N. 87 SENTENZA 24 - 30 maggio 1977

                                  N. 87
                         SENTENZA 24 MAGGIO 1977
                Deposito in cancelleria: 30 maggio 1977.
                      Pres. ROSSI - Rel. ROEHRSSEN
     Conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato - Presidente del
 Consiglio e Autorita' giudiziaria - Rifiuto del  primo  di  trasmettere
 alla  seconda,  nella  loro integralita', documenti ritenuti coperti da
 segreto politico-militare - Omesso deposito del ricorso presso la Corte
 nel termine decorrente dall'avvenuta notificazione  al  Presidente  del
 Consiglio dei ministri - Inammissibilita' del ricorso.
     Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri dello Stato - Procedimento
 Fasi - Autonomia - Seconda fase:  ha inizio con il deposito  presso  la
 Corte del ricorso con la prova delle eseguite notificazioni.
(GU n.148 del 1-6-1977 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     composta  dai  signori: Prof. PAOLO ROSSI, Presidente - Dott. LUIGI
 OGGIONI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Avv.   LEONETTO
 AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof.  GUIDO
 ASTUTI  -  Dott.  MICHELE  ROSSANO  - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof.
 LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHERSSEN - Avv. ORONZO REALE -  Dott.
 BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv.  ALBERTO MALAGUGINI, Giudici,
     ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel  giudizio promosso con ricorso del giudice istruttore presso il
 tribunale di Torino,  iscritto  al  n.    30  del  registro  1976,  per
 conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito del
 rifiuto  da  parte  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   di
 trasmettere   all'Autorita'   giudiziaria,   nella  loro  integralita',
 documenti ritenuti coperti da segreto politico- militare.
     Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
     udito  nell'udienza pubblica del 13 aprile 1977 il Giudice relatore
 Guglielmo Roehrssen;
     udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per
 il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     Con ricorso 5 maggio 1976 il giudice istruttore presso il tribunale
 di Torino, nel corso di un procedimento penale  promosso  a  carico  di
 Sogno Rata del Vallino Edgardo, Cavallo Luigi ed altri, ha sollevato un
 conflitto  di  attribuzione  nei confronti del Presidente del Consiglio
 dei ministri.
     Esponeva che, in seguito a richiesta fatta al Servizio Informazioni
 Difesa, perche' fosse  trasmesso  il  carteggio  relativo  all'imputato
 Sogno, il S.I.D.  trasmetteva parte del carteggio esistente, precisando
 che   i   restanti   documenti  non  potevano  essere  esibiti  perche'
 riferentisi   a   materia   connessa   a   "specifica   attivita'    di
 controspionaggio". Il giudice istruttore esponeva di essersi rivolto al
 Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  chiedendo  se  confermasse
 l'esistenza del segreto politico- militare. Il Presidente del Consiglio
 rispondeva che  il  carteggio  non  esibito  "rientrava  nella  materia
 connessa  a  specifica  attivita'  di controspionaggio", in relazione a
 dati formali soggettivi (nomi  di  personaggi  stranieri  e  di  agenti
 informatori, sigle di operazioni di CS, denominazione di uffici addetti
 alle  operazioni  ed  altri  elementi analoghi) da mantenersi segreti a
 tutela d'interessi politici e militari".  Peraltro,  poiche'  sotto  il
 profilo del contenuto tale carteggio non conteneva notizie di carattere
 segreto,  veniva disposta la sua trasmissione previa obliterazione "dei
 dati formali soggettivi suindicati".
     Il giudice  istruttore  di  Torino  lamentava  che  l'obliterazione
 avrebbe  investito  anche  dati  sostanziali  e comunque che il segreto
 opposto dal Presidente del Consiglio potrebbe investire  legittimamente
 i  nomi  degli agenti informatori e gli altri dati relativi agli uffici
 ed  alle  operazioni  dei  Servizi  di  sicurezza,  ma   non   potrebbe
 altrettanto  legittimamente investire i nomi dei cittadini stranieri ai
 quali ha accennato il  Presidente  del  Consiglio,  in  quanto  costoro
 potrebbero  assumere  la  qualita'  di  correi  - per avere contribuito
 finanziariamente  a  quell'attivita'  dell'imputato  Sogno  che,  dalla
 restante   documentazione   processuale,   apparirebbe   avere  assunto
 rilevanza penale -  e  non  vi  sarebbe  ragione  per  assicurare  loro
 l'impunita'.
     Secondo  il  giudice di Torino l'Esecutivo, ponendo "un illegittimo
 sbarramento al potere dovere del giudice di acquisire gli  elementi  di
 prova   necessari  per  la  prosecuzione  dell'azione  penale"  avrebbe
 interferito nelle funzioni giurisdizionali: di qui la  necessita'  -  a
 suo  parere  -  che la Corte costituzionale valuti se nella fattispecie
 possa essere lesiva per la  sicurezza  delle  istituzioni  dello  Stato
 l'acquisizione da parte dell'A.G. dei suddetti nominativi.
     Questa  Corte  con  ordinanza  n.  49  del 1977 riteneva il ricorso
 ammissibile ai sensi dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953 disponendo
 che esso fosse comunicato, unitamente all'ordinanza stessa, a cura  del
 ricorrente, al Presidente del Consiglio dei ministri.
     Poiche'  il giudice istruttore di Torino, con sentenza del 5 maggio
 1976, aveva trasmesso il procedimento penale nel corso  del  quale  era
 insorto  il  conflitto  al  giudice  istruttore  del tribunale di Roma,
 ritenendolo competente per territorio a proseguire il processo,  questa
 Corte  disponeva  che  la cancelleria desse comunicazione della propria
 ordinanza anche al giudice istruttore del tribunale di Roma.
     L'autorita'  giudiziaria,  pur   provvedendo   alla   notifica   al
 Presidente  del  Consiglio  dei ministri, non compiva il nuovo deposito
 del ricorso,  prescritto  dall'art.    26,  terzo  comma,  delle  Norme
 integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale, ne'
 provvedeva a costituirsi ai sensi del comma successivo.
     Si  e'  costituita,  invece,  l'Avvocatura  dello  Stato   per   il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, chiedendo che il ricorso sia
 dichiarato inammissibile o comunque respinto, sostanziandosi non in una
 contestazione  del  potere  dell'Esecutivo  in   materia   di   segreto
 politico-militare,  bensi'  nel  modo  in  cui  tale  potere  e'  stato
 esercitato.
                         Considerato in diritto:
     Il ricorso proposto dall'Autorita' giudiziaria contro il Presidente
 del Consiglio dei  ministri  non  e'  stato  ritualmente  proseguito  e
 pertanto deve essere dichiarato inammissibile.
     La  legge  11 marzo 1953, n. 87 (art. 37), sulla costituzione ed il
 funzionamento della Corte costituzionale, prevede, in caso di conflitti
 di attribuzione fra poteri dello Stato, una particolare procedura,  che
 si  articola  in  due  fasi:  la  prima  e'  diretta  alla  delibazione
 dell'ammissibilita' in astratto del  ricorso  col  quale  il  conflitto
 viene  sollevato,  sotto  il profilo dell'esistenza della materia di un
 conflitto  la  cui  risoluzione  spetti  alla  competenza  della  Corte
 costituzionale,  in  quanto  insorto fra organi competenti a dichiarare
 definitivamente  la  volonta'  del  potere  cui  appartengono,  per  la
 definizione  della  sfera  di   attribuzioni   determinata   da   norme
 costituzionali.  La  seconda  fase - eventuale - e' destinata all'esame
 del merito.
     La prima fase si svolge  senza  contraddittorio  fra  le  parti,  a
 seguito  del  deposito  da  parte  dell'autorita' ricorrente, presso la
 cancelleria della Corte, del ricorso sul quale s'intende  provocare  la
 pronuncia  di  ammissibilita'  (art.  26,  primo e secondo comma, delle
 Norme integrative per i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale,
 pubblicate nella G.U. n.  71 del 1956).
     Essa si chiude o con una pronuncia d'inammissibilita', che preclude
 in  modo  definitivo  il  passaggio alla seconda fase del procedimento,
 ovvero con un'ordinanza di ammissibilita', la quale invece  costituisce
 un  provvedimento, che lascia impregiudicata, una volta costituitosi il
 contraddittorio, ogni diversa e definitiva decisione  anche  in  ordine
 alla concreta ammissibilita' del conflitto, ed ha come unico effetto di
 autorizzare il ricorrente a provocare l'apertura della seconda fase.
     Data  l'autonomia  delle  due fasi, affinche' si apra ritulmente la
 seconda  fase  e'  necessario  (art.  26,  terzo  comma,  delle   Norme
 integrative  sopra  citate)  che  il  ricorrente notifichi il ricorso e
 l'ordinanza di ammissibilita' agli  organi  interessati,  ed  entro  20
 giorni  dall'ultima  notificazione depositi presso la cancelleria della
 Corte il ricorso stesso con la prova delle notificazioni eseguite: tale
 deposito e' l'atto che apre la seconda fase del procedimento.
     Nel caso in esame la prima fase del procedimento si era chiusa  con
 l'ordinanza  n. 49 del 1977, con la quale questa Corte disponeva che la
 propria cancelleria  desse  comunicazione  dell'ordinanza  medesima  ai
 giudici  istruttori  dei tribunali di Torino e di Roma e che il giudice
 istruttore di Torino notificasse il ricorso  e  l'ordinanza  stessa  al
 Presidente del Consiglio dei ministri.
     Avvenute  le  comunicazioni  suddette da parte della cancelleria di
 questa Corte ai giudici istruttori di Roma e di Torino, quest'ultimo ha
 provveduto a far notificare il ricorso e l'ordinanza al Presidente  del
 Consiglio dei ministri, ma ha omesso di depositare il ricorso presso la
 cancelleria di questa Corte entro 20 giorni dall'avvenuta notificazione
 al Presidente del Consiglio dei ministri.
     Ne   deriva  l'inammissibilita'  del  ricorso,  dovendosi  ritenere
 applicabili in materia - per il richiamo  fattone  dall'art.  22  della
 legge  n.  87  del  1953  -  i  principi  della  normativa  dettata dal
 Regolamento  di  procedura  dinanzi  al  Consiglio  di  Stato  in  sede
 giurisdizionale,  il quale, in connessione con l'art. 36 del t.u. delle
 leggi sul Consiglio stesso (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054),  prevede  la
 decadenza del ricorso per l'omesso deposto.
                            PER QUESTI MOTIVI
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     dichiara  inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione di
 cui in epigrafe, sollevato dal giudice istruttore presso  il  tribunale
 di Torino.
     Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.
                                   F.to: PAOLO ROSSI - LUIGI  OGGIONI  -
                                   VEZIO  CRISAFULLI  -  NICOLA  REALE -
                                   LEONETTO AMADEI  -  GIULIO  GIONFRIDA
                                   EDOARDO  VOLTERRA  -  GUIDO  ASTUTI -
                                   MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO
                                   - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN
                                   - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI
                                   DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI
                                   GIOVANNI VITALE - Cancelliere