N. 25 SENTENZA 12 gennaio - 20 febbraio 2023

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Militari - Ordinamento militare - Profilassi vaccinale del  personale
  militare - Previsione  che  la  Sanita'  militare  puo'  dichiarare
  indispensabile la somministrazione, secondo appositi protocolli, di
  specifiche profilassi vaccinali al personale militare  per  poterlo
  impiegare in particolari e individuate condizioni  operative  o  di
  servizio - Necessita' che la legge indichi le specifiche profilassi
  vaccinali che  la  Sanita'  militare  possa  imporre  al  personale
  militare - Omessa previsione - Violazione della  riserva  di  legge
  statale prevista in caso di trattamento  sanitario  obbligatorio  -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66,  art.  206-bis,  inserito
  dall'art. 12, comma 1,  lettera  a),  del  decreto  legislativo  26
  aprile 2016, n. 91. 
- Costituzione, art. 32. 
(GU n.8 del 22-2-2023 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Silvana SCIARRA; 
Giudici :Daria de PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo  BUSCEMA,  Emanuela
  NAVARRETTA, Maria Rosaria  SAN  GIORGIO,  Filippo  PATRONI  GRIFFI,
  Marco D'ALBERTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 206-bis del
decreto legislativo 15 marzo 2010,  n.  66  (Codice  dell'ordinamento
militare), introdotto dall'art. 12, comma 1, lettera a), del  decreto
legislativo  26  aprile  2016  n.  91  (Disposizioni  integrative   e
correttive ai decreti legislativi 28 gennaio 2014, n. 7 e 8, adottate
ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 31 dicembre  2012,  n.
244), promosso dal Giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale
militare di Napoli nel procedimento a carico di R. M., con  ordinanza
del 3 febbraio 2022, iscritta al n. 28 del registro ordinanze 2022  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  14,  prima
serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2023  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 gennaio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 3 febbraio 2022 (reg. ord. n. 28 del 2022),
il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale militare di  Napoli
ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  32   della   Costituzione,
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  206-bis   del
decreto legislativo 15 marzo 2010,  n.  66  (Codice  dell'ordinamento
militare), introdotto dall'art. 12, comma 1, lettera a), del  decreto
legislativo  26  aprile  2016,  n.  91  (Disposizioni  integrative  e
correttive ai decreti legislativi 28 gennaio 2014, n. 7 e 8, adottate
ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 31 dicembre  2012,  n.
244). 
    2.- Il giudice a  quo  riferisce  di  doversi  pronunciare  sulla
responsabilita' penale di R. M., tenente colonnello  dell'Aeronautica
militare, imputato, ai sensi degli artt. 81, primo comma, del  codice
penale, 47, numero 2), e 173 del codice penale militare di pace,  del
reato di disobbedienza continuata aggravata. 
    Individuato dalla Direzione di  impiego  del  personale  militare
dell'Aeronautica per una operazione fuori dai confini  nazionali,  il
militare era stato  inserito  nel  cronoprogramma  propedeutico  alla
missione, che comportava il completamento della profilassi  vaccinale
prevista dal modulo di prevenzione vaccinale per lo specifico  teatro
operativo, da eseguirsi presso l'infermeria del quartier generale del
Comando scuole A.M.-3^ Regione aerea di Bari  Palese.  Lo  stesso  si
sarebbe tuttavia sottratto, in piu' occasioni, all'ordine emesso  dal
superiore in grado di presentarsi presso la predetta  infermeria.  In
questo  modo,  R.  M.  si  sarebbe  reso  «non  impiegabile»  per  la
menzionata operazione, per la  quale  sarebbe  stato  selezionato  un
sostituito. 
    3.- In punto di rilevanza, il  rimettente  osserva  che  l'ordine
impartito al militare di «presentarsi in  infermeria  per  sottoporsi
alla  profilassi  vaccinale»,  ribadito  con  plurime  note  scritte,
farebbe  espresso  riferimento  al  decreto   interministeriale   del
Ministro della difesa e del Ministro della sanita' del 16 maggio 2018
(Direttiva  tecnica  in  materia  di  protocolli  sanitari   per   la
somministrazione di profilassi vaccinali  al  personale  militare)  e
alla direttiva dello Stato maggiore  dell'Aeronautica  del  9  luglio
2018, recante «Linee  guida  per  l'approntamento  del  personale  AM
designato per le operazioni nazionali, fuori  dai  confini  nazionali
(ofcn), per l'alimentazione delle joint rapid response force  (jrrf),
per i comandi  Nato/Ue/Onu/multinazionali,  per  le  esercitazioni  e
valutazioni operative/tattiche»,  atti  questi  ultimi  che,  a  loro
volta, richiamano l'art.  206-bis  cod.  ordinamento  militare.  Tale
ultima  disposizione  stabilisce,  al  comma  1,  che  «[l]a  Sanita'
militare puo' dichiarare indispensabile la somministrazione,  secondo
appositi protocolli, di specifiche profilassi vaccinali al  personale
militare  per  poterlo  impiegare  in   particolari   e   individuate
condizioni operative o di servizio, al fine di  garantire  la  salute
dei singoli e della collettivita'».  Il  comma  2  precisa  che  tali
protocolli sanitari sono approvati con «decreto  del  Ministro  della
difesa adottato di concerto con il Ministro della salute», e che  gli
stessi «recano altresi'  l'indicazione  analitica  degli  adempimenti
riferiti alle modalita' di somministrazione dei vaccini, quali quelli
di comporre il quadro anamnestico del paziente prima di  iniziare  le
profilassi vaccinali e  di  registrare  su  apposita  documentazione,
anche elettronica, riferita a ciascun militare  tutte  le  profilassi
vaccinali adottate nei suoi confronti». Infine, il  comma  3  prevede
che  laddove  «il  militare  da  sottoporre  a  profilassi  vaccinale
rappresent[i] documentati motivi sanitari  per  non  sottoporsi  alla
profilassi  stessa,  la  valutazione  di  merito  e'   rimessa   alla
commissione medica ospedaliera competente per territorio». 
    Secondo il GUP presso il Tribunale militare di Napoli, in caso di
declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  di  tale  previsione
normativa,  «verrebbe  a  mancare  il   presupposto   normativo   per
l'emissione  dell'ordine  in  questione,  con  conseguenti  ricadute,
nell'ambito del procedimento penale odierno, in punto di legittimita'
dell'ordine»  stesso,  e,  pertanto,  sulla   «sussistenza   o   meno
dell'elemento  materiale  e  soggettivo  del  contestato   reato   di
disobbedienza». 
    4.-  Nel  merito,  il  rimettente  osserva  che  la  disposizione
censurata - conferendo ad  un  organo  amministrativo  il  potere  di
dichiarare «indispensabili», e  dunque  a  suo  dire  «obbligatorie»,
specifiche profilassi vaccinali, - si porrebbe in  contrasto  con  la
«riserva di  legge  statale  e  rinforzata»  prevista  dall'art.  32,
secondo comma, Cost. 
    Un  contrasto  che,  si   puntualizza,   non   sarebbe   superato
dall'approvazione dell'art. 2 del decreto-legge 26 novembre 2021,  n.
172 (Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da  COVID-19  e
per  lo  svolgimento  in  sicurezza  delle  attivita'  economiche   e
sociali), convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022,
n. 3,  che,  al  comma  1,  ha  esteso  l'obbligo  vaccinale  per  la
prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 al  personale  del  comparto
difesa, sicurezza e soccorso pubblico. Cio' in quanto i fatti oggetto
del giudizio a quo risalirebbero ad un momento precedente all'entrata
in vigore della norma da ultimo  richiamata,  la  quale,  oltretutto,
prevedendo uno specifico obbligo vaccinale, valido in ogni condizione
di servizio, avrebbe ambito applicativo autonomo  rispetto  a  quello
proprio dell'art. 206-bis cod.  ordinamento  militare.  Cionondimeno,
aggiunge   il   rimettente,   complessa   potrebbe    risultare    la
ricomposizione del rapporto tra le due discipline: il menzionato art.
2 del d.l. n. 172 del 2021, come convertito, non  comporta,  infatti,
sanzione disciplinare, ma se il medesimo  obbligo  vaccinale  per  la
prevenzione da COVID-19 fosse imposto ai sensi dell'art. 206-bis cod.
ordinamento  militare,  aggiunge  il  rimettente,  dall'inadempimento
deriverebbero  conseguenze  disciplinari  e  penali  a   carico   del
militare. 
    4.1.- Il giudice a quo esclude di poter procedere ad una  lettura
costituzionalmente orientata della disposizione censurata,  in  forza
della quale ritenere che il militare resterebbe libero  di  scegliere
di non sottoporsi a profilassi vaccinale senza incorrere in  sanzioni
disciplinari e penali, e che, dunque, la  sola  conseguenza  del  suo
rifiuto consisterebbe  nel  precludergli  l'impiego  nello  specifico
servizio, cui verrebbe destinato altro militare consenziente. 
    La «chiara lettera» dell'art. 206-bis cod.  ordinamento  militare
non autorizzerebbe simile interpretazione. Dal comma 3 della predetta
disposizione, in particolare, si  ricaverebbe  che  al  militare  sia
consentito di opporsi alla profilassi solo  per  «documentati  motivi
sanitari». Il rimettente  ne  fa  derivare  l'«obbligatorieta'  della
profilassi vaccinale indicata come indispensabile e  la  possibilita'
che tale adempimento sia oggetto di un ordine»,  cui  conseguono,  in
caso di inadempimento, sanzioni disciplinari e penali. 
    Tale lettura sarebbe confermata da quanto prevede, al punto  5.6,
la citata direttiva tecnica introdotta con  il  d.interm.  16  maggio
2018, ai cui sensi il rifiuto del  militare,  laddove  non  vi  siano
controindicazioni alla  somministrazione,  deve  essere  «annotato  e
controfirmato sulla scheda vaccinale e notificato  al  Comandante  di
Corpo per i provvedimenti di competenza». Deporrebbe in questo senso,
infine, anche  la  «prassi  amministrativa»,  come  confermato  dalla
vicenda  oggetto  del  giudizio  principale:  il  Comandante  avrebbe
chiarito al sottoposto che la sua volonta' rileverebbe solo  ai  fini
di escludere l'inoculazione contestuale di piu'  vaccini,  mentre  la
profilassi resterebbe «necessaria e obbligatoria» e il  rifiuto,  non
sorretto  da  ragioni  sanitarie,  sanzionabile  disciplinarmente   e
penalmente (e' citato in particolare l'ordine del 13 agosto 2020). 
    4.2.- Alla illustrazione delle specifiche censure  il  giudice  a
quo premette, inoltre, come,  proprio  per  la  valenza  obbligatoria
delle vaccinazioni qui in esame, costituirebbe una ulteriore «aporia»
- «non  gia'  dell'art.  206  bis  C.O.M.  bensi'  di  talune  prassi
amministrative» - la richiesta rivolta al militare  di  sottoscrivere
un «consenso informativo alla vaccinazione», non  trattandosi  invero
di espressione  di  consapevole  adesione  al  trattamento  sanitario
proposto dal medico (sul consenso informato e' citata la sentenza  di
questa Corte n. 438 del 2008). 
    5.- Nell'esporre la prima censura, il rimettente  sottolinea,  da
una parte, come  siano  organi  amministrativi  del  Ministero  della
difesa,  non  gia'  il  legislatore  stesso,   a   poter   dichiarare
indispensabili specifiche profilassi vaccinali;  e,  dall'altra,  che
cio' sia possibile  per  impiegare  il  militare  in  «particolari  e
individuate  condizioni  operative  o  di  servizio».   Tale   ultimo
riferimento disvelerebbe, a dire  del  giudice  a  quo,  «l'interesse
preponderante» tutelato dalla norma censurata,  ovverosia  quello  ad
una  «pronta,  sollecita  ed  efficace  organizzazione  del  servizio
militare». 
    Sebbene l'efficienza dei  servizi  militari,  tramite  l'art.  52
Cost., assuma un sicuro rilievo costituzionale, l'unico bilanciamento
che dovrebbe guidare il legislatore nell'imposizione  di  un  obbligo
vaccinale sarebbe, tuttavia, quello tra il diritto  alla  scelta  del
trattamento sanitario e la  tutela  della  salute  collettiva  (viene
citata la sentenza di questa Corte n. 5 del 2018). 
    6.-  In  secondo  luogo,  secondo  il  rimettente,  non   sarebbe
sufficiente a soddisfare la riserva di legge di cui all'art. 32 Cost.
la delimitazione della discrezionalita' amministrativa operata  dalla
norma censurata, ai cui sensi la sanita' militare  puo'  obbligare  a
«specifiche»  profilassi  vaccinali,  finalizzate  ad  impiegare   il
militare «in particolari e  individuate  condizioni  operative  o  di
servizio». Verrebbe infatti interamente delegata  all'amministrazione
la scelta «in punto di  individuazione  delle  singole  tipologie  di
trattamenti sanitari obbligatori», mentre il  dettato  costituzionale
consentirebbe alle leggi regionali ed alle fonti  sub-legislative  di
intervenire  solo   in   ambito   di   «disposizioni   di   dettaglio
tecnico-operativo,  organizzazione  dei   servizi   sanitari   e   di
individuazione degli organi competenti a verificare e  sanzionare  le
violazioni». 
    Ad avviso del giudice rimettente, in altri termini, a prescindere
dalla qualificazione che si intenda dare della riserva  di  legge  in
questione - assoluta o relativa - l'art. 32,  secondo  comma,  Cost.,
nel prevedere che nessuno, in assenza di un obbligo previsto per  via
legislativa, possa essere sottoposto ad un «determinato»  trattamento
sanitario, imporrebbe alla fonte legislativa statale l'individuazione
di «ogni singola tipologia di detti trattamenti», trattandosi di  una
decisione  «che  deve  necessariamente  passare  per   un   complesso
bilanciamento di interessi tra  tutela  della  salute  individuale  e
collettiva», unicamente spettante al  legislatore  nazionale.  L'art.
206-bis cod. ordinamento militare si rivelerebbe, invece,  «norma  in
"bianco"», di tale «ampiezza e  genericita'»  da  demandare  a  fonti
secondarie  il  compito  di  individuare  i  determinati  trattamenti
sanitari di cui ragiona l'art. 32 Cost. 
    7.- Infine, il remittente osserva che, in spregio  del  carattere
rinforzato della riserva di  legge  in  questione,  che  richiede  il
«rispetto della  persona  umana»,  l'art.  206-bis  cod.  ordinamento
militare consentirebbe anche l'imposizione  di  profilassi  vaccinali
non ancora approvate in via definitiva dai competenti organi,  ovvero
l'Agenzia italiana del farmaco  (AIFA)  e  l'Agenzia  europea  per  i
medicinali (EMA), in quanto vaccini ancora  in  fase  sperimentale  o
provvisti  di  sola  autorizzazione   all'immissione   in   commercio
condizionata. D'altra parte, la stessa direttiva tecnica prevede,  al
punto  n.  5.2,  che  in  condizioni  di  emergenza  sanitaria  possa
ricorrersi anche a «presidi profilattici non registrati ma  idonei  e
di provata sicurezza ed efficacia». 
    8.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, il quale chiede che le  sollevate  questioni  di  legittimita'
costituzionale siano dichiarate inammissibili e comunque non fondate. 
    L'interveniente rammenta, anzitutto, che il potere del giudice di
sollevare questioni di legittimita' costituzionale sarebbe  «limitato
a quelle norme delle quali egli stesso  deve  fare  applicazione  nel
giudizio  a  quo»  e  che  dovrebbe   sussistere   un   rapporto   di
strumentalita' concreto ed effettivo tra la definizione del  giudizio
di  legittimita'  costituzionale  e  la  definizione   del   giudizio
principale (sono citate le sentenze di questa Corte n. 174 del 2016 e
n.  91  del  2013).  Diversamente,   mediante   un'azione   di   mero
accertamento  della  illegittimita'  costituzionale  di  una   norma,
chiunque    potrebbe    perseguire    l'obiettivo    di    espungerla
dall'ordinamento  ancorche'  vi  sia  assoggettato  solo  «in   linea
astratta e potenziale» e «a prescindere da [...] una concreta vicenda
applicativa della norma censurata»  (e'  menzionata  la  sentenza  di
questa Corte n. 16 del 2018). 
    Cio' premesso, nel caso di specie il giudice a  quo  non  sarebbe
chiamato a fare applicazione - ne' direttamente, ne'  mediatamente  -
dell'art. 206-bis cod. ordinamento militare, norma nemmeno richiamata
nel capo di imputazione. Il militare e' imputato  del  reato  di  cui
all'art. 173 cod. pen. mil. pace, che punisce la disobbedienza ad  un
ordine  attinente  al  servizio  o  alla  disciplina   intimato   dal
superiore. 
    Ebbene, l'ordine militare, aggiunge la difesa dello Stato, e'  un
«atto amministrativo unilaterale, a forma  libera,  recettizio  e  di
tipo autoritativo discrezionale»,  che  non  lascia  al  destinatario
alcun sindacato di legittimita'. Unico strumento di controllo ammesso
e' quello previsto dall'art. 729, comma 2, del decreto del Presidente
della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 (Testo unico delle disposizioni
regolamentari  in  materia   di   ordinamento   militare,   a   norma
dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246), ai cui  sensi
il militare che abbia ricevuto un ordine  che  non  ritiene  conforme
alle norme in vigore e' tenuto a farlo presente a chi lo  ha  emanato
e, nel caso in cui  l'ordine  sia  confermato,  a  darvi  esecuzione.
Diversa ipotesi e',  ancora,  quella  del  dovere  di  disobbedienza,
limitato al caso in cu l'ordine sia manifestamente rivolto contro  le
autorita' statali o la cui esecuzione costituisca reato. 
    Concludendo sul punto, e sottolineando altresi' che il  reato  di
disobbedienza e' punito a titolo di dolo generico,  la  difesa  dello
Stato osserva che non rileva, per il giudizio  sulla  responsabilita'
penale dell'imputato, la finalita' cui  «l'ordine  -  presentarsi  in
infermeria - era teso - completare il ciclo vaccinale». Il  militare,
infatti, «aveva il dovere [...] di presentarsi in infermeria» e  solo
in  quel  momento  avrebbe  potuto  manifestare  il  suo   «motivato»
dissenso,  ad  esempio   per   la   presenza   di   patologie,   alla
somministrazione dei vaccini. Peraltro, il rimettente non ha indicato
se tale profilassi sarebbe stata necessaria, con  quali  modalita'  e
con l'impiego di quali farmaci. 
    8.1- Nel merito, l'Avvocatura dello Stato afferma che la  riserva
di legge prevista dall'art. 32 Cost. sarebbe  pienamente  soddisfatta
dall'art. 206-bis cod. ordinamento militare, che avrebbe «perimetrato
l'ambito di  intervento  della  Sanita'  Militare»,  individuando  «i
presupposti, il contenuto ed i limiti del potere atto  a  prescrivere
obblighi vaccinali». 
    A  delimitare  la  sfera   di   discrezionalita'   dell'autorita'
amministrativa varrebbe, in particolare, la disposizione in base alla
quale puo' essere considerata  «indispensabile»  solo  la  profilassi
vaccinale necessaria per impiegare  il  militare  «in  particolari  e
individuate  condizioni  operative  o  di  servizio»,  in  tal  senso
deponendo anche la «relazione illustrativa del decreto legislativo n.
91 del 2016», nella quale si e' sottolineato  come  il  bilanciamento
tra salute collettiva e salute  del  singolo  sarebbe  stato  operato
dalla fonte di rango primario, mentre  sarebbe  stato  lasciato  alle
fonti secondarie, costituite  dai  protocolli  sanitari,  spazio  per
interventi integrativi di natura meramente tecnica. I  protocolli  in
questione  dovrebbero  infatti   limitarsi   a   recare   indicazioni
analitiche   sugli   adempimenti   riferiti   alle    modalita'    di
somministrazione dei vaccini. 
    Del tutto privo di significato  sarebbe,  inoltre,  il  raffronto
operato tra la norma oggetto di censura e l'art. 2 del  d.l.  n.  172
del 2021, come convertito,  in  tema  di  obbligo  vaccinale  per  la
prevenzione da SARS-CoV-2,  che  ha  distinti  presupposti  e  ambito
applicativo. 
    8.2.-  Quanto  al  rilievo  secondo  cui  l'art.   206-bis   cod.
ordinamento militare  tutelerebbe  in  via  prioritaria  l'efficienza
dell'amministrazione militare, l'Avvocatura dello Stato afferma  come
in realta' il legislatore persegua sia l'obiettivo della difesa della
Patria (art. 52 Cost.) sia  l'obiettivo  della  tutela  della  salute
collettiva, «effettuando  un  corretto  bilanciamento  tra  interessi
costituzionalmente protetti». 
    Sul  militare  incomberebbero,  in  effetti,  obblighi  ulteriori
rispetto a quelli gravanti sul comune  cittadino,  essendo  il  primo
tenuto a  sottoporsi  a  profilassi  infettivologica  discendente  da
specifici doveri e rischi professionali. Nella specie, stando  sempre
a quanto specificato nella citata relazione  illustrativa,  l'obbligo
di «mantenere l'integrita'  psicofisica  essenziale  all'assolvimento
del servizio», «[l]a  permanenza  in  collettivita'  chiuse,  ove  si
realizza una condivisione di ambienti di vita e  lavoro  suscettibile
di  favorire   e   amplificare   problemi   infettivologici»,   «[l]a
possibilita' di coinvolgimento in ambienti  operativi,  in  Italia  o
all'estero, che comportano esposizione a rischio infettivo». 
    In  definitiva,  l'art.   206-bis   cod.   ordinamento   militare
risponderebbe all'esigenza di garantire  al  militare  protezione  in
ambienti che possono costituire fonte di pericolo, e sarebbe comunque
il dato letterale della disposizione a  confermare  che  il  primario
obbiettivo perseguito dal legislatore e' la tutela della salute. 
    8.3.- La lettera della disposizione censurata escluderebbe,  poi,
che sia richiesto al militare di firmare  alcun  modulo  di  consenso
informato. Tale modulo, adoperato in  via  di  prassi,  interverrebbe
comunque solo a valle di un procedimento volto  a  garantire  che  il
militare riceva tutte le informazioni sul trattamento  sanitario  cui
si sta sottoponendo, compresi gli effetti avversi, rappresentando  la
sottoscrizione dello stesso l'ultimo «momento  utile»  per  accertare
che ricorrano i requisiti di «vaccinabilita'». 
    8.4.- Infine, quanto alla censura riferita alla natura rinforzata
della  riserva  di  legge  in   materia   di   trattamenti   sanitari
obbligatori, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  sottolinea,
anzitutto, che, in forza della richiamata direttiva tecnica, anche in
situazione di emergenza le vaccinazioni somministrate ai militari non
potrebbero che essere sicure ed efficaci. 
    Viene poi posto in risalto come i vaccini per la  prevenzione  da
infezione COVID-19 sarebbero  stati  autorizzati  con  immissione  in
commercio condizionata, che non sarebbe soggetta a maggiori rischi di
quella  ordinaria,  beneficiando  delle   medesime   garanzie   della
procedura ordinaria circa il rigore  scientifico  e  l'attendibilita'
delle sperimentazioni. A supporto  di  questa  argomentazione,  viene
sottolineato come il bilanciamento posto in essere  dal  legislatore,
nel  prevedere  l'obbligo   vaccinale   contro   il   COVID-19,   non
difetterebbe  di  ragionevolezza,  proporzionalita'  ed  eguaglianza,
anche alla luce delle esigenze di protezione della salute  collettiva
(sul punto e' ampiamente richiamata la  pronuncia  del  Consiglio  di
Stato, sezione terza, sentenza 20 ottobre 2021, n. 7045). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    l.- Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale militare di
Napoli dubita, in riferimento all'art. 32 Cost.,  della  legittimita'
costituzionale   dell'art.   206-bis   cod.   ordinamento   militare,
disposizione introdotta dall'art. 12, comma 1, lettera a), del d.lgs.
n. 91 del 2016. 
    Al comma 1, la disciplina censurata stabilisce che «[l]a  Sanita'
militare puo' dichiarare indispensabile la somministrazione,  secondo
appositi protocolli, di specifiche profilassi vaccinali al  personale
militare  per  poterlo  impiegare  in   particolari   e   individuate
condizioni operative o di servizio, al fine di  garantire  la  salute
dei singoli e della collettivita'». Il successivo comma 2  stabilisce
le modalita' di adozione e i contenuti necessari di tali  «protocolli
sanitari», che devono essere approvati con decreto del Ministro della
difesa di concerto con il Ministro della salute e «reca[re]  altresi'
l'indicazione analitica degli adempimenti riferiti alle modalita'  di
somministrazione dei vaccini, quali  quelli  di  comporre  il  quadro
anamnestico del paziente prima di iniziare le profilassi vaccinali  e
di registrare su apposita documentazione, anche elettronica, riferita
a ciascun militare tutte le profilassi vaccinali  adottate  nei  suoi
confronti». Il comma 3, infine, precisa che, laddove «il militare  da
sottoporre a profilassi vaccinale  rappresent[i]  documentati  motivi
sanitari per non sottoporsi alla profilassi stessa, la valutazione di
merito e' rimessa alla commissione medica ospedaliera competente  per
territorio». 
    2.-  Il  giudice  a  quo  e'  chiamato   a   pronunciarsi   sulla
responsabilita' penale di  un  ufficiale  dell'Aeronautica  militare,
individuato per essere inviato in missione all'estero,  incarico  che
richiedeva  preliminarmente   il   completamento   della   profilassi
vaccinale prevista dal «Modulo di Prevenzione Vaccinale per il Teatro
Operativo prescelto». Il militare si sarebbe ripetutamente  sottratto
all'ordine - emesso dal suo superiore in grado - di presentarsi a tal
fine presso l'infermeria del quartier  generale  del  Comando  scuole
A.M.-3^  Regione  aerea  di  Bari  Palese,  rendendosi,  cosi',  «non
impiegabile» per la missione. 
    In ragione di questa condotta, il militare e' imputato, ai  sensi
degli artt. 81, primo comma, cod. pen., 47, numero  2),  e  173  cod.
pen. mil. pace, del reato di disobbedienza continuata aggravata. 
    3.- A dire del rimettente, nel conferire alla sanita' militare il
potere di  dichiarare  indispensabili  le  profilassi  vaccinali  cui
sottoporre il personale militare,  l'art.  206-bis  cod.  ordinamento
militare - che costituirebbe il «presupposto  normativo»  dell'ordine
impartito al militare - eluderebbe la «riserva  di  legge  statale  e
rinforzata»  prevista  dall'art.  32,  secondo   comma,   Cost.   per
l'introduzione di trattamenti sanitari obbligatori. 
    Posta questa premessa, l'ordinanza  di  rimessione  articola  tre
distinte censure. 
    3.1.- Con la prima, e' lamentata la duplice  circostanza  che  le
profilassi vaccinali siano, da un lato, dichiarate indispensabili  da
apparati amministrativi  del  Ministero  della  difesa,  allo  scopo,
dall'altro, di impiegare il militare in  «particolari  e  individuate
condizioni operative o  di  servizio».  Con  tale  locuzione,  l'art.
206-bis  cod.   ordinamento   militare   renderebbe   evidente   come
«l'interesse preponderante» perseguito  dal  legislatore  sia  quello
alla «pronta,  sollecita  ed  efficace  organizzazione  del  servizio
militare» e non, come invece dovrebbe essere,  unicamente  la  tutela
della salute dei singoli e della collettivita',  pure  evocata  dalla
disposizione  censurata.  Infatti,  per  quanto  l'efficienza   dello
strumento militare rilevi ai sensi dell'art. 52 Cost., tale  esigenza
non potrebbe prevalere sul  «fondamentale  diritto  individuale  alla
salute, comprensivo della scelta di non sottoporsi ad un  determinato
trattamento sanitario». 
    3.2.- Con la seconda censura, il rimettente  evidenzia  come,  al
fine di contenere la discrezionalita' amministrativa e soddisfare  la
riserva  di  legge  imposta  in  materia,  non  sarebbe   sufficiente
prevedere che la sanita'  militare  possa  obbligare  a  «specifiche»
profilassi indispensabili per «particolari e individuate»  condizioni
operative e di servizio. Limitandosi a questo,  l'art.  206-bis  cod.
ordinamento militare avrebbe delegato  all'amministrazione  sanitaria
militare  la  scelta  «in  punto  di  individuazione  delle   singole
tipologie di trattamenti sanitari obbligatori». A  prescindere  dalla
natura assoluta o relativa da riconoscersi alla riserva di  legge  in
esame, la circostanza che l'art. 32, secondo comma, Cost.  stabilisca
che non si possa, se non per disposizione di legge, essere sottoposti
a un «determinato» trattamento sanitario comporterebbe,  invece,  che
debba essere  la  fonte  legislativa  ad  individuare  «ogni  singola
tipologia di detti  trattamenti»,  mentre  le  fonti  sub-legislative
sarebbero abilitate ad intervenire solo con disposizioni di dettaglio
tecnico-operativo. 
    3.3.-  La  terza  censura,  infine,  sottolinea  la  lesione  del
carattere «rinforzato» della riserva di legge de qua. Confliggerebbe,
infatti, con il «rispetto della persona umana»  prescritto  dall'art.
32 Cost. la circostanza che l'art. 206-bis cod. ordinamento  militare
consenta all'amministrazione militare di imporre la  somministrazione
anche di vaccini non ancora approvati in via definitiva  da  AIFA  ed
EMA, perche'  in  fase  sperimentale  o  perche'  provvisti  di  sola
autorizzazione all'immissione in commercio condizionata. 
    4.-   L'Avvocatura   generale   ha   formulato    eccezione    di
inammissibilita' per difetto di rilevanza, assumendo che il giudice a
quo non debba in realta' fare applicazione, ne' diretta ne'  mediata,
dell'art. 206-bis cod. ordinamento militare. 
    L'eccezione poggia sulla constatazione  che  elemento  soggettivo
del reato di disobbedienza e'  il  dolo  generico,  sicche'  a  nulla
rileverebbe, rispetto alla  condotta  contestata,  la  finalita'  cui
l'ordine  -  «presentarsi  in  infermeria»  -  era  teso,   ovverosia
«completare il ciclo vaccinale». Il rimettente avrebbe  invece  fatto
leva proprio su tale ultima circostanza per  determinarsi  nel  senso
dell'incidente di costituzionalita', non considerando,  percio',  che
il militare era comunque  tenuto  a  presentarsi  in  infermeria.  In
quella  sede,  semmai,  egli  avrebbe  potuto  esprimere  le  proprie
riserve. 
    Infatti, precisa ancora la difesa statale,  gli  ordini  militari
sono  atti  amministrativi  unilaterali   che   non   permettono   al
destinatario  alcun  sindacato  di  legittimita',  con  le  eccezioni
previste dagli artt. 1349, comma 2, cod. ordinamento militare e  729,
comma 2, del d.P.R.  n.  90  del  2010:  disposizioni  che  delineano
l'obbligo, rispettivamente, di disobbedire all'«ordine manifestamente
rivolto contro  le  istituzioni  dello  Stato  o  la  cui  esecuzione
costituisce  comunque  manifestamente  reato»,  e  di  segnalare   al
superiore l'ordine «non [...] conforme alle norme in vigore», con  il
dovere di darvi seguito quando confermato. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    L'ordinanza di rimessione  sostiene  invero  che  l'imputato  era
stato  raggiunto  dall'ordine  di  «presentarsi  in  infermeria   per
sottoporsi  alla  profilassi  vaccinale»,  e  che  tale   ordine   si
richiamava espressamente al d.interm. 16 maggio 2018, cioe'  all'atto
con il quale i Ministri della salute e  della  difesa,  di  concerto,
hanno approvato  la  «Direttiva  tecnica  in  materia  di  protocolli
sanitari per la somministrazione di profilassi vaccinali al personale
militare», ai sensi  del  censurato  art.  206-bis  cod.  ordinamento
militare. 
    Su queste basi, il giudice a quo argomenta che,  nell'ipotesi  di
declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma  censurata,
«verrebbe  a  mancare  il  presupposto  normativo   per   l'emissione
dell'ordine»,   con   conseguenti    ricadute    sulla    sussistenza
dell'elemento materiale  e  soggettivo  del  reato  di  disobbedienza
contestato e dunque sul procedimento penale in corso. 
    Questa motivazione in punto di rilevanza  e'  idonea  a  superare
positivamente il vaglio di ammissibilita', spettando a  questa  Corte
unicamente un «controllo esterno» su di essa (ex  plurimis,  sentenze
n. 264, n. 254, n. 203 del 2022, n. 189 e n. 183 del 2021). 
    Risulta invero formalistica la prospettiva assunta  dalla  difesa
erariale, secondo cui dovrebbe tenersi distinto, nel caso di  specie,
il contenuto immediatamente precettivo dell'ordine,  consistente  nel
comando a recarsi in infermeria, dalla finalita' cui l'ordine  stesso
sarebbe  orientato,   ovvero   sottoporsi   in   quella   sede   alla
vaccinazione: ben puo' ritenersi, in realta',  che  l'uno  e  l'altro
profilo  siano  elementi  inscindibili  della  medesima   fattispecie
concreta. 
    Altrettanto formalistica, pertanto, e'  la  conclusione  che,  ai
fini  del  decidere,  il  rimettente  non  dovrebbe  considerare   la
previsione legislativa che ha fondato  il  potere  del  superiore  di
disporre  l'invio  del  militare,  «per  sottoporsi  alla  profilassi
vaccinale», presso l'infermeria di corpo. 
    Non e' qui in discussione la circostanza che l'art. 173 cod. pen.
mil. pace richieda, quale elemento soggettivo, il dolo generico, come
afferma la giurisprudenza di legittimita', secondo cui per  integrare
il reato in questione e' sufficiente la  «volonta'  di  rifiutare  di
obbedire a un ordine che appaia oggettivamente attinente al servizio»
(Corte di  cassazione,  sezione  prima  penale,  sentenza  12  luglio
2018-22 gennaio 2019, n. 2877;  analogamente,  sentenze  24  aprile-9
ottobre 2014, n. 42049 e 15 maggio-6 agosto 2015,  n.  34470).  Cosi'
come non e' in discussione il fatto che il  militare  possa,  e  anzi
debba, non ottemperare a un ordine  in  due  soli  casi:  laddove  il
comando sia manifestamente rivolto contro le istituzioni dello  Stato
o la sua esecuzione costituisca manifestamente reato (Cass. n.  34470
del 2015; in termini, gia' Corte di cassazione, sezione prima penale,
sentenze 28 novembre 2013-29 gennaio 2014,  n.  3969  e  13  dicembre
2011-27 gennaio 2012, n. 3339), oppure quando  l'ordine  non  risulti
conforme alle norme in vigore,  ma,  in  quest'ultimo  caso,  con  il
dovere di darvi seguito quando esso sia confermato. 
    L'Avvocatura generale sottolinea che cio' implicherebbe come,  al
di la' di queste ipotesi, il militare sia sempre tenuto  a  osservare
l'ordine ricevuto, a prescindere da ogni valutazione sulla  finalita'
cui questo e' orientato,  altrimenti  incorrendo  nel  reato  di  cui
all'art. 173 cod. pen. mil. di pace. 
    Fermo  restando  che,  come   ha   chiarito   la   giurisprudenza
costituzionale (ordinanza n. 39 del 2001), deve comunque trattarsi di
ordine «funzionale e strumentale alle esigenze del servizio  o  della
disciplina,  e  comunque  non  eccedente  i  compiti   di   istituto»
(analogamente, Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza  9
novembre 2017-15  gennaio  2018,  n.  1522),  ai  limitati  fini  del
giudizio sulla rilevanza delle sollevate questioni assume  unicamente
rilievo il fatto che la  decisione  assunta  all'esito  del  processo
costituzionale non implausibilmente  influisca  sull'esercizio  della
funzione giurisdizionale, quantomeno sotto il  profilo  del  percorso
argomentativo che sosterra'  la  decisione  del  processo  principale
(sentenze n. 247 del 2021 e n. 20 del 2016; in  senso  analogo,  gia'
sentenze n. 394 del 2006 e n. 148 del 1983): in effetti, in  caso  di
accoglimento, il giudice a quo  sarebbe  preliminarmente  chiamato  a
sciogliere l'interrogativo sulla sussistenza del  reato  in  caso  di
disobbedienza ad un ordine  fondato  su  una  disposizione  di  legge
dichiarata costituzionalmente illegittima. 
    In  definitiva,  pur  restando  fermo  che  al  militare  non  e'
consentito in generale un sindacato sugli ordini  provenienti  da  un
superiore, non puo' considerarsi implausibile la valutazione  operata
dal rimettente, che considera pregiudiziale, per giudicare del  reato
di  disobbedienza,  la  decisione  sulla  questione  di  legittimita'
costituzionale relativa alla disposizione  di  legge  sulla  quale  -
tanto piu' in questa particolare fattispecie, ove opera la riserva di
legge ex art. 32 Cost. - si basa l'ordine della cui disobbedienza  e'
causa. 
    5.- Il giudice a quo  esamina  con  ampiezza,  e  consapevolmente
esclude, la praticabilita' di una interpretazione  costituzionalmente
orientata  della  disposizione  oggetto  di  censure.   Sostiene   il
rimettente che il testo dell'art. 206-bis cod.  ordinamento  militare
non autorizzerebbe a ritenere che il militare  possa  sottrarsi  alla
vaccinazione senza incorrere in sanzioni disciplinari o penali, e che
non sarebbe possibile leggere la disposizione nel senso che  dal  suo
rifiuto discenda unicamente l'impossibilita',  per  l'amministrazione
militare, di impiegarlo nella specifica  condizione  operativa  o  di
servizio cui era destinato. 
    Secondo la costante giurisprudenza  costituzionale,  «l'effettivo
esperimento del tentativo di una  interpretazione  costituzionalmente
orientata - ancorche' risolto dal giudice a quo  con  esito  negativo
per l'ostacolo ravvisato nella lettera della disposizione  denunciata
- consente di superare il vaglio di  ammissibilita'  della  questione
incidentale  sollevata»,  attenendo  al  merito   della   stessa   la
valutazione  sulla  correttezza,  o  meno,  dell'opzione  ermeneutica
prescelta (ex plurimis sentenza n. 219 del 2022; nello stesso  senso,
sentenze n. 203 del 2022, n. 172 e n. 17 del 2021). 
    5.1.- Il rimettente muove, dunque, dal presupposto interpretativo
secondo cui la  disposizione  censurata  prevedrebbe,  a  carico  del
militare, un vero e proprio obbligo di sottoporsi a vaccinazione. 
    Tale presupposto risulta corretto. 
    Per vero, la disposizione censurata non prevede  testualmente  un
"obbligo" di profilassi vaccinale gravante sul personale militare  da
inviare in missione o destinare a specifiche attivita'. Essa  nemmeno
esplicita le sanzioni derivanti dalla violazione di tale obbligo. 
    A tal proposito, in termini generali, va in primo luogo osservato
che se il significato desumibile da una disposizione  renda  evidente
che si e' in presenza di un effettivo obbligo di vaccinazione, non e'
certo la mancata sua letterale menzione a sottrarre la norma  che  lo
configuri  dal  necessario  rispetto  delle  prescrizioni  desumibili
dall'art. 32 Cost. 
    In secondo luogo, sottolinea questa Corte  che,  laddove  intenda
introdurre un trattamento sanitario obbligatorio, il legislatore deve
ispirarsi a chiarezza prescrittiva, con riferimento sia all'esistenza
stessa dell'obbligo,  sia  alle  conseguenze  che  si  intendano  far
derivare dalla sua violazione, poiche' anche queste ultime, in quanto
previste, «concorrono in maniera sostanziale a  conformare  l'obbligo
stesso e  a  calibrare  il  bilanciamento  tra  i  diversi  interessi
costituzionalmente rilevanti» (sentenza n. 5 del 2018). 
    Tutto cio' posto, ne deriva, con riferimento al caso  di  specie,
che ne' l'assenza testuale del  termine  "obbligo",  ne'  la  mancata
espressa previsione delle sanzioni conseguenti  alla  sua  violazione
possono indurre a qualificare il precetto in parola solo alla stregua
di un onere incombente sull'amministrazione militare. 
    A un simile risultato interpretativo potrebbe  condurre,  invero,
una lettura isolata del comma 1 della disposizione censurata, ai  cui
sensi  la  sanita'  militare  puo'  dichiarare  «indispensabile»   la
somministrazione al personale militare di talune profilassi vaccinali
«per  poterlo  impiegare  in  particolari  e  individuate  condizioni
operative o di servizio». 
    La circostanza che la sanita' militare, se intende utilizzare  in
tal modo il militare, debba cosi' procedere e' fuor di dubbio, ma  e'
da  escludere  che  questo  soltanto   sia   il   significato   della
disposizione. Infatti, il comma 3  del  medesimo  art.  206-bis  cod.
ordinamento militare stabilisce che, «[s]e il militare da  sottoporre
a profilassi vaccinale rappresenta documentati  motivi  sanitari  per
non sottoporsi alla profilassi stessa, la valutazione  di  merito  e'
rimessa  alla   commissione   medica   ospedaliera   competente   per
territorio». Sebbene il precetto non espliciti i possibili  esiti  ed
effetti dell'esame rimesso alla commissione  medica,  la  circostanza
stessa di aver regolato, con espressa previsione, la sola fattispecie
relativa  al  militare  che  "non  puo'"  vaccinarsi  -   il   quale,
all'evidenza, non potra' subire per cio' stesso conseguenze  negative
- consente di ritenere che a differente trattamento sia destinato  il
militare che "non vuole" vaccinarsi. 
    Non erra pertanto il rimettente quando  afferma  che  proprio  il
contenuto normativo del comma 3 induce a concludere che  al  militare
non e' consentito  sottrarsi  alla  vaccinazione  indispensabile  per
l'impiego in missione, se non per «documentati motivi sanitari». 
    Allo stesso modo, e' corretto ritenere che, avendo per  l'appunto
introdotto un  obbligo,  l'art.  206-bis  cod.  ordinamento  militare
contempla «la possibilita' che [il relativo] adempimento sia  oggetto
di un ordine», disattendendo  il  quale  il  militare  incorre  nelle
conseguenze  normalmente  previste  dalle   norme   di   un   settore
strutturalmente   informato   ai   principi   della    gerarchia    e
dell'obbedienza (il giudice a  quo  rammenta,  in  proposito,  quanto
prevede, al  punto  5.6,  la  direttiva  tecnica  introdotta  con  il
d.interm. 16 maggio 2018, ai cui sensi il rifiuto del  militare  alla
somministrazione, laddove non vi siano controindicazioni, deve essere
«annotato e controfirmato sulla  scheda  vaccinale  e  notificato  al
Comandante di Corpo per i provvedimenti di competenza»). 
    5.2.- I lavori preparatori della norma censurata  confermano,  in
ogni caso, che essa introduce effettivamente un obbligo. 
    Prima dell'entrata in vigore del censurato art. 206-bis a seguito
dell'approvazione del d.lgs. n. 91 del 2016, la specifica  profilassi
vaccinale per il personale militare era  stabilita  dal  decreto  del
Ministero della difesa 31 marzo 2003  (Aggiornamento  delle  schedule
vaccinali e  delle  altre  misure  di  profilassi  per  il  personale
militare). Tale atto si richiamava all'art. 132 del regio decreto  17
novembre 1932, n. 2544 (Regolamento sul servizio  sanitario  militare
territoriale) - peraltro abrogato dall'art. 2269, comma 1, numero 70,
del d.lgs. n. 66 del 2010 -, disposizione che  indicava  nominalmente
alcune vaccinazioni «di regola praticate» (nella specie: antivaiolosa
e  antitifo-paratifica-antitetanica),  oltre  quelle  «che  potessero
eventualmente ed in casi speciali essere ordinate». 
    La prassi applicativa di queste regole sulla profilassi vaccinale
e' stata oggetto di specifico  esame  da  parte  di  due  Commissioni
parlamentari d'inchiesta.  Nella  relazione  finale  approvata  il  9
gennaio 2013, la Commissione d'inchiesta del Senato della  Repubblica
(istituita con delibera del 16 marzo 2010 per indagare  sui  casi  di
morte e gravi malattie che  avevano  colpito  il  personale  militare
impiegato  sia  all'estero  che  in  particolari  contesti  operativi
nazionali) osservava come - proprio perche' non disciplinata in fonte
primaria,  e  alla  luce  della  riserva  di  legge  prevista   dalla
Costituzione - l'imposizione di profilassi vaccinale  «non  [potesse]
derogare al principio costituzionale della volontarieta'». Ne traeva,
altresi', la conseguenza che occorresse ritenere «non sanzionabile il
rifiuto motivato di sottoporsi [...] a pratiche vaccinali,  da  parte
del personale militare». 
    Per parte sua, la  relazione  finale  dell'ulteriore  Commissione
d'inchiesta successivamente istituita presso la Camera  dei  deputati
(con delibera del 30 giugno 2015 per indagare, anch'essa, sui casi di
morte e gravi malattie che  avevano  colpito  i  militari,  anche  in
correlazione  alla  somministrazione  di   vaccini),   si   esprimeva
criticamente, sia in riferimento alle modalita' di esecuzione di tale
profilassi - che in questo  caso  l'organo  parlamentare  qualificava
come «obbligatoria» - sia in ordine  alle  valutazioni  propedeutiche
alla vaccinazione e alle procedure di  osservazione  successive  alla
somministrazione (in tal senso, la  relazione  approvata  in  data  7
febbraio 2018). 
    Nelle more del lavoro svolto da quest'ultima Commissione,  e'  di
particolare rilievo il procedimento che conduce all'approvazione  del
d.lgs. n. 91 del 2016, che avrebbe introdotto proprio il  nuovo  art.
206-bis  cod.  ordinamento  militare,  cioe'  la   disposizione   qui
censurata. 
    Accogliendo  osservazioni  e  richieste  emerse  dalle  inchieste
parlamentari, lo schema di decreto legislativo approvato dal  Governo
elevava al rango di fonte primaria  la  disciplina  sulla  profilassi
vaccinale per  il  personale  militare,  prescrivendo  il  necessario
rispetto da parte della sanita' militare di protocolli sanitari,  con
l'obiettivo di  fornire  un  «quadro  normativo  chiaro»  (in  questi
termini, la relazione illustrativa di accompagnamento). 
    Inoltre, per quanto qui  maggiormente  rileva,  l'art.  12  dello
schema   di   decreto   legislativo   presentato   alle   Commissioni
parlamentari per il relativo parere  prevedeva  espressamente,  nella
sua prima versione, a partire dalla stessa rubrica, un  «obbligo»  di
vaccinazione. Al contempo, in questa versione era invece assente  una
disciplina specifica (quella che sarebbe poi stata inserita nel comma
3  della  versione  definitiva)  sulla  segnalazione,  da  parte  del
militare, di controindicazioni sanitarie al trattamento. 
    Nel corso dell'esame dello  schema  di  decreto  legislativo,  il
Presidente della Commissione d'inchiesta invio' al  Presidente  della
Commissione difesa della Camera dei deputati una lettera  in  cui  si
prospettava l'opportunita' di chiedere al Governo  di  sopprimere  la
norma «nella parte  in  cui  si  introduce  l'obbligo  di  profilassi
vaccinale del personale  militare»,  e  di  provvedere  «piuttosto  a
sancire un espresso obbligo, a carico  degli  organi  competenti  del
Ministero della difesa, di svolgere, prima di iniziare le  profilassi
vaccinali, ulteriori adempimenti riferiti  alla  somministrazione  di
vaccini» (si veda il resoconto della seduta della Commissione  difesa
del 12 aprile 2016). 
    Dando seguito a tale richiesta, la Commissione difesa adottava un
parere  favorevole  con   condizioni,   proponendo   un   testo   con
formulazione  simile  a  quello  poi  effettivamente  licenziato  dal
Governo.  Veniva   cosi'   espunto   ogni   riferimento   al   regime
dell'«obbligo» (sia nella rubrica, sia  nel  comma  1),  e  la  norma
veniva al contempo integrata con il contenuto dell'attuale comma 3. 
    Nell'illustrare la  proposta,  il  Presidente  della  Commissione
difesa osservava che si era in questo modo «cercato di realizzare  un
punto di equilibrio  tra  le  esigenze  della  Difesa  di  assicurare
l'interesse della collettivita', che  impone  un'adeguata  profilassi
sanitaria  del  personale  militare,  e  il  diritto  del  singolo  a
sottrarsi alle vaccinazioni,  quando  sussistano  documentati  motivi
sanitari che giustifichino questa esenzione» (seduta  del  19  aprile
2016). 
    In definitiva, i lavori preparatori confermano che del "punto  di
equilibrio" raggiunto in sede parlamentare fanno parte, da  un  lato,
nonostante la  sua  mancata  espressa  menzione,  l'esistenza  di  un
obbligo  vaccinale  in  funzione  della   protezione   della   salute
collettiva  e  individuale,  nonche'  in   ragione   delle   esigenze
dell'amministrazione militare, e, dall'altro, la tutela della  salute
del singolo in presenza di motivi sanitari che  possono  giustificare
la sottrazione all'obbligo. 
    6.- Le tre distinte censure formulate dal  rimettente  presentano
quale comune denominatore la  dedotta  violazione  della  riserva  di
legge prevista dall'art. 32 Cost. 
    Una di tali doglianze assume rilievo logicamente  prioritario,  e
dunque potenzialmente assorbente: precisamente quella secondo cui  la
riserva di legge in questione non sarebbe  soddisfatta,  nell'ipotesi
in cui il legislatore abbia delegato a fonti  secondarie  o  ad  atti
amministrativi - e dunque non abbia esso stesso operato -  la  scelta
«in punto di individuazione delle singole  tipologie  di  trattamenti
sanitari obbligatori». 
    Nella  sostanza,  si  tratta   di   chiarire   cosa   significhi,
nell'ambito  dell'art.  32,   secondo   comma,   Cost.,   l'aggettivo
«determinato» che accompagna la locuzione «trattamento sanitario» e a
quale fonte spetti stabilirne  l'individuazione;  dovendosi  altresi'
valutare il rilievo assunto dal settore - nel caso di  specie  quello
dell'ordinamento e della sanita' militari - nel cui ambito  la  legge
introduca un trattamento obbligatorio. 
    7.- La questione e' fondata, nei limiti di seguito precisati. 
    7.1.- Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la legge
impositiva di un trattamento sanitario risulta compatibile con l'art.
32 Cost. solo se, in primo luogo, tale trattamento sia  «diretto  non
solo a migliorare o a preservare lo stato di  salute  di  chi  vi  e'
assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli  altri»;
in secondo luogo, se vi  sia  «la  previsione  che  esso  non  incida
negativamente [sul suo] stato di salute», «salvo che per quelle  sole
conseguenze,  che,  per  la  loro  temporaneita'  e  scarsa  entita',
appaiano  normali  di  ogni   intervento   sanitario   e,   pertanto,
tollerabili»; infine, se in caso di «danno  ulteriore»,  nell'ipotesi
di  «malattia  contratta  per  contagio   causato   da   vaccinazione
profilattica», sia  garantita  un'«equa  indennita'»  in  favore  del
danneggiato (sentenza n. 258 del 1994; requisiti da  ultimo  ribaditi
nelle sentenze n. 15 e n. 14 del 2023). 
    Nello  statuire  che  «[n]essuno  puo'  essere  obbligato  a   un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di  legge»,
la Costituzione ha introdotto una riserva di legge relativa (sentenza
n. 258 del 1994), ma rinforzata per contenuto, stante  il  necessario
«rispetto  della  persona  umana»  prescritto   dall'ultimo   periodo
dell'art. 32, secondo comma, Cost. Cosi', mentre  per  i  trattamenti
sanitari coercibili valgono le  ulteriori  e  piu'  intense  garanzie
previste per le restrizioni alla liberta' personale, tra le quali  e'
annoverata  l'osservanza  di  una  riserva  di  legge   assoluta,   i
trattamenti sanitari obbligatori trovano nella  riserva  relativa  di
cui all'art. 32 Cost. il proprio fondamento e i propri limiti. 
    Questa Corte ha gia' affermato, con riferimento  alla  disciplina
per l'assegnazione nelle residenze per l'esecuzione delle  misure  di
sicurezza, che, «[q]uanto meno  allorche'  un  dato  trattamento  sia
configurato dalla  legge  non  soltanto  come  "obbligatorio"  -  con
eventuale previsione di sanzioni a carico di chi  non  si  sottoponga
spontaneamente ad esso -, ma anche come "coattivo" - potendo  il  suo
destinatario essere costretto con la forza a sottoporvisi,  sia  pure
entro il limite segnato  dal  rispetto  della  persona  umana  -,  le
garanzie dell'art. 32, secondo comma, Cost. debbono sommarsi a quelle
dell'art. 13 Cost., che tutela in via generale la liberta' personale,
posta in causa in ogni caso di coercizione che abbia  ad  oggetto  il
corpo della persona (sentenza  n.  238  del  1996).  Con  conseguente
necessita' che la legge preveda anche i "modi", oltre che  i  "casi",
in cui un simile trattamento - che lo stesso art. 32, secondo  comma,
Cost. esige  d'altronde  sia  "determinato",  e  dunque  descritto  e
disciplinato dalla legge - puo' essere eseguito  contro  la  volonta'
del paziente» (sentenza n. 22 del 2022). 
    Anche alla luce di tale confronto tra  trattamenti  coercibili  e
obbligatori, emerge che  l'art.  32,  secondo  comma,  Cost.  non  fa
ricadere sul legislatore l'obbligo di introdurre  una  disciplina  in
tutto compiuta, e che per taluni profili e'  consentito  l'intervento
di ulteriori atti normativi in funzione integrativa. 
    Un'attivita' regolatoria  secondaria  e'  dunque  legittima,  con
riferimento ad aspetti della materia che  richiedono  «determinazioni
[...] tali da dover essere conformate a  circostanze  e  possibilita'
materiali varie e variabili, e quindi non  facilmente  regolabili  in
concreto secondo generali e stabili previsioni legislative» (sentenza
n. 383 del 1998, con riferimento all'art. 33 Cost.).  Cosi'  come  e'
consentito all'amministrazione adottare atti chiamati a specificare e
concretizzare il complesso dei precetti normativi. 
    Questa Corte ha pero' gia' precisato che il carattere relativo di
una riserva di legge  «non  relega  [...]  la  legge  sullo  sfondo»:
quest'ultima non puo'  ridursi  ad  una  prescrizione  normativa  «in
bianco», senza che risultino definiti contenuti  e  modi  dell'azione
amministrativa  limitativa  della  sfera  generale  di  liberta'  dei
cittadini (sentenza n. 5 del 2021, che richiama la  sentenza  n.  115
del 2011). 
    7.2.- Nella materia dei trattamenti sanitari obbligatori, va  qui
aggiunto, l'esigenza che  risultino  circoscritti  contenuti  e  modi
dell'intervento    normativo    sub-legislativo     e     dell'azione
amministrativa  e'  presidiata  dalla  Costituzione  con  particolare
intensita'. Infatti,  l'art.  32,  secondo  comma,  Cost.  stabilisce
testualmente  che  a   poter   essere   imposto   «per   disposizione
legislativa» e' «un determinato» trattamento sanitario. 
    I lavori della Assemblea  costituente  mostrano  che  l'aggettivo
«determinato» non compariva nella proposta adottata dalla Commissione
per la Costituzione, differentemente formulata: «[n]essun trattamento
sanitario puo' essere reso obbligatorio se non per legge» (testo  del
Progetto di Costituzione elaborato  all'esito  della  seduta  del  28
gennaio 1947 e presentato il successivo 31 gennaio). Fu  per  effetto
di un emendamento presentato nel plenum dell'Assemblea che si ritenne
di modificare la struttura della  disposizione  e,  per  quanto  piu'
conta, di introdurre il termine «determinato». Nell'intendimento  del
suo promotore (primo firmatario, on. Caronia),  ne  sarebbe  derivata
una formulazione «piu' precisa» (seduta del 24 aprile 1947). 
    Cio' posto, e' certo che la "determinazione" del trattamento  non
e' scelta  delegabile  a  fonti  sub-legislative,  trattandosi  della
individuazione stessa della misura sanitaria che si intende  imporre,
e dunque di un contenuto normativo essenziale della disciplina. 
    L'interrogativo da sciogliere, con particolare  riferimento  alle
profilassi vaccinali oggetto dell'odierno giudizio, e', pero',  quale
sia il  grado  di  "precisione"  richiesto  al  legislatore:  se  sia
sufficiente, come prevede  l'attuale  testo  dell'art.  206-bis  cod.
ordinamento militare, l'indicazione  della  generica  "tipologia"  di
trattamento imposta - una profilassi vaccinale -  accompagnata  dalla
previsione di criteri che orientano l'amministrazione nella selezione
dei  vaccini  che  dovranno   essere   effettivamente   somministrati
obbligatoriamente; oppure se sia indispensabile che la  legge  stessa
specifichi anche il vaccino esigibile, e dunque la  patologia,  o  le
patologie,  che  quel  vaccino  sia   indirizzato   a   prevenire   e
contrastare. 
    Ora, la previsione di un obbligo di profilassi vaccinale che  non
specifichi per quale scopo (ovvero per prevenire l'infezione da quale
malattia)  la  somministrazione  e'  pretesa  non  puo'  che  rendere
"indeterminato" il trattamento sanitario imposto, e dunque vanificato
quel carattere di precisione che la stessa Assemblea  costituente  ha
inteso imprimere nella riserva di legge ex art. 32 Cost. 
    D'altra parte, lo stesso legislatore, quando ha voluto introdurre
obblighi vaccinali - da ultimo anche con l'assoggettamento di  alcune
categorie professionali, compreso il personale del comparto difesa, e
degli  ultracinquantenni,  alla  vaccinazione   obbligatoria   contro
l'infezione da COVID-19 (sentenze n. 15 e n. 14 del  2023)  -  lo  ha
fatto mediante l'individuazione del vaccino relativo  alla  patologia
che si intende contrastare. 
    7.3.- E' anzitutto attraverso l'indicazione, cosi' intesa,  dello
specifico vaccino,  a  realizzarsi,  ad  opera  del  legislatore,  il
bilanciamento, presupposto dall'art. 32, secondo  comma,  Cost.,  tra
libera determinazione individuale e tutela della  salute  collettiva:
decidere  da  quale  specifica  patologia  si  intenda  difendere  la
collettivita'  ricorrendo  a  questo   trattamento   e'   il   primo,
indispensabile passaggio nell'ambito del percorso che il  legislatore
compie, assumendosene la responsabilita', verso l'obbligo  vaccinale,
e garantisce altresi' la necessaria  conoscibilita'  del  trattamento
imposto. Correlativamente, questa stessa  indicazione  e'  essenziale
per   consentire,   nella   sede   del   giudizio   di   legittimita'
costituzionale sulle leggi,  il  sindacato  di  non  irragionevolezza
della scelta legislativa. 
    Sono proprio il livello di gravita' della specifica  patologia  e
la sua capacita' di diffondersi, insieme al grado di sicurezza  della
relativa profilassi vaccinale, a costituire gli  essenziali  elementi
che entrano a far  parte  del  giudizio  di  questa  Corte.  Infatti,
secondo    la    costante    giurisprudenza    costituzionale,     la
discrezionalita'   legislativa   nell'imposizione   degli    obblighi
vaccinali deve essere esercitata alla luce delle  diverse  condizioni
sanitarie ed  epidemiologiche,  accertate  dalle  autorita'  preposte
(sentenza  n.  268  del  2017),  e  delle  acquisizioni,  sempre   in
evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il  legislatore
nell'esercizio delle sue scelte in materia (sentenze n. 15  e  n.  14
del 2023, n. 5 del 2018 e n. 282 del 2002). Inoltre, proprio a fronte
della scelta  del  vaccino,  questa  Corte  e'  nelle  condizioni  di
valutare  la  non  irragionevolezza  e   la   non   sproporzionalita'
dell'introduzione dell'obbligo e delle specifiche conseguenze che  il
legislatore abbia voluto accostare alla sua violazione. 
    8.- A fronte di tutto quanto sin qui  detto,  il  comma  1  della
disposizione censurata stabilisce che la  sanita'  militare  dichiara
indispensabile  la  sottoposizione  del   militare   a   «specifiche»
profilassi vaccinali, per destinarlo  a  «particolari  e  individuate
condizioni operative o di servizio», ma non  predetermina  i  vaccini
che possono essere imposti al militare, ovverosia le patologie che si
intende contrastare. 
    Cosi' facendo, l'art. 206-bis, comma 1, cod. ordinamento militare
non adempie alla necessita'  che  sia  «determinato»,  come  richiede
l'art. 32, secondo comma, Cost., il trattamento sanitario da imporre. 
    Non sfugge a questa Corte che al  legislatore,  esattamente  come
consente la riserva di legge relativa prescritta  dalla  disposizione
costituzionale in esame, e' permesso modulare il  proprio  intervento
normativo tenendo conto della sussistenza di particolari esigenze  di
flessibilita' connesse allo specifico contesto  nel  quale  l'obbligo
vaccinale e' introdotto. 
    Questo  aspetto  e'  particolarmente  evidente  nel  caso   della
profilassi destinata  al  personale  militare.  Tale  personale  puo'
infatti essere impiegato in molteplici scenari operativi, in Italia e
all'estero, dunque in destinazioni e contesti connotati, ciascuno, da
un  proprio,  e  peraltro  variabile,  rischio   epidemiologico,   da
valutarsi anche alla stregua delle concrete modalita' di  svolgimento
e  di  durata  della  missione,  nonche'  delle  attivita'  che  essa
richiede. 
    In un simile contesto, da un lato, l'esigenza  costituzionale  di
"determinazione" del trattamento deve essere soddisfatta dalla  fonte
primaria, quanto meno nella forma  dell'elenco  dei  vaccini  cui  il
militare puo' essere  obbligatoriamente  sottoposto,  ai  fini  sopra
indicati. 
    Dall'altro, la ricordata esigenza di flessibilita'  reclama,  sia
l'intervento di atti normativi  subordinati  che,  entro  la  cornice
dell'elenco fissato in legge, specifichino - in base a criteri a loro
volta legislativamente previsti  -  i  parametri  da  osservarsi  per
selezionare i vaccini a seconda delle diverse condizioni di  impiego;
sia l'intervento puntuale dell'amministrazione, che, in base a questo
quadro normativo, stabilisca concretamente, di volta in volta,  quale
profilassi   imporre   al   militare.   Cio'   nell'ambito   di   una
discrezionalita' da esercitarsi sulla base di valutazioni soggette al
sindacato   di    attendibilita'    tecnico-scientifica    esperibile
dall'autorita' giurisdizionale (tra le recenti, Consiglio  di  Stato,
sezione terza, sentenza 5 dicembre 2022, n. 10648  e  sezione  sesta,
sentenza 5 dicembre 2022, n. 10624). 
    La disposizione censurata non si sottrae al compito di  orientare
la sanita' militare nel senso appena indicato, giacche'  precisa,  al
comma 1, che le profilassi vaccinali,  secondo  appositi  protocolli,
devono essere  funzionali  a  impiegare  il  personale  militare  «in
particolari e individuate condizioni operative o di servizio, al fine
di garantire la salute dei singoli  e  della  collettivita'»;  e,  al
comma 2, specifica analiticamente il contenuto dei citati protocolli,
con particolare  riguardo  alle  modalita'  di  somministrazione  dei
vaccini (mentre il comma 3 esprime un contenuto di  garanzia  per  il
militare quanto alla verifica dei motivi sanitari che possono  ostare
alla vaccinazione, significato che il comma mantiene anche  all'esito
dell'odierno giudizio). 
    Si sottrae,  tuttavia,  come  detto,  al  compito  essenziale  di
fornire determinatezza all'obbligo vaccinale che intende  introdurre,
omettendo  di  individuare,  quantomeno,  l'elenco  dei  vaccini  che
possono essere resi obbligatori alla luce delle diverse condizioni di
impiego del personale militare. 
    Per questo, l'art. 206-bis, comma 1, cod. ordinamento militare e'
costituzionalmente  illegittimo  nella  parte  in  cui  autorizza  la
sanita' militare a imporre al personale militare la  somministrazione
di specifiche profilassi vaccinali, senza che esse siano  previamente
individuate in via legislativa. 
    Spetta naturalmente allo stesso  legislatore,  in  ragione  della
fisiologica evoluzione del  dato  medico-scientifico  e  del  variare
dello stesso rischio epidemiologico che connota i molteplici contesti
in cui puo'  essere  impiegato  il  personale  militare,  l'onere  di
aggiornare, quando necessario, il catalogo dei vaccini potenzialmente
obbligatori. 
    Fino a quando il legislatore non avra' provveduto al  compito  di
fornire determinatezza al trattamento sanitario imposto  nei  termini
qui indicati, resta  dunque  inteso  che,  all'esito  della  presente
pronuncia, il comma 1 dell'art. 206-bis cod. ordinamento militare non
puo' fondare un obbligo vaccinale per il militare. 
    9.- Restano assorbiti gli ulteriori profili  di  censura  evocati
dal rimettente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 206-bis, comma
1,  del  decreto  legislativo  15   marzo   2010,   n.   66   (Codice
dell'ordinamento militare), introdotto dall'art. 12, comma 1, lettera
a), del decreto legislativo  26  aprile  2016,  n.  91  (Disposizioni
integrative e correttive ai decreti legislativi 28 gennaio 2014, n. 7
e 8, adottate ai sensi dell'articolo  1,  comma  5,  della  legge  31
dicembre 2012, n. 244), nella  parte  in  cui  autorizza  la  sanita'
militare a imporre  al  personale  militare  la  somministrazione  di
specifiche profilassi vaccinali, senza  che  esse  siano  previamente
individuate in via legislativa. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2023. 
 
                                F.to: 
                     Silvana SCIARRA, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2023. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA