N. 369 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 1994
N. 369 Ordinanza emessa il 28 aprile 1994 dal pretore di Campobasso nel procedimento civile vertente tra Iuliano Assunta e l'I.N.P.S. Previdenza e assistenza sociale - Pensioni - Pensioni I.N.P.S. - Integrazione al minimo - Perdita, dal primo ottobre 1983, del diritto all'integrazione al minimo per una delle pensioni nel caso di cumulo di due pensioni entrambe integrate al minimo (con conseguente riduzione di tale pensione) - Affermata sussistenza (secondo la giurisprudenza della cassazione e con sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale) del diritto alla c.d. cristallizzazione del trattamento non piu' integrabile - Esclusione di tale diritto con successiva norma di interpretazione autentica - Irragionevolezza con incidenza sul diritto all'assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 418/1991 e 173/1986. (D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 6, settimo comma, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638; legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, ventiduesimo comma). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.26 del 22-6-1994 )
IL PRETORE Letti gli atti ed i documenti di causa, a scioglimento della riserva, osserva quanto segue. F A T T O Con ricorso depositato in data 30 settembre 1993 la sig.ra Iuliano Asssunta conveniva in giudizio l'I.N.P.S. (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), sede di Campobasso, esponendo di essere titolare di una pensione diretta e di una pensione di riversibilita', e di aver invano richiesto in via amministrativa all'Istituto l'integrazione al trattamento minimo della pensione di riversibilita' con decorrenza settembre 1981 e la corresposione a partire dal 1 ottobre 1983 dell'importo "cristallizzato" sul trattamento non piu' integrabile, in applicazione della sentenza n. 314/85 della Corte costituzionale e dell'art. 6 del d.l. 12 settembre 1983, n. 463 convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638; concludeva quindi chiedendo la condanna dell'I.N.P.S. a corrisponderle l'integrazione al minimo cristallizzata nell'importo in godimento al 30 settembre 1983. L'I.N.P.S. si costituiva con memoria chiedendo il rigetto del ricorso, e richiamando in particolare il disposto dell'art. 11, ventiduesimo comma, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, secondo cui "l'art. 6, quinto, sesto e settimo comma del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, si interpreta nel senso che nel caso di concorso di due o piu' pensioni integrate al trattamento minimo liquidato con decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore del predetto d.l., il trattamento minimo spetta su una sola delle pensioni, come individuata secondo i criteri previsti al terzo comma dello stesso articolo, mentre l'altra o le altre pensioni spettano nell'importo a calcolo senza alcuna integrazione". All'udieza di discussione del 22 febbraio 1994 il difensore della ricorrente concludeva per l'accoglimento del ricorso, e in subordine, eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11, ventiduesimo comma, della legge n. 537/1993. D I R I T T O La disposizione teste' riportata costituisce norma di interpretazione autentica dell'art. 6 del d.l. n. 463/1983 convertito in legge n. 638/1983. Detta funzione e' fatta palese della precisa imposizione di un significato interpretativo, da attribuire alla norma di riferimento, nel chiaro senso di escludere che, a partire dal 1 ottobre 1983 possa riconoscersi il diritto alla cristallizzazione (ergo, alla conservazione dell'importo in precedenza goduto a titolo di integrazione al minimo fino al riassorbimento per effetto della perequazione automatica) sul secondo (e sugli ulteriori) trattamenti pensionistici. Tale intervento interpretativo del legislatore si pone in manifesto e stridente contrasto con un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita' (Cass. nn. 5720 del 1989 nn. 3749, 7315 del 1990; 841, 842, 1436, 1437, 1438, 1469, 2458, 2757, 3331, 4963, 6192, 8015, 9664, 10557, 10653, 11136, 11423, 12139, 12388 del 1991; 1233, 1335, 1355, 1933, 3549, 13420 del 1992) condiviso dalla sentenza interpretativa di rigetto n. 418 del 19 novembre 1991 della Corte costituzionale. L'orientamento in parola ha comportato l'affermazione secondo cui il meccanismo della cristallizzazione dell'importo della pensione integrata, a seguito della perdita del diritto alla integrazione (direttamente contemplata dall'art. 6 del d.l. n. 463/1983 per l'ipotesi di superamento del limite reddituale) opera anche nel caso di cessazione del diritto per effetto dell'applicazione del principio dell'unicita' del beneficio dell'integrazione, principio che "per effetto della sopravvenuta sentenza n. 314/1985 ( ..) deve intendersi validamente operante solo a partire dal 1 ottobre 1983 ma non per il periodo antecedente" (cfr. Corte costituzionale n. 418/1991 cit.). In particolare, questo giudicante ha avuto piu' volte occasione di affermare, condividendo ed applicando il consolidato orientamento in materia, che il meccanismo della cristallizzazione, lungi dall'essere configurabile come una eccezione al principio dell'unicita' dell'integrazione al minimo, costituisce una attuazione della tutela costituzionale del reddito da pensione, (art. 38, secondo comma della Costituzione). Stante l'anteriorita' del d.l. n. 463/1983 rispetto a Corte costituzionale n. 314/1985 (che ha scardinato per il periodo fino al 30 settembre 1983 il divieto di doppia integrazione al minimo perche' contrario al canone costituzionale di uguaglianza), nelle disposizioni letterali dell'art. 6 del d.l. n. 463/1983 non e' possibile rinvenire la fattispecie ancora generalmente vietata, del cumulo di due pensioni integrate al minimo e di conseguenza nel settimo comma l'ipotesi della "cristallizzazione" di una di esse; detto comma prevede letteralmente soltanto il caso di cessazione del diritto all'integrazione per superamento dei limiti di reddito e il congelamento dell'importo erogato fino al riassorbimento per effetto dell'operativita' delle disposizioni sulla perequazione automatica delle pensioni. Appare tuttavia consentita, nell'interpretazione a posteriori dell'art. 6 del d.l. n. 463/1983, l'applicazione del settimo comma anche all'ipotesi della perdita del diritto all'integrazione al minimo per effetto dell'applicazione del principio di unicita' del beneficio, ipotesi che per le esposte ragioni di consecuzione temporale, non poteva essere stata considerata dal legislatore del 1983. Ricorre infatti in pieno il requisito della somiglianza tra le due fattispecie, che consente di applicare il criterio dell'interpretazione analogica di cui all'art. 12, secondo comma, disp. prel. c.c.; ne' alcun ostacolo, puo' ravvisarsi nell'art. 14 disp. prel. c.c., che vieta tra l'altro l'analogia per le leggi eccezionali, stante il gia' indicato fondamento costituzionale del meccanismo della cristallizzazione. Orbene Corte costituzionale n. 418/1991 ha fornito, con sentenza interpretativa di rigetto, nel solco tracciato da Corte costituzionale n. 184/1988, l'interpretazione adeguatrice dell'art. 6 del d.l. n. 463/1983 al precetto costituzionale dell'art. 38 della Costituzione, secondo cui il trattamento minimo pensionistico non riveste natura essenziale ma essenzialmente previdenziale, essendo volto a garantire ai lavoratori "mezzi adeguati alle loro esigenze di vita". La cristallizzazione, allora, costituisce, il concreto meccanismo di attuazione dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione, nel passaggio dal regime vigente fino al 30 settembre 1983 (diritto alla doppia integrazione al minimo, a seguito delle declaratorie di incostituzionalita' delle norme che la precludevano) a quello introdotto a partire dal 1 ottobre 1983 (principio dell'unicita' del beneficio, a fine di riordino e razionalizzazione del sistema pensionistico), onde evitare immediate riduzioni del tenore di vita minimo garantito, alla cessazione del diritto alla doppia integrazione. L'art. 11, ventiduesimo comma, della legge n. 537/1993, con disposizione interpretativa dotata di connaturale retroattivita', pare intesa consapevolmente ad azzerare tutta l'elaborazione giurisprudenziale esposta. Ma, come affermato dalla Corte costituzionale 3 giugno 1992, n. 246, nella disciplina della retroattivita' "il legislatore - salvo che si tratti di norme penali incriminatrici o introduttive di nuove pene ovvero incrementative delle pene stesse - ha un'ampia discrezionalita', purche' non violi il principio di ragionevolezza o altri principi costituzionalmente garantiti". Nel caso di specie, ed in relazione alla piu' volte menzionata pronunzia interpretativa di rigetto del 1981, l'interpretazione restrittiva del meccanismo della cristallizzazione imposta dall'art. 11, ventiduesimo comma, appare allora confliggente con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, cosi' da sollecitare l'intervento a tale proposito del giudice delle leggi. La norma in questione suscita dubbi di costituzionalita' anche in rapporto al principio di ragionevolezza sotteso all'art. 3 della Costituzione, non apparendo sussistente alcuna razionale giustificazione per la riduzione del trattamento pensionistico con effetto retroattivo, che cagiona inesplicabile disuguaglianza di trattamento tra i lavoratori cui il beneficio della cristallizzazione e' stato ormai riconosciuto anche con sentenze passate in cosa giudicata nel periodo di oltre dieci anni di applicazione della disposizione dell'art. 6, settimo comma del d.l. n. 463/1983, ed i lavoratori cui, in virtu' della norma interpretativa in esame, sarebbe negato lo stesso beneficio per lo stesso periodo. Le considerazioni che precedono inducono a ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, settimo comma, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conventito con modificazioni nella legge 11 noveabre 1983, n. 638 e dell'art. 11, ventiduesimo comma della legge 24 dicembre 1993, n. 537. La questione e' altresi' rilevante poiche' nel presente giudizio si controverte proprio del diritto alla "cristallizzazione" e dell'applicazione della norma di interpretazione autentica discenderebbe il disconoscimento di tale diritto ed il rigetto del ricorso.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara ammissibile, rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 6, settimo comma, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638 e dell'art. 11, ventiduesimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; Sospende il presente giudizio e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Campobasso, addi' 28 aprile 1994 Il pretore: MORANTE 94C0694