N. 222 SENTENZA 22 settembre - 23 ottobre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Demanio e patrimonio dello  Stato  e  delle  Regioni  -  Norme  della
  Regione Veneto - Rilascio di  concessioni  per  l'uso  del  demanio
  marittimo a finalita' turistico-ricreativa - Nuovo aggiudicatario -
  Rilascio subordinato alla corresponsione di un indennizzo a  favore
  del concessionario uscente - Determinazione del relativo  ammontare
  - Violazione della competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato
  nella materia  della  tutela  della  concorrenza  -  Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33, art.  54,  commi
  2, 3, 4 e 5. 
- Costituzione, art. 117, comma 2, lettere e) ed l). 
(GU n.44 del 28-10-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  54,  commi
2, 3, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n.  33
(Testo unico delle leggi regionali in materia di  turismo),  promosso
dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto nel procedimento
vertente tra la Bipark srl e altra e il  Comune  di  San  Michele  al
Tagliamento e altro, con ordinanza del 27 maggio 2019, iscritta al n.
143 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti l'atto di costituzione della Cestari srl, nonche' l'atto di
intervento della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica del  22  settembre  2020  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi gli avvocati Massimo  Carlin  per  la  Cestari  srl,  Mario
Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione Veneto; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 settembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 27 maggio 2019 (r.o. n. 143 del  2019),  il
Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Veneto  ha   sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 54, commi 2, 3,  4
e 5, della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n.  33  (Testo
unico delle leggi regionali in materia di  turismo),  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione. 
    Le norme censurate attengono alla  disciplina  delle  concessioni
del demanio marittimo a finalita' turistico-ricreative, tra  cui  gli
stabilimenti balneari, e, piu' in particolare, alla  regolamentazione
della  procedura  comparativa  che  sovraintende  al  rilascio,  alla
modifica e al rinnovo delle concessioni. 
    2.- Per la parte interessata dall'ordinanza di rimessione,  dette
norme prevedono: che la procedura di rilascio  di  nuove  concessioni
sia  subordinata  al  pagamento  di  un  indennizzo  in  favore   del
concessionario uscente (comma  2);  che,  a  tale  scopo,  il  Comune
competente  debba  acquisire   dall'originario   concessionario   una
«perizia di stima asseverata di un professionista  abilitato  da  cui
risulti l'ammontare  del  valore  aziendale  dell'impresa  insistente
sull'area oggetto della concessione», pubblicandola  poi  all'interno
dell'avviso di gara (comma 3); che le domande  di  nuova  concessione
siano corredate «a pena di esclusione dalla procedura comparativa, da
atto unilaterale  d'obbligo  in  ordine  alla  corresponsione,  entro
trenta   giorni   dalla   comunicazione   di   aggiudicazione   della
concessione, di indennizzo», e che il rilascio della concessione  sia
condizionato al pagamento dell'indennizzo, in mancanza del  quale  si
procedera' all'aggiudicazione «nei confronti del  soggetto  utilmente
collocato in graduatoria e fino all'esaurimento della stessa»  (comma
4); che la misura dell'indennizzo al  gestore  uscente  sia  pari  al
novanta per cento dell'ammontare del valore risultante  dalla  citata
perizia di stima (comma 5). 
    3.- Il giudizio principale e' stato promosso  dalla  Bipark  srl,
che  ha  impugnato  l'avviso  di  gara  per  l'aggiudicazione   della
concessione relativa ad un tratto di arenile sito nel territorio  del
Comune di San Michele al Tagliamento, gia'  affidato  in  concessione
alla Villaggio Turistico Internazionale srl, deducendo, fra  l'altro,
l'illegittimita' costituzionale della norma regionale  che  prescrive
l'obbligo di versare  un  indennizzo  in  favore  del  concessionario
uscente, ed assumendone un conseguente effetto invalidante  su  tutti
gli atti della procedura. 
    4.- In ordine alla rilevanza delle questioni,  il  rimettente  ha
osservato che la ricorrente ha  interesse  a  partecipare  alla  gara
senza  dover  corrispondere  alcun  indennizzo;  in  tal  senso,   ha
specificato che non assume alcun rilievo il fatto che la societa' non
abbia  presentato  la  domanda  di  partecipazione   alla   procedura
comparativa, essendo quest'ultima condizionata all'assunzione  di  un
obbligo   unilaterale   della   cui   fonte   essa   aveva    dedotto
l'illegittimita'. 
    4.1.- Il rimettente ha, poi, specificato  che  l'interesse  della
ricorrente sussiste quantunque nella specie non si verta  in  ipotesi
di «rilascio  di  nuove  concessioni»,  cui  parrebbe  esclusivamente
riferirsi il comma 2 del censurato art. 54; infatti, benche' il  caso
di specie riguardi il rinnovo di una concessione gia' scaduta  (senza
che il concessionario si  sia  avvalso  della  prevista  facolta'  di
proroga), «la previsione dell'indennizzo  dovuto  dall'aggiudicatario
al gestore uscente dell'area del  demanio  marittimo  si  applica  in
tutti i casi in cui vi siano investimenti effettuati da  quest'ultimo
e  non  ancora  ammortizzati»,  e  dunque  in  ogni  procedura  volta
all'aggiudicazione di una concessione, a  prescindere  dalla  novita'
della stessa. 
    4.2.- Infine, il TAR  Veneto  ha  escluso  che  possa  costituire
impedimento alla valutazione positiva di rilevanza il  fatto  che  la
ricorrente non abbia convenuto in giudizio la Regione Veneto, benche'
fra  gli  atti  della  procedura  impugnata  vi  fosse  un  atto   di
quest'ultima; la relativa impugnazione, infatti, era  stata  proposta
in forma meramente eventuale. 
    5.- Quanto  al  profilo  della  non  manifesta  infondatezza,  il
giudice  a  quo  ha  denunziato  l'illegittimita'  delle  norme   con
riferimento a due distinti parametri. 
    5.1.- In primo luogo,  ha  sostenuto  che  la  previsione  di  un
indennizzo a favore del  gestore  uscente  comporterebbe  l'invasione
della competenza esclusiva dello Stato nella  materia  «tutela  della
concorrenza»,  con  conseguente  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost. 
    Ha richiamato, al riguardo, il dettato dell'art. 16, comma 4, del
decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della  direttiva
2006/123/CE  relativa  ai  servizi  nel  mercato  interno),  ove   e'
disposto, fra  l'altro,  che  la  procedura  di  selezione  volta  al
rilascio di un titolo per una determinata attivita'  di  servizi  non
stabilisca che siano accordati vantaggi al prestatore uscente. 
    Secondo il rimettente, una tale disposizione non esclude che,  al
momento della cessazione del rapporto, possa essere riconosciuta  una
forma   di   ammortamento   degli   investimenti    effettuati    dal
concessionario uscente, soprattutto in relazione al  periodo  in  cui
egli poteva confidare sulla stabilita'  del  titolo  concessorio,  in
forza  del  cosiddetto  diritto  di  insistenza  o   delle   proroghe
accordategli  ope  legis;  nel   caso   di   specie,   tuttavia,   il
riconoscimento di un indennizzo pari al novanta  per  cento  «di  una
grandezza dai contorni incerti ed  indeterminati,  quale  "il  valore
aziendale   dell'impresa   insistente   sull'area    oggetto    della
concessione"», costituirebbe «un'eccessiva barriera a  discapito  dei
nuovi entranti nel settore economico di interesse»  e  contrasterebbe
con l'esigenza di garantire parita' di trattamento ed uniformita'  di
condizioni di mercato  sull'intero  territorio  nazionale,  che  puo'
essere assicurata solo dal legislatore statale. 
    In definitiva, ad avviso del rimettente l'obbligo di  versare  un
indennizzo al  gestore  uscente  inciderebbe  sulle  possibilita'  di
accesso al mercato, costituendo per molte imprese un  disincentivo  a
partecipare alla procedura concorsuale per l'affidamento. 
    5.2.-  Sotto  altro  profilo,  la  previsione  di  un  indennizzo
costituirebbe violazione dell'art. 117, comma  secondo,  lettera  l),
Cost., interessando anche la materia «ordinamento civile». 
    Per un verso, infatti, detta previsione  andrebbe  ricondotta  al
«principio civilistico del divieto di arricchimenti  ingiustificati»,
in   quanto,   «pur   inserendosi   all'interno   della    disciplina
pubblicistica di una  procedura  ad  evidenza  pubblica,  attiene  al
rapporto - di schietto sapore privatistico -  tra  due  soggetti  (il
gestore uscente e il subentrante) disciplinato  dalle  comuni  regole
civilistiche». 
    Per altro verso, essa comporterebbe una deroga  all'art.  49  del
regio  decreto  30  marzo  1942,  n.  327  (Approvazione  del   testo
definitivo del Codice della navigazione), a mente  del  quale,  salvo
che sia diversamente stabilito nel titolo, l'estinzione del  rapporto
concessorio determina  l'acquisizione  al  demanio  delle  opere  non
amovibili realizzate  dal  concessionario,  senza  alcun  compenso  o
rimborso. 
    6.- Con atto depositato il 10 ottobre  2019  e'  intervenuta  nel
giudizio la Regione Veneto. 
    6.1.- Dopo aver preliminarmente  ricostruito  l'evoluzione  della
disciplina delle  concessioni  demaniali  marittime,  la  Regione  ha
richiamato  le  posizioni  assunte  sul  tema  dalla   giurisprudenza
costituzionale, secondo cui tale disciplina  investe  diversi  ambiti
materiali, alcuni dei quali rientrano nelle competenze primarie delle
Regioni (come le materie «turismo» e «governo  del  territorio»);  ha
quindi rilevato che, in  un  contesto  normativo  statale  nel  quale
l'adeguamento ai principi del diritto dell'Unione europea si presenta
ancora incompiuto, l'intervento regionale si era reso necessario  per
tutelare  le  componenti   economico-aziendali   del   concessionario
uscente, cosi' come - peraltro - prescritto  dalla  stessa  Direttiva
2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del  12  dicembre
2006, relativa ai servizi nel mercato interno, evocata nell'ordinanza
di rimessione. 
    Quest'ultima, infatti,  riconosce,  al  considerando  n.  62,  la
necessita' di  «garantire  l'ammortamento  degli  investimenti  e  la
remunerazione equa dei capitali investiti» dal  gestore  uscente,  e,
all'art. 12, attribuisce agli Stati la possibilita' di  tener  conto,
nell'ambito delle procedure di  selezione,  di  motivi  di  interesse
generale, fra i quali dovrebbe farsi rientrare anche la remunerazione
dei   concessionari   uscenti,   onde   evitare   un   ingiustificato
arricchimento dei subentranti. 
    In via ulteriormente preliminare, pertanto, la Regione ha chiesto
a questa Corte di disporre la restituzione degli atti  al  giudice  a
quo, onde consentirgli di interpellare in via pregiudiziale la  Corte
di giustizia dell'Unione europea, «chiedendo se gli  artt.  49  e  56
TFUE e l'articolo 12 della Direttiva servizi ostino ad una  normativa
nazionale o regionale che  riconosca  un'adeguata  remunerazione  dei
capitali investiti dal concessionario uscente, configurando questi un
"indebito vantaggio" al prestatore uscente  [...]  ovvero  se  questo
genere di misure  sia  consentito  dal  diritto  sovranazionale»;  in
alternativa, ha chiesto di  rivolgere  il  medesimo  interpello  onde
accertare la possibile contrarieta' al  diritto  dell'Unione  Europea
dell'art. 49 cod. nav., nella parte in cui esclude  ogni  rimborso  a
favore  del  concessionario  uscente  che  abbia   realizzato   opere
inamovibili destinate ad essere acquisite al demanio. 
    Con riguardo  a  tale  ultima  norma,  peraltro,  la  Regione  ha
adombrato  la  possibilita'  che  questa  Corte   sollevi   d'ufficio
questioni di legittimita' costituzionale «per contrarieta' agli artt.
2, 3, 41 e 42 della Costituzione». 
    La Regione Veneto ha, infine, eccepito  l'inammissibilita'  della
seconda questione, in quanto formulata  in  termini  generici  e  non
sorretta da adeguata motivazione 
    6.2.- Quanto al merito delle  censure,  la  Regione  ha  eccepito
l'infondatezza della prima questione, poiche', in un quadro di sempre
piu'  accentuato  "federalismo  demaniale",  la  previsione   di   un
indennizzo a favore del gestore uscente era volta a conferire  tutela
alle imprese operanti in  ambito  locale;  ha  quindi  sostenuto  che
l'eventuale  ablazione  delle  norme  censurate  avrebbe   comportato
un'indebita compressione della competenza legislativa regionale nella
materia «governo del territorio», a fronte di un'eccessiva estensione
della materia «tutela della concorrenza». 
    7.- Con atto depositato il 14 ottobre 2019 si e'  costituita  nel
giudizio di legittimita' costituzionale la Cestari srl, interveniente
ad adiuvandum nel giudizio principale, chiedendo l'accoglimento delle
questioni sollevate, sulla base dei precedenti di questa Corte  (sono
richiamate le sentenze n. 109 del 2018, n. 157 e n. 107 del 2017) che
avevano ritenuto illegittime, per violazione dell'art.  117,  secondo
comma,  lettera  e),  Cost.,  alcune   disposizioni   regionali   che
prevedevano indennizzi a favore del concessionario uscente. 
    8.-  Le  parti  costituite  hanno  poi  depositato   memorie   in
prossimita' dell'udienza. 
    8.1.- La Regione Veneto, nel ribadire le proprie  argomentazioni,
ha rilevato che nel frattempo era entrato in vigore l'art. 182, comma
2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia
di salute, sostegno al lavoro e all'economia,  nonche'  di  politiche
sociali   connesse   all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, ove
e' stabilito che «per le necessita' di rilancio del settore turistico
e al  fine  di  contenere  i  danni,  diretti  e  indiretti,  causati
dall'emergenza  epidemiologica  da   COVID-19,   le   amministrazioni
competenti  non  possono  avviare  o   proseguire,   a   carico   dei
concessionari che intendono proseguire la propria attivita'  mediante
l'uso  di  beni  del  demanio  marittimo,  lacuale  e   fluviale,   i
procedimenti  amministrativi  per  la  devoluzione  delle  opere  non
amovibili, di cui all'articolo 49 del codice della  navigazione,  per
il rilascio o per l'assegnazione, con procedure di evidenza pubblica,
delle aree oggetto di concessione alla  data  di  entrata  in  vigore
della legge di conversione del presente decreto». 
    Secondo la Regione, una siffatta  proroga  delle  concessioni  in
essere, e dei connessi procedimenti di cui  all'art.  49  cod.  nav.,
sarebbe idonea ad «incidere sulla rilevanza della questione sollevata
dal TAR Veneto, determinando  a  monte  la  sopravvenuta  carenza  di
interesse alla decisione nel giudizio a quo»; di qui la richiesta  di
declaratoria di  inammissibilita'  delle  questioni  per  difetto  di
rilevanza, o quantomeno di restituzione degli atti al rimettente  per
una nuova valutazione del presupposto della rilevanza. 
    8.2.- Nella sua memoria illustrativa, la Cestari srl ha insistito
nelle proprie argomentazioni, ribadendo la richiesta di  accoglimento
delle questioni sollevate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per  il  Veneto  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 54, commi 2, 3,  4  e  5,
della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo  unico
delle leggi regionali in materia di turismo), in riferimento all'art.
117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione. 
    Le norme censurate, nel disciplinare le modalita' di  svolgimento
della procedura comparativa per il  rilascio  delle  concessioni  per
l'uso del demanio marittimo a finalita' turistico-ricreativa, tra cui
gli stabilimenti balneari, prevedono, in particolare, il pagamento di
un indennizzo in favore del  gestore  uscente  quale  condizione  per
l'aggiudicazione  della  concessione  al  subentrante,  a   pena   di
esclusione; determinano, inoltre, l'ammontare del relativo importo in
misura pari al novanta per cento del valore dell'azienda del  gestore
uscente, come  asseverato  sulla  base  di  una  perizia  giurata  da
inserire fra gli atti dell'avviso di gara. 
    1.1.-  Secondo  il  rimettente,  tali  norme   invaderebbero   la
competenza legislativa esclusiva dello Stato  nella  materia  «tutela
della concorrenza», contrastando con il disposto dell'art. 16,  comma
4, del decreto legislativo 26 marzo 2010,  n.  59  (Attuazione  della
direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno),  che,
nel disciplinare le procedure di selezione, impedisce  l'attribuzione
di qualsiasi vantaggio al concessionario uscente. 
    In ogni caso, esse non garantirebbero la parita' di trattamento e
l'uniformita'  delle  condizioni   del   mercato   nel   settore   di
riferimento,  incidendo  sulle  possibilita'  di  accesso  al  titolo
concessorio: obiettivi,  questi,  che  solo  la  legge  statale  puo'
assicurare, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia. 
    1.2.-  Le  norme   censurate,   inoltre,   intersecherebbero   la
competenza esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento  civile»:
l'imposizione di un indennizzo  a  carico  del  nuovo  concessionario
sarebbe infatti, per un verso, riconducibile al principio civilistico
del divieto di arricchimenti  ingiustificati,  e,  per  altro  verso,
darebbe luogo ad una deroga all'art. 49 del regio  decreto  30  marzo
1942, n. 327 (Approvazione definitiva del Codice della  navigazione),
che prevede l'acquisizione al demanio delle sole opere non  amovibili
realizzate  dal  concessionario  uscente,  senza  alcun  compenso   o
rimborso in suo favore. 
    2.- La Regione  Veneto,  intervenuta  in  giudizio,  ha  eccepito
l'inammissibilita'  delle  questioni  per   difetto   di   rilevanza,
assumendo che la ricorrente nel giudizio principale  avrebbe  perduto
l'interesse ad agire in  seguito  alle  modifiche  intervenute  sulla
complessiva disciplina  delle  concessioni  demaniali  marittime  per
effetto dell'art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020,  n.
34 (Misure urgenti  in  materia  di  salute,  sostegno  al  lavoro  e
all'economia, nonche' di  politiche  sociali  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 17 luglio 2020,  n.  77;  in  subordine,  ha  chiesto  che  sia
disposta la restituzione degli atti al giudice a quo  per  una  nuova
valutazione della rilevanza. 
    2.1.- Entrambe le eccezioni sono infondate. 
    2.2.- Per la parte invocata dall'ente intervenuto,  la  norma  in
questione  cosi'  dispone:  «[f]ermo  restando  quanto  disposto  nei
riguardi dei concessionari dall'articolo 1,  commi  682  e  seguenti,
della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per le necessita'  di  rilancio
del settore turistico e al fine  di  contenere  i  danni,  diretti  e
indiretti, causati  dall'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19,  le
amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire, a carico
dei concessionari  che  intendono  proseguire  la  propria  attivita'
mediante l'uso di beni del demanio marittimo, lacuale e  fluviale,  i
procedimenti  amministrativi  per  la  devoluzione  delle  opere  non
amovibili, di cui all'articolo 49 del codice della  navigazione,  per
il rilascio o per l'assegnazione, con procedure di evidenza pubblica,
delle aree oggetto di concessione alla  data  di  entrata  in  vigore
della legge di conversione del presente decreto». 
    La  norma  in  questione,  pertanto,  richiama  in  premessa   il
contenuto  della  legge  30  dicembre  2018,  n.  145  (Bilancio   di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2019  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2019-2021), nella parte  in  cui  dispone
che la durata delle concessioni dei beni demaniali marittimi «vigenti
alla data di entrata in vigore della presente legge» sia prorogata di
quindici anni (art. 1, commi 682 e 683); quindi stabilisce  che,  per
il medesimo periodo, restino sospesi i procedimenti di rilascio o  di
assegnazione delle  aree  oggetto  di  tali  concessioni,  laddove  i
concessionari intendano proseguire la loro attivita'. 
    2.3.- Secondo la Regione Veneto, la proroga della  concessione  e
la sospensione  del  procedimento  di  rilascio  dell'area  sarebbero
applicabili  anche  al  rapporto  oggetto  del  giudizio  principale,
determinando  cosi'  la  sopravvenuta  carenza  di   interesse   alla
decisione in capo alla  societa'  che  aveva  impugnato  il  relativo
avviso di gara. 
