio
sottesa alla legge regionale in oggetto. 
    Infine, guardando anche al comma 3 dello stesso art. 44, non puo'
non rimarcarsi che le modifiche apportate alla legge regionale n.  25
del 2009 dalla legge regionale n. 4 del 2015, cui si  fa  riferimento
nella  disposizione  censurata,  non  hanno  interpretato,  ma   solo
innovato la pregressa disciplina. La stessa previsione  in  blocco  e
indistinta del riferimento alle disposizioni della  detta  legge  del
2015 svela, infatti, l'effettiva intenzione perseguita con  la  norma
censurata: spostare nel tempo il portato delle  modifiche  introdotte
nel 2015 sino a ricondurle alla data di entrata in vigore della legge
n. 25 del 2009. 
    4.4.- Una volta chiarita la natura retroattiva delle disposizioni
impugnate, occorre scrutinarne la ragionevolezza ai sensi dell'art. 3
Cost. 
    4.4.1.-  La  erroneita'  della  auto-qualificazione  delle  norme
impugnate come interpretative costituisce,  si  e'  detto,  un  primo
indice, per quanto non dirimente,  della  irragionevolezza  del  loro
retroagire nel tempo, ulteriormente corroborato  dalla  constatazione
che le stesse introducono innovazioni, destinate,  per  lo  piu',  ad
ampliare  facolta'  in  deroga  ai  relativi  strumenti  urbanistici,
peraltro non necessariamente in termini di logica continuita' con  il
quadro generale di riferimento sul quale le stesse sono destinate  ad
incidere. 
    Relativamente a quest'ultimo  profilo  basta  limitarsi  al  dato
offerto dal riferimento alle "nuove costruzioni" cui si fa cenno  nei
primi  due  commi  dell'impugnato   art.   44   ed   alle   possibili
interpretazioni  che  lo  stesso  potrebbe  favorire,  potenzialmente
distoniche rispetto alle finalita' perseguite dalla  legge  regionale
n. 25 del 2009, tesa ad una valorizzazione del  patrimonio  esistente
attraverso le deroghe ai vigenti strumenti urbanistici. 
    4.4.2.- Si tratta dunque  di  disposizioni  (in  particolar  modo
l'art. 42 e i primi due commi dell'art. 44) innovative con  efficacia
retroattiva,  in  grado  di  rendere  legittime  condotte  che,   non
considerate tali al momento della  loro  realizzazione  (perche'  non
conformi agli strumenti urbanistici di riferimento), lo divengono per
effetto dell'intervento successivo del legislatore. Cio'  impone  uno
stringente  rigore  di  giudizio  nel  procedere  allo  scrutinio  di
ragionevolezza,  dovendosi  considerare  a  tal  fine   le   esigenze
sovra-individuali sottese alla valutazione dei carichi urbanistici in
uno  al  rilievo  complessivo  dei  valori  in  gioco  nonche'   alla
straordinarieta' delle previsioni  in  deroga  fatte  retroagire  nel
tempo. 
    4.4.3.- Anche a voler ritenere che, nella specie, le disposizioni
impugnate possano  trovare  una  loro  giustificazione  nell'esigenza
della Regione di assicurare una maggiore omogeneita'  alle  norme  in
oggetto per fare fronte al sovrapporsi  delle  modifiche  intervenute
nel tempo, siffatta finalita' deve ritenersi  recessiva  rispetto  al
valore della certezza del diritto, nel caso messo in  discussione  in
una materia, quella  urbanistica,  rispetto  alla  quale  assume  una
peculiare rilevanza l'affidamento che la collettivita'  ripone  nella
sicurezza giuridica (sentenza n. 209 del 2010). 
    Del resto, pur guardando alla potenziale  incidenza  delle  norme
impugnate sui rapporti interprivati, va osservato che le stesse,  per
quanto prevalentemente di favore rispetto agli interessi dei  singoli
destinatari,  retroagendo  nel  tempo  sacrificano,   in   linea   di
principio, le posizioni soggettive dei  potenziali  controinteressati
che facevano  affidamento  sulla  stabilita'  dell'assetto  normativo
vigente all'epoca delle singole condotte. 
    4.4.4.- Infine, la  ritenuta  violazione  dell'art.  3  Cost.  e'
confortata dagli argomenti desumibili dalla seconda censura, riferita
al terzo comma dell'art. 117 Cost. con riguardo alla materia «governo
del territorio» e ai parametri interposti offerti dagli artt. 36 e 37
del TUE; argomenti che, in larga  misura,  tuttavia,  sostanzialmente
integrano e chiariscono le ragioni della lesione del primo  di  detti
parametri. 
    4.4.5.-  La  previsione  della  retroattivita',   nella   specie,
consente di regolarizzare ex post, rendendole legittime,  opere  che,
al momento della  loro  realizzazione,  sono  in  contrasto  con  gli
strumenti urbanistici di riferimento, dando corpo, in definitiva,  ad
una  surrettizia  ipotesi  di  sanatoria,  in  linea  con  iniziative
legislative  analoghe  puntualmente  sanzionate   da   questa   Corte
(sentenze n. 233 del 2015, n. 209 del 2010, n. 290 e n. 54 del 2009). 
    Cio' che rileva, per quel che qui  immediatamente  interessa,  e'
che in tema di condono edilizio "straordinario", la giurisprudenza di
questa Corte ha chiarito  che  spettano  alla  legislazione  statale,
oltre ai profili penalistici (integralmente sottratti al  legislatore
regionale: sentenze n. 49 del 2006, n. 70  del  2005  e  n.  196  del
2004),  le  scelte  di  principio  sul   versante   della   sanatoria
amministrativa, in particolare quelle relative all'an, al quando e al
quantum. Esula, infatti, dalla potesta' legislativa concorrente delle
Regioni il potere di «ampliare i limiti applicativi della  sanatoria»
(sentenza n. 290 del 2009) oppure, ancora, di «allargare  l'area  del
condono edilizio rispetto a quanto stabilito dalla legge dello Stato»
(sentenza n. 117 del 2015). A maggior ragione, esula  dalla  potesta'
legislativa  regionale  il  potere  di  disporre  autonomamente   una
sanatoria straordinaria per il solo territorio regionale (sentenza n.
233 del 2015). 
    Realizzando un sostanziale intervento in  sanatoria,  la  Regione
Basilicata ha  dunque  finito  per  invadere  un  ambito  legislativo
estraneo  ai  titoli  di  sua  legittimazione,  rendendo  ancor  piu'
evidente  la  marcata  incoerenza  sistematica  da   ascrivere   alle
disposizioni impugnate. 
    5.-  In  breve,  il  confronto  tra  le  disposizioni   regionali
censurate ed i  principi  costituzionali  piu'  volte  richiamati  da
questa Corte porta alla  conclusione  che  le  stesse  non  solo  non
possono essere ritenute interpretative, nel senso prima chiarito,  ma
ledono, oltre  alle  norme  della  legislazione  statale  in  materia
edilizia, il canone generale della ragionevolezza ex  art.  3  Cost.,
correttamente  evocato  dal  ricorso,  con   ulteriori,   potenziali,
ricadute in ordine alla effettivita' del  diritto  dei  cittadini  di
agire in giudizio a tutela dei propri diritti (art 24,  primo  comma,
Cost.)  nonche'  in  punto   alla   integrita'   delle   attribuzioni
costituzionali dell'autorita' giurisdizionale (art. 102 Cost.). 
    5.1.- Resta assorbita ogni altra censura  rivolta  nei  confronti
delle stesse disposizioni ma riferita all'art 117, terzo comma, Cost. 
    6.- Il Governo ricorrente ha anche impugnato l'art. 63, comma  1,
della legge della Regione Basilicata n. 5 del 2016. 
    6.1.- La norma impugnata, nel sostituire il comma 4 dell'art.  20
della legge regionale 8 agosto 2012, n. 16 (Assestamento del bilancio
di  previsione  per  l'esercizio  finanziario  2012  e  del  bilancio
pluriennale per il triennio 2012/2014), detta disposizioni in materia
di limiti di spesa per il personale delle aziende e  degli  enti  del
servizio sanitario. 
    In particolare, abrogato - dopo la proposizione del ricorso -  il
relativo primo capoverso (dall'art. 2 della legge regionale 4  agosto
2016, n. 17, recante «Modifiche a norme in materia di  sanita'»),  il
cui disposto era comunque indifferente  all'oggetto  della  questione
prospettata,  l'attuale  testo  della  norma  modificata  da   quella
censurata prevede che:  «In  attuazione  delle  disposizioni  di  cui
all'art. 1, comma 584, della legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  la
Giunta  regionale  adotta  un  programma  pluriennale   di   graduale
riduzione della  spesa  del  personale  delle  Aziende  ed  Enti  del
servizio sanitario  regionale,  al  fine  di  garantire  l'obiettivo,
previsto per l'anno 2020, di una spesa complessiva del personale pari
a quella sostenuta nell'anno 2004 ridotta dell'1,4%  al  netto  della
spesa per il personale  del  sistema  dell'emergenza  urgenza  118  e
dell'IRCCS CROB di Rionero in Vulture  non  ancora  strutturata  alla
data del 31 dicembre 2004, individuando il limite  di  spesa  annuale
per ciascuna Azienda». 
    6.2.- Tale disposizione, secondo il Governo, sarebbe in contrasto
con i limiti di spesa imposti dai commi 71 e  72  dell'art.  2  della
legge n. 191 del 2009,  per  gli  enti  del  servizio  sanitario.  In
particolare, il citato comma 71  prevede  che  «[...]  gli  enti  del
Servizio sanitario  nazionale  concorrono  alla  realizzazione  degli
obiettivi  di  finanza  pubblica  adottando,   anche   nel   triennio
2010-2012, misure necessarie a garantire che le spese del  personale,
al lordo degli  oneri  riflessi  a  carico  delle  amministrazioni  e
dell'imposta regionale sulle attivita' produttive, non  superino  per
ciascuno degli anni 2010, 2011 e  2012  il  corrispondente  ammontare
dell'anno 2004 diminuito dell'1,4 per cento. [...]». 
    La stessa disposizione evocata quale parametro interposto esclude
dal computo dell'importo massimo di spesa assentita  «[...]  sia  per
l'anno 2004 sia per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012,  le  spese
di personale  totalmente  a  carico  di  finanziamenti  comunitari  o
privati,  nonche'  le  spese  relative  alle   assunzioni   a   tempo
determinato  e  ai   contratti   di   collaborazione   coordinata   e
continuativa per l'attuazione di progetti di  ricerca  finanziati  ai
sensi dell'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre  1992,
n. 502, e successive modificazioni». Rimarca, inoltre, il ricorrente,
che le previsioni di contenimento  della  spesa  sopra  indicate,  in
origine riferite al triennio 2010-2012,  sono  state  successivamente
estese agli anni dal 2013 al 2020, ai sensi dell'art.  17,  comma  3,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti  per  la
stabilizzazione  finanziaria),  convertito  con  modificazioni  dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111,  cosi'  come  modificato  dall'art.  1,
comma  584,  della  legge  23  dicembre   2014,   n.   190,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2015)». 
    6.3.- Cio' premesso, la norma impugnata,  secondo  l'assunto  del
Governo,  compromette  il  rispetto,  a  livello   regionale,   degli
obiettivi di contenimento della  spesa  di  personale  fissati  dalle
disposizioni statali  evocate  quali  parametri  interposti,  cui  va
ascritta natura di principi di coordinamento della finanza  pubblica:
escludendo  dal  computo  della  spesa  cui  applicare  il   predetto
obiettivo di  risparmio  il  personale  del  sistema  «dell'emergenza
urgenza», nonche' quello dell'IRCCS CROB di Rionero  in  Vulture,  la
norma censurata si pone in deroga al  limite  di  spesa  riferito  al
2004, ridotto dell'1,4 %,  da  ritenersi  applicabile  anche  a  tale
personale. 
    Di qui la addotta violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    6.4.- La censura merita l'accoglimento nei termini  precisati  di
seguito. 
    6.4.1.- Pur  se  nominalmente  riferita  all'intero  primo  comma
dell'art.  63,  la  censura,  nel  suo  portato  effettivo,   risulta
esclusivamente limitata alla mancata  previsione  -  nel  computo  da
considerare  per  ritenere  rispettata  la  soglia  di   contenimento
stabilita dai parametri interposti all'uopo evocati -  degli  importi
di spesa  previsti  per  il  «personale  del  sistema  dell'emergenza
urgenza 118 e dell'IRCCS CROB di Rionero in Vulture»; e cio' fissa  i
confini della valutazione rimessa a questa Corte nello scrutinare  la
norma impugnata. 
    6.4.2.- Secondo il consolidato orientamento espresso  in  materia
(ex plurimis, sentenza n. 110  del  2014)  «"l'autonomia  legislativa
concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in
particolare nell'ambito della gestione del  servizio  sanitario  puo'
incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica  e
del contenimento della spesa", peraltro in un  "quadro  di  esplicita
condivisione da parte delle  Regioni  della  assoluta  necessita'  di
contenere i disavanzi del settore sanitario"». Il legislatore statale
puo' in coerenza «legittimamente imporre alle  Regioni  vincoli  alla
spesa corrente per assicurare  l'equilibrio  unitario  della  finanza
pubblica  complessiva,  in  connessione  con  il   perseguimento   di
obiettivi  nazionali,  condizionati  anche  da  obblighi   comunitari
(sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010)». 
    In questa cornice va considerata e letta l'affermazione, ribadita
nel tempo dalla Corte, in forza della quale la spesa per il personale
costituisce «una delle voci del  bilancio  regionale,  caratterizzata
sia dal peso preponderante che vi riveste, sia dalla storica ritrosia
delle Regioni a porvi adeguati limiti» (sentenze n. 182 del 2011). In
linea con tale orientamento, questa Corte (sentenze n. 182 del  2011,
n. 68 del 2011 e n. 333 del 2010) ha  gia'  riconosciuto,  al  limite
stabilito dal comma 71 dell'art. 2  della  legge  di  stabilita'  del
2010, la natura di principio fondamentale,  diretto  al  contenimento
della  spesa  sanitaria,  ritenuto,  come  tale,  espressione  di  un
correlato principio di  coordinamento  della  finanza  pubblica.  Del
resto, ad analoga soluzione si era gia' pervenuti  (sentenza  n.  120
del 2008) allorquando ad essere  sottoposto  a  scrutinio  era  stato
l'art. 1, comma 565, della legge 27  dicembre  2006,  n.  296  (legge
finanziaria  2007),  che  della  evocata  norma  interposta  ebbe   a
costituire l'antecedente con analogia di contenuti. 
    6.4.3.- Messa in chiaro la natura dell'art. 2,  comma  71,  della
legge n. 191 del 2009, non pare revocabile in dubbio, in linea con la
doglianza prospettata, che  la  norma  regionale  impugnata  consenta
l'indebito superamento della soglia  di  contenimento  fissata  dalla
citata disposizione, perche' esclude, dal computo  del  totale  della
spesa consentita, i costi di riferimento relativi ad alcune categorie
di dipendenti che non sono immediatamente riconducibili a quelle  per
le quali  lo  stesso  parametro  interposto  ammette  una  deroga  di
principio. Il tutto, peraltro, in ragione di una  giustificazione  di
fondo - quella in forza della quale tali ragioni di spesa  non  erano
ancora  strutturate  nell'anno  2004  -  evidentemente  inconferente,
perche' in aperta contraddizione logica con l'esigenza  di  revisione
al ribasso della spesa per  siffatta  voce,  una  volta  definito  il
relativo parametro massimo di riferimento. 
    Di qui l'illegittimita' costituzionale della norma censurata, nei
limiti del petitum prospettato dal ricorso. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 42 e  44,
commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Basilicata 4 marzo 2016, n.
5 (Collegato alla Legge di stabilita' regionale 2016); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale del comma 4 dell'art.
20 della  legge  della  Regione  Basilicata  8  agosto  2012,  n.  16
(Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio  finanziario
2012 e del bilancio pluriennale  per  il  triennio  2012/2014),  come
sostituito  dall'art.  63,  comma  1,  della  legge   della   Regione
Basilicata n. 5 del 2016, limitatamente alle parole «al  netto  della
spesa per il personale  del  sistema  dell'emergenza  urgenza  118  e
dell'IRCCS CROB di Rionero in Vulture  non  ancora  strutturata  alla
data del 31 dicembre 2004». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA