N. 51 ORDINANZA 24 febbraio - 4 marzo 1999
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Astensione collettiva dalle udienze dei difensori - Rinvio o sospensione del dibattimento - Omessa previsione fra i casi di sospensione del procedimento - Riferimento alla giurisprudenza della Corte (vedi sentenza n. 114/1994) - Discrezionalita' legislativa - Ragionevolezza - Manifesta inammissibilita'. (C.P.P., art. 486, in relazione all'art. 159, primo comma, stesso codice). (Cost., artt. 3, 97 e 112).(GU n.10 del 10-3-1999 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 486 del codice di procedura penale in relazione all'art. 159, primo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 17 novembre 1997 dal pretore di Verbania nel procedimento penale a carico di Riegel Franz e altri, iscritta al n. 142 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1998. Udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1998 il giudice relatore Francesco Guizzi. Ritenuto che nel corso di un procedimento penale, per reati riguardanti l'inquinamento ambientale, i difensori degli imputati dichiaravano, nell'udienza del 14 novembre 1997, di aderire all'astensione collettiva dall'attivita' giudiziaria proclamata a livello nazionale; che, nel qualificarla legittima per l'osservanza di forme e procedure, il pretore di Verbania, dovendo rinviare il dibattimento, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486 del codice di procedura penale, in relazione all'art. 159, primo comma, del codice penale, nella parte in cui "non prevede, fra i casi di sospensione del procedimento da cui discende la sospensione della prescrizione, il rinvio o la sospensione del dibattimento cagionato dall'adesione dei difensori all'astensione collettiva"; che, ad avviso del giudice a quo la normativa censurata contrasterebbe con gli artt. 97 e 112 della Costituzione, perche' in mancanza della richiesta disciplina sarebbe pregiudicata l'attivita' giurisdizionale e l'obbligatorieta' dell'azione penale, diventando inevitabile il differimento delle udienze con riflessi sulla prescrizione dei reati; che la disposizione sarebbe altresi' irragionevole, perche' gli imputati di medesimi reati vedrebbero accertata in tempi diversi la loro responsabilita'; che, infine, la questione sarebbe rilevante, perche' - se accolta - consentirebbe la sospensione della prescrizione, cosi' evitando che l'astensione collettiva cagioni la lesione di altri interessi costituzionalmente protetti. Considerato che ritorna all'esame della Corte, per contrasto con gli artt. 3, 97 e 112 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486 del codice di procedura penale, in relazione all'art. 159, primo comma, del codice penale, "nella parte in cui non prevede, fra i casi di sospensione del procedimento da cui discende la sospensione della prescrizione, il rinvio o la sospensione del dibattimento cagionato dalla adesione dei difensori all'astensione collettiva", con cio' recando pregiudizio alla funzione giurisdizionale, all'organizzazione giudiziaria, al principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale e, altresi', al canone di ragionevolezza; che la norma paleserebbe, inoltre, intrinseca irragionevolezza, consentendo tempi diversi per l'accertamento delle responsabilita' penali nei confronti di imputati dei medesimi reati; che questa Corte, con la sentenza n. 171 del 1996, ha dichiarato l'infondatezza - e, con le ordinanze nn. 318 e 273 del 1996 e 106 del 1998, la manifesta infondatezza - della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento a numerosi parametri costituzionali, fra i quali anche quelli invocati dal pretore di Verbania; che la questione all'esame e' stata prospettata anche in relazione all'art. 159, primo comma, del codice penale; che il giudice a quo sollecita una pronuncia additiva volta a introdurre una nuova ipotesi di sospensione del corso della prescrizione al di fuori dei casi previsti dalla legge; che va confermato l'orientamento di questa Corte nel senso della inammissibilita' (v. sentenza n. 114 del 1994), perche' spetta al legislatore, nell'ambito della ragionevole ponderazione degli interessi in gioco, valutare l'opportunita' di qualsiasi inasprimento della disciplina sostanziale che attenga alla punibilita', atteso che le esigenze costituzionali da salvaguardare non si esauriscono nella tutela penale (sentenze nn. 455 e 447 del 1998). che la questione, pertanto, va dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486 del codice di procedura penale, in relazione all'art. 159, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112 della Costituzione, dal pretore di Verbania, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Guizzi Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 4 marzo 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola 99C0190