N. 39 SENTENZA 6 febbraio - 1 marzo 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza - Trattamento di quiescenza dei militari che  cessino  dal
  servizio senza avere maturato il diritto a pensione -  Costituzione
  della posizione  assicurativa  presso  l'INPS  per  il  periodo  di
  servizio prestato - Esclusione  dal  computo,  secondo  il  diritto
  vivente, del beneficio della  maggiorazione  di  un  terzo  per  il
  servizio di volo. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973,  n.  1092
  (Approvazione del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di
  quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), art. 124,
  primo comma. 
-   
(GU n.10 del 7-3-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 124,  primo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre  1973,
n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento  di
quiescenza dei dipendenti civili e militari  dello  Stato),  promosso
dalla Corte dei  conti,  sezione  giurisdizionale  regionale  per  la
Lombardia, giudice unico delle pensioni, nel procedimento  instaurato
da D.  R.  e  L.  G.  nei  confronti  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale (INPS) e del Ministero della difesa, con ordinanza
del 19 agosto 2016, iscritta al n. 254 del registro ordinanze 2016  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  51,  prima
serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di costituzione di D. R.  e  L.  G.  e  dell'INPS,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  6  febbraio  2018  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato Alessandra Polonio per D. R. e L. G., l'avvocato
Antonino Sgroi per  l'INPS  e  l'avvocato  Leonello  Mariani  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 19 agosto 2016,  iscritta  al  n.  254  del
registro ordinanze 2016, la Corte dei conti, sezione  giurisdizionale
regionale  per  la  Lombardia,  giudice  unico  delle  pensioni,   ha
sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 124, primo comma,  del  decreto
del  Presidente  della  Repubblica  29   dicembre   1973,   n.   1092
(Approvazione  del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento   di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato). 
    1.1.- Il giudice rimettente espone di dover decidere sul  ricorso
di D. R. e L. G., dipendenti dell'Aeronautica militare  in  pensione,
che  hanno  chiesto,  con  riguardo   alla   posizione   assicurativa
costituita  presso  l'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale
(INPS), di beneficiare  della  maggiorazione  di  un  terzo  prevista
dall'art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973 per il periodo  di  servizio
di volo prestato alle dipendenze dell'Aeronautica militare. 
    Per effetto dell'art. 124, primo comma, del d.P.R.  n.  1092  del
1973,  applicabile  ratione  temporis  e   ora   abrogato   dall'art.
12-undecies del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  (Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica), convertito, con modificazioni, in legge 30  luglio  2010,
n. 122, i ricorrenti risultano titolari di una posizione assicurativa
presso l'INPS, costituita a favore di chi sia  cessato  dal  servizio
«senza aver acquistato il  diritto  a  pensione  per  mancanza  della
necessaria anzianita'  di  servizio»  e  commisurata  al  periodo  di
servizio prestato. 
    1.2.- Il giudice  a  quo  ha  disatteso  le  eccezioni  formulate
dall'INPS in linea preliminare. 
    Non sarebbe fondata l'eccezione di carenza di interesse ad  agire
dei ricorrenti. Il diniego  di  applicare  la  maggiorazione  per  un
determinato  periodo  di  servizio  renderebbe   attuale,   anche   a
prescindere dal pensionamento, l'interesse a  ottenere  una  corretta
informazione sulla consistenza del credito contributivo. 
    Non sarebbe  fondata  neppure  «l'eccezione  di  inammissibilita'
delle domande attoree, basata sulla previsione di cui alla lettera  b
dell'art.  71  del  R.D.  n°  1038/1933»,  che   non   ammetteva   la
proposizione di «domande sulle quali non  siasi  provveduto  in  sede
amministrativa».  Sarebbero  state  prodotte  in  causa  le   istanze
presentate dai  ricorrenti  all'INPS  e  poi  inoltrate  all'Istituto
nazionale   di   previdenza   e   assistenza   per    i    dipendenti
dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e al Ministero della difesa. 
    Il rimettente evidenzia che  il  ricorso  e'  stato  proposto  in
riassunzione, in seguito alla sentenza della Corte dei conti, sezione
prima giurisdizionale centrale d'appello, 22 luglio 2014, n. 996, che
ha affermato la  giurisdizione  del  giudice  contabile,  negata  dal
giudice di primo grado a favore del  giudice  ordinario.  La  riforma
della sentenza che ha declinato  la  giurisdizione  avrebbe  travolto
anche la  declaratoria  di  carenza  di  legittimazione  passiva  del
Ministero della difesa, pronunciata dal giudice di primo grado, e  la
declaratoria del difetto di giurisdizione  avrebbe  priorita'  logica
rispetto al profilo della legittimazione passiva, «di  cui  ha  senso
disquisire soltanto allorche' una domanda sia stata proposta  dinanzi
al giudice munito di giurisdizione». 
    Nel merito, il rimettente osserva che le  sezioni  riunite  della
Corte dei conti, nelle sentenze n. 8 del 27 maggio 2011 e n.  11  del
21 giugno 2011, hanno chiarito che  per  servizio  prestato  si  deve
intendere il servizio effettivo. Ne consegue che la maggiorazione per
il periodo di servizio di  volo  spetterebbe  ai  soli  militari  che
cessino dal servizio «avendo maturato il  diritto  alla  pensione»  e
sarebbe esclusa per i ricorrenti nel  giudizio  principale,  che  non
avevano ancora conseguito il diritto alla pensione al  momento  della
cessazione dal servizio. 
    Sulla scorta di tali premesse, il giudice a quo ritiene rilevante
la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  124,  primo
comma,  del  d.P.R.  n.  1092   del   1973,   sul   presupposto   che
l'interpretazione accreditata dal diritto vivente conduca al  rigetto
del ricorso. 
    1.3.- Il rimettente assume che la disciplina in esame si ponga in
contrasto con l'art. 3 Cost. 
    La disposizione censurata, nell'escludere  la  maggiorazione  del
servizio di volo a danno dei militari che cessino dal servizio  senza
aver   conseguito   il   diritto   alla    pensione,    comporterebbe
«un'ingiustificata penalizzazione retroattiva»,  sprovvista  di  ogni
ragione apprezzabile. 
    Il giudice a quo muove dal presupposto che il servizio  di  volo,
valutato nella posizione assicurativa costituita presso  l'INPS,  sia
«oggettivamente identico», a prescindere dal fatto  che  il  militare
maturi o meno il diritto alla pensione al  momento  della  cessazione
dal servizio. Sarebbe irragionevole, pertanto,  una  riqualificazione
del medesimo servizio «alla luce di una circostanza  successiva  allo
svolgimento del servizio di volo stesso». 
    La disparita' di trattamento non si  potrebbe  giustificare  come
«un premio all'ulteriore permanenza in servizio del militare» o  come
un  mutamento  legato  al   passaggio   dei   militari   dal   regime
pensionistico pubblico a quello privato. 
    In  ragione  di  «un  analogo  contrasto  con  l'art.   3   della
Costituzione»,    sarebbe    stata    dichiarata     l'illegittimita'
costituzionale dell'art.  124  del  d.P.R.  n.  1092  del  1973,  con
riguardo alla previsione del quinto comma (si richiama la sentenza n.
113 del 2001). 
    2.- Con atto depositato il 9 gennaio 2017, si sono costituiti nel
giudizio incidentale D. R.  e  L.  G.,  chiedendo  di  accogliere  la
questione di legittimita' costituzionale sollevata  dalla  Corte  dei
conti. 
    A dire  dei  ricorrenti  nel  giudizio  principale  il  beneficio
dell'aumento figurativo, concesso a chi presti un servizio gravoso  e
usurante, «entra a far parte stabilmente dello  status  previdenziale
del lavoratore, quali che siano le vicende successive alla cessazione
del servizio militare» e spetta per il solo fatto di aver prestato un
determinato servizio. 
    L'identificazione del servizio prestato con il servizio effettivo
vanificherebbe  la  ratio   sottesa   al   beneficio   in   esame   e
implicherebbe, in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  un  trattamento
diseguale per periodi di servizio oggettivamente identici. 
    Sarebbe violato anche il  principio  di  eguaglianza  sostanziale
(art. 3, secondo comma, Cost.),  in  quanto  il  legislatore  avrebbe
tradito il compito di rimuovere gli ostacoli di  ordine  economico  e
sociale che limitano la capacita' del  lavoratore  di  esercitare  il
diritto  fondamentale  al  lavoro.  La   concessione   dei   benefici
contributivi al solo personale militare che cessi  dal  servizio  con
diritto a  pensione  lederebbe  anche  il  «fondamentale  diritto  di
liberta' della persona umana, che si estrinseca nella  scelta  e  nel
modo di esercizio dell'attivita' lavorativa». 
    3.- Si e' costituito l'INPS, con atto  depositato  il  3  gennaio
2017,  e  ha  chiesto  di  dichiarare  irrilevante,  inammissibile  e
comunque infondata la questione di legittimita' costituzionale. 
    L'INPS ha eccepito l'inammissibilita' della questione, in  quanto
irrilevante, sotto un duplice profilo. 
    Anzitutto, a fronte di contribuzione versata nel settembre  1999,
il giudizio sarebbe stato incardinato soltanto  il  1°  giugno  2011,
decorso il termine  di  prescrizione  decennale.  Il  rimettente  non
avrebbe esaminato tale aspetto  preliminare,  decisivo  sul  versante
della rilevanza. 
    In secondo luogo, il giudice  a  quo  non  avrebbe  correttamente
valutato la portata della sentenza di appello, che  ha  riformato  la
decisione di  primo  grado  con  esclusivo  riguardo  al  difetto  di
giurisdizione, senza  travolgere  la  statuizione  sulla  carenza  di
legittimazione  passiva  del  Ministero  della  difesa.  Al  giudizio
principale  parteciperebbe  solo  la  parte  dichiarata  carente   di
legittimazione  passiva,  in  forza   di   un   accertamento   oramai
definitivo, e mancherebbe, per contro, il contraddittore  necessario,
il datore di lavoro, «unico legittimato con riguardo alla domanda  di
mancato accredito/trasferimento dell'ulteriore quota di contribuzione
previdenziale connessa allo svolgimento dell'attivita' di volo». 
    Nel merito, la questione non sarebbe fondata. 
    L'INPS osserva che la fattispecie sottoposta  all'odierno  vaglio
della Corte differisce da quella decisa con la sentenza  n.  113  del
2001, riguardante la costituzione della posizione assicurativa per  i
periodi di studio oggetto di riscatto, e si riallaccia  al  mutamento
di regime dei militari, passati dal regime pensionistico  pubblico  a
quello privato, e al complesso percorso di armonizzazione dei sistemi
pensionistici. 
    L'INPS, da ultimo, sulla scorta delle pronunce rese dalle sezioni
giurisdizionali d'appello della  Corte  dei  conti,  ha  ribadito  la
legittimita' costituzionale della normativa in  esame  e  ha  escluso
ogni disarmonia con il diritto dell'Unione europea,  che  demanda  al
legislatore nazionale la disciplina dei sistemi previdenziali. 
    4.- Nel giudizio  e'  intervenuto,  con  atto  depositato  il  10
gennaio 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e  ha  chiesto  di
dichiarare  inammissibile  o  comunque  infondata  la  questione   di
legittimita' costituzionale sollevata dalla Corte dei conti. 
    L'interveniente ha eccepito la manifesta  inammissibilita'  della
questione per omessa o incompleta motivazione in punto di rilevanza e
non  manifesta  infondatezza.  Il  rimettente  avrebbe  sollevato  la
questione di legittimita' costituzionale al solo scopo di ottenere un
avallo dell'interpretazione che predilige, senza neppure  ricostruire
le motivazioni  dell'orientamento  consolidato  della  giurisprudenza
contabile. 
    La   questione   sarebbe   inammissibile   anche    in    ragione
dell'incompleta ricostruzione e della mancata ponderazione del quadro
normativo  di  riferimento.  Il  giudice  a  quo  avrebbe  omesso  di
approfondire la ratio della maggiorazione del servizio di volo e tale
lacuna minerebbe il percorso logico che sorregge  la  valutazione  di
non manifesta infondatezza. 
    Come ulteriore ragione di inammissibilita', l'Avvocatura generale
dello  Stato  addebita  al  rimettente   di   non   avere   esplorato
un'interpretazione adeguatrice. 
    Nel merito, la questione non sarebbe fondata. 
    La disposizione censurata, che ha il suo antecedente nella  legge
2 aprile 1958, n. 322 (Ricongiunzione delle  posizioni  previdenziali
ai fini dell'accertamento del  diritto  e  della  determinazione  del
trattamento di previdenza e di quiescenza) e nell'art. 40 della legge
22 novembre 1962, n. 1646 (Modifiche agli ordinamenti degli  Istituti
di  previdenza  presso  il  Ministero  del  tesoro),   contempla   la
costituzione  della  posizione  assicurativa  per  i   soli   periodi
caratterizzati dall'effettivo svolgimento del servizio ed esclude  la
rilevanza delle anzianita' meramente figurative, come quelle connesse
alla maggiorazione di un terzo del servizio di volo. 
    Se identico  e'  il  servizio  di  volo  prestato  da  chi  abbia
acquistato il diritto alla pensione e da chi sia cessato dal servizio
senza aver conseguito tale diritto, diversa, tuttavia, e'  la  durata
del servizio di volo, che si traduce in  una  diversa  anzianita'  di
servizio e  giustifica  il  trattamento  previdenziale  differenziato
riservato alle due categorie di dipendenti. 
    Peraltro, il riconoscimento di aumenti figurativi dell'anzianita'
di servizio a favore di chi rimanga alle  dipendenze  della  pubblica
amministrazione  sarebbe  ispirato  a  «una  logica   disincentivante
dell'esodo  verso  il  settore  privato»,  volta  a  valorizzare   le
peculiari        professionalita'        acquisite        all'interno
dell'amministrazione. 
    L'attribuzione del beneficio  in  esame,  lungi  dall'atteggiarsi
come una penalizzazione retroattiva, sarebbe prevista dalla legge sin
dall'origine in vista della cessazione dal servizio. La  sentenza  n.
113 del 2001, riguardante la diversa  fattispecie  del  riscatto  dei
periodi di studio, non rileverebbe nel caso in esame. 
    L'accoglimento della questione, in contrasto con  il  divieto  di
doppia valutazione dei servizi a  fini  contributivi,  imporrebbe  di
valutare il medesimo periodo di servizio nel calcolo  dell'indennita'
una tantum erogata in luogo del trattamento di fine  rapporto  e,  in
pari tempo,  nel  calcolo  della  pensione  e  «avrebbe  una  portata
dirompente e gravida di effetti per la finanza pubblica». 
    5.-  In  prossimita'  dell'udienza,   le   parti   costituite   e
l'interveniente hanno depositato memorie illustrative, confermando le
conclusioni gia' rassegnate. 
    5.1.- I ricorrenti nel giudizio principale,  quanto  all'eccepita
irrilevanza della questione in ragione dell'intervenuta prescrizione,
osservano che tale eccezione non sarebbe stata  ritualmente  proposta
nel giudizio principale. 
    Non sarebbe decisivo  neppure  l'argomento,  che  fa  leva  sulla
riforma della sentenza  di  primo  grado  in  ordine  al  difetto  di
giurisdizione del giudice contabile. Tale  pronuncia,  nell'affermare
la giurisdizione del giudice contabile, non approfondisce  il  merito
della causa e il profilo attinente alla  legittimazione  passiva  del
Ministero della difesa. 
    Correttamente il giudice a quo avrebbe  assunto  la  disposizione
censurata nella valenza semantica che le assegna il diritto vivente e
ne  avrebbe  sollecitato,  su  tale  presupposto,  il  controllo   di
compatibilita' con i parametri costituzionali. 
    Non sarebbe fondata neppure l'eccezione di  inammissibilita'  per
incompleta ricostruzione del quadro normativo, in quanto  l'ordinanza
di rimessione svolgerebbe una disamina esauriente delle  disposizioni
applicabili e dell'interpretazione offerta dalla giurisprudenza. 
    Quanto  al  merito,  l'aumento  figurativo  si  correla  in   via
esclusiva alla  gravosita'  e  al  carattere  usurante  del  servizio
prestato  e  sarebbero  apodittici  i  rilievi  sulla  posizione   di
svantaggio dei militari che abbiano gia'  maturato  il  diritto  alla
pensione. 
    La disparita' di trattamento non potrebbe essere giustificata con
l'esigenza di disincentivare l'esodo verso il settore  privato  e  di
conservare nel settore pubblico preziose professionalita', poiche' il
legislatore non avrebbe  fatto  alcuna  menzione  di  tale  obiettivo
premiale. 
    Non si riscontrerebbe  alcuna  doppia  valutazione  del  medesimo
servizio, in quanto l'importo della contribuzione da versare all'INPS
al momento  della  costituzione  della  posizione  assicurativa  deve
essere detratto dall'indennita' una tantum, «che  pertanto  per  tale
parte   non   viene   erogata».   Sarebbero   infine   generiche   le
considerazioni sulla  portata  "dirompente"  dell'accoglimento  della
questione. 
    5.2.-  L'INPS  ricorda   che   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  riguarda  i  militari  che  hanno  svolto   attivita'
ulteriori rispetto a quelle  tipiche  della  loro  carriera  e  hanno
volontariamente   abbandonato   il   servizio   presso   l'Arma    di
appartenenza, prima di conseguire il diritto a pensione. A favore  di
tali  soggetti  l'ordinamento  accorderebbe  una   speciale   tutela,
corrispondendo un'indennita'  una  tantum  e  costituendo  una  nuova
posizione previdenziale presso  il  Fondo  di  previdenza  lavoratori
dipendenti. 
    La denunciata irragionevolezza  dovrebbe  essere  valutata  anche
alla luce dell'art.  38,  secondo  comma,  Cost.,  che  prescrive  di
assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze  di  vita.
Il mancato riconoscimento di un'esigua  frazione  di  contributi  non
comprometterebbe  la  tutela  previdenziale  dei   piloti   militari,
«categoria  "forte"»,  che,  nell'abbandonare  il  servizio,  avrebbe
prospettive di guadagno ben piu' favorevoli rispetto a quelle di  chi
rimane in servizio. 
    5.3.-  La  difesa   dell'interveniente   pone   l'accento   sulla
«rilevanza patrimoniale» della questione, suscettibile di incidere su
«un vasto contenzioso promosso  a  livello  nazionale  da  ex  piloti
dell'Aeronautica militare», e ribadisce che il rimettente  chiede  un
avallo  interpretativo,   con   uso   improprio   dell'incidente   di
costituzionalita'. 
    Sarebbero, inoltre, inammissibili  le  deduzioni  dei  ricorrenti
sulla violazione del principio di eguaglianza sostanziale, in  quanto
dirette ad ampliare il thema decidendum delineato  dall'ordinanza  di
rimessione. 
    Non si potrebbe reputare  irragionevole  una  disposizione,  che,
allo scopo di  disincentivare  l'esodo  dei  lavoratori,  accordi  il
beneficio   della   supervalutazione   del    servizio    di    volo,
«indirettamente rilevante sul piano patrimoniale»,  e  racchiuda  una
disciplina prevedibile, consentendo al personale di  compiere  scelte
oculate e responsabili. 
    Diversamente dal servizio  effettivo,  coperto  da  contribuzione
effettiva,  il  servizio  utile   sarebbe   coperto   unicamente   da
contribuzione figurativa, alla quale non corrisponderebbe alcun reale
versamento di contributi previdenziali. 
    6.- All'udienza pubblica del 6  febbraio  2018,  le  parti  hanno
ribadito le conclusioni e  le  argomentazioni  svolte  negli  scritti
difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per  la
Lombardia, giudice unico delle pensioni,  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 124, primo comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092  (Approvazione  del  testo
unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili
e militari dello Stato), nella parte in cui disciplina  la  posizione
assicurativa costituita  «nell'assicurazione  per  l'invalidita',  la
vecchiaia e i superstiti presso l'Istituto nazionale della previdenza
sociale» a favore del dipendente civile o del militare che «cessi dal
servizio senza aver acquistato il diritto  a  pensione  per  mancanza
della necessaria anzianita' di servizio». 
    La   disposizione   censurata,   nel   correlare   la   posizione
assicurativa al servizio effettivo, e non  gia'  al  servizio  utile,
comprensivo  della  maggiorazione  legata  ai   particolari   servizi
prestati, sarebbe lesiva del principio di eguaglianza (art. 3,  primo
comma, della Costituzione). 
    L'assetto delineato dal legislatore, nell'interpretazione  oramai
consolidata nella giurisprudenza contabile (Corte dei conti,  sezioni
riunite, sentenze n. 8 del 27 maggio 2011  e  n.  11  del  21  giugno
2011), determinerebbe un'arbitraria disparita' di trattamento a danno
dei militari che cessino  dal  servizio  senza  avere  conseguito  il
diritto  alla  pensione.  Nell'ambito  della  posizione  assicurativa
costituita presso l'Istituto  nazionale  per  la  previdenza  sociale
(INPS), i militari non potrebbero beneficiare della maggiorazione per
il  servizio  di   volo   prestato,   benche'   tale   servizio   sia
«oggettivamente identico», indipendentemente dal fatto che i militari
conseguano o meno «il diritto a pensione» al momento della cessazione
dal servizio. 
    La  disciplina  denunciata,  all'origine  di   «un'ingiustificata
penalizzazione retroattiva» per chi cessi  dal  servizio  senza  aver
maturato il diritto a pensione,  implicherebbe  una  riqualificazione
del medesimo servizio «alla luce di una circostanza  successiva  allo
svolgimento del servizio di volo stesso» e, come tale, ininfluente. 
    Ne' tale disciplina si giustificherebbe per l'elargizione di  «un
premio all'ulteriore permanenza  in  servizio  del  militare»  e  nei
mutamenti che contraddistinguono il passaggio dei militari dal regime
pensionistico pubblico a quello privato. 
    2.- Si deve innanzi  tutto  evidenziare  che  l'art.  124,  primo
comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 e' stato trasfuso  nell'art.  1861
del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento
militare),  intervenuto  a  dettare  una  disciplina  organica  della
materia, e successivamente abrogato per effetto dell'art.  12,  comma
12-undecies del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  (Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica), convertito, con modificazioni, in legge 30  luglio  2010,
n. 122. 
    Tali modifiche non mutano, tuttavia, i termini della questione di
legittimita' costituzionale,  che  il  rimettente  ha  sollevato  con
riguardo alla disposizione originaria, applicabile  ratione  temporis
alla  fattispecie  controversa,  e  con  esclusivo  riferimento  alla
violazione del principio di eguaglianza formale, enunciato  dall'art.
3, primo comma, Cost. 
    2.1.- Non si considerano, in questa sede, gli  ulteriori  profili
dedotti dalle parti private costituite nel giudizio incidentale,  che
adombrano il contrasto con il principio di  eguaglianza  sostanziale,
consacrato dall'art. 3, secondo comma, Cost., e  con  la  tutela  del
diritto al lavoro  (art.  4  Cost.),  poiche'  essi  non  sono  stati
recepiti nell'ordinanza di  rimessione,  che  segna  i  limiti  dello
scrutinio demandato a questa Corte. 
    3.-  Le  molteplici  eccezioni  di   inammissibilita'   formulate
nell'atto di costituzione dell'INPS e  nell'atto  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri non sono fondate. 
    3.1.- L'INPS ha eccepito l'inammissibilita' della  questione  per
difetto di rilevanza, sotto un duplice e concorrente profilo. 
    3.1.1.- Il rimettente, in primo luogo, non si sarebbe  soffermato
sull'esame della prescrizione delle pretese avanzate dai ricorrenti. 
    A fronte di una contribuzione  versata  nel  settembre  1999,  il
giudizio sarebbe stato instaurato soltanto il 1°  giugno  2011,  dopo
l'infruttuoso decorso  del  termine  di  prescrizione  decennale.  Il
giudice a quo non  avrebbe  approfondito  tale  aspetto  preliminare,
destinato a riverberarsi sulla rilevanza della questione proposta. 
    L'eccezione non e' fondata per il decisivo rilievo  che  il  tema
della prescrizione non puo' essere esaminato d'ufficio  dal  giudice,
ma  deve  essere  introdotto  nel  dibattito  processuale  attraverso
un'eccezione di parte (art. 2938 del codice civile), rispettosa delle
preclusioni che governano  l'ordinato  e  sollecito  svolgimento  del
giudizio. 
    Il rimettente ha passato in rassegna  e  disatteso  le  eccezioni
pregiudiziali dell'INPS, incentrate sulla carenza  dell'interesse  ad
agire e sulla proposizione di domande giudiziali sulle quali  non  si
e' provveduto in sede  amministrativa  (punto  5.  dell'ordinanza  di
rimessione). L'INPS non dimostra di avere ritualmente formulato anche
l'eccezione di prescrizione e di averne  avvalorato,  nel  necessario
contraddittorio  delle  parti,  il   carattere   dirimente   per   la
definizione del giudizio principale. 
    Alla stregua delle allegazioni e delle eccezioni formulate  dalle
parti e puntualmente ricostruite dal  giudice  a  quo,  non  si  puo'
reputare implausibile la motivazione in punto di rilevanza. 
    3.1.2.-  Neppure  gli  ulteriori   rilievi   critici   dell'INPS,
attinenti al difetto di integrita'  del  contraddittorio,  valgono  a
connotare come implausibile tale motivazione. 
    Il rimettente, con sentenza riformata  in  sede  di  gravame,  ha
dichiarato il difetto di legittimazione passiva del  Ministero  della
difesa  e  ha  declinato  la  giurisdizione  a  favore  del   giudice
ordinario. La Corte dei conti, sezione prima giurisdizionale centrale
d'appello, con la sentenza n. 996 del  22  luglio  2014,  ha  accolto
l'impugnazione e ha rimesso gli atti al giudice  contabile  di  prime
cure, in quanto munito di giurisdizione sulle domande proposte. 
    Alla luce di tali antecedenti processuali, l'INPS assume che  sia
passata in giudicato la statuizione  sul  difetto  di  legittimazione
passiva del Ministero della difesa  e  che  al  giudizio  principale,
pertanto,   partecipi   solo   la   parte   dichiarata   carente   di
legittimazione  passiva,  in  forza   di   un   accertamento   oramai
definitivo.  Il  giudizio  non   coinvolgerebbe,   per   contro,   il
contraddittore necessario, individuato nel datore di  lavoro,  «unico
legittimato    con    riguardo    alla     domanda     di     mancato
accredito/trasferimento   dell'ulteriore   quota   di   contribuzione
previdenziale connessa allo svolgimento dell'attivita' di  volo».  Da
tale angolo visuale, si apprezzerebbe l'irrilevanza  della  questione
sollevata. 
    L'eccezione deve essere disattesa. 
    Il rimettente, nel farsi  carico  della  questione  pregiudiziale
prospettata dall'INPS, ha argomentato che la riforma  della  sentenza
di primo grado «ha travolto  anche  la  declaratoria  di  carenza  di
legittimazione  passiva  del  Ministero  della  Difesa»   (punto   6.
dell'ordinanza di rimessione). 
    In tale prospettiva, l'accoglimento del motivo  pregiudiziale  di
appello inerente alla giurisdizione imporrebbe al giudice  dichiarato
provvisto di  potestas  iudicandi  di  riesaminare  il  merito  della
vicenda controversa, anche con riguardo alla questione della  carenza
di  legittimazione  passiva  del  Ministero  della  difesa,  che  non
potrebbe percio' ritenersi definita con il crisma del giudicato. 
    Le  argomentazioni,  spese  dal  rimettente  sulle   implicazioni
dell'accoglimento dell'appello in rapporto  al  motivo  pregiudiziale
della giurisdizione, superano la verifica esterna riservata a  questa
Corte con riguardo ai presupposti  processuali  che  condizionano  la
valida  instaurazione  del  giudizio   principale.   Tale   verifica,
«"meramente strumentale al riscontro della rilevanza della  questione
di costituzionalita'" (sentenza n.  241  del  2008,  punto  5.2.  del
Considerato in diritto), si  arresta  se  il  giudice  rimettente  ha
offerto una motivazione non implausibile in ordine  alla  sussistenza
delle condizioni dell'azione» (sentenza n. 53 del 2017, punto  2.1.1.
del Considerato in diritto). 
    La rilevanza del  dubbio  di  costituzionalita'  prospettato  dal
giudice contabile trova conferma anche da un diverso punto di vista. 
    La carenza  di  legittimazione  passiva,  in  senso  proprio,  si
ravvisa quando l'attore intenti una controversia contro  un  soggetto
che, secondo la stessa prospettazione dell'atto introduttivo, non sia
titolare dell'obbligo dedotto in causa. L'asserita  insussistenza  di
obblighi in capo al Ministero della difesa - questione che attiene al
merito - non incide sulla necessita'  di  applicare  la  disposizione
censurata, allo scopo di risolvere la  controversia.  Tale  elemento,
posto in risalto dal giudice a quo,  e'  sufficiente  a  radicare  la
rilevanza della questione sollevata. 
    3.2.- L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce che il  giudice
a quo, con uso  improprio  dell'incidente  di  costituzionalita',  si
riprometta di  ottenere  un  avallo  dell'interpretazione  prescelta,
senza sperimentare una lettura rispettosa del dettato  costituzionale
e senza approfondire le ragioni addotte a  fondamento  dell'indirizzo
predominante nella giurisprudenza contabile. 
    Le  eccezioni  di   inammissibilita'   formulate   nell'atto   di
intervento possono essere esaminate congiuntamente, in quanto evocano
profili in larga parte connessi. Esse non sono fondate. 
    Nell'ambito di una circostanziata disamina del quadro normativo e
giurisprudenziale  di  riferimento,  che  non  presenta   le   lacune
segnalate dall'Avvocatura generale dello Stato, il  rimettente  muove
dalla premessa che, per i dipendenti civili o i militari che  cessino
dal servizio senza avere  acquisito  il  diritto  alla  pensione,  il
servizio prestato debba intendersi come servizio effettivo e non gia'
come servizio  utile,  comprensivo  della  maggiorazione  connessa  a
determinati  periodi.  Su   tale   linea   interpretativa,   avallata
dall'organo della nomofilachia contabile (Corte  dei  conti,  sezioni
riunite, sentenze n. 8 e n.  11  del  2011),  si  e'  attestata,  con
orientamento consolidato, anche la giurisprudenza successiva (fra  le
molte,  Corte  dei  conti,  sezione  terza  giurisdizionale  centrale
d'appello, sentenza 4 luglio 2016, n. 301). 
    Il giudice a quo, libero di privilegiare una diversa lettura  del
dato   normativo,   ben   puo'    scegliere    di    uniformarsi    a
un'interpretazione che assurge oramai al rango di diritto  vivente  e
richiederne, su tale presupposto, il controllo di compatibilita'  con
i precetti costituzionali (sentenza n. 259 del 2017, punto  2.3.  del
Considerato in diritto). 
    Anche da tale punto di vista, dunque, non si riscontrano ostacoli
all'esame nel merito. 
    4.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    4.1.- L'aumento  convenzionale  dell'anzianita'  di  servizio  si
configura come un trattamento di favore, preordinato a garantire  una
particolare  tutela  per  la  gravosita'  e  i  rischi  del  servizio
prestato. Una tale scelta e' rimessa all'apprezzamento  discrezionale
del legislatore, che ne delimita i rigorosi presupposti  oggettivi  e
soggettivi,  in   armonia   con   i   principi   di   eguaglianza   e
ragionevolezza. 
    4.2.- La scelta di  limitare  la  concessione  del  beneficio  ai
militari e ai dipendenti civili che cessino dal servizio  dopo  avere
acquistato il diritto alla pensione non contrasta con il principio di
eguaglianza. 
    Il giudice a quo prende le mosse dall'assunto che, a  parita'  di
servizio speciale prestato,  debba  essere  identico  il  trattamento
previdenziale e che sia arbitraria ogni  distinzione  fondata  su  un
elemento   estraneo    alla    ratio    dell'aumento    convenzionale
dell'anzianita' di servizio. 
    Tale assunto non puo' essere condiviso, poiche' accosta in chiave
comparativa   singoli    aspetti    di    un'articolata    disciplina
previdenziale, senza avere riguardo alla ratio che la ispira. 
    I  servizi  speciali,  che   determinano   l'aumento   figurativo
dell'anzianita', sono  valutati  solo  dopo  che  siano  raggiunti  i
requisiti di legge per ottenere la pensione, in una  prospettiva  che
abbraccia l'intero  percorso  lavorativo.  Nell'ambito  di  una  tale
valutazione  onnicomprensiva,  il  conseguimento  del  diritto   alla
pensione  non  configura  un  dato  accidentale  ed  estrinseco,   ma
rappresenta un tratto distintivo  di  rilievo  cruciale,  che  rivela
l'eterogeneita' delle fattispecie poste a raffronto e  giustifica  il
trattamento differenziato dei  servizi  speciali  di  chi  non  abbia
maturato il diritto alla pensione. 
    Il diverso trattamento deve essere peraltro  valutato  alla  luce
della posizione previdenziale complessiva dei lavoratori  iscritti  a
forme obbligatorie di previdenza sostitutive o esonerative,  che  non
abbiano raggiunto l'anzianita' utile al conseguimento della pensione.
Per tali categorie, il legislatore appresta la speciale tutela  della
costituzione  di  una  posizione  assicurativa  presso  l'INPS,   che
«assolve una  funzione  di  tutela  previdenziale»  e  garantisce  al
lavoratore l'erogazione «di un trattamento pensionistico, secondo  le
regole dell'assicurazione generale obbligatoria» (sentenza n. 113 del
2001, punto 6. del Considerato in diritto). 
    Nel  quadro  di  un   contemperamento   non   irragionevole   tra
l'adeguatezza della tutela previdenziale e  la  sostenibilita'  degli
oneri necessari a salvaguardarla  si  deve  collocare  la  scelta  di
ancorare la posizione assicurativa al solo servizio effettivo,  senza
computare  la  maggiorazione  figurativa  per  gli  speciali  servizi
prestati. 
    4.3.- La sentenza n. 113 del 2001, richiamata  dal  rimettente  a
sostegno delle censure e riguardante  la  diversa  fattispecie  della
valutazione dei periodi di studio regolarmente riscattati (art.  124,
quinto comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973), non conduce a conclusioni
diverse da quelle prospettate. 
    Questa Corte ha ritenuto del  tutto  eccentrico,  ai  fini  della
costituzione della posizione assicurativa presso l'INPS, il requisito
della  coesistenza  di  un'attivita'  di  lavoro  subordinato.   Tale
requisito,  che  contraddice  l'esigenza  sempre  piu'  avvertita  di
valorizzare i periodi  di  studio,  avrebbe  pregiudicato  proprio  i
lavoratori che hanno dovuto ritardare l'inizio della  loro  attivita'
per acquisire il titolo necessario per essere ammessi all'impiego. 
    4.4.- La disciplina oggi scrutinata si  inquadra  in  un  diverso
contesto  e  risponde  alla  diversa  finalita'  di  incentivare  chi
continua a mettere a frutto la professionalita' acquisita a beneficio
dell'amministrazione, senza sacrificare in  misura  sproporzionata  i
diritti di chi non abbia raggiunto l'anzianita' utile a  ottenere  la
pensione. 
    La legge, oltre a prevedere in tale ipotesi  la  costituzione  di
una posizione assicurativa presso  l'INPS,  riconosce  i  particolari
servizi prestati,  che  concorrono  a  determinare  l'indennita'  una
tantum corrisposta all'atto della cessazione dal servizio (artt. 42 e
52 del d.P.R. n. 1092 del 1973). 
    Collocata in un orizzonte sistematico di piu' ampio  respiro,  la
disciplina censurata non determina dunque  sperequazioni  arbitrarie,
ma rispecchia un bilanciamento tra contrapposti interessi, che  tiene
conto della diversita' delle situazioni comparate e non  travalica  i
limiti della ragionevolezza e della proporzionalita'. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art.  124,  primo  comma,  del  decreto  del  Presidente   della
Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione  del  testo  unico
delle norme sul trattamento di quiescenza  dei  dipendenti  civili  e
militari dello Stato),  sollevata  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale regionale  per  la  Lombardia,  giudice  unico  delle
pensioni,  in  riferimento  all'art.  3   della   Costituzione,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA