N. 219 SENTENZA 11 luglio - 20 ottobre 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Patrocinio a spese dello  Stato  ‒  Condizioni  per  l'ammissione  al
  beneficio - Limite reddituale costituito dalla somma dei redditi di
  ogni familiare convivente, compreso l'istante. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,
  recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
  in materia di spese di giustizia (Testo A)», art. 76, comma 2. 
-   
(GU n.43 del 25-10-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici  :Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  76,  comma
2, del decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.
115,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo  A)»,  promosso
dal  Tribunale  ordinario  di  Verona  a  seguito   dell'istanza   di
ammissione al gratuito patrocinio, con ordinanza del 16 agosto  2016,
iscritta al n. 22 del registro  ordinanze  2017  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  9,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  5  luglio  2017  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 16 agosto 2016, il Tribunale  ordinario  di
Verona  ha  sollevato  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo  76,  comma  2,  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia (Testo A)», in riferimento agli articoli 2,  3,  24  e  31,
primo comma, della Costituzione. 
    Il giudice a quo riferisce di doversi pronunciare nell'ambito  di
un procedimento incidentale di liquidazione del compenso di  avvocato
disposto in favore della sig.ra  P.  J.,  quale  madre  esercente  la
potesta' genitoriale sulla figlia N. C. 
    Prosegue il rimettente  rappresentando  che  dagli  accertamenti,
effettuati dall'Agenzia delle entrate di  Verona  sui  redditi  della
sig.ra P. J. nel triennio 2011-2013, e'  emerso  il  superamento  del
limite previsto per l'ammissione al beneficio e che i  familiari  con
lei conviventi, ovvero la figlia N. C., ormai divenuta maggiorenne, e
la madre, non avevano percepito alcun reddito. 
    Tale  circostanza,  riferisce  il  giudice  a  quo,   impedirebbe
l'accoglimento della richiesta di liquidazione avanzata dal difensore
di N.  C.  poiche',  sebbene  quest'ultima  non  sia  percettrice  di
reddito, ai sensi dell'art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 115 del  2002,
in  presenza  di  familiari  conviventi,  il  limite  reddituale  per
l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato deve essere  calcolato
tenendo  conto  dei  redditi  conseguiti  da  ogni  componente  della
famiglia. 
    2.- A parere del rimettente, il fatto  di  individuare  nel  solo
parametro reddituale l'indice insuperabile dello stato di abbienza  o
non abbienza del nucleo familiare di cui fa  parte  il  soggetto  che
necessita di assistenza difensiva, con esclusione delle variabili che
incidono sulla effettiva situazione economica di una famiglia,  quali
il numero dei componenti, la loro eta', le condizioni di salute  e  i
correlativi obblighi di  assistenza,  comporterebbe  un  vulnus  agli
artt. 2, 3, 24 e 31, primo comma, Cost. 
    In particolare, con riferimento alla violazione degli artt. 2, 24
e 31, primo  comma,  Cost.,  il  giudice  a  quo  sottolinea  che  la
disponibilita' di un reddito di poco superiore al limite di  legge  e
la mancata considerazione dell'incidenza determinata  dalla  presenza
di familiari a carico, imporrebbe,  inevitabilmente,  all'interessato
di  dover  scegliere  tra  l'esercizio  del  diritto  di   difesa   e
l'adempimento dei  doveri  di  solidarieta'  sociale  e  familiare  e
limiterebbe, di fatto, la possibilita' delle famiglie di accedere  ad
un beneficio economico utile per l'adempimento dei suddetti doveri. 
    Quanto al vulnus  denunciato  all'art.  3  Cost.,  la  previsione
normativa censurata sarebbe  intrinsecamente  irragionevole  poiche',
nel porre un unico limite di reddito, parificherebbe la situazione di
colui che non  conviva  con  familiari,  a  quella  dei  nuclei  piu'
numerosi. 
    Ad avviso del  rimettente,  l'intrinseca  irragionevolezza  della
norma sarebbe avvalorata dal  raffronto  con  l'art.  4  del  decreto
legislativo 27  maggio  2005,  n.  116  (Attuazione  della  direttiva
2003/8/CE  intesa  a  migliorare  l'accesso  alla   giustizia   nelle
controversie transfrontaliere  attraverso  la  definizione  di  norme
minime comuni relative al patrocinio a  spese  dello  Stato  in  tali
controversie), che ha previsto  espressamente,  per  le  controversie
transfrontaliere,  l'innalzamento  del  limite   di   ammissione   al
patrocinio a spese dello Stato,  di  un  importo  fisso  per  ciascun
componente del nucleo familiare. 
    Il  motivo  dell'incremento,  prosegue  il  giudice  a  quo,  non
andrebbe rinvenuto nella peculiarita' delle suddette controversie, ma
nel principio generale di ragionevolezza e adeguatezza, in forza  del
quale  l'apprezzamento  dello  stato  di  bisogno  richiederebbe   la
considerazione di tutti gli elementi che concorrono a determinare  le
risorse effettive di un soggetto, ivi compresa l'incidenza  derivante
dalle persone poste a suo carico, e pertanto, proprio in  ragione  di
tale generalita', andrebbe applicato  ad  ogni  controversia  civile,
sebbene abbia trovato positiva esplicazione solo  con  riferimento  a
quelle transfrontaliere. 
    3.- Con atto depositato il  21  marzo  2017,  e'  intervenuto  il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  dall'Avvocatura
generale dello Stato, deducendo  l'inammissibilita'  della  questione
per difetto di motivazione sulla rilevanza, sul  presupposto  che  il
giudice a quo  abbia  richiesto  di  integrare  la  norma  censurata,
mediante l'estensione della disciplina prevista per  le  controversie
transfrontaliere. 
    L'inammissibilita', prosegue l'Avvocatura, deriverebbe dal  fatto
che nell'ordinanza di rimessione sono stati indicati i  soli  redditi
percepiti dalla ricorrente, nel  triennio  in  considerazione,  senza
specificare l'entita' del divario rispetto al  limite  di  legge  per
l'ammissione al beneficio, la cui misura e' aggiornata ogni biennio. 
    Tale   mancata   precisazione,    a    parere    dell'Avvocatura,
precluderebbe il controllo sulla rilevanza, poiche' non consentirebbe
di valutare se l'accoglimento della questione di costituzionalita'  e
la  conseguente  applicazione  dei  criteri  di  computo   correttivi
asseritamente invocati dal rimettente condurrebbero il giudizio a quo
a un diverso esito. 
    In ogni caso, secondo la difesa erariale, un ulteriore profilo di
inammissibilita'  deriverebbe   dalla   natura   manipolativa   della
pronuncia richiesta, non essendo la soluzione proposta dal rimettente
costituzionalmente obbligata. 
    Quanto al merito, l'Avvocatura chiede il rigetto della  questione
poiche' l'utilizzazione del parametro del reddito, quale criterio per
l'accesso  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato,  assicurerebbe  il
rispetto della ratio della norma, ovvero la fruizione  del  beneficio
da parte di coloro che non dispongono di risorse economiche adeguate,
mentre la scelta di correlare  la  misurazione  delle  disponibilita'
dell'istante solo all'entita' delle entrate  e  non  anche  a  quella
delle uscite, sarebbe frutto dell'esercizio, non irragionevole, della
discrezionalita' legislativa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario  di  Verona,  dovendo  pronunciarsi
nell'ambito di un procedimento di liquidazione del compenso dovuto al
difensore di una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato,  ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  76,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio  2002,
n.  115,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia  di  spese  di  giustizia  (Testo  A)»,  che
prevede che, nelle controversie civili, per il calcolo  della  soglia
oltre la quale e' precluso l'accesso  al  patrocinio  a  spese  dello
Stato, vengano in rilievo i redditi  percetti  da  ciascun  familiare
convivente, oltre quello dell'istante, mentre invece i componenti del
nucleo familiare privi di reddito non incidono  sulla  determinazione
del parametro reddituale. 
    2.- Nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione  il  giudice  ha
richiesto una sentenza ablativa della disposizione censurata, da  cui
deriverebbe l'espunzione dall'ordinamento dell'obbligo di  computare,
ai fini dell'ammissione al  beneficio,  i  redditi  conseguiti  dagli
altri componenti della famiglia. 
    In realta', la motivazione  dell'ordinanza  e'  incentrata  sulla
necessita' di integrare il dettato  normativo,  cosi'  da  includere,
nella valutazione  del  presupposto  reddituale,  le  variabili  che,
incidendo sulla misura astratta del  parametro,  ne  condizionano  in
concreto la dimensione e il potere  effettivo  di  spesa  di  cui  e'
espressione. 
    Infatti,  l'ordinanza  di   rimessione   ritiene   irragionevole,
contrario ai doveri di solidarieta' sociale e familiare,  lesivo  del
diritto di difesa nonche' del diritto  alle  agevolazioni  in  favore
delle famiglie numerose (art. 31, primo comma, Cost.), il  fatto  che
lo stato di bisogno sia apprezzato con riferimento al solo  parametro
del reddito percetto, senza che siano  valutate  anche  le  effettive
condizioni economiche del  richiedente,  derivanti  sia  dall'entita'
delle entrate che dalla quantita' e qualita' delle uscite del  nucleo
familiare, sostenute in  ragione  del  numero  dei  suoi  componenti,
dell'eta' e delle condizioni di salute di essi. 
    Sulla scorta di tali argomentazioni, considerato che la  corretta
individuazione  del  petitum  richiede  la  lettura  coordinata   del
dispositivo dell'ordinanza di rimessione e della motivazione (in  tal
senso, ex multis, sentenze n. 203 e n. 94 del 2016, n. 170 del 2013),
la richiesta del rimettente va intesa  come  volta  ad  ottenere  una
pronuncia additiva. 
    3.- La questione e' inammissibile. 
    Va osservato che il giudice a quo, nel richiedere  l'integrazione
della  norma  con  una  pronuncia  additiva,  cosi'  da  ancorare  il
presupposto di accesso al beneficio ad un dato economico  sostanziale
e significativo, sollecita la considerazione del numero, dell'eta'  e
delle  condizioni  di  salute  dei  familiari  conviventi,   ma   non
attribuisce a tali elementi uno specifico valore. 
    Il riferimento fatto dall'ordinanza di rimessione alla disciplina
delle controversie transfrontaliere (decreto  legislativo  27  maggio
2005, n. 116, recante «Attuazione della direttiva 2003/8/CE intesa  a
migliorare    l'accesso    alla    giustizia    nelle    controversie
transfrontaliere attraverso la definizione  di  norme  minime  comuni
relative al patrocinio a spese dello Stato  in  tali  controversie»),
che  tiene  conto  della  composizione  del  nucleo   familiare,   e'
ininfluente,  rimanendo,  nel  caso  in  esame,  il   reddito   della
ricorrente comunque  superiore  anche  al  limite  previsto  da  tale
normativa. 
    La  prospettata  questione  di   costituzionalita'   cosi'   come
formulata, e cioe'  con  la  previsione  dell'obbligo  di  tenere  in
considerazione l'incidenza dei fattori indicati  sulla  capacita'  di
spesa del nucleo familiare, e' inammissibile, in quanto  rimetterebbe
la concessione del beneficio alla  discrezionale  determinazione  del
singolo giudice, quando invece la determinazione dei  presupposti  di
accesso  a  tale  provvidenza  e'  riservata  alla   competenza   del
legislatore. 
    La legge e' intervenuta nella regolazione di fattispecie diverse,
quali il patrocinio a spese dello  Stato  nelle  controversie  civili
transfrontaliere  e  nel  processo  penale;   in   particolare,   con
riferimento a quest'ultimo, questa Corte, con la sentenza n. 237  del
2015, ha ritenuto ragionevole la differenziazione  della  disciplina,
rispetto a quella del processo civile, in  ragione  della  diversita'
degli  oneri  economici  dei  diversi  procedimenti  che  vengono  in
rilievo. 
    Sebbene l'ontologica diversita' dei  singoli  procedimenti  possa
giustificare discipline differenziate, tuttavia la necessita' di  una
concreta valutazione delle  condizioni  economiche,  da  prendere  in
considerazione per la  concessione  del  beneficio,  rappresenta  una
ineludibile istanza di giustizia. 
    Ed invero, l'attuale formulazione  dell'art.  76,  comma  2,  del
d.P.R.  n.  115  del  2002  considera  in  maniera   unilaterale   la
composizione  plurisoggettiva  della  famiglia,  poiche'  attribuisce
rilievo alla convivenza solo quando essa  comporti  un  accrescimento
delle capacita' economiche del nucleo familiare (dovendosi computare,
ai fini della determinazione della soglia di ammissione al beneficio,
anche il  reddito  percetto  dai  componenti  diversi  dall'istante),
mentre, senza una logica giustificazione, non viene in considerazione
la  simmetrica  situazione  di  un  reddito  familiare  destinato  al
mantenimento di una pluralita' di soggetti. 
    Nel decidere per l'inammissibilita' della questione, va  comunque
sottolineata l'esigenza di un intervento  normativo  volto  a  sanare
l'evidente inadeguatezza dell'attuale  disciplina,  dando  la  dovuta
rilevanza agli elementi idonei ad  incidere  sul  livello  reddituale
richiesto per l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese  dello
Stato. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 76, comma  2,  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia (Testo A)», sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e
31, primo comma,  della  Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario  di
Verona, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA