N. 137 ORDINANZA 12 aprile - 12 giugno 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Decreto di condanna  -  Avviso  all'imputato  della
  facolta' di richiedere la sospensione del  procedimento  per  messa
  alla prova. 
- Codice di procedura penale, art. 460, comma 1, lettera e). 
-   
(GU n.24 del 14-6-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 460,  comma
1, lettera e), del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale
ordinario di Ferrara nel procedimento penale a carico di A.  M.,  con
ordinanza del 10 dicembre  2015,  iscritta  al  n.  98  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 12  aprile  2017  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Ferrara, con ordinanza del
10 dicembre 2015 (r.o. n. 98 del 2016), ha sollevato, in  riferimento
agli artt. 3 e 24 della Costituzione, una questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 460, comma 1,  lettera  e),  del  codice  di
procedura penale, «nella parte in cui  non  prevede  che  il  decreto
penale di condanna  debba  contenere  l'avviso  all'imputato  che  ha
facolta' di chiedere la sospensione del procedimento per  messa  alla
prova unitamente all'atto di opposizione»; 
    che nei confronti dell'imputato  e'  stato  emesso,  in  data  18
gennaio 2015, un decreto penale di condanna  per  il  reato  previsto
dall'art. 186, commi 2, lettera b), 2-bis  e  2-sexies,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), e che
l'imputato ha proposto opposizione, con atto  del  3  febbraio  2015,
senza chiedere riti alternativi o la sospensione del procedimento con
messa alla prova; 
    che nell'udienza del 10 dicembre 2015 l'imputato  ha  chiesto  la
sospensione del procedimento con messa alla prova; 
    che  la  richiesta  dovrebbe  essere   dichiarata   inammissibile
perche', trattandosi di un giudizio conseguente all'opposizione a  un
decreto penale di condanna,  avrebbe  dovuto  essere  presentata  con
l'atto di opposizione; 
    che  pero',  se  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
sollevata fosse accolta, l'imputato sarebbe rimesso  in  termini  per
chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova; 
    che,    esclusa    la    possibilita'    di    un'interpretazione
costituzionalmente  conforme,  il  giudice  rimettente  ritiene   che
l'omessa previsione da parte del legislatore di uno specifico avviso,
contenuto  nel  decreto   penale   di   condanna,   che   rappresenti
all'imputato  la  facolta'  di  presentare,  a  pena  di   decadenza,
l'istanza di messa alla prova unitamente all'opposizione  al  decreto
contrasterebbe «con gli  artt.  24  e  3  della  Costituzione,  e  in
particolare, con il canone di ragionevolezza, in quanto determina una
irragionevole disparita'  di  trattamento  tra  la  disciplina  e  le
garanzie di avviso, previste per i riti alternativi e  l'oblazione  e
quelle invece sancite, nel caso, per la sospensione del processo  con
messa alla prova»; 
    che peraltro la violazione del principio di ragionevolezza  e  di
uguaglianza sarebbe ancor piu' accentuata dalla considerazione che la
scelta del procedimento alternativo al giudizio  dibattimentale,  nel
caso di opposizione  a  decreto  penale  di  condanna,  «deve  essere
compiuta al di fuori di un'udienza»; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata; 
    che secondo l'Avvocatura generale non  sarebbe  configurabile  la
violazione dell'art. 24 Cost., in  quanto  il  legislatore  puo'  ben
modulare le forme di esercizio  del  diritto  di  difesa  secondo  le
caratteristiche dei vari riti e, quindi, stabilire diverse  modalita'
di informazione in relazione ad essi; 
    che, inoltre, l'indicazione del termine per proporre opposizione,
contenuta nel decreto  penale  di  condanna,  sarebbe  sufficiente  a
garantire  il  diritto  di  difesa  dell'imputato,  che  puo'   farsi
assistere da un difensore e chiedere la sospensione del  procedimento
con messa alla prova; 
    che  non  sussisterebbe  neanche  la  denunciata  disparita'   di
trattamento, considerata l'eterogeneita' del nuovo istituto «rispetto
ai veri e propri riti alternativi». 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Ferrara, con  ordinanza
del 10 dicembre 2015, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24  della
Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 460,  comma
1, lettera e), del codice di procedura penale, «nella  parte  in  cui
non prevede  che  il  decreto  penale  di  condanna  debba  contenere
l'avviso all'imputato che ha facolta' di chiedere la sospensione  del
procedimento  per   messa   alla   prova   unitamente   all'atto   di
opposizione»; 
    che, con la sentenza n.  201  del  2016,  questa  Corte  ha  gia'
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  460,  comma  1,
lettera e), cod. proc. pen., «nella parte in cui non prevede  che  il
decreto  penale  di  condanna  contenga   l'avviso   della   facolta'
dell'imputato di chiedere mediante l'opposizione la  sospensione  del
procedimento con messa alla prova»; 
    che,   in   seguito   alla   declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale pronunciata con  la  sentenza  n.  201  del  2016,  la
questione  deve  essere  dichiarata   manifestamente   inammissibile,
perche' divenuta priva di oggetto (ex multis, ordinanze n. 38 e n. 34
del 2017, n. 181 e n. 4 del 2016). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 460, comma 1, lettera  e),  del
codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3  e
24 della  Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario  di  Ferrara,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 aprile 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA