N. 104 ORDINANZA 5 - 29 maggio 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Spese di  giustizia  -  Contributo  unificato  nel  processo  civile,
  amministrativo e tributario - Raddoppio del contributo per  chi  ha
  proposto un'impugnazione, anche incidentale, respinta integralmente
  o dichiarata inammissibile o improcedibile  -  Denunciata,  in  via
  alternativa,  irragionevolezza  della  sanzione,   violazione   dei
  principi di tipicita' e determinatezza della sanzione e del diritto
  ad  agire  in  giudizio,  ovvero  irragionevolezza   del   tributo,
  violazione del principio della capacita' contributiva e del diritto
  ad agire in giudizio - Manifesta inammissibilita' delle questioni. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,
  art. 13, comma 1-quater. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 111, settimo comma. 
(GU n.23 del 3-6-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Marta CARTABIA; 
Giudici :Aldo CAROSI,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,
  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio   PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  13,  comma
1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,
n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia), come inserito dall'art. 1, comma  17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di  stabilita'
2013), promosso dalla Commissione tributaria  provinciale  di  Genova
nel procedimento vertente tra C.P. C. e Equitalia Giustizia spa,  con
ordinanza del  3  maggio  2019,  iscritta  al  n.  186  del  registro
ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto  di  costituzione  di  C.P.  C,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito il Giudice relatore Stefano Petitti ai  sensi  del  decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1) lettera  a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in  data  5
maggio 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 5 maggio 2020. 
    Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Genova, con
ordinanza del 3 maggio 2019 (r.o. n.  186  del  2019),  ha  sollevato
questioni  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   13,   comma
1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,
n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia - Testo A), comma introdotto  dall'art.
1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228  (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  Legge
di stabilita' 2013), in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111  della
Costituzione, ove alla norma si attribuisca natura  sanzionatoria,  o
agli artt. 3, 24, 53 e 111  Cost.,  ove  alla  norma  si  attribuisca
natura esclusivamente tributaria; 
    che il citato art. 13,  comma  1-quater,  prevede  che  «[q]uando
l'impugnazione, anche incidentale, e'  respinta  integralmente  o  e'
dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha  proposta
e' tenuta a versare un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo
unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale
o incidentale, a norma del comma  1-bis.  Il  giudice  da'  atto  nel
provvedimento della sussistenza dei presupposti  di  cui  al  periodo
precedente e l'obbligo di pagamento sorge  al  momento  del  deposito
dello stesso»; 
    che la Commissione tributaria provinciale rimettente ha  premesso
che   il   giudizio   pendente   davanti   ad   essa   trae   origine
dall'impugnazione di un invito  al  pagamento  della  somma  di  euro
2.072,00, notificato a C.P. C. da Equitalia  Giustizia  spa,  importo
dovuto a titolo  di  contributo  unificato  e  di  "raddoppio"  dello
stesso, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115  del
2002, in seguito al rigetto del ricorso per cassazione in  una  causa
di lavoro intercorsa tra C.P. C. e la Provincia di Genova; 
    che, come esposto dal giudice  a  quo,  C.P.  C.  aveva  invocato
l'operativita' in suo favore dell'esonero dal contributo unificato di
iscrizione a ruolo in relazione  al  requisito  reddituale  stabilito
dall'art. 9, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002,  a  tenore  del
quale «[n]ei processi per controversie di  previdenza  ed  assistenza
obbligatorie, nonche' per quelle individuali di lavoro o  concernenti
rapporti di pubblico impiego le parti che sono titolari di un reddito
imponibile ai fini dell'imposta  personale  sul  reddito,  risultante
dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte  l'importo  previsto
dall'articolo  76,  sono  soggette,  rispettivamente,  al  contributo
unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all'articolo  13,
comma 1, lettera a), e comma 3, salvo che per i processi dinanzi alla
Corte di cassazione in cui il contributo e' dovuto  nella  misura  di
cui all'articolo 13, comma 1»; 
    che, quanto,  in  particolare,  al  giudizio  di  cassazione,  la
ricorrente aveva ulteriormente dedotto, sempre con riguardo al citato
art. 9, comma 1-bis, come l'inciso «salvo che per i processi  dinanzi
alla Corte di cassazione in cui il contributo e' dovuto nella  misura
di cui  all'articolo  13,  comma  1»  comportasse  l'inapplicabilita'
dell'importo raddoppiato di cui al comma 1-bis del medesimo  art.  13
del d.P.R. n. 115 del 2002; 
    che la Commissione tributaria provinciale  di  Genova,  disattesa
l'eccezione  di   inammissibilita'   del   ricorso,   in   punto   di
impugnabilita' dell'atto  di  invito  al  pagamento  del  tributo,  e
stimata  l'infondatezza  della  pretesa  della  ricorrente   di   non
corrispondere  alcun  contributo  in  considerazione  delle   proprie
condizioni  reddituali  e  della  natura  della   controversia,   nel
verificare la sussistenza dell'obbligo di  versamento  del  raddoppio
del contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma l-quater,  del
d.P.R.  n.  115  del  2002,   ha   ravvisato   plurime   ragioni   di
illegittimita' costituzionale di tale norma; 
    che il giudice a quo ha evidenziato come sia controversa anche in
giurisprudenza la natura dell'obbligo del  versamento  del  raddoppio
del contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater,  del
d.P.R. n. 115 del 2002, affermandosi in alcune sentenze  della  Corte
di cassazione che esso avrebbe carattere  «latamente  sanzionatorio»,
ed in  altre,  invece,  ravvisandosi  la  «natura  tributaria»  della
prestazione imposta; 
    che,  ad  avviso   della   Commissione   tributaria   provinciale
rimettente,  anche  la  giurisprudenza  della  Corte   costituzionale
rivelerebbe identiche oscillazioni interpretative, avendo  delineato,
nella sentenza n. 18 del 2018, il raddoppio del contributo  unificato
come «misura eccezionale  e  lato  sensu  sanzionatoria»,  ed  invece
rimarcato, nella sentenza n.  120  del  2016,  la  doverosita'  della
prestazione e il collegamento di questa a una pubblica spesa; 
    che l'ordinanza  di  rimessione  reputa,  percio',  che  «ove  al
contributo raddoppiato venisse  attribuita  natura  sanzionatoria  la
norma di che trattasi contrasterebbe con gli artt. 3, 24,  25  e  111
Cost.», dando  luogo  ad  una  sanzione  volta  non  a  reprimere  la
violazione  di  una  regola  di  condotta,   quanto   a   contrastare
l'esercizio di un diritto costituzionalmente  garantito  in  funzione
degli esiti; 
    che neppure l'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002
sarebbe  giustificato  dall'intento  di  fungere  da  deterrente   di
impugnazioni dilatorie e strumentali, atteso che il  solo  fatto  del
rigetto  o   dell'inammissibilita'   dell'impugnazione   non   depone
automaticamente per un esercizio del diritto di difesa con  modi  e/o
intenti pretestuosi o dilatori; 
    che  la  condotta  processuale  mantenuta  dalla  ricorrente  nel
giudizio   di   cassazione   non   risulterebbe   in    alcun    modo
«particolarmente abusante»; 
    che il raddoppio  del  contributo  sarebbe  correlato  unicamente
all'esito  del  ricorso  per  cassazione,  sempre  ammesso  ai  sensi
dell'art. 111, settimo comma, Cost.; 
    che  la  misura  discriminerebbe  altresi'   tra   utenti   della
giustizia, in  quanto  l'alea  della  tassazione  duplicata  potrebbe
essere accettata da  «quelli  ricchi»  e  dissuadere  dal  difendersi
«quelli poveri»; 
    che, sempre ad avviso del  giudice  a  quo,  «ove  al  contributo
raddoppiato venisse attribuita natura esclusivamente  tributaria,  la
norma di che trattasi contrasterebbe con gli artt. 3, 24,  53  e  111
Cost.»; 
    che,  in  particolare,  la  prestazione  tributaria  imposta  non
risulterebbe   comunque   correlata   all'effettiva   fruizione   del
servizio-giustizia,  quanto  unicamente  al   risultato   processuale
ottenuto, cosi' violando il principio della capacita' contributiva di
cui all'art. 53 Cost., da considerarsi applicabile anche  agli  oneri
che consentono il funzionamento dei servizi pubblici essenziali, qual
e', appunto, quello della giustizia; 
    che, peraltro, l'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.  115  del
2002 appare al giudice rimettente del tutto irragionevole anche sotto
il  profilo  dell'art.  3  Cost.,  discriminando   gli   utenti   del
sevizio-giustizia in relazione al solo esito del gravame,  senza  dar
rilievo  all'impegno   concretamente   cagionato   all'organizzazione
giudiziaria, postulando un incomprensibile regime  differenziato  per
le impugnazioni e per il giudizio di primo grado; 
    che,  ove  lo  scopo  della  norma  censurata  fosse  quello   di
disincentivare   le   impugnazioni,   il    meccanismo    predisposto
confliggerebbe con l'art. 24 Cost. e con l'art. 111,  comma  settimo,
Cost., penalizzando secundum eventum litis la fruizione  del  ricorso
per cassazione; 
    che C.P. C. ha depositato  in  data  26  novembre  2019  atto  di
costituzione, deducendo in via  principale  l'inammissibilita'  delle
questioni di legittimita' costituzionale per  difetto  di  rilevanza,
sul  presupposto  della  inapplicabilita'  della  norma,  della   cui
costituzionalita' si dubita,  nel  giudizio  principale,  in  ragione
dell'operativita'  in  suo  favore  dell'esenzione   dal   contributo
unificato stabilita dall'art. 9, comma 1-bis, del d.P.R. n.  115  del
2002; 
    che l'atto di costituzione di C.P. C. conclude in via subordinata
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale  dell'art.  13,
comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,  per  contrasto  con  gli
artt. 1, 3, 4, 24, 25, 35,  53  e  111  Cost.,  e  cio'  sia  che  al
raddoppio del contributo venga riconosciuta natura  di  tributo,  sia
che ad esso venga attribuita natura di sanzione; 
    che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano  dichiarate  inammissibili  e
comunque non fondate; 
    che, ad avviso del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  le
questioni sollevate sono, in  via  pregiudiziale,  inammissibili  per
difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza,  avendo  l'ordinanza   di
rimessione lasciato irrisolto il  punto  controverso  sulla  base  di
calcolo del contributo da raddoppiare; 
    che, secondo la difesa dello Stato,  le  questioni  apparirebbero
inammissibili anche per difetto di motivazione  sulla  non  manifesta
infondatezza, stante  la  formulazione  alternativa  del  quesito  di
costituzionalita', avendo la Commissione  tributaria  provinciale  di
Genova ipotizzato due serie di norme parametro  e,  correlativamente,
due  possibili  vizi  di  legittimita'   costituzionale,   tra   loro
incompatibili, l'uno fondato sulla natura sanzionatoria  della  norma
censurata in rapporto agli artt. 3,  24,  25  e  111  Cost.,  l'altro
radicato sulla natura tributaria della stessa  con  riferimento  agli
artt. 3, 24, 53 e 111 Cost.; 
    che, stando all'atto di intervento del Presidente  del  Consiglio
dei ministri, le questioni  sarebbero  in  ogni  caso  manifestamente
infondate nel merito; 
    che, per la difesa dello Stato, andrebbe innanzitutto  affermata,
alla stregua delle interpretazioni fornite dalle Sezioni unite  della
Corte di cassazione con sentenza n. 9840 del 5 maggio  2011  e  dalla
Corte  costituzionale  con  sentenza  n.  73  del  2005,  la   natura
tributaria del contributo unificato, come anche  del  suo  raddoppio,
indipendentemente dalla finalita' deflattiva  e  sanzionatoria  della
norma censurata; 
    che parimenti da  superare  sarebbero  i  dubbi  di  legittimita'
costituzionale espressi in relazione al riconoscimento  della  natura
esclusivamente tributaria della norma, sia quanto all'assoggettamento
del  tributo  al  principio  della  capacita'  contributiva   sancito
dall'art. 53 Cost., sia con riguardo ai principi di progressivita'  e
di uguaglianza, ferma la speciale  tutela  che  l'art.  131,  secondo
comma, lettera a), del d.P.R. n. 115 del 2002 riserva ai fruitori non
abbienti del servizio-giustizia; 
    che, sempre per il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  non
corretta sarebbe la comparazione di situazioni posta a fondamento del
sospetto di illegittimita' costituzionale  in  relazione  agli  artt.
111, comma settimo, 24 e 3  Cost.,  trovando  ragione  l'obbligo  del
soccombente di versare all'erario un importo maggiorato a  titolo  di
contributo unificato, come spiegato nella sentenza n. 120 del 2016 di
questa  Corte,  nell'inutile  aggravio   correlato   alla   ulteriore
attivazione del "servizio giustizia"; 
    che neppure l'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002
cagionerebbe una  penalizzazione  della  facolta'  costituzionalmente
garantita di ricorrere al giudice di legittimita'. 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale  di  Genova
dubita  della  legittimita'  costituzionale   dell'art.   13,   comma
1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,
n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia), comma introdotto dall'art.  1,  comma
17, della legge  24  dicembre  2012,  n.  228  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2013); 
    che   la   disposizione   censurata   prevede    che    «[q]uando
l'impugnazione, anche incidentale, e'  respinta  integralmente  o  e'
dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha  proposta
e' tenuta a versare un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo
unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale
o incidentale, a norma del comma  1-bis.  Il  giudice  da'  atto  nel
provvedimento della sussistenza dei presupposti  di  cui  al  periodo
precedente e l'obbligo di pagamento sorge  al  momento  del  deposito
dello stesso»; 
    che la Commissione  tributaria  rimettente,  sulla  premessa  che
nella giurisprudenza di legittimita' a tale disposizione si riconosce
sia natura strettamente tributaria, sia natura sanzionatoria, ritiene
che la stessa sia costituzionalmente illegittima, in riferimento agli
artt. 3,  24,  25  e  111  della  Costituzione,  ove  alla  norma  si
attribuisca natura sanzionatoria, ovvero in riferimento agli artt. 3,
24,  53  e  111  Cost.,  ove  alla  norma   si   attribuisca   natura
esclusivamente tributaria; 
    che le questioni di legittimita' costituzionale  cosi'  sollevate
sono manifestamente inammissibili; 
    che e' innanzi tutto infondata  l'eccezione  di  inammissibilita'
per difetto di rilevanza prospettata dalla parte, avuto riguardo alla
non assoggettabilita' della controversia cui si riferiva l'avviso  di
pagamento all'obbligo di  versamento  del  contributo  unificato,  ai
sensi dell'art. 9, comma 1-bis, del citato d.P.R. n. 115 del 2002; 
    che, in proposito, appare dirimente il rilievo che il  giudice  a
quo  ha  ritenuto  non  documentata  la  sussistenza  del   requisito
reddituale di cui all'art. 9, comma 1-bis,  del  d.P.R.  n.  115  del
2002, idoneo a giustificare l'esenzione dal pagamento del  contributo
unificato per  le  controversie  di  lavoro  privato  e  di  pubblico
impiego, sicche' la parte privata doveva ritenersi comunque tenuta al
pagamento del contributo unificato e, per  effetto  del  rigetto  del
ricorso per cassazione, dell'ulteriore importo di  cui  al  censurato
art. 13, comma 1-quater; 
    che del pari e' infondata  l'eccezione  di  inammissibilita'  per
difetto di rilevanza formulata dalla difesa erariale con  riferimento
alla  mancata  esatta  determinazione  dell'importo   di   base   del
contributo unificato, in relazione al  quale  andrebbe  calcolato  il
doppio da corrispondere ai sensi dell'art. 13,  comma  1-quater,  del
d.P.R. n. 115 del 2002, con conseguente  impossibilita'  di  valutare
l'effettiva   incidenza   dell'importo   dovuto    sulla    capacita'
contributiva della parte privata; 
    che la motivazione dell'ordinanza di rimessione contiene, invero,
indicazioni sufficienti al fine di valutare la plausibile  necessita'
di fare applicazione della disposizione censurata in  relazione  alla
decisione richiesta alla Commissione tributaria provinciale di Genova
sulla impugnazione dell'invito al pagamento  notificato  a  C.P.  C.,
atteso  che  soltanto  la  pronuncia  sull'eventuale   illegittimita'
costituzionale della norma censurata puo' permettere al giudice a quo
di valutare la sussistenza di tutti gli  elementi  costitutivi  della
pretesa tributaria azionata; 
    che e', invece, fondata  l'altra  eccezione  di  inammissibilita'
delle questioni  formulata  dalla  difesa  statale,  per  difetto  di
motivazione sulla non manifesta infondatezza, essendo le stesse state
formulate  sulla  base  di  una  interpretazione  alternativa   della
disposizione impugnata; 
    che,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di   questa   Corte,
«l'alternativita'  del  petitum  che  rende  ancipite,   e   pertanto
inammissibile, la questione di legittimita' costituzionale e'  quella
che non  puo'  essere  sciolta  per  via  interpretativa,  e  che  si
configura, quindi, come un'alternativita' irrisolta.» (sentenza n. 75
del 2020; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 58  del  2020,
n. 175 del 2018, n. 22 del 2016, n. 247 del 2015 e n. 248  del  2014;
ordinanze n. 221 e n. 130 del 2017); 
    che le questioni sollevate risultano proposte alla stregua di una
duplice ed irrisolta prospettiva interpretativa, senza che il giudice
rimettente abbia optato per l'una  o  per  l'altra  delle  ipotizzate
ricostruzioni, prospettate  in  termini  alternativi  e  senza  alcun
rapporto  di  subordinazione  tra  l'una  e   l'altra,   nonche'   in
riferimento a distinti parametri costituzionali; 
    che, nella specie, il giudice rimettente, formulando le questioni
sul presupposto, antitetico e non complementare,  che  al  contributo
raddoppiato venga  attribuita  natura  sanzionatoria,  ovvero  natura
esclusivamente tributaria, senza evidenziare un  esplicito  nesso  di
subordinazione logico-giuridica tra le qualificazioni  ipotizzate  in
relazione ai possibili esiti dello  scrutinio  di  costituzionalita',
finisce  col  rimettere  alla  Corte   la   scelta   di   quale   sia
l'interpretazione fondante il dubbio di costituzionalita'  sottoposto
a scrutinio (sentenze n. 46 del 2018 e n. 22 del 2016;  ordinanze  n.
221 del 2017, n. 18 del 2016 e n. 41 del 2015). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 1-quater, del decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115  (Testo  unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia - Testo A), comma introdotto dall'art. 1, comma  17,  della
legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  -  Legge  di  stabilita'
2013), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53 e 111 della
Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Genova, con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2020. 
 
                                F.to: 
                     Marta CARTABIA, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA