N. 786 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 novembre 1993

                                N. 786
 Ordinanza emessa il 10 novembre 1993  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  pretura  di  Asti  nel procedimento penale a
 carico di Galvagno Giorgio
 Regione Piemonte - Inquinamento - Scarichi di pubbliche fognature -
    Esclusione, con legge regionale, dell'obbligo  dell'autorizzazione
    (previsto  e penalmente sanzionato dalla normativa statale) ove vi
    sia coincidenza tra titolare dello scarico e autorita'  competente
    al  controllo  (comuni)  -  Lamentata  indebita interferenza della
    regione nella materia penale di esclusiva competenza statale.
 (Legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, art. 9, quinto comma).
 (Cost., art. 25).
(GU n.4 del 19-1-1994 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Visti gli atti del proc.  penale  1516/91  a  carico  di  Galvagno
 Giorgio,  nato  a  Mattuglie  il  27 luglio 1943 e residente ad Asti,
 piazza Statuto, 1 (sindaco di Asti) per il reato di cui all'art.  21,
 primo  comma,  della legge 10 maggio 1976, n. 319, perche' effettuava
 lo scarico da pubblica fognatura del comune di Asti nelle  acque  del
 fiume  Tanaro  senza  presentare la domanda di autorizzazione; acc.to
 ottobre 91 e tuttora in corso iscritto nel registro delle notizie  di
 reato in data 27 novembre 1991;
    Vista  la  richiesta di archiviazione del p.m. in data 7 settembre
 1993 subordinata, peraltro, al  non  accoglimento  dell'eccezione  di
 incostituzionalita' dell'art. 9, quinto comma, legge regione Piemonte
 26 marzo 1990, n. 13, in riferimento all'art. 25 della Costituzione.
                             O S S E R V A
    1.  -  Con  la  fondamentale  sentenza 31 maggio 1991, Valiante le
 ss.uu.  penali  della  Cassazione,  occupandosi  in  particolare  del
 problema  se  la  legge  n.  319/1976  preveda  o  meno  l'obbligo di
 autorizzazione allo scarico per i titolari degli insediamenti civili,
 hanno affermato - traendo argomento specialmente dagli artt. 1, comma
 1, lett. a) (secondo cui oggetto della legge e' "la disciplina  degli
 scarichi   di   qualsiasi   tipo,  pubblici  e  privati,  diretti  ed
 indiretti"), 9, ultimo comma  ("tutti  gli  scarichi  debbono  essere
 autorizzati")   e   21,  primo  comma  (che  sanziona  penalmente  il
 comportamento di "chiunque" apra o comunque effettui nuovi  scarichi)
 -  che  la  necessita'  dell'autorizzazione  rappresenta (con la sola
 esclusione  degli  scarichi  civili  che  si  immettono  in  pubblica
 fognatura:  v.  art. 14, primo comma) un principio fondamentale della
 legge Merli non  derogabile  dalla  normativa  regionale  cui  rinvia
 l'art.  14,  secondo  comma,  per  la disciplina degli scarichi delle
 pubbliche fognature e degli scarichi degli  insediamenti  civili  non
 recapitanti in pubblica fognatura.
    Il  rinvio  dell'art.  14, secondo comma, alla normativa regionale
 non e' un rinvio "in bianco" perche', conformemente all'obiettivo  di
 uniformita'  della  disciplina  perseguito  dal  cit.  art. 9, ultimo
 comma, esso  tiene  fermo,  come  punto  cardine  della  legislazione
 regionale, il principio autorizzatorio mentre e' solo con riferimento
 ai  limiti  di  accettabilita' (l'art. 14, secondo comma, va letto in
 relazione all'art. 9, secondo comma) che le regioni possono stabilire
 modalita' e termini di applicazione diversi da quelli  fissati  dalla
 legge  statale (v. Cass. 20 febbraio 1990, n. 436). Osserva ancora il
 S.C. che "far dipendere dalla  volonta'  degli  organi  regionali  la
 necessita' dell'autorizzazione significa porre gravi problemi - anche
 di  ordine  costituzionale  -  di  applicazione della legge penale su
 tutto il territorio nazionale. Com'e'  soltanto  lo  Stato  che  puo'
 stabilire il sistema sanzionatorio, cosi' le eccezioni a tale sistema
 possono  essere  stabilite solo dallo Stato e non rimesse a variabili
 considerazioni di natura locale".
    Tutto cio' e' stato per la verita' affermato dalle  ss.uu.  penali
 nel  contesto  di  un  discorso  finalizzato alla dimostrazione della
 sussistenza dell'obbligo di autorizzazione per  l'apertura  di  nuovi
 scarichi civili (non in fognatura), ma e' evidente che considerazioni
 del  tutto analoghe valgono per i nuovi (cioe' successivi all'entrata
 in vigore della legge Merli) scarichi delle  pubbliche  fognature  la
 cui  regolamentazione,  al pari dei primi, e' oggetto del rinvio alla
 legislazione regionale previsto dall'art. 14,  secondo  comma,  sopra
 esaminato.
    Esiste   anzi   un  argomento  a  fortiori  che  giustifica  (come
 giustamente rilevato dal p.m.) l'estensione  del  ragionamento  delle
 ss.uu.  ai  nuovi scarichi delle pubbliche fognature. Invero, se sono
 soggetti a regime autorizzatorio i singoli scarichi  civili,  sarebbe
 irragionevole  l'esonero da detto regime per gli scarichi fognari che
 sono di certo enormemente piu' pericolosi dei  primi  (e  normalmente
 anche  di quelli produttivi) dato che la pubblica fognatura altro non
 e' che la somma di piu' scarichi  civili  e  produttivi  (per  questa
 definizione  v.  Cass.  30 aprile 1987, Baruchello) e comporta quindi
 effetti sinergici atti  a  compromettere  assai  piu'  gravemente  la
 capacita' di resistenza ecologica dei corpi ricettori.
    Si  potrebbe obiettare che la nozione di scarico presupposta dalla
 legge n. 319/1976 implica la provenienza dello stesso da insediamento
 (civile o produttivo) e  tale  non  sarebbe  la  pubblica  fognatura.
 Premesso che gli artt. 9, ultimo comma, e l'art. 21, primo comma, non
 accennano  minimamente  - nel sancire l'obbligo di autorizzazione per
 tutti i nuovi scarichi - a detto connotato, si osserva che la nozione
 di insediamento delineata dall'art. 1-quater della legge n.  690/1976
 postula i seguenti requisiti:
       a)  che  vi siano uno o piu' edifici od installazioni collegati
 tra loro;
       b) che tali strutture immobiliari  siano  ubicate  "in  un'area
 determinata";
       c) che le stesse diano origine a uno o piu' scarichi terminali;
       d)  e  che  vi si svolga un'attivita' di produzione di beni, di
 prestazione di servizi od "altra attivita'".
   Si tratta allora di  vedere  se  detti  requisiti  oggettivi  siano
 configurabili   nel   caso   dell'impianto   di  pubblica  fognatura.
 Quest'ultimo e' definito nell'all.to 4 della delibera 4 febbraio 1977
 (adottata dal Comitato dei ministri ex art. 1, lett. e), n. 1,  legge
 n.  319/1976)  come  "il  complesso  di  canalizzazioni, generalmente
 sotterranee, atte a raccogliere ed allontanare da insediamenti civili
 e/o  produttivi  le  acque superficiali (meteorologiche, di lavaggio,
 ecc.) e quelle reflue provenienti dalle attivita' umane  in  genere".
 Le   canalizzazioni,   poi,   in  funzione  del  ruolo  che  svolgono
 all'interno  della   rete   fognaria   si   distinguono   in:   fogne
 (canalizzazioni  elementari che convogliano i reflui nei collettori),
 collettori (che costituiscono  l'ossatura  principale  della  rete  e
 confluiscono  a  loro  volta  in un emissario), emissario (canale che
 partendo dal  termine  della  rete,  conduce  le  acque  raccolte  al
 recapito  finale).  Questa  nozione  di  pubblica  fognatura  (che e'
 sostanzialmente ripresa dalla legge reg. Piemonte n. 13/1990, art. 1)
 pare al giudice perfettamente compatibile con quella di  insediamento
 di cui all'art. 1-quater della legge n. 690/1976 in quanto:
       a) la p.f. si articola in un complesso di installazioni (fogne,
 collettori,  emissari,  pompe  di sollevamento, scaricatori di piena,
 opere d'arte connesse: v. ancora  la  delibera  cit.)  collegate  tra
 loro;
       b)  tali  installazioni  sono  ubicate  in un'area determinata,
 coincidente, di regola, con il territorio comunale;
       c) la p.f. da' pacificamente origine  a  uno  o  piu'  scarichi
 terminali;
       d)  la gestione della p.f. e' un'attivita' di pubblico servizio
 affidata ai comuni, ai  consorzi  intercomunali  e  agli  altri  enti
 indicati dall'art. 6, secondo comma, legge Merli.
    Del  resto e' indubbio (sotto il profilo della ratio legis) che il
 requisito della provenienza da insediamento  (al  quale  non  risulta
 fare  alcun riferimento la definizione di scarico delineata dall'art.
 1, par. 2 della direttiva CEE 4/5/1976 n. 464)  e'  stato  introdotto
 dal  legislatore perche' quelle che destavano maggiore preoccupazione
 sotto il profilo della tutela ambientale  erano  le  fonti  "stabili"
 (cioe'   non   episodiche)   di   inquinamento,   ritenendosi  invece
 sufficiente una normativa piu' blanda (art. 674  del  codice  penale;
 t.u.  sulla  pesca)  per  quelle  immissioni  isolate, occasionali od
 accidentali non collegate da nesso funzionale  con  un  insediamento.
 Stando  cosi'  le  cose  e'  evidente come la ratio legis giustifichi
 pienamente - ai fini dell'obbligo di autorizzazione - l'equiparazione
 di trattamento dello scarico da p.f. agli  scarichi  da  insediamenti
 produttivi o civili. In questa prospettiva non ha senso chiedersi (in
 generale  e/o  volta  per volta) se la p.f. sia insediamento civile o
 produttivo dato che tale distinzione non rileva (come detto) ai  fini
 dell'obbligo di autorizzazione.
    Non  confligge  con  tale impostazione la norma di cui all'art. 6,
 terzo  comma,  che  attribuisce  la  qualificazione  di  insediamento
 produttivo ai consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale
 (previsti  dal  t.u. n. 218/1978 sugli interventi per il mezzogiorno)
 che gestiscono il servizio pubblico di fognatura-depurazione.  Invero
 il   disposto  in  esame  puo'  benissimo  essere  interpretato  come
 espressione della volonta' legislativa (v. legge n. 650/1979, art. 9)
 di sottrarre i  consorzi  in  questione  alla  disciplina  di  rinvio
 prevista  dall'art.  14,  secondo  comma, e di assoggettarli invece a
 quella  piu'  gravosa  prevista,  specie  in  ordine  ai  limiti   di
 accettabilita'  degli  scarichi,  per gli insediamenti produttivi. Si
 vuol dire che la lettera della legge non esclude la possibilita'  che
 si  tratti  di  una previsione che presuppone (e non che direttamente
 costituisce) la natura di  insediamento  (produttivo  o  civile)  dei
 consorzi   in   questione  intesi  come  species  rispetto  al  genus
 rappresentato dagli enti gestori del servizio  di  p.f.  ex  art.  6,
 secondo  comma, della legge n. 319/1976 ai quali compete la qualifica
 di insediamento per  caratteristiche  loro  proprie,  ontologicamente
 aderenti  alla  cit.  nozione  di  cui  all'art.  1-quater  legge  n.
 690/1976.
    Bisogna allora  concludere  per  la  sussistenza  dell'obbligo  di
 autorizzazione per tutti i nuovi scarichi da pubblica fognatura.
    2.  -  La  legge  reg. Piemonte 26 marzo 1990, n. 13 per un verso,
 sancisce (artt. 3 e 9, primo,  secondo,  terzo  e  quarto  comma)  il
 principio  generale  secondo  cui sono soggetti ad autorizzazione gli
 scarichi delle pubbliche fognature, per l'altro,  sottrae  al  regime
 autorizzatorio  la  stragrande  maggioranza di tali scarichi sancendo
 che l'autorizzazione non  deve  essere  richiesta  "qualora  sussista
 coincidenza  tra  titolare  dello  scarico  e autorita' competente al
 controllo" (art. 9, quinto comma).
    Siccome - di norma - il servizio pubblico di fognatura e'  gestito
 dai  comuni  (art. 6, secondo comma, della legge n. 319/1976), mentre
 l'autorita' competente al controllo e al rilascio dell'autorizzazione
 allo scarico (generalmente in  acque  superficiali)  delle  pubbliche
 fognature  e' il sindaco (art. 9, quarto comma, della legge regionale
 cit.), e' evidente che  la  previsione  dell'art.  9,  quinto  comma,
 svuota  sostanzialmente  di contenuto la regola generale dell'obbligo
 di  autorizzazione  per  gli  scarichi  delle  pubbliche   fognature,
 sottraendo  alla  sanzione penale di cui all'art. 21, primo comma, il
 sindaco che attivando - dopo  l'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 319/1976  -  un  nuovo  scarico da pubblica fognatura non presenta la
 richiesta di autorizzazione.
    A prescindere dalla ragionevolezza di siffatta eccezione al regime
 autorizzatorio (non puo'  sottacersi  che  sono  numerosi  i  settori
 dell'ordinamento  in cui, pur verificandosi situazioni di coincidenza
 tra soggetto controllore e soggetto controllato, e' pacifica  la  non
 eludibilita'   dell'obbligo   autorizzatorio;   ad   es.  in  materia
 urbanistica non si dubita  che  sia  necessaria  la  concessione  del
 sindaco  di  cui  all'art.  1  legge  n.  10/1977  anche per le opere
 eseguite dal comune:  v. Cass. 23 febbraio 1981 Trombetta; in materia
 sanitaria e' altresi' indiscussa la necessita'  della  autorizzazione
 del  sindaco  ex  art. 2 della legge n. 283/1962 per l'attivazione di
 mense scolastiche  gestite  direttamente  dal  comune:  v.  Cass.  28
 settembre  1989,  Picciotti),  e'  evidente  che la previsione di cui
 all'art. 9, quinto comma, legge regione Piemonte n. 13/1990  si  pone
 in  contrasto  con  l'art.  25 Costituzione che riserva allo Stato la
 competenza  a  legiferare  in   materia   penale.   Come   la   Corte
 costituzionale  ha piu' volte ribadito (v. sentenze nn.  79/1977, 370
 e 487 del 1989, 43, 309 e 400 del 1990,  14,  117  e  213  del  1991,
 231/1993),  la  fonte  del potere punitivo statale risiede solo nella
 legislazione statale e le regioni non hanno il potere  di  comminare,
 rimuovere  o  variare  con proprie leggi le pene previste in una data
 materia; non possono cioe' interferire negativamente con  il  sistema
 penale  statale  considerando  penalmente  lecita un'attivita' (nella
 specie: l'apertura di nuovo scarico proveniente da pubblica fognatura
 gestita  dal  comune),  che,   invece,   e'   penalmente   sanzionata
 dall'ordinamento statale.
    3.  -  In  ordine  alla  rilevanza  della  anzidetta  questione di
 costituzionalita' si osserva che, per ammissione dello stesso sindaco
 indagato (interrogatorio 7 ottobre 1991), per la  pubblica  fognatura
 gestita  dal  comune  di  Asti  non  e'  stata  mai  richiesta alcuna
 autorizzazione allo scarico (nel fiume Tanaro).
    Inoltre dalle indagini delegate dal pubblico ministero al servizio
 igiene pubblica U.S.L. 68 e' emerso  che  la  rete  fognaria,  seppur
 preeistente  alla  data  di  entrata  in vigore della legge Merli, e'
 stata dopo detta data sottoposta a plurimi interventi di ampliamento,
 potenziamento e ristrutturazione, onde torna applicabile il reato  di
 cui  all'art.  21,  primo  comma,  in  relazione all'art. 10, primo e
 secondo comma (come modif. dall'art. 13 legge 24  dicembre  1979,  n.
 650).  In base a tale ultima norma infatti i titolari di insediamenti
 produttivi o civili (onde appare irrilevante la qualificazione  della
 pubblica  fognatura  come insediamento produttivo o come insediamento
 civile essendo, in relazione a questa seconda  eventualita',  vigente
 gia'  dal  1990 la disciplina regionale - legge regionale Piemonte n.
 13/1990 - richiamata dall'art. 10, secondo comma,  legge  Merli)  che
 siano stati sottoposti a mutamento di destinazione o di dislocazione,
 o  ad  ampliamenti  o ristrutturazioni dopo l'entrata in vigore della
 legge n. 319/1976, devono richiedere una "nuova  autorizzazione  allo
 scarico". E' appena il caso di ricordare che il giudice puo' ritenere
 "nuovo"  uno  scarico  ai  sensi  dell'art. 10 pur in mancanza di una
 "certificazione di novita'" della  pubblica  amministrazione  perche'
 non  richiesta  dall'interessato al momento del mutamento previsto da
 detta norma (Cass. 22 marzo 1989, Antonucci).
    In questo quadro  normativo  statale  si  inserisce  pero'  -  con
 effetti  depenalizzanti - la norma (qui impugnata) di cui all'art. 9,
 quinto comma, legge regionale  n.  13/1990  che  esonera  appunto  il
 sindaco dall'obbligo di richiedere l'autorizzazione per l'apertura di
 nuovi  scarichi (o anche per l'ampliamento-ristrutturazione di quelli
 preesistenti) provenienti da pubbliche fognature gestita dal  comune.
 E'  chiaro  quindi che se dovesse farsi applicazione del cit. art. 9,
 quinto comma, il presente procedimento a carico del sindaco  di  Asti
 dovrebbe essere archiviato.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87, il giudice delle indagini preliminari presso la  pretura
 di   Asti  dichiara  rilevante  a  non  manifestamente  infondata  la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9,  quinto  comma,
 della  legge  regione  Piemonte  26  marzo  1990, n. 13, in relazione
 all'art. 25 Costituzione;
    Dichiara sospeso il presente  procedimento  e  ordina  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per  gli  adempimenti  di competenza nei
 riguardi delle parti e perche' copia  della  presente  ordinanza  sia
 notificata al presidente della giunta regionale Piemonte e comunicata
 al presidente del consiglio regionale Piemonte.
      Asti, addi' 10 novembre 1993
             Il giudice per le indagini preliminari: CORBO

 94C0009