N. 157 ORDINANZA 25 maggio - 23 giugno 2022

Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato. 
 
Giurisdizione  ordinaria  -  Giudice  di  pace  -  Conferma  a  tempo
  indeterminato dei magistrati  onorari  in  servizio  alla  data  di
  entrata in vigore del  d.lgs.  n.  116  del  2017  -  Condizione  -
  Superamento di una procedura valutativa - Attribuzione, in caso  di
  esito positivo, di un trattamento economico parametrato a quello di
  un funzionario amministrativo, anziche'  a  quello  dei  magistrati
  professionali - Ricorso per conflitto di  attribuzione  tra  poteri
  dello Stato sollevato da Cristina Piazza, in qualita' di giudice di
  pace, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri,  del
  Ministero della giustizia, della Camera dei deputati e  del  Senato
  della Repubblica - Lamentata violazione dei principi costituzionali
  di indipendenza e inamovibilita' del giudice  di  pace  nonche'  di
  uguaglianza, anche in base al diritto europeo,  della  magistratura
  onoraria alle condizioni  di  lavoro  previste  per  il  magistrato
  professionale  equiparabile;  lamentata  violazione   del   diritto
  all'elettorato attivo e passivo per la nomina dei  consiglieri  del
  CSM  -  Richiesta  alla  Corte  costituzionale  di  dichiarare   la
  menomazione delle attribuzioni e  delle  prerogative  spettanti  al
  giudice di  pace,  nonche'  di  sollevare  dinanzi  a  se'  plurime
  questioni di legittimita'  costituzionale  -  Inammissibilita'  del
  conflitto. 
- Legge 30 dicembre 2021, n. 234, art. 1, commi da 629 a 633. 
- Costituzione, artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo
  comma, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma,  102,  primo
  comma, 104, primo comma, 105, 106,  primo  e  secondo  comma,  107,
  primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma,  e  117,
  primo comma; Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  europea,
  artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47;  accordo  quadro  sul  lavoro  a
  tempo determinato  del  18  marzo  1999,  allegato  alla  direttiva
  1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa  all'accordo
  quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo  determinato,  clausole
  2, 4 e  5;  Direttiva  2003/88/CE  del  Parlamento  europeo  e  del
  Consiglio, del 4 novembre 2003. 
(GU n.26 del 29-6-2022 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giuliano AMATO; 
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco
  MODUGNO, Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo
  PATRONI GRIFFI, 
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello
Stato, sorto a seguito dell'approvazione  dei  commi  da  629  a  633
dell'art. 1 della  legge  30  dicembre  2021,  n.  234  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2022  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2022-2024), promosso da Cristina  Piazza,
«in qualita' di Giudice di pace presso l'Ufficio del Giudice di  pace
di Bologna», con ricorso depositato in cancelleria il 10 gennaio 2022
ed iscritto al n. 2 del registro conflitti  tra  poteri  dello  Stato
2022, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 25  maggio  2022  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 maggio 2022. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 10 gennaio 2022, Cristina
Piazza, «in qualita' di Giudice di pace presso l'Ufficio del  Giudice
di pace di Bologna»,  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione  tra
poteri dello Stato nei confronti del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, del Ministero della giustizia, in persona del Ministro  pro
tempore, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica,  in
persona dei rispettivi Presidenti; 
    che oggetto del conflitto sono i commi da 629 a 633  dell'art.  1
della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2022  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2022-2024),  ai  quali  la  ricorrente  imputa  la  «mancata
estensione al magistrato onorario ricorrente delle stesse  condizioni
di lavoro previste per legge in favore dei  magistrati  professionali
equivalenti (ex giudici di tribunale), come statuito  dalla  sentenza
del 16 luglio 2020 della Corte di giustizia  dell'Unione  europea  in
causa C-658/18  UX  [...]  e  richiesto  al  Governo  italiano  dalla
Commissione europea con lettera di messa in mora del 15  luglio  2021
nell'ambito della procedura di infrazione n. 2016/4081»; 
    che, con l'approvazione di queste disposizioni, i soggetti contro
i  quali  il  conflitto  e'   proposto   avrebbero   determinato   la
«menomazione ed usurpazione delle attribuzioni  e  delle  prerogative
spettanti al giudice di  pace  ricorrente,  quale  appartenente  alla
giurisdizione ordinaria di primo grado», in violazione degli artt. 3,
4, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo  comma,  97,  secondo  e
quarto comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma,
105, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo  comma,
111, primo e secondo comma, e 117, primo comma,  della  Costituzione,
quest'ultimo in relazione: agli artt. 15, 20, 21, 30,  31,  34  e  47
della Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  europea  (CDFUE),
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo  il  12
dicembre 2007; alle clausole 2, 4 e 5 dell'accordo quadro sul  lavoro
a  tempo  determinato  concluso  il  18  marzo  1999,  allegato  alla
direttiva 1999/70/CE del Consiglio,  del  28  giugno  1999,  relativa
all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo  determinato;
alla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
4  novembre  2003,  concernente  taluni  aspetti  dell'organizzazione
dell'orario di lavoro; 
    che,  in   particolare,   sarebbero   stati   lesi   i   principi
costituzionali di indipendenza e inamovibilita' del giudice di  pace,
di «uguaglianza della magistratura onoraria alle condizioni di lavoro
previste per il magistrato professionale equiparabile», «di  rispetto
degli obblighi comunitari che impongono tale equiparazione»,  nonche'
«di diritto anche del magistrato  onorario  all'elettorato  attivo  e
passivo per la nomina dei consiglieri del Consiglio  superiore  della
magistratura»; 
    che  la  ricorrente  illustra  il   contenuto   delle   impugnate
disposizioni di legge, rilevando che esse - approvate in forza di  un
emendamento  governativo  -  modificano   l'art.   29   del   decreto
legislativo  13  luglio  2017,  n.  116   (Riforma   organica   della
magistratura onoraria e  altre  disposizioni  sui  giudici  di  pace,
nonche' disciplina transitoria  relativa  ai  magistrati  onorari  in
servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), prevedendo  una
procedura di conferma «a tempo indeterminato», sino al compimento dei
settanta anni di eta', dei magistrati onorari in servizio  alla  data
di entrata in vigore  del  d.lgs.  n.  116  del  2017,  all'esito  di
apposite   procedure   valutative,   da   svolgersi   con   modalita'
semplificate, innanzi ad una commissione di valutazione composta  dal
presidente del tribunale o da un suo delegato, da un  magistrato  che
abbia conseguito almeno la seconda  valutazione  di  professionalita'
designato  dal  Consiglio  giudiziario  e  da  un  avvocato  iscritto
all'albo  speciale  dei  patrocinanti   davanti   alle   magistrature
superiori designato dal Consiglio dell'ordine; 
    che, espone ancora la ricorrente, per coloro che non  supereranno
la procedura valutativa, oppure che non  riterranno  di  sottoporvisi
(in tal modo  cessando  dal  servizio),  si  prevede  «una  sorta  di
liquidazione parametrata al numero di anni di servizio», per  importi
variabili, ma comunque complessivamente non superiori alla  somma  di
euro cinquantamila lordi, la cui percezione - al pari  della  domanda
di  partecipazione  alla  procedura  di  valutazione  -  comporta  la
conseguenza della «rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia
natura conseguente al rapporto onorario» cessato o pregresso; 
    che il superamento della procedura di valutazione attribuisce  la
facolta' di optare per un regime di esclusivita' dell'esercizio delle
funzioni onorarie, in luogo di un  impegno  settimanalmente  limitato
perche'  destinato  ad  affiancarsi  ad  altre  attivita'  di  lavoro
autonomo o dipendente, con trattamento  economico  differenziato,  ma
comunque sempre equivalente a quella di un funzionario - «non  di  un
dirigente» - dell'amministrazione  della  giustizia,  con  «copertura
previdenziale e assistenziale»,  nonche'  riconoscimento  del  «buono
pasto per ogni udienza oltre le 6 ore»; 
    che la ricorrente chiede a questa Corte  di  sollevare  d'ufficio
dinanzi a se', per contrasto con i numerosi parametri  costituzionali
in   precedenza   indicati,   tredici   questioni   di   legittimita'
costituzionale: degli articoli da l a 33 (ad eccezione dell'art.  29,
comma l) del d.lgs. n. 116 del 2017, «nella parte in cui le  predette
disposizioni vengono estese ai magistrati onorari  gia'  in  servizio
alla data di entrata in vigore del decreto»; dell'art. 29,  comma  l,
del d.lgs. n. 116 del 2017, nella parte in cui  non  prevede  che  ai
magistrati onorari, confermati all'esito  delle  descritte  procedure
valutative,  si  applichino  «le  stesse  condizioni  di  lavoro  dei
magistrati professionali equiparabili  (ex  giudici  di  tribunale)»;
degli artt. 23 e 24 della legge 24 marzo 1958, n.  195  (Norme  sulla
costituzione  e  sul  funzionamento  del  Consiglio  superiore  della
Magistratura),  «nella  parte   in   cui   dette   disposizioni   non
comprendono, ai fini dell'elettorato attivo e passivo per  l'elezione
dei componenti del Consiglio Superiore della  Magistratura,  anche  i
magistrati onorari» confermati; 
    che,  quanto  al   requisito   soggettivo   richiesto   ai   fini
dell'ammissibilita'   del   conflitto,   esso   emergerebbe    «dalla
circostanza  che  l'odierna  giudice   di   pace   fa   parte   della
giurisdizione  di  primo  grado  (artt.  l   e   4   dell'ordinamento
giudiziario)», tanto che il ricorso  sarebbe  «diretto  ad  impegnare
l'intero organo giudiziario»; 
    che la  «situazione  soggettiva»  della  ricorrente,  del  resto,
sarebbe gia' stata «sottoposta  alla  delibazione  incidentale  della
Corte di giustizia nella  causa  pregiudiziale  C-658/18,  UX  contro
Governo della Repubblica italiana, definita  dalla  sentenza  del  16
luglio 2020», pronunciata in esito ad un rinvio pregiudiziale operato
dal Giudice di pace di Bologna nell'ambito  di  un  procedimento  per
decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto  proprio  dalla  ricorrente,
per il pagamento di una  somma  -  corrispondente  alla  retribuzione
mensile, al netto dei contributi fiscali e  previdenziali,  spettante
ad un magistrato professionale avente pari anzianita' di servizio - a
titolo di risarcimento dei danni subiti per il mancato riconoscimento
di un periodo di ferie retribuite; 
    che la ricorrente illustra ampiamente la motivazione con la quale
la Corte di giustizia dell'Unione europea, nella sentenza  16  luglio
2020, in causa C-658/18, UX, ha stabilito che l'art. 267 del Trattato
sul  funzionamento  dell'Unione  europea  (TFUE),   come   modificato
dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato
dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, deve essere interpretato nel senso
che  il  giudice  di  pace  italiano   rientra   nella   nozione   di
«giurisdizione di uno degli  Stati  membri»  e  che,  considerate  le
modalita' di organizzazione del lavoro dei giudici  di  pace,  questi
ultimi  «svolgono  le  loro  funzioni  nell'ambito  di  un   rapporto
giuridico di subordinazione sul piano amministrativo, che non  incide
sulla loro indipendenza nella funzione  giudicante,  circostanza  che
spetta al giudice del rinvio verificare»; 
    che, di conseguenza, secondo la citata pronuncia della  Corte  di
giustizia UE, la figura del giudice di pace  deve  essere  ricondotta
alla  nozione  di  «lavoratore  a  tempo  determinato»  e,   percio',
differenze di trattamento, rispetto al magistrato professionale,  non
possono essere giustificate dalla sola  temporaneita'  dell'incarico,
ma unicamente «dalle diverse  qualifiche  richieste  e  dalla  natura
delle  mansioni  di  cui  detti   magistrati   devono   assumere   la
responsabilita'», mantenendo rilievo la circostanza che  per  i  soli
magistrati ordinari la nomina debba avvenire per  concorso,  a  norma
dell'art. 106, primo comma,  Cost.,  e  che  a  questi  l'ordinamento
riservi le controversie di maggiore complessita' o da trattare  negli
organi di grado superiore; 
    che, sempre ai fini dell'ammissibilita' del conflitto e quanto al
requisito  oggettivo,  la  ricorrente  sostiene  l'attualita'  e   la
concretezza della «lesione e menomazione  della  giurisdizione  della
giudice di pace»,  nonche'  dell'indipendenza  e  inamovibilita'  del
medesimo magistrato onorario, aggiungendo che la Commissione europea,
il 15 luglio 2021, ha notificato all'Italia una lettera di  messa  in
mora  (di  cui  vengono  evidenziati  i  passaggi  essenziali),   con
contestuale avvio di una procedura  di  infrazione,  prospettando  il
contrasto della disciplina nazionale sui magistrati  onorari  con  le
norme europee sul diritto del lavoro, per il  mancato  riconoscimento
di alcune  "condizioni  di  impiego"  da  queste  ultime  previste  e
valevoli, invece, per i magistrati professionali,  quali:  indennita'
per gravidanza,  malattia  e  infortunio;  iscrizione  alla  gestione
separata presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
modalita' retributive e differenze di  trattamento  economico;  ferie
annuali retribuite; rimborso  delle  spese  legali  per  procedimenti
disciplinari; 
    che sarebbe incomprensibile la ragione per la quale la ricorrente
- «gia' vincitrice del concorso  pubblico  previsto  dalla  legge  n.
374/91 per l'accesso all'Ufficio del Giudice di pace» e gia' soggetta
a numerose procedure di conferma quadriennale (l'ultima  delle  quali
sino  al  31  maggio  2024)  -  dovrebbe  sottoporsi  ad  una   nuova
valutazione, peraltro affidata - con  previsione  che  sarebbe  stata
stigmatizzata dallo stesso Consiglio superiore della magistratura, in
occasione del parere espresso sull'emendamento governativo alla legge
di bilancio per il 2022 dal quale e' originata  l'approvazione  delle
disposizioni oggetto del presente conflitto - ad una commissione  non
nominata  dall'organo  di  governo  autonomo  della  magistratura,  a
differenza  di  quanto  accade  per  il  concorso  di  accesso   alla
magistratura ordinaria; 
    che, quanto al merito, la ricorrente richiama la sentenza n.  267
del 2020, nella quale questa Corte avrebbe preso  atto  dei  principi
espressi dalla piu' volte citata sentenza della Corte di giustizia UE
del 16 luglio 2020, per poi riconoscere anche al giudice di pace - in
ragione dell'identita' della  funzione  del  giudicare  e  della  sua
primaria  importanza  nel  quadro  costituzionale  -  il  diritto  al
rimborso  spettante  ai  dipendenti  statali  per  le  spese   legali
sostenute nei giudizi di responsabilita', quando questi  siano  stati
promossi per fatti di servizio e si siano conclusi  con  accertamento
negativo della responsabilita'; 
    che da  cio'  la  ricorrente  trae  argomenti  per  sostenere  la
contrarieta' rispetto ai plurimi parametri costituzionali  evocati  -
«e, quindi, la  violazione  dell'indipendenza  e  dell'inamovibilita'
della  magistratura  di  pace  ricorrente»   -   delle   disposizioni
impugnate, le quali, a suo giudizio, delineerebbero «un'inammissibile
figura ibrida di magistrato che svolge  in  via  esclusiva  [...]  le
stesse funzioni giurisdizionali  del  magistrato  ordinario»  e  che,
ciononostante, verrebbe retribuito «come assistente amministrativo» e
dovrebbe anche rinunciare, con  la  presentazione  della  domanda  di
conferma, «ai diritti economici, normativi e  previdenziali  maturati
in  ragione  dell'attivita'   lavorativa   svolta   come   magistrato
onorario»,  nonostante  questi  diritti  «siano  stati  accertati   e
riconosciuti  nei  confronti  della  giudice   di   pace   ricorrente
addirittura dalla Corte di giustizia nella sentenza UX e siano  stati
ribaditi nella loro vigenza dalla Commissione europea  nella  lettera
di messa in mora del 15 luglio 2021»; 
    che, espone ancora  la  ricorrente,  le  diposizioni  oggetto  di
conflitto, lasciando immodificato l'art. 21 del  d.lgs.  n.  116  del
2017 e, quindi, gli istituti della decadenza, della dispensa e  della
revoca  dell'incarico  onorario,  senza  le  garanzie   proprie   del
procedimento disciplinare, lederebbero la garanzia di  inamovibilita'
spettante ai magistrati onorari; 
    che l'«evidente supremazia gerarchica del  potere  amministrativo
del datore di  lavoro  (Ministero  della  giustizia)  sulle  funzioni
giurisdizionali» determinerebbe una «grave regressione del credito  e
prestigio, di cui il singolo magistrato,  come  la  giudice  di  pace
ricorrente, e l'intero Ordine giudiziario, devono  godere  presso  la
comunita' dei cittadini», dal momento che «il  trattamento  economico
dei magistrati» non potrebbe ritenersi «nella  libera  disponibilita'
del potere legislativo o del  potere  esecutivo,  trattandosi  di  un
aspetto   essenziale   per   attuare   il   precetto   costituzionale
dell'indipendenza»; 
    che, in data 28 gennaio 2022, la  ricorrente  ha  presentato  una
«istanza cautelare» con la quale ha richiesto, nella «imminenza della
rinuncia ex lege alla prosecuzione  del  giudizio»,  la  «sospensione
degli artt. 29, commi 5 e 9, e 21, commi 3-6, del d.lgs. n.116/2017»,
in considerazione dei «pregiudizi gravi,  specifici  e  concreti  per
l'indipendenza   e   l'autonomia   della   ricorrente»,    segnalando
l'incombente avvio delle procedure valutative di conferma; 
    che, in prossimita' della camera di consiglio del 25 maggio 2022,
la ricorrente ha depositato memoria, in data 13 maggio 2022, e dunque
fuori termine, allo scopo di avanzare una nuova «istanza  cautelare»,
volta ad ottenere la sospensione -  anche  in  forza  della  sentenza
della Corte di giustizia UE, prima sezione, 7 aprile 2022,  in  causa
C-236/20, PG - degli atti  amministrativi  nelle  more  adottati  dal
Ministero  della  giustizia   e   dal   Consiglio   superiore   della
magistratura e con i quali sono state rispettivamente  organizzate  e
indette  le  procedure  valutative   di   conferma   previste   dalle
disposizioni impugnate. 
    Considerato che Cristina Piazza, in asserita «qualita' di Giudice
di pace presso l'Ufficio del Giudice di  pace  di  Bologna»,  solleva
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  nei  confronti  del
Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministero della giustizia,
in persona del Ministro pro tempore, della Camera dei deputati e  del
Senato della Repubblica, in persona dei rispettivi Presidenti, per la
declaratoria di «menomazione  ed  usurpazione  delle  attribuzioni  e
delle prerogative spettanti al  giudice  di  pace  ricorrente,  quale
appartenente alla giurisdizione ordinaria di primo grado»; 
    che il conflitto origina dall'approvazione dei commi da 629 a 633
dell'art. 1 della  legge  30  dicembre  2021,  n.  234  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2022  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2022-2024), ai quali la ricorrente imputa
la «mancata estensione al magistrato onorario ricorrente delle stesse
condizioni di lavoro previste per  legge  in  favore  dei  magistrati
professionali equivalenti (ex giudici di  tribunale),  come  statuito
dalla  sentenza  del  16  luglio  2020  della  Corte   di   giustizia
dell'Unione europea in causa C-658/18 UX [...] e richiesto al Governo
italiano dalla Commissione europea con lettera di messa in  mora  del
15  luglio  2021  nell'ambito  della  procedura  di   infrazione   n.
2016/4081»; 
    che tali disposizioni - approvate  in  forza  di  un  emendamento
governativo - modificano l'art. 29 del decreto legislativo 13  luglio
2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura  onoraria  e  altre
disposizioni sui giudici  di  pace,  nonche'  disciplina  transitoria
relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma  della  legge  28
aprile 2016, n. 57), prevedendo una procedura di  conferma  «a  tempo
indeterminato», sino al compimento dei settanta  anni  di  eta',  dei
magistrati onorari in servizio alla data di  entrata  in  vigore  del
d.lgs. n. 116 del 2017; 
    che la disciplina impugnata per conflitto prevede che la conferma
sia subordinata al superamento di procedure valutative, da  svolgersi
con modalita' semplificate e innanzi ad una  apposita  commissione  -
composta da  membri  non  designati  dal  Consiglio  superiore  della
magistratura, sottolinea la ricorrente - e con attribuzione, in  caso
di esito  positivo,  di  un  trattamento  economico,  comprensivo  di
copertura previdenziale e assistenziale, parametrato a quello  di  un
funzionario amministrativo; 
    che e' previsto, inoltre, che la  partecipazione  alla  procedura
comporti la «rinuncia  ad  ogni  ulteriore  pretesa  di  qualsivoglia
natura conseguente al rapporto onorario pregresso»; 
    che e' stabilito,  infine,  che  i  magistrati  onorari  che  non
accedano alla conferma, tanto nell'ipotesi di  mancata  presentazione
della  domanda,  quanto  in  quella  di  mancato  superamento   della
procedura valutativa, cessino dall'incarico, salvo il diritto ad  una
indennita' calcolata in base al numero di anni di  servizio  onorario
prestato ma, comunque, di ammontare  non  superiore  a  cinquantamila
euro, la  cui  accettazione  comporta  «rinuncia  ad  ogni  ulteriore
pretesa di  qualsivoglia  natura  conseguente  al  rapporto  onorario
cessato»; 
    che  le  descritte  disposizioni,  ad  avviso  della  ricorrente,
determinerebbero     una     «violazione     dell'indipendenza      e
dell'inamovibilita'   della   magistratura   di   pace   ricorrente»,
delineando «un'inammissibile figura ibrida di magistrato  che  svolge
in  via  esclusiva  [...]  le  stesse  funzioni  giurisdizionali  del
magistrato ordinario» e che, ciononostante, verrebbe retribuito «come
assistente amministrativo», obbligato  anche  a  rinunciare,  con  la
presentazione della  domanda  di  conferma,  «ai  diritti  economici,
normativi  e  previdenziali  maturati   in   ragione   dell'attivita'
lavorativa  svolta  come  magistrato  onorario»,  nonostante   questi
diritti «siano stati accertati e  riconosciuti  nei  confronti  della
giudice di pace ricorrente»  dalla  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea nella sentenza 16 luglio 2020, in causa C-658/18, UX, di  cui
vengono ampiamente illustrati i contenuti; 
    che, espone ancora la ricorrente, i soggetti contro  i  quali  e'
proposto il conflitto, omettendo di modificare l'art. 21  del  d.lgs.
n. 116 del 2017 - che prevede gli  istituti  della  decadenza,  della
dispensa e della revoca dell'incarico e, quindi, «cause di automatica
cessazione del rapporto di impiego a discrezione del datore di lavoro
Ministero della giustizia e del CSM, senza procedimento disciplinare»
-  avrebbero  leso  la  garanzia  di  inamovibilita'   spettante   ai
magistrati onorari; 
    che l'«evidente supremazia gerarchica del  potere  amministrativo
del datore di  lavoro  (Ministero  della  giustizia)  sulle  funzioni
giurisdizionali» determinerebbe una «grave regressione del credito  e
prestigio, di cui il singolo magistrato,  come  la  giudice  di  pace
ricorrente, e l'intero Ordine giudiziario, devono  godere  presso  la
comunita' dei cittadini», dal momento che «il  trattamento  economico
dei magistrati» non potrebbe ritenersi «nella  libera  disponibilita'
del potere legislativo o del  potere  esecutivo,  trattandosi  di  un
aspetto   essenziale   per   attuare   il   precetto   costituzionale
dell'indipendenza»; 
    che, in definitiva, e' richiesto a questa Corte di dichiarare che
le disposizioni impugnate hanno leso le  attribuzioni  costituzionali
di indipendenza e inamovibilita' del giudice di pace, di «uguaglianza
della magistratura onoraria alle condizioni di lavoro previste per il
magistrato professionale equiparabile», «di rispetto  degli  obblighi
comunitari che impongono tale  equiparazione»,  nonche'  «di  diritto
anche del magistrato onorario all'elettorato attivo e passivo per  la
nomina dei consiglieri del Consiglio superiore della magistratura»; 
    che, in questa fase del  giudizio,  la  Corte  costituzionale  e'
chiamata   a   deliberare,   in   camera   di   consiglio   e   senza
contraddittorio,  sulla  sussistenza  dei  requisiti   soggettivo   e
oggettivo prescritti dall'art. 37, primo comma, della legge 11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra  organi
competenti a dichiarare definitivamente la volonta'  del  potere  cui
appartengono e per  la  delimitazione  della  sfera  di  attribuzioni
delineata per i vari poteri da norme costituzionali; 
    che, quanto al profilo soggettivo, la  giurisprudenza  di  questa
Corte riconosce la legittimazione dei singoli organi  giurisdizionali
- e quindi anche del giudice di pace - ad essere parte nei  conflitti
di attribuzione, in relazione al carattere  diffuso  che  connota  il
potere di cui sono espressione, e alla loro competenza  a  dichiarare
definitivamente la volonta' del potere cui appartengono  (da  ultimo,
ordinanza n. 19 del 2021); 
    che, sebbene la dottoressa Cristina Piazza dichiari di  sollevare
conflitto «in qualita'  di  Giudice  di  pace  presso  l'Ufficio  del
Giudice di pace di Bologna», l'atto di promovimento non indica  alcun
processo in corso di svolgimento ed affidato  per  la  trattazione  e
decisione alla ricorrente, la quale, del  resto,  neppure  motiva  in
ordine all'incidenza delle  disposizioni  impugnate  su  attribuzioni
costituzionali da esercitare in relazione  a  uno  o  piu'  specifici
procedimenti a lei assegnati e in corso di svolgimento; 
    che,   all'evidenza,   la   ricorrente   non   agisce,    quindi,
nell'esercizio in concreto di funzioni giurisdizionali; 
    che invece, come da costante  giurisprudenza  costituzionale,  la
legittimazione  dei  singoli  organi  giurisdizionali   a   sollevare
conflitto  sussiste  «"limitatamente   all'esercizio   dell'attivita'
giurisdizionale assistita da garanzia costituzionale"» (ordinanze  n.
19 del 2021, n. 296 del 2013 e n. 366 del 2008; nello  stesso  senso,
ordinanze n. 338 del 2007 e n. 87 del 1978); 
    che, dunque, presupposto per la  sollevazione  del  conflitto  da
parte del singolo giudice e' che questi  «sia  attualmente  investito
del processo, in relazione al quale soltanto  i  singoli  giudici  si
configurano come "organi competenti a dichiarare  definitivamente  la
volonta' del potere cui appartengano", ai sensi dell'art.  37,  primo
comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87» (ordinanza n. 144 del  2000;
analogamente,  ordinanza  n.  127  del  2006),  dal  momento  che  il
carattere diffuso, che connota gli organi giurisdizionali in ordine a
tale competenza, «viene in rilievo solo con riferimento  al  concreto
esercizio delle  funzioni  giurisdizionali»  (ordinanza  n.  285  del
2011); 
    che, quindi, anche il giudice di pace  puo'  proporre  conflitto,
perche' competente  a  dichiarare  definitivamente  la  volonta'  del
potere  cui  appartiene,  ma  solo  «nell'esercizio  delle   funzioni
attribuitegli» (ordinanza n. 151 del 2013; nello  stesso  senso,  con
riferimento a organi giurisdizionali diversi  dal  giudice  di  pace,
ordinanze n. 35 del 2022, n. 148, n. 84, n. 82 e n. 69 del  2020,  n.
139  del  2016  e  n.   25   del   2013),   risultando,   altrimenti,
«manifestamente privo della legittimazione attiva» (ordinanze  n.  22
del 2000, n. 340 e n. 244 del 1999); 
    che tale carenza di legittimazione attiva deve  essere  affermata
anche nella fattispecie in esame, in cui la ricorrente non  solo  non
e' nell'esercizio delle proprie funzioni giudicanti, ma  utilizza  il
giudizio  per  conflitto  tra  poteri   -   destinato   a   garantire
attribuzioni  costituzionalmente  presidiate  -  come  una  sorta  di
ricorso diretto, eccentrico  rispetto  ai  mezzi  di  tutela  offerti
dall'ordinamento, in funzione di difesa di propri, asseriti,  diritti
tutelati dalla  Costituzione  (analogamente,  ordinanza  n.  279  del
2011); 
    che  la  carenza  in  parola,   costituendo   motivo   assorbente
d'inammissibilita'  del  conflitto,  dispensa  dall'esame  di   altri
profili, relativi, in particolare, alla astratta configurabilita'  di
tutte  le  attribuzioni  costituzionali  prospettate  come  lese,  ai
presupposti di ammissibilita' di un conflitto avente ad  oggetto  una
legge, e alla corretta individuazione dei legittimati passivi; 
    che, in mancanza dei requisiti di ammissibilita'  del  conflitto,
questa Corte non deve pronunciarsi sulla richiesta di  autorimessione
delle questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollecitata  dalla
ricorrente,  restando  anche  assorbita  l'istanza   di   sospensione
cautelare (ordinanze n. 32 del 2022 e n. 254 del 2021). 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile il ricorso per conflitto  di  attribuzione
tra poteri dello Stato indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2022. 
 
                                F.to: 
                     Giuliano AMATO, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2022. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA