N. 146 SENTENZA 5 giugno - 6 luglio 2018

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Energia - Ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e  gassosi  -
  Conferimento da parte del Ministero dello sviluppo  economico  alla
  Societa' Petroceltic Italia srl del permesso di ricerca «B.R274.EL»
  ricadente nella «zona B» del mar Adriatico. 
- Decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 dicembre 2015. 
-   
(GU n.28 del 11-7-2018 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 dicembre
2015, promosso dalla Regione Puglia  con  ricorso  notificato  il  29
febbraio-4 marzo 2016, depositato  in  cancelleria  l'8  marzo  2016,
iscritto al n. 2 del registro conflitti tra enti  2016  e  pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  16,  prima   serie
speciale, dell'anno 2016. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2018 il Giudice relatore
Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato Marcello  Cecchetti  per  la  Regione  Puglia  e
l'avvocato dello  Stato  Vincenzo  Nunziata  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 4 marzo 2016 e depositato l'8 marzo
2016, la Regione Puglia ha sollevato conflitto di attribuzioni contro
il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  chiedendo  alla  Corte
costituzionale di dichiarare «che non spetta allo Stato - e per  esso
al Ministero dello sviluppo economico -  l'adozione  del  decreto  22
dicembre 2015, di conferimento del permesso di ricerca B.R274.EL alla
Societa'  Petroceltic  Italia  S.r.l.»,  e  di  annullare  lo  stesso
decreto, in quanto «lesivo delle  attribuzioni  costituzionali  della
Regione Puglia riconosciute dagli articoli 117, terzo comma,  e  118,
primo   comma,   della   Costituzione,   come   interpretati    dalla
giurisprudenza costituzionale a partire dalla  sentenza  n.  303  del
2003». 
    La Regione espone che la societa' Petroceltic Italia srl,  il  31
ottobre 2006, ha presentato tre istanze finalizzate  al  rilascio  di
altrettanti permessi di ricerca di  idrocarburi  liquidi  e  gassosi,
ricadenti nella «zona B» del Mar Adriatico. Successivamente esse sono
state accorpate in un'unica istanza, che ha ricevuto, secondo  quanto
riferisce la ricorrente, parere sfavorevole della  Regione  Molise  e
valutazione positiva di impatto ambientale  da  parte  del  Ministero
dell'ambiente.  Dopo  i  nulla-osta  del  Ministero  delle  politiche
agricole, del Ministero delle infrastrutture e delle  Capitanerie  di
porto di Ortona e Termoli, ed il parere  sfavorevole  del  Comune  di
Termoli, l'istanza  e'  stata  accolta  con  il  citato  decreto  del
Ministero dello sviluppo economico 22  dicembre  2015,  in  relazione
all'area marina delimitata  come  da  tabella  allegata  al  medesimo
decreto. 
    La ricorrente sottolinea che il procedimento si e'  svolto  quasi
interamente  prima  dell'entrata  in  vigore  del  decreto-legge   12
settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura  dei  cantieri,
la realizzazione  delle  opere  pubbliche,  la  digitalizzazione  del
Paese,  la  semplificazione  burocratica,  l'emergenza  del  dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive),
convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre  2014,  n.  164,
che ha introdotto il  titolo  concessorio  unico;  esso  pertanto  e'
ricaduto nell'ambito della disciplina dettata dalla legge  9  gennaio
1991, n.  9  (Norme  per  l'attuazione  del  nuovo  Piano  energetico
nazionale:  aspetti   istituzionali,   centrali   idroelettriche   ed
elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e  disposizioni
fiscali), dalla legge 23 agosto 2004, n. 239  (Riordino  del  settore
energetico,  nonche'  delega  al  Governo  per  il  riassetto   delle
disposizioni vigenti in materia  di  energia),  nonche'  dal  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale).  La
Regione Puglia rileva che «nell'ambito dei  procedimenti  finalizzati
al rilascio dei permessi di  ricerca  di  idrocarburi  e'  necessario
sentire le Regioni  interessate  qualora  le  attivita'  da  svolgere
secondo il programma dei lavori siano localizzate in  mare  (articoli
5, comma 1, e 6, comma 1, legge n.  9  del  1991),  mentre  e'  fatto
obbligo di acquisire l'intesa con tali Regioni  laddove  le  medesime
attivita' riguardino la terraferma (art. 1, comma 7, lett. n),  legge
n. 239 del 2004)». 
    La ricorrente ricorda poi che, in  base  all'art.  6,  comma  17,
d.lgs. n. 152 del 2006, come modificato dal decreto-legge  22  giugno
2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del  Paese),  convertito,
con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, sono vietate le
attivita' di  ricerca,  prospezione  e  coltivazione  di  idrocarburi
liquidi e gassosi «nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle
linee di costa lungo l'intero  perimetro  costiero  nazionale  e  dal
perimetro esterno delle suddette aree  marine  e  costiere  protette,
fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6  e  9
della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del
decreto  legislativo  29  giugno  2010  n.  128  ed  i   procedimenti
autorizzatori e concessori conseguenti e connessi [...]».  In  virtu'
di questa norma transitoria,  nota  la  ricorrente,  il  procedimento
concessorio all'origine del presente conflitto e' sfuggito al divieto
sancito  dall'art.  6,  comma  17,  d.lgs.  n.  152  del  2006,   pur
riguardando «un'area collocata, almeno  in  parte,  entro  le  dodici
miglia dalla costa delle isole Tremiti». 
    2.- Nel primo motivo dedotto a sostegno del ricorso,  la  Regione
Puglia lamenta la «[l]esione delle attribuzioni amministrative  della
Regione  Puglia  nelle  materie  della   "produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia" e del "governo del  territorio"
(di competenza legislativa concorrente ai sensi dell'art. 117,  terzo
comma, Cost.), che alla medesima spettano in  base  al  principio  di
sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost.»,  e  la  sopravvenuta
illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1, e  6,  comma
1, legge n.  9  del  1991,  per  violazione  degli  stessi  parametri
costituzionali. 
    La ricorrente premette di avere un «interesse attuale e concreto»
al conflitto in quanto una parte dell'area oggetto del permesso dista
meno di 12 miglia dalla costa delle isole Tremiti.  Nonostante  cio',
la Regione Puglia, a differenza della  Regione  Molise,  non  sarebbe
«stata in alcun modo coinvolta nell'ambito della procedura  volta  al
rilascio del permesso di  ricerca  richiesto  dalla  Petroceltic  nel
2006». Cio' avrebbe determinato  una  violazione  delle  attribuzioni
costituzionali spettanti alla Regione Puglia, in quanto «la  funzione
di conferimento del permesso di ricerca degli idrocarburi  liquidi  e
gassosi altro non e' che una funzione amministrativa ascrivibile alle
materie  di  legislazione  concorrente   "produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia" e "governo del  territorio"  di
cui  all'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  avocata  in
sussidiarieta' a livello  statale,  in  forza  dell'art.  118,  primo
comma,   Cost.»;   di   conseguenza,   secondo   la    giurisprudenza
costituzionale,  «la  disciplina  relativa  all'esercizio   di   tali
funzioni dovrebbe prevedere moduli collaborativi "forti",  ovvero  le
intese» (si citano le sentenze n. 303 del 2003 e n. 7 del 2016). 
    Nel caso  in  questione,  invece,  non  solo  non  sarebbe  stata
acquisita l'intesa ma non sarebbe neppure  stato  chiesto  il  parere
previsto dagli articoli 5, comma 1, e 6, comma  1,  legge  n.  9  del
1991. 
    Tali  norme   legislative,   peraltro,   sarebbero   affette   da
illegittimita' costituzionale sopravvenuta a seguito dell'entrata  in
vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
titolo V della parte  seconda  della  Costituzione),  per  violazione
sempre degli articoli 117, terzo comma, e  118,  primo  comma,  Cost.
Infatti esse, osserva la ricorrente,  in  riferimento  alle  funzioni
amministrative relative al conferimento del permesso  di  ricerca  di
idrocarburi   allocate   al   livello   statale,    «non    prevedono
l'acquisizione   dell'intesa   con   la   Regione    territorialmente
interessata, limitandosi piuttosto a ritenere  necessaria,  ma  anche
sufficiente, l'acquisizione del parere della medesima, nonostante che
la giurisprudenza costituzionale, in casi simili, richieda proprio la
"massima" forma di  coinvolgimento  regionale,  ossia  l'intesa».  La
ricorrente chiede dunque alla Corte costituzionale di  fare  uso  del
proprio potere di  autorimessione  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale, con riferimento agli artt. 5, comma 1, e 6, comma  1,
legge n. 9 del 1991. La questione  sarebbe  rilevante  in  quanto  le
norme appena citate sarebbero pienamente applicabili al  procedimento
che ha  condotto  al  decreto  oggetto  del  conflitto  e,  pertanto,
verrebbero senz'altro in rilievo nell'ambito dello  stesso  conflitto
di attribuzione: «una declaratoria di  illegittimita'  costituzionale
di tali  disposizioni  comporterebbe  inevitabilmente  l'accertamento
della lesione della  sfera  delle  attribuzioni  regionali  garantite
dagli articoli 117, terzo  comma,  e  118,  primo  comma,  Cost.,  in
ragione della mancata acquisizione, nell'ambito del  procedimento  di
conferimento  del  permesso  di  ricerca  di  cui  qui  si   discute,
dell'intesa con la Regione Puglia e non semplicemente in ragione  del
fatto che la medesima non e' stata sentita: di qui la necessita'  che
nell'ambito di un nuovo eventuale procedimento volto al rilascio  del
permesso di ricerca chiesto dalla  Petroceltic  Italia  S.r.l.  debba
necessariamente essere raggiunta la predetta intesa  con  la  Regione
Puglia e non sia sufficiente il mero parere di quest'ultima». 
    La  ricorrente  precisa  che   l'istanza   rivolta   alla   Corte
costituzionale  di  sollevare  la  questione  davanti  a  se  stessa,
nell'ambito del presente conflitto di attribuzioni, «non potrebbe  in
alcun modo essere intesa come tentativo di aggiramento  dei  termini»
previsti per  l'impugnativa  regionale  di  una  legge  statale,  dal
momento che l'illegittimita' costituzionale degli articoli  5,  comma
1, e 6, comma 1, legge n. 9 del 1991 e' sopravvenuta a seguito  della
riforma  del  Titolo  V  della  Costituzione  di   cui   alla   legge
costituzionale n. 3  del  2001,  «la  quale  non  solo  ha  apportato
rilevanti modifiche - tra gli altri - agli articoli 117 e  118  della
Costituzione, ma, su un piano piu' generale», avrebbe «rivoluzionato»
l'assetto   dei   rapporti   Stato-regioni,   inducendo   la    Corte
costituzionale a elaborare lo statuto della cosiddetta  "chiamata  in
sussidiarieta'". 
    3.- In via subordinata rispetto alla censura appena  esposta,  la
Regione Puglia lamenta la violazione degli artt. 5 e 6 legge n. 9 del
1991 e la lesione delle «attribuzioni  amministrative  della  Regione
Puglia in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia»  e  di  «governo   del   territorio»   (di   competenza
legislativa concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma,  Cost.),
che alla medesima spettano in base all'art. 118, primo comma,  Cost.»
e alla giurisprudenza costituzionale  sviluppatasi  a  partire  dalla
sent. n. 303 del 2003. 
    La ricorrente rileva che lo Stato non ha coinvolto in alcun  modo
la  Regione  Puglia  (a  differenza   della   Regione   Molise)   nel
procedimento di rilascio del permesso  di  ricerca  alla  Petroceltic
Italia srl,  nonostante  gli  artt.  5  e  6  legge  n.  9  del  1991
richiedessero di acquisire il parere delle  regioni  territorialmente
interessate. 
    La violazione di tali norme legislative si  tradurrebbe,  secondo
la   ricorrente,   in   una   lesione    delle    sue    attribuzioni
costituzionalmente garantite, in quanto la funzione  di  conferimento
del permesso di ricerca degli idrocarburi liquidi e  gassosi  sarebbe
«una funzione amministrativa ascrivibile alle materie di legislazione
concorrente  "produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia" e "governo del territorio" di cui all'art.  117,  terzo
comma,  della  Costituzione,  avocata  in  sussidiarieta'  a  livello
statale, in forza dell'art. 118, primo comma, Cost:  di  conseguenza,
[...] la disciplina relativa all'esercizio di tali funzioni  dovrebbe
comunque prevedere  moduli  collaborativi  "forti":  cio'  che  rende
senz'altro costituzionalmente  illegittimo  un  decreto  adottato  in
totale assenza di qualunque partecipazione regionale».  In  sostanza,
la previsione legislativa della necessaria  acquisizione  del  parere
darebbe luogo, dopo  la  riforma  costituzionale  del  2001,  ad  una
«posizione costituzionalmente garantita, che, anzi,  avrebbe  bisogno
di una tutela  legislativa  piu'  intensa  di  quella  che  la  legge
ordinaria n. 9 del 1991 e' oggi in grado di offrire». 
    4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituito  in
giudizio,  tramite  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  con   atto
depositato il 12 aprile 2016. 
    In primo luogo, la difesa statale chiede che  la  Corte  dichiari
cessata la materia del contendere, in quanto la societa'  Petroceltic
Italia srl ha  rinunciato  al  permesso  di  ricerca,  cosicche'  con
decreto 4 aprile  2016  il  Ministero  delle  sviluppo  economico  ha
dichiarato «cessato per  rinuncia  della  titolare»  il  permesso  di
ricerca B.R274.EL. L'Avvocatura osserva che un  interesse  attuale  e
concreto della ricorrente dovrebbe sussistere anche al momento  della
decisione del conflitto. 
    In secondo luogo, la difesa erariale rileva che la ricorrente  si
sarebbe basata su «presupposti normativi non corretti», avendo omesso
di citare l'art. 1,  comma  79,  legge  n.  239  del  2004,  che  non
contemplerebbe il coinvolgimento  delle  regioni  interessate  per  i
permessi relativi ad attivita' da svolgersi in mare. 
    Comunque, se  anche  si  ritenesse  necessario  il  parere  della
regione interessata, nel caso di specie  la  Regione  Puglia  sarebbe
stata sentita nella procedura di valutazione  di  impatto  ambientale
(di seguito, VIA). 
    Quanto  alla  questione  di  costituzionalita'  sollevata   dalla
Regione Puglia, secondo l'Avvocatura essa sarebbe  inammissibile  per
irrilevanza, «e cio' sia  in  ragione  della  intervenuta  cessazione
della materia del contendere, che del fatto che la Regione  [...]  e'
stata in ogni caso "sentita"». 
    La  questione  sarebbe  in  ogni  caso  infondata,  perche'  «ben
diversa» sarebbe l'attivita' di  ricerca  sulla  terraferma,  per  la
quale e' richiesta l'intesa con le regioni interessate, da quelle che
si svolgono in mare, «che non necessariamente  coinvolgono  una  sola
regione e proprio per questa ragione sono demandate alla  complessiva
valutazione dell'amministrazione statale, fermo lo svolgimento  della
procedura di VIA, nel cui ambito  viene  acquisito  il  parere  della
Regione». 
    5.- L'Avvocatura generale dello Stato ha depositato  una  memoria
integrativa l'11 maggio 2018. In  essa  ribadisce  innanzi  tutto  la
richiesta  di  dichiarare  improcedibile  il  conflitto   a   seguito
dell'avvenuta rinuncia  della  societa'  Petroceltic  Italia  srl  al
permesso  di  ricerca.  In  subordine,  afferma  l'infondatezza   del
conflitto in quanto la legge  n.  239  del  2004  contemplerebbe  una
competenza esclusiva statale in relazione ai permessi offshore e tale
competenza  sarebbe  stata  confermata  dalle  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 39, n. 114 e n. 170 del 2017. 
    La Regione Puglia ha depositato una  memoria  integrativa  il  15
maggio 2018. In primo luogo, la  ricorrente  replica  alla  richiesta
dell'Avvocatura  di  dichiarare  l'improcedibilita'  del   conflitto,
invocando l'orientamento della Corte costituzionale secondo il  quale
le sopravvenienze di fatto e l'esaurimento  degli  effetti  dell'atto
impugnato non implicano il venir meno dell'interesse alla  decisione,
purche' permanga l'esigenza  di  porre  fine  ad  una  situazione  di
incertezza in ordine al riparto costituzionale delle attribuzioni. 
    La  Regione  ribadisce  poi  che  il  d.m.  22   dicembre   2015,
all'origine  del  conflitto,   e'   espressione   di   una   funzione
amministrativa  in  materie  concorrenti  (energia  e   governo   del
territorio), avocata in sussidiarieta' allo Stato,  e  dunque  doveva
essere adottato previa intesa con la Regione Puglia. 
    Ancora, la  ricorrente  esamina  la  questione  delle  competenze
regionali  sul  fondo  e   sul   sottofondo   sottostante   il   mare
territoriale, alla luce di una recente giurisprudenza  costituzionale
che nega alle regioni qualsiasi competenza sul mare territoriale.  In
particolare, la Regione Puglia afferma la  non  utilizzabilita'  come
precedente della sentenza n. 21 del 1968, invocata dalla sentenza  n.
39 del  2017,  dal  momento  che  l'evoluzione  normativa  successiva
avrebbe segnato una differenza  di  regime  fra  il  fondo  del  mare
territoriale e la piattaforma  continentale  e,  comunque,  anche  lo
sfruttamento di questa non avrebbe piu'  un  rilievo  internazionale,
dal momento che lo Stato  costiero  eserciterebbe  sulla  piattaforma
diritti  sovrani.  Dunque,  non  sarebbe  condivisibile  la  tesi   -
contenuta nella recente giurisprudenza costituzionale  -  secondo  la
quale le regioni sono prive di competenza sul mare  territoriale.  Il
fondo del mare territoriale sarebbe a tutti  gli  effetti  territorio
della Repubblica, assimilabile alla terraferma. 
    La Regione critica poi la sentenza n. 39 del 2017 anche la'  dove
qualifica  come  principio  fondamentale  la  norma  che  attribuisce
competenza amministrativa esclusiva allo Stato in relazione ai titoli
abilitativi riguardanti il mare: la ricorrente osserva, fra  l'altro,
che, se fosse possibile avocare al centro una funzione amministrativa
tramite un  principio  fondamentale,  non  sarebbe  stato  necessario
creare l'istituto della "chiamata in sussidiarieta'". 
    La ricorrente rileva, infine, che la lesione  denunciata  non  e'
esclusa dal fatto che e' stato acquisito il  suo  parere  nell'ambito
della procedura di  VIA,  sia  perche'  un  parere  non  equivale  ad
un'intesa, sia perche' la procedura di VIA e' diversa da  quella  che
conduce al rilascio del permesso di ricerca di idrocarburi. 
    Per il resto la  Regione  ribadisce  quanto  gia'  sostenuto  nel
ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Puglia solleva un conflitto di attribuzioni contro
il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  chiedendo  alla  Corte
costituzionale di dichiarare «che non spetta allo Stato - e per  esso
al Ministero dello sviluppo economico -  l'adozione  del  decreto  22
dicembre 2015, di conferimento del permesso di ricerca B.R274.EL alla
Societa'  Petroceltic  Italia  S.r.l.»,  e  di  annullare  lo  stesso
decreto, in quanto «lesivo delle  attribuzioni  costituzionali  della
Regione Puglia riconosciute dagli articoli 117, terzo comma,  e  118,
primo   comma,   della   Costituzione,   come   interpretati    dalla
giurisprudenza costituzionale a partire dalla  sentenza  n.  303  del
2003». 
    Nel primo motivo di ricorso, la Regione  Puglia  afferma  che  la
funzione di concessione del permesso  di  ricerca  degli  idrocarburi
liquidi e gassosi e' una funzione  amministrativa  «ascrivibile  alle
materie  di  legislazione  concorrente   "produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia" e "governo del  territorio"  di
cui  all'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  avocata  in
sussidiarieta' a livello  statale,  in  forza  dell'art.  118,  primo
comma, Cost.»: da cio' discenderebbero, da un lato, la lesione  delle
competenze amministrative regionali, dal momento  che,  nel  caso  di
specie, non e'  stata  acquisita  l'intesa  con  la  Regione  Puglia,
necessaria in base alla giurisprudenza costituzionale, dall'altro  la
sopravvenuta illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1,
e  6,  comma  1,  della  legge  9  gennaio  1991,  n.  9  (Norme  per
l'attuazione  del   nuovo   Piano   energetico   nazionale:   aspetti
istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e
geotermia,   autoproduzione   e   disposizioni   fiscali),   che   si
limiterebbero a  richiedere  il  parere  delle  regioni  interessate,
anziche' l'intesa. 
    Subordinatamente la Regione Puglia lamenta  la  violazione  degli
artt. 5, comma 1, e 6, comma 1, legge n. 9  del  1991  e  la  lesione
delle attribuzioni amministrative della Regione Puglia in materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»  e  di
«governo del territorio» (di competenza  legislativa  concorrente  ai
sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.), che alla medesima  spettano
in base all'art.  118,  primo  comma,  Cost.  e  alla  giurisprudenza
costituzionale sviluppatasi a partire dalla sentenza n. 303 del 2003.
La ricorrente rileva che lo Stato non ha coinvolto in alcun  modo  la
Regione Puglia nel procedimento di rilascio del permesso  di  ricerca
alla Petroceltic Italia srl, nonostante gli artt. 5, comma  1,  e  6,
comma 1, legge n. 9 del 1991 richiedessero  di  acquisire  il  parere
delle regioni territorialmente interessate. 
    2.-  In  via  preliminare,  occorre  decidere  sulla   richiesta,
avanzata dall'Avvocatura generale dello Stato, di dichiarare  cessata
la materia del contendere, in quanto la societa'  Petroceltic  Italia
srl ha rinunciato al permesso di ricerca,  cosicche'  con  decreto  4
aprile 2016 il  Ministero  delle  sviluppo  economico  ha  dichiarato
«cessato  per  rinuncia  della  titolare»  il  permesso  di   ricerca
B.R274.EL, all'origine del presente conflitto. 
    La richiesta non e' fondata. 
    La rinuncia della societa' Petroceltic Italia srl al permesso  di
ricerca non e' idonea a determinare ne' la cessazione  della  materia
del contendere,  ne'  il  sopravvenuto  difetto  di  interesse  della
Regione Puglia alla decisione del  conflitto.  La  lamentata  lesione
della competenza costituzionale regionale (cioe', l'avvenuta adozione
del decreto senza il coinvolgimento regionale),  infatti,  non  viene
meno per la successiva rinuncia della societa' a quanto richiesto,  e
la sentenza di merito di questa Corte eliminerebbe l'incertezza sorta
(per effetto del decreto) con riferimento ai  rapporti  Stato-regioni
nella  materia  in  questione,  risultando  dunque   utile   per   la
ricorrente. 
    La giurisprudenza di  questa  Corte  e'  costante  nell'affermare
«l'irrilevanza [nei conflitti Stato-regioni] delle sopravvenienze  di
fatto,  come  l'esaurimento  degli  effetti   dell'atto   censurato»:
«[i]nfatti, [...] "nei conflitti di attribuzione sussiste comunque  -
anche dopo l'esaurimento  degli  effetti  dell'atto  impugnato  -  un
interesse all'accertamento, il quale trae  origine  dall'esigenza  di
porre fine [...] ad una situazione di incertezza in ordine al riparto
costituzionale delle attribuzioni" (sentenza n.  9  del  2013;  nello
stesso senso, sentenza n. 260 del 2016)» (sentenza n. 198  del  2017,
riguardante proprio la materia degli idrocarburi; si vedano anche  le
sentenze n. 232 del 2014, n. 9 del 2013, n. 328 del 2010, n. 222  del
2006, n. 287 e n. 263 del 2005, n. 289 del 1993, n. 3 del 1962). 
    Se e' vero che,  nel  caso  di  specie,  l'atto  all'origine  del
conflitto non solo ha esaurito i suoi effetti ma  non  ha  mai  avuto
concreta attuazione, dal punto di vista  giuridico  cio'  non  incide
sulla lesione della competenza regionale che si e' consumata  con  la
censurata  esclusione   della   Regione   Puglia   dal   procedimento
amministrativo culminato con il rilascio del permesso e  che  non  e'
sanata dalla condotta successiva del privato. 
    Le pronunce citate dall'Avvocatura generale nel proprio  atto  di
costituzione riguardano quattro casi, in cui, a differenza di  quello
in esame, e' lo Stato ad avere  successivamente  rimosso  la  lesione
contestata dal ricorrente; in tre di essi inoltre  le  parti  avevano
concordemente chiesto di dichiarare la cessazione della  materia  del
contendere o l'improcedibilita' del conflitto. 
    3.- Il primo motivo di ricorso e' inammissibile in quanto,  sotto
il profilo della mancata  acquisizione  dell'intesa  con  la  Regione
Puglia, il d.m. 22 dicembre 2015 e' meramente esecutivo di precedenti
norme non impugnate. 
    La legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico,
nonche' delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti
in materia di energia), differenzia  il  procedimento  amministrativo
relativo  alle  attivita'  di  prospezione,  ricerca  e  coltivazione
upstream (che cioe' si svolgono a monte del  momento  estrattivo)  in
terraferma da quello relativo alle attivita'  upstream  da  svolgersi
sul mare territoriale. Cio' risulta sia dall'art.  1,  comma  7,  sia
dall'art. 1, commi 77 e 79, della legge indicata. 
    In base alla prima disposizione citata, «[s]ono esercitati  dallo
Stato, anche avvalendosi dell'Autorita' per l'energia elettrica e  il
gas,  i  seguenti  compiti   e   funzioni   amministrativi:[...]   l)
l'utilizzazione del pubblico demanio marittimo e  di  zone  del  mare
territoriale per finalita' di approvvigionamento di fonti di energia;
[...]  n)  le  determinazioni  inerenti  la  prospezione,  ricerca  e
coltivazione di idrocarburi, ivi  comprese  le  funzioni  di  polizia
mineraria, adottate, per la terraferma,  di  intesa  con  le  regioni
interessate». L'art. 1, comma 7, lettera n), attribuisce dunque  allo
Stato la competenza ad adottare i permessi relativi alla  ricerca  di
idrocarburi,  prevedendo  chiaramente  solo  per  la  terraferma   la
necessita' dell'intesa con la regione interessata. 
    I  commi  77  e  79  dell'art.  1  dispongono   a   loro   volta,
rispettivamente, che «[i]l permesso di ricerca di idrocarburi liquidi
e gassosi in terraferma, di cui all'articolo 6 della legge 9  gennaio
1991, n. 9, e successive modificazioni, e' rilasciato a seguito di un
procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni statali  e
regionali interessate [...]» (comma 77),  e  che  «[i]l  permesso  di
ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui all'articolo
6 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, e  successive  modificazioni,  e'
rilasciato a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le
amministrazioni statali interessate [...]» (comma 79). 
    A cio' si  deve  aggiungere  che  al  momento  del  rilascio  del
permesso di ricerca vigeva il  decreto  ministeriale  25  marzo  2015
(Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione  dell'articolo  38
del  decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), il cui art.  3,
comma 4, ribadiva quanto risultante dalla citata  legge  n.  239  del
2004, stabilendo che «[i]l  permesso  di  ricerca  e'  conferito  con
decreto del  Ministero,  sentita  la  Sezione  UNMIG  competente  per
territorio, ai sensi del combinato disposto  dell'art.  6,  comma  4,
della legge n. 9/1991  e  dell'art.  8,  comma  1,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 484/1994, d'intesa, per  i  titoli  in
terraferma, con la regione interessata, ai sensi dell'art.  1,  comma
7, lettera n) della legge n. 239/2004, secondo le modalita' stabilite
con decreto direttoriale di cui all'art. 19, comma 6». 
    Quest'ultimo  decreto  (decreto  direttoriale  15  luglio   2015,
recante «Procedure operative di attuazione del decreto 25 marzo  2015
e modalita' di svolgimento delle attivita' di prospezione, ricerca  e
coltivazione  di  idrocarburi  liquidi  e  gassosi  e  dei   relativi
controlli, ai sensi dell'art. 19, comma  6,  dello  stesso  decreto»)
stabiliva quanto segue: «Il permesso  di  ricerca  e'  conferito  con
decreto del Ministero, ai sensi del combinato disposto  dell'art.  8,
comma 1, del D.P.R. n. 484/1994, dell'art. 6, comma 4, della legge  9
gennaio 1991, n. 9, d'intesa, per i  titoli  in  terraferma,  con  la
Regione interessata, ai sensi dell'art. 1, comma 7, lettera n)  della
legge 23 agosto 2004, n. 239. Il permesso di ricerca e' rilasciato  a
seguito di un procedimento unico, disciplinato dall'art. 1 commi 77 e
79 della legge 23 agosto 2004, n. 239 e successive  modifiche»  (art.
9, comma 1). 
    Dal complesso  delle  norme  citate  emerge  chiaramente  che  la
mancata acquisizione dell'intesa con la Regione Puglia non e'  frutto
di una scelta compiuta dal Ministero e che, sotto questo aspetto,  il
d.m. 22 dicembre 2015 e' meramente esecutivo di precedenti norme  che
escludono la necessita' dell'intesa e che non sono mai state  oggetto
di contestazione da parte delle regioni sul punto. La  legge  n.  239
del 2004, infatti, e' stata impugnata (dalla  Provincia  autonoma  di
Trento e dalla Regione Toscana con due ricorsi decisi dalla  sentenza
n. 383 del 2005)  con  riferimento  a  profili  diversi  ma  non  con
riferimento  alla  mancata  previsione  dell'intesa  per  i  permessi
relativi al mare territoriale. 
    La giurisprudenza di questa Corte «e' costante [...] nel ritenere
inammissibili ricorsi  per  conflitto  intersoggettivo  avverso  atti
meramente  consequenziali  (esecutivi,   confermativi   o   meramente
riproduttivi)  di  altri  atti  precedentemente  non  impugnati   (ex
plurimis, sentenze n. 260, n. 103 e n. 104 del  2016  e  n.  144  del
2013).  Cio'  vale,  a  maggior  ragione,  nei  confronti   di   atti
riproduttivi di precedenti norme legislative: in  tali  casi  "viene,
infatti, a determinarsi la decadenza dall'esercizio dell'azione,  dal
momento che non puo'  essere  consentita,  attraverso  l'impugnazione
dell'atto meramente consequenziale  della  norma  non  impugnata,  la
contestazione  di  quest'ultima,  in  ordine  alla  quale   e'   gia'
inutilmente spirato il termine fissato dalla legge" (sentenze  n.  77
del 2016 e n. 144 del 2013)» (sentenza n. 36 del  2018).  Proprio  in
materia di idrocarburi, questa Corte ha  annullato  il  sopra  citato
d.m.  25  marzo  2015  -  in  quanto  adottato  senza  coinvolgimento
regionale - solo in conseguenza della dichiarazione di illegittimita'
della norma legislativa posta alla sua base («nella parte in cui  non
prevedeva un adeguato coinvolgimento delle Regioni  nel  procedimento
finalizzato all'adozione del decreto ministeriale»), precisando  che,
«[u]na volta eliminato, mediante la menzionata addizione,  il  vulnus
arrecato dalla norma legislativa alla base del decreto, quest'ultimo,
essendo stato adottato a prescindere  dal  coinvolgimento  regionale,
risulta  autonomamente  e  direttamente  lesivo  delle   attribuzioni
costituzionali della ricorrente» (sentenza n. 198 del 2017). 
    Con la legge n. 239 del 2004 il  legislatore  statale  ha  quindi
ribadito - dopo che, con  la  riforma  costituzionale  del  2001,  le
regioni ordinarie erano state dotate  di  competenza  concorrente  in
materia di energia e dopo che questa Corte aveva definito lo  statuto
della "chiamata in sussidiarieta'" (sentenze n. 6 del 2004 e  n.  303
del 2003) - che i permessi di ricerca relativi al mare  sono  esclusi
dall'intesa. Per questa ragione, se la Regione Puglia  avesse  voluto
lamentare l'illegittimita'  costituzionale  dell'esclusione,  avrebbe
avuto l'onere di contestare  la  descritta  scelta  legislativa.  Non
contestandola, essa e' decaduta dalla possibilita'  di  censurare  la
mancata intesa, tramite l'impugnazione del d.m. 22 dicembre 2015, che
per questo profilo si limita a dare esecuzione alla legge n. 239  del
2004 e alle sue norme attuative (sopra illustrate). 
    E' necessario sottolineare, infine, che  il  riferimento  operato
nel ricorso all'art. 5, comma 1, e all'art. 6, comma 1,  legge  n.  9
del 1991 e' evidentemente  inconferente,  giacche'  il  provvedimento
contestato non si  basa  su  tali  norme  ma,  come  chiarito,  sulla
successiva legge n. 239 del 2004.  Di  conseguenza  la  questione  di
costituzionalita' delle citate disposizioni  della  legge  n.  9  del
1991, che la Regione Puglia invita questa Corte a autorimettersi,  e'
irrilevante per la decisione del  conflitto  in  esame,  giacche'  la
mancata acquisizione dell'intesa che ne costituisce l'oggetto non  e'
conseguenza  dell'applicazione  di  quelle  disposizioni   ma   della
successiva e non contestata legge n. 239 del 2004. 
    4.- Per  queste  stesse  ragioni  anche  il  secondo  motivo  del
conflitto e' inammissibile. Con esso la Regione Puglia  contesta,  in
via subordinata, la mancata acquisizione  del  parere  regionale  nel
procedimento preordinato al rilascio del permesso di ricerca  per  il
quale e' conflitto, senza tuttavia considerare che la  lesione  delle
sue attribuzioni, di cui  si  duole,  non  deriva  dal  provvedimento
oggetto del conflitto ma dalla normativa  che  lo  disciplina,  ossia
dalla legge n. 239 del 2004, da  essa  mai  contestata  sotto  questo
profilo. 
    La ricorrente fonda ancora  una  volta  i  propri  argomenti  sul
presupposto che il procedimento in questione sia regolato dagli artt.
5, comma 1, e 6, comma 1, legge n. 9 del 1991, mentre, come chiarito,
cosi'  non  e':  dal  complesso  della   disciplina   successivamente
introdotta dalla legge n. 239 del 2004 risulta infatti con  chiarezza
che per gli atti relativi alle attivita' da  compiersi  in  mare  non
sussiste alcun obbligo per lo Stato  di  acquisire  il  parere  della
regione  interessata   (salvo   naturalmente   quello   relativo   al
procedimento di valutazione di impatto  ambientale,  che  la  Regione
Puglia ha rilasciato  con  riferimento  al  permesso  di  ricerca  in
questione). 
    Piu' precisamente,  come  gia'  visto  sopra  (punto  n.  3),  le
disposizioni contenute alle lettere l) e n)  dell'art.  1,  comma  7,
legge n. 239 del 2004  attribuiscono  allo  Stato  la  competenza  ad
adottare i permessi relativi alla ricerca di idrocarburi,  disponendo
per  la  terraferma  la  necessita'  dell'intesa   con   la   regione
interessata e non prevedendo invece  alcun  coinvolgimento  regionale
per la ricerca di  idrocarburi  in  mare  (la  lettera  l  si  occupa
specificamente dell'utilizzazione del mare territoriale per finalita'
energetiche). 
    Ancora piu' chiari risultano i commi  77  e  79  (anch'essi  gia'
citati al punto n. 3): in base al primo, il permesso  di  ricerca  di
idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma e' rilasciato  a  seguito
di «un procedimento unico al  quale  partecipano  le  amministrazioni
statali e regionali interessate [...]», mentre  il  secondo  prevede,
per il permesso relativo al mare, «un  procedimento  unico  al  quale
partecipano le amministrazioni statali  interessate».  Dal  confronto
tra le due disposizioni si ricava che, in base  alla  disciplina  che
regola  il  procedimento  contestato,  i  permessi  di   ricerca   di
idrocarburi in mare non richiedono  alcun  raccordo  con  la  regione
interessata (salvo l'intervento regionale nel procedimento  di  VIA),
nemmeno nella forma del parere. 
    Il permesso di ricerca all'origine del conflitto -  che  all'art.
1, comma 1, fa riferimento al combinato disposto dell'art.  8,  comma
1, del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 484
(Regolamento recante la disciplina dei procedimenti  di  conferimento
dei  permessi  di  prospezione  o  ricerca  e   di   concessione   di
coltivazione di idrocarburi in terraferma e in  mare),  dell'art.  6,
comma 4, legge n. 9 del 1991 e dell'art. 1, comma 79,  legge  n.  239
del 2004 - risulta dunque adottato in doverosa applicazione dell'art.
1, comma 79, legge n. 239 del 2004,  sicche'  la  censura  di  omessa
acquisizione del parere  regionale  e'  inammissibile,  derivando  la
lamentata lesione delle attribuzioni regionali non dal  provvedimento
impugnato, ma dalla legge,  non  contestata,  che  ne  disciplina  il
procedimento. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile  il  conflitto  di  attribuzione  promosso
dalla Regione Puglia contro il Presidente del Consiglio dei ministri,
per la dichiarazione che non spetta  allo  Stato  -  e  per  esso  al
Ministero dello  sviluppo  economico  -  l'adozione  del  decreto  22
dicembre 2015, di conferimento del permesso di ricerca di idrocarburi
alla Societa' Petroceltic Italia srl. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2018. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2018. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA