N. 365 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 marzo 1994

                                N. 365
 Ordinanza  emessa  il  29  marzo  1994  dal  pretore  di  Biella  nel
 procedimento civile vertente tra Antonello Monica e S.a.s.  Islanda
 Lavoro (rapporto di) - Micro impresa - Licenziamento irrogato senza
    le  forme  previste  dall'art.  7,  secondo  e  terzo comma, dello
    statuto  dei  lavoratori  -  Lamentata  omessa  previsione   della
    sanzione  prevista  per i licenziamenti privi di giusta causa o di
    giustificato motivo (riassunzione o, in alternativa,  risarcimento
    del  danno  predeterminato in un'indennita' compresa tra un minimo
    di 2,5 ad un massimo di sei  mensilita'  dell'ultima  retribuzione
    globale) - Disparita' di trattamento.
 (Legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 8, modificato dalla legge 11
    maggio 1990, n. 108, art. 2).
 (Cost., art. 3).
(GU n.26 del 22-6-1994 )
                              IL PRETORE
                               OSSERVATO
     A1)  Che  il  licenziamento disciplinare (cosi' come dalla stessa
 datrice di lavoro viene definito) e' stato  irrogato  contestualmente
 alla  contestazione  addebiti  (la  lettera  del  13  settembre  1993
 contiene contestazione e licenziamento, non potendosi  ipotizzare  un
 licenziamento    condizionato    sia    esso    sospensivamente   che
 risolutivamente, come vorrebbe parte convenuta, del resto dalla busta
 paga si evince come la risoluzione sia avvenuta il 13 stesso)  e  che
 pertanto  non  pare  rispettato  il dettato del secondo e terzo comma
 dell'art. 7 dello Statuto dei lavoratori sulla  previa  contestazione
 degli  addebiti,  applicabile  ex  pronuncia  Corte costituzionale n.
 204/1982 anche ai licenziamenti disciplinari ed  ex  pronuncia  Corte
 costituzionale n. 427/1989 anche alle imprese non assistite da tutela
 reale.
     A2)  Che  nel  presente  giudizio  non  vi sono contestazioni nel
 merito da parte del ricorrente.
     A3) Che, premesso cio', la mancanza di una  precisa  sanzione  al
 licenziamento  irrogato  senza  il  rispetto  della  procedura di cui
 all'art. 7 dello Statuto dei lavoratori in area ove non  sussista  la
 tutela reale ha portato la giurisprudenza ad individuare le soluzioni
 piu' diverse:
       a)  applicabilita',  comunque  dell'art.  18  dello Statuto dei
 lavoratori (trattasi di tesi minoritaria, seguita in  particolare  da
 alcuni pretori);
       b)  applicabilita'  al  licenziamento nullo per tale motivo del
 disposto dell'art. 1424 del  codice  civile  e  conseguentemente  sua
 conversione  in  licenziamento ad nutum con pagamento di preavviso ex
 art. 2118 del codice civile  (tesi  formatasi  prevalentemente  prima
 della  pronuncia  della  Corte costituzionale n. 427/1989 e da ultimo
 quasi abbandonate se non per isolate pronunce: vedasi Cass.  4  marzo
 1993, n. 2596 in Foro it. 99, I, 1846 o implicitamente Cass. 3 giugno
 1992, n. 6741 in Foro it. 93, 374);
       c)  applicabilita'  a  tale licenziamento dei principi generali
 del diritto civile in tema di nullita'  dei  negozi  con  conseguente
 mancata  estinzione del rapporto essendo il licenziamento tamquam non
 esset e decorrenza ex tunc (dalla data del licenziamento viziato)  di
 retribuzione  ed altri diritti del lavoratore (vedasi da ultimo Cass.
 4 marzo 1992, n. 2596 in Dir. e  Prat.  Lav.  92,  1148  e  Cass.  22
 gennaio 1991, n. 542 in Giust. civ. 91, I, 1185);
       d)  applicabilita'  comunque  dell'art.  8  legge n. 604/1966 e
 cioe'  tutela  obbligatoria,  considerando  tale  licenziamento   non
 inefficace  ne'  nullo  ma emesso in carenza di potere, mutuando tale
 costruzione dal diritto amministrativo in  punto  atto  a  formazione
 progressiva  (in  tal  senso  sembrerebbe  da  ultimo  indirizzata la
 giurisprudenza della suprema Corte: Cass. 5 febbraio 1993,  n.  1433,
 23 novembre 1992, n. 12486 in Foro it. 93, I, 373).
     A4)  Che,  in  tale  situazione  giurisprudenziale,  la  legge n.
 108/1990 sui licenziamenti individuali non ha portato chiarezza, anzi
 nel prevedere all'art. 1,  in  area  di  tutela  reale,  la  sanzione
 dell'art.  18 dello Statuto dei lavoratori, cosi' novellato, per ogni
 tipo  di  invalidita',   ed   espressamente   la   stessa   sanzione,
 indipendentemente  dal  dato dimensionale, per il licenziamento nullo
 perche' discriminatorio od antisindacale ex art. 3, ha determinato un
 vuoto di legislazione in punto licenziamenti viziati ex art. 7  dello
 Statuto   dei   lavoratori   in  area  obbligatoria  (a  cui  possono
 aggiungersi i licenziamenti carenti di forma scritta,  questi  ultimi
 espressamente  definiti  inefficaci  dall'art.  2  nuova formulazione
 della legge n.   604/1966 ma ugualmente  non  forniti  di  sanzione),
 atteso che se e' vero che si e' data un'estensione generalizzata alla
 tutela  obbligatoria, e' anche vero che l'obbligazione alternativa in
 essa prevista assume carattere specialistico all'interno del  diritto
 civile,  ove un atto nullo o inefficace non produce effetti, e quindi
 di dubbia applicazione analogica.
    Si aggiunga che il secondo e terzo comma dell'art. 7 dello Statuto
 dei  lavoratori  espressamente  precisano  che   una   sanzione   non
 formalmente  corretta  "non si applica" con il che parrebbe che detta
 sazione disciplinare sia tamquam non esset.
    Ritiene  pertanto il giudicante che l'unica conseguenza possibile,
 in assenza di  un'espressa  previsione  (nel  testo  approvato  dalla
 Camera in sede referente si prevedeva l'applicazione al licenziamento
 disciplinare  irrogato  in  violazione  dell'art.  7, secondo e terzo
 comma dell'art. 18  dello  Statuto  dei  lavoratori  con  conseguente
 nullita'  dello  stesso  e  reintegrazione,  indipendentemente  dalle
 dimensioni dell'impresa, previsione scomparsa nel  testo  definitivo)
 sia  quella  di  diritto  comune,  assumendo  la  tesi  della  tutela
 obbligatoria il carattere di un'escamotage per superare il difetto di
 forma, forma il cui mancato rispetto in tutto il diritto italiano non
 consente l'esame del merito.
    Il che porterebbe pero' a  disparita'  di  trattamento  di  dubbia
 fondatezza  costituzionale  se  si  pensa  che  un  licenziamento non
 formalmente  corretto  ma  giustificato  nel   merito   (merito   che
 ovviamente  non  potrebbe  essere  preso  in esame) risulterebbe piu'
 pesantemente sanzionato (con il permanere degli obblighi  retributivi
 e normativi) del licenziamento corretto formalmente ma ingiustificato
 nel   merito   o   addirittura   ingiurioso   (con   la  mera  tutela
 risarcitoria).
    Basti pensare al caso limite del lavoratore sorpreso in  flagranza
 di  furto  a cui non sia contestato l'addebito che verrebbe ad essere
 di fatto reintegrato, mentre il lavoratore tacciato di  furto  e  poi
 completamente  scagionato  in sede di giudizio, se licenziato in modo
 formalmente corretto, si vedrebbe risarcire unicamente  il  danno  in
 misura che puo' addirittura scendere, in caso di rapporto breve, alle
 2,5 mensilita'.
    Non  e'  chi non veda come detta soluzione lederebbe profondamente
 il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione;
 che concludendo:
     B) Attesa la rilevanza nel presente giudizio della  questione  di
 costituzionalita' della norma di cui all'art. 8 della legge 15 luglio
 1966, n. 604, cosi' come modificato dall'art. 2 della legge 11 maggio
 1990,  n.  108,  la' ove non prevede anche i licenziamenti viziati ex
 art. 7, secondo e  terzo  comma,  dello  Statuto  dei  lavoratori,  e
 comunque  viziati nella forma, la stessa sanzione nello stesso art. 8
 prevista per i licenziamenti privi di  giusta  causa  e  giustificato
 motivo,  in  aree di tutela obbligatoria, in considerazione del fatto
 che trattasi di microimpresa,  di  licenziamento  irrogato  senza  la
 previa   contestazione   degli   addebiti,  e  di  licenziamento  non
 contestato nel merito.
     C) Attesa  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 costituzionalita'  della  norma  di cui sopra in relazione all'art. 3
 della Costituzione, creando il vuoto legislativo che qui  si  lamenta
 la  possibilita'  delle  profonde  disparita'  di  trattamento  sopra
 evidenziate.
                               P. Q. M.
    Visti gli articoli 295 del codice  procedura  civile  e  23  della
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Sospende il presente giudizio;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale per il  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in
 relazione  all'art.  3  della Costituzione dell'art. 8 della legge 15
 luglio 1966, n. 604, cosi' come modificato dall'art. 2 della legge 11
 maggio 1990, n. 108, la' ove non prevede anche  per  i  licenziamenti
 viziati  per  mancato  rispetto del secondo e terzo comma dell'art. 7
 dello  Statuto  dei  lavoratori  e  comunque  viziati nella forma, le
 stesse conseguenze previste dallo stesso art. 8 per  i  licenziamenti
 privi di giusta causa e giustificato motivo;
    Ordina che detta ordinanza letta in udienza davanti alle parti sia
 notificata  a  cura della cancelleria al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Biella, addi' 29 marzo 1994
                          Il pretore: RAMELLA

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