N. 243 SENTENZA 18 luglio 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego pubblico - Personale degli enti locali -  Indennita'  premio
 di  servizio  -  Eredi  -  Posposizione  dell'erede  testamentario ai
 collaterali del lavoratore  deceduto  -  Esclusione  del  diritto  di
 rappresentazione   dei   discendenti   del   collaterale  premorto  -
 Attribuzione dell'indennita' di  buonuscita  in  caso  di  morte  del
 dipendente  statale in attivita' di servizio a fratelli e sorelle del
 de cuius solo a  condizione  che  gli  stessi  vivano  a  carico  del
 medesimo  -  Mancata  previsione - Irragionevolezza - Unitarieta' per
 natura e  funzione  delle  varie  categorie  di  indennita'  di  fine
 rapporto - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge  8  marzo  1968,  n.  152,  art.  3,  secondo comma; d.P.R. 29
 dicembre  1973,  n.  1032,  art.  5,  primo  comma,  come  sostituito
 dall'art. 7 della legge 29 aprile 1976, n. 177).
 
(GU n.30 del 23-7-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare  MIRABELLI,    prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott. Cesare RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,      prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,   prof. Carlo MEZZANOTTE,   avv.
 Fernanda CONTRI, prof. Guido  NEPPI  MODONA,    prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, secondo
 comma, della legge 8 marzo 1968,  n.  152  (Nuove  norme  in  materia
 previdenziale  per  il  personale degli Enti locali), come modificato
 dalle sentenze della Corte costituzionale n. 115 del 1979, n. 821 del
 1988, n. 471 del 1989 e n. 319 del 1991, in  combinato  disposto  con
 gli articoli 457, 467 e 468 del codice civile, promosso con ordinanza
 emessa  il  1 marzo 1996 dal pretore di Lecce sul ricorso proposto da
 Corliano' Addolorata contro INADEL ed altri, iscritta al n.  821  del
 registro  ordinanze  1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Udito nella camera di  consiglio  del  4  giugno  1997  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto.
                           Ritenuto in fatto
   Nel  corso  di un procedimento civile - promosso contro l'INADEL da
 Corliano'  Addolorata  onde  ottenere  il  pagamento  dell'indennita'
 premio di servizio dovuta al proprio dante causa, segretario comunale
 deceduto  in  servizio,  il  quale  con  testamento  olografo l'aveva
 istituita sua erede universale, o,  in  subordine,  per  ottenere  il
 riconoscimento  del  diritto  di  succedere  pro quota nella suddetta
 indennita' per rappresentazione del defunto  genitore,  fratello  del
 dante causa ed a questo premorto - il pretore di Lecce, con ordinanza
 emessa  il  1  marzo  1996,  ha  sollevato  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo  1968,
 n.  152  (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli
 Enti locali).
   Secondo il rimettente, la norma  stessa  -  cosi'  come  modificata
 dalla giurisprudenza di questa Corte -, in combinato disposto con gli
 artt.  457, 467 e 468 del codice civile, si porrebbe in contrasto con
 gli artt. 3 e 42, quarto comma, della Costituzione, "nella  parte  in
 cui  pospone  l'erede  testamentario  ai  collaterali  del lavoratore
 deceduto,  senza  alcuna  condizione  o  limitazione,   nell'acquisto
 dell'indennita'  premio  di  servizio  nella forma indiretta, e nella
 parte in cui esclude il diritto di rappresentazione  dei  discendenti
 del collaterale premorto dall'acquisto della predetta indennita'".
   Premette  il pretore di Lecce che i ripetuti interventi, attraverso
 i quali la Corte ha ampliato  le  originarie  categorie  di  soggetti
 aventi  diritto  all'indennita'  in questione nella forma indiretta -
 ricomprendendovi, tra  l'altro,  anche  i  collaterali  senza  alcuna
 limitazione  o  condizione  (sentenze  n.  115  del 1979 e n. 821 del
 1988), nonche' gli eredi testamentari e legittimi qualora manchino le
 persone indicate nella norma stessa (rispettivamente sentenze n.  471
 del  1989  e  n.  319 del 1991) - risultano caratterizzati da diverse
 rationes decidendi ispirate alla peculiare  natura  che  l'indennita'
 stessa  assume  a  seconda  che  venga  devoluta  o  meno ai prossimi
 congiunti ed agli altri parenti che ricevevano i mezzi di sussistenza
 dal prestatore di  lavoro.  Nel  primo  caso,  infatti,  l'indennita'
 assolve una funzione previdenziale in favore di soggetti che, vivendo
 a  carico  del  dipendente  e  dunque  traendo il sostentamento dalla
 retribuzione  da  lui  percepita,  in  conseguenza  della  sua  morte
 rimangono  pregiudicati  nel  rapporto  alimentare  instaurato con il
 medesimo ed acquistano, percio', la predetta indennita' iure proprio,
 indipendentemente  dal  fatto  che siano o non chiamati all'eredita';
 mentre, nel secondo caso, emerge la natura meramente patrimoniale  di
 retribuzione  differita  dell'indennita' premio di servizio, la quale
 fa  si'  che  i  soggetti,  chiamati  per  testamento  o  per  legge,
 l'acquistino  iure successionis.  Osserva peraltro il rimettente che,
 nella fattispecie in esame, le categorie di  superstiti,  destinatari
 iure proprio del beneficio, solo in parte sono individuate in ragione
 del  rapporto  di  integrazione  nel nucleo familiare del dipendente:
 appare, infatti, estranea a tale ratio previdenziale e  assistenziale
 l'attribuzione   in  via  prioritaria  del  beneficio  in  parola  ai
 collaterali senza alcuna limitazione o condizione, atteso che  questa
 categoria  viene  individuata  unicamente  in  base  al  rapporto  di
 parentela con il de cuius senza che venga richiesta la sussistenza di
 un rapporto latamente alimentare  con  quest'ultimo.  Ne  consegue  -
 secondo  il  giudice  a  quo  -  un'ingiustificata  deroga al sistema
 generale  della  successione  a  causa  di  morte,  atteso   che   la
 destinazione   dell'indennita'   ai   collaterali   si   risolve,  in
 definitiva, nell'attribuzione di un diritto di credito avente  natura
 retributiva  e  gia'  entrato nel patrimonio del dipendente nel corso
 della sua vita lavorativa.  Da cio', il prospettato contrasto con gli
 artt. 3 e 42, ultimo comma,  della  Costituzione,  sotto  il  profilo
 dell'irragionevole  individuazione  dei  soggetti,  favoriti  solo in
 virtu'  del  rapporto  di  parentela  e  non  in   base   a   ragioni
 assistenziali.   In secondo luogo, ritiene il rimettente che la norma
 censurata, in combinato disposto con gli artt. 467 e 468  del  codice
 civile,  si  porrebbe  altresi' in contrasto con i medesimi parametri
 costituzionali,   la'   dove,   menzionando   soltanto   i   soggetti
 "superstiti",  esclude  implicitamente  i discendenti del collaterale
 premorto   dall'acquisto   iure    rapresentationis    del    diritto
 all'indennita'  di  servizio.    Posto  infatti  che tale indennita',
 rispetto ai collaterali non viventi a carico del dipendente deceduto,
 non ha natura diversa dagli  altri  diritti  patrimoniali  caduti  in
 successione,  e  viene  acquisita  non gia' per ragioni assistenziali
 bensi'  per  quelle  che  sottendono  l'istituto  della   successione
 legittima.  Secondo  il  giudice  a  quo,  sono pertanto illogiche ed
 ingiustificate, da un lato, la  discriminazione  tra  il  collaterale
 "superstite",  che  acquista  il  beneficio,  e  il  discendente  del
 collaterale premorto, che ne viene escluso (nonostante che entrambi i
 soggetti,  in   virtu'   delle   norme   generali   in   materia   di
 rappresentazione,  si  trovino nel medesimo rapporto di parentela col
 defunto)  e,  dall'altro  lato,   la   previsione   di   attribuzioni
 successorie  "speciali  o  anomale"  senza che ricorrano inderogabili
 esigenze di solidarieta' familiare, ovvero  di  carattere  sociale  o
 assistenziale,  che  si  risolvono  in un'irrazionale restrizione del
 negozio testamentario.
                         Considerato in diritto
   1. - Il pretore di Lecce dubita della  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  3,  secondo comma, della legge  8 marzo 1968, n. 152 (come
 modificato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 115 del 1979,
 n. 821 del 1988, n. 471 del 1989 e n. 319  del  1991),  in  combinato
 disposto  con  l'art.  457  del  codice  civile,  "nella parte in cui
 pospone l'erede testamentario ai collaterali del lavoratore deceduto,
 senza alcuna condizione o limitazione, nell'acquisto  dell'indennita'
 premio di servizio nella forma indiretta".
   Secondo il rimettente, la denunciata norma si pone in contrasto con
 l'art.   3  Cost.,  la'  dove  prevede  un'ingiustificata  deroga  ai
 princi'pi generali della successione mortis causa  sotto  il  profilo
 dell'irragionevole  individuazione dei soggetti favoriti, operata non
 in base a finalita' assistenziali ma solo in ragione del rapporto  di
 parentela,  e  con l'art. 42, ultimo comma, Cost., nella parte in cui
 esclude la disponibilita' per testamento di un diritto soggettivo del
 de cuius gia' facente parte del suo patrimonio.
   In via subordinata,  il  dubbio  di  costituzionalita'  investe  lo
 stesso  art.  3,  secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152, in
 combinato disposto con gli artt. 467 e 468 del codice civile,  "nella
 parte  in  cui esclude il diritto di rappresentazione dei discendenti
 del collaterale premorto dall'acquisto della predetta indennita'".  A
 giudizio  del  rimettente,  la  norma verrebbe a vulnerare gli stessi
 parametri sopra evocati, per  l'irrazionale  discriminazione  tra  il
 collaterale  superstite,  che acquista il beneficio, e il discendente
 del collaterale  premorto,  che  ne  viene  escluso,  nonostante  che
 entrambi i soggetti si trovino nel medesimo rapporto di parentela col
 defunto,   nonche'   per   l'irrazionale   restrizione   del  negozio
 testamentario, mediante la  previsione  di  attribuzioni  successorie
 "speciali  o  anomale"  senza  che ricorrano inderogabili esigenze di
 solidarieta' familiare ovvero di carattere sociale o assistenziale.
   2. - La questione principale e' fondata.
   2.1. -  L'estensione  del  diritto  all'erogazione  dell'indennita'
 premio di servizio nella forma indiretta ai collaterali dell'iscritto
 all'INADEL,  a  prescindere  dalla condizione della loro inabilita' a
 proficuo  lavoro,  della  nullatenenza  e  della  vivenza  a   carico
 dell'iscritto stesso - operata dalla Corte con la sentenza n. 821 del
 1988  - va temporalmente collocata nel contesto del graduale processo
 di equiparazione di tale particolare sistema  successorio  a  quello,
 analogo  nella  struttura e nelle finalita', riguardante l'indennita'
 di buonuscita dei dipendenti statali.   All'affermazione  dell'essere
 venuta meno una razionale e adeguata giustificazione della differente
 disciplina,  in  parte  qua  dei  due  trattamenti, era conseguita la
 dichiarazione  dell'illegittimita'  costituzionale   delle   suddette
 limitazioni   alla  successibilita'  dei  collaterali  sancite  dalla
 sentenza n.  115  del  1979,  che  a  sua  volta  aveva  ampliato  le
 originarie  categorie  di superstiti menzionate nelle lettere a) e b)
 della norma censurata, includendovi  appunto  i  collaterali  del  de
 cuius  ma  nella  forma  condizionata connessa all'assolvimento della
 precipua "funzione previdenziale  ed  assistenziale"  dell'indennita'
 premio di servizio, ritenuta equivalente all'indennita' di buonuscita
 (v. anche sentenza n. 110 del 1981).
   2.2.  -  L'inquadramento  sistematico  di tale peculiare vocazione,
 risultante dai menzionati interventi di questa Corte sulla  norma  in
 esame, ha tuttavia subi'to una complessiva radicale evoluzione che ha
 portato  la  Corte  stessa  dapprima  ad  ampliare  ulteriormente  le
 categorie  dei   superstiti,   ricomprendendovi   anche   gli   eredi
 testamentari  e  quelli legittimi, fatta comunque salva la preminente
 tutela dei soggetti chiamati ope legis i quali, "per essere integrati
 nel nucleo familiare del dipendente, ricevevano  sostentamento  dalla
 retribuzione  che  egli  percepiva,  e  che  per la di lui morte sono
 rimasti privi in tutto o in parte del sostentamento (sentenze n.  471
 del  1989  e  n.  319  del  1991);  e,  in seguito, ad esplicitare il
 superamento  della  iniziale  affermazione  del  carattere  meramente
 previdenziale  delle  indennita'  di  fine  servizio   dei   pubblici
 dipendenti,   gia'   contenuto  in  nuce  nelle  sentenze  da  ultimo
 richiamate, riconoscendo al generale  complesso  dei  trattamenti  di
 fine  rapporto  nel settore pubblico - in stretta analogia con quelli
 del settore privato - l'essenziale natura di retribuzione  differita,
 pur  se legata ad una concorrente funzione previdenziale (v. sentenze
 n. 243 e n. 99 del 1993).  In  tal  modo,  peraltro,  sostanzialmente
 venivano  anticipate  le  linee  direttrici  della riforma introdotta
 dalla legge 8 agosto 1995, n.   335, il  cui  art.  2,  comma  5,  ha
 disposto  che  "per  i  lavoratori  assunti  dal  1 gennaio 1996 alle
 dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1  del
 decreto  legislativo  3  febbraio 1993, n.  29, i trattamenti di fine
 servizio,  comunque  denominati,  sono  regolati  in  base  a  quanto
 previsto   dall'articolo   2120  del  codice  civile  in  materia  di
 trattamento di fine rapporto".
   2.3. - Tali indennita', dunque, costituiscono  ormai  una  porzione
 del  compenso  dovuto  per  il lavoro prestato, la corresponsione del
 quale viene differita - appunto  in  funzione  previdenziale  -  onde
 agevolare  il  superamento  delle  difficolta' economiche che possono
 insorgere nel momento in cui viene meno la retribuzione: spiegandosi,
 con cio', perche'  esse,  nel  caso  di  decesso  del  lavoratore  in
 servizio,  facciano  gia'  parte integrante del suo   patrimonio.  In
 conformita' a quanto da ultimo sottolineato nella sentenza  n.    106
 del  1996  da  questa Corte (allora chiamata soltanto ad estendere la
 previsione  della  successibilita'   per   testamento   o   ex   lege
 nell'indennita'   di   buonuscita  maturata  dal  dipendente  statale
 deceduto  in  servizio),  va  pertanto  ribadito  che  la  forma   di
 devoluzione  anomala  dell'indennita'  -  attribuita,  in  deroga  ai
 princi'pi generali della successione mortis  causa  esclusivamente  a
 favore  di determinati soggetti - puo' trovare razionale fondamento e
 giustificazione nella richiamata concorrente  funzione  previdenziale
 del  trattamento  stesso,  solo  in considerazione del fatto che come
 destinatarie di questo siano indicate persone  integrate  nel  nucleo
 familiare  del  de cuius dalla retribuzione del quale esse ricevevano
 un sostentamento, venuto a cessare, in tutto o in parte, dopo la  sua
 morte. Essendo altrimenti chiaro che, in assenza di tali soggetti - a
 favore  dei  quali  opera  una riserva legale di destinazione - perde
 qualunque rilevanza la suddetta concorrente  funzione  previdenziale,
 espandendosi   in   tutta   la  sua  portata  la  natura  retributiva
 dell'indennita' stessa,  la  cui  devoluzione  non  puo'  che  essere
 soggetta alle normali regole successorie.
   2.4.  - La preferenza accordata dalla norma in esame alla posizione
 del collaterale non vivente a carico del de cuius rispetto  a  quella
 dell'erede testamentario, determina pertanto l'irrazionale previsione
 di  una  vocazione  anomala,  la  quale  non  trova  fondamento nelle
 menzionate specifiche esigenze di solidarieta' familiare  che,  sole,
 possono giustificare la deviazione dai generali princi'pi codicistici
 in materia.
   L'affermata connotazione unitaria, per natura e per funzione, delle
 varie  categorie di indennita' di fine rapporto - pur se governate da
 diversi  meccanismi  di  provvista  e  di  erogazione   dei   singoli
 trattamenti  -  consente  peraltro  a  questa  Corte  di  mutuare  la
 disciplina dettata per i lavoratori privati dall'art. 2122 del codice
 civile  e, quindi, di dichiarare l'illegittimita' costituzionale - in
 riferimento all'art.  3 della Costituzione - della denunciata  norma,
 nella  parte  in  cui prevede che, in mancanza delle persone indicate
 nella norma stessa, i collaterali non viventi a carico del  de  cuius
 siano  preferiti  agli eredi testamentari ovvero agli eredi legittimi
 senza osservare le normali regole delle successioni legittime di  cui
 al  titolo  II  del  libro secondo del codice civile.   Restano cosi'
 assorbiti, tanto i profili legati  all'altro  parametro  evocato  dal
 rimettente  (art.  42  Cost.),  quanto  la questione sollevata in via
 subordinata onde censurare la stessa norma (in combinato disposto con
 gli articoli 467 e 468 cod. civ.) nella  parte  in  cui  escluderebbe
 dalla  devoluzione  mortis  causa  il diritto di rappresentazione dei
 discendenti del collaterale premorto.
   2.5. - La  generale  portata  di  questa  pronuncia  non  puo'  non
 investire  anche la omologa disposizione contenuta nell'art. 5, primo
 comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Testo unico delle  norme
 sulle  prestazioni  previdenziali  a  favore  dei dipendenti civili e
 militari dello Stato), come sostituito dall'art.  7  della  legge  29
 aprile  1976,  n.  177,  la  cui disciplina ebbe a fungere da tertium
 comparationis per la parificazione del trattamento degli aventi causa
 dei dipendenti degli enti locali  a  quello  dei  dipendenti  statali
 (sentenza  n.  821  del  1988).    In  via  conseguenziale,  ai sensi
 dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, si deve quindi - sulla
 base delle stesse considerazioni svolte in ordine  all'ingiustificata
 previsione  di  vocazioni  anomale  prive  di un razionale fondamento
 legato alla prioritaria tutela di esigenze di solidarieta'  familiare
 -  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  di  detta norma, con
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella  parte  in  cui  non
 prevede  che, in caso di morte del dipendente statale in attivita' di
 servizio,  l'indennita'  di  buonuscita,  nella  misura  che  sarebbe
 spettata  al  dipendente,  competa,  in mancanza degli altri soggetti
 indicati nella norma medesima, ai fratelli ed  alle  sorelle  del  de
 cuius soltanto a condizione che questi vivessero a suo carico.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  secondo
 comma, della legge 8 marzo 1968,  n.  152  (Nuove  norme  in  materia
 previdenziale per il personale degli Enti locali), nella parte in cui
 prevede  che,  nell'assenza delle persone ivi indicate, i collaterali
 non viventi  a  carico  del  de  cuius  siano  preferiti  agli  eredi
 testamentari e, in mancanza di questi, agli eredi legittimi;
   Dichiara  ai  sensi  dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, primo comma, del  d.P.R.
 29  dicembre 1973, n. 1032 (Testo unico delle norme sulle prestazioni
 previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato),
 come sostituito dall'art. 7 della legge 29 aprile 1976, n. 177, nella
 parte in cui non prevede  che,  nel  caso  di  morte  del  dipendente
 statale in attivita' di servizio, l'indennita' di buonuscita competa,
 nell'assenza  degli  altri soggetti ivi indicati, ai fratelli ed alle
 sorelle del de cuius solo a condizione che  gli  stessi  vivessero  a
 carico di lui.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 luglio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 97C0852