N. 21 SENTENZA 23 gennaio - 9 febbraio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Comuni - Variazioni territoriali - Ridefinizione dei  confini  tra  i
  Comuni di Magomadas e Tresnuraghes - Mancata previsione del ricorso
  alla consultazione popolare. 
- Legge della Regione autonoma della Sardegna 16  marzo  2017,  n.  4
  (Ridefinizione  dei  confini  tra   i   Comuni   di   Magomadas   e
  Tresnuraghes), art. 1. 
-   
(GU n.7 del 14-2-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione autonoma della  Sardegna  16  marzo  2017,  n.  4
(Ridefinizione dei confini tra i Comuni di Magomadas e Tresnuraghes),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 19-23 maggio 2017,  depositato  in  cancelleria  il  23
maggio 2017 ed iscritto al n. 39 del registro ricorsi 2017. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Regione  autonoma   della
Sardegna; 
    udito nella udienza pubblica  del  23  gennaio  2018  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati  Mattia  Pani  e
Alessandra Camba per la Regione autonoma della Sardegna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 19-23 maggio 2017, e depositato  il
23  maggio  2017,  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso,  in  riferimento  all'art.  133,   secondo   comma,   della
Costituzione e agli artt.  3  e  45  della  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1  della  legge  della  Regione
autonoma della Sardegna  16  marzo  2017,  n.  4  (Ridefinizione  dei
confini tra i Comuni di Magomadas e Tresnuraghes). 
    1.1.- Premette il Presidente del Consiglio dei  ministri  che  la
legge reg. Sardegna n. 4 del 2017 provvede, «ai sensi del  titolo  II
della legge regionale 30 ottobre 1986, n. 58», alla ridefinizione dei
confini dei Comuni di Magomadas e Tresnuraghes,  e,  in  particolare,
alla permuta  di  porzioni  di  territorio  tra  i  due  Comuni,  con
conseguente incremento della  popolazione  residente  in  favore  del
Comune  di  Tresnuraghes  e  decremento  demografico  nel  Comune  di
Magomadas. Premette ancora il ricorrente che, dal testo della legge e
dai documenti ad essa allegati, non  risulta  essersi  svolta  alcuna
consultazione popolare. 
    Osserva, quindi, il Presidente del Consiglio dei ministri che  la
legge della Regione autonoma della Sardegna 30 ottobre  1986,  n.  58
(Norme per l'istituzione di  nuovi  comuni,  per  la  modifica  delle
circoscrizioni comunali e della  denominazione  dei  comuni  e  delle
frazioni)  disciplina,  al  Titolo  II,  il   procedimento   per   la
definizione dei confini, disponendo che  debba  essere  acquisito  il
parere dei  Consigli  comunali  interessati  alla  «determinazione  e
definizione  dei  confini  comunali»  (ed  eventualmente  anche   dei
Consigli provinciali), senza, invece, «apparentemente»  prevedere  lo
svolgimento di una consultazione popolare. 
    Il ricorrente evidenzia, pero', che al Titolo IV, che  regola  le
modalita' di svolgimento della consultazione popolare, e'  stabilito,
all'art. 22,  che  quest'ultima  abbia  luogo  «quando  vi  si  debba
procedere»,  e,  dunque,  ritiene   che   debba   essere   presa   in
considerazione  la  disposizione  «fondamentale   e   di   principio»
contenuta all'art. 1 della menzionata legge reg. Sardegna n.  58  del
1986, che espressamente richiama i «referendum  consultivi  ai  sensi
dell'art. 45 dello Statuto della  Sardegna  approvato  con  legge  26
febbraio 1948,  n.  3».  Quest'ultimo  stabilisce  che  «la  Regione,
sentite le popolazioni interessate,  puo'  con  legge  istituire  nel
proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e
denominazioni». 
    Secondo  il  ricorrente,   in   definitiva,   da   una   corretta
ricostruzione del quadro normativo vigente e, in  particolare,  delle
disposizioni da  ultimo  richiamate,  si  dovrebbe  desumere  che  la
ridefinizione dei  confini  tra  due  Comuni  costituisca  una  delle
ipotesi, contemplate dal Titolo IV della legge reg.  Sardegna  n.  58
del 1986, nelle quali si deve procedere alla consultazione popolare. 
    Poiche', nel caso di specie, tale consultazione non si e' svolta,
il legislatore regionale sarebbe incorso in una violazione  di  norme
di rango costituzionale sotto un duplice profilo. 
    1.2.- Riconosce il Presidente del Consiglio dei ministri  che  la
Regione autonoma della Sardegna -  al  pari  delle  altre  Regioni  a
statuto speciale - gode, ai sensi dell'art. 3 del proprio statuto, di
competenza legislativa esclusiva in  materia  di  «ordinamento  degli
enti locali», da esercitarsi «in armonia  con  la  Costituzione  e  i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e  col  rispetto
degli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,  nonche'
delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della
Repubblica». Il legislatore regionale sarebbe tuttavia vincolato - in
tale materia - al rispetto delle altre disposizioni  contenute  nello
statuto speciale e, in particolare, dell'art. 45. 
    Quest'ultimo - il quale, come ricordato, obbliga a consultare  le
popolazioni interessate quando si intenda procedere ad  una  modifica
delle circoscrizioni comunali - sarebbe  stato  violato,  poiche'  la
legge impugnata non e' stata preceduta da alcuna  consultazione,  ne'
essa «prevede che [tale consultazione] debba avvenire». 
    1.3.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  vi  sarebbe,  inoltre,   una
violazione  dell'art.  133,  secondo  comma,  Cost.,   il   quale   -
analogamente al citato art. 45 dello statuto speciale -  testualmente
stabilisce che «[l]a Regione,  sentite  le  popolazioni  interessate,
puo' con sue leggi istituire nel proprio territorio  nuovi  Comuni  e
modificare le loro circoscrizioni e denominazioni». 
    La legge impugnata si porrebbe, dunque, in  contrasto  anche  con
tale   disposizione   costituzionale,   posta   a   garanzia    della
partecipazione popolare ad  un  procedimento  destinato  ad  incidere
significativamente sulla vita quotidiana dei  cittadini  interessati.
In tal senso si sarebbe piu' volte espressa la  Corte  costituzionale
in relazione a leggi di  Regioni  a  statuto  ordinario,  ma  ponendo
principi - ad avviso del ricorrente - «certamente applicabili al caso
oggi in esame, considerato, tra l'altro, il tenore degli artt. 3 e 45
dello  Statuto  della  Regione  Sardegna  sopra   richiamati»   (sono
menzionate le sentenze n. 214 del 2010, n. 47 del  2003,  n.  94  del
2000, n. 433 del 1995, n. 279 del 1994, n. 107 del 1983 e n. 204  del
1981). 
    2.- Si e' costituita in  giudizio,  con  atto  depositato  il  22
giugno 2017, la Regione autonoma della  Sardegna,  chiedendo  che  il
ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, infondato. 
    2.1.-  Osserva  preliminarmente  la  difesa  regionale   che   la
ridefinizione dei confini dei Comuni di Magomadas e  Tresnuraghes  si
sarebbe resa necessaria per  risolvere  problematiche  evidenziate  a
piu' riprese alle amministrazioni locali interessate dai cittadini  e
dai  residenti  del  quartiere  denominato  «Bianae».   Quest'ultimo,
adiacente all'abitato del Comune di Tresnuraghes, era  giuridicamente
inserito nella circoscrizione territoriale del Comune  di  Magomadas,
nonostante si trovi geograficamente piu' lontano da  quest'ultimo.  I
cittadini  del  quartiere  di  Bianae,  storicamente  discendenti   e
appartenenti a famiglie radicate  nel  Comune  di  Tresnuraghes,  pur
essendo anagraficamente residenti nel Comune di Magomadas,  hanno  da
sempre ricevuto tutti i servizi primari dal Comune  di  Tresnuraghes,
subendo, per cio', notevoli disagi. 
    La loro legittima aspettativa di «dipendere» da un  solo  Comune,
e, in particolare,  da  quello  di  Tresnuraghes,  emergerebbe  dalla
petizione presentata «fin dal 31 dicembre 1991 e cosi', ciclicamente,
fino a quando i  due  Comuni  -  Tresnuraghes  e  Magomadas  -  hanno
promosso congiuntamente un procedimento formale di accoglimento delle
loro istanze». 
    Ricorda ancora la difesa regionale  che  le  deliberazioni  degli
organi consiliari comunali sono  state  adottate  all'unanimita'  dei
presenti.   Anche   il   Consiglio   regionale   avrebbe    approvato
all'unanimita' la legge ora all'esame della Corte costituzionale. 
    Da  cio'   si   evincerebbe   «che   l'iter   procedurale   della
ridefinizione dei confini e'  stato  avviato  esclusivamente  per  la
richiesta presentata in maniera  diretta  proprio  dalla  popolazione
residente  nel  quartiere  "Bianae",  rendendo  superflua   qualsiasi
ulteriore consultazione». 
    Del resto - osserva la difesa regionale - la legge reg.  Sardegna
n. 58 del 1986 distinguerebbe due distinte  ipotesi,  rispettivamente
regolate nel Titolo I e nel  Titolo  II:  l'«Istituzione  e  modifica
delle circoscrizioni e delle denominazioni dei Comuni», da un lato, e
la «Determinazione e definizione dei confini  comunali»,  dall'altro.
Solo nel primo caso e' espressamente  previsto  che  il  procedimento
comprenda la consultazione popolare, e solo a  tale  ipotesi  farebbe
riferimento  l'art.  22  della  medesima   legge   regionale   quando
stabilisce che «[l]a  consultazione  popolare,  quando  vi  si  debba
procedere, ha luogo». 
    Osserva, infine, la difesa regionale che dalla relazione allegata
alla legge impugnata emergerebbe «quella  situazione  di  incertezza»
presupposto dell'intervento normativo regionale e, in particolare, la
circostanza che sia per il quartiere di Bianae, sia per la  localita'
di Nosiola, risulterebbero abitazioni  «a  cavallo  dei  due  Comuni»
interessati alla parziale rideterminazione dei loro confini. 
    2.2.- Eccepisce, quindi,  la  difesa  regionale  che  il  ricorso
sarebbe inammissibile per plurime ragioni. 
    In primo luogo, il ricorrente, pur riconoscendo che alla  Regione
autonoma della Sardegna spetta una potesta' legislativa esclusiva  in
materia, avrebbe «del tutto contraddittoriamente» promosso il ricorso
«a tutela di norme statutarie e di  una  competenza  legislativa  che
afferma non essere propria»,  e,  inoltre,  richiamando  disposizioni
costituzionali riferite alle Regioni a statuto  ordinario.  Per  tali
ragioni le censure prospettate si presenterebbero come implausibili. 
    In secondo luogo - secondo  la  difesa  regionale  -  il  ricorso
sarebbe inammissibile per carenza di interesse e, in particolare, per
«mancata  indicazione  dell'interesse  che  il   ricorrente   intende
tutelare a mezzo della questione di costituzionalita' sollevata». 
    Le  questioni  di  legittimita'   costituzionale   promosse   dal
Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   sarebbero    altresi'
inammissibili, in quanto non sorrette  da  adeguata  motivazione.  Il
ricorrente si limiterebbe ad evocare la lesione degli artt.  3  e  45
dello statuto speciale e dell'art. 133, secondo comma, Cost. 
    Con riferimento ai parametri statutari, non sarebbero esposte  le
ragioni  per   le   quali   la   disposizione   regionale   impugnata
pregiudicherebbe  gli  interessi  delle  piccole   comunita'   locali
interessate della legge regionale impugnata, ne'  sul  piu'  generale
interesse pubblico posto «a garanzia della partecipazione popolare ad
un procedimento destinato ad incidere significativamente  sulla  vita
quotidiana dei cittadini interessati». 
    Anche con riferimento all'asserita lesione dell'art. 133, secondo
comma, Cost., la censura sarebbe generica, in  quanto  il  ricorrente
non  solo  non  avrebbe  individuato   «l'oggetto   della   questione
proposta», ma non avrebbe motivato in  modo  chiaro  ed  adeguato  in
ordine alle specifiche ragioni che determinerebbero la violazione dei
parametri che assume lesi. 
    Le censure sarebbero infine inammissibili perche' ipotetiche.  Il
ricorrente non  avrebbe  chiarito  per  quale  ragione  le  comunita'
interessate sarebbero pregiudicate dalla modificazione dei confini. 
    2.3.- Nel merito, la difesa della Regione autonoma della Sardegna
contesta l'interpretazione data alla legge reg. Sardegna  n.  58  del
1986 dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale il Titolo
II di tale legge non escluderebbe l'applicazione della  consultazione
popolare prevista dal successivo art. 22. 
    A tale fine, la resistente osserva che - spettando  alla  Regione
autonoma della Sardegna la potesta' legislativa esclusiva in  materia
di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni  (ai
sensi  dell'art.  3,  lettera  b,  dello  statuto  speciale)   -   il
legislatore regionale sarebbe obbligato dall'art. 45 dello statuto  a
prevedere una forma di consultazione popolare  solo  nell'ipotesi  di
istituzione di nuovo Comune e di conseguente modifica delle  relative
circoscrizioni  e  denominazioni  in  esito   alla   predetta   nuova
istituzione, non anche quando - come nel caso in esame -  la  Regione
si limiti a rideterminare  parzialmente  i  confini  di  una  modesta
porzione di  territorio  tra  due  Comuni,  in  esito  alla  volonta'
espressa dai rispettivi Consigli comunali. 
    La non fondatezza delle questioni di legittimita'  costituzionale
promosse dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  emergerebbe,
dunque, gia' alla luce dell'iter procedurale  seguito  dalla  Regione
autonoma della Sardegna. La piu' volte menzionata legge reg. Sardegna
n. 58 del  1986  regola,  infatti,  due  distinte  procedure,  l'una,
disciplinata nel Titolo I, applicabile  in  caso  di  modifica  delle
circoscrizioni comunali a causa dell'istituzione di nuovo Comune,  in
cui e' previsto il  ricorso  alla  consultazione  popolare,  l'altra,
contenuta  nel  Titolo  II,  relativa  alla   sola   modifica   delle
circoscrizioni comunali, in cui non si fa menzione alla consultazione
popolare. 
    Sottolinea la difesa regionale come anche  per  il  mutamento  di
denominazione del Comune sarebbe data la possibilita' - dall'art.  14
della legge reg. Sardegna n. 58 del 1986 -  di  non  dar  corso  alla
consultazione popolare. 
    In conclusione, la difesa regionale sostiene che, «dalla  lettura
coordinata della citata legge 58/1986 e della lett.  b)  dell'art.  3
dello Statuto», emergerebbe che la Regione  autonoma  della  Sardegna
non sia tenuta a promuovere la consultazione  popolare  al  di  fuori
delle ipotesi di modifica di circoscrizioni e  di  denominazioni  che
fanno seguito all'istituzione di nuovo Comune. 
    Alla  luce  di  tale  ricostruzione,  la  sentenza  della   Corte
costituzionale  n.  214  del  2010  -  menzionata  dal  ricorrente  -
risulterebbe non conferente, in  quanto  relativa  a  una  Regione  a
statuto ordinario. Pertinente al caso in esame  sarebbe,  invece,  la
sentenza  n.  230  del  2001,  con  cui  la  Corte  ha  affermato  la
sussistenza di una competenza legislativa di rango primario  in  capo
alle  Regioni  a  statuto  speciale  in  merito  al  procedimento  di
istituzione  di  nuove  Province.   Da   tali   decisioni   -   nella
ricostruzione della difesa regionale -  emergerebbe  che  il  ricorso
all'istituto referendario sarebbe  «superfluo»  al  cospetto  di  una
potesta' legislativa primaria ed esclusiva della Regione, la quale  -
per il caso di modifica dei confini di enti locali preesistenti -  ha
scelto di non prevedere una consultazione popolare, ma solo un  onere
di partecipazione,  attraverso,  ad  esempio,  le  deliberazioni  dei
Consigli comunali interessati. 
    La difesa regionale ritiene che, a sostegno  dell'interpretazione
proposta, deponga la legge della Regione autonoma della  Sardegna  21
gennaio  2011,  n.  3  (Legge  regionale  30  ottobre  1986,  n.  58.
Ridefinizione dei confini tra i Comuni di Arborea e  Terralba  e  San
Teodoro, Budoni e Posada), che ha analogamente provveduto. 
    Conclude  osservando  come  l'intervento  operato   dalla   legge
impugnata non abbia determinato una modifica delle circoscrizioni dei
Comuni di Magomadas e Tresnuraghes,  bensi'  «una  ridefinizione  dei
confini che  richiama  l'azione  di  ridefinizione  dei  confini  tra
proprieta' private  di  cui  all'art.  950  del  codice  civile».  La
modifica territoriale sarebbe circoscritta e funzionale  a  risolvere
un'evidente anomalia nella definizione dei confini e ad agevolare per
molti aspetti la qualita' di vita  dei  cittadini  del  quartiere  di
Banae. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il  ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale   dello   Stato,   propone   questioni    di    legittimita'
costituzionale in  via  principale  dell'art.  1  della  legge  della
Regione autonoma Sardegna 16 marzo  2017,  n.  4  (Ridefinizione  dei
confini tra i Comuni di Magomadas  e  Tresnuraghes),  per  violazione
degli artt. 3 e 45 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3
(Statuto speciale per la Sardegna) e dell'art.  133,  secondo  comma,
della Costituzione. 
    Osserva il ricorrente che la disposizione impugnata  -  la  quale
ridefinisce i confini tra  i  Comuni  di  Magomadas  e  Tresnuraghes,
operando una permuta di porzioni di territorio tra i due Comuni,  con
conseguente incremento della  popolazione  residente  in  favore  del
Comune  di  Tresnuraghes  e  decremento  demografico  nel  Comune  di
Magomadas - e'  stata  approvata  senza  previa  consultazione  della
popolazione  interessata  dalla   variazione   delle   circoscrizioni
comunali. 
    Per tale ragione, essa si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e
45 dello statuto speciale per la Sardegna, il primo dei quali riserva
alla  Regione  autonoma  della  Sardegna  la   potesta'   legislativa
esclusiva in materia di ordinamento  degli  enti  locali  e  relative
circoscrizioni, mentre il secondo stabilisce che la Regione puo'  con
legge istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e  modificare  le
loro  circoscrizioni  e   denominazioni   «sentite   le   popolazioni
interessate». 
    La disposizione impugnata sarebbe inoltre lesiva  dell'art.  133,
secondo comma, Cost., il quale - analogamente al  ricordato  art.  45
dello  statuto  speciale  -  prevede  che  la  Regione,  sentite   le
popolazioni interessate, puo' con sue  leggi  istituire  nel  proprio
territorio  nuovi  Comuni  e  modificare  le  loro  circoscrizioni  e
denominazioni. 
    2.-    La    difesa    regionale    eccepisce     preliminarmente
l'inammissibilita' del ricorso, per plurime ragioni. 
    2.1.- Con le prime due eccezioni, assume che il  ricorrente,  pur
riconoscendo che alla Regione  autonoma  della  Sardegna  spetta  una
potesta' legislativa esclusiva in materia di ordinamento  degli  enti
locali   e    relative    circoscrizioni,    avrebbe    «del    tutto
contraddittoriamente»  promosso  il  ricorso  «a  tutela   di   norme
statutarie e di una competenza legislativa  che  afferma  non  essere
propria». Aggiunge altresi' la resistente che  l'Avvocatura  generale
dello Stato non avrebbe indicato l'interesse che intende  tutelare  a
mezzo delle questioni di legittimita' costituzionale promosse. 
    Palesemente  infondata  e'  l'eccezione  d'inammissibilita'   del
ricorso perche'  il  Governo  non  avrebbe  indicato  l'interesse  da
tutelare lamentando la violazione, da parte della legge regionale, di
norme dello statuto speciale per la Sardegna. Quest'ultimo, in quanto
legge costituzionale, svolge a pieno titolo la funzione di  parametro
di legittimita' costituzionale nei confronti di tutta la legislazione
ordinaria, statale e regionale, e lo Stato e' chiamato  a  garantirne
il rispetto. L'interesse a ricorrere, in altre parole, e' in re ipsa. 
    A diversa conclusione si deve giungere per la  censura  formulata
dal Presidente del Consiglio dei ministri con riferimento all'art.  3
dello  statuto  di  autonomia,  il  quale  attribuisce  alla  Regione
autonoma della Sardegna una potesta' legislativa esclusiva in materia
di «ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni». 
    Il ricorrente, infatti, da un lato riconosce che in tale  materia
la Regione autonoma della Sardegna gode della  piu'  ampia  autonomia
legislativa, al fine di argomentare che tale competenza  deve  essere
esercitata  in  conformita'  dell'art.  45  dello  statuto  speciale;
dall'altro, pero', eccepisce la violazione del citato art. 3. Come e'
evidente,  quest'ultima  disposizione  costituisce   un   presupposto
argomentativo  del  ricorso,  a  giustificazione   della   violazione
dell'art. 45 dello statuto medesimo, ma non puo' al contempo  fungere
da  parametro  rispetto   al   quale   verificare   la   legittimita'
costituzionale della legge impugnata. 
    La questione posta  con  riferimento  all'art.  3  dello  statuto
speciale e' pertanto inammissibile. 
    2.2.- Non fondata e' l'eccezione di inammissibilita' del  ricorso
per carenza di adeguata motivazione delle censure. 
    Sia pure sinteticamente, infatti, il  ricorso  statale  individua
esattamente la questione, indicando le norme regionali e i  parametri
costituzionali, ed espone le ragioni per la quali il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ritiene che la legge regionale  impugnata  sia
costituzionalmente illegittima, citando  anche  -  a  conforto  delle
proprie argomentazioni - la giurisprudenza costituzionale in  materia
(ex multis, sentenze n. 81 del 2017, n. 252 e n. 228 del 2016). 
    2.3.- Pure non  fondata  e'  l'eccezione  d'inammissibilita'  per
ipoteticita' delle censure, sostenuta allegando che il ricorrente non
avrebbe chiarito le ragioni per le  quali  le  comunita'  interessate
sarebbero pregiudicate dalla modificazione dei confini disposta dalla
legge impugnata. 
    Vero  che  il  ricorrente  non   spende   argomenti   in   ordine
all'interesse delle comunita' interessate  rispetto  alla  variazione
circoscrizionale: ma non e' tenuto a farlo ne' lo potrebbe. Lo Stato,
infatti,  puo'  lamentare  la  violazione  del  procedimento  per  la
variazione  delle  circoscrizioni  comunali  e,  in  particolare,  la
mancata consultazione delle  popolazioni  interessate,  poiche'  tale
onere  procedimentale   e'   imposto   da   disposizioni   di   rango
costituzionale a garanzia del principio di  autodeterminazione  delle
popolazioni interessate. Non gli appartiene, invece -  attraverso  un
riferimento all'interesse  delle  popolazioni  la  cui  posizione  e'
incisa dalla legge - svolgere una valutazione sul merito della scelta
discrezionale  assunta  dal   Consiglio   regionale   all'esito   del
procedimento legislativo (sentenze n. 2 del 2018 e n. 94 del 2000). 
    2.4.- Eccepisce infine la difesa regionale che il  ricorrente  ha
lamentato la violazione di una disposizione costituzionale  -  l'art.
133, secondo comma,  Cost.  -  riferibile  soltanto  alle  Regioni  a
statuto ordinario e non a quelle speciali. 
    Il ricorrente, in effetti, assume che la legge reg. Sardegna n. 4
del 2017 sarebbe stata adottata in violazione, oltre che dell'art. 45
dello statuto speciale per la Sardegna, anche dell'art. 133,  secondo
comma, Cost.  Quest'ultimo  parametro  -  a  suo  avviso  -  porrebbe
principi certamente applicabili anche al caso in esame,  considerato,
tra l'altro, l'identico tenore delle due disposizioni. 
    L'eccezione  non  e'  fondata,  poiche'  questa  Corte  ha   gia'
affermato che l'art. 133, secondo comma, Cost., certamente  destinato
alle Regioni a statuto ordinario, tuttavia vincola,  nella  parte  in
cui riconosce il principio di  autodeterminazione  delle  popolazioni
locali, anche  le  Regioni  a  statuto  speciale,  le  quali  restano
peraltro libere di dare  attuazione  a  tale  principio  nelle  forme
procedimentali ritenute piu' opportune (sentenza n.  453  del  1989).
Per questa parte, e in questi limiti, il parametro  e'  correttamente
evocato. 
    3.- La questione e' fondata. 
    In primo luogo, a  dispetto  di  quanto  sostenuto  dalla  difesa
regionale, questa Corte ha gia'  in  piu'  occasioni  affermato,  con
riferimento all'art. 133, secondo comma, Cost., che tale disposizione
impone di sentire  le  popolazioni  interessate  anche  quando,  come
accaduto nella vicenda da  cui  origina  la  presente  questione,  la
variazione    circoscrizionale    non    e'    diretta    conseguenza
dell'istituzione di un nuovo Comune. 
    L'identico tenore  testuale  dell'art.  45  dello  statuto  della
Regione autonoma Sardegna comporta che alla medesima  conclusione  si
debba giungere anche in riferimento a tale disposizione. 
    Le popolazioni interessate, quindi, devono essere  sentite  anche
qualora si proceda alla mera variazione delle circoscrizioni  di  due
Comuni (sentenze n. 214 del 2010 e n.  279  del  1994,  nonche',  con
riferimento ad una Regione a statuto speciale, sentenza  n.  453  del
1989). Peraltro, nella sentenza n. 214 del 2010  questa  affermazione
e' stata svolta proprio  in  relazione  all'ipotesi  di  permuta  e/o
cessione  di  terreni  voluta   da   due   amministrazioni   comunali
confinanti. Inoltre, non ha peso l'obiezione della difesa  regionale,
che sottolinea il limitato impatto della variazione nonche' il  basso
numero dei cittadini ad essa interessati. Infatti, nella sentenza  n.
279 del 1994, questa Corte ha precisato  che  la  consultazione  deve
svolgersi a prescindere dal numero dei soggetti interessati  e  dalla
scarsa entita' dell'intervento. 
    E',  inoltre,  pacifico  che  non  garantisce  il  rispetto   del
principio di  autodeterminazione  delle  popolazioni  interessate  la
circostanza  che  la  richiesta  di  variazione  sia   originata   da
un'istanza dei cittadini (nel caso in esame, da  una  petizione  che,
sulla base della documentazione prodotta dalla Regione,  risalirebbe,
peraltro, al 1991). Questa Corte, infatti, ha gia' affermato che  «la
sottoscrizione di dette istanze costituisce un  modo  di  espressione
dell'opinione che non offre garanzie circa la liberta' di ciascuno in
relazione a possibili condizionamenti esterni»  e,  soprattutto,  che
«altro  e'  il  momento  dell'iniziativa  altro   e'   quello   della
consultazione vera e  propria»  (sentenza  n.  453  del  1989).  Ne',
infine, rileva che i Consigli comunali  interessati  e  il  Consiglio
regionale  si  siano  espressi  all'unanimita',  poiche'  l'interesse
garantito dall'obbligo di consultazione e' riferito direttamente alle
popolazioni e non agli enti territoriali (sentenza n. 94 del 2000). 
    La legge reg.  Sardegna  n.  4  del  2017  si  pone,  quindi,  in
contrasto con l'art. 45 dello statuto speciale poiche' ha determinato
una sia pur limitata variazione delle circoscrizioni comunali,  senza
previamente  e  direttamente  sentire  le  popolazioni   interessate,
violando altresi' il principio,  desumibile  dall'art.  133,  secondo
comma, Cost., che garantisce in materia la loro autodeterminazione. 
    4.- Si deve  aggiungere  che  la  tesi  della  difesa  regionale,
secondo la quale le popolazioni  interessate  devono  essere  sentite
solo quando la variazione circoscrizionale  consegua  all'istituzione
di un nuovo Comune, e' smentita  dal  tenore  letterale  della  legge
della Regione autonoma della Sardegna 30 ottobre 1986, n.  58  (Norme
per  l'istituzione  di  nuovi   comuni,   per   la   modifica   delle
circoscrizioni comunali e della  denominazione  dei  comuni  e  delle
frazioni),  che  regola,  in  via  generale,   i   procedimenti   per
l'istituzione  di  nuovi  Comuni,  per   la   modifica   delle   loro
circoscrizioni e denominazioni, nonche' lo svolgimento dei referendum
consultivi previsti dall'art. 45 dello statuto speciale. 
    Tale legge, al Titolo I, regola un procedimento nel cui ambito le
popolazioni interessate devono essere sentite tramite  un  referendum
consultivo. Questo procedimento, come emerge dalla rubrica del Titolo
in questione (Istituzione e modifica  delle  circoscrizioni  e  delle
denominazioni dei Comuni), e' applicabile in  tre  distinte  ipotesi:
istituzione di  Comuni,  modifica  delle  circoscrizioni  comunali  e
mutamento delle denominazioni dei Comuni. 
    Il fatto che tale procedura si applichi anche in caso di modifica
delle circoscrizioni, senza istituzione  di  un  nuovo  Comune,  come
nella fattispecie in esame, e' confermato dall'art. 4, il quale,  nel
disciplinare  l'iniziativa  del  procedimento   di   variazione,   la
attribuisce ad un quinto degli elettori residenti nella  «frazione  o
territorio che si chiede [...] di trasferire ad altro comune», ovvero
nel «comune che si chiede di aggregare ad altro contermine» o in  uno
dei «comuni che si chiede di fondere». 
    Ne risulta che la legge regionale impugnata e' costituzionalmente
illegittima perche' non e' stata approvata alla luce del procedimento
descritto, bensi', erroneamente, secondo  la  ben  diversa  procedura
disciplinata al Titolo II della legge reg. Sardegna n. 58  del  1986,
nell'ambito del quale non e', invece, data la possibilita' di  indire
una consultazione popolare. Tale procedimento si applica nei casi  di
«Determinazione dei confini» (art. 16), ossia «[q]ualora  il  confine
tra due o  piu'  comuni,  anche  se  di  province  diverse,  non  sia
delimitato da segni naturali facilmente riconoscibili o comunque  dia
luogo ad incertezze», e  di  «Definizione  dei  confini»  (art.  17),
«[q]uando  due  o  piu'  comuni,  anche  se  di   province   diverse,
rivendichino un diritto di supremazia su uno stesso  territorio  o  i
cui confini, comunque, siano contestati». 
    In  tali  ipotesi  non  e'  necessario  sentire  le   popolazioni
interessate, poiche'  -  appunto  -  non  si  tratta  di  variare  le
circoscrizioni  comunali,  bensi'  di  definire  una  situazione   di
incertezza. Questa stessa Corte ha messo in luce la differenza tra le
due fattispecie (sentenze n. 55 del 1993 e n. 743 del 1988). 
    Nel caso ora in esame, alla luce  della  documentazione  allegata
alla legge impugnata e a  quella  prodotta  dalla  difesa  regionale,
risulta chiaro che non vi era alcuna incertezza  sulla  delimitazione
dei confini dei  due  Comuni  e  che  la  decisione  di  variarne  le
circoscrizioni e' stata  dettata  da  esigenze  di  razionalizzazione
relative allo sviluppo urbanistico di determinate zone: esigenze che,
in base allo statuto speciale e alla stessa legge reg. Sardegna n. 58
del 1986, non possono escludere la  consultazione  delle  popolazioni
interessate. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della  legge
della  Regione  autonoma  della  Sardegna  16  marzo   2017,   n.   4
(Ridefinizione dei confini tra i Comuni di Magomadas e Tresnuraghes). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA