N. 256 ORDINANZA 8 novembre - 6 dicembre 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati tributari - Causa di non punibilita' per pagamento  del  debito
  tributario - Disciplina della proroga giudiziale  del  termine  per
  l'estinzione del debito in caso di rateizzazione. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000,  n.  74  (Nuova  disciplina  dei
  reati in materia di imposte sui redditi e sul  valore  aggiunto,  a
  norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), art. 13,
  comma 3, come sostituito dall'art. 11 del  decreto  legislativo  24
  settembre 2015, n. 158 (Revisione  del  sistema  sanzionatorio,  in
  attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014,  n.
  23). 
-   
(GU n.50 del 13-12-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto   Antonio   BARBERA,   Giulio
  PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma
3, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei
reati in materia di imposte sui redditi  e  sul  valore  aggiunto,  a
norma dell'articolo 9 della legge  25  giugno  1999,  n.  205),  come
sostituito dall'art. 11 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n.
158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo
8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), promosso dal Tribunale
ordinario di  Treviso  nel  procedimento  a  carico  di  D.  D.,  con
ordinanza del 23 febbraio 2016,  iscritta  al  n.  205  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8 novembre 2017  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
    Ritenuto che con ordinanza del 23 febbraio 2016, iscritta  al  n.
205 del registro ordinanze 2016, il Tribunale ordinario di Treviso ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  13,
comma 3,  del  decreto  legislativo  10  marzo  2000,  n.  74  (Nuova
disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e  sul  valore
aggiunto, a norma dell'articolo 9 della  legge  25  giugno  1999,  n.
205),  come  sostituito  dall'art.  11  del  decreto  legislativo  24
settembre 2015, n.  158  (Revisione  del  sistema  sanzionatorio,  in
attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11  marzo  2014,  n.
23),  «nella  parte  in  cui  prevede  che,   qualora   prima   della
dichiarazione di apertura del dibattimento, il debito tributario  sia
in fase di estinzione mediante rateizzazione e' dato  un  termine  di
tre mesi per il pagamento del debito residuo,  con  facolta'  per  il
Giudice di "prorogare tale termine una sola volta per non  oltre  tre
mesi" e non consente invece, almeno in determinati casi, di concedere
un termine piu'  lungo  coincidente  con  lo  scadere  del  piano  di
rateizzazione»; 
    che il giudice rimettente espone quanto segue: 
    - a seguito di opposizione a decreto penale di  condanna,  D.  D.
veniva tratto a giudizio per rispondere del  reato  di  cui  all'art.
10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, per avere omesso  di  versare,  nel
termine previsto, ritenute operate e risultanti dalle  certificazioni
rilasciate dai sostituiti relative agli esercizi 2010 e 2011, per  un
ammontare  complessivo  di   euro   633.901,38   (precisamente   euro
229.177,38 per l'anno d'imposta  2010  ed  euro  404.724  per  l'anno
d'imposta 2011); 
    - prima dell'apertura del dibattimento, la  difesa  dell'imputato
riferiva che in data 5 febbraio 2013 la "R. & D. Group s.p.a."  aveva
depositato ricorso per  l'ammissione  alla  procedura  di  concordato
preventivo e, nell'ambito del relativo piano,  aveva  proposto  anche
una transazione fiscale ex art. 182-ter del regio  decreto  16  marzo
1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del  concordato  preventivo,
dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
amministrativa), la quale prevedeva il pagamento integrale  in  linea
capitale di quanto dovuto all'erario, anche per  gli  anni  d'imposta
2010 e 2011, il pagamento delle sanzioni  nella  misura  del  10  per
cento e il conteggio degli interessi nella misura del 3,5 per  cento,
con pagamento in 12 rate trimestrali fino al 31 dicembre 2017; che il
concordato preventivo, comprensivo  della  transazione  fiscale,  era
stato omologato dal Tribunale ordinario di Treviso con  provvedimento
del 17 aprile 2014 e che, in adempimento della  transazione  fiscale,
la "R. & D. Group s.p.a."  aveva  regolarmente  gia'  pagato  quattro
rate; 
    - la difesa chiedeva pertanto che il Tribunale,  in  applicazione
dell'art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, rinviasse il processo ad  una
data successiva al 31 dicembre 2017, senza aprire il  dibattimento  e
con sospensione del termine  di  prescrizione,  cosi'  da  consentire
all'imputato di completare il pagamento rateale del debito tributario
e  conseguentemente  avvalersi  della  causa   di   non   punibilita'
introdotta dalla novella legislativa; 
    che il giudice a  quo,  in  punto  di  rilevanza,  asserisce  che
l'istanza della difesa  di  un  rinvio  del  processo  ad  un'udienza
successiva al 31 dicembre 2017 non potrebbe essere accolta in  quanto
la disposizione censurata prevede che puo' essere  concesso  solo  un
termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, con facolta'
per il giudice di prorogarlo una sola volta per non oltre tre mesi, e
cio' precluderebbe al giudice di concedere termini piu' lunghi  o  di
prorogare piu' volte il termine per completare il  pagamento  rateale
del debito tributario; 
    che il Tribunale argomenta sulla non manifesta infondatezza della
questione di legittimita' costituzionale della  norma  censurata  con
riferimento ai parametri di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
in quanto: 
    - la previsione  del  censurato  comma  3  sarebbe  irragionevole
poiche' nell'ambito delle procedure concorsuali puo' essere  prevista
una rateizzazione  del  debito  tributario  piu'  ampia  del  termine
semestrale,  cosicche'  in  tali  ipotesi  il  contribuente   sarebbe
«sostanzialmente obbligato a rinunciare a quei  termini  dilatati  di
pagamento  che  la  disciplina  tributaria  gli  avrebbe   altrimenti
assicurato»; 
    - vi sarebbe anche un contrasto (limitatamente  alle  fattispecie
di cui agli artt. l0-bis, l0-ter e l0-quater, comma l,  del  medesimo
decreto legislativo) con la ratio della causa di non  punibilita'  in
esame,  la  quale,   secondo   quanto   riportato   nella   relazione
illustrativa, trova «la sua giustificazione politico criminale  nella
scelta di concedere al contribuente la possibilita' di  eliminare  la
rilevanza  penale  della  propria  condotta  attraverso   una   piena
soddisfazione dell'erario prima del processo penale»; 
    - ulteriore violazione  dell'art.  3  Cost.  discenderebbe  dalla
previsione  di  un  trattamento  uguale  per  situazioni  differenti,
poiche' la possibilita' di accedere alla  causa  di  non  punibilita'
deriverebbe da variabili che non dipendono dall'imputato,  quale,  ad
esempio, la tempistica dell'azione penale e la sollecitudine con  cui
essa e' esercitata; 
    - vi sarebbe un'ulteriore irragionevole disparita' di trattamento
tra chi, ammesso al pagamento rateizzato del debito tributario, ha la
possibilita' di scegliere  di  rinunciare  alla  rateizzazione  e  di
estinguere il debito residuo entro il  termine  fissato  dal  giudice
(pari a tre mesi, con eventuale proroga di ulteriori tre) e  chi  non
ha tale facolta' perche' il piano di rateizzazione rientra nell'alveo
di un concordato preventivo con conseguente necessita' di  rispettare
quanto in esso previsto; 
    - vi sarebbe, infine, la violazione dell'art. 24  Cost.  perche',
senza ragione plausibile, si impedirebbe all'imputato di avvalersi di
un'opzione difensiva  che  gli  consentirebbe  di  andare  esente  da
responsabilita' penale, attraverso  quella  causa  di  esclusione  di
punibilita' costituita dal pagamento  dell'intero  debito  tributario
prima della dichiarazione di apertura del dibattimento; 
    che con atto dell'8 novembre 2016, e' intervenuto  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello   Stato,   eccependo   che   la   questione   sarebbe
inammissibile e comunque infondata nel merito; 
    che l'inammissibilita'  deriverebbe  dal  fatto  che  il  giudice
rimettente  parte  da   un   presupposto   erroneo,   e   cioe'   che
l'omologazione del piano di concordato preventivo  costituisca  nella
specie un ostacolo assoluto al pagamento del debito  verso  l'erario,
omettendo di considerare che il soggetto in concordato preventivo non
e' l'imputato, bensi' la societa' "R. &  D.  Group  s.p.a.",  di  cui
quest'ultimo   era   legale   rappresentante:   l'impossibilita'   di
provvedere al pagamento a causa dei vincoli derivanti dal  concordato
preventivo riguarderebbe,  quindi,  solo  la  societa'  e  non  anche
l'imputato; 
    che un secondo profilo di  inammissibilita'  sarebbe  dato  dalla
natura degli effetti che il giudice a quo  vuole  conseguire  con  la
invocata  pronuncia   di   incostituzionalita':   nell'ordinanza   di
rimessione si lamenta il fatto che  la  disposizione  censurata  «non
consente, invece, almeno in determinati casi, di concedere un termine
piu' lungo coincidente con lo scadere del  piano  di  rateizzazione»,
con cio' auspicando un intervento additivo che  non  e'  a  soluzione
obbligata ed e' pertanto precluso alla Corte costituzionale; 
    che la questione sarebbe infondata, in quanto,  in  primo  luogo,
l'impossibilita' di optare per un pagamento  anticipato  rispetto  al
piano di rateizzazione sarebbe la conseguenza della scelta volontaria
di accedere al concordato preventivo e, in secondo luogo, seguendo la
tesi del giudice rimettente, si dovrebbe consentire  un  differimento
del processo  penale  fino  al  completo  esaurimento  del  piano  di
rateizzazione di cui all'art. 182-ter  del  r.d.  n.  267  del  1942,
provocando l'effetto paradossale di subordinare la celebrazione di un
processo penale ai tempi di un accordo posto in essere  al  di  fuori
dello  stesso,  con  inevitabile  compromissione  del  principio   di
ragionevole durata del processo; 
    che, in conclusione, a parere della difesa statale, la scelta del
legislatore di consentire comunque di avvalersi della  causa  di  non
punibilita' anche nei casi di  rateizzazione  del  debito  d'imposta,
imponendo pero' un limite temporale  alla  sospensione  del  processo
penale  (tre  mesi  rinnovabili  una  sola  volta),  apparirebbe   un
ragionevole contemperamento degli interessi in gioco e  un  legittimo
esercizio della sua discrezionalita', tale da escludere un  qualsiasi
contrasto sia con il principio di uguaglianza che con il  diritto  di
difesa. 
    Considerato che, con ordinanza del 23 febbraio 2016, iscritta  al
n. 205 del registro ordinanze 2016, il Tribunale ordinario di Treviso
ha sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  13,
comma 3,  del  decreto  legislativo  10  marzo  2000,  n.  74  (Nuova
disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e  sul  valore
aggiunto, a norma dell'articolo 9 della  legge  25  giugno  1999,  n.
205),  come  sostituito  dall'art.  11  del  decreto  legislativo  24
settembre 2015, n.  158  (Revisione  del  sistema  sanzionatorio,  in
attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11  marzo  2014,  n.
23), in riferimento agli artt. 3  e  24  della  Costituzione,  «nella
parte in cui  prevede  che,  qualora  prima  della  dichiarazione  di
apertura del dibattimento,  il  debito  tributario  sia  in  fase  di
estinzione mediante rateizzazione e' dato un termine di tre mesi  per
il pagamento del debito residuo,  con  facolta'  per  il  giudice  di
"prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi" e  non
consente invece, almeno in determinati casi, di concedere un  termine
piu' lungo coincidente con lo scadere del piano di rateizzazione»; 
    che sussistono plurimi profili ostativi allo scrutinio di  merito
della questione proposta; 
    che, innanzitutto, il giudice rimettente censura il citato  comma
3 in quanto non consente «almeno in determinati casi, di concedere un
termine  piu'  lungo  coincidente  con  lo  scadere  del   piano   di
rateizzazione»,   senza   delimitare   adeguatamente    la    portata
dell'intervento richiesto a questa Corte,  non  chiarendo  per  quali
specifiche ipotesi andrebbe prevista  la  possibilita'  di  accordare
tale ulteriore proroga, la natura facoltativa od  obbligatoria  della
stessa e la sua durata temporale; 
    che  tale  omissione  si  risolve   nella   indeterminatezza   ed
ambiguita'  del  petitum,  il  che,  per  consolidata  giurisprudenza
costituzionale,  comporta  l'inammissibilita'  della  questione   (ex
pluribus, sentenza n. 32 del 2016; ordinanze n.  227  e  n.  177  del
2016; n. 269 del 2015); 
    che, peraltro, in considerazione della  pluralita'  di  soluzioni
possibili,  nessuna   delle   quali   costituzionalmente   obbligata,
l'intervento sollecitato  a  questa  Corte  si  caratterizza  per  un
elevato tasso di manipolativita' e comporta  la  scelta  tra  diverse
opzioni  che  rispondono  a  differenti  possibili  modulazioni   del
bilanciamento degli interessi in gioco, la cui valutazione e' rimessa
alla discrezionalita' del legislatore,  salvo  il  limite  della  non
irragionevolezza; 
    che,  la   questione   sollevata   e',   quindi,   da   reputarsi
inammissibile anche per assenza di una  soluzione  costituzionalmente
obbligata in materia riservata alla discrezionalita' legislativa  (ex
plurimis, sentenze n. 148 e n. 23 del 2016; ordinanze n. 171 del 2017
e n. 270 del 2015), quale e' appunto la modulazione di una  causa  di
non punibilita'. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma  3,  del  decreto  legislativo  10
marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia  di  imposte
sui redditi e sul valore aggiunto,  a  norma  dell'articolo  9  della
legge 25 giugno 1999, n.  205),  come  sostituito  dall'art.  11  del
decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del  sistema
sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11
marzo 2014, n. 23), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, dal Tribunale ordinario di Treviso, con l'ordinanza  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 novembre 2017. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giancarlo CORAGGIO, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA