N. 85 SENTENZA 22 marzo - 13 aprile 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Imposte e tasse - Rifiuti  solidi  urbani  -  Scarti  e  sovvalli  di
  impianti di selezione  automatica,  riciclaggio  e  compostaggio  -
  Applicazione dell'aliquota massima  del  tributo  speciale  per  il
  conferimento in discarica. 
- Legge della Regione Puglia 30 dicembre 2011,  n.  38  (Disposizioni
  per la formazione  del  bilancio  di  previsione  2012  e  bilancio
  pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), art. 7, comma 8. 
-   
(GU n.16 del 19-4-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 8,
della  legge  della  Regione  Puglia  30   dicembre   2011,   n.   38
(Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2012  e
bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione  Puglia),  promosso  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione  di  Lecce,
nel procedimento vertente tra il Comune di  Guagnano  e  altri  e  la
Regione Puglia e altra, con ordinanza del 10 luglio 2015, iscritta al
n. 47  del  registro  ordinanze  2016  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 11,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2016. 
    Visti gli atti di costituzione del Comune di Guagnano e  altri  e
della Regione Puglia, nonche' l'atto  di  intervento  del  Comune  di
Alezio e altri; 
    udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2017 il Giudice relatore
Daria de Pretis; 
    uditi gli avvocati Pietro Quinto per  il  Comune  di  Guagnano  e
altri e Maria Liberti per la Regione Puglia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 10 luglio 2015, il Tribunale amministrativo
regionale per la Puglia, sezione di Lecce, ha sollevato questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 8, della  legge  della
Regione  Puglia  30  dicembre  2011,  n.  38  (Disposizioni  per   la
formazione del bilancio di previsione  2012  e  bilancio  pluriennale
2012-2014 della Regione  Puglia),  in  riferimento  agli  artt.  117,
secondo comma,  lettere  e)  ed  s),  e  terzo  comma,  e  119  della
Costituzione. 
    La questione e' sorta nel  corso  di  un  giudizio  promosso  dal
Comune di Guagnano e altri quarantasette  Comuni  contro  la  Regione
Puglia  e  la  Provincia   di   Lecce,   per   l'annullamento   della
determinazione n. 276 del 27 dicembre 2013, con la quale il dirigente
del servizio ciclo dei rifiuti e bonifica  della  Regione  Puglia  ha
fissato in euro 25,82 a  tonnellata  (quindi  nella  misura  massima)
l'aliquota del tributo speciale per  il  deposito  in  discarica  dei
rifiuti solidi urbani dovuto  per  l'anno  2014  nella  Provincia  di
Lecce. 
    Nel   giudizio,   trasferito   in   sede   giurisdizionale    per
l'opposizione  della  Provincia  di  Lecce   all'originario   ricorso
straordinario  presentato  al  Presidente  della   Repubblica,   sono
intervenuti ad adiuvandum altri tre Comuni leccesi (Lequile, Trepuzzi
e Spongano). 
    Il giudice a quo illustra la materia del contendere nei  seguenti
termini. 
    Secondo i ricorrenti nel processo  principale,  la  deliberazione
impugnata  sarebbe  illegittima,  perche'  impone  il  pagamento  del
tributo speciale in misura piena, mentre l'art. 3,  comma  40,  della
legge 28 dicembre 1995, n. 549  (Misure  di  razionalizzazione  della
finanza pubblica), stabilisce che «per gli scarti  e  i  sovvalli  di
impianti  di  selezione  automatica,  riciclaggio   e   compostaggio»
l'ammontare del tributo e' determinato nella misura del 20 per  cento
di quello dovuto per i rifiuti in via ordinaria. 
    Sempre  secondo  i  ricorrenti,  non  potrebbe  valere  in  senso
contrario il disposto dell'art. 7, comma 8,  secondo  periodo,  della
legge reg. Puglia n. 38 del 2011, a tenore del quale «Agli  scarti  e
ai sovvalli  di  impianti  di  selezione  automatica,  riciclaggio  e
compostaggio si applica l'aliquota massima del tributo  speciale  per
il conferimento in discarica dei rifiuti solidi».  Tale  disposizione
dovrebbe essere interpretata, infatti, in  conformita'  dei  principi
contenuti  nella  richiamata  disciplina  statale,  nel   senso   che
sull'aliquota massima andrebbe  calcolata  la  riduzione  al  20  per
cento. Ove cosi' non  fosse,  dal  contrasto  con  la  norma  statale
deriverebbe la violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost.,  in  quanto  la  legislazione  sui  rifiuti  appartiene   alla
competenza esclusiva dello  Stato,  rientrando  nella  materia  della
tutela dell'ambiente. E anche se si dovesse ritenere  che  si  ricade
nella materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario», si tratterebbe  pur  sempre  di  legislazione  regionale
concorrente, restando riservata  allo  Stato  la  determinazione  dei
principi fondamentali, fissati in concreto dal citato art.  3,  comma
40. 
    La Regione Puglia, richiamando un parere tecnico, nel giudizio  a
quo sostiene invece  che  l'agevolazione  tributaria  prevista  dalla
legge statale non si potrebbe applicare a rifiuti  che,  come  quelli
conferiti   dai   Comuni   ricorrenti,   provengono    da    raccolta
indifferenziata,  perche'  il  loro   trattamento   produrrebbe   una
quantita'    considerevole    di    residui    non    riutilizzabili,
differentemente da quanto accade nel  caso  dei  rifiuti  provenienti
dalla raccolta differenziata. 
    Nella fase cautelare del giudizio a quo, l'istanza di sospensione
dell'efficacia del provvedimento impugnato e' stata dapprima respinta
dal TAR e successivamente accolta dal Consiglio di Stato in  sede  di
appello. In seguito a cio', la Regione Puglia ha  adottato  ulteriori
determinazioni dirigenziali  a  loro  volta  impugnate  dagli  stessi
Comuni. Con esse ha confermato per buona parte dei Comuni  l'aliquota
massima del tributo, ha applicato agli altri  le  sole  «premialita'»
previste dalla legislazione regionale in funzione  delle  percentuali
di raccolta differenziata raggiunte, anche sulla base delle modifiche
legislative introdotte dall'art. 51 della legge della Regione  Puglia
28 dicembre 2012, n. 45 (Disposizioni per la formazione del  bilancio
di previsione 2013 e bilancio  pluriennale  2013-2015  della  Regione
Puglia) e dall'art. 29 della legge della Regione Puglia  30  dicembre
2013,  n.  45  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio   di
previsione  2014  e  bilancio  pluriennale  2014-2016  della  Regione
Puglia), e ha infine negato a tutti la riduzione prevista all'art. 3,
comma 40, della legge n. 549 del  1995.  Per  questo,  nonostante  le
richiamate  modifiche,  l'interesse  dei  ricorrenti  alla  decisione
permarrebbe. 
    1.1.- Ad avviso del giudice a quo,  il  contrasto  fra  la  norma
statale  e  la  norma  regionale  non  sarebbe  superabile  a   mezzo
dell'interpretazione della seconda offerta dai ricorrenti  -  secondo
cui il riferimento all'aliquota massima del tributo  dovrebbe  essere
inteso come un rinvio all'importo su cui calcolare il 20 per cento  -
in assenza di elementi letterali o semantici in tal senso. 
    Sulla rilevanza della questione, lo  stesso  giudice  reputa,  in
base  all'istruttoria  compiuta   nel   processo   principale   (sono
richiamate  una  dichiarazione   resa   dal   direttore   dell'Ambito
territoriale ottimale della Provincia di  Lecce,  una  relazione  del
dirigente del servizio ciclo dei rifiuti  e  bonifica  della  Regione
Puglia e una "perizia di parte" depositata in giudizio  dalla  stessa
Regione) che gli impianti di trattamento dei  rifiuti  conferiti  dai
Comuni ricorrenti «raggiungono un risultato analogo  a  quello  degli
"impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio" di cui
all'art. 3, comma 40, della legge n. 546 del 1995, anche se  in  essi
non e' svolta  l'attivita'  di  compostaggio,  cioe'  formazione  del
"compost" con la frazione umida», sicche'  «il  tributo  relativo  al
conferimento in discarica della frazione  residua  [dovrebbe]  essere
quantificato nella misura del 20%», in applicazione del citato  comma
40. 
    All'applicazione del tributo in  tale  misura  ridotta  osterebbe
tuttavia l'art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38  del  2011.
Questa disposizione contrasterebbe con la citata  norma  statale,  in
quanto, pur avendo lo stesso  ambito  applicativo  (gli  scarti  e  i
sovvalli degli impianti del medesimo tipo),  determinerebbe  in  modo
difforme l'ammontare del tributo, stabilendolo nella  misura  massima
anziche' in quella ridotta al 20 per cento. 
    1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione,  la
norma regionale violerebbe in primo  luogo  gli  artt.  117,  secondo
comma, lettera e), e  119  Cost.,  invadendo  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato  in  materia  di  «armonizzazione  dei  bilanci
pubblici; perequazione delle risorse finanziarie». 
    Il giudice a quo richiama il principio, costantemente espresso da
questa Corte, secondo  il  quale  le  regioni  a  statuto  ordinario,
nell'esercizio dell'autonomia tributaria di cui al  citato  art.  119
Cost., sono assoggettate al duplice limite dell'obbligo di esercitare
il loro potere di imposizione in coerenza con i principi fondamentali
di coordinamento derivanti dalla legislazione statale e  del  divieto
di istituire o disciplinare tributi gia' istituiti da legge statale o
di  stabilirne  altri  aventi  lo  stesso  presupposto,  almeno  fino
all'emanazione della legislazione statale di coordinamento (e' citata
la sentenza  n.  102  del  2008).  Risulterebbe  evidente,  pertanto,
l'antinomia tra le due disposizioni - statale e regionale - in quanto
il «contributo» regionale cosi' istituito, oltre ad avere presupposti
«non diversi» da quelli del tributo speciale istituito e disciplinato
dall'art. 3, commi  da  24  a  40,  della  legge  n.  549  del  1995,
comporterebbe l'applicazione alla medesima  situazione  dell'aliquota
massima,  essendo  previsto  che  «solo  i  sovvalli  provenienti  da
raccolta differenziata possano ottenere la premialita'». 
    Ne' si potrebbe sostenere che le due discipline  si  differenzino
perche' soltanto quella statale stabilisce la riduzione  del  tributo
quando  si  verifichino  cumulativamente  le  tre  condizioni   della
selezione automatica, del riciclaggio e del compostaggio dei rifiuti,
dal momento che la disciplina regionale  prevede  l'applicazione  del
tributo nella misura massima al ricorrere delle medesime condizioni. 
    Inoltre, l'art.  3,  comma  40,  della  legge  n.  549  del  1995
richiederebbe, quale unico presupposto per l'applicazione del tributo
in misura ridotta, il deposito in discarica di scarti e  sovvalli  di
impianti di selezione automatica, riciclaggio e  compostaggio,  senza
distinguere a seconda delle modalita' di raccolta, indifferenziata  o
differenziata, dei rifiuti sottoposti a tali processi.  La  finalita'
della disciplina statale sul tributo speciale  consisterebbe  infatti
nell'incentivare la minore produzione di rifiuti  e  il  recupero  da
essi di materia prima e di  energia,  colpendo  la  fase  finale  del
ciclo, vale a dire il deposito in discarica, e  favorendo  in  questa
fase le operazioni connesse al recupero, indipendentemente dal regime
differenziato o  meno  della  raccolta,  che  la  norma  statale  non
menziona. 
    1.3.- La norma regionale violerebbe anche gli  artt.  117,  terzo
comma,  e  119  Cost.,  per  il  suo  contrasto  con   un   principio
fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica e  del  sistema
tributario», quale dovrebbe essere qualificato il disposto  dell'art.
3, comma 40, della legge n. 549 del 1995. 
    Il giudice a quo sottolinea che le disposizioni dell'art. 3 della
legge n. 549  del  1995,  istitutive  del  tributo  speciale  per  il
deposito in discarica, costituiscono principi fondamentali  ai  sensi
dell'art.  119  Cost.,  e  invoca  anche  a  tale  riguardo  il  gia'
richiamato orientamento di questa Corte  sui  limiti  ai  quali  sono
assoggettate le regioni a statuto ordinario nell'esercizio della loro
autonomia tributaria (e' nuovamente citata la  sentenza  n.  102  del
2008). 
    A  suo  avviso,  inoltre,  dall'indubbia  natura  tributaria  del
«contributo»  regionale  in  esame  e  dalla  riconducibilita'  della
disciplina sul tributo speciale per il  deposito  in  discarica  alla
competenza esclusiva dello Stato, ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., conseguirebbe che la  potesta'  legislativa
delle regioni puo' essere  esercitata  in  materia  solo  nei  limiti
consentiti dalla legge statale. Il «contributo» regionale  in  esame,
avente indubbia natura tributaria, sarebbe infatti un tributo statale
e non un tributo proprio della regione, nei sensi dell'art. 119 Cost.
Non  rileverebbero   in   particolare   in   senso   contrario,   ne'
l'attribuzione del gettito alle  regioni  e  alle  province,  ne'  le
determinazioni attribuite alla legge regionale  dalla  norma  statale
(sono citate, tra le altre, le sentenze n. 397 e  n.  335  del  2005,
nonche' la sentenza n. 34 del 2005, in tema di  decorrenza  temporale
dell'ammontare  del  tributo  speciale  determinato  da   una   legge
regionale). 
    1.4.- Infine, sarebbe violato anche l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., in quanto la norma regionale censurata inciderebbe
in una materia, quale il trattamento e  lo  smaltimento  dei  rifiuti
solidi, rientrante  nella  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema»,
riservata alla competenza esclusiva dello Stato. 
    Il  giudice   a   quo   richiama   la   costante   giurisprudenza
costituzionale  sull'inerenza  della  disciplina  dei  rifiuti   alla
materia della tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema,  anche  quando
interferisca con altri ambiti materiali. Il carattere pervasivo della
materia fa si' che sia riservato allo  Stato  il  potere  di  fissare
livelli di tutela uniforme sull'intero territorio  nazionale,  mentre
resta  alle  regioni  la  competenza  per  la   cura   di   interessi
funzionalmente collegati a quelli propriamente ambientali (e' citata,
tra le altre, la sentenza n. 58 del 2015, resa  in  tema  di  tributo
istituito da una regione sul presupposto di  un'attivita'  rientrante
nel ciclo di gestione dei rifiuti). 
    2.- Con atto depositato il 1° aprile 2016, si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Puglia, parte del processo principale,  la  quale
ha concluso  per  l'inammissibilita'  e  comunque  per  la  manifesta
infondatezza della questione. 
    Secondo la Regione, il rimettente  avrebbe  errato  nel  ritenere
applicabile alla fattispecie l'art. 3, comma 40, della legge  n.  549
del  1995,  in  quanto  i  rifiuti  ai  quali  tale  norma  riferisce
l'agevolazione fiscale sarebbero solo quelli che subiscono  «processi
di selezione automatica, recupero o riciclaggio  tali  da  render[li]
non ulteriormente valorizzabili e quindi inevitabilmente destinati al
deposito in discarica; cio'  in  linea  con  la  ratio  sottesa  alla
istituzione della  ecotassa,  consistente  nel  "favorire  la  minore
produzione di rifiuti ed il recupero dagli stessi di materia prima ed
energia"». Questa condizione non sarebbe  riscontrabile  nei  rifiuti
provenienti dalla raccolta indifferenziata, in quanto essi,  dopo  un
processo  di  biostabilizzazione,  subiscono  la  vagliatura   e   la
conseguente separazione in una  frazione  secca  combustibile  (FSC),
avviata alla produzione di carburante derivato da  rifiuti  (CDR),  e
una frazione umida biostabilizzata, che viene depositata in discarica
(RBD: rifiuto biostabilizzato da discarica). 
    Non sarebbe corretto,  pertanto,  assimilare  i  trattamenti  del
rifiuto indifferenziato a quelli del rifiuto differenziato «operati a
valle di una separazione della frazione secca da quella umida attuata
gia' in fase di raccolta». Solo la  raccolta  differenziata,  invero,
permetterebbe di conferire  agli  impianti  di  trattamento  frazioni
merceologiche  con  caratteristiche  omogenee  tali  da   consentirne
l'immissione nel mercato a  fini  di  recupero  o  riciclaggio  e  di
destinare allo smaltimento in discarica le frazioni non ulteriormente
valorizzabili, vale a dire  gli  scarti  e  i  sovvalli  soggetti  al
tributo in misura ridotta. 
    Ne   conseguirebbe   l'inammissibilita'   della   questione    di
legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 8,  della  legge  reg.
Puglia n. 38 del  2011,  per  irrilevanza,  e  comunque  la  sua  non
fondatezza nel merito, per mancanza dell'asserito  contrasto  con  la
norma statale. 
    La disposizione regionale, infatti, non  sarebbe  applicabile  ai
sovvalli degli impianti di trattamento dei  rifiuti  indifferenziati,
giacche' essi «non vengono conferiti in discarica (e quindi non  sono
assoggettati    all'ecotassa),     ma     sono     destinati     alla
termovalorizzazione  con  produzione  di  energia»;  di  contro,   la
disposizione si  applicherebbe  «a  scarti  e  sovvalli  prodotti  da
impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio dedicati
a rifiuti urbani differenziati». Da qui l'ulteriore  conclusione  che
il legislatore  regionale  avrebbe  esercitato  la  propria  potesta'
normativa nella determinazione dell'importo del tributo, riconosciuta
dall'art. 3, comma 29, della legge n.  549  del  1995,  senza  creare
antinomie con la norma statale. 
    3.- Con atto depositato il 5 aprile 2016, si sono costituiti  nel
giudizio  costituzionale  i  Comuni  ricorrenti  e  intervenuti   nel
processo principale, insieme ad altri Comuni della provincia di Lecce
(Alezio,  Castri',  Copertino,  Cutrofiano,  Giurdignano,   Leverano,
Melissano, Melpignano, Minervino, Presicce,  San  Cesario  di  Lecce,
Taurisano,  Carpignano  Salentino,  Castrignano  del   Capo,   Cursi,
Melendugno, Poggiardo, Soleto, Sternatia,  Surano  e  Tiggiano),  che
hanno concluso per  l'accoglimento  della  questione,  aderendo  alle
ragioni esposte dal rimettente. 
    4.- In una memoria depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  la
Regione Puglia ha illustrato gli argomenti gia'  dedotti  a  sostegno
delle conclusioni  di  inammissibilita'  e,  in  ogni  caso,  di  non
fondatezza della questione. 
    Ricostruito  il  quadro  normativo  di  riferimento,  la  Regione
ribadisce che la questione sarebbe manifestamente  inammissibile  per
difetto assoluto di  rilevanza,  in  quanto  il  processo  principale
potrebbe essere definito senza la necessita' di sollevare l'incidente
di costituzionalita'. Nell'attuale contesto storico e normativo,  nel
quale vige l'obbligo  di  raccolta  differenziata  e  il  divieto  di
deposito in discarica di rifiuti non  sottoposti  a  trattamento,  il
beneficio fiscale previsto dall'art. 3, comma 40, della legge n.  549
del 1995 potrebbe essere  applicato  se  siano  stati  raggiunti  gli
obiettivi minimi di raccolta differenziata  previsti  dalla  legge  e
solo agli scarti e sovvalli  derivanti  dal  trattamento  di  rifiuti
differenziati, che sarebbero ben diversi  da  quelli  prodotti  dagli
impianti presso i quali  i  Comuni  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo
conferiscono   i   propri   rifiuti,   derivanti    dalla    raccolta
indifferenziata.  Ne  conseguirebbe  la   mancanza   del   nesso   di
pregiudizialita' della questione. 
    Nel merito,  la  Regione  osserva  che  la  norma  censurata  non
violerebbe la competenza statale in materia tributaria o  ambientale,
in  quanto  costituirebbe  legittima  espressione   del   potere   di
determinare  l'ammontare  dell'imposta,   attribuito   alle   regioni
dall'art. 3, comma 29,  della  legge  n.  549  del  1995,  nel  pieno
rispetto dei limiti  e  delle  finalita'  della  disciplina  statale,
diretta a favorire la minore produzione  di  rifiuti  e  il  recupero
dagli stessi di materia prima e di energia. In  linea  con  la  norma
statale,  il  legislatore  regionale  avrebbe  inteso  escludere  dal
beneficio fiscale gli scarti e i sovvalli non provenienti da raccolta
differenziata, limitandolo solo a quelli da  raccolta  differenziata.
In ogni caso, qualora la  norma  statale  si  applicasse  anche  agli
scarti  e  sovvalli  non   derivanti   da   raccolta   differenziata,
prescindendo  dal  raggiungimento  delle  percentuali   di   raccolta
previste dalla legge, il legislatore regionale avrebbe  correttamente
fissato piu' elevati livelli di tutela ambientale e della salute. 
    5.-  Anche  i  Comuni  che  si  sono  costituiti   nel   giudizio
costituzionale  hanno  depositato   una   memoria   illustrativa   in
prossimita' dell'udienza. 
    A loro avviso, l'eccezione  di  difetto  di  rilevanza  sollevata
dalla Regione Puglia si tradurrebbe in un inammissibile tentativo  di
contestare davanti alla Corte gli accertamenti compiuti dal giudice a
quo,  all'esito  di  una  complessa  attivita'   istruttoria,   sulla
qualificazione dei rifiuti in questione come «scarti  e  sovvalli  di
impianti di selezione automatica,  riciclaggio  e  compostaggio».  Il
carattere esterno del controllo che questa Corte puo' esercitare  sul
giudizio  di  rilevanza   compiuto   dal   giudice   rimettente   non
consentirebbe di riesaminare tali accertamenti. 
    La tesi della Regione - per cui l'art. 3, comma 40,  della  legge
n. 549 del 1995 si applica solo nel caso di raccolta differenziata  -
contrasterebbe sia con il dato letterale della norma, sia con la  sua
ratio, che consisterebbe nel favorire la minore produzione di rifiuti
e il recupero dagli stessi di materia prima ed energia, aumentando la
quota recuperata  e  diminuendo  quella  smaltita  in  discarica.  Il
legislatore avrebbe perseguito  tali  scopi  indipendentemente  dalla
natura differenziata o indifferenziata dei rifiuti, considerato anche
che all'epoca di introduzione della legge n. 549  del  1995  non  era
stato ancora disposto l'obbligo di raccolta differenziata. 
    L'ulteriore tesi regionale, secondo la quale l'art. 7,  comma  8,
della legge reg. Puglia n. 38 del 2011 si applica solo agli scarti  e
sovvalli  da  raccolta  differenziata,  condurrebbe   a   conseguenze
irrazionali, giacche' seguendo  questa  prospettiva,  che  presuppone
l'inapplicabilita' anche della norma  statale  a  scarti  e  sovvalli
derivanti   dai   rifiuti   indifferenziati,   nessuna   disposizione
disciplinerebbe tale ultima fattispecie. 
    Anche la tesi che solo il rifiuto differenziato  potrebbe  subire
un processo di selezione automatica  dal  quale  residuino  scarti  e
sovvalli si risolverebbe in un inammissibile tentativo della  Regione
di infirmare l'accertamento tecnico compiuto sul punto dal giudice  a
quo e sarebbe in ogni caso apodittica, contraddittoria ed  errata  in
fatto. 
    L'infondatezza delle tesi della Regione  sarebbe  poi  confermata
dalla successiva legge 28 dicembre  2015,  n.  221  (Disposizioni  in
materia ambientale per promuovere misure di green economy  e  per  il
contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali),  che,  pur  non
essendo applicabile nel  processo  principale  ratione  temporis,  ha
introdotto  misure   incentivanti   della   raccolta   differenziata,
conservando tuttavia la premialita'  dell'art.  3,  comma  40,  della
legge n. 549 del 1995 e la sua portata di principio  fondamentale  ai
sensi dell'art. 119 Cost. 
    Infine, i  Comuni  negano  che  la  norma  censurata  costituisca
espressione del potere della Regione di determinare  l'ammontare  del
tributo speciale ai sensi dell'art. 3, comma 29, della legge  n.  549
del 1995, in quanto la previsione del comma 40 sull'aliquota  ridotta
non potrebbe essere derogata nell'esercizio di tale potere.  Svolgono
inoltre argomenti adesivi a tutti i  rilievi  di  incostituzionalita'
sollevati dal rimettente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia,  sezione
di Lecce, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma
8,  della  legge  della  Regione  Puglia  30  dicembre  2011,  n.  38
(Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2012  e
bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), in  riferimento
agli artt. 117, secondo comma, lettera e) ed s), e terzo comma, e 119
della Costituzione. 
    La questione e' sorta  nel  corso  di  un  giudizio  promosso  da
quarantotto Comuni leccesi contro la Regione Puglia e la Provincia di
Lecce, con l'intervento ad  adiuvandum  di  altri  tre  Comuni  della
stessa provincia, per  l'annullamento  della  determinazione  con  la
quale il dirigente del servizio ciclo dei rifiuti  e  bonifica  della
Regione  Puglia  ha  fissato  nella  misura  massima  (25,82  euro  a
tonnellata) l'aliquota  del  tributo  speciale  per  il  deposito  in
discarica dei rifiuti solidi urbani  dovuto  per  l'anno  2014  nella
Provincia di Lecce. 
    Secondo i ricorrenti nel processo  principale,  la  deliberazione
impugnata  sarebbe  illegittima,  perche'  impone  il  pagamento  del
tributo speciale in misura piena, mentre l'art. 3,  comma  40,  della
legge 28 dicembre 1995, n. 549  (Misure  di  razionalizzazione  della
finanza pubblica), stabilisce che «per gli scarti  e  i  sovvalli  di
impianti  di  selezione  automatica,  riciclaggio   e   compostaggio»
l'ammontare del tributo e' determinato nella misura del 20 per  cento
di quello dovuto per i rifiuti in via ordinaria. 
    Sempre  secondo  i  ricorrenti,  non  potrebbe  valere  in  senso
contrario il disposto dell'art. 7, comma 8,  secondo  periodo,  della
legge reg. Puglia n. 38 del 2011, a tenore del quale «Agli  scarti  e
ai sovvalli  di  impianti  di  selezione  automatica,  riciclaggio  e
compostaggio si applica l'aliquota massima del tributo  speciale  per
il conferimento in discarica dei rifiuti solidi».  Tale  disposizione
dovrebbe essere interpretata, infatti,  in  conformita'  ai  principi
contenuti  nella  richiamata  disciplina  statale,  nel   senso   che
sull'aliquota massima andrebbe  calcolata  la  riduzione  al  20  per
cento. Se cosi'  non  fosse,  dal  contrasto  con  la  norma  statale
deriverebbe la violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost.,  in  quanto  la  legislazione  sui  rifiuti  appartiene   alla
competenza esclusiva dello  Stato,  rientrando  nella  materia  della
tutela dell'ambiente. E anche se si dovesse ritenere  che  si  ricade
nella materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario», si tratterebbe  pur  sempre  di  legislazione  regionale
concorrente, restando riservata  allo  Stato  la  determinazione  dei
principi fondamentali, fissati in concreto dal citato art.  3,  comma
40. 
    La Regione Puglia, richiamando un parere tecnico, nel giudizio  a
quo sostiene invece  che  l'agevolazione  tributaria  prevista  dalla
legge statale non si potrebbe applicare a rifiuti  che,  come  quelli
conferiti   dai   Comuni   ricorrenti,   provengono    da    raccolta
indifferenziata,  perche'  il  loro   trattamento   produrrebbe   una
quantita' considerevole di residui non riutilizzabili,  a  differenza
di quanto avviene nel caso  di  rifiuti  provenienti  dalla  raccolta
differenziata. 
    1.1.- Ad avviso del giudice a quo,  il  contrasto  fra  la  norma
statale  e  quella  regionale  non   sarebbe   superabile   a   mezzo
dell'interpretazione della seconda offerta dai ricorrenti -  per  cui
il riferimento  all'aliquota  massima  del  tributo  dovrebbe  essere
inteso come un rinvio all'importo su cui calcolare il 20 per cento  -
in assenza di elementi letterali o semantici che la suffraghino. 
    Lo  stesso  giudice   osserva   che,   in   base   ai   risultati
dell'istruttoria compiuta nel processo principale,  i  residui  degli
impianti di trattamento dei rifiuti conferiti dai  Comuni  ricorrenti
dovrebbero essere assoggettati  all'aliquota  agevolata  del  20  per
cento in applicazione dell'art. 3, comma 40, della legge n.  549  del
1995. A cio' osterebbe tuttavia l'art. 7, comma 8, della  legge  reg.
Puglia n. 38 del 2011, che, pur avendo lo stesso  ambito  applicativo
della norma statale (gli scarti  e  i  sovvalli  degli  impianti  del
medesimo tipo), determinerebbe tuttavia in modo difforme  l'ammontare
del tributo, stabilendolo nella misura  massima  anziche'  in  quella
ridotta al 20 per cento. 
    Su  tale  contrasto,  il  rimettente   fonda   tre   censure   di
illegittimita' costituzionale della norma regionale. 
    In primo luogo, essa violerebbe gli  artt.  117,  secondo  comma,
lettera e), e 119 Cost., per  invasione  della  competenza  esclusiva
dello Stato in materia di tributi statali, ai quali apparterrebbe  il
tributo speciale istituito e disciplinato dall'art. 3, commi da 24  a
40, della legge n. 549 del 1995. 
    In secondo luogo, sarebbero violati gli artt. 117, terzo comma, e
119 Cost., perche' l'art. 3, comma 40, della legge n.  549  del  1995
esprimerebbe  un  principio  fondamentale  di  «coordinamento   della
finanza pubblica e del sistema tributario». 
    Infine, la norma regionale violerebbe anche l'art.  117,  secondo
comma,  lettera  s),  Cost.,  incidendo  in  un  ambito,  quello  del
trattamento e dello smaltimento dei rifiuti solidi, che rientra nella
materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema», riservata alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    2.- Preliminarmente, si rileva che nel giudizio costituzionale si
sono costituiti, insieme  ai  Comuni  ricorrenti  e  intervenuti  nel
processo principale, anche i Comuni di  Alezio,  Castri',  Copertino,
Cutrofiano, Giurdignano, Leverano, Melissano, Melpignano,  Minervino,
Presicce, San Cesario  di  Lecce,  Taurisano,  Carpignano  Salentino,
Castrignano  del  Capo,   Cursi,   Melendugno,   Poggiardo,   Soleto,
Sternatia, Surano e Tiggiano. 
    Secondo  il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  in  base
all'art.  25  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87   (Norme   sulla
costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale)  e
all'art. 3 delle norme integrative per i giudizi davanti  alla  Corte
costituzionale del 7  ottobre  2008,  nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale in via incidentale possono costituirsi i soggetti  che
erano  parti  del  giudizio  a  quo  al  momento  dell'ordinanza   di
rimessione  (ex  plurimis,  sentenze  n.  276  del  2016  e  allegata
ordinanza letta all'udienza del 4 ottobre 2016, n. 223 del 2012 e  n.
356 del 1991). 
    Gli anzidetti Comuni non  erano  parti  del  giudizio  a  quo  al
momento dell'ordinanza di rimessione, sicche' non sono legittimati  a
partecipare al giudizio costituzionale. 
    Si deve escludere, altresi', la loro legittimazione a intervenire
nella qualita' di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo, in
quanto, sempre secondo il costante orientamento di questa Corte, sono
ammessi  a  intervenire  nel  giudizio  incidentale  di  legittimita'
costituzionale i terzi titolari «(...) di un  interesse  qualificato,
immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e
non semplicemente regolato, al pari di  ogni  altro,  dalla  norma  o
dalle norme oggetto di censura » (ex plurimis, sentenze  n.  243  del
2016 e allegata ordinanza letta all'udienza del 19 ottobre  2016,  n.
173 del 2016 e allegata ordinanza  letta  all'udienza  del  5  luglio
2016, n. 236 del 2015 e allegata ordinanza letta all'udienza  del  20
ottobre 2015, n. 70 del 2015, n. 37 del  2015  e  allegata  ordinanza
letta all'udienza del 24 febbraio 2015, n. 162 del  2014  e  allegata
ordinanza letta all'udienza dell'8 aprile 2014; ordinanze n. 227  del
2016, n. 240 del 2014 e n. 156 del 2013). 
    Gli  stessi  Comuni  non  appaiono  titolari  di   un   interesse
qualificato, nei sensi sopra specificati, ma  di  un  mero  interesse
riflesso all'accoglimento della questione,  in  quanto  assoggettati,
come ogni altro comune del territorio pugliese, alla norma  regionale
censurata. 
    Ne  consegue  che  il  loro  intervento  in   giudizio   non   e'
ammissibile. 
    3.-  La  Regione  Puglia  ha  eccepito  l'inammissibilita'  della
questione per irrilevanza, in quanto il rimettente avrebbe errato nel
ritenere applicabile alla fattispecie l'art. 3, comma 40, della legge
n. 549 del 1995. 
    Ad avviso della Regione, i rifiuti ai quali tale norma  riferisce
l'agevolazione fiscale sarebbero solo quelli che  subiscono  processi
di selezione automatica, recupero o riciclaggio tali da renderli  non
ulteriormente valorizzabili e  quindi  inevitabilmente  destinati  al
deposito in discarica, in linea con la ratio sottesa  all'istituzione
del tributo in esame (cosiddetta ecotassa), consistente nel  favorire
la minore produzione di rifiuti e il  recupero  da  essi  di  materia
prima ed energia. Questa condizione  non  sarebbe  riscontrabile  nei
rifiuti  provenienti  dalla  raccolta  indifferenziata,  sicche'  non
sarebbe corretto assimilare il loro trattamento a quello dei  rifiuti
differenziati, per i quali la separazione  della  frazione  secca  da
quella umida e' attuata gia' in fase di raccolta.  Solo  la  raccolta
differenziata, invero, permetterebbe di conferire  agli  impianti  di
trattamento frazioni merceologiche con caratteristiche omogenee, tali
da  consentirne  l'immissione  nel  mercato  a  fini  di  recupero  o
riciclaggio, e di destinare allo smaltimento in discarica le frazioni
non ulteriormente valorizzabili, vale a dire gli scarti e i  sovvalli
soggetti al tributo in misura ridotta. 
    Ne conseguirebbe l'irrilevanza della  questione  di  legittimita'
costituzionale della norma regionale censurata. 
    3.1.- L'esame dell'eccezione di inammissibilita' va preceduto  da
una  sintetica  ricostruzione  dei  fatti  rilevanti  e   del   thema
decidendum nel giudizio a quo. 
    Dall'ordinanza  di  rimessione  emergono   come   pacifiche   due
circostanze.  Innanzitutto,  che  i  rifiuti  prodotti   dai   Comuni
ricorrenti nel giudizio principale, che la  determinazione  regionale
impugnata assoggetta all'aliquota massima del tributo speciale per il
deposito in discarica, provengono dalla raccolta indifferenziata.  In
secondo luogo, che tali rifiuti sono depositati nelle discariche dopo
appositi trattamenti, che mirano a  separare  -  oltre  al  materiale
ferroso recuperabile - una frazione secca destinata  alla  produzione
di energia sotto forma di  carburante  derivante  da  rifiuti  e  una
frazione umida biostabilizzata destinata alla discarica. 
    Il   thema   decidendum   del   giudizio   principale    consiste
nell'accertare se ai rifiuti cosi' conferiti sia o  meno  applicabile
l'art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995, norma che, «per  gli
scarti e i sovvalli di impianti di selezione automatica,  riciclaggio
e compostaggio», determina l'ammontare del tributo nella  misura  del
20 per cento di quello dovuto per i  rifiuti  in  via  ordinaria.  Se
infatti  tale   disposizione   dovesse   trovare   applicazione,   la
determinazione regionale impugnata che fissa invece  l'ammontare  del
tributo nella sua misura massima sarebbe illegittima. 
    La  Regione  Puglia,  come  detto,  sostiene  che  l'agevolazione
tributaria prevista dalla legge statale non puo' essere applicata  ai
rifiuti da raccolta  indifferenziata,  perche'  il  loro  trattamento
produce una quantita' considerevole di sovvallo, al contrario di cio'
che avviene nel caso del trattamento dei  rifiuti  differenziati,  il
cui sovvallo rappresenta una quantita' residuale. 
    Ad avviso del giudice a quo, invece, l'art. 3,  comma  40,  della
legge n. 549 del 1995  richiederebbe,  quale  unico  presupposto  per
l'applicazione  del  tributo  in  misura  ridotta,  il  deposito   in
discarica di scarti e sovvalli di impianti di  selezione  automatica,
riciclaggio e  compostaggio,  indipendentemente  dalle  modalita'  di
raccolta, indifferenziata o differenziata, dei rifiuti conferiti agli
impianti. E queste conclusioni sarebbero avvalorate  dall'istruttoria
disposta dallo stesso giudice nel processo principale. 
    Ai rifiuti cosi' prodotti, tuttavia,  la  riduzione  del  tributo
prevista dalla legge statale non potrebbe essere  applicata,  perche'
vi osterebbe l'art. 7, comma 8, della legge reg.  Puglia  n.  38  del
2011, nella parte in cui,  al  secondo  periodo,  prevede  che  «Agli
scarti e ai sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio
e compostaggio si applica l'aliquota massima del tributo speciale per
il conferimento in discarica dei rifiuti solidi». Questa disposizione
contrasterebbe con la citata norma statale, in quanto, pur avendo  lo
stesso ambito applicativo (gli scarti e i sovvalli degli impianti del
medesimo tipo),  determinerebbe  in  modo  difforme  l'ammontare  del
tributo, stabilendolo nella misura massima anziche' in quella ridotta
al 20 per cento. Da qui le sollevate censure di illegittimita'  della
norma regionale, nei termini descritti in precedenza. 
    Per cogliere l'esatto rilievo che la norma  regionale  contestata
assume nel giudizio a quo, va precisato che non e' sulla sua base che
la  Regione  Puglia   ha   adottato   il   provvedimento   impugnato.
Quest'ultimo, invero,  applica  l'aliquota  massima  del  tributo  ai
rifiuti conferiti in discarica dai Comuni ricorrenti non gia' perche'
essi siano qualificabili come  «scarti  e  sovvalli  di  impianti  di
selezione automatica, riciclaggio e compostaggio», ex art.  7,  comma
8, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011, bensi' perche', in difetto
del raggiungimento delle percentuali minime di raccolta differenziata
previste dalla legge,  si  tratterebbe  di  ordinari  rifiuti  solidi
urbani.  Il  rilievo  nel  giudizio  principale  della   disposizione
regionale contestata deriva esclusivamente dal fatto che il giudice a
quo,  ritenendo  che  nel  caso  concreto  sia   invece   applicabile
l'agevolazione fiscale prevista dall'art. 3, comma 40, della legge n.
549 del 1995, considera la successiva norma regionale di  ostacolo  a
tale applicazione in quanto essa prevede l'applicazione dell'aliquota
massima del tributo, anziche' la sua riduzione al 20 per cento,  alla
medesima ipotesi del conferimento in discarica di «scarti e  sovvalli
di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio». 
    3.2.- L'eccezione di inammissibilita' non e' fondata. 
    Alla luce di quanto esposto, la rilevanza della questione dipende
dall'ambito di applicazione della norma statale sulla riduzione della
"ecotassa". Il nodo  interpretativo  da  sciogliere  e'  se  essa  si
applichi  a   prescindere   dalla   modalita'   -   differenziata   o
indifferenziata - di raccolta dei rifiuti, oppure  se  l'agevolazione
fiscale  presupponga  la  provenienza  dei  rifiuti,  "a  monte"  del
trattamento, dalla raccolta differenziata. 
    Qualora la  sfera  di  applicazione  della  norma  statale  fosse
limitata ai rifiuti da raccolta  differenziata,  la  definizione  del
giudizio  a  quo  prescinderebbe  dalla   necessita'   di   esaminare
l'ipotizzato contrasto della norma regionale, giacche' in  quel  caso
il  rimettente  non  dovrebbe   comunque   farne   applicazione.   La
valutazione  della  legittimita'  del  provvedimento  impugnato   nel
giudizio a quo non richiederebbe infatti di scrutinare  la  questione
sollevata in via incidentale: i rifiuti oggetto della  determinazione
impugnata, in quanto provenienti dalla raccolta indifferenziata,  non
ricadrebbero nell'ambito di applicazione della previsione agevolativa
statale, e il ricorso andrebbe respinto. 
    Se invece, come ritiene il giudice a quo,  la  norma  statale  di
agevolazione  dovesse  considerarsi  riferita  a  tutti  i   rifiuti,
provengano essi o meno da raccolta differenziata, si porrebbe il tema
del contrasto tra le due norme, che riguarda tuttavia il merito e non
la rilevanza. 
    Il controllo che questa Corte deve eseguire sulla rilevanza della
questione non si estende invece  all'accertamento  della  natura  dei
rifiuti depositati in discarica dopo  i  trattamenti  eseguiti  negli
impianti a servizio dei comuni leccesi, se cioe' essi abbiano  o  non
abbiano, in concreto, la natura di scarti e sovvalli di  impianti  di
selezione automatica,  riciclaggio  e  compostaggio.  Le  conclusioni
positive alle quali il giudice a  quo  perviene  sulla  scorta  delle
risultanze istruttorie indicate  nell'ordinanza  di  rimessione  sono
motivate in maniera sufficiente e non  implausibile,  sicche'  questa
Corte non puo' interferire con  tale  valutazione.  Secondo  costante
giurisprudenza,  infatti,  «[i]l  giudizio  di  rilevanza  [...]   e'
riservato al giudice rimettente, si'  che  l'intervento  della  Corte
deve  limitarsi  ad  accertare   l'esistenza   di   una   motivazione
sufficiente,  non  palesemente  erronea  o   contraddittoria,   senza
spingersi fino ad un esame autonomo degli elementi che hanno  portato
il giudice a quo a determinate  conclusioni.  In  altre  parole,  nel
giudizio  di  costituzionalita',  ai  fini  dell'apprezzamento  della
rilevanza, cio' che conta e' la valutazione che  il  rimettente  deve
fare in ordine alla possibilita' che il procedimento pendente possa o
meno  essere  definito  indipendentemente   dalla   soluzione   della
questione sollevata, potendo la Corte interferire su tale valutazione
solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento
(ex plurimis, sentenze n. 91 del 2013, n. 41 del 2011 e  n.  270  del
2010)» (sentenza n. 71 del 2015; nello stesso senso, sentenza n.  228
del 2016). 
    Tornando alla questione dell'ambito di applicazione  della  norma
statale di agevolazione, si osserva in primo  luogo  che  il  tributo
speciale istituito dalla legge n. 549 del 1995 ha carattere generale,
come si evince dalla chiara finalita' espressa dall'art. 3, comma  24
(riduzione  dei  rifiuti,  con  conseguente  minore  conferimento  in
discarica, recupero di materia prima e produzione di energia) e  come
e' confermato dalle modalita' di calcolo del tributo,  commisurato  a
ogni chilogrammo di rifiuto conferito (comma 29). 
    L'art. 3, comma 40, prevede un trattamento fiscale agevolato  (il
20 per cento della "ecotassa")  «per  gli  scarti  e  i  sovvalli  di
impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio». Con le
espressioni «scarti» e «sovvalli», la norma si riferisce  ai  residui
inutilizzabili derivanti dalle operazioni  di  selezione  automatica,
riciclaggio e compostaggio, operazioni che appaiono  esaurire,  nella
prospettiva  del  legislatore,  tutte  o  le  principali   forme   di
produzione di tali sostanze da conferire in discarica. 
    L'agevolazione  fiscale  trova  spiegazione  nel  fatto  che   il
legislatore riconosce agli scarti e ai  sovvalli  degli  impianti  di
selezione automatica, di riciclaggio e di compostaggio la  natura  di
rifiuto non ulteriormente riducibile in ogni processo di  smaltimento
e percio' meritevole di un trattamento piu' favorevole rispetto  agli
altri rifiuti. Quanto agli altri materiali che il comma 40  sottopone
allo  stesso  trattamento,  si  deve  ritenere,  in  linea   con   la
giurisprudenza  di  legittimita'  (Corte   di   cassazione,   sezione
tributaria, sentenza 30 dicembre 2011, n. 30711), che il  legislatore
riconosce alle  sostanze  che  vengono  incenerite,  ancorche'  senza
recupero d'energia, una minore capacita' inquinante per il  fatto  di
essere comunque bruciate e non conferite in discarica. 
    Dalla disciplina in esame, tuttavia,  non  e'  corretto  desumere
che, al fine di beneficiare della riduzione tributaria, gli scarti  e
i  sovvalli  debbano  necessariamente  derivare  dal  trattamento  di
rifiuti raccolti  in  modo  differenziato.  Se  si  puo'  condividere
l'assunto che  la  raccolta  differenziata  agevola  il  processo  di
selezione, riciclaggio e compostaggio, giacche' la separazione  delle
frazioni suscettibili di recupero e riciclaggio avviene in  una  fase
collocata "a monte" del trattamento negli impianti,  nondimeno,  come
in effetti il giudice a quo motiva in modo che appare  sufficiente  e
non implausibile, ne' la lettera, ne' la ratio dell'art. 3, comma 40,
della legge n. 549 del 1995 consentono di ritenere che il legislatore
statale abbia voluto escludere dall'agevolazione tributaria i rifiuti
raccolti in modo indifferenziato.  Per  concludere  diversamente,  si
dovrebbe affermare che dal trattamento  dei  rifiuti  indifferenziati
non possono materialmente derivare residui non riutilizzabili,  sotto
forma di scarti e sovvalli, ma questa conclusione, che la Regione  fa
sostanzialmente propria, non e' sorretta da alcuna evidenza. 
    Nemmeno si puo' sostenere,  in  senso  contrario,  che  la  norma
perseguirebbe   finalita'   di    incentivazione    della    raccolta
differenziata.   All'epoca   della   sua    introduzione,    infatti,
l'ordinamento  non  prevedeva  ancora  obblighi   per   la   pubblica
amministrazione  di  organizzare   adeguati   sistemi   di   raccolta
differenziata dei rifiuti urbani e di assicurarne percentuali  minime
in rapporto ai rifiuti complessivamente prodotti, in quanto le  prime
prescrizioni furono emanate in tal senso con  il  successivo  decreto
legislativo 5  febbraio  1997,  n.  22  (Attuazione  delle  direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e  94/62/CE
sugli imballaggi e sui rifiuti  di  imballaggio).  Si  deve  pertanto
escludere che  il  legislatore,  nell'assoggettare  gli  scarti  e  i
sovvalli ad aliquota  fiscale  ridotta,  intendesse  distinguere  tra
diversi sistemi di raccolta dei rifiuti. 
    A finalita' incentivanti della raccolta differenziata sono invece
specificamente orientate altre disposizioni in  materia  di  rifiuti,
come l'art. 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme
in materia ambientale), novellato dall'art. 32, comma 1, lettera  b),
della legge  28  dicembre  2015,  n.  221  (Disposizioni  in  materia
ambientale  per  promuovere  misure  di  green  economy  e   per   il
contenimento dell'uso  eccessivo  di  risorse  naturali),  che  fissa
gradualmente   nel   tempo   percentuali   crescenti   di    raccolta
differenziata e prevede addizionali della  "ecotassa"  per  i  comuni
inadempienti nonche' riduzioni  premiali  dello  stesso  tributo  per
quelli che superano i livelli  di  raccolta  differenziata  stabiliti
dalla legge (vedi i commi 1, 3, 3-bis e 3-ter). Le medesime finalita'
incentivanti sono promosse anche  dalla  legislazione  regionale:  la
stessa legge reg. Puglia n. 38 del 2011, all'art. 7, commi 6,  7,  9,
10, 11 e 12,  introduce  «premialita'»  per  i  comuni  che  superano
determinate percentuali di raccolta  differenziata,  sotto  forma  di
riduzione  della  "ecotassa",   e   assoggetta   gli   altri   comuni
all'aliquota fiscale massima. 
    Nulla  vieta  che  il  sistema   di   incentivi   alla   raccolta
differenziata e il trattamento fiscale  agevolato  previsto  per  gli
scarti e i sovvalli coesistano, operando su piani diversi, nel  senso
che l'applicazione delle riduzioni tributarie ai  comuni  virtuosi  e
delle addizionali a quelli inadempienti nella raccolta  differenziata
non esclude che tutti gli scarti  e  i  sovvalli  degli  impianti  di
selezione automatica, riciclaggio e compostaggio, in  quanto  residui
non piu'  riutilizzabili,  possano  essere  depositati  in  discarica
beneficiando dell'aliquota ridotta al 20 per cento, indipendentemente
dalle modalita' di raccolta dei rifiuti sottoposti a tali processi. 
    Infine, non va sottaciuto che dell'agevolazione beneficiano anche
i rifiuti smaltiti negli inceneritori senza recupero di energia,  che
non devono provenire necessariamente dalla raccolta differenziata. Si
ricorda  in  proposito  che,  nel  testo  risultante  dalla  modifica
introdotta dall'art. 35, comma 1, della legge n.  221  del  2015,  al
prodotto di tali operazioni l'art. 3 della  legge  n.  549  del  1995
equipara, ai  medesimi  fini  agevolativi,  «i  rifiuti  smaltiti  in
impianti di  incenerimento  senza  recupero  di  energia  o  comunque
classificati esclusivamente come  impianti  di  smaltimento  mediante
l'operazione "D10 Incenerimento a terra", ai  sensi  dell'allegato  B
alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152,  e
successive modificazioni», in luogo dei «rifiuti smaltiti  tal  quali
in impianti di incenerimento senza recupero di energia», previsti dal
testo  anteriore.  La  stessa  disciplina  vale   sin   dall'origine,
altresi', per «i fanghi anche palabili». Il che, da un lato, rafforza
la tesi per cui  la  giustificazione  del  comma  40  citato  non  va
ricercata nell'incentivo alla raccolta  differenziata  e,  dall'altro
lato, fa apparire irragionevole l'esclusione dal beneficio solo degli
scarti  e  dei  sovvalli  derivanti  dal   trattamento   di   rifiuti
indifferenziati. 
    La  questione  e'  idonea,  pertanto,  a   superare   il   vaglio
dell'ammissibilita'. 
    4.- Passando al merito, conviene esaminare per prime, per la loro
potenziale  natura  assorbente,  le  censure  di   violazione   della
competenza esclusiva attribuita allo  Stato  dall'art.  117,  secondo
comma, lettere e) ed s), Cost. 
    4.1.- Deducendo la violazione degli  artt.  117,  secondo  comma,
lettera e), e 119  Cost.,  il  giudice  a  quo  menziona  le  materie
«armonizzazione dei  bilanci  pubblici;  perequazione  delle  risorse
finanziarie»,  che  non  sembrano   conferenti.   Dalla   motivazione
dell'ordinanza di rimessione, tuttavia, appare chiaro che la  censura
riguarda la lamentata invasione della competenza esclusiva in tema di
tributi statali, e  che  si  tratti  dunque  della  materia  «sistema
tributario [...] dello Stato», indicata nella stessa lettera  e).  Lo
si desume dal preciso richiamo alla giurisprudenza costituzionale sul
divieto per le regioni  di  istituire  o  disciplinare  tributi  gia'
istituiti da leggi statali e sulla riconducibilita' della  disciplina
della "ecotassa" alla competenza esclusiva  dello  Stato  in  materia
tributaria, nonche' dall'espresso  rilievo  della  «non  diversita'»,
nelle due norme messe a confronto, dei presupposti  dell'obbligazione
tributaria.  L'inesatta  indicazione  del  parametro   costituzionale
invocato puo' dunque essere superata,  in  quanto  dalla  motivazione
dell'ordinanza di  rimessione  i  termini  della  questione  appaiono
sufficientemente definiti (ex plurimis, sentenza n. 448  del  1997  e
ordinanza n. 211 del 2004). 
    4.2.- Cosi' precisata, la censura e' fondata. 
    Il  presupposto  delle  disposizioni  a  confronto,   statale   e
regionale, e' evidentemente il medesimo, vale a dire il  deposito  in
discarica di «scarti  e  [...]  sovvalli  di  impianti  di  selezione
automatica, riciclaggio e compostaggio». Depongono in  questo  senso,
sia la piena sovrapponibilita' del dato letterale  delle  due  norme,
sia  la  mancanza  di  ragioni  sistematiche   o   finalistiche   che
giustifichino una diversa conclusione. 
    Per le stesse ragioni esposte con riferimento  alla  disposizione
statale,  dunque,  anche  la  norma  regionale   trova   applicazione
indipendentemente dalle  modalita'  di  raccolta  -  differenziata  o
indifferenziata - dei rifiuti sottoposti al trattamento. 
    Secondo il costante orientamento di questa Corte, «la  disciplina
del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti  solidi
rientra nella competenza esclusiva dello Stato,  ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost., e, di conseguenza, l'esercizio
della potesta' legislativa delle regioni riguardo a tale  tributo  e'
ammesso solo nei limiti consentiti dalla legge  statale.  Si  tratta,
infatti, di  un  tributo  che  va  considerato  statale  e  non  gia'
"proprio" della Regione, nel senso di cui al vigente art. 119  Cost.,
senza che in contrario rilevino ne' l'attribuzione del  gettito  alle
regioni  ed  alle  province,  ne'  le  determinazioni   espressamente
attribuite alla legge regionale dalla citata norma statale  (sentenze
n. 397 e n. 335 del 2005,  concernenti  lo  stesso  tributo  speciale
oggetto del presente giudizio; v., analogamente,  a  proposito  delle
tasse automobilistiche e dell'IRAP, le sentenze n. 431, n. 381  e  n.
241 del 2004, n. 311, n. 297 e n.  296  del  2003;  v.  altresi',  in
generale, le sentenze n. 37 e n. 29 del 2004)» (sentenza n.  413  del
2006; nello stesso senso, sentenza n. 412 del 2006). 
    La  disposizione  regionale   censurata   applica   al   medesimo
presupposto d'imposta l'aliquota massima, anziche' quella ridotta,  e
si pone cosi' in netto contrasto con la  norma  statale,  espressione
della competenza esclusiva ex art. 117, secondo  comma,  lettera  e),
Cost. 
    Il  tentativo  di  interpretazione  costituzionalmente   conforme
operato dai ricorrenti  nel  processo  principale,  per  i  quali  il
riferimento all'aliquota massima indicherebbe solo il  parametro  sul
quale calcolare il 20 per cento, non  e'  percorribile,  non  essendo
suffragato da alcun criterio interpretativo, ne'  letterale,  ne'  di
altro tipo, come rilevato dal giudice a quo. 
    Ne', per negare il contrasto,  puo'  essere  invocato  il  potere
delle regioni di stabilire con legge l'ammontare  annuo  del  tributo
speciale, previsto all'art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995.
La previsione del beneficio fiscale  in  esame  non  rientra  infatti
nelle determinazioni che la legge n. 549 del  1995  attribuisce  alle
regioni, e l'ammontare stabilito annualmente con legge regionale, nel
rispetto dei limiti previsti dal comma 29, costituisce la  mera  base
di calcolo del tributo dovuto in misura ridotta. 
    In  conclusione,  la  norma   regionale   censurata   e'   frutto
dell'illegittimo esercizio  da  parte  della  Regione  della  propria
potesta' legislativa in una materia in cui  lo  Stato  ha  competenza
legislativa esclusiva. 
    4.3.- La questione e' fondata anche in riferimento all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Per costante giurisprudenza costituzionale,  «la  disciplina  dei
rifiuti  e'  riconducibile  alla  materia  "tutela  dell'ambiente   e
dell'ecosistema", di competenza esclusiva statale ai sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  anche  se  interferisce  con
altri interessi e competenze, di modo che deve  intendersi  riservato
allo  Stato  il  potere  di  fissare  livelli  di   tutela   uniforme
sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza  delle
Regioni alla cura di interessi funzionalmente  collegati  con  quelli
propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67  del  2014,  n.
285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, n. 225 e  n.  164  del
2009  e  n.  437  del  2008).   Pertanto,   la   disciplina   statale
"costituisce, anche  in  attuazione  degli  obblighi  comunitari,  un
livello  di  tutela  uniforme  e  si  impone  sull'intero  territorio
nazionale come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province
autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che
esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato,
ovvero lo peggiorino (sentenze n. 314 del 2009, n. 62 del 2008  e  n.
378 del 2007)" (sentenza n. 58 del 2015)» (sentenza n. 180 del 2015). 
    Con specifico riferimento alla disciplina tributaria  in  materia
di rifiuti, questa Corte ha avuto modo di affermare che  «la  riserva
di legge statale di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost.,  deve  essere  applicata  nell'accezione   che   consenta   di
preservare  il  bene  giuridico  "ambiente"  dai  possibili   effetti
distorsivi derivanti da vincoli  imposti  in  modo  differenziato  in
ciascuna Regione», sicche' «una disciplina unitaria  rimessa  in  via
esclusiva  allo  Stato  e'  all'evidenza  diretta   allo   scopo   di
prefigurare  un  quadro  regolativo  uniforme   degli   incentivi   e
disincentivi  inevitabilmente  collegati  alla  imposizione  fiscale,
tenuto conto dell'influenza  dispiegata  dal  tributo  (i  cosiddetti
"effetti allocativi")  sulle  scelte  economiche  di  investimento  e
finanziamento delle imprese operanti nel settore dei rifiuti e  della
loro attitudine a ripercuotersi, per l'oggetto stesso  dell'attivita'
esercitata da tali imprese, sugli equilibri ambientali» (sentenza  n.
58 del 2015, sul tributo istituito  da  una  regione  in  materia  di
trattamento e riutilizzo di rifiuti). 
    Alla luce di questi principi, alle regioni non e'  consentito  di
derogare alla disciplina statale in materia di  agevolazioni  fiscali
per  scarti  e  sovvalli  di  impianti   di   selezione   automatica,
riciclaggio e compostaggio dei  rifiuti.  L'imposizione  di  aliquote
differenziate da regione a regione, infatti, vanificherebbe la tutela
uniforme dell'ambiente che lo Stato  intende  assicurare  sull'intero
territorio nazionale  con  la  previsione  di  incentivi  fiscali  ai
processi di riciclaggio e recupero dei rifiuti, in modo  da  premiare
il  deposito  in  discarica   di   cio'   che   residua,   non   piu'
riutilizzabile, da tali processi. 
    5.-  Va  pertanto  dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38 del  2011,  nella
parte in cui prevede che «[a]gli scarti e ai sovvalli di impianti  di
selezione  automatica,  riciclaggio   e   compostaggio   si   applica
l'aliquota massima  del  tributo  speciale  per  il  conferimento  in
discarica dei rifiuti solidi», per violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettere e) e s), Cost. 
    Rimane assorbita l'ulteriore censura, con la quale il  giudice  a
quo lamenta la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119  Cost.,
in riferimento alla materia del «coordinamento della finanza pubblica
e del sistema tributario». 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara inammissibile  l'intervento  dei  Comuni  di  Alezio,
Castri', Copertino,  Cutrofiano,  Giurdignano,  Leverano,  Melissano,
Melpignano, Minervino, Presicce, San  Cesario  di  Lecce,  Taurisano,
Carpignano  Salentino,  Castrignano  del  Capo,  Cursi,   Melendugno,
Poggiardo, Soleto, Sternatia, Surano e Tiggiano; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 8,
della  legge  della  Regione  Puglia  30   dicembre   2011,   n.   38
(Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2012  e
bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), nella parte  in
cui prevede che «[a]gli scarti e ai sovvalli di impianti di selezione
automatica, riciclaggio e compostaggio si applica l'aliquota  massima
del tributo speciale per il conferimento  in  discarica  dei  rifiuti
solidi». 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2017. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                   Carmelinda MORANO, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2017. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Carmelinda MORANO