N. 636 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 aprile 1994

                                N. 636
 Ordinanza  emessa  il  6  aprile 1994 dalla commissione tributaria di
 primo grado di Belluno  sul  ricorso  proposto  da  Zanetti  Giuseppe
 contro l'ufficio ii.dd. di Pieve di Cadore
 Imposta sul reddito delle persone giuridiche (I.R.Pe.G.) - Previsione
    che   per  le  imprese  a  contabilita'  semplificata  il  reddito
    imponibile non puo'  essere  determinato  in  misura  inferiore  a
    quello  risultante  dall'applicazione  all'ammontare dei ricavi di
    determinati  coefficienti  di  redditivita'   e   aggiungendo   le
    plusvalenze  patrimoniali  - Mancata previsione della possibilita'
    di dimostrare la percezione di un reddito minore  per  effetto  di
    perdite  di  esercizio  -  Disparita' di trattamento rispetto alle
    societa' di capitali con incidenza sulla capacita' contributiva  -
    Eccesso di delega.
 (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 79, sesto comma, e 80).
 (Cost., artt. 3, 53 e 76).
(GU n.44 del 26-10-1994 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Visto  il  ricorso tempestivamente proposto da Giuseppe Zanetti in
 qualita' di legale rappresentante della ditta "Alpina Optics  S.n.c."
 con   sede   in   Borca  di  Cadore  (Belluno)  avverso  l'avviso  di
 accertamento  dell'ufficio  imposte  dirette  di  Pieve  di   Cadore,
 relativo al reddito d'impresa per l'anno d'imposta 1989;
                             O S S E R V A
    Il  ricorrente,  nei confronti della cui impresa l'ufficio imposte
 dirette di Pieve di Cadore ha proceduto a rettifica del  reddito  per
 l'anno  1989  elevandolo  da  L.  3.404.000  di reddito negativo a L.
 9.000.000 di reddito  positivo,  solleva  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  79,  sesto  comma,  e  80 del d.P.R. 22
 dicembre  1986,  n.  917,  in  applicazione   dei   quali   l'ufficio
 finanziario tale rettifica ha operato.
    A  sostegno  di  tale  assunto  lo Zanetti dopo aver ricordato che
 l'accertamento impugnato nasce da una segnalazione di iniziativa  del
 centro servizi di Venezia, cosi' argomenta:
      1)  l'art.  2  della  legge  9  ottobre  1971,  n.  825 ("delega
 legislativa al Governo della Repubblica per la  riforma  tributaria")
 di  cui  il d.P.R. n. 917/1986 costituisce attuazione, stabilisce, al
 sedicesimo comma il principio  che  i  redditi  derivati  da  imprese
 commerciali  vengono  determinati  secondo criteri di adeguamento del
 reddito imponibile a quello  calcolato  con  principi  di  competenza
 economica:  lo  stesso art. 2, diciottesimo comma, estende i principi
 relativi   alla  determinazione  del  reddito  in  base  a  scritture
 contabili, a tutti i  redditi  derivanti  dell'esercizio  di  imprese
 commerciali,  precisando che "particolari semplificazioni, per quanto
 attiene alla contabilita' obbligatoria  ed  alle  determinazioni  del
 reddito", debbono essere previste per le imprese minori.
    La  normativa  sopra  richiamata, (artt. 79, sesto comma, e 80 del
 d.P.R. n. 917/1986) introduce invece un meccanismo di  determinazione
 automatica  del  reddito,  che,  non attuando i principi ed i criteri
 direttivi dati dalla "legge di delega", si trova in contrasto con  il
 dettato dell'art. 76 della Costituzione;
      2) la normativa in esame (artt. 79, sesto comma, e 80 del d.P.R.
 n.   917/1986)  stabilendo  che  l'impresa  minore,  in  contabilita'
 semplificata (come quella del ricorrente) debba dichiarare un reddito
 minimo anche in presenza di una perdita di esercizio, non solo  viola
 i  principi  informatori  della  legge-delega, ma contrasta anche con
 altro articolo della Costituzione, esattamente l'art. 53,  che  fissa
 il  criterio  della  "capacita'  contributiva" quale parametro per la
 obbligatoria  partecipazione  di   ciascun   cittadino   alla   spese
 pubbliche.
    Il  meccanismo previsto dai richiamati artt. 79, sesto comma, e 80
 del d.P.R. n. 917/1986, legittima invece l'imposizione tributaria  su
 un "non-reddito";
      3)  evidenzia  infine il ricorrente che la normativa in esame si
 riferisce alle cosiddette "imprese minori" (art.  18  del  d.P.R.  n.
 600/1973)  quelle  cioe'  con  un  volume  di  affari non superiore a
 trecentosessantamilioni e non invece alle imprese costituite in forma
 di societa' di capitali, con il che si  verifica  una  ingiustificata
 situazione  di  disparita' di trattamento sul piano fiscale, fra tali
 due categorie di contribuenti: le societa' con il  volume  di  affari
 che    superi    anche    di    una   sola   lira   la   soglia   dei
 trecentosessantamilioni annui e in ogni caso, una qualsiasi  societa'
 a  "responsabilita' limitata" e' ammessa a documentare, attraverso la
 contabilita', un reddito negativo, possibilita'  che  invece  non  e'
 consentita alle "imprese minori".
    Ne  deduce  contrasto  della normativa in esame anche con l'art. 3
 della Costituzione.
    L'eccezione di legittimita' costituzionale  cosi'  articolata  non
 appare, a questa commissione tributaria, manifestamente infondata con
 riguardo a tutti e tre i motivi esposti in ricorso.
    Il  principio  fondamentale  secondo  cui  la funzione legislativa
 spetta, nella Costituzione repubblicana, al Parlamento (art. 70 della
 Costituzione) trova conferma  nell'art.  76  della  Costituzione  che
 disciplinando  il  cosiddetto  potere di delega normativa al Governo,
 individua nettamente i  limiti  di  tale  delega  (determinazione  di
 principi  e  criteri  direttivi  per  tempo  limitato  e  per oggetti
 definiti).
    Cio' significa, necessariamente, che la legge  delegata  non  puo'
 esorbitare  da  tali  limiti  e confini ben precisi, perche' ove cio'
 avvenisse, saremmo in presenza di un esercizio autonomo  di  funzione
 legislativa del Governo, funzione che pure e' prevista, ma solo nella
 forma  della  c.d.  "decretazione  d'urgenza"  alle  condizioni e nei
 limiti di cui all'art. 77 della Costituzione.
    Del  pari,  va detto circa il ricordato contrasto con il principio
 della "capacita' contributiva" di cui all'art. 53 della Costituzione,
 che ad avviso della  commissione  risulta  palesemente  negato  dagli
 artt.  79,  sesto  comma,  e  80 del d.P.R. n. 917/1986, posto che il
 meccanismo  introdotto  dalle  norme  in   esame   e'   completamente
 svincolato da tale principio: esso infatti "presume", e lo presume in
 maniera  assoluta,  senza possibilita' di fornire prova contraria, un
 reddito, che, a causa  di  realta'  varie  dell'attivita'  d'impresa,
 puo',  in  singoli  casi,  non  essersi  formato o essersi formato in
 misura inferiore a quello "presunto" per legge.
    La situazione di  contrasto  con  la  norma  costituzionale  cosi'
 rappresentata,  si evidenzia ancora di piu' considerando che tale re-
 gime fiscale si riferisce solo ad alcuni soggetti d'imposta,  vale  a
 dire  le  c.d.  "imprese  minori", con la conseguenza che cio' che e'
 consentito ad alcuni contribuenti, e cioe' dimostrare -  contabilita'
 alla  mano  -  un  certo  andamento degli affari, che puo' anche aver
 determinato reddito negativo,  non  e'  invece  consentito  ad  altri
 soggetti  che  operano nello stesso settore, ma con diversa struttura
 giuridica e  diverse  dimensioni,  il  che  -  ad  avviso  di  questa
 commissione   tributaria   -   da'  ingresso  ad  una  ingiustificata
 disparita' di trattamento con riguardo a situazioni non dissimili.
    E' pur vero che le  c.d.  "imprese  minori"  quando  ritengono  di
 determinare  il  reddito  in  base  agli  effettivi costi e ricavi di
 competenza  dell'esercizio  possono   optare   per   il   regime   di
 contabilita'  ordinaria,  il  quale  prevede come risultato finale un
 utile od una perdita, ma tale scelta comporterebbe il venir  meno  di
 quelle  semplificazioni  contabili previste dalla summenzionata legge
 delega all'art. 2, diciottesimo comma. Non  subordina  infatti,  tale
 legge, la adozione di procedure semplificate alla dichiarazione di un
 reddito minimo.
   Nel  caso  in  esame  la  rilevanza della questione di legittimita'
 costituzionale e' rappresentata dal fatto che  il  ricorrente  e'  in
 grado   di   dimostrare,   attraverso   la  documentazione  contabile
 regolarmente tenuta e non contestata dall'ufficio accertatore, il non
 conseguimento del reddito presunto ex lege nell'anno d'imposta  1989,
 per  il  quale  e'  applicabile  il d.P.R. n. 917/1986 (nel suo testo
 originario)   e   pertanto   la   risoluzione   dell'aspetto    della
 costituzionalita' o meno delle norme in esame, si pone quale esigenza
 decisiva  per  il giudizio che l'organo giurisdizionale e' chiamato a
 pronunziare in relazione all'anno d'imposta qui considerato.
                               P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in  riferimento
 agli artt. 3, 53 e 76 della Costituzione la questione di legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  79,  sesto  comma,  e  80 del d.P.R. 22
 dicembre 1986, n. 917  (nel  loro  testo  originario),  sollevata  da
 Giusepe Zanetti;
    Sospende  il  presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina alla segreteria di notificare la  presente  ordinanza  alle
 parti  in  causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri e di darne
 comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Belluno, 6 aprile 1994.
                        Il presidente: SARACINI
                                                   Il relatore: CASSOL
 94C1126