N. 157 SENTENZA 23 maggio - 7 luglio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Concessioni demaniali marittime con finalita' turistico-ricreative  -
  Criteri e condizioni per il rilascio delle  concessioni  di  durata
  ricompresa tra i sei e i venti anni - Disciplina  del  subentro  in
  area gia' oggetto di concessione - Determinazione dell'indennizzo e
  impegno dell'assegnatario a  non  affidare  a  terzi  le  attivita'
  oggetto di concessione. 
- Legge della Regione Toscana 9  maggio  2016,  n.  31  (Disposizioni
  urgenti in materia di concessioni demaniali marittime.  Abrogazione
  dell'articolo 32 della l.r. 82/2015), art. 2, comma 1, lettere  a),
  c) e d). 
-   
(GU n.28 del 12-7-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
lettere a), c) e d), della legge della Regione Toscana 9 maggio 2016,
n. 31 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  concessioni  demaniali
marittime. Abrogazione dell'articolo 32 della l.r. 82/2015), promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l'11
luglio 2016, depositato in cancelleria il 14 luglio 2016 ed  iscritto
al n. 40 del registro ricorsi 2016. 
    Visto l'atto  di  costituzione  della  Regione  Toscana,  nonche'
l'atto di intervento, fuori termine, della Confesercenti Toscana Nord
- Sezione Federazione Italiana Imprese Balneari - FIBA; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  maggio  2017  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Damiano  Pallottino  per  la
Regione Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe,  spedito  per  la  notifica  l'11
luglio 2016 e depositato il 14 luglio del  2016,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
Generale dello Stato, ha impugnato l'art. 2, comma 1, lettere a),  c)
e d), della  legge  della  Regione  Toscana  9  maggio  2016,  n.  31
(Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali  marittime.
Abrogazione dell'articolo 32 della l.r. 82/2015), norme  ritenute  in
contrasto con gli artt. 9 e 117, primo e secondo comma,  lettere  a),
e), l) e s), della Costituzione. 
    2.- Il ricorrente premette che la legge regionale impugnata  mira
(art. 1) ad introdurre disposizioni per l'applicazione «dell'articolo
3 (rectius: 03), comma 4-bis, del decreto-legge  5  ottobre  1993  n.
400» (Disposizioni  per  la  determinazione  dei  canoni  relativi  a
concessioni  demaniali  marittime)  convertito,  con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1,  della  legge  4  dicembre  1993,  n.  494.  In
particolare, si segnala che l'art. 2  della  citata  legge  regionale
stabilisce i criteri e  le  condizioni  chiamate  a  disciplinare  il
rilascio  delle  concessioni  demaniali   marittime   con   finalita'
turistico-ricreative aventi durata ultrasessennale. 
    Il comma 1 dell'articolo 2 in oggetto, nell'ambito delle relative
procedure comparative, prevede, alla lettera a), che: 
    «costituisce condizione per il rilascio del  titolo  concessorio,
l'impegno, da parte dell'assegnatario, a  non  affidare  a  terzi  le
attivita' oggetto della concessione, fatte salve: 
    1) la possibilita' di affidamento  in  gestione  delle  attivita'
secondarie ai sensi dell'articolo 45-bis del regio decreto  30  marzo
1942, n. 327 (Approvazione del  testo  definitivo  del  Codice  della
navigazione); 
    2) la sopravvenienza di gravi e comprovati motivi di  impedimento
alla conduzione diretta da parte dell'assegnatario stesso». 
    Con le successive lettere c) e d) del comma 1 dell'art.  2  della
legge  impugnata,  si  prevede  altresi',  sempre  nell'ottica  della
valutazione comparativa delle diverse istanze di concessione, che: 
    «c) in caso di area gia' oggetto di concessione,  l'ente  gestore
acquisisce il valore aziendale dell'impresa insistente su  tale  area
attestato da una perizia giurata di stima redatta  da  professionista
abilitato acquisita a cura e spese del concessionario richiedente  il
rilascio della  concessione  ultrasessennale;  d)  al  concessionario
uscente e' riconosciuto il diritto ad un  indennizzo,  da  parte  del
concessionario subentrante, pari al 90 per cento del valore aziendale
dell'impresa  insistente   sull'area   oggetto   della   concessione,
attestato dalla perizia giurata di cui alla lettera  c),  da  pagarsi
integralmente prima dell'eventuale subentro». 
    3.-  In  riferimento  all'addotta  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lettere c) e d), il Governo muove dalle vicende
che hanno caratterizzato l'adeguamento della normativa  nazionale  di
settore in esito alle contestazioni che  la  Commissione  europea  ha
formulato  in   danno   dell'Italia   nell'ambito   della   procedura
d'infrazione n. 2008/4908. Procedura, quest'ultima,  archiviata  (con
decisione  della  Commissione  del  27  febbraio  2012),  in  ragione
dell'abrogazione - ad opera dell'art. 1, comma 18, del  decreto-legge
30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative), come modificato dalla legge di conversione 26  febbraio
2010, n. 25 - dell'art. 37, comma 2,  del  codice  della  navigazione
nella parte in cui prevedeva la preferenza accordata ai concessionari
uscenti per il rinnovo del titolo (cosiddetto diritto di insistenza);
sia delle disposizioni contenute nell'art. 11 della legge 15 dicembre
2011, n. 217 (Disposizioni per l'adempimento  di  obblighi  derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia    alle    Comunita'    europee-Legge
comunitaria 2010). 
    Nel ricorso viene anche fatto cenno, sempre in via  di  premessa,
all'art. 34-duodecies del  decreto-legge  18  ottobre  2012,  n.  179
(Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), inserito  dalla
legge di conversione del 17 dicembre 2012, n. 221, con  il  quale  il
termine di  durata  delle  concessioni  demaniali  marittime  ad  uso
turistico-ricreativo in essere e'  stato  prorogato  al  31  dicembre
2020; ancora, ai due rinvii pregiudiziali  alla  Corte  di  Giustizia
dell'Unione Europea (le cause riunite C-458/14, Promoimpresa  srl,  e
C-67/15, Mario Melis e  altri)  disposti,  in  esito  a  tale  ultimo
intervento normativo, da due Tribunali amministrativi  regionali  (il
TAR della Lombardia e il TAR della Sardegna), sul  presupposto  della
dubbia compatibilita' della detta proroga con i principi dettati  dal
diritto dell'Unione in riferimento, per quel che  qui  immediatamente
interessa, al disposto dell'art. 12 della direttiva 12 dicembre 2006,
n. 2006/123/CE (Direttiva del  Parlamento  Europeo  e  del  Consiglio
relativa ai servizi nel mercato interno) (da qui: direttiva servizi). 
    Alla luce di  tale  premessa,  il  Governo  ricorrente  mette  in
evidenza gli aspetti di contrarieta' della previsione contenuta nelle
lettere c) e d), del  comma  1  dell'art.  2  della  legge  regionale
impugnata con il diritto dell'Unione europea e, in  particolare,  con
il  citato  art.  12   della   direttiva   servizi   avuto   riguardo
all'esigenza, dettata dal paragrafo 2 di tale  articolo,  di  evitare
l'attribuzione  di  vantaggi  al  prestatore  uscente;  disposizione,
questa, trasposta nell'ordinamento interno dall'art. 16, comma 4, del
decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della  direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno),  in  forza  del
quale, nell'esercizio della competenza esclusiva statale  in  materia
di tutela della concorrenza, il legislatore statale ha  previsto  che
«[n]ei casi di cui al comma 1» - ossia laddove il  numero  di  titoli
autorizzatori disponibili per una determinata  attivita'  di  servizi
sia limitato - «il titolo e' rilasciato per una durata limitata e non
puo' essere rinnovato automaticamente, ne' possono  essere  accordati
vantaggi  al  prestatore  uscente  o  ad  altre  persone,   ancorche'
giustificati da particolari legami con il primo». 
    4.- Secondo il Governo la regola da ultimo citata non consente di
escludere, in linea di principio, che, allo spirare del termine della
concessione, sia  possibile  riconoscere,  entro  certi  limiti,  una
tutela degli investimenti realizzati dal  concessionario,  a  maggior
ragione se effettuati in un periodo nel  quale  si  poteva  confidare
sulla stabilita' del titolo conferita dal  diritto  di  insistenza  o
dalle proroghe dettate ope legis.  Tuttavia,  tali  limiti  rischiano
certamente di essere  superati  dall'attribuzione  indiscriminata  al
concessionario uscente di un indennizzo corrispondente al novanta per
cento di una  grandezza,  quale  il  «valore  aziendale  dell'impresa
insistente sull'area oggetto della concessione», la cui  definizione,
non contenuta nella legge regionale, resta del tutto incerta.  Cosi',
del resto, un'eccessiva  barriera  all'ingresso  dei  nuovi  entranti
deriva dalla previsione dell'indennizzo da pagare  al  subentrato  «a
fronte della acquisizione, da parte dell'ente gestore, di tale valore
aziendale dell'impresa, ossia di un  coacervo  dai  confini  incerti,
suscettibile di comprendere, ad esempio, beni gia' in proprieta'  del
concessionario uscente e beni, come quelli immobili, che in linea  di
principio  dovrebbero  risultare  gia'  automaticamente  acquisti  al
demanio per accessione». 
    5.- In ogni caso,  ad  avviso  del  ricorrente,  la  disposizione
regionale in oggetto contrasta con l'esigenza di garantire la parita'
di  trattamento  e  l'uniformita'  delle   condizioni   del   mercato
sull'intero territorio nazionale; esigenza che solo la legge  statale
puo' assicurare, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia
di tutela  della  concorrenza,  manifestamente  violata  dalla  legge
regionale. 
    Sarebbe, inoltre,  invasa  la  competenza  esclusiva  statale  in
materia  di  ordinamento  civile,  nel  momento  in  cui,  con  legge
regionale, si onera il concessionario subentrante del  pagamento  del
predetto indennizzo e si introduce una deroga all'art. 49 cod.  nav.,
in base al quale, salvo che sia diversamente stabilito  nell'atto  di
concessione, quando «venga a cessare la  concessione,  le  opere  non
amovibili, costruite sulla zona  demaniale,  restano  acquisite  allo
Stato,  senza  alcun  compenso  o   rimborso,   salva   la   facolta'
dell'autorita'  concedente  di  ordinarne  la  demolizione   con   la
restituzione del bene demaniale nel pristino stato.  In  quest'ultimo
caso, l'amministrazione, ove il concessionario non esegua l'ordine di
demolizione, puo' provvedervi d'ufficio a termini dell'articolo 54». 
    Viene, a tal fine, ribadito che  in  tema  di  demanio  marittimo
questa Corte avrebbe gia' chiarito che la  competenza  della  Regione
nella materia in disamina non puo' comunque incidere  sulle  facolta'
che spettano allo Stato  in  quanto  proprietario.  Queste,  infatti,
precedono logicamente la ripartizione delle competenze  e  ineriscono
alla   capacita'   giuridica    dell'ente    secondo    i    principi
dell'ordinamento civile. 
    6.- Si dubita, inoltre,  della  legittimita'  costituzionale  del
solo art. 2, comma 1, lettera  c)  della  legge  regionale  impugnata
anche in relazione agli artt. 9 e 117,  comma  secondo,  lettera  s),
Cost. 
    Ad avviso del Governo, la disposizione  censurata  non  contempla
alcuna  valutazione  dell'ente  gestore   in   merito   all'effettiva
consistenza dell'impresa insistente sull'area demaniale: la  relativa
stima potrebbe, dunque,  ricomprendere  anche  opere  non  amovibili,
eventualmente costruite nella zona demaniale, in deroga  all'art.  49
cod. nav. Il permanere del  diritto  all'utilizzazione  dei  beni  da
parte del concessionario subentrante viene,  dunque,  previsto  senza
alcuna verifica preliminare dell'interesse pubblico alla eliminazione
delle opere non amovibili,  secondo  quanto  stabilito  dalla  citata
disposizione del codice della navigazione. 
    Di qui  una  evidente  diminuzione  dei  livelli  di  tutela  del
paesaggio e la conseguente violazione  dei  parametri  costituzionali
evocati. 
    7.- Il Governo dubita, inoltre, della legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lettera a) della legge regionale impugnata. 
    Con la disposizione censurata viene disciplinato l'affidamento  a
terzi  delle  iniziative  assentite  dal  titolo  concessorio  che  -
unitamente  al  subingresso  nella  concessione  -  sarebbe   materia
riservata alla sfera di competenza  esclusiva  della  legge  statale,
attenendo al settore dell'«ordinamento civile». 
    Ad avviso del Governo, la disposizione si discosta, inoltre,  dal
regime derivante dagli articoli  45-bis  e  46  cod.  nav.,  dal  cui
combinato disposto si evince che e' consentito l'affidamento a  terzi
della gestione delle attivita' oggetto di concessione, purche' vi sia
la previa autorizzazione  dell'autorita'  competente.  Si  prevedono,
dunque, ostacoli all'affidamento a terzi non dettati dalla disciplina
statale;  e  si  trascura   di   subordinare   l'eventuale   subentro
all'autorizzazione dell'autorita' competente. 
    Di qui la violazione dell'art 117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost. 
    8.- La Regione convenuta si e' costituita in giudizio con memoria
depositata il 4 agosto 2016, concludendo per  la  infondatezza  delle
questioni prospettate dal Governo con il ricorso in esame. 
    8.1.- In ordine alle censure mosse in riferimento alle lettere c)
e d) della  disposizione  impugnata,  si  adduce  che  la  previsione
contestata rientra nella  competenza  legislativa  della  Regione  in
materia di turismo e gestione del demanio marittimo, poiche' persegue
l'obiettivo di  valorizzare  e  salvaguardare  il  sistema  turistico
balneare  della  Toscana  assicurando,  al  contempo,  condizioni  di
sviluppo alle medie e piccole imprese che ne costituiscono il tessuto
produttivo. 
    In questa ottica, la previsione di un indennizzo  in  favore  del
concessionario  uscente  consente  un  adeguato  ammortamento   degli
investimenti all'uopo effettuati sull'area demaniale: attraverso tale
contemperamento viene cosi' tutelato il legittimo affidamento  che  i
titolari delle autorizzazioni in essere riponevano nella prosecuzione
del  rapporto  una  volta  espunto  dal  sistema  il   diritto   alla
rinnovazione automatica delle concessioni in essere. Cio'  in  linea,
del resto, con quanto evidenziato dalla Corte  di  Giustizia  UE  nel
definire, con  la  decisione  assunta  il  14  luglio  2016,  le  due
questioni pregiudiziali indicate nel ricorso, interpretando  all'uopo
il disposto dell'art.  12  della  direttiva  servizi  in  termini  da
ritenere contraria al diritto dell'Unione la proroga  automatica  del
rapporto senza che tanto impedisca, tuttavia, agli Stati membri,  per
imperativi motivi di interesse generale, di prevedere misure utili  a
tutelare   l'affidamento   dei    concessionari    uscenti    tramite
l'ammortamento  degli   investimenti   effettuati,   realizzando   un
contemperamento  proporzionato  con  i  principi  di   tutela   della
concorrenza e liberta' di stabilimento. 
    8.2.- Tanto premesso, ad  avviso  della  Regione,  la  previsione
dell'indennizzo  non  costituisce   violazione   del   principio   di
concorrenza;  piuttosto,  tutela  l'affidamento  del   concessionario
uscente ad  una  remunerazione  dei  capitali  investiti.  Ragionando
diversamente,  l'adeguamento  dell'ordinamento  interno  ai  principi
comunitari evocati a sostegno della  affermata  violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost., finirebbe per tradursi in un sacrificio  non
proporzionato del diritto del concessionario uscente che, con i  suoi
investimenti, ha valorizzato e riqualificato il bene  demaniale  dato
in concessione, con conseguente arricchimento  indebito  del  gestore
subentrante. 
    8.3.- Quanto, poi, alla possibilita' di considerare - all'interno
del valore aziendale da stimare  per  quantificare  il  corrispettivo
dell'indennizzo da porre a carico del concessionario subentrante -  i
beni  inamovibili  che  l'art.  49  del  cod.  nav.  dispone  vengano
acquisiti al demanio al cessare della concessione, deve ritenersi che
gli stessi non siano computabili se non ai fini della  determinazione
degli investimenti effettuati e non ammortizzati. 
    La disposizione  regionale  non  sarebbe,  dunque,  lesiva  delle
prerogative dominicali che lo Stato esercita sul bene demaniale,  non
essendo nel potere del concessionario disporre di tali beni oltre  la
cessazione del rapporto concessorio. 
    Da qui l'infondatezza della censura prospettata  con  riferimento
al secondo comma, lettera l), dell'art. 117, Cost. 
    8.4.- Infine, sempre in riferimento alle lettere c)  e  d)  della
disposizione  regionale  censurata,  ad  avviso  della  Regione  deve
negarsi fondatezza alla affermata violazione degli  artt.  9  e  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Per le concessioni oggetto della legge  regionale  impugnata,  la
valutazione in ordine  alla  esistenza  di  un  preminente  interesse
pubblico ad  un  uso  diverso  del  bene  avviene  all'interno  della
pianificazione  dell'utilizzo  degli  arenili  in  conformita'   alle
previsioni   del   Piano   Integrato   Territoriale    con    valenza
paesaggistica. Cio' garantisce un livello di tutela  dell'ambiente  e
del paesaggio piu' elevato cosi' da escludere la lesione  prospettata
a sostegno della censura in oggetto. 
    8.5.- In ordine alla questione prospettata con  riferimento  alla
lettera a) del comma 1 dell'art. 2 della legge  regionale  impugnata,
la difesa della convenuta adduce l'infondatezza della censura perche'
i limiti alla possibilita' di affidamento a terzi  della  concessione
dettati  dalla  disciplina  regionale  mirano   a   frenare   effetti
speculativi e distorsivi della  concorrenza,  legati  a  fenomeni  di
concentrazione  monopolistica  in  capo  a  soggetti  dotati  di  una
maggiore  forza  finanziaria;  fenomeni,  questi,  forieri   di   una
omologazione  dell'offerta  turistica  nonche'   di   una   sensibile
riduzione della concorrenza. 
    Del resto, non e' escluso in modo assoluto l'affidamento a terzi;
piuttosto, in  linea  con  le  competenze  regionali  in  materia  di
gestione del demanio marittimo, se ne regolamenta  l'applicazione  in
coerenza con le previsioni del codice della navigazione che  lasciano
all'amministrazione lo spazio per valutazioni discrezionali in ordine
all'affidamento  a  terzi,  anche  nell'ottica  volta   a   prevenire
eventuali effetti elusivi dei principi di  concorrenza,  trasparenza,
non discriminazione. 
    9.- Con memoria depositata il 26 aprile 2017 il ricorrente,  dopo
aver fatto cenno alle novita' giurisprudenziali  (la  sentenza  della
Corte di Giustizia dell'Unione europea, indicata dalla  difesa  della
Regione e quella di questa Corte, distinta dal n. 40 del 2017) e alle
modifiche normative sopravvenute alla proposizione  del  ricorso  (il
comma 3-septies dell'art. 24 del decreto-legge  24  giugno  2016,  n.
113, recante «Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali  e
il territorio» come modificato dalla legge di  conversione  7  agosto
2016, n. 160) ha ribadito la  fondatezza  delle  censure,  replicando
alle osservazioni critiche esposte dalla resistente nella memoria  di
costituzione. 
    10.- Con memoria depositata il 28 aprile 2017 la Regione  Toscana
ha ulteriormente argomentato in ordine alla ritenuta infondatezza del
ricorso. 
    In  tale  ottica  e'  stata   ribadita   la   conformita'   delle
disposizioni censurate alle  indicazioni  di  principio  offerte  dal
diritto dell'Unione;  la  strumentalita'  dell'indennizzo  dovuto  al
concessionario uscente, siccome diretto alla tutela  dell'affidamento
dello  stesso  ad  un  puntuale   ammortamento   degli   investimenti
effettuati  in  ragione  del  portato   garantito   dalla   pregressa
disciplina  di  settore  quanto  alla  durata   del   rapporto,   che
legittimava proroghe automatiche ora certamente in conflitto  con  le
indicazioni  provenienti  dalla  citata  sentenza  della   Corte   di
Giustizia del 14 luglio 2016; la coerenza di sistema della previsione
inerente l'indennizzo destinato all'uscente, analoga a quanto dettato
nell'ordinamento in altre ipotesi inerenti la gestione di un servizio
definita senza garantire l'integrale ammortamento degli  investimenti
cosi'   da   evitare   indebiti   arricchimenti   del    subentrante;
l'inconferenza  della  addotta  violazione  dell'art.  49  cod.  nav.
perche'  il  valore  aziendale   oggetto   di   stima   in   funzione
dell'indennizzo da versare all'uscente non potra' mai  considerare  i
beni inamovibili, computabili non oltre il limite degli  investimenti
non ammortizzati; l'assenza  di  conflittualita'  tra  la  disciplina
regionale censurata e la previsione contenuta nell'art.  45-bis  cod.
nav. 
    11.- Con memoria depositata il 2 maggio 2017  e'  intervenuta  la
Confesercenti Toscana Nord -  Sezione  Federazione  Italiana  Imprese
Balneari - FIBA, in persona del legale  rappresentante  pro  tempore,
opponendosi all'accoglimento del ricorso, se del caso  previo  rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea,  ai  sensi
dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  (da
qui,   TFUE)   della   questione   interpretativa    relativa    alla
compatibilita' dell'art. 49 cod. nav. con gli artt. 49 e  56  TFUE  o
previa auto-rimessione della questione di legittimita' costituzionale
riguardante l'art. 49 cod. nav. perche' in asserito contrasto con gli
artt. 2, 3, 41, 42 e 117 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
2, comma 1, lettere a), c) e d), della legge della Regione Toscana  9
maggio 2016, n. 31 (Disposizioni urgenti in  materia  di  concessioni
demaniali marittime. Abrogazione dell'articolo 32 della l.r. 82/2015)
in relazione agli artt. 9 e 117, primo e secondo comma,  lettere  a),
e), l) e s), della Costituzione. 
    2.-  Preliminarmente,  deve   essere   dichiarato   inammissibile
l'intervento della Confesercenti Toscana Nord -  Sezione  Federazione
Italiana Imprese Balneari - FIBA, per la pregiudiziale  e  assorbente
ragione che e' avvenuto con atto depositato il 2 maggio 2017 e quindi
oltre  il  termine  stabilito  dall'art.  4,  comma  4,  delle  norme
integrative  per  i  giudizi  davanti   alla   Corte   costituzionale
(richiamato per i giudizi principali, dall'art. 23 delle citate norme
integrative); termine cui va ascritta natura perentoria,  secondo  la
costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  (tra  le  piu'  recenti,
sentenze n. 98 del 2017 e n. 242 del 2016). 
    3.- La legge regionale impugnata detta disposizioni destinate  ad
incidere sulle  procedure  comparative  inerenti  il  rilascio  delle
concessioni demaniali con finalita' turistico-ricreative per le quali
e' prevista una durata ricompresa tra i sei e i venti anni a  seconda
dell'entita' e della rilevanza delle opere da realizzare, nonche'  in
ragione dei piani di utilizzazione delle aree  demaniali  predisposti
dalla Regione (articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5  ottobre
1993, n. 400, recante: «Disposizioni per la determinazione dei canoni
relativi  a  concessioni   demaniali   marittime»   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, cui fa  esplicito
riferimento  l'art.  1  della  legge  regionale   in   disamina   nel
perimetrare l'ambito di operativita' della relativa disciplina). 
    4.- Il Governo censura  anzitutto  la  previsione  contenuta  nel
combinato disposto delle lettere c) e d) del comma 1,  dell'impugnato
art. 2. 
    Con   tali   disposizioni,   da   leggere    unitariamente    per
l'inscindibile nesso  che  le  connota,  si  prevede,  alla  scadenza
naturale del rapporto concessorio, l'acquisizione, da parte dell'ente
concedente, del «valore aziendale  relativo  all'impresa  insistente»
sull'area  demaniale  (lettera  c).  Al  concessionario  uscente   e'
riconosciuto un indennizzo pari  al  novanta  per  cento  del  valore
aziendale di riferimento, attestato da  una  perizia  redatta  da  un
professionista abilitato, acquisita a cura e spese del concessionario
richiedente il rilascio della concessione ultrasessennale; indennizzo
che e' fatto gravare  sul  concessionario  subentrante,  obbligato  a
pagarlo integralmente, prima dell'eventuale subentro (lettera d). 
    4.1.- Secondo il ricorrente tali previsioni  violerebbero  l'art.
12, paragrafo 2 della direttiva del 12 dicembre 2006, n.  2006/123/CE
(Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai servizi
nel  mercato  interno)  che  impedisce  l'attribuzione  di  qualsiasi
vantaggio  al  concessionario  uscente.  Norma,   questa,   trasposta
nell'ordinamento  interno  dall'art.  16,  comma   4,   del   decreto
legislativo  26  marzo  2010,  n.  59  (Attuazione  della   direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno). 
    4.2.- In ogni  caso,  ad  avviso  del  Governo,  le  disposizioni
oggetto di scrutinio non garantirebbero la parita' di  trattamento  e
l'uniformita' delle condizioni  del  mercato  sull'intero  territorio
nazionale avuto riguardo  alle  possibilita'  di  accesso  al  titolo
concessorio: obiettivi,  questi,  che  solo  la  legge  statale  puo'
assicurare, nell'esercizio della competenza esclusiva in  materia  di
tutela della concorrenza. 
    4.3.- Sarebbe, poi, invasa la  competenza  esclusiva  statale  in
materia  di  ordinamento  civile,  nella  parte  in  cui,  con  legge
regionale, si impone al concessionario subentrante il  pagamento  del
predetto indennizzo. Si darebbe luogo, in tal  modo,  ad  una  deroga
all'art. 49 del regio decreto 30 marzo 1972,  n.  327  (Codice  della
navigazione),  che  limita  l'acquisizione  alle   sole   opere   non
amovibili, sempre che l'amministrazione  interessata  non  preferisca
optare per la riduzione in pristino dell'area demaniale, a spese  del
concessionario uscente. 
    4.4.-  Si  dubita,  inoltre,  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 1, lettera c), della  legge  regionale  impugnata,
anche in relazione agli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. All'ente gestore, ad avviso del Governo, non sarebbe consentito
di verificare l'interesse pubblico alla eliminazione delle opere  non
amovibili,  rispetto  alle  quali  l'acquisizione  non  sarebbe  piu'
discrezionale. 
    Di qui l'addotta diminuzione dei livelli di tutela del  paesaggio
e la conseguente violazione dei parametri costituzionali evocati. 
    4.5.- Il ricorso, infine, contiene un mero  riferimento  nominale
all'art. 117, secondo comma,  lettera  a),  Cost.,  senza  che  siano
svolte specifiche argomentazioni a sostegno della relativa censura. 
    5.- In ordine alle censure in questione, la Regione convenuta  ha
rilevato che le disposizioni impugnate devono ricondursi alle materie
del turismo e della gestione del demanio marittimo. La previsione  di
un  indennizzo  sarebbe  posta  a  tutela   delle   aspettative   del
concessionario uscente in ordine ad una  proporzionata  remunerazione
dei capitali  investiti,  evitando  l'ingiustificato  sacrificio  del
diritto  dello  stesso  e  l'arricchimento   indebito   del   gestore
subentrante. 
    Non vi sarebbe, inoltre, contrasto con l'art. 49  cod.  nav.:  la
disposizione regionale non sarebbe infatti lesiva  delle  prerogative
dominicali che lo Stato esercita  sul  bene  demaniale,  perche'  non
mette in discussione la possibilita' dell'ente concedente di disporre
altrimenti delle opere non amovibili. 
    6.- Per economia di giudizio, e facendo ricorso al proprio potere
di decidere l'ordine delle  questioni  da  affrontare,  eventualmente
dichiarando assorbite le altre (sentenze n. 107 del 2017 e n. 98  del
2013),  questa  Corte  ritiene  di   dovere   esaminare,   anzitutto,
l'eccepita lesione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  e)  Cost.,
relativa alla tutela della concorrenza. 
    In riferimento al citato parametro,  il  ricorso  deve  ritenersi
fondato. 
    6.1.- La disciplina concernente il rilascio delle concessioni  su
beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti
alla competenza sia statale che regionale (da ultimo, sentenza n.  40
del 2017). 
    In  primo  luogo  va  rimarcato,  infatti,  che,  le   competenze
amministrative inerenti al rilascio delle concessioni in uso di  beni
del demanio marittimo risultano conferite alle Regioni in  virtu'  di
quanto previsto dall'art. 105,  comma  2,  lettera  l),  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). 
    Le relative funzioni sono esercitate, di regola,  dai  Comuni  in
forza dell'art. 42 del decreto  legislativo  30  marzo  1999,  n.  96
(Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione  di  funzioni
amministrative tra regioni ed enti locali a norma dell'art. 4,  comma
5, della legge 15 marzo 1997,  n.  59  e  successive  modificazioni),
rispetto ai quali le Regioni  mantengono  poteri  di  indirizzo  (con
riferimento alle attivita' di impresa turistico-balneari, si veda  il
comma 6 dell'art. 11 della legge 15 novembre 2011,  n.  217,  recante
«Disposizioni    per    l'adempimento    di    obblighi     derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia    alle    Comunita'    europee-legge
comunitaria 2010») . 
    Con il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (Attribuzione  a
comuni, province,  citta'  metropolitane  e  regioni  di  un  proprio
patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009,
n. 42) anche la titolarita' dei beni demaniali in questione e'  stata
devoluta alle Regioni (artt. 3, comma 1, lettera  a  e  5,  comma  1,
lettera a). Il trasferimento  e'  stato  tuttavia  condizionato  alla
emanazione di specifici decreti  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  volti  alla  individuazione  dei  singoli   beni   e   alla
conseguente traslazione della relativa proprieta'; decreti allo stato
non adottati. E  cio'  rende  ancora  attuale  la  divaricazione  tra
titolarita' dei beni demaniali in oggetto e competenze amministrative
inerenti alla gestione degli stessi (si veda la sentenza  n.  22  del
2013). 
    In  secondo  luogo  va   ribadito   che   secondo   la   costante
giurisprudenza  di  questa  Corte,  i  criteri  e  le  modalita'   di
affidamento  delle  concessioni  demaniali  marittime  devono  essere
stabiliti nell'osservanza dei «principi della  libera  concorrenza  e
della liberta' di stabilimento, previsti dalla normativa  comunitaria
e nazionale» (sentenza n. 213 del  2011,  da  ultimo  ribadita  dalla
citata sentenza n. 40 del 2017); ambiti da ritenersi estranei, in via
di principio,  alle  possibilita'  di  intervento  legislativo  delle
Regioni. 
    6.2.- Le disposizioni oggetto di censura disciplinano due profili
fondamentali  dell'affidamento  concessorio  in  disamina,  tra  loro
strettamente collegati. 
    Riguardano, da un lato, la fase di cessazione -  per  intervenuta
scadenza del rapporto - delle concessioni in  essere,  la  disciplina
delle utilita' correlate all'attivita' di impresa e delle aspettative
patrimoniali del concessionario uscente. 
    Riguardano, dall'altro lato, gli obblighi che dovra' assumere  il
nuovo concessionario in conseguenza dell'avvenuto subentro. 
    6.3.- La disciplina legislativa statale di riferimento, contenuta
nel codice della navigazione, in caso di  ordinaria  definizione  del
rapporto,    non    assegna    alcun    rilievo    alle    componenti
economico-aziendali  dell'impresa  del  concessionario  uscente;   le
stesse realizzazioni non amovibili, se acquisite dal demanio ai sensi
dell'art. 49 cod. nav., non comportano oneri destinati a gravare  sul
nuovo concessionario. 
    In altre parole, le disposizioni  censurate,  anche  prescindendo
dal merito delle scelte normative, introducono evidenti novita' nella
regolamentazione  delle  situazioni  patrimoniali  conseguenti   alla
cessazione, per scadenza del  termine,  delle  concessioni  demaniali
marittime  con  finalita'  turistico-ricreative,  differenziando   la
disciplina della Regione resistente da quella prevista per  il  resto
del territorio nazionale. 
    6.4.- Tali considerazioni portano a ritenere fondata  la  censura
prospettata con riferimento  alla  citata  lettera  e),  del  secondo
comma, dell'art. 117 Cost. 
    6.4.1.- Assume, a tale fine, rilievo determinante  la  previsione
del   pagamento   dell'indennizzo   da   parte   del   concessionario
subentrante. 
    A prescindere  dalle  giustificazioni  addotte  dalla  Regione  a
sostegno della scelta normativa in esame, e' di chiara  evidenza  che
un  siffatto  obbligo,  cui  risulta  condizionato  il  subentro   al
concessionario uscente, influisce sensibilmente sulle prospettive  di
acquisizione della concessione, rappresentando una  delle  componenti
del costo dell'affidamento. 
    La previsione dell'indennizzo di cui al citato art. 2,  comma  1,
lettera   d),   subordinando   il    subentro    nella    concessione
all'adempimento  del  suindicato  obbligo,   incide   infatti   sulle
possibilita' di accesso al mercato di riferimento  e  sulla  uniforme
regolamentazione dello stesso, potendo  costituire,  per  le  imprese
diverse   dal   concessionario   uscente,   un   disincentivo    alla
partecipazione al concorso che porta all'affidamento. 
    La normativa  regionale  impugnata  viola  dunque  la  competenza
esclusiva statale in  materia  di  «tutela  della  concorrenza»,  non
essendo peraltro qualificabile come pro-concorrenziale  (sentenze  n.
165 del 2014 e n. 288 del 2010). 
    6.4.2.  -  L'inscindibile  correlazione  dei  precetti  normativi
oggetto delle lettere c) e d)  impone  di  riferire  ad  entrambe  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale. 
    6.5.-  Restano  assorbite  le  ulteriori  censure  proposte   nei
confronti dell'impugnato art. 2, comma 1, lettere c) e d). 
    7.- Il Governo ha, inoltre, impugnato il suindicato art. 2, comma
1, lettera a). 
    7.1.- La  disposizione  censurata  subordina  il  rilascio  della
concessione all'impegno, assunto dall'assegnatario, a «non affidare a
terzi le attivita' oggetto della  concessione,  fatte  salve:  1)  la
possibilita' di affidamento in gestione delle attivita' secondarie ai
sensi dell'articolo 45-bis del regio decreto 30 marzo  1942,  n.  327
(Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione);  2)
la sopravvenienza di gravi e comprovati motivi  di  impedimento  alla
conduzione diretta da parte dell'assegnatario stesso». 
    In sostanza, escluse  le  deroghe  esplicitate,  e'  impedito  al
concessionario di dare in affidamento a terzi  le  attivita'  oggetto
della concessione; facolta' che, invece, il codice della  navigazione
consente,  senza  limiti  di  sorta,  purche'  autorizzata  dall'ente
concedente (art. 45-bis cod. nav.). 
    7.2.- Ad avviso del ricorrente, la disciplina dell'affidamento  a
terzi - unitamente al subingresso nella concessione  -  discostandosi
dal regime derivante degli artt. 45-bis e  46  cod.  nav.,  afferendo
all'«ordinamento  civile»,  incide  su  una  materia  riservata  alla
competenza esclusiva dello Stato. 
    7.3.- La Regione sostiene che la norma in esame non viola  l'art.
45-bis cod. nav.; piuttosto, disciplina l'ipotesi dell'affidamento  a
terzi in coerenza con le indicazioni offerte da  quest'ultima  norma,
nella parte in cui lascia all'amministrazione  competente  lo  spazio
per valutazioni ostative a tale modalita' di affidamento,  anche  per
prevenire eventuali effetti  elusivi  dei  principi  di  concorrenza,
trasparenza, e non discriminazione. 
    7.4.- La questione non e' fondata. 
    7.4.1.- L'esercizio concessorio dei beni demaniali marittimi  per
finalita' turistico-ricreative  include  un  complesso  di  attivita'
svolte sull'area demaniale, con frequente  suddivisione,  all'interno
di quelle assentite dal titolo, tra una attivita' principale ed altre
secondarie, tipizzate, in via esemplificativa, dal gia'  citato  art.
01 del d.l. n. 400 del 1993. 
    Nel corso del rapporto possono verificarsi casi  di  sostituzione
del concessionario nel godimento delle  utilita'  che  si  ritraggono
dall'area demaniale. Sostituzioni che possono essere oggetto  di  una
vera e propria successione a  titolo  particolare  (e'  il  caso  del
subingresso disciplinato dall'art. 46  cod.  nav.,  che  prevede  una
cessione della concessione  con  integrale  surroga  del  cessionario
nella  posizione  del  concessionario  cedente);  oppure   consistere
nell'attribuzione a terzi di diritti dal contenuto identico  o  anche
solo  parzialmente  coincidente  con  quelli  assentiti  dal   titolo
(perche'  riguardano  una  o  piu'  delle  attivita'  accessorie  che
ineriscono all'area), cosi' da permettere una gestione  indiretta  ed
anche frazionata delle attivita' correlate alla concessione.  E  cio'
senza   che   muti   necessariamente   la   figura   soggettiva   del
concessionario (e' il caso dell'affidamento ai sensi del citato  art.
45-bis cod. nav.). 
    In tutti questi casi e' comunque  imprescindibile  la  preventiva
autorizzazione dell'amministrazione concedente. 
    7.4.2.- La disciplina statale di riferimento, nella parte in  cui
subordina l'affidamento a terzi (locuzione di contenuto ampio, capace
di  includere  tutte  le  ipotesi  indicate  dal   ricorrente)   alla
preventiva autorizzazione della concedente, attrae tali profili della
vicenda concessoria nell'ambito del diritto pubblico: la possibilita'
di affidamento a  terzi,  prevista  in  linea  di  principio,  rimane
infatti  condizionata  a  valutazioni  che   restano   di   esclusiva
competenza  dell'amministrazione  chiamata  alla  gestione  dell'area
demaniale. 
    La legge regionale  in  questione,  del  resto,  come  recita  il
preambolo, persegue la finalita' di impartire linee di  indirizzo  ai
Comuni costieri, quali enti cui l'art. 27 della legge regionale della
Toscana 10 dicembre 1998, n. 88  (Attribuzione  agli  enti  locali  e
disciplina generale delle funzioni amministrative e  dei  compiti  in
materia urbanistica e pianificazione territoriale,  protezione  della
natura e dell'ambiente, tutela  dell'ambiente  dagli  inquinamenti  e
gestione dei rifiuti, risorse idriche e difesa del suolo,  energia  e
risorse  geotermiche,  opere  pubbliche,   viabilita'   e   trasporti
conferite alla Regione dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112)
affida funzioni amministrative nell'ambito delineato dal citato  art.
03, comma 4-bis del d.l. n. 400 del 1993. 
    In questa cornice, la norma censurata si inserisce a pieno titolo
nell'ambito delle  gia'  descritte  competenze  amministrative  e  di
indirizzo ascritte alle Regioni  in  materia  di  demanio  marittimo,
senza sconfinare nel titolo di competenza esclusiva -  l'«ordinamento
civile» - evocato a sostegno della censura. 
    All'amministrazione  competente  spetta  infatti  il  potere   di
assentire l'affidamento a terzi, sia dell'attivita' principale sia di
quelle secondarie ed accessorie. Con  la  disposizione  censurata  la
Regione ha  esercitato,  in  via  generale,  le  prerogative  di  sua
pertinenza,  restringendo  a  monte  le  possibilita'   di   gestione
indiretta delle iniziative economiche di  rilievo  principale  legate
all'area demaniale concessa in uso. 
    Di qui la non fondatezza della relativa questione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  inammissibile  l'intervento   della   Confesercenti
Toscana Nord - Sezione Federazione Italiana Imprese Balneari - FIBA; 
    2) dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma
1, lettere c) e d), della legge della Regione Toscana 9 maggio  2016,
n. 31 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  concessioni  demaniali
marittime. Abrogazione dell'articolo 32 della l.r. 82/2015); 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  2,  comma  1,  lettera  a),  della   legge
regionale n. 31 del  2016,  promossa  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera l),  della  Costituzione  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA