N. 11 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 aprile 1992
N. 11 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 13 aprile 1992 (della regione Liguria) Edilizia e urbanistica - Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante i piani di cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica - Previsione dell'obbligo delle regioni di impartire direttive per la vendita di fabbricati nei quali coloro che intendano acquistare costituiscano almeno il 50% dei locatari - Possibilita' dell'ente gestore di vendere egualmente gli alloggi richiesti anche qualora gli acquirenti rappresentino meno del 50% degli alloggi costituenti il fabbricato - Facolta' delle regioni di autorizzare l'ente gestore a rifiutare le richieste di acquisto inferiori al 50% degli alloggi del fabbricato qualora lo stesso non ravvisi l'opportunita' della vendita, motivandone analiticamente le ragioni - Inclusione in detta disciplina anche degli immobili realizzati con risorse proprie da parte degli enti gestori - Previsione per questi ultimi alloggi, nonche' per quelli acquisiti, realizzati o recuperati con contributi regionali, del versamento degli introiti delle cessioni nelle contabilita' speciali gia' tenute dagli enti gestori presso la tesoreria dello Stato - Asserita indebita invasione della sfera di competenza regionale in materia di edilizia e urbanistica - Violazione dei principi inerenti alla funzione statale di indirizzo e coordinamento nei confronti dell'attivita' amministrativa regionale, attesa la mancanza nel caso di un fondamento in una espressa disposizione di legge - Mancata consultazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni (art. 12, quinto comma, lett. b), della legge n. 400/1988) - Istanza di sospensione. (D.P.R. 14 febbraio 1992, artt. 1, 3, 4, 5 e 6). (Cost., artt. 117 e 118).(GU n.17 del 22-4-1992 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della regione Liguria, in persona del presidente pro-tempore, rappresentato e difeso per mandato a margine del presente atto dall'avv. Giuseppe Petrocelli, ed elettivamente domiciliato in Roma, presso l'avv. Gianpaolo Zanchini, in via XX Settembre, 1, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente pro-tempore per la risoluzione con istanza di sospensione del conflitto insorto a seguito dell'emanazione del d.P.R. 14 febbraio 1992, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 febbraio 1992, n. 40, ad oggetto: "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante i piani di cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica". F A T T O La materia della "Edilizia residenziale pubblica" inerisce incontestabilmente alla sfera di competenza regionale, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione nella lettura fornitane sia dall'art. 93 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sia dal complesso di norme poste dalla legge 5 agosto 1978, n. 457. Recentemente, e' intervenuta in detto settore anche la legge 30 dicembre 1991, n. 412, recante "Disposizioni in materia di finanza pubblica", che - all'art. 28 - ha enunciato, con forte spirito innovativo, tutta una serie di principi volti a consentire la alienazione dei fabbricati costituiti da alloggi di edilizia residenziale pubblica; fondamentale, tra tali principi, quello secondo il quale l'alienazione dei fabbricati in questione e' consentita "esclusivamente per il conseguimento di finalita' proprie dell'edilizia abitativa pubblica". In tale quadro, sono state attribuite alle regioni da parte dell'art. 28 della legge n. 412/1991 le sottoindicate funzioni comprendenti: la approvazione dei piani di cessione degli alloggi predisposti dagli enti gestori; la adozione di misure per la mobilita' degli inquilini che non desiderano acquisire gli alloggi in vendita; l'emanazione di direttive per la gestione da parte delle amministrazioni proprietarie dei fondi ricavati dalle alienazioni; la predisposizione (con legge regionale) delle modalita' con cui l'ente gestore presta la propria assistenza alla formazione e al funzionamento dei condomini interessati dalle alienazioni. Va notato fin da ora che l'articolo di legge che si commenta non prevede l'emanazione di atti di indirizzo e coordinamento volti ad indicare i criteri a cui debbano attenersi le regioni nell'esercizio delle proprie competenze (e' solo la lett. b) del settimo comma a prevedere un decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro del tesoro, per regolare le modalita' di accesso ai mutui da attivarsi con la quota di riserva dei finanziamenti di edilizia agevolata ivi prevista). Cio' nonostante, sulla Gazzetta Ufficiale del 18 febbraio 1992, n. 40, e' stato pubblicato il d.P.R. 14 febbraio 1992 avente ad oggetto: "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante i piani di cessioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica". Tale atto, oltre ad esser privo di qualunque supporto normativo, come si dira' fra poco, appare pesantemente lesivo delle competenze regionali in materia ed in contrasto con le disposizioni del citato art. 28 della legge n. 412/1991 e pertanto la regione Liguria si vede costretta a chiedere il riparatorio intervento della Corte, affidando il presente ricorso per conflitto di attribuzione ai seguenti motivi di D I R I T T O I. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione con riferimento all'art. 93 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Violazione e falsa applicazione dell'art. 28 della legge 30 dicembre 1991, n. 412. L'art. 93 del d.P.R. n. 616/1977 ha disposto nella materia dell'edilizia residenziale pubblica il piu' ampio trasferimento alle regioni delle funzioni di programmazione, di gestione, nonche' di organizzazione del servizio della casa (Corte costituzionale sentenza n. 727 del 30 giugno 1988). Successivamente, con la legge n. 457 del 5 agosto 1978, la sfera di competenza regionale in materia e' stata ulteriormente arricchita (art. 4) e - per converso - delimitata la competenza statale. In tale contesto, ove appare evidente che e' ormai l'ente-regione l'effettivo centro di imputazione delle attivita' inerenti la materia, e' intervenuto l'art. 28 della legge n. 412/1991 cit. che - coerentemente all'impostazione fino ad allora seguita dal legislatore statale - nel momento in cui ha provveduto a delineare il sistema delle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica - ha attribuito all'ente-regione la funzione relativa alla approvazione dei relativi piani di cessione. La previsione di un atto regionale di "approvazione" (il quale - non si dimentichi - a norma del terzo comma dell'art. 28 - dev'essere ispirato esclusivamente al "conseguimento di finalita' proprie dell'edilizia residenziale pubblica") comporta evidentemente che solo a seguito dell'intervenuta approvazione viene individuato il patrimonio abitativo da cedere. Per converso, gli artt. 1, 3 e 4 del d.P.R. 14 febbraio 1992 impugnato in questa sede, laddove prevedono che le regioni: a) dovranno impartire direttive perche' vengano posti in vendita i fabbricati nei quali coloro che intendano acquistare costituiscono almeno il 50% dei locatari; b) dovranno prevedere che l'ente gestore possa ugualmente proporre la vendita degli alloggi richiesti anche qualora gli acquirenti rappresentino meno del 50% degli alloggi costituenti il fabbricato; c) possono autorizzare l'ente gestore a rifiutare le richieste di acquisto inferiore al 50% degli alloggi del fabbricato qualora lo stesso non ravvisi l'opportunita' della vendita, motivandone analiticamente le ragioni, sembrano viceversa attribuire all'assegnatario un vero e proprio diritto all'acquisto fortemente tutelato rispetto alle scelte degli enti gestori e delle amministrazioni regionali, le quali dovrebbero, invece, tener conto prioritariamente degli equilibri economici e delle potenzialita' di investimento degli enti gestori per concretizzare l'obiettivo, chiaramente indicato dall'art. 28, di alienazioni dirette esclusivamente al conseguimento delle finalita' dell'edilizia abitativa pubblica. In altre parole, appare evidente che le disposizioni che si censurano in questa sede condizionano fortemente l'esercizio della funzione regionale di approvazione dei piani, svuotandola parzialmente di significato mediante la predeterminazione autoritativa del contenuto dei relativi provvedimenti regionali, i quali - nel disegno governativo - dovrebbero obbligatoriamente consentire il massimo possibile di cessioni. E cio' - si noti ancora una volta - nonostante l'art. 28 della legge n. 412/1991, non ponga alcun limite o vincolo diretto alle regioni nell'esercizio delle competenze ivi delineate. E ancora: un ulteriore motivo di contrasto tra il d.P.R. 14 febbraio 1992 e l'art. 28 della legge n. 412/1991 e' ravvisabile nell'art. 6, secondo comma, il quale va qui censurato sotto due aspetti: a) nella parte in cui include nella disciplina dell'art. 28 anche gli immobili realizzati con risorse proprie da parte degli enti gestori, a fronte del dettato dell'art. 28, primo comma, il quale circoscrive la propria applicabilita' agli alloggi "acquisiti, realizzati o recuperati, a totale carico o con concorso o con contributo dello Stato o della regione, dallo Stato, da enti pubblici territoriali, dagli I.A.C.P. e dai loro consorzi"; b) nella parte in cui prevede anche per questi alloggi e per quelli acquisiti, realizzati o recuperati con contributi regionali il versamento degli introiti delle cessioni nelle contabilita' speciali gia' tenute dagli enti gestori presso la tesoreria dello Stato, sottraendo, pertanto, alla disponibilita' degli enti gestori stessi e delle regioni risorse finanziarie non derivanti da contributi statali. Tale versamento appare, in contrasto con il sesto comma dell'art. 28, richiamato nel primo comma dell'art. 6, anche per gli introiti derivanti dalle vendite del patrimonio costituito con contributi statali, in quanto il citato art. 28 prevede espressamente che "i fondi ricavati dalle alienazioni saranno gestiti direttamente dalle amministrazioni proprietarie e destinati secondo le direttive impartite dalle regioni". Non si vede come le amministrazioni proprietarie possano gestire fondi che devono versare nelle gestioni speciali presso la tesoreria dello Stato e di cui non vengono poi specificate le modalita' di prelievo, tenuto conto che l'attuale disciplina dei fondi contabilizzati e versati in dette gestioni speciali prevede la messa a disposizione con decreti da parte del Ministero dei lavori pubblici, sentito il C.E.R. sulla base di programmi proposti dalle regioni. Infine, l'autonomia regionale e' stata pesantemente violata dal d.P.R. qui impugnato sotto ulteriore profilo, giacche' mentre l'art. 28 della legge n. 412/1991 cit. non stabilisce termini procedurali indirizzati alle regioni per l'esercizio delle competenze ivi ad esse attribuite, l'art. 5 del d.P.R. 14 febbraio 1992 limita fortemente l'autonomia organizzativa della regione, mediante l'imposizione di una puntigliosa disciplina completa - addirittura - dei termini di approvazione dei piani di cessione e dei conseguenti adempimenti da parte degli enti gestori nonche' degli assegnatari. (v. il primo, terzo e quarto comma). II. - Violazione dei principi inerenti la funzione statale di indirizzo e di coordinamento nei confronti dell'attivita' amministrativa regionale. Violazione dell'art. 28 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, sotto ulteriore profilo. L'emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento nei confronti delle regioni deve avvenire sulla base di un'espressa disposizione legislativa. In tale senso e' il costante insegnamento di codesta ecc.ma Corte che, con la sentenza n. 150/1982 (a cui hanno fatto sguito altre pronunce di uguale tenore) ha ritenuto che il principio di legalita' imponga di fondare gli atti di indirizzo e coordinamento su una pre- via specifica attribuzione legislativa di competenza che non solo investa il governo di tale potere, ma ne delimiti i confini onde comporre le istanze dell'autonomia con le esigenze unitarie (v. altresi' sentenza n. 338/1989, ove e' affermato che alle disposizioni di indirizzo e coordinamento "non puo' mancare una adeguata copertura legislativa, nel senso che esse devono avere il loro fondamento in puntuali norme di legge volte a determinare, se pure nelle loro linee essenziali, il sostanziale contenuto normativo"). Ora, nel caso di specie, la copertura legislativa del potere governativo ne' puo' ravvisarsi nell'art. 28 della legge n. 142/1991, che non contempla l'esercizio di tale potere da parte del Governo, ne' puo' ravvisarsi nelle altre disposizioni legislative statali che trasferiscono le funzioni in materia di edilizia residenziale pubblica alle regioni. Infatti ne' l'art. 93 del d.P.R. n. 616/1977 ne' la legge n. 457/1988 (che anzi affida al CIPE precise funzioni di indirizzo) prevedono che il Governo si avvalga di atti di indirizzo e coordinamento nella materia. III. - Violazione dell'art. 12, quinto comma, lett. b), della legge 23 agosto 1988, n. 400. La norma citata in rubrica prevede che venga consultata la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni quanto debbano essere emanati atti di indirizzo e coordinamento nei confronti delle regioni. Tuttavia, nel caso di specie, non risulta che anteriormente all'emanazione del d.P.R. 14 febbraio 1992 la conferenza sia stata consultata. Istanza di sospensione Poiche' l'esecuzione dell'atto qui impugnato creerebbe gravissimi problemi agli enti gestori e all'amministrazione regionale, se ne chiede la sospensione ai sensi dell'art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 57. I "gravi motivi" a cui il citato articolo fa riferimento per la concessione della sospensione possono essere cosi' individuati: qualora sulla base del d.P.R. qui impugnato si impostassero i provvedimenti da assumersi sulla base di un diritto all'acquisto autonomo e tutelato da parte degli assegnatari, non sarebbe poi possibile non proseguire su tale impostazione, anche se dovesse risultare errata, essendosi ormai create aspettative e diritti soggettivi a cui politicamente e giuridicamente non potrebbe rifiutarsi risposta positiva mediante la cessione del patrimonio. In parallelo, peraltro, dovrebbero essere avviate rilevanti operazioni di mobilita' dell'utenza non acquirente, con evidente allarme sociale da un lato e lavoro e spese ingenti dall'altro.
P. Q. M. Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale annulli previa sospensione in parte qua gli artt. 1, 3, 4, 5 e 6 del d.P.R. 14 febbraio 1992 per avere invaso la sfera di competenza costituzionalmente attribuita in materia alla regione Liguria. Genova-Roma, addi' 25 marzo 1992 Avv. Giuseppe PETROCELLI 92C0464