N. 156 ORDINANZA 7 giugno - 4 luglio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente  -  Applicazione  pianificata   del   fuoco   prescritto   -
  Segnalazione certificata di inizio attivita' (Scia)  -  Trattamento
  sanzionatorio. 
- Legge della Regione Campania 13  giugno  2016,  n.  20  (Norme  per
  l'applicazione pianificata del fuoco prescritto), artt. 6 e 7. 
-   
(GU n.28 del 12-7-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  6  e  7
della legge della Regione Campania 13 giugno 2016, n. 20  (Norme  per
l'applicazione  pianificata  del  fuoco  prescritto),  promosso   dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-18
agosto 2016, depositato in cancelleria il 22 agosto 2016 ed  iscritto
al n. 49 del registro ricorsi 2016. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania; 
    udito nella camera di consiglio del  7  giugno  2017  il  Giudice
relatore Franco Modugno. 
    Ritenuto che, con ricorso  notificato  il  12-18  agosto  2016  e
depositato il  22  agosto  2016,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso questioni  di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 6 e 7 della legge della Regione Campania 13 giugno 2016, n.  20
(Norme per  l'applicazione  pianificata  del  fuoco  prescritto),  in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere l), m) e  s),  della
Costituzione, in relazione all'art. 19, commi 1, 3 e 6, della legge 7
agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di   procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi); 
    che, in primo luogo, il ricorrente assume che l'art. 6, commi 6 e
7, dell'impugnata legge regionale invaderebbe la competenza esclusiva
statale in materia di «ordinamento  penale»,  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost.; 
    che, infatti, il citato art. 6, dopo aver previsto, al  comma  1,
che l'applicazione pianificata di  fuoco  prescritto  e'  soggetta  a
segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA),  stabilisce,  al
comma 6, che ai «soggetti responsabili di dichiarazioni  mendaci,  di
formazione o uso di atti falsi» si applichino  le  sanzioni  previste
dall'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28  dicembre
2000,  n.  445  (Testo  unico  delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa);  sanzioni
che il successivo comma 7 estende ai  casi  di  omessa  presentazione
della SCIA o della comunicazione di apertura o chiusura del cantiere; 
    che, in questo modo, le  disposizioni  impugnate  introdurrebbero
«un trattamento sanzionatorio penale meno grave» di quello previsto a
livello nazionale dall'art. 19, comma 6, della legge n. 241 del 1990; 
    che  detta  norma  statale  commina,  infatti,  la   pena   della
reclusione  da  uno  a  tre  anni  per  le  false   dichiarazioni   o
attestazioni in ordine ai requisiti o ai presupposti della  SCIA;  di
contro, le norme regionali impugnate, tramite il richiamo all'art. 76
del d.P.R. n. 445 del 2000, renderebbero applicabile alle condotte da
esse contemplate l'art. 483 del codice penale, il  quale  punisce  la
falsita' ideologica commessa dal privato in atto pubblico con la pena
della reclusione fino a due anni; 
    che, in secondo luogo, il Presidente del Consiglio  dei  ministri
reputa gli impugnati artt. 6 e 7 invasivi della competenza  esclusiva
statale in materia di «tutela dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei
beni culturali», di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., in quanto non escludono la possibilita' di presentare una SCIA
«nei casi in  cui  sussistano  vincoli  ambientali,  paesaggistici  o
culturali», come invece e' previsto  dall'art.  19,  comma  1,  della
legge n. 241 del 1990; 
    che, infine, il ricorrente ritiene che le disposizioni  censurate
invadano   la   competenza   esclusiva   statale   in   materia    di
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale», di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera
m), Cost.; 
    che, infatti, gli impugnati artt. 6 e 7, a  differenza  dell'art.
19, comma  3,  della  legge  n.  241  del  1990,  non  prevedono  che
l'amministrazione, in caso di accertata carenza dei requisiti  e  dei
presupposti per la SCIA, possa  adottare,  nel  termine  di  sessanta
giorni,  «motivati   provvedimenti   di   divieto   di   prosecuzione
dell'attivita' e di rimozione  degli  eventuali  effetti  dannosi  di
essa»; 
    che, in  tal  modo,  il  legislatore  regionale  campano  avrebbe
introdotto  un  modello  semplificato  di   SCIA,   con   conseguente
violazione dell'evocato parametro costituzionale, posto  che  -  come
riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza  n.  203  del
2012 - la normativa nazionale in tema di  SCIA  «costituisce  livello
essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali»; 
    che con atto di costituzione depositato il 16 settembre 2016,  la
Regione Campania ha chiesto il rigetto del ricorso; 
    che con successiva memoria, depositata il 23  novembre  2016,  la
Regione Campania  ha  illustrato  le  ragioni  a  sostegno  di  detta
richiesta; 
    che con ulteriore memoria,  depositata  il  12  maggio  2017,  la
Regione  resistente  ha   rappresentato   di   aver   modificato   le
disposizioni impugnate, chiarendone e precisandone la portata, con la
legge regionale 23 dicembre 2016, n. 38  (Ulteriori  disposizioni  in
materia di razionalizzazione,  adeguamento  e  semplificazione  della
normativa regionale); 
    che, alla luce di tale intervento normativo, la Regione  Campania
ha chiesto sia dichiarata cessata la materia  del  contendere  o,  in
ogni caso, l'improcedibilita' del ricorso per sopravvenuta carenza di
interesse, tenuto conto anche della circostanza che  le  disposizioni
impugnate non risultano avere avuto medio tempore applicazione; 
    che, con atto depositato il 23 maggio 2017, giusta  delibera  del
Consiglio dei ministri del 10 marzo 2017, il Presidente del Consiglio
dei ministri, in considerazione del fatto che con la legge  regionale
n. 38 del 2016 la  Regione  Campania  «ha  chiarito  e  precisato  le
disposizioni impugnate nel senso indicato nel ricorso», ha rinunciato
all'impugnazione; 
    che, con atto depositato il 31 maggio 2017, giusta delibera della
Giunta regionale del 23 maggio 2017, la Regione Campania ha accettato
la rinuncia al ricorso. 
    Considerato che la Regione Campania si e' costituita in  giudizio
limitandosi a chiedere il rigetto del ricorso, senza  addurre  alcuna
argomentazione in ordine alle doglianze in esso prospettate; 
    che,  tuttavia,  cio'  non   incide   sull'ammissibilita'   della
costituzione in  giudizio,  poiche'  questa  Corte  ha  ripetutamente
precisato che «l'art. 19, comma 3,  delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale, in base al quale l'atto di
costituzione  della  parte  resistente  contiene  "le  conclusioni  e
l'illustrazione delle stesse",  "mira  [...]  a  stimolare  l'apporto
argomentativo delle parti, senza che siano prefigurabili  conseguenze
sanzionatorie nel caso di  mancata  illustrazione  delle  conclusioni
formulate"» (da ultimo, sentenza n. 64 del 2016); 
    che la rinuncia al  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e' stata ritualmente accettata dalla Regione Campania; 
    che, ai sensi dell'art. 23 delle norme integrative per i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, seguita da
accettazione della controparte costituita, determina l'estinzione del
processo. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara estinto il processo. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2017. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE