CIRCOLARE 23 luglio 1993, n. 16 

  Decreto   legislativo  30  dicembre  1992,  n. 503. Modifiche degli
ordinamenti   delle  soppresse  Casse  pensioni  degli  istituti   di
previdenza, a decorrere dal 1› gennaio 1993.
(GU n.183 del 6-8-1993 - Suppl. Ordinario n. 69)
 
 Vigente al: 6-8-1993  
 

                                   A tutti  gli  Enti  con  personale
                                  iscritto  alle Casse pensioni degli
                                  Istituti di previdenza
                                  Alla Direzione generale dei servizi
                                  periferici del Tesoro
                                  Alle prefetture della Repubblica
                                  Alla regione Valle d'Aosta
                                  Ai  commissari  di  Governo   delle
                                  regioni  e delle provincie autonome
                                  di Trento e Bolzano
                                  Ai provveditorati agli studi
                                  Alle Corti di appello
                                  Alle  direzioni   provinciali   del
                                  Tesoro
                                  Alle  ragionierie provinciali dello
                                  Stato
                                    e, per conoscenza:
                                  Alla Presidenza del  Consiglio  dei
                                  Ministri   -  Dipartimento  per  la
                                  funzione pubblica
                                  Al Ministero della sanita'
                                  Al Ministero  del  lavoro  e  della
                                  previdenza sociale
                                  Alla Corte dei conti - Segretariato
                                  generale
                                  Alle  delegazioni  regionale  della
                                  Corte dei conti
                                  Ai comitati regionali di controllo
                                  Alla  Ragioneria   generale   dello
                                  Stato
                                  Alla  Ragionieria  centrale  presso
                                  gli istituti di previdenza
                                  All'Ufficio  di   riscontro   della
                                  Corte dei conti presso gli Istituti
                                  di previdenza
                                  All'Istituto     nazionale    della
                                  previdenza sociale
PARTE INTRODUTTIVA.
  Con l'art. 3 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421  il  Governo  e'
stato  delegato  ad  emanare  uno  o piu' decreti legislativi, per il
riordino del sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti  privati
e  pubblici,  con  lo  scopo  di  stabilizzare  al livello attuale il
rapporto tra spesa  previdenziale  e  prodotto  interno  lordo  e  di
garantire  trattamenti  di  quiescenza  obbligatori  omogenei  (e non
identici) nonche' di favorire la costituzione di forme di  previdenza
integrativa.
  Peraltro,  la  stessa  legge-delega  ha  ribadito  il principio del
pluralismo previdenziale,  nel  senso  che,  pur  prevedendo  criteri
tendenzialmente    uniformi,    con    particolare   riferimento   al
conseguimento del diritto anticipato alla pensione ed alle  modalita'
di  calcolo  della  rendita vitalizia stessa, ha ritenuto che debbano
continuare ad esistere distinti ed autonomi ordinamenti pensionistici
che tengono conto delle peculiarita' che caratterizzano i  dipendenti
pubblici rispetto ai lavoratori privati.
  Il  termine  previsto  per  l'attuazione  dei  relativi  principi e
criteri direttivi e' stato fissato in novanta giorni, dalla  data  di
entrata  in  vigore  della  legge  n.  421/92, ad eccezione di quelli
concernenti:
   l'anticipazione dei limiti di eta' pensionabile per  i  lavoratori
occupati in attivita' particolarmente usuranti;
   l'omogeneizzazione  (nei  limiti  compatibili  con  le  specifiche
peculiarita' e le particolari caratteristiche del rapporto di lavoro)
dei distinti ordinamenti pensionistici  per  i  lavoratori  di  nuova
assunzione,  privi  di  anzianita'  assicurativa  alla  data  del  31
dicembre 1992;
   la previsione di piu' elevati livelli di copertura previdenziali e
la costituzione di forme di previdenza, su base  volontaria,  per  la
erogazione  di  trattamenti  pensionistici  complementari del sistema
obbligatorio pubblico;
   la razionalizzazione dei sistemi di  accertamento  del  lavoro  in
agricolatura  e  di  semplificazione  delle agevolazioni contributive
nonche' della riscossione dei contributi rafforzando le misure contro
le evasioni e le elusioni contributive.
  Il termine per l'emanazione dei decreti legislativi  di  attuazione
di  quest'ultimi  principi  e criteri direttivi e' stato stabilito in
270 giorni.
  Tuttavia, per meglio calibrare una riforma  cosi'  sistematicamente
unitaria  e globale, con il comma 3 dell'art. 3 della legge delega in
questione e' stata attribuita al Governo la facolta' di emanare,  con
uno  o piu' decreti legislativi, fino al 31 dicembre 1993, sempre nel
rispetto dei prestabiliti principi  e  criteri  direttivi,  eventuali
disposizioni  correttive  di quelle contenute nei decreti legislativi
gia' in vigore.
 Il decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  503,  pubblicato  nel
supplemento  ordinario  n. 137 alla Gazzetta Ufficiale n. 305 - serie
generale - del 30 dicembre 1992 concerne, pertanto, la sola revisione
della  disciplina  pensionistica  dei   lavoratori   con   anzianita'
assicurativa gia' insorta alla data del 31 dicembre 1992; esso, salvo
quanto  diversamente  previsto  dalle  singole  norme,  e' entrato in
vigore a decorrere dal 1›  gennaio  1993  ed  e'  articolato  in  tre
titoli:
   il    primo    si    rivolge    essenzialmente    agli    iscritti
dell'assicurazione generale obbligatoria;
   il titolo secondo  regola  i  profili  previdenziali  delle  forme
sostitutive   ed   esclusive  del  regime  generale  obbligatorio  e,
pertanto, incide profondamente anche sulle normative riguardanti  gli
iscritti  alle  casse  pensioni amministrate dalla Direzione generale
degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro;
   con il titolo terzo, che reca disposizioni di  carattere  generale
e,  quindi,  anch'esse riferite alle Casse pensioni degli istituti di
previdenza, si interviene in particolare sulla disciplina del  cumulo
tra pensioni e redditi da lavoro, sulla perequazione automatica delle
pensioni,  sulle  aliquote di rendimento e sul calcolo delle pensioni
spettanti  ai  lavoratori che abbiano una posizione contributiva alla
data del 31 dicembre 1992.
   In via preliminare, anche  per  il  provvedimento  legislativo  in
esame  si  deve  rilevare  (come  gia'  sottolineato, in relazione al
decreto-legge n. 384/92 convertito con modificazioni nella  legge  n.
438/92, nella circolare 23 dicembre 1992, n. 13/I.P. pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 1 del 2 gennaio 1993) che la
terminologia  e la concettualita' giuridica di cui e' stato fatto uso
riflettono  prevalentemente  la  disciplina   del   regime   generale
obbligatorio  dell'I.N.P.S.,  pur  essendo  state  tenute presenti la
peculiarita' delle altre gestioni previdenziali.
  E' necessario, quindi,  ricercare  negli  ordinamenti  delle  Casse
pensioni  degli  Istituti  di  previdenza, gli omologhi concetti e le
analoghe fattispecie regolati dalle nuove disposizioni.
  Pertanto, si avverte che nel decreto legislativo n.  503/92  e  nel
prosieguo della presente circolare:
   per  "pensione  di  vecchiaia"  deve  intendersi il trattamento di
quiescenza spettante a seguito di collocamento a riposo d'ufficio per
il raggiungimento  dei  tassativi  limiti  massimi  di  eta'  e/o  di
servizio  previsti  per  la cessazione del rapporto di lavoro in base
alla fonte normativa dei singoli enti datori di lavoro;
   la "pensione di anzianita'"  indica,  invece,  il  trattamento  di
quiescenza  eventualmente spettante in tutti i casi di collocamento a
riposo  anticipato  rispetto  ai  tassativi  limiti  di  cui   sopra,
qualunque  sia  la  causa  di  cessazione  dal servizio (sia che essa
avvenga, ad es., per dimissioni, per decadenza,  per  destituzione  a
seguito  di  procedimento  disciplinare  o  per  condanna penale, per
soppressione di posto, per riduzione di  organico,  per  termine  del
contratto  di  lavoro  a  tempo  determinato, etc.   ..), con le sole
esclusioni, ovviamente, delle cessazioni per morte e  per  inabilita'
"assoluta  e  permanente  a  qualsiasi proficuo lavoro" nonche' delle
ipotesi eccezionalmente  consentite  di  dispensa  dal  servizio  per
inabilita' alle mansioni;
   la "pensione di invalidita'" si intende riferita al trattamento di
quiescenza eventualmente spettante nella suddetta ipotesi di dispensa
dal  servizio  per  "inabilita'  assoluta  e  permanente  a qualsiasi
proficuo lavoro", accertata con verbale di visita  medico-collegiale,
previamente  effettuata  presso  le  unita'  sanitarie  locali  dalla
competente commissione sanitaria.
  Al riguardo, giova rammentare il disposto dell'art. 13, comma  uno,
della  legge  8  agosto  1991,  n.  274, laddove e' prescritto che le
domande di pensioni per le quali sia  richiesto  il  requisito  della
inabilita',  non  derivante  da  causa  di  servizio,  debbono essere
corredate dal menzionato verbale  di  visita  medico-collegiale,  che
esplicitamente  attesti  la  sussistenza, o meno, della condizione di
"inabilita' assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro".
  In  relazione  ai  trattamenti  per  inabilita'  ed   alla   citata
disposizione  si  fa',  altresi',  rinvio  alle istruzioni fornite da
questa amministrazione con la circolare 15 novembre 1991,  n.  9/I.P.
(par.  4),  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n.
273 del 21 novembre 1991.
  Per quanto concerne l'"anzianita' contributiva", si  precisa,  come
gia'  illustrato  nella  citata circolare n. 13/I.P. (par. 2), che in
essa debbono essere ricompresi tutti i servizi e/o  periodi  utili  a
pensione.
  Nel calcolo dell'anzianita' contributiva, quindi, rientrano:
    a)  i  servizi  effettivamente prestati con obbligo di iscrizione
alle Casse pensioni degli istituti di previdenza;
    b) i servizi e/o periodi riscattabili o ricongiungibili;
    c) i periodi di servizio militare di leva, computabili, con onere
a carico delle predette Casse pensioni, ai sensi  dell'art.  1  della
legge 8 agosto 1991, n. 274, ove sussistano tutti i requisiti esposti
al paragrafo due delle gia' richiamata circolare n. 9/I.P.;
    d)  tutti  quei servizi e/o periodi tutti a pensione, indicati al
paragrafo G) della circolare n. 3295, emanata dal Servizio  ispettivo
degli istituti di previdenza in data 16 novembre 1992, concernente la
procedura  per  la  denuncia delle retribuzioni contributive e per la
revisione dei contributi  previdenziali  mensili,  relativi  all'anno
1992;
   la   locuzione   "retribuzione   pensionabile"   (che  nell'ambito
dell'assicurazione generale obbligatoria indica l'intero  trattamento
economico  quiescibile,  ivi  compresa  l'indennita' di contingenza o
integrativa speciale), corrisponde,  negli  ordinamenti  delle  casse
pensioni  degli  istituti  di  previdenza,  all'omologo  concetto  di
"retribuzione annua contributiva" che,  com'e'  noto,  e'  costituita
dalla  somma  degli  emolumenti quiescibili, tra i quali rientra pure
l'indennita' integrativa speciale o di contingenza.
  Poste queste necessarie  premesse,  vengono  adesso  illustrate  le
profonde  innovazioni  introdotte  nella  materia  pensionistica  dal
decreto legislativo n.503/92,  fornendo  al  riguardo,  le  opportune
istruzioni.
  La presente circolare e articolata in tre parti.
  Nella  prima  sara'  trattata  la  nuova  disciplina  concernente i
requisiti di eta' e/o di servizio prescritti per il conseguimento del
diritto a pensione.
  Nella seconda parte verranno esaminate le modifiche  relative  alle
modalita' di calcolo della misura del trattamento di quiescenza.
  Con  la  terza  parte  saranno  prese  in  considerazione  le altre
disposizioni  recate  dal  decreto  legislativo  in  questione,   con
particolare  riferimento  alla  novella  disciplina  sul  cumulo  tra
pensioni e redditi da lavoro  ed  a  quella  sulla  prosecuzione  del
servizio  oltre  i  limiti  di  eta'  previsti  per il collocamento a
riposo.
1. REQUISITI DI ETA' E/O DI SERVIZIO PER IL CONSEGUIMENTO DEL DIRITTO
   A PENSIONE.
  Gia' con la menzionata circolare n. 13/I.P. (paragrafo  1),  questa
amministrazione  ha  richiamato  l'attenzione  degli  enti  datori di
lavoro e delle competenti  direzioni  provinciali  del  Tesoro  sulle
modifiche  innovative  che sarebbero state apportate agli ordinamenti
delle  casse  pensioni  degli  istituti  di  previdenza  dai  decreti
delegati,  invitando, altresi', i predetti enti ed Uffici provinciali
ad adottare le necessarie cautele del caso, con particolare  riguardo
all'anno  1993,  al  fine  di  evitare  l'indebita  corresponsione di
trattamenti pensionistici eventualmente non spettanti, o spettanti in
misura ridotta, in base alla novella disciplina.
  Peraltro, e' stato  pure  sottolineato  il  carattere  estremamente
restrittivo  dell'art.  1,  comma  1,  del  decreto-legge  n. 384/92,
convertito, con modificazioni, nella legge n. 438/92, in quanto  tale
disposizione  non  solo  impedisce  l'erogazione  del  trattamento di
quiescenza ma, piu' radicalmente,  stabilisce  che  e'  sospeso,  nel
periodo indicato, il conseguimento dello stesso diritto a pensione.
  Nella citata circolare n. 13/I.P., inoltre, si e' messo in evidenza
che lo stesso "diritto a pensione ed il connesso status di pensionato
verrebbero,    eventualmente,    conseguiti   solo   successivamente,
allorquando sara' consentito l'accesso a pensione  e,  pertanto,  con
riferimento  a  quest'ultima  data  ed  in  base  alla disciplina che
risultera' vigente alla data medesima, dovranno  essere  accertati  i
requisiti  per  il raggiungimento del diritto a pensione ed applicate
le modalita' di calcolo per  la  determinazione  della  misura  della
pensione stessa".
  Al  riguardo, e' opportuno rammentare che il diritto a pensione e',
per sua natura, un diritto condizionato che si trasforma  in  diritto
soggettivo perfetto solo quando il dipendente lo abbia effettivamente
conseguito  dopo  il  suo  collocamento  a  riposo,  anche  perche il
legislatore ben puo', come in effetti  si  e  verificato,  introdurre
innovazioni   normative   che   possono  addirittura  incidere  sulla
aspettativa del diritto  stesso  al  trattamento  di  quiescenza  non
ancora acquisito.
  Occorre,  tuttavia, osservare che il decreto legislativo n. 503/92,
con apposite disposizioni che verranno esaminate, fa salve  le  norme
del   previgente  ordinamento,  concernenti  i  requisiti  minimi  di
anzianita contributiva per il conseguimento del diritto  a  pensione,
in  favore  di  coloro  che  li abbiano gia maturati alla data del 31
dicembre 1992.
  Si deve inoltre sottolineare che,  non  rinvenendosi  alcuna  norma
contraria  nel decreto legislativo in esame, restano tuttora validi i
requisiti minimi di anzianita' contributiva (anni 14, mesi 6 e giorni
1), gia'  richiesti  dalla  previgente  normativa  per  acquisire  il
diritto  alla  pensione indiretta ed al trattamento di quiescenza nei
casi di dispensa dal servizio per "inabilita' assoluta e permanente a
qualsiasi proficuo lavoro".
1.1. Requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia.
  La  fattispecie  che  viene  ora  presa  in considerazione concerne
l'ipotesi del collocamento a riposo d'ufficio per  il  raggiungimento
dei tassativi limiti massimi di eta' e/o di servizio stabiliti per la
cessazione  del  rapporto di lavoro dalla fonte normativa dei singoli
Enti di appartenenza del personale interessato.
  Si illustrano, qui di seguito, i  nuovi  requisiti  di  eta'  e  di
servizio  congiuntamente  richiesti,  nei  predetti casi, ai fini del
conseguimento del diritto al trattamento di quiescenza.
  Per quanto riguarda l'eta', l'art. 5  del  decreto  legislativo  n.
503/92, testualmente dispone ai commi 1 e 4:
  "1.   Per   le   forme   di  previdenza  sostitutive  ed  esclusive
dell'assicurazione generale obbligatoria  trova  applicazione  quanto
disposto  dall'art.  1,  fermi restando, se piu' elevati, i limiti di
eta' per il pensionamento di  vecchiaia  vigenti  alla  data  del  31
dicembre  1992  e  quelli  per il collocamento a riposo d'ufficio per
raggiunti  limiti  di  eta'  previsto  dai  singoli  ordinamenti  nel
pubblico impiego".
   ................................
  "4.  In  fase  di  prima  applicazione,  per le forme di previdenza
sostitutive ed esclusive del regime generale che prevedono,  in  base
alle  rispettive  normative  vigenti  alla data dei 31 dicembre 1992,
requisiti di eta' inferiori a quelli di cui al comma 1,  l'elevazione
dell'eta  medesima ha luogo in ragione di un anno per ogni due anni a
decorrere dal 1› gennaio 1994 ....".
  Il richiamato art. 1 del decreto legislativo in questione, al comma
1 stabilisce:
  "1. Il diritto alla pensione di vecchiaia .. .. e'  subordinato  al
compimento  dell'eta  indicata,  per ciascun periodo, nella tabella A
allegata" Con la suddetta tabella A, i preesistenti  limiti  di  eta'
per il diritto alla pensione di vecchiaia a carico dell'assicurazione
generale  obbligatoria,  stabiliti dalla previgente normativa in anni
60 per gli uomini e 55 per le donne, vengono elevati, a decorrere dal
1› gennaio 1994, rispettivamente ad anni 61 e  56  ed  aumentati  poi
gradualmente  in ragione di un anno per ogni due, fino a raggiungere,
dal 1› gennaio 2002, i nuovi limiti fissati a regime, pari ad anni 65
per gli uomini e 60 per le donne.
  Come e' noto, pero', gli  ordinamenti  delle  casse  pensioni  degl
istituti  di  previdenza,  a  differenza  di  quanto  previsto  dalla
disciplina dell'assicurazione generale obbligatoria,  non  contengono
una  disposizione che stabilisca una determinata eta' per la pensione
di vecchiaia rinviando,  a  tal  fine,  ai  limiti  massimi  di  eta'
prescritti  per  il  collocamento  a  riposo  d'ufficio,  dalla fonte
normativa dei singoli enti datori di lavoro.
  Si deve, peraltro, osservare che nell'ambito del pubblico  impiego,
di  regola, i vari ordinamenti non operano (come, invece, avviene nel
regime generale obbligatorio) alcuna distinzione fra uomini  e  donne
nel  prevedere  il  limite  di  eta'  per il diritto alla pensione di
vecchiaia; detto limite, per lo piu', e' stabilito al compimento  del
sessantacinquesimo anno per i pubblici dipendenti.
  Per  questi  ultimi,  semmai,  la  differenza  fra  uomini  e donne
assumeva rilievo, prima delle  attuali  innovazioni  legislative,  in
relazione  al  beneficio  che era concesso alle donne coniugate o con
prole a carico, di conseguire il diritto alla pensione anticipata  di
anzianita'  con un servizio utile inferiore di cinque anni rispetto a
quello prescritto per gli uomini.
  Tuttavia,  poiche' le casse pensioni amministrate costituiscono una
forma   di   previdenza   esclusiva    dell'assicurazione    generale
obbligatoria,  la  normativa sopra riportata, nei particolari casi di
seguito illustrati, si impone anche nei confronti degli iscritti alle
casse pensioni medesime.
  In base a tale normativa, quindi, per  determinare  quali  siano  i
requisiti  di eta richiesti per il diritto alla pensione di vecchiaia
per  ciascun  anno,  a  decorrere  dal  1›  gennaio  1994,   occorre,
innanzitutto,  operare  la  distinzione fra uomini e donne, in quanto
potra' verificarsi che non vi sia un unico limite di eta'  che  valga
per entrambi.
  Inoltre,  e'  necessario tenere presenti i tassativi limiti massimi
di eta' prescritti per  il  collocamento  a  riposo  d'ufficio  dagli
ordinamenti  dei singoli Enti datori di lavoro, vigenti alla data del
31 dicembre 1992, e metterli a raffronto con  l'eta'  prevista  dalla
menzionata  tabella  A, rispettivamente per gli uomini e le donne, in
corrispondenza di ciascuno degli anni ivi indicati.
 Nel caso che i predetti limiti di eta', in  vigore  al  31  dicembre
1992,  distintamente considerati per gli uomini e le donne, risultino
superiori od anche uguali  a  quelli  indicati  nella  tabella  A  in
corrispondenza dell'anno di riferimento, tali limiti, stabiliti dalla
fonte  normativa  propria  degli  enti di appartenenza, continuano ad
essere validi pure ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia.
  Qualora, invece,  gli  anzidetti  limiti  di  eta'  vigenti  al  31
dicembre  1992  siano  inferiori  a quelli previsti per il 1994 dalla
tabella A (anni  61  per  gli  uomini  e  56  per  le  donne),  trova
applicazione  il  disposto  del  citato  art.  5,  comma 4, per cui i
medesimi piu' bassi limiti (che potranno,  eventualmente,  riguardare
sia  gli uomini che le donne od anche solo gli uni o le altre) devono
essere elevati di un anno ogni due anni, a decorrere dal  1›  gennaio
1994,  fino  a raggiungere i nuovi requisiti di eta' fissati a regime
in anni 65 per gli uomimi e 60 per le donne.
  Nel caso, infine, che i limiti massimi di  eta'  in  vigore  al  31
dicembre 1992 risultino solo inizialmente superiori a quelli indicati
nella  tabella A, diventando, nel corso del tempo, inferiori a questi
ultimi a causa del graduale aumento previsto, i limiti di cui  sopra,
a  decorrere  dall'anno  in  cui  cio'  si verifichi, dovranno essere
allineati ai livelli piu' alti stabiliti nella  predetta  tabella  A,
per essere poi elevati con la medesima dinamica della tabella stessa.
  Peraltro,  la  novella  disciplina  sui  requisiti  di  eta' per il
diritto alla pensione di vecchiaia, sopra  trattati,  prevede  talune
ipotesi  di  deroga  sancite  dall'art.  1 del decreto legislativo in
esame che, al riguardo, dispone ai commi 6 ed 8:
  "6. Sono confermati i requisiti per la  pensione  di  vecchiaia  in
vigore alla data del 31 dicembre 1992 per i lavoratori non vedenti".
   ................................
  "8.  L'elevazione  dei  limiti  di  eta'  di cui al comma 1, non si
applica agli invalidi in misura non inferiore all'80 per cento".
  Per quanto concerne i lavoratori non vedenti  iscritti  alle  casse
pensionistiche  degli  istituti  di  previdenza,  si  deve mettere in
evidenza che, in base alla disposizione di cui  al  citato  comma  6,
rimangono,  quindi,  tuttora  validi  in ogni caso i tassativi limiti
massimi di eta', in vigore al 31  dicembre  1992,  stabiliti  per  il
collocamento  a  riposo  d'ufficio  dalla fonte normativa dei singoli
Enti datori di lavoro, conseguentemente, nell'ipotesi che tali limiti
siano inferiori a quelli indicati nella piu' volte menzionata tabella
A, rispettivamente per gli uomini e le donne, i medesimi  piu'  bassi
di  eta'  vigenti al 31 dicembre 1992 restano confermati con riguardo
ai soli dipendenti non vedenti, mentre dovranno  essere  elevati  per
tutto il restante personale dell'ente di appartenenza, secondo quanto
prima esposto.
  In  relazione  poi  al disposto del comma 8 soprariportato, si deve
preliminarmente rilevare che gli "invalidi in  misura  non  inferiore
all'80  per  cento"  (ai  quali non si applicano i nuovi requisiti di
eta' per la pensione di vecchiaia) corrispondono,  nell'ambito  degli
ordinamenti  delle  casse  pensioni  degli  Istituti di previdenza, a
coloro che sono dispensati dal servizio per  "inabilita'  assoluta  e
permanente a qualsiasi proficuo lavoro".
  Nelle  predette  fattispecie  (che  sono  state gia' trattate nella
presente circolare al precedente par. 1), gli ordinamenti delle casse
pensioni degli istituti di previdenza non richiedono alcun  requisito
d'eta'  per  il  conseguimento  del diritto a pensione, essendo a tal
fine sufficiente, si ribadisce, un'anzianita' contributiva minima  di
14  anni,  6  mesi  e  1 giorno; e' di tutta evidenza, quindi, che la
deroga in  questione  vale  soltanto  nell'ambito  del  regime  della
assicurazione  generale  obbligatoria,  non  trovando di norma alcuna
applicazione  nei  confronti  degli  iscritti  alle  casse   pensioni
medesime   dispensati   dal   servizio  per  "inabilita'  assoluta  e
permanente a qualsiasi proficuo lavoro".
  In  conclusione,  per  quanto  concerne  i   requisiti   di   eta',
congiuntamente  richiesti  con quelli di servizio per il diritto alla
pensione di  vecchiaia,  si  ritiene  opportuno  sottolineare  che  i
tassativi  limiti  massimi  di  eta'  vigenti  al  31 diucembre 1992,
stabiliti dalla fonte normativa degli enti datori di  lavoro  per  il
collocamento  a  riposo  d'ufficio,  continueranno  ad  essere validi
qualora  distintamente  considerati  per  gli  uomini  e  le   donne,
risultino  superiori o uguali od anche, limitatamente ai non vedenti,
inferiori a quelli indicati nella piu'  volte  richiamata  tabella  A
rispettivamente  per  gli  uomini  e  le  donne; invece, per tutto il
restante personale ad  esclusione  dei  non  vedenti,  gli  anzidetti
limiti  d'eta'  in  vigore al 31 dicembre 1992, se inferiori dovranno
essere ope legis gradualmente elevati in ragione di 1 anno  per  ogni
due  anni, fino a raggiungere i nuovi limiti di eta' fissati a regime
in anni 65 per gli uomini e 60 per le donne.
  Vengono, adesso, presi  in  considerazione  i  nuovi  requisiti  di
servizio  utile,  pure  necessari  per  il  diritto  alla pensione di
vecchiaia. Al riguardo, l'art. 6, comma 1, del decreto legislativo in
esame, stabilisce:
  "1. Per le forme di previdenza sostitutive ed esclusive del  regime
generale  obbligatorio,  si applicano i criteri di cui all'art. 2 del
presente  decreto,  fermi  restando  i   requisiti   assicurativi   e
contributivi previsti dai rispettivi ordinamenti, se piu' elevati".
  L'art.  2,  richiamato  nella  citata  norma, testualmente  recita:
"1. .... il diritto alla pensione di vecchiaia e' riconosciuto quando
siano  trascorsi  almeno  venti anni dall'inizio dell'assicurazione e
risultino versati accreditati in favore dell'assicurato almeno  venti
anni di contribuzione ...".
  "2.  In  fase  di  prima applicazione i requisiti di cui al comma 1
sono stabiliti in base alla tabella B allegata".
  "3. In deroga ai commi 1 e 2:
    a) continuano a trovare applicazione i requisiti di assicurazione
e contribuzione previsti dalla previgente normativa nei confronti dei
soggetti che li abbiano maturati alla data del 31 dicembre 1992 .. ..
   ................................
    c) nei casi di lavoratori dipendenti che  hanno  maturato  al  31
dicembre  1992  una  anzianita' assicurativa e contributiva tale che,
anche se incrementata dai periodi intercorrenti tra la predetta  data
e  quella  riferita  all'eta'  per il pensionamento di vecchiaia, non
consentirebbe loro di conseguire i requisiti di cui ai commi 1  e  2,
questi  ultimi sono corrispondentemente ridotti fino al limite minimo
previsto dalla previgente normativa".
  Dalle citate disposizioni e' agevole rilevare che  i  requisiti  di
anzianita'  contributiva  prescritti  per il diritto alla pensione di
vecchiaia, sono stati anch'essi resi  congrui  con  gli  scopi  della
legge delega.
  Ed  invero,  per  acquisire  tale  diritto,  la norma contenuta nel
richiamato comma 1 dell'art. 2, stabilisce che  siano  congiuntamente
sussistenti  due  condizioni, concernenti l'una il periodo intercorso
dall'inizio dell'assicurazione (che deve essere di almeno venti anni)
e l'altra il requisito minimo contributivo (pure di anni venti).
  Si deve, pero', osservare che per le forme di previdenza  esclusive
del  regime  generale  obbligatorio,  come  le  casse  pensioni degli
Istituti di previdenza, l'art. 6, comma uno, sopra  citato,  sancisce
che  si applicano i "criteri" di cui all'art. 2; pertanto, poiche' il
rinvio operato  non  si  riferisce  alle  testuali  disposizioni  del
medesimo  art.  2,  le stesse non vanno applicate in modo pedissequo,
proprio in relazione  alle  peculiarieta'  dei  regimi  pensionistici
diversi dall'assicurazione generale obbligatoria.
  Per  quanto  concerne gli iscritti alle predette casse pensioni, va
messo in evidenza che nell'"anzianita' contributiva" gia'  rientrano,
come  precisato  nella  parte  introduttiva della presente circolare,
tutti  i  servizi  e/o  periodi  utili  a  pensione  specificati  ivi
compresi,  in  particolare,  quelli  riscattabili, ricongiungibili o,
comunque,  computabili,  conseguentemente,  la  distinzione  che   la
disposizione   in   esame   pone,   tra   requisiti   assicurativi  e
contributivi, stante  la  loro  sostanziale  coincidenza  secondo  la
normativa  delle  casse  pensioni degli istituti di previdenza, e' da
ritenere ininfluente e si  dovra',  quindi,  aver  riguardo  soltanto
all'anzianita' contributiva come prima definita.
  Premesso  cio',  e'  opportuno rammentare che gli ordinamenti delle
casse pensioni amministrate prevedono che il diritto alla pensione di
vecchiaia venga maturato, all'eta' stabilita per  il  collocamento  a
riposo  d'ufficio, dopo 15 anni di servizio utile, rectius 14 anni, 6
mesi ed 1 giorno.
 Orbene, essendo i predetti 15 anni di servizio  inferiori  a  quelli
ora sanciti dalla novella disciplina per la pensione di vecchiaia, e'
di  tutta  evidenza  che  nei  confronti  degli  iscritti  alle casse
pensioni degli istituti di previdenza non trova applicazione la norma
(contenuta nell'ultima parte del comma 1 del richiamato art.  6)  che
fa  salvi  i  piu'  elevati  requisiti  assicurativi  e  contributivi
previsti dalle forme di previdenza sostitutive ed esclusive  del  re-
gime generale obbligatorio.
  Cio'  posto,  si  deve  tenere presente che, in base alla tabella B
dell'art.  2  sopra  citato,  i   nuovi   requisiti   di   anzianita'
contributiva,  richiesti per il diritto alla pensione di vecchiaia, a
decorrere dal 1› gennaio 1993, sono pari ad almeno 16 anni e  vengono
gradualmente  aumentati in ragione di un anno per ogni due anni, fino
a raggiungere, dal 1› gennaio 2001, gli anni prescritti a regime  che
debbono essere non inferiori a 20.
  Peraltro,  si  deve  sottolineare  che  i piu' elevati requisiti di
anzianita' contributiva di cui  sopra  non  trovano  applicazione  in
alcune  ipotesi  di deroga, poste a tutela di particolari fattispecie
che sono state  ritenute  meritevoli  di  favorevole  considerazione,
mantenendo   per   esse  i  requisiti  di  servizio  stabiliti  dalla
previgente normativa.
  Al riguardo, per quanto concerne gli iscritti alle  pensioni  degli
istituti   di  previdenza,  si  dovra'  continuare  ad  applicare  il
requisito minimo di 15  anni  di  servizio  utile,  prescritto  dagli
ordinamenti delle casse medesime, nei seguenti due casi.
  Il  primo  interessa  quei dipendenti che alla data del 31 dicembre
1992 possono vantare un'anzianita' contributiva che sia  pari  almeno
ai   suddetti   15   anni;  in  questa  fattispecie,  con  la  citata
disposizione di cui all'art. 2, comma 3, lett. a), si e'  voluta  far
salva  l'aspettativa  al  diritto  alla  pensione  di vecchiaia, gia'
insorta  negli  interessati  in  base  alle  disposizioni  in  vigore
precedentemente  alla novella disciplina, all'atto del collocamento a
riposo d'ufficio per raggiunti limiti massimi d'eta'.
  Il secondo caso riguarda, invece, gli iscritti in possesso,  al  31
dicembre  1992,  di un'anzianita' contributiva tale che, incrementata
dell'ulteriore intero periodo intercorrente tra la predetta data  del
31  dicembre  1992  e  quella successiva di raggiungimento del limite
massimo d'eta', non sia superiore (e neppure inferiore) a 15 anni.
  Nell'ipotesi sopra esposta, la norma di  garanzia  contenuta  nella
lettera  c) del menzionato art. 2, comma 3, permette di conseguire il
diritto  alla  pensione  di  vecchiaia   purche',   alla   data   del
collocamento a riposo d'ufficio, venga appunto maturato il previgente
requisito di servizio di anni 15.
  Una  terza  fattispecie  di deroga concerne gli iscritti che, al 31
dicembre 1992, abbiano un'anzianita' contributiva tale che, aumentata
dell'ulteriore intero periodo intercorrente tra il 31 dicembre 1992 e
la successiva data  di  raggiungimento  del  limite  massimo  d'eta',
risulti  superiore  a  15  anni  ma  inferiore  ai nuovi requisiti di
servizio stabiliti, per ciascun anno, dalla Tabella B.
 In quest'ultimo caso, secondo la medesima norma di garanzia  di  cui
alla  lettera c) del citato art. 2, comma 3, i limiti di servizio per
il   diritto   alla   pensione   di    vecchiaia    debbono    essere
"corrispondentemente  ridotti"  e  saranno pari, quindi, agli anni di
servizio  che  ciascun  interessato  potra'  al  massimo  raggiungere
sommando  l'anzianita'  contributiva  posseduta al 31 dicembre 1992 e
l'ulteriore intero periodo, considerato continuativamente, sino  alla
data del collocamento a riposo d'ufficio.
  E'  necessario  sottolineare che, nell'ipotesi in esame, il diritto
alla  pensione  di  vecchiaia  non  verrebbe  acquisito  qualora   si
verificassero  interruzioni del servizio prestato dopo il 31 dicembre
1992 e non sussistessero altri periodi e/o servizi comunque  utili  a
pensione,  cosi'  da  non  maturare  il  suddetto requisito minimo di
servizio.
  Per ultimo,  e'  opportuno  richiamare  l'attenzione  sul  disposto
dell'art.  1,  comma 7, del decreto legislativo n. 503/92, secondo il
quale il conseguimento del diritto  alla  pensione  di  vecchiaia  e'
subordinato alla cessazione del rapporto di lavoro.
  In  merito;  si puo' osservare che detta norma e' stata dettata con
riferimento al regime dell'assicurazione generale obbligatoria la cui
disciplina prevedeva l'erogazione del  trattamento  pensionistico  di
vecchiaia,  all'eta' stabilita, anche se gli interessati continuavano
a  prestare  attivita'  lavorativa,  disponendo,  in  tal  caso,   le
conseguenti limitazioni economiche.
  Per quanto riguarda gli iscritti alle casse pensioni degli istituti
di  previdenza,  si  deve  mettere  in evidenza che negli ordinamenti
delle predette Casse, la cessazione dal servizio  e  gia'  prescritta
quale  condizione  generale  necessaria  per  acquisire  il diritto a
pensione, congiuntamente,  e'  ovvio,  con  gli  altri  requisiti  di
servizio  e  di eta' richiesti; per le categorie che qui interessano,
pertanto,  la  norma  di  cui  si  discute  non  ha  alcuna   portata
innovativa.
  In conclusione, si ritiene utile fornire un prospetto riepilogativo
dei requisiti di eta' e di servizio congiuntamente richiesti, ai fini
del  conseguimento  del  diritto  alla pensione di vecchiaia, in base
alle piu' volte menzionate tabelle A e B.
  Con riferimento ai requisiti d'eta', e' necessario pero' tenere ben
presente, innanzitutto, che, come gia' illustrato, i tassativi limiti
massimi di eta' vigenti al 31 dicembre 1992,  stabiliti  dalla  fonte
normativa  degli  enti  datori di lavoro per il collocamento a riposo
d'ufficio,  restano  ancora  validi  nel  caso   che,   distintamente
considerati  per  gli  uomini e le donne, siano superiori o uguali od
anche, limitatamente ai non  vedenti,  inferiori  a  quelli  indicati
nella  tabella  A,  rispettivamente  per  gli  uomini  e le donne; si
rammenta, altresi' che per tutto il restante personale ad  esclusione
dei  non  vedenti,  i suddetti limiti d'eta' in vigore al 31 dicembre
1992, se  inferiori  dovranno  essere  gradualmente  elevati  con  le
modalita' descritte.
 Per  quanto concerne, poi, i requisiti di anzianita' contributiva si
ribadisce che nelle prime due ipotesi di deroga descritte  (la  prima
relativa  ai  lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1992, possono
vantare un servizio utile che sia pari almeno a 15 anni;  l'altra  in
favore  degli  iscritti che maturerebbero appena tale anzianita' alla
successiva data di raggiungimento del limite massimo  d'eta'  per  il
collocamento  a  riposo d'ufficio) resta fermo il requisito minimo di
servizio utile di anni  15,  stabilito  dalla  previgente  normativa;
invece,   nella  terza  ipotesi  di  deroga  trattata  (iscritti  che
maturerebbero un'anzianita'  contributiva  superiore  a  15  anni  ma
inferiore ai nuovi requisiti di servizio per il diritto alla pensione
di  vecchiaia)  i  nuovi  limiti  di  servizio  si  otterranno,  come
illustrato, sommando l'anzianita' contributiva al 31 dicembre 1992  e
l'ulteriore  intero  periodo sino alla data del collocamento a riposo
d'ufficio.
  In   tutti   gli  altri  casi  che  non  rientrino  nelle  predette
fattispecie, valgono i requisiti d'eta' e di  servizio  indicati  nel
seguente prospetto:
_____________________________________________________________________
      Anno      |                                  |      Requisiti
       di       |              E T A'              |    di anzianita'
  riferimento   |__________________________________|    contributiva
                |     Uomini      |       Donne    |
________________|_________________|________________|_________________
                |                 |                |
                |     Limiti      |      Limiti    |
    1993        |   vigenti al    |    vigenti al  |         16
                |   31-12-1992    |    31-12-1992  |
    1994        |       61        |       56       |         16
    1995        |       61        |       56       |         17
    1996        |       62        |       57       |         17
    1997        |       62        |       57       |         18
    1998        |       63        |       58       |         18
    1999        |       63        |       58       |         19
    2000        |       64        |       59       |         19
    2001        |       64        |       59       |         20
dal 2002 in poi |       65        |       60       |         20
                |                 |                |
1.2. Requisiti per il diritto alla pensione di anzianita'.
  Vengono  adesso  presi  in  considerazione i casi di collocamento a
riposo anticipato rispetto ai tassativi limiti massimi di eta' e/o di
servizio previsti, per la cessazione del rapporto  di  lavoro,  dalla
fonte  normativa  dei singoli enti di appartenenza; si ribadisce che,
qualunque  sia  la  causa  di  cessazione  dal  servizio  che   abbia
determinato   il  pensionamento  anticipato  (dimissioni,  decadenza,
destituzione a seguito di procedimento disciplinare  o  per  condanna
penale,   licenziamento   per   soppressione  di  posto  o  riduzione
d'organico, termine del contratto di lavoro a tempo determinato,  ecc
..)  si  trattera'  sempre  di  "pensione di anzianita'", con le sole
esclusioni, ovviamente, delle cessazioni per morte,  per  "inabilita'
assoluta  e  permanente  a  qualsiasi  proficuo  lavoro"  e, nei casi
previsti dalla normativa in vigore, per inabilita' alle mansioni.
 Com'e' noto, secondo gli  ordinamenti  delle  casse  pensioni  degli
istituti  di  previdenza  -  cfr.  art.  7 lettera c), della legge 11
aprile 1955 n. 379 ed art. 18 della legge 26 luglio 1965, n. 965 - il
diritto alla pensione d'anzianita' viene conseguito a qualunque  eta'
con  25  anni di servizio utile (rectius, 24 anni 6 mesi ed 1 giorno)
ovvero, nel caso della dipendente coniugata o con prole a carico, con
20 anni di servizio utile (rectius, 19 anni 6 mesi ed 1 giorno).
  Si rammenta che la cessazione dal  servizio  e'  sempre  condizione
indispensabile per acquisire il diritto alla pensione, anche quando a
tal  fine si prescinde dal requisito dell'eta' maturata alla data del
collocamento a riposo (come nelle fattispecie sopra prospettate).
  Il requisito d'eta' e, invece, necessario, unitamente  al  servizio
utile,  nell'altra  ipotesi  di cui alla lettera a) del citato art. 7
secondo cui cessando dal servizio in eta' non inferiore a 60 anni  si
consegue  il  diritto  alla  pensione  anticipata  con  un'anzianita'
contributiva di 15 anni (rectius 14 anni 6 mesi ed 1 giorno).
  E' bene sottolineare che, in quest'ultima fattispecie, il limite di
eta'  in  questione  deve  essere  stato  gia' raggiunto alla data di
cessazione dal servizio  congiuntamente  alla  prescritta  anzianita'
contributiva.  Conseguentemente,  e'  utile  precisare  che, qualora,
invece,  i  60  anni  d'eta'  non  siano  maturati  al  momento   del
collocamento  a riposo, il diritto alla pensione d'anzianita, in base
alla normativa delle casse pensioni amministrate ed a  differenza  di
quanto  stabilito  dall'ordinamento del regime generale obbligatorio,
non verrebbe acquisito neppure al compimento successivo di tale eta'.
  Peraltro, si  deve  mettere  in  evidenza  che  gli  iscritti  alle
predette   Casse  pensioni  cessati  dal  servizio  con  i  necessari
requisiti per il diritto alla pensione, conseguono immediatamente  il
godimento  della  pensione  stessa  sin dalla data del collocamento a
riposo,  fatta  salva  la  disciplina   sulla   sospensione   ed   il
contingentamento dei pensionamenti anticipati di cui al decreto-legge
n. 384/92 convertito con modificazioni nella legge n. 438/92, nonche'
quella  sul  divieto  di  cumulo  novellata  dall'art. 10 del decreto
legislativo n. 503 del 1992.
  Sempre  per  quanto  concerne  il  requisito  d'eta'  di  60  anni,
richiesto  unitamente  all'anzianita contributiva di 15 anni, occorre
rilevare che se detto limite d'eta e' tassativamente prescritto dagli
ordinamenti degli Enti datori di lavoro per il collocamento a  riposo
d'ufficio,   evidentemente,  alla  cessazione  dal  servizio  per  il
raggiungimento del sessantesimo  anno,  non  potra'  che  aversi  una
"pensione  di  vecchiaia";  al  riguardo,  si rinvia alle indicazioni
fornite nel precedente paragrafo della presente circolare in merito a
detti trattamenti pensionistici.
 Precisato quanto sopra,  si  deve  osservare  che  il  disposto  del
richiamato  art. 7, lettera a), viene qui preso in considerazione con
riguardo  soltanto  alle  "pensioni  di  anzianita'",  limitatamente,
cioe',  ai  casi  in  cui  il  requisito  di 60 anni sia inferiore ai
tassativi limiti massimi di eta' fissati dalla  fonte  normativa  dei
singoli  enti datori di lavoro per il collocamento a riposo d'ufficio
e  la  cessazione  dal  servizio  avvenga,  con  60  anni  di   eta',
anticipatamente rispetto ai suddetti limiti massimi tassativi.
  In  relazione  alle  "pensioni d'anzianita'" che sono ora trattate,
nel quadro normativo sopra cennato si innesta la  novella  disciplina
recata  dall'art  8  del  decreto  legislativo  n.  503 del 1992, che
testualmente recita:
  "1. Per i soggetti  che  alla  data  del  31  dicembre  1992  hanno
maturato  i  requisiti  contributivi  o di servizio prescritti per la
pensione  anticipata  di  anzianita'   rispetto   all'eta'   per   il
pensionamento  di  vecchiaia,  ovvero  per  il  collocamento a riposo
d'ufficio a carico delle forme di previdenza sostitutive ed esclusive
del regime generale, restano ferme le norme previste  dai  rispettivi
ordinamenti".
  "2.  Il  pensionamento  di  cui al comma 1 non puo' comunque essere
richiesto  prima  del  raggiungimento  del  35›  anno  di  anzianita'
contributiva  per  coloro  che  alla data del 1› gennaio 1993 abbiano
maturato un'anzianita' contributiva e di servizio  non  superiore  ad
otto anni".
  "3. Negli altri casi, il periodo mancante per acquisire i requisiti
per  il pensionamento di cui al comma 1, e' determinato applicando al
numero  degli  anni  mancanti  secondo  la  disciplina  dei   singoli
ordinamenti  i  coefficienti di moltiplicazione di cui alla tabella C
allegata".
  Con  la citata disposizione il legislatore ha dettato una normativa
equilibrata per regolare  il  transito  dalla  precedente  disciplina
concernente  il conseguimento del diritto alla pensione di anzianita'
al  nuovo  regime  di  dette  pensioni  omogeneo  a  quello   vigente
nell'ambito dell'assicurazione generale obbligatoria.
  Infatti, per le posizioni giuridiche pregresse e' stato adottato un
criterio  ben  calibrato  in  relazione  all'anzianita'  contributiva
posseduta dagli interessati al 31 dicembre 1992, privilegiando quelle
situazioni in cui alla predetta data  sia  stato  gia'  raggiunto  il
servizio  utile  minimo prima richiesto per acquisire il diritto alla
pensione di anzianita', diritto che in tale fattispecie si e'  voluto
fare salvo.
  Invece,  non  si  e'  ritenuto di dover tutelare in particolar modo
coloro  che  al  1›  gennaio  1993  abbiano  maturato   un'anzianita'
contributiva  non  superiore  ad otto anni, disponendo che, in questo
caso,  debba  senz'altro  trovare  applicazione,  per  conseguire  il
diritto  alla  pensione di anzianita', il requisito minimo di 35 anni
di servizio utile, pari  a  quello  necessario  nel  regime  generale
obbligatorio.
  Nei confronti, poi, degli assicurati con un'anzianita' contributiva
al 31 dicembre l992 superiore ad otto anni, ma inferiore a quella che
consentiva  loro  di maturare il diritto alla pensione anticipata, il
conseguimento di tale diritto e' stato  reso  piu'  gravoso  elevando
proporzionalmente,  tramite appositi coefficienti di moltiplicazione,
il periodo mancante a tale fine, secondo  la  previgente  disciplina,
alla data del 31 dicembre 1992.
 In  merito a quanto sopra esposto, si deve peraltro sottolineare che
il citato comma 1 dell'art. 8, allorquando dispone che,  per  i  casi
ivi  contemplati,  "restano  ferme  le  norme previste dai rispettivi
ordinamenti", si riferisce esclusivamente alla preesistente normativa
relativa ai requisiti contributivi o di servizio  prescritti  per  il
conseguimento del diritto alla pensione di anzianita', in quanto solo
tali requisiti sono menzionati nella prima parte dello stesso comma 1
e,   d'altronde,  i  criteri  di  calcolo  per  la  liquidazione  dei
trattamenti di quiescenza sono stati ora  modificati  dalla  apposita
disposizione innovativa di carattere generale, contenuta nell'art. 13
del decreto legislativo n. 503; questa ultima norma, pertanto, dovra'
trovare  applicazione  anche  per la determinazione delle pensioni di
anzianita di coloro che possono avvalersi,  per  quanto  riguarda  il
conseguimento  del  diritto  a  pensione, del favorevole disposto del
richiamato art. 8, comma 1, secondo cui i  diritti  acquisiti  al  31
dicembre 1992 vengono salvaguardati.
  Pertanto,  coloro  che al 31 dicembre 1992 abbiano gia' compiuto 60
anni di eta' e 14 anni, 6 mesi ed 1 giorno di servizio utile, ovvero,
a prescindere dalla eta' abbiano  gia'  raggiunto  alla  stessa  data
un'anzianita'   contributiva   di  24  anni,  6  mesi  ed  1  giorno,
manterranno sempre il diritto a pensione d'anzianita'.
  Va considerata a parte l'ipotesi della dipendente coniugata  o  con
prole a carico al 31 dicembre 1992 che, a tale data, abbia 19 anni, 6
mesi  ed  1  giorno  di  servizio  utile  e  che, percio', secondo la
previgente normativa, avrebbe gia maturato i requisiti per il diritto
a pensione.
  Al  riguardo,  occorre  tuttavia  precisare che in tale fattispecie
l'iscritta, per potersi avvalere della favorevole previsione  di  cui
al  comma  1  dell'art. 8, dovra' mantenere lo status di coniugata od
avere prole a carico non solo alla medesima data del 31 dicembre 1992
ma anche a quella successiva di cessazione dal servizio.
  Ed invero, si rammenta che l'art. 18 della legge n.  965  del  1965
prevedeva  che  il  diritto  alla  pensione anticipata con 20 anni di
servizio utile (rectius:  19  anni,  6  mesi  ed  1  giorno)  venisse
conseguito  dalla dipendente coniugata o con prole a carico che fosse
tale alla data del  collocamento  a  riposo;  orbene,  dal  combinato
disposto  del menzionato art. 18 legge n. 965/65 e del citato art. 8,
comma 1, del decreto legislativo n. 503, risulta  di  tutta  evidenza
che la predetta condizione, nel caso in esame, deve sussistere sia al
31 dicembre 1992 sia alla data di effettiva cessazione dal servizio.
  In  opposta  ipotesi,  qualora  a  quest'ultima data l'iscritta non
fosse piu' coniugata (ad es., perche' nel frattempo divorziata  senza
essersi  risposata,  o per decesso del marito) ovvero, non rivestendo
lo status di coniugata, non avesse piu prole a carico (ad es., per il
raggiungimento del ventunesimo anno da parte dei figli), non  sarebbe
piu'  applicabile  la  disposizione  del  piu  volte  citato  comma 1
dell'art. 8, bensi' quella contenuta nel comma 3 dello stesso art. 8,
utilizzando il coefficiente di moltiplicazione di cui alla tabella C,
ivi   menzionata,   corrispondente   alla    previgente    anzianita'
contributiva  di 25 anni, che era prescritta in linea generale per il
diritto alla pensione anticipata a  prescindere  da  qualsiasi  altro
requisito.
  Il  legislatore  in  tal modo da un lato ha salvaguardato i diritti
acquisiti al 31 dicembre 1992,  dall'altro  ha  invece  ritenuto  del
tutto irrilevante, ai fini del passaggio alla nuova disciplina per il
conseguimento  del  diritto  alla  pensione anticipata, un'anzianita'
contributiva non superiore  ad  otto  anni  e,  quindi,  al  comma  2
dell'art.  8,  ha  stabilito che in nessun caso potranno acquisire il
diritto alla pensione anticipata prima di aver raggiunto 35  anni  di
servizio  utile,  coloro  che  al  1›  gennaio  1993 abbiano maturato
soltanto otto anni, o meno, di anzianita'  contributiva;  ovviamente,
nella,  probabile  ipotesi  che  vengano  prima raggiunti i tassativi
limiti massimi di eta' e/o di servizio prescritti per il collocamento
a riposo d'ufficio dagli  ordinamenti  dei  singoli  enti  datori  di
lavoro,  e' fatto salvo il diritto alla pensione di vecchiaia, ove ne
sussistano i necessari requisiti.
  La norma in questione appare chiaramente intelligibile  e  non  da'
luogo  a  dubbi  di  sorta; e' pero' importante precisare gli effetti
della disposizione stessa che e' posta in modo  imperativo  (laddove,
in  particolare, recita: " .. non puo' comunque essere richiesto ..")
e non ammette eccezione alcuna.
  Va messo in evidenza,  pertanto,  che  il  tassativo  disposto  del
citato  comma  due  travolge  anche l'eventuale condizione soggettiva
dell'iscritto che al 31 dicembre 1992 abbia compiuto  i  60  anni  di
eta' o della dipendente che a tale data risulti coniugata o con prole
a  carico,  qualora  gli  stessi  alla  data  del 1› gennaio 1993 non
avessero gia' raggiunto un servizio utile superiore ad otto anni.
  In tal caso, gli interessati non  potrebbero  "comunque"  sottrarsi
alla  disposizione  in  esame  -  che considera l'oggettiva, mancanza
della suindicata anzianita' contributiva assolutamente prevalente  su
qualsiasi  altra  condizione  personale  -  e  verrebbero  senz'altro
assoggettati  alla  nuova  disciplina,  identica a quella vigente per
l'assicurazione  generale  obbligatoria,  che  prevede  il  requisito
minimo  di  35  anni  di servizio utile per acquisire il diritto alla
pensione anticipata.
  Le fattispecie sopra trattate, riguardate dai commi 1 e 2 dell'art.
8 del decreto legislativo n. 503, concernono le due estreme  ipotesi:
da  una  parte,  coloro  che  mantengono  il  diritto  alla  pensione
d'anzianita' in base ai previgenti requisiti per averli gia' maturati
al 31 dicembre 1992 (con le precisazioni sopra fornite  in  relazione
al  caso  della  donna  coniugata  o con prole a carico), dall'altra,
coloro che al 1› gennaio 1993 erano in possesso di un servizio  utile
ritenuto  talmente  irrilevante  da  essere  subito assoggettati alla
disciplina  prevista  nel  regime  generale   obbligatorio   per   il
conseguimento del diritto alla pensione anticipata.
  L'ipotesi  intermedia  e'  regolata dal comma 3 dello stesso art. 8
che  detta  i  criteri  per  determinare  quale  sia  il  periodo  di
anzianita'  contributiva mancante - per acquisire il predetto diritto
- a coloro che alla data del 31 dicembre 1992  abbiano  raggiunto  un
servizio   utile  superiore  ad  otto  anni  ma  inferiore  a  quello
prescritto dalla preesistente normativa per maturare il diritto  alla
pensione anticipata, nelle diverse fattispecie.
  Ai  fini anzidetti il citato comma 3 fa riferimento ai coefficienti
di moltiplicazione di cui alla tabella C  allegata  al  provvedimento
legislativo,  dei  quali  vanno ovviamente utilizzati soltanto quelli
corrispondenti alle anzianita' contributiva di 15, 20 o 25  anni,  in
relazione ai vari casi di pensione anticipata.
  Infatti,  per  coloro  che  al 31 dicembre 1992 abbiano compiuto 60
anni di eta' e maturato un servizio utile superiore ad otto  anni  ma
inferiore  a  14  anni,  6  mesi  ed  1 giorno, si dovra applicare il
coefficiente 3,8571, corrispondente all'anzianita' contributiva di 15
anni prima richiesta per la pensione anticipata con 60 anni d'eta'.
  Nel caso della donna coniugata o con prole a carico al 31  dicembre
1992  che  a  tale data abbia raggiunto un serizio utile superiore ad
otto anni ma inferiore a 19 anni, 6 mesi ed 1 giorno e  che  mantenga
lo  status  di  coniugata  o  abbia prole a carico anche alla data di
cessazione dal servizio, trovera' applicazione il coefficiente 2,2500
relativo all'anzianita' contributiva di 20 anni  che  era  prescritta
per tale fattispecie.
  In tutte le altre ipotesi di pensionamento anticipato - per coloro,
cioe',  che  al  31 dicembre 1992 non abbiano compiuto 60 anni d'eta'
ovvero per la dipendente che alla predetta data non sia  coniugata  o
con  prole  a  carico,  anche  se  tali  requisiti soggettivi vengano
acquisiti successivamente - qualora gli interessati, abbiano maturato
alla medesima data del 31 dicembre 1992 un servizio  utile  superiore
ad  otto  anni  ma inferiore a 24 anni, 6 mesi ed 1 giorno, si dovra'
utilizzare il coefficiente 1,5882 corrispondente all'anzianita' di 25
anni  prescritta  dalla  previgente   normativa   per   la   pensione
anticipata.
  In base al comma tre dell'art. 8 in esame, per stabilire quale sia,
nelle  suddette  fattispecie,  il  periodo mancante per conseguire il
diritto alla pensione di anzianita' secondo la novella disciplina, si
dovra' operare nel modo seguente:
   1)  innanzitutto,  posto  che  la norma di cui trattasi stabilisce
esplicitamente che i menzionati coefficienti di cui  alla  tabella  C
vanno   applicati"  ..  al  numero  degli  anni  mancanti  .."  sara'
necessario  prendere  in  considerazione  l'anzianita'   contributiva
maturata dagli iscritti alla data del 31 dicembre 1992 ed arrotondare
ad anni interi tale anzianita' secondo i previgenti criteri stabiliti
dagli ordinamenti delle Casse pensioni degli Istituti di previdenza;
   2)  in  base  alla predetta anzianita' contributiva al 31 dicembre
1992, come sopra arrotondata, si determinera' il  numero  degli  anni
(sempre interi) mancanti per raggiungere 15, 20 o 25 anni di servizio
utile,  rispettivamente  richiesti dalla preesistente normativa nelle
diverse ipotesi di "pensione di anzianita'" prima esaminate;
   3) per  ottenere  il  "periodo  mancante"  bastera'  semplicemente
moltiplicare  il  numero degli anni interi, cosi' determinato, per il
coefficiente di cui alla menzionata  tabella  C  corrispondente  alla
fattispecie concreta di pensionamento anticipato.
  Con  tale  operazione,  detto  "periodo  mancante" potra' risultare
espresso in anni interi ed in  frazione  di  anno  e  sara',  quindi,
necessario  trasformare  il  periodo stesso in anni, mesi e giorni da
aggiungere all'anzianita' contributiva posseduta dagli iscritti al 31
dicembre  1992  per  stabilire,  in  ciascun  caso,  quale   sia   il
complessivo servizio utile minimo prescritto dalla novella disciplina
per il conseguimento del diritto alla "pensione di anzianita".
  Al  fine  della  indispensabile certezza dei rapporti giuridici, e'
necessario preliminarmente convenire quali siano le esatte  modalita'
di trasformazione del periodo in questione.
  Al  riguardo,  si  fa  presente che nel sistema previdenziale viene
correntemente  usato  il  criterio  commerciale.  A  tale   criterio,
pertanto,  si  fara'  riferimento  anche  per procedere all'anzidetta
trasformazione,   considerando   l'anno   ed   il   mese    composti,
rispettivamente, di 360 e 30 giorni.
  Per  meglio  chiarire  quanto sopra esposto e le concrete modalita'
operative, si ritiene utile  proporre  alcuni  esempi  d'applicazione
della  norma  di cui all'art. 8, comma 3, tenendo conto delle diverse
fattispecie prese in esame:
 1› caso: iscritto che 31 dicembre 1992 abbia compiuto 60 anni d'eta'
con un'anzianita' contributiva, a tale data, compresa fra 13 anni,  6
mesi ed 1 giorno e 14 anni e 6 mesi:
   anzianita'  contributiva  al 31 dicembre 1992, arrotondata ad anni
interi, = 14 anni;
   numero di  anni  (interi)  mancanti  per  il  diritto  a  pensione
rispetto al previgente requisito (15 anni) = 1 anno;
   moltiplicando  1  anno  per  il  relativo  coefficiente  3,8571 si
ottiene il periodo mancante che sara' pari appunto ad anni 3,8571;
   per ottenere i mesi ed i giorni corrispondenti alla parte decimale
0,8571, bastera'  moltiplicare  tale  frazione  di  anno  per  360  e
dividere  per  30 (0,8571 x 360 = 309 gg. : 30 = 10 mesi con il resto
di 9 giorni).
 Il complessivo "periodo mancante" sara', percio', di 3 anni, 10 mesi
e 9 giorni che costituiscono il servizio utile che l'iscritto  dovra'
maturare  in  aggiunta  all'anzianita'  contributiva  posseduta al 31
dicembre 1992, per acquisire il diritto alla pensione anticipata, nel
caso ipotizzato.
  Tale  diritto,  pertanto,  verrebbe  conseguito  non  prima  del  9
novembre 1996 (ultimo giorno di servizio), sempre che  non  vi  siano
periodi  di interruzione non utili a pensione e salvo il diritto alla
pensione  di  vecchiaia  che  l'iscritto   potrebbe,   eventualmente,
raggiungere   in   data   anteriore   nonche'   la   disciplina   sul
contingentamento  dei  pensionamenti  anticipati,  di  cui  si  dira'
appresso.  Queste  ultime  avvertenze valgono in ogni caso e dovranno
essere tenute presenti pure negli esempi  successivi,  anche  se  non
saranno ripetute.
 2›  caso:  dipendente  coniugata o con prole a carico al 31 dicembre
1992 che a tale data abbia un servizio utile compreso fra 17 anni,  6
mesi  ed  1  giorno e 18 anni e 6 mesi (e che alla data di cessazione
mantenga lo status di coniugata o abbia prole a carico):
   anzianita' contributiva al 31 dicembre 1992  arrotondata  ad  anni
interi = 18 anni;
   numero  di  anni  (interi)  mancanti  per  il  diritto  a pensione
rispetto al previgente requisito (20 anni) = 2 anni;
   moltiplicando 2 anni per il coefficiente 2,2500 (2 x 2,2500 = 4,5)
si ottiene il periodo mancante, pari ad anni 4,5;
   per ottenere i mesi ed i giorni corrispondenti alla parte decimale
0,5 bostera' moltiplicare tale frazione di anno per  360  e  dividere
per 30 (0,5 x 360 = 180 gg. : 30 = 6 mesi e giorni 0);
  Il  complessivo "periodo mancante" sara' quindi, di 4 anni e 6 mesi
che costituiscono l'ulteriore servizio utile  che  l'iscritta  dovra'
maturare,  in  aggiunta  alla  anzianita contributiva posseduta al 31
dicembre 1992, per acquisire,  nella  fattispecie,  il  diritto  alla
pensione anticipata.
  Tale diritto, pertanto, verrebbe conseguito non prima del 30 giugno
1997 (ultimo giorno di servizio).
 3› caso: iscritto che al 31 dicembre 1992 non abbia compiuto 60 anni
d'eta'  ovvero,  trattandosi  di  donna,  non risulti coniugata o con
prole a carico (anche se tali requisiti soggettivi vengano  acquisiti
successivamente)   e   che   alla   medesima   data   abbia  maturato
un'anzianita' contributiva compresa fra 21 anni, 6 mesi ed 1 giorno e
22 anni e 6 mesi:
   anzianita' contributiva 31  dicembre  1992,  arrotondata  ad  anni
interi = 22 anni;
   numero  di  anni  (interi)  mancanti  per  il  diritto  a pensione
rispetto al previgente requisito (25 anni) = 3 anni;
   moltiplicando 3 per il coefficiente 1,5882 (3 x 1,5882  =  4,7646)
si ottiene il periodo mancante che sara' pari ad anni 4,7646;
   per ottenere i mesi ed i giorni corrispondenti alla parte decimale
0,7646 bastera' moltiplicare tale frazione di anno per 360 e dividere
per  30  (0,7646  x  360  =  276  gg. : 30 = 9 mesi con il resto di 6
giorni).
  Pertanto, nel caso prospettato, per poter acquisire il diritto alla
pensione  anticipata  l'interessato  dovra'  maturare  un   ulteriore
servizio utile pari ad anni 4, mesi 9 e giorni 6.
  Tale  diritto  non  potrebbe, quindi, essere conseguito prima del 6
ottobre 1997 (ultimo giorno di servizio).
  Tuttavia,  come  prima  cennato,  anche  nelle  fattispecie   sopra
ipotizzate,   dovranno   essere   tenute   ben  presenti  le  recenti
disposizioni  sul  contingentamento  dei  pensionamenti   anticipati,
contenute  nel decreto-legge n. 384/92 convertito, con modificazioni,
nella legge n. 438/92 ed i relativi chiarimenti ed istruzioni forniti
da  questa  Direzione  generale  al paragrafo 3 della gia' menzionata
circolare n. 13/I.P.
  Giova rammentare, al riguardo, che l'art.  1,  comma  2-  ter,  del
predetto  decreto-legge  fissa  al  1›  settembre  di ciascun anno la
decorrenza dei pensionamenti anticipati.
  Pertanto, nei primi due esempi illustrati, nei quali,  come  si  e'
visto,   il   diritto  alla  pensione  anticipata  verrebbe  maturato
rispettivamente  il  9  novembre  1996  ed  il  30  giugno  1997,  la
decorrenza  del  trattamento  pensionistico  sarebbe dal 1› settembre
1997 e, conseguentemente, qualora gli interessati  fossero  collocati
anticipatamente  a  riposo dopo il 9 novembre 1996 (nel primo caso) o
dopo il 30 giugno 1997 (nel secondo caso), ma  prima  del  31  agosto
1997,  rimarrebbero  nel  frattempo  privi  sia  dello  stipendio  in
attivita' di servizio che del trattamento di quiescenza.
  Analogamente, nel terzo esempio in cui  il  diritto  alla  pensione
anticipata  verrebbe  maturato  il  6  ottobre  1997,  l'accesso alla
pensione sarebbe consentito soltanto dal 1› settembre 1998.
  Per completezza di trattazione, non e' superfluo  sottolineare  che
dal   1995   la  normativa  sul  contingentamento  dei  pensionamenti
anticipati concerne pure i dipendenti che al 31 dicembre  1992  erano
gia'  in  possesso  dei previgenti requisiti richiesti per il diritto
alla pensione; in merito, si rinvia alle precisazioni  contenute  nel
gia' richiamato paragrafo 3 della circolare n. 13/I.P.
  In  conclusione,  si richiama l'attenzione di tutti gli interessati
(Enti datori di lavoro, Direzioni provinciali del Tesoro ed iscritti)
sulla  necessita'  di  distinguere  e   qualificare   esattamente   i
trattamenti  pensionistici,  secondo  che  trattasi  di  "pensioni di
vecchiaia" o di "pensioni anticipate di anzianita'".
  Tale distinzione non e'  meramente  formale  ma  ha  rilevantissime
conseguenze   giuridiche   sul   piano   sostanziale,  posto  che  il
legislatore ha stabilito per le due  categorie  di  pensioni  diversi
regimi in relazione:
   ai differenti requisiti richiesti per il conseguimento del diritto
a pensione (che sono stati finora analiticamente illustrati);
   alla  disciplina  sul  divieto di cumulo (che verra' esaminata nel
prosieguo della presente circolare);
   e, per ultimo, al blocco ed al contingentamento dei  pensionamenti
anticipati che non riguardano le "pensioni di vecchiaia".
  In  relazione,  infine,  all'"anzianita' contributiva" (o "servizio
utile") alla data del 31  dicembre  1992,  si  richiama  innanzitutto
quanto  gia'  illustrato  nella  parte  introduttiva  della  presente
circolare, laddove sono stati elencati  i  servizi  e/o  periodi  che
rientrano in detta anzianita' contributiva.
  In   particolare,  sono  stati  menzionati  quelli  riscattabili  o
ricongiungibili nonche' il servizio militare di  leva  computabile  a
domanda con onere a carico delle casse pensioni.
  Al   riguardo,   e'   bene   precisare,  (anche  per  le  eventuali
responsabilita' in cui potrebbero incorrere gli Enti datori di lavoro
quali ordinatori primari di spesa per  l'erogazione  dei  trattamenti
provvisori  di  pensione)  che  i  predetti servizi e/o periodi vanno
considerati in relazione al periodo temporale al quale gli stessi  si
riferiscono e potranno essere ricompresi nell'anzianita' contributiva
al  31  dicembre  1992  soltanto  qualora  sia  stata  effettivamente
presentata la  relativa  domanda,  indipendentemente  dalla  data  di
presentazione  della stessa, anche se il provvedimento amministrativo
di riconoscimento non sia stato gia' emanato ovvero, benche' emanato,
non  siano  ancora  spirati  i  termini  perentori   prescritti   per
l'accettazione.
  Ed   invero,   si  deve  tenere  presente  che,  nell'ambito  degli
ordinamenti  delle  casse  pensioni,  in  materia  di  riscatto,   di
ricongiunzione  e  di  computo  del servizio militare di leva vige il
principio  della  domanda,  in  base   al   quale   il   procedimento
amministrativo  per  la valutazione ai fini pensionistici dei servizi
e/o periodi in questione deve essere attivato ad iniziativa di parte.
  E' di tutta evidenza, quindi, che se la domanda de  qua  non  fosse
stata   presentata,   sarebbe   del  tutto  carente  l'indispensabile
presupposto giuridico per il riconoscimento stesso.
  Bisogna rammentare, inoltre, che e'  sempre  affidata  alla  libera
scelta degli interessati, in base alle loro personali valutazioni, se
rendere  utili,  o  meno,  detti servizi e/o periodi nell'ordinamento
delle fosse pensioni amministrate, producendo l'apposita domanda.
  Ma vi e' di  piu':  anche  dopo  la  presentazione  della  suddetta
istanza  e  l'adozione  del  relativo  provvedimento,  i  richiedenti
potrebbero non accettarlo in quanto non piu' conveniente.
  Pertanto,  va  sottolineato  che  qualora   il   provvedimento   di
riconoscimento  dei  summenzionati  servizi e/o periodi non sia stato
ancora emanato ovvero, se adottato  non  sia  ancora  intervenuta  la
relativa   accettazione   (purche'  non  siano  trascorsi  i  termini
perentori per l'accettazione medesima), il diritto  alla  valutazione
di  detti  servizi  e/o  periodi  nell'anzianita'  contributiva al 31
dicembre  1992  e'  sempre  sottoposto  alla  condizione   risolutiva
concernente   sia   la   sussistenza   dei  requisiti  di  legge  sia
l'accettazione del relativo provvedimento amministrativo.
  Il verificarsi della condizione risolutiva di  cui  sopra  per  una
delle  predette  cause  fa  venir  meno,  con efficacia ex tunc, tale
diritto con tutte le conseguenze negative del caso.
  A tale proposito, non si deve inoltre dimenticare che la  effettiva
durata dei servizi e/o periodi che possono essere ammessi a riscatto,
a  ricongiunzione  o  a  computo  ex  art. 1 della legge n. 274/91 va
determinata con riferimento a ciascuna concreta fattispecie.
  Pertanto, la conformita' o meno  dell'oggetto  della  domanda  alla
normativa  vigente  determina  l'  an  ed  il  quantum  del  relativo
provvedimento amministrativo,  indispensabile  per  la  certezza  dei
rapporti giuridici, salvo i casi eccezionali di revoca previsti dalla
legge.
  Esaurita cosi' la parte fondamentale concernente l'acquisizione del
diritto a pensione, vengono ora esaminate le modifiche apportate alle
modalita'   di   calcolo  per  la  liquidazione  del  trattamento  di
quiescenza.
2. MODALITA' DI CALCOLO DELLA PENSIONE.
  Come e' noto,  secondo  la  previgente  normativa  concernente  gli
ordinamenti  delle  casse  pensioni  degli Istituti di previdenza, la
misura della pensione veniva calcolata, di norma,  sulla  base  della
retribuzione annua contributiva spettante alla data di cessazione dal
servizio,  diminuita  dell'intero importo dell'indennita' integrativa
speciale a tale  data,  con  l'applicazione  delle  aliquote  di  cui
all'allegato  A  della  legge  26 luglio 1965, n. 965, corrispondenti
agli anni e mesi di "servizio utile".
  Il decreto legislativo n. 503  reca  ora  talune  disposizioni  (in
particolare  agli  articoli 7, 12 e 13) che, in linea con l'obiettivo
di un generale contenimento della  spesa  previdenziale,  introducono
gradatamente  meno favorevoli criteri di liquidazione del trattamento
di quiescenza, prendendo in considerazione, per la quota di  pensione
afferente   l'anzianita'  contributiva  acquisita  dagli  iscritti  a
decorrere dal 1› gennaio 1993, la media delle retribuzioni  percepite
negli  ultimi  anni,  opportunamente  rivalutate,  e introducendo nel
contempo  l'abbattimento  delle  aliquote  di   rendimento   per   le
retribuzioni medio-alte.
  Tuttavia,  anche  in  relazione  alla  misura  del  trattamento  di
quiescenza, cosi' come per il diritto alla  pensione  secondo  quanto
illustrato  nel  precedente  paragrafo,  il legislatore ha voluto far
salve le aspettative gia' maturate dagli interessati alla data del 31
dicembre  1992,  confermando  in  via  transitoria  la   preesistente
normativa  per  il  calcolo della quota di pensione corrispondente ai
servizi utili anteriori al 1› gennaio 1993.
  Va sottolineato peraltro che, salvo le eccezioni di cui si dira' in
seguito, per  ia  liquidazione  di  entrambe  le  quote  di  pensione
continueranno    ad   essere   utilizzate   le   aliquote   contenute
nell'allegato A della menzionata legge n. 965/65.
  L'art.  13  del  decreto  legislativo  n.   503,   recante   "Norma
transitoria per il calcolo della pensione", recita:
  "1. Per i lavoratori dipendenti iscritti all'assicurazione generale
obbligatoria  per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti ed alle
forme  sostitutive  ed  esclusive  della  medesima,  l'importo  della
pensione e' determinato dalla somma:
    a)  della  quota  di pensione corrispondente all'importo relativo
alle anzianita' contributive acquisite anteriormente  al  1›  gennaio
1993,  calcolato  con  riferimento  alla  data  di  decorrenza  della
pensione secondo  la  normativa  vigente  precedentemente  alla  data
anzidetta  che  a tal fine resta confermata in via transitoria, anche
per quanto concerne il periodo di riferimento per  la  determinazione
della retribuzione pensionabile;
    b)   della  quota  di  pensione  corrispondente  all'importo  del
trattamento  pensionistico  relativo  alle  anzianita'   contributive
acquisite a decorrere dal 1› gennaio 1993, calcolato secondo le norme
di cui al presente decreto".
  Come  e'  agevole  rilevare,  tali  disposizioni, pur avendo natura
transitoria (secondo quanto esplicitamente indicato nel titolo  dello
stesso  art.  13) ed anche se ad esaurimento, continueranno a trovare
applicazione ancora per lungo tempo, fino  a  quando  cioe'  tutti  i
dipendenti,  iscritti  anteriormente  al  1›  gennaio 1993 alle Casse
pensioni, non siano stati collocati a riposo.
  Il calcolo  della  prima  quota  di  pensione  non  presenta  alcun
problema  interpretativo  avendo il legislatore garantito, secondo il
sistema  normativo   previgente,   l'applicazione   delle   aliquote,
corrispondenti  alle anzianita' contributive maturate sino a tutto il
31 dicembre 1992, all'ultima retribuzione pensionabile effettivamente
spettante all'atto della futura cessazione (e non a quella  percepita
alla predetta data).
  E'  sufficiente  soltanto  evidenziare che non viene indicato nella
norma  un  livello  minimo  di  anzianita'   contributiva   acquisita
anteriormente  al 1› gennaio 1993 e, pertanto, qualunque essa sia non
sara' mai irrilevante ai fini del calcolo  della  pensione;  anzi  si
puo' affermare sono proprio i livelli minimi ad essere piu' favoriti,
considerato  che  la  citata  tab.  A  della legge n. 965 non prevede
un'aliquota pari a zero nel  caso  di  iscritto  privo  di  qualsiasi
anzianita'  contributiva, ma addirittura, in tal caso, la percentuale
e' pari al 23,865 per cento.
  Nell'ipotesi, ad esempio, di un iscritto alle Casse  pensioni  che,
alla data del 31 dicembre 1992, possa contare soltanto su un servizio
effettivo di 16 giorni, il dipendente in questione, allorquando sara'
collocato a riposo, (e questo potrebbe avvenire anche tra 40 anni) si
sara'  comunque  assicurato una quota di pensione pari a circa il 24%
della retribuzione in ragione  annua  che  gli  spettera'  alla  data
dell'ultimo giorno di servizio.
  Meno  agevole  e' invece il calcolo della seconda quota di pensione
relativa alle anzianita' acquisite a decorrere dal 1› gennaio 1993.
  Detta  quota,   infatti,   viene   determinata   moltiplicando   la
retribuzione   media  pensionabile  di  cui  all'art.  7  (che  sara'
approfonditamente  esaminato  nel  successivo   paragrafo)   per   la
differenza  tra l'aliquota, del prefato allegato A, corrispondente ai
complessivi servizi e periodi comunque utili alla data di  cessazione
e quella riferita all'anzianita' contributiva maturata al 31 dicembre
1992.
  Al  riguardo,  si  ritiene  utile  illustrare concretamente, con un
esempio, le modalita' di applicazione  del  citato  art.  13  per  il
calcolo del trattamento di quiescenza.
  Si consideri la seguente ipotesi:
   collocamento  a  riposo  per  raggiunti  limiti  massimi di eta' a
decorrere dal 1› gennaio 1998 con un servizio  utile  complessivo  di
anni 30 (aliquota - allegato A = 0,67500);
   anzianita'  contributiva  maturata  alla data del 31 dicembre 1992
pari ad anni 25 (aliquota = 0,55000);
   retribuzione  pensionabile,  in  ragione   annua   ed   al   netto
dell'I.I.S., alla data di cessazione uguale a lire 100.000.000;
   retribuzione media pensionabile di cui all'art. 7, senza l'I.I.S.,
pari ad annue L. 80.000.000.
  Per  calcolare  la  quota  di  pensione,  di  cui  alla  lettera a)
dell'art. 13, bastera' semplicemente operare nel modo seguente:
                 100.000.000 x 0,55.000 = 55.000.000
 La  seconda  quota  di  pensione  di  cui  alla  lettera b) sara' il
risultato delle seguenti operazioni:
                 80.000.000 x (0,67500 - 0,55.000) =
                 = 80.000.000 x 0,12500 = 10.000.000
  Il trattamento di quiescenza spettante sara' costituito dalla somma
dellle due quote di pensione sopra calcolate e risultera',  pertanto,
pari ad annue L. 65.000.000 (55.000.000 + 10.000.000).
 2.1.   Retribuzione   media   pensionabile  -  art.  7  del  decreto
legislativo n. 503/92.
  Come si e' riferito in precedenza, la quota di pensione,  spettante
per le anzianita' contributive maturate dopo il 31 dicembre 1992, non
potra'  piu'  essere  calcolata  sull'ultima  retribuzione, ma dovra'
essere determinata sulla base della media di  tutte  le  retribuzioni
percepite  nell'arco  temporale  indicato  nell'art.  7  del  decreto
legislativo in esame che, ai primi 3 commi, cosi' dispone:
  "1. Per i lavoratori iscritti a forme di previdenza  ...  esclusive
dell'assicurazione  generale  obbligatoria,  che  alla  data  del  31
dicembre 1992 possano far valere un'anzianita' contributiva inferiore
a 15 anni, i periodi  di  riferimento  per  la  determinazione  della
retribuzione  pensionabile,  stabiliti  dalla  normativa vigente alla
predetta data, sono incrementati dai periodi che intercorrono tra  la
predetta  data e quella immediatamente precedente la decorrenza della
pensione.
  2. Per i lavoratori di cui al comma 1 con  anzianita'  contributiva
pari  o  superiore  a  15  anni  il  periodo  di  riferimento  per la
determinazione della retribuzione e' riferito agli ultimi dieci  anni
di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione.
  3. In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui al comma
2,  per  le  pensioni  delle  forme  ... esclusive dell'assicurazione
generale obbligatoria da liquidare a decorrere dal 1›  gennaio  1993,
il  periodo  di riferimento e' incrementato del 50 per cento dei mesi
intercorrenti tra la predetta  data  e  quella  di  decorrenza  della
pensione,  fino  al  raggiungimento  di  un  periodo massimo di dieci
anni".
  Anche in questo caso il legislatore  ha  ritenuto  di  prendere  in
considerazione  i  servizi  e  periodi comunque utili a pensione alla
data del 31  dicembre  1992,  assumendo  come  spartiacque,  per  gli
effetti   piu'   o   meno   penalizzanti  del  calcolo  della  media,
rispettivamente  un'anzianita'  contributiva   alla   predetta   data
inferiore o pari ad almeno 15 anni.
  Pertanto,  per  gli  iscritti  che  alla  data del 31 dicembre 1992
abbiano maturato un'anzianita' contributiva inferiore a 15  anni,  la
retribuzione media pensionabile deve essere calcolata con riferimento
a  tutte  le  retribuzioni  percepite a decorrere dal 1› gennaio 1993
fino alla data di cessazione;  mentre  per  coloro  che  possano  far
valere  alla  predetta data un'anzianita' pari o superiore a 15 anni,
il periodo di riferimento per la media in parola e' dimezzato  e  non
puo', comunque, superare gli ultimi dieci anni di contribuzione.
  Alla luce di quanto sopra esposto, appare evidente che nell'esempio
del  precedente paragrafo (cessazione al 31 dicembre 1997 con 30 anni
utili e anzianita' contributiva al 31 dicembre 1992 pari a 25  anni),
la retribuzione media pensionabile indicata in L. 80.000.000 e' stata
ipoteticamente  determinata sulla base di tutte le retribuzioni annue
pensionabili (depurate dell'I.I.S.) corrisposte negli ultimi 30  mesi
antecedenti  la  cessazione  e  cioe'  nel  periodo 1› luglio 1995/31
dicembre 1997.
  E' necessario pero'  aggiungere  che  il  legislatore,  a  parziale
ristoro  dell'effetto  penalizzante  causato dalla media, ha ritenuto
opportuno che le retribuzioni pensionabili,  storicamente  percepite,
siano  adeguatamente  rivalutate, prima di procedere al calcolo della
media stessa; infatti, il successivo comma 4 dell'art.  7  in  esame,
testualmente, prescrive:
  "4.  Ai  fini  del  calcolo dei trattamenti pensionistici di cui al
presente articolo le retribuzioni pensionabili previste  dai  singoli
ordinamenti  sono rivalutate in misura corrispondente alla variazione
dell'indice annuo dei prezzi al consumo per  famiglie  di  operai  ed
impiegati,   calcolato   daIl'ISTAT,   tra   l'anno   solare  cui  le
retribuzioni si riferiscono e quello  precedente  la  decorrenza  del
trattamento  pensionistico,  con  aumento di un punto percentuale per
ogni anno solare preso in considerazione ai fini  del  computo  delle
retribuzioni pensionabili".
  Al  riguardo  si  fa  presente  che il Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, al fine di consentire l'uniforme applicazione  di
tale  disposizione, ha diramato la circolare n. 46 del 28 aprile 1993
con la quale ha  evidenziato,  "in  via  preliminare,  che  nulla  e'
innovato  rispetto  alla  individuazione  delle voci che concorrono a
formare la retribuzione pensionabile in base ai singoli ordinamenti".
Per quanto riguarda l'applicazione del gia' citato aumento di 1 punto
percentuale, il predetto Dicastero ha altresi'  precisato  "che  tale
aumento  e'  pari  a  tanti  punti  percentuali  quanti sono gli anni
intercorrenti tra l'anno solare, cui la retribuzione od il reddito si
riferiscono,  e  quello  antecedente  la  data  di  decorrenza  della
pensione".   Per   la   determinazione  del  coefficiente  totale  di
rivalutazione delle retribuzioni pensionabili lo stesso Ministero del
lavoro, per  una  maggiore  chiarificazione,  ha  ritenuto  opportuno
rinviare alla seguente formula:
   C  = R  + (R  x P ) = R  x (1 + P )   dove
    t    t     t    t     t         t
   con C  viene indicato il coefficiente finale di  rivalutazione  da
        t
applicare alla retribuzione pensionabile per ognuno degli anni solari
presi in considerazione;
   con R  la variazione dell'indice annuo ISTAT dei prezzi al consumo
        t
per  famiglie  di  operai e impiegati, calcolato tra l'anno solare di
riferimento e quello precedente la decorrenza della pensione;
   con P  = n x 0,01 si vuole significare l'aumento dell'un percento
        t
annuo spettante per il numero (n) degli anni intercorrenti tra l'anno
precedente quello di decorrenza della pensione e l'anno solare  preso
in considerazione.
  In  conclusione,  si puo' ragionevolmente affermare che, a parte la
macchinosita'  del  calcolo  che  richiede  soltanto   un   reiterato
esercizio  pratico  ovvero  l'impostazione  di  un  congruo programma
informatico, la determinazione della retribuzione media  pensionabile
(per  la  quale  va moltiplicato il differenziale di aliquota ai fini
della liquidazione della quota di pensione maturata a  decorrere  dal
1›   gennaio   1993)   non   presenta  alcuna  difficolta'  giuridica
concettualmente  rilevante.  La  retribuzione  media  pensionabile si
ottiene, infatti, seguendo la seguente procedura:
   1)   si   sommano   le   retribuzioni   pensionabili,   al   netto
dell'indennita'  integrativa  speciale  e comprensive dei ratei delle
eventuali mensilita'  aggiuntive,  effettivamente  spettanti  durante
l'anno solare preso in considerazione;
   2)  per  ottenere  l'equivalente in ragione annua (soprattutto nei
casi di coloro che non  siano  stati  retribuiti  per  l'intero  anno
solare di riferimento, si pensi ad es. a tutte le cessazioni in corso
d'anno ovvero all'ipotesi dell'aspettativa per motivi di famiglia che
non  e' utile a pensione) bastera' dividere l'importo di cui al n. 1)
per il numero dei giorni effettivamente retribuiti e moltiplicare  il
risultato  per  360  (si rammenta al riguardo il criterio commerciale
secondo cui l'anno ed il mese si considerano composti rispettivamente
di 360 giorni e di 30 giorni);
   3) la retribuzione annua pensionabile relativa all'anno solare  di
riferimento  va  poi  rivalutata,  ai  sensi del comma 4 dell'art. 7,
moltiplicando l'importo della stessa per il  coefficiente  finale  di
rivalutazione   (CfB012t),   calcolato   secondo   la  formula  sopra
riportata;
   4)  per  ogni  anno  solare  del  periodo   di   riferimento,   le
retribuzioni annue pensionabili rivalutate devono essere moltiplicate
per il numero dei mesi di effettivo godimento;
   5) bisogna sommare gli importi ottenuti al n. 4) e poi dividere il
risultato  per  il  numero  dei mesi complessivi che costituiscono il
periodo di riferimento (cioe' il numero dei mesi intercorrenti dal 1›
gennaio 1993 alla cessazione per anzianita' contributive inferiori ai
15 anni alla data del 31 dicembre 1992 ovvero, per anzianita' pari  o
superiori  a  15  anni,  la  meta'  dei mesi predetti - con il limite
massimo di 120 mesi - immediatamente antecedenti alla cessazione).
  Appare utile riprendere l'esempio riportato in precedenza, per  una
migliore  comprensione  della  problematica  illustrata  nel presente
paragrafo. A tal fine  ipotizziamo  i  seguenti  ulteriori  elementi,
oltre quelli gia' indicati:
   retribuzione  annua  pensionabile a decorrere dal 1› luglio 1995 =
L. 50.000.000;
   retribuzione annua pensionabile a decorrere dal 1› gennaio 1996  =
L. 63.636.363;
   retribuzione  annua pensionabile a decorrere dal 1› gennaio 1997 =
L. 100.000.000;
   coefficienti di rivalutazione (R ) delle retribuzioni pensionabili
                                   t
validi per l'anno 1998:
    1995 = 1,1765 - 1996 = 1,0892 - l997= 1,0000 - 1998 = 1,0000.
  E' utile rammentare altresi' che la pensione decorre dal 1› gennaio
1998 con un'anzianita' contributiva complessiva di 30 anni e  che  il
servizio utile alla data del 31 dicembre 1992 pari ad anni 25.
  Sulla base dei dati sopra riportati occorre  preliminarmente deter-
minare, per ciascun anno solare il coefficiente finale  di  rivaluta-
zione (C ) che, secondo la formula indicata dal Ministero del lavoro,
        t
e' uguale a R  x (1 + P  ) dove P  = n x 0,01. Pertanto  per  ciascun
             t         t         t
anno solare si avra':
   C  = 1,1765 x (1 + 0,02) = 1,1765 x 1,02 = 1,2000;
    95
   C  = 1,0892 x (1 + 0,01) = 1,0892 x 1,01 = 1,1000;
    96
   C  = 1,0000 x (1 + 0) = 1,0000 x 1 = 1,0000.
    97
  Per  calcolare  le retribuzioni pensionabili rivalutate relative al
periodo  1›  luglio  1995/31  dicembre  1997  bastera'  semplicemente
moltiplicare   per   ciascun   anno   solare  la  retribuzione  annua
pensionabile   per   il   corrispondente   coefficiente   finale   di
rivalutazione:
   per l'anno 1995
= 50.000.000 x 1,2000 = 60.000.000;
   per l'anno 1996
= 63.636.363 x 1,1000 = 70.000.000;
   per l'anno 1997
= 100.000.000 x 1,0000 = 100.000.000.
  Ottenute  cosi'  le  retribuzioni  annue  pensionabili, debitamente
rivalutate, si puo' poi procedere al calcolo della retribuzione media
pensionabile (RMP), nel seguente modo:
      60.000.000 x 6 + 70.000.000 x 12 + 100.000.000 x 12
RMP = ____________________________________________________ =
                             30
     360.000.000 + 840.000.000 + 1.200.000.000
=  _____________________________________________ =
                        30
     2.400.000.000
=  _________________  = 80.000.000.
          30
 In conclusione, nella  fattispecie  ipotizzata,  il  trattamento  di
quiescenza, spettante a decorrere dal 1› gennaio 1998, sara' pari a:
     100.000.000 x 0,55000 + 80.000.000 x (0,67500 - 0,55000) =
         = 55.000.000 + 80.000.000 x 0,12500 = 55.000.000 +
                      + 10.000.000 = 65.000.000
  Per  quanto  sopra  esposto,  e  salvo  i  casi in cui la normativa
precedente  prescriva  l'applicazione  della  media  ponderata  delle
differenti    retribuzioni    pensionabili    percepite   nell'ultimo
quinquennio (art. 29 del  decreto  legislativo  n.  38/81  convertito
nella legge n. l53/81 o art. 8 del decreto legislativo n. 267/72), si
puo'  senza dubbio affermare che solo coloro che avessero maturato 40
anni utili a pensione alla data del 31 dicembre  1992,  avendo  ormai
raggiunto  l'aliquota massima possibile, avrebbero la garanzia che il
loro trattamento di quiescenza sarebbe pari al cento per cento  della
ultima retribuzione pensionabile spettante alla data di cessazione.
  E'  da  osservare  inoltre,  che  anche  nei  casi  in  cui  non si
riscontrino,  nel  periodo  dal  1›  gennaio  1993  alla  cessazione,
variazioni   retributive  ne'  rivalutazioni  ISTAT  da  operare,  la
pensione   potrebbe   essere   liquidata    applicando    l'aliquota,
corrispondente al complessivo servizio utile, direttamente all'ultima
retribuzione.
  In  tal  caso,  infatti,  la  retribuzione media pensionabile (RMP)
risulterebbe  coincidente  con  quella   percepita   alla   data   di
cessazione,  rendendo  cosi'  inutile  il  calcolo delle due quote di
pensione di cui all'art. 13, in quanto la loro somma sarebbe comunque
uguale  al  trattamento  di  quiescenza  calcolato  nel  modo   sopra
indicato.
  Si  raccomanda,  invece,  particolare  cautela  agli enti datori di
lavoro nell'ordinare nel 1993, alle competenti direzioni  provinciali
del  Tesoro,  l'erogazione  di  trattamenti  provvisori  di pensione,
liquidati sulla base di retribuzioni pensionabili superiori ad  annue
L.  101.602.500,  al  netto  dell'indennita' integrativa speciale; al
riguardo si rinvia  alle  apposite  spiegazioni  ed  alle  necessarie
istruzioni che qui di seguito verranno dettagliatamente fornite.
2.2. Percentuale di riduzione delle aliquote di rendimento - art. 12.
  Il  comma  1 dell'art. 12 del provvedimento legislativo in esame ha
prescritto, per le pensioni dell'A.G.O.,  aventi  decorrenza  dal  1›
gennaio 1993, l'abbattimento progressivo delle aliquote di rendimento
delle fasce di retribuzione eccedenti il "tetto pensionabile" (per il
1993 tale limite e' pari ad annue L. 53.475.000):
   per  la  quota  di retribuzione pensionabile eccedente il predetto
limite (53.475.000)  e  fino  al  33  per  cento  del  limite  stesso
(71.121.750),  l'aliquota  di  rendimento  dell'A.G.O. (pari al 2 per
cento per ogni anno di servizio utile)  viene  ridotta  all'1,60  per
cento;
   per  le  quote  dal  33  per  cento  (71.121.751)  al 66 per cento
(88.768.500) l'aliquota si riduce a 1,35;
   per le quote dal  66  per  cento  (88.768.501)  al  90  per  cento
(101.602.500)  ogni  anno  di  servizio  rende in pensione l'1,10 per
cento;
   le fasce di retribuzione pensionabile eccedenti il  90  per  cento
(per  il  1993,  pertanto,  quelle  oltre  le  annue  L. 101.602.500)
consentono di liquidare al pensionato  una  quota  di  pensione  pari
soltanto  allo  0,90  per cento di tale retribuzione per ogni anno di
anzianita' contributiva. Pertanto, come opportunamente  ha  posto  in
evidenza  il  Ministro  del  lavoro,  mediante  l'allegato  n. 3 alla
menzionata  circolare  n.  46/93,  a  ciascuno  degli  scaglioni   di
retribuzione   sopra  descritti  corrispondono,  rispettivamente,  le
seguenti percentuali di riduzione delle aliquote  di  rendimento:  20
per  cento  (sino  al  33%),  32,5 per cento (dal 33% al 66%), 45 per
cento  (dal  66%  al  90%)  e  55  per  cento  (oltre  il  90%  =  L.
101.602.500).
  Il  comma  3 ha esteso progressivamente, a decorrere dal 1› gennaio
1993,  alle  forme  di  previdenza  esclusive  dell'A.G.O.  che   non
prevedano limiti massimi di retribuzione pensionabile (tali sono con-
siderate  le Casse pensioni amministrate) il criterio della riduzione
percentuale delle aliquote di rendimento a partire  dalla  fascia  di
retribuzione  piu' elevata tra quelle previste alla tabella del comma
1, "con cadenza quinquennale ... e con scaglionamento  riferito  alla
meta' delle percentuali di riduzione predette".
  Pertanto,  per  il  primo  quinquennio  (1993-1997),  risultando la
percentuale di riduzione dell'aliquota di rendimento della  quota  di
retribuzione  eccedente del 90 per cento il "tetto pensionabile" pari
al 55 per cento, bastera' operare una riduzione del  27,5  per  cento
delle  aliquote  della  tabella  A  da applicare per il calcolo della
seconda  quota  di  pensione  relativa  all'anzianita'   contributiva
maturata  dal  1› gennaio 1993 in poi; cio' equivale ad affermare che
le predette aliquote devono essere ridotte al 72,5 per cento del loro
valore ovvero moltiplicare le stesse  aliquote  per  il  coefficiente
0,725.  L'altra meta' della riduzione percentuale in questione verra'
applicata dal 1› gennaio 1998.
  Giova ripetere, peraltro, che il "tetto  pensionabile"  dell'A.G.O.
e'  pari  a  L.  53.475.000 e che, pertanto, la quota di retribuzione
eccedente  del  90  per  cento  il  predetto  limite  ammonta  a   L.
101.602.500  per il 1993. Resta inteso, infine, che i predetti limiti
devono essere considerati senza includervi  l'indennita'  integrativa
speciale.  Appare  ora  indispensabile  illustrare concretamente tale
problematica con un  esempio  pratico  di  applicazione.  Ipotiziamo,
pertanto,  il  caso  di  un  iscritto  collocato a riposo d'ufficio a
decorrere dal 1› gennaio 1994 con una retribuzione annua pensionabile
(senza l'I.I.S.), dal 1› ottobre 1993 al 31 dicembre 1993, pari a  L.
120.000.000;
   la  retribuzione pensionabile, dal 1› gennaio 1993 al 30 settembre
1993, ammontava a L. 100.000.000;
   il servizio utile al 31 dicembre 1992 era di anni  30  e  mesi  7,
mentre  al  31 dicembre 1993 l'anzianita' contributiva totale risulta
pari ad anni 31 e mesi 7;
   le corrispondenti aliquote sono uguali rispettivamente a 0,69121 e
a 0,71980.
  Per calcolare la  retribuzione  media  pensionabile  (RMP)  bisogna
prendere  a riferimento il periodo 1› luglio 1993/31 dicembre 1993 in
quanto il lavoratore  in  questione  puo'  far  valere  un'anzianita'
contributiva superiore a 15 anni e, non essendoci rivalutazioni ISTAT
da operare, tale media sara':
       100.000.000 x 3 + 120.000.000 x 3
RMP = ____________________________________  = 110.000.000;
                       6
  la quota a) di pensione (P  ) e':
                            a
  P   = 0,69121 x 120.000.000 = 82.945.200;
   a
  la quota b), relativa alle anzianita' contributive maturate dopo il
1›  gennaio  1993,  deve  essere  calcolata limitatamente alla fascia
della retribuzione media  pensionabile  (RMP)  non  eccedente  le  L.
101.602.500:
    P   = (0,71980 - 0,69121) x 101.602.500 =
     b
         = 0,02859 x 101.602.500 = 2.904.815;
  l'altra  fascia della RMP fino a L. 110.000.000 formera' oggetto di
una terza quota di pensione (Pc), calcolata con l'abbattimento  delle
aliquote  di  rendimento,  applicando  alle stesse il coefficiente di
riduzione 0,725:
  P  = 0,725 x (0,71980 - 0,69121) x (110.000.000 - 101.602.500) =
   c
           = 0,725 x 0,02859 x 8.397.500 = 174.061.
  Pertanto  la  pensione  totale  diretta (Pd) sara' costituita dalla
somma delle predette 3 quote:
  P  = P  + P  + P  = 82.945.200 + 2.904.815 + 174.061 =
   d    a    b    c
                    = 86.024.076 = arr. 86.024.100.
 2.3 Trattenimento in servizio oltre i limiti di eta'.
  Il decreto  legislativo  in  esame  reca  alcune  disposizioni  che
consentono  agli  iscritti  alle  casse  pensioni  degli  istituti di
previdenza di permanere in servizio oltre i tassativi limiti di eta',
previsti dai singoli ordinamenti degli enti datori di lavoro, per  il
collocamento a riposo d'ufficio.
  Corre  l'obbligo di esaminare e chiarire preliminarmente la portata
dell'art. 16, intitolato "prosecuzione del rapporto di  lavoro",  che
testualmente recita:
  "1.  E'  in facolta' dei dipendenti civili dello Stato e degli enti
pubblici non economici di permanere in servizio,  con  effetto  dalla
data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un
periodo  massimo  di  un  biennio  oltre  i  limiti  di  eta'  per il
collocamento a riposo per essi previsti".
  La citata legge delega n.  421/92  e'  entrata  in  vigore  dal  15
novembre  1992  e,  pertanto,  a decorrere da tale data e' consentito
agli  interessati  di  esercitare  la  predetta   facolta'   per   il
mantenimento in servizio oltre i limiti di eta'.
  E'  bene  chiarire  che la norma in questione, non prevedendo alcun
onere o condizione per il suo esercizio, conferisce in  tal  modo  un
diritto  meramente potestativo cui l'ente datore di lavoro nulla puo'
opporre; anzi l'ente medesimo e' tenuto ad adottare  l'apposito  atto
deliberativo dal quale deve risultare l'esatta data di decorrenza del
trattenimento in servizio.
  Notevoli perplessita' sono sorte in merito all'individuazione delle
amministrazioni  pubbliche  il  cui  personale  e' beneficiario della
predetta facolta'  di  permanere  in  servizio.  Al  riguardo  si  fa
presente  che  la Ragioneria Generale dello Stato e la Presidenza del
Consiglio dei Ministri hanno definitivamente chiarito che destinatari
della menzionata norma sono i dipendenti di tutti gli  enti  pubblici
non  economici,  considerata  la chiara "formulazione letterale della
disposizione, che  non  pone  distinzione  alcuna  nell'ambito  della
categoria  di  tali  enti  nonche'  alle  indubitabili  disparita' di
trattamento   che   deriverebbero   da   interpretazioni   limitative
dell'ambito soggettivo di efficacia della disposizione medesima".
 In  definitiva  le amministrazioni pubbliche interessate sono quelle
individuate ed elencate nell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29 sul pubblico  impiego:  amministrazioni  dello
Stato,  anche  ad  ordinamento  autonomo, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le  istituzioni  educative,  regioni,
provincie,   comuni,   comunita'   montane,  e  i  loro  consorzi  ed
associazioni,  istituzioni  universitarie,  istituti  autonomi   case
popolari, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro  associazioni,  tutti gli enti pubblici non economici nazionali,
regionali e locali, le amministrazioni, le aziende  e  gli  enti  del
Servizio sanitario nazionale.
  Altra  disposizione  del decreto legislativo n. 503/92 che consente
il trattenimento in servizio e' quella del comma 2  dell'art.  1  del
decreto  stesso  con  la  quale  il  limite  di eta' di 62 anni, gia'
previsto dall'art. 6 della legge n. 407/90, e' stato elevato fino  al
compimento  del  65› anno. In tal caso, pero', per poter continuare a
prestare la loro opera oltre gli eventuali piu' bassi limiti di  eta'
e  fino  al compimento del 65› anno, gli interessati non debbono aver
ottenuto o richiesto la liquidazione di una pensione di  vecchiaia  a
carico  dell'I.N.P.S.  o di altre gestioni sostitutive, esonerative o
esclusive dell'A.G.O.
  Per quanto concerne, infine, il comma  3  del  citato  art.  1  che
prescrive  particolari  incrementi  delle  aliquote di commisurazione
della  pensione  per  incentivare  la  facolta'  di  opzione  per  la
prosecuzione del rapporto di lavoro, ai sensi dell'art. 4 della legge
n.  903/77 e dell'art. 6 del decreto-legge n. 791/81, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 54/82, si deve rilevare che il comma  4
dell'art.  5  del  decreto  legislativo  n.  503 stabillsce che detta
facolta',  ove  esercitabile,  non   influisce   sulla   retribuzione
pensionabile  e  sul  limite  massimo  del coefficiente di rendimento
complessivo  stabiliti  dalle  vigenti  normative.   Conseguentemente
rimangono  inalterate  le  aliquote di pensionabilita' in vigore alla
data del 31 dicembre 1992.
  E'  da  considerare  peraltro  che  le   aliquote   di   rendimento
dell'A.G.O. sono sempre uguali per ogni anno di servizio (2 per cento
annuo),  mentre  le  aliquote  della tabella A allegata alla legge n.
965/65, essendo piu' che  proporzionali  rispetto  all'aumento  della
anzianita'  di  servizio,  contengono  gia'  in se stesse la naturale
incentivazione, per gli iscritti alle casse pensioni  degli  istituti
di  previdenza,  a  permanere  in servizio il piu' a lungo possibile.
Anche il richiamo esplicito alla legge n. 153 del 1969, contenuto nel
citato comma 3 dell'art. 1, induce a ritenere che tale  precetto  sia
rivolto  essenzialmente  a  coloro  che  sono  riguardati  dal regime
dell'assicurazione generale obbligatoria.
  Decisivo appare infine l'evidente  profilo  di  incostituzionalita'
laddove  l'interprete  ritenesse applicabile anche agli iscritti alle
Casse   pensioni   amministrate   gli   incrementi   delle   aliquote
pensionabili.  A  differenza,  infatti, del-l'INPS non esiste per gli
iscritti  alle  predette  casse  un'unica  eta'  pensionabile;   ogni
amministrazione   comunale  per  esempio  e'  dotata  di  un  proprio
regolamento organico che prevede l'eta' massima per il collocamento a
riposo d'ufficio. Ed allora e' facile ipotizzare che due  dipendenti,
di  due diversi comuni che prevedano differenti limiti di eta' per il
collocamento a riposo,  pur  trovandosi  in  una  identica  posizione
giuridica,  economica  e  previdenziale,  dall'inizio del rapporto di
lavoro alla fine della carriera lavorativa, si  vedrebbero  liquidati
due diversi trattamenti di quiescenza soltanto perche' il regolamento
di un'amministrazione consentiva di esercitare la facolta' di opzione
per il trattenimento in servizio, mentre l'altro regolamento, preved-
endo  piu'  elevati  limiti  massimi  di  eta' (per es. 65 anni), non
permetteva l'esercizio della predetta facolta'.
  Per tutte le ragioni  sopra  esposte,  non  si  ritiene  che  siano
applicabili,  agli  iscritti  alle  casse  pensioni degli istituti di
previdenza, le disposizioni di cui al piu' volte menzionato  comma  3
dell'art.   1,   recanti  incrementi  percentuali  alle  aliquote  di
pensionabilita', per incentivare la permanenza in servizio.
3. DISCIPLINA DEL CUMULO TRA PENSIONI E REDDITI DA LAVORO - ART. 10.
  L'art.  10  introduce  dal  1› gennaio 1994 una nuova normativa sul
cumulo tra pensione e redditi da lavoro  dipendente  od  autonomo.  I
nuovi criteri di cumulo, come precisato nel comma 8, non si applicano
ai  lavoratori  che  alla  data  del  31 dicembre 1993 risultino gia'
pensionati  ovvero  a  quelli  che  conseguono  il   trattamento   di
quiescenza  nel  corso  del  1994,  purche',  ne  abbiano  maturato i
requisiti entro  il  31  dicembre  1993.  Con  l'occasione,  e'  bene
collegare  tali  norme con quelle di cui all'art. 1 del decreto-legge
l9 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge
14 novembre 1992, n. 438.
  In particolare, la disposizione recata dal  comma  2-quinquies  del
citato  art.  1, limitatamente all'anno 1994, consente ai dipendenti,
gia' in possesso al 31 dicembre 1992 dei requisiti richiesti  per  il
conseguimento   del  diritto  a  pensione  anticipata  di  anzianita,
l'accesso aIla pensione stessa  a  decorrere  dal  1›  gennaio  1994,
sottraendosi  cosi'  al  contingentamento  fissato al 1› settembre di
ogni anno.
  In relazione ai numerosi quesiti pervenuti al riguardo, si  precisa
che  in  base  a  tale  norma  gli  interessati possono conseguire il
trattamento di pensione nel corso dell'intero anno 1994.
  Ritornando alle nuove norme sul cumulo e' utile ribadire che  esse,
pur  avendo  effetto  dal  1›  gennaio  1994,  non  si  applicano  ai
pensionati con decorrenza nel corso del 1994 ma che abbiano  maturato
il diritto nell'anno 1993.
  I nuovi criteri si pongono in maniera diversa rispetto alle diverse
qualificazioni della pensione.
  Per   quanto  concerne  le  pensioni  dirette  di  vecchiaia  e  di
invalidita', dal 1› gennaio 1994 e' ammesso il cumulo della  pensione
(considerata  comprensiva dell'indennita' integrativa speciale) con i
redditi da lavoro dipendente o autonomo nella misura del  trattamento
minimo INPS piu' il 50 per cento dell'importo residuo della pensione.
I  trattamenti  pensionistici  di  vecchiaia  sono  pero'  totalmente
cumulabili  con  i  redditi  derivanti  da  iniziative,  promosse  da
istituzioni  pubbliche  o private, per il reinserimento degli anziani
in attivita' socialmente utili.
  Le pensioni  anticipate  di  anzianita',  invece,  sono  totalmente
incumulabili  con  redditi di lavoro dipendente, mentre con i redditi
di lavoro autonomo dette pensioni di anzianita' sono cumulabili nella
stessa misura delle pensioni di vecchiaia  (trattamento  minimo  INPS
piu'  il  50  per  cento  dell'importo residuo della pensione). E' da
sottolineare, peraltro, che allorquando il  titolare  della  pensione
anticipata  di  anzianita'  compie  l'eta'  per  il  pensionamento di
vecchiaia si applicano nei  suoi  confronti  gli  stessi  criteri  di
cumulabilita' parziale previsti per quest'ultima pensione.
  Per  le altre norme di dettaglio si rinvia, infine, alla pedissequa
lettura dell'intero art. 10 che non presenta particolari difficolta'.
4. PEREQUAZIONE AUTOMATICA DELLE PENSIONI - ART. 11.
  In linea con le finalita' del legislatore di contenere il disavanzo
del settore pubblico allargato, con particolare riguardo  alla  spesa
previdenziale,  l'art.  2  del  menzionato  decreto-legge  n. 384/92,
convertito, con modificazioni, nella legge n. 438/92 ha sospeso  fino
al 31 dicembre 1993 l'applicazione di ogni disposizione di legge o di
regolamento  che  preveda aumenti a titolo di perequazione automatica
delle pensioni, determinando altresi'  la  misura  degli  aumenti  da
corrispondere nell'anno 1993.
  Infatti,  in  base al comma 1 del richiamato art. 2, sulle pensioni
in pagamento non e' stato  corrisposto  l'aumento,  dal  1›  novembre
1992,  per  la  perequazione  automatica  prevista dall'art. 21 della
legge 27 dicembre 1983, n. 730, con  riferimento  agli  indici  della
scala  mobile  dei  lavoratori  dell'industria;  inoltre non e' stato
neppure applicato l'altro aumento perequativo dal  1›  gennaio  1993,
derivante  dall'aggancio  delle  pensioni alla dinamica salariale, ai
sensi  della  legge  n.  177  del  1976.  Il  rigore  della  predetta
disposizione  e'  stato,  pero', in parte contemperato dal successivo
comma 1-  bis  che,  per  l'anno  1993,  ha  mantenuto  soltanto  gli
incrementi collegati al costo della vlta di cui al menzionato art. 21
della legge n. 730 del 1983. Tuttavia, detti aumenti infrannuali sono
stati   fatti  slittare  di  un  mese,  essendone  stata  fissata  la
decorrenza dal 1› giugno e dal 1› dicembre del  1993,  e  sono  stati
peraltro predeterminati sulla base del tasso d'inflazione programmata
e  non  su quello reale che, effettivamente, risultera' alla fine del
1993.
  Le predette percentuali di variazione per il calcolo degli  aumenti
di  perequazione  delle  pensioni per l'anno 1993 sono determinate in
misura pari a + 1,8 dal 1› giugno e  +  1,7  dal  1›  dicembre  (cfr.
decreto  del  Ministro  del  tesoro  di  concerto con il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale del 30  dicembre  1992,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1993).
  Con l'art. 11 della riforma pensionistica in esame si e' provveduto
a  decorrere  dal  1994  ad  abolire definitivamente l'indicizzazione
automatica ai salari, rimanendo le pensioni agganciate al solo  costo
della vita; resta l'indicizzazione ai prezzi, ma non piu' all'aumento
delle retribuzioni.
  Il  commma  1  del  prefato  art.  11 dispone peraltro che il "solo
adeguamento al costo della vita" avra' "cadenza  annuale  ed  effetto
dal  primo  novembre  di  ogni  anno".  Al riguardo, e' da notare che
alcuni economisti hanno affermato che  l'effetto  risparmio  di  tale
misura  potrebbe  rilevarsi piu' forte dello stesso aumento dell'eta'
pensionabile. Tuttavia, il legislatore,  con  il  successivo  secondo
comma,  ha  anche  previsto  la  possibilita' di concedere, con legge
finanziaria, ulteriori aumenti laddove l'andamento  dell'economia  lo
consenta.
5. ISCRIZIONE DEI DIPENDENTI GIORNALISTI - ART. 17, COMMA 3.
  Nel fare riserva di fornire in seguito le altre apposite istruzioni
che  si  rendessero  necessarie  per  chiarire le eventuali ulteriori
problematiche  che   potranno   emergere,   considerato   l'interesse
manifestato  da  alcuni  enti,  si  ritiene  opportuno,  per  ultimo,
illustrare brevemente la disposizione recata dal comma 3 dell'art. 17
del  decreto  legislativo  n.  503/92.  A  tal  fine  e'   necessario
premettere  che l'art. 4, comma 2, della legge n. 274/91 ha esteso, a
decorrere dal 1› ottobre 1991, l'obbligo di iscrizione alle  pensioni
alle  casse  pensioni  a  tutti i dipendenti degli enti iscritti alle
casse medesime, a  qualunque  titolo  assunti,  anche  se  adibiti  a
servizi  di carattere eccezionale e straordinario o per attivita' non
istituzionali,  ancorche'  l'assunzione  sia  a tempo determinato o a
titolo di supplenza o  con  contratto  di  diritto  privato.  Con  la
circolare  3 settembre 1991, n. 8/I.P. e' stato ribadito che, in base
al chiaro tenore letterale della norma in esame,  "qualunque  sia  la
natura  del  rapporto  di  lavoro, anche se non di pubblico impiego e
prestato con  contratto  di  diritto  privato  a  tempo  determinato,
purche'  sia  reso  con  vincolo  di  subordinazione  alle dipendenze
dell'ente iscritto alle  casse  pensioni,  sussiste  senza  ulteriore
possibilita'  di  dubbio,  l'obbligo di iscrizione alle casse stesse;
rimangono pur sempre esclusi  i  rapporti  di  lavoro  autonomo,  gli
incarichi   professionali  o  di  consulenza  (locatio  operis),  non
riconducibili a lavoro dipendente (locatio operarum),  per  i  quali,
peraltro,  non v'e' obbligo di iscrizione, a carico dell'ente, presso
alcun fondo pensioni". E' appena il caso di precisare  che  l'obbligo
d'iscrizione  alle  casse pensioni, disposto dal citato art. 4, comma
2, va affermato anche in presenza di eventuali contrarie disposizioni
che in precedenza  abbiano  sancito,  per  particolari  categorie  di
personale, l'iscrizione a diversi regimi previdenziali.
  Infatti,  le  possibili  antinomie  tra  norme  vanno  risolte alla
stregua dei criteri positivamente stabiliti, ed esattamente:
   criterio cronologico (lex posterior  derogat  priori):  l'art.  15
disp.  prel.  cod.  civ.  recita  testualmente:  "Le  leggi  non sono
abrogate che da  leggi  posteriori  per  dichiarazione  espressa  del
legislatore  o  per  incompatibilita'  tra le nuove disposizioni e le
precedenti o perche' la nuova  legge  regola  l'intera  materia  gia'
regolata dalla legge anteriore";
   criterio  della  specialita':  la  legge 274/91 presenta anch'essa
carattere di specialita'  e,  quindi,  puo'  legittimamente  regolare
situazioni  giuridiche  gia' assoggettate all'efficacia di precedenti
leggi pure speciali. Insomma, in  forza  dei  due  predetti  criteri,
l'art.  4,  comma  2,  della  richiamata  legge  n.  274,  prevale su
qualsiasi  norma  con  esso  confliggente.  Pertanto,  anche  per   i
giornalisti   dipendenti   da   enti  iscritti  alla  Cassa  pensioni
dipendenti  enti  locali,  sussiste  l'obbligo  di  iscrizione   alla
C.P.D.E.L.  stessa,  rientrando  essi  nella previsione normativa del
menzionato art. 4, nonostante il contrario disposto  della  legge  n.
1564/51  che  sanciva per il personale de quo l'obbligo di iscrizione
alla I.N.P.G.I.
  Tutto cio' premesso, molti  enti  hanno  chiesto  di  conoscere  se
l'iscrizione  alla  C.P.D.E.L.  di  cui  sopra possa essere mantenuta
anche  dopo  l'emanazione  del  decreto  legislativo  n.  503/92  che
all'art.  17,  comma  3,  cosi'  dispone:  "I  dipendenti giornalisti
professionisti  iscritti  nell'apposito  albo  di   categoria   e   i
dipendenti  praticanti giornalisti iscritti nell'apposito registro di
categoria, i cui rapporti di  lavoro  siano  regolati  dal  contratto
nazionale   giornalistico,   sono   obbligatoriamenteiscritti  presso
l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani 'Giovanni
Amendola'".
  Tale   l'esplicito   dettato    legislativo,    va    sottolineato,
innanzitutto,  che,  ai  fini  dell'applicabilita' della surriportata
disposizione,   devono   congiuntamente   sussistere   le    seguenti
condizioni:
   1)  possesso  della  qualifica  di  giornalista  professionista  o
praticante giornalista (e non anche di giornalista pubblista,  stante
la mancata previsione in tal senso della norma in esame);
   2)   iscrizione   nell'apposito  albo  o  registro  di  categoria,
rispettivamente,per i giornalisti professionisti e per  i  praticanti
giornalisti;
   3)  regolamentazione  del  trattamento  giuridico ed economico del
rapporto di lavoro con contratto nazionale giornalistico.
  Pertanto, si ritiene opportuno ribadire, che  soltanto  l'eventuale
contemporanea   presenza   di   tutti   i   requisiti   suillustrati,
comporterebbe l'iscrizione all'I.N.P.G.I.; viceversa, la  carenza  di
anche uno solo dei predetti requisiti avrebbe come logica conseguenza
il   mantenimento,   nei  confronti  degli  interessati,  del  regime
previdenziale  C.P.D.E.L.  gia'  in  godimento  ovvero   il   sorgere
dell'obbligo  di  iscrizione  alla  cassa medesima, a decorrere dalla
data di assunzione, in caso di instaurazione  di  nuovi  rapporti  di
lavoro.
  Le amministrazioni con personale iscritto alle casse pensioni degli
istituti  di previdenza sono pregate di portare a conoscenza dei loro
dipendenti la presente circolare.
                                        Il direttore generale
                                 ex Direzione generale degli II.PP.
                                               FERRARIS
Il direttore generale dell'I.N.P.D.A.P.
                CERILLI