N. 470 SENTENZA 10 - 24 novembre 1992

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Costituzione  della  Repubblica  -  Referendum  -  Regione  Veneto  -
 Indizione  di  referendum  consultivo a carattere regionale in merito
 alla presentazione di proposta di legge  statale  di  modifica  delle
 disposizioni  concernenti l'ordinamento delle regioni - Richiamo alla
 sentenza n. 256/1989 della Corte  -  Rischio  di  negativa  influenza
 sull'ordine  costituzionale  e  politico dello Stato - Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (Delibera legislativa riapprovata dal consiglio regionale del  Veneto
 il 5 marzo 1992)
 
 (Cost. artt. 121, secondo comma, e 138).
(GU n.50 del 2-12-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.  Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio   di   legittimita'   costituzionale   della   delibera
 legislativa  riapprovata  il 5 marzo 1992 dal Consiglio regionale del
 Veneto e avente per oggetto: "Referendum consultivo  in  merito  alla
 presentazione  di  proposta  di  legge  statale  per  la  modifica di
 disposizioni concernenti l'ordinamento delle Regioni",  promosso  con
 ricorso  del  Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 25
 marzo 1992, depositato in  cancelleria  il  3  aprile  successivo  ed
 iscritto al n. 36 del registro ricorsi 1992;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 ottobre 1992 il giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi  l'Avvocato  dello Stato Franco Favara, per il ricorrente, e
 gli avvocati Mario Bertolissi e Federico Sorrentino per la Regione.
                          Ritenuto in fatto:
    1. - Con ricorso in data 23 marzo 1992 (R. Ric. n. 36  del  1992),
 il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri ha impugnato la delibera
 legislativa riapprovata dal Consiglio regionale del Veneto il 5 marzo
 1992, recante "Referendum consultivo in merito alla presentazione  di
 proposta di legge statale per la modifica di disposizioni concernenti
 l'ordinamento  delle  Regioni".  Il ricorrente rileva che la delibera
 impugnata, agli artt. 1 e 2, secondo comma, prevede la  indizione,  a
 norma   dell'art.  47  dello  Statuto  regionale,  di  un  referendum
 consultivo a carattere regionale in  merito  alla  presentazione,  ai
 sensi  dell'art.  121  della  Costituzione,  di una proposta di legge
 statale per la modifica delle disposizioni costituzionali concernenti
 l'ordinamento delle Regioni, proposta basata sui  seguenti  principi:
 a)   tassativita'   delle   competenze   legislative  dello  Stato  e
 generalita' della competenza legislativa delle Regioni; b) regime  di
 reale autonomia impositiva e finanziaria delle Regioni; c) piu' ampia
 autonomia  statutaria  delle  Regioni  per  la  determinazione  della
 propria forma  di  governo,  inclusa  la  disciplina  delle  elezioni
 regionali;  d)  istituzionale  e diretta presenza delle Regioni negli
 organi comunitari della nuova Europa.
    Ad avviso del ricorrente la deliberazione impugnata contrasterebbe
 con l'art. 123 della Costituzione, nella parte in cui prevede che  il
 referendum   regionale   puo'   riguardare  esclusivamente  "leggi  e
 provvedimenti amministrativi della Regione", in relazione all'art. 47
 dello Statuto che, attuando il dettato costituzionale, stabilisce che
 il Consiglio regionale "puo'  deliberare  l'indizione  di  referendum
 consultivi    delle    popolazioni    interessate   a   provvedimenti
 determinati". Il contrasto con i parametri  richiamati  riguarderebbe
 diversi profili.
    Innanzitutto,  la  delibera  impugnata,  oltre  a  realizzare  una
 indebita modifica statutaria, contrasterebbe  con  l'art.  47,  primo
 comma,  dello  Statuto,  dal  momento  che il referendum promosso non
 avrebbe  ad  oggetto  "provvedimenti  determinati",   non   potendosi
 comprendere in tale categoria l'atto di iniziativa di un procedimento
 legislativo  statale.  Tale  atto  non sarebbe ne' un "provvedimento"
 proprio  della  Regione,  ne'  di  portata  "determinata",  e   cioe'
 territorialmente  circoscritto  e  incidente  su  interessi parimenti
 definiti e delimitati.
    Inoltre, le norme impugnate sarebbero in contrasto con i  principi
 in  tema  di  referendum  consultivi  regionali  indicati dalla Corte
 costituzionale (nella sentenza n. 256 del 1989) e con i limiti propri
 del potere di iniziativa  legislativa  regionale.  In  proposito,  il
 ricorrente  osserva  anche  che  l'art.  121,  secondo  comma,  della
 Costituzione non prevede una facolta'  di  iniziativa  regionale  per
 leggi   costituzionali  o  "in  materia  costituzionale",  mentre  la
 previsione mediante  legge  regionale  di  una  iniziativa  di  legge
 costituzionale   rafforzata   da   un   previo  referendum  regionale
 consultivo risulterebbe  in  contrasto  con  la  disciplina  prevista
 dall'art.   138   della   Costituzione   in   materia   di  revisione
 costituzionale.
    2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si e' costituita  la  Regione
 Veneto, per chiedere il rigetto del ricorso.
    Dopo  aver  richiamato  alcuni  brani della relazione illustrativa
 della deliberazione consiliare impugnata - nei quali si  chiariscono,
 da  un  lato,  l'esigenza  emersa  in  diverse  sedi istituzionali di
 avviare un nuovo modello di regionalismo e,  dall'altro,  l'interesse
 della   Regione   a   tale   mutamento   -   la  resistente  contesta
 l'interpretazione letterale dei parametri  di  costituzionalita'  dei
 quali   si  assume  la  violazione  e  richiama  la  distinzione  tra
 competenza e interesse regionale, gia' indicata da questa  Corte  con
 la  sentenza  n.  829  del  1988. La Regione contesta altresi' che il
 potere di iniziativa legislativa regionale possa ritenersi  limitato,
 quanto all'oggetto, alle sole proposte di legge ordinaria, ricordando
 in  tal senso la sentenza di questa Corte n. 256 del 1989. Per quanto
 concerne il referendum consultivo regionale, mentre deve escludersi -
 ad  avviso  della  resistente  -  che  la  Regione  possa  promuovere
 consultazioni relative ad interessi la cui cura e la  cui  attuazione
 spetta  in  via  esclusiva allo Stato, (come sono, ad esempio, quelli
 attinenti  all'attivita'  politica  internazionale  e   alla   difesa
 militare),   ben   diverso   sarebbe  l'oggetto  della  deliberazione
 legislativa impugnata, dal momento che esso non risulterebbe estraneo
 alla sfera degli interessi regionali ma, al contrario,  riguarderebbe
 fattispecie  nelle  quali  questi  coesistono  con interessi statali.
 Dall'esame  del  quesito  referendario  di  cui  all'art.   2   della
 deliberazione  impugnata  la difesa della Regione deduce, infatti, la
 compresenza nello stesso quesito di interessi statali e regionali  in
 relazione a molteplici profili che vengono analiticamente richiamati.
 Ma   una   volta   collocata  in  un  contesto  caratterizzato  dalla
 compresenza  di  interessi  statali  e  regionali,  la  deliberazione
 legislativa  impugnata  dovrebbe  inquadrarsi,  a pieno titolo, nella
 fattispecie  prevista  nell'art.  47,  primo  comma,  dello   Statuto
 regionale,  superando,  di  conseguenza, il vaglio della legittimita'
 costituzionale.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Forma  oggetto  di  impugnativa  la  delibera   legislativa
 approvata,  in seconda lettura, dal Consiglio regionale del Veneto il
 5  marzo  1992,  recante  "Referendum  consultivo  in   merito   alla
 presentazione  di  proposta  di  legge  statale  per  la  modifica di
 disposizioni costituzionali concernenti l'ordinamento delle Regioni".
 Con tale delibera la Regione ha previsto: a)  l'indizione,  ai  sensi
 del  primo  comma dell'art. 47 dello Statuto regionale del Veneto, di
 un  referendum  consultivo  a  carattere  regionale  in  merito  alla
 presentazione,  ai  sensi  dell'art.  121  della Costituzione, di una
 proposta  di  legge  statale  per  la  modifica  delle   disposizioni
 costituzionali  concernenti  l'ordinamento delle Regioni (art. 1); b)
 l'enunciazione del quesito da sottoporre agli elettori, dove  vengono
 enunciati  i  principi  cui  la  proposta di revisione costituzionale
 dovrebbe ispirarsi (art. 3, primo comma): c) alcune prescrizioni rel-
 ative  ai  tempi,  alle  modalita'  ed  alla  copertura   dei   costi
 dell'iniziativa (artt. 1, secondo comma; 3 e 4).
    La  delibera  in  questione  e' stata impugnata dal Presidente del
 Consiglio  dei  ministri   con   riferimento   all'art.   123   della
 Costituzione  -  che  rinvia agli statuti regionali la disciplina dei
 referendum su leggi e provvedimenti amministrativi  delle  Regioni  -
 nonche'  all'art. 47, primo comma, dello Statuto regionale del Veneto
 - dove  si  prevede  la  possibilita'  di  indizione,  da  parte  del
 Consiglio  regionale,  di  referendum  consultivi  "delle popolazioni
 interessate a provvedimenti determinati". Ad avviso  del  ricorrente,
 infatti,  il  referendum  di  cui  e'  causa,  avendo  ad oggetto una
 proposta di legge statale di revisione costituzionale,  non  potrebbe
 considerarsi riferito ne' ad un atto proprio della Regione, ne' ad un
 "provvedimento"  di  portata "determinata", incidente su interessi di
 soggetti collegati ad un'area  delimitata  al  territorio  regionale.
 Dopo aver richiamato i principi enunciati da questa Corte, in tema di
 referendum  consultivi regionali, con la sentenza n. 256 del 1989, il
 ricorso deduce altresi' la violazione degli artt.  121  e  138  della
 Costituzione,  dal momento che l'iniziativa legislativa delle Regioni
 non potrebbe estendersi anche alle leggi costituzionali ne' potrebbe,
 in  ogni  caso,  risultare  rafforzata  da  un  referendum consultivo
 regionale, senza alterare il procedimento di revisione costituzionale
 sancito dalla stessa Costituzione.
    2. - Va innanzitutto esclusa la fondatezza del profilo concernente
 la violazione dell'art. 121  Cost.,  in  relazione  alla  previsione,
 espressa  con  la  delibera  impugnata,  di  una iniziativa regionale
 riferita  ad  una  legge  statale  non  ordinaria,  ma  di  revisione
 costituzionale.
    In  proposito, va ricordato che l'art. 121 Cost., nel conferire ai
 Consigli regionali il potere di fare proposte di legge  alle  Camere,
 non  ha  introdotto nei confronti di tale potere limitazioni riferite
 alla forza, ordinaria o costituzionale, dell'atto  normativo  che  la
 Regione  intenda  proporre.  Ne'  tali  limitazioni potrebbero essere
 desunte, sia  pure  indirettamente,  dalla  disciplina  generale  che
 l'art. 71 della Costituzione ha posto in tema di soggetti legittimati
 all'esercizio  dell'iniziativa  delle  leggi dello Stato, dove non si
 opera alcun riferimento alla forza dell'atto che viene  proposto.  Ed
 e' proprio la considerazione di tale quadro normativo che ha condotto
 questa  Corte  a  riconoscere,  nella  sentenza  n.  256 del 1986, la
 spettanza al Consiglio regionale, ai  sensi  dell'art.  121,  secondo
 comma,  Cost., del potere di presentazione alle Camere di proposte di
 legge anche in tema di revisione costituzionale.
    3. - Del pari non merita  accoglimento  la  censura  formulata  in
 relazione  all'art.  47,  primo  comma,  dello  Statuto  veneto,  con
 riferimento alla natura dell'interesse  connesso  all'iniziativa  nei
 cui   confronti   la   Regione   ha   inteso  attivare  la  procedura
 referendaria.
    La formula espressa dalla disposizione  in  questione  -  dove  si
 impiega  il  termine  "provvedimenti"  -  va riferita chiaramente, al
 dila'  della  dizione  impropria  adottata,  non   solo   agli   atti
 amministrativi,  ma  anche  legislativi  della  Regione, come risulta
 confermato dalla stessa disciplina attuativa  emanata  dalla  Regione
 Veneto  in  tema di referendum consultivi (v. art. 26, secondo comma,
 legge regionale 12 gennaio 1973 n. 11).  Ne'  tale  formula  potrebbe
 essere  interpretata  -  come  ritiene  la  difesa  statale - nel suo
 significato  piu'  restrittivo  cosi'  da  limitare   il   referendum
 consultivo  ai  soli "provvedimenti" caratterizzati dalla presenza di
 un interesse territorialmente delimitato ed esclusivo della  Regione.
 In  realta',  l'interesse  delle  popolazioni regionali, che la norma
 statutaria ha inteso richiamare, oltre  a  investire  l'intera  gamma
 delle   competenze   proprie   della  Regione,  puo'  assumere  anche
 connotazioni piu'  late,  che  superano  gli  stretti  confini  delle
 materie  e  del  territorio  regionale, fino a intrecciarsi, in certi
 casi, con  la  dimensione  nazionale.  E  questo  in  relazione  alla
 soggettivita'  politica  e  costituzionale  che,  nel  contesto della
 nostra forma di Stato, delineata dall'art. 5 Cost.,  va  riconosciuta
 alla  Regione  "riguardo  a  tutte  le  questioni  di interesse della
 comunita' regionale, anche se queste sorgono in settori estranei alle
 singole materie indicate nell'art. 117 Cost. e si proiettano al dila'
 dei confini territoriali della Regione medesima" (sent.  n.  829  del
 1988).
    Non  si  puo'  quindi  disconoscere  l'esistenza  di  un interesse
 qualificato  di  ciascuna  Regione  (e  della  sua  popolazione)   ai
 contenuti di una riforma che, come quella in esame, venga a investire
 lo  stesso  impianto  dello  Stato  regionale  e  l'ordinamento delle
 competenze regionali nel loro complesso.
    Ne'   argomenti  decisivi  a  favore  della  tesi  restrittiva  si
 potrebbero, d'altro canto, trarre dal carattere  di  "determinatezza"
 che  la  norma  statutaria  ha  inteso  riferire  ai provvedimenti da
 sottoporre  alla  consultazione  referendaria,  dal  momento  che  il
 richiamo  a  tale  carattere,  nella  dizione statutaria, si presenta
 orientato  a  esprimere,  piu'  che  a  una  limitazione  di   ordine
 territoriale, l'esigenza che il quesito referendario, proprio ai fini
 della  sua  chiarezza e percepibilita', sia tale da investire oggetti
 definiti e agevolmente identificabili da parte dell'elettore.
    4. - Il ricorso risulta, invece, fondato in relazione alla censura
 riferita agli artt. 121, secondo comma, e 138 Cost.
    Ai  sensi  dell'art.  121,  secondo  comma,  Cost.,  il  Consiglio
 regionale  "puo' fare proposte di legge alle Camere": tali proposte -
 pur caratterizzandosi come  atti  propri  della  Regione  -  assumono
 natura strumentale rispetto all'attivazione di un procedimento che e'
 e  resta  di  competenza statale e che, ove giunga ad una conclusione
 positiva, e' destinato a sfociare,  attraverso  l'approvazione  della
 legge  da  parte  del  Parlamento,  in  una  espressione  di volonta'
 statuale. Ora, un referendum consultivo quale quello  previsto  dalla
 delibera  in  esame - per quanto sprovvisto di efficacia vincolante -
 non  puo'  non  esercitare  la  sua  influenza,  di  indirizzo  e  di
 orientamento,  oltre  che  nei  confronti  del  potere  di iniziativa
 spettante al Consiglio regionale, anche nei confronti  delle  succes-
 sive  fasi del procedimento di formazione della legge statale, fino a
 condizionare scelte discrezionali affidate alla esclusiva  competenza
 di organi centrali dello Stato: con la conseguente violazione di quel
 limite  gia'  indicato  da  questa  Corte come proprio dei referendum
 consultivi regionali e riferito all'esigenza di evitare  "il  rischio
 di influire negativamente sull'ordine costituzionale e politico dello
 Stato" (sent. 256 del 1989, n. 5).
    A  questo va aggiunto il rilievo che il procedimento di formazione
 delle leggi dello Stato - quale risulta fissato negli artt. 70 e  ss.
 Costituzione  -  viene  a  caratterizzarsi  per una tipicita' che non
 consente di introdurre,  nella  fase  della  iniziativa  affidata  al
 Consiglio  regionale,  elementi  aggiuntivi  non  previsti  dal testo
 costituzionale e  suscettibili  di  "aggravare",  mediante  forme  di
 consultazione  popolare  variabili  da  Regione  a Regione, lo stesso
 procedimento. Tale considerazione, se vale in relazione al potere  di
 iniziativa delle Regioni cosi' come configurato in generale nell'art.
 121  della  costituzione, vale a maggior ragione nei confronti di una
 iniziativa regionale quale quella in esame, destinata ad attivare  un
 procedimento di revisione costituzionale ai sensi dell'art. 138 della
 Costituzione  e  questo anche in relazione al fatto che la disciplina
 costituzionale prevede gia', al  secondo  comma  dell'art.  138,  una
 partecipazione  popolare al procedimento, ma nella forma del referen-
 dum  confermativo,  cui  puo'  essere  chiamato,   per   il   rilievo
 fondamentale  degli  interessi  che  entrano  in  gioco  in  sede  di
 revisione costituzionale, solo il corpo elettorale nella sua unita'.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale della delibera legislativa
 riapprovata  dal Consiglio regionale del Veneto in data 5 marzo 1992,
 recante  "Referendum  consultivo  in  merito  alla  presentazione  di
 proposta di legge statale per la modifica di disposizioni concernenti
 l'ordinamento delle Regioni".
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 24 novembre 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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