    Tale profilo e' tuttavia estraneo al giudizio incidentale, i  cui
requisiti di ammissibilita', con riguardo alle condizioni dell'azione
nell'ambito del processo  principale,  debbono  essere  valutati  con
riferimento al tempo di adozione dell'ordinanza di rimessione,  senza
che assumano rilievo circostanze sopravvenute (ex  plurimis  sentenze
n. 85 del 2020 e n. 264 del 2017). 
    L'eccezione di inammissibilita'  della  questione  e',  pertanto,
infondata. 
    2.4.- Ne', del  resto,  la  proroga  ex  lege  delle  concessioni
balneari puo' assumere rilievo in questa sede come jus  superveniens,
cosi' da imporre un riesame della rilevanza delle questioni da  parte
del giudice rimettente, come richiesto dalla Regione Veneto. 
    Infatti,  la  modifica  normativa  potrebbe   interferire   sulle
disposizioni censurate  solo  se  il  concessionario  uscente  avesse
manifestato l'intento di proseguire la  propria  attivita';  ma  tale
circostanza di fatto non e' neppure  stata  allegata  dalla  Regione,
mentre e' incontestato il dato secondo cui lo  stesso  concessionario
non si e'  avvalso  della  facolta'  di  proroga  della  concessione,
quantunque attribuitagli ex lege. 
    3.- Passando al merito, la prima questione e' fondata. 
    3.1.- Questa Corte ha piu'  volte  affermato  che  la  disciplina
delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi  ambiti
materiali, attribuiti alla competenza sia statale, sia regionale,  ma
che particolare rilevanza, quanto ai  criteri  e  alle  modalita'  di
affidamento delle concessioni,  «assumono  i  principi  della  libera
concorrenza  e  della  liberta'  di  stabilimento,   previsti   dalla
normativa comunitaria e nazionale» (sentenze n. 86 del 2019 e  n.  40
del  2017);  principi  corrispondenti  ad   ambiti   riservati   alla
competenza esclusiva statale dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera
e), Cost. 
    A tale proposito, un ruolo centrale e' svolto dal citato art.  16
del d.lgs. n. 59 del 2010, che - attuando il contenuto  dell'art.  12
della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,
del 12 dicembre 2006, relativa  ai  servizi  nel  mercato  interno  -
prescrive la predeterminazione dei criteri e delle modalita' atti  ad
assicurare  l'imparzialita'  delle   procedure   di   selezione   per
l'assegnazione dei titoli concessori e, per i profili  inerenti  alla
presente fattispecie,  dispone  che  non  possano  essere  «accordati
vantaggi al prestatore uscente». 
    3.2.- In tale quadro si  collocano  le  disposizioni  oggetto  di
censura. 
    Esse, infatti, prevedono il riconoscimento di un  indennizzo,  in
favore  del  gestore  uscente,  al  momento  della  cessazione  delle
concessioni demaniali marittime, differenziando la  disciplina  della
Regione Veneto  da  quella  prevista  per  il  resto  del  territorio
nazionale. 
    La  legge  statale,  infatti,  non  assegna  alcun  rilievo  alle
componenti  economico-aziendali   dell'impresa   del   concessionario
uscente, in caso di definizione del rapporto; cio' vale, come  si  e'
detto, anche per il caso in cui questi  abbia  realizzato  opere  non
amovibili, che in base all'art. 49 cod. nav. possono essere acquisite
al demanio senza alcun compenso o rimborso, ovvero  senza  oneri  che
gravino sul subentrante. 
    3.3.- Con il  meccanismo  delineato  dalle  norme  censurate,  il
subentro nel rapporto concessorio e' condizionato al pagamento di  un
indennizzo in favore del concessionario uscente; e  tale  meccanismo,
all'evidenza, influisce «sulle possibilita' di accesso al mercato  di
riferimento e sulla uniforme regolamentazione dello  stesso,  potendo
costituire, per le imprese diverse  dal  concessionario  uscente,  un
disincentivo   alla   partecipazione   al    concorso    che    porta
all'affidamento» (sentenza n. 157 del 2017). 
    Di qui la violazione del parametro di cui all'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost. 
    3.4.-  Le  contrarie  argomentazioni  della  Regione  Veneto  non
possono essere condivise. 
    Ed  infatti,  anche  a  voler  ipotizzare,  in  linea  del  tutto
astratta, che le disposizioni in questione siano  riconducibili  alla
materia  «governo  del  territorio»,  in  quanto   funzionali,   come
affermato dalla Regione,  a  obiettivi  di  "federalismo  demaniale",
dev'essere ribadito che, secondo il costante orientamento  di  questa
Corte, le  norme  che  stabiliscono  i  criteri  e  le  modalita'  di
affidamento delle concessioni demaniali marittime sono  riconducibili
alla competenza esclusiva statale di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., ed  «in  siffatta  competenza  esclusiva,  le  pur
concorrenti   competenze   regionali   trovano   cosi'   un    limite
insuperabile» (sentenze n. 161 del 2020 e n. 109 del 2018). 
    Il fatto,  poi,  che  la  stessa  normativa  dell'Unione  europea
consenta  ai  legislatori  nazionali   di   adottare   garanzie   per
l'ammortamento degli investimenti effettuati dal gestore uscente  non
permette, in se' solo, alle Regioni di alterare le modalita' con  cui
il legislatore statale, nell'ambito della sua  competenza  esclusiva,
ha inteso dare attuazione a detta prerogativa; ne'  alla  Regione  e'
consentito di intervenire quando il legislatore non si sia avvalso di
questa possibilita', tenuto conto che, ai fini  di  tale  attuazione,
assume rilievo il riparto costituzionale delle competenze (art.  117,
quinto comma, Cost.). 
    Per tale assorbente ragione non puo'  avere  seguito  l'ulteriore
richiesta formulata dalla Regione Veneto di disporre la  restituzione
degli atti al giudice a quo, onde consentirgli di interpellare in via
pregiudiziale la Corte di giustizia dell'Unione  europea,  «chiedendo
se gli artt. 49 e 56 TFUE e l'articolo  12  della  Direttiva  servizi
ostino  ad  una  normativa  nazionale  o  regionale   che   riconosca
un'adeguata remunerazione dei capitali investiti  dal  concessionario
uscente, configurando questi un "indebito  vantaggio"  al  prestatore
uscente [...] ovvero se questo genere di misure  sia  consentito  dal
diritto sovranazionale», ne' quella, avanzata in via alternativa,  di
rivolgere  il  medesimo  interpello  onde  accertare   la   possibile
contrarieta' al diritto dell'Unione Europea dell'art. 49  cod.  nav.,
nella parte in cui esclude ogni rimborso a favore del  concessionario
uscente che abbia realizzato opere inamovibili  destinate  ad  essere
acquisite al demanio. 
    Con  riguardo  a  tale  ultima  norma,  inoltre,  non  sussistono
nemmeno, per evidente mancanza  di  pregiudizialita',  le  condizioni
perche' questa Corte - come pure richiesto  dalla  stessa  Regione  -
sollevi  d'ufficio  questione  di  legittimita'  costituzionale  «per
contrarieta' agli artt. 2, 3, 41 e 42 della Costituzione». 
    L'intervento del legislatore regionale, infine, non e' consentito
neppure  nella  lamentata  situazione  di  inerzia  del   legislatore
statale. 
    Questa  Corte,  in  fattispecie  analoga  alla  presente   quanto
all'incisione della posizione del gestore uscente, ha  affermato  che
«l'enunciata finalita' di tutelare [...] l'affidamento e la  certezza
del diritto degli operatori locali, non vale ad escludere  il  vulnus
arrecato dalla disposizione in esame alla competenza esclusiva  dello
Stato, in  materia  di  tutela  della  concorrenza»,  poiche'  spetta
unicamente allo Stato di «disciplinare in modo uniforme le  modalita'
e  i  limiti  della  tutela  dell'affidamento  dei   titolari   delle
concessioni gia' in  essere  nelle  procedure  di  selezione  per  il
rilascio di nuove concessioni» (sentenza n. 1 del 2019). 
    4.- Resta assorbita la questione  formulata  con  riferimento  al
parametro di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54,  commi  2,
3, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 4  novembre  2002,  n.  33
(Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 settembre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 ottobre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE