N. 61 SENTENZA 24 febbraio - 5 marzo 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e assistenza - Trattamenti pensionistici - Assicurato che
 non abbia maturato il diritto in nessuna delle gestioni  nelle  quali
 e'   o   e'  stato  iscritto  -  Diritto  di  avvalersi  dei  periodi
 assicurativi pregressi in alternativa alla  ricongiunzione  -  Omessa
 previsione  -  Irragionevolezza  -  Illegittimita'  costituzionale  -
 Liberi professionisti -  Facolta'  di  scelta  tra  totalizzazione  e
 ricongiunzione  -  Richiesta  di sentenza additiva - Inammissibilita'
 Non fondatezza.
 
 (Legge 5 marzo 1990, n. 45, artt. 1 e 2).
 
 (Cost., artt. 3, 38 e 53).
 
(GU n.10 del 10-3-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della
 legge 5 marzo 1990, n. 45 (Norme per la  ricongiunzione  dei  periodi
 assicurativi  ai  fini  previdenziali  per  i liberi professionisti),
 promossi con  ordinanze  emesse  l'8  gennaio  1997  dal  pretore  di
 Cagliari,  il  24  gennaio 1997 dal pretore di Modena ed il 15 maggio
 1997 dal pretore di Milano rispettivamente iscritte ai nn. 90, 165  e
 468 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della  Repubblica  nn.  10,  15 e 30, prima serie speciale, dell'anno
 1997.
   Visti gli atti di costituzione di Cadoni Consolata Maria  Giuseppa,
 di  Saetti Franco, dell'INPS, di Muci Luigi, della Cassa Nazionale di
 Previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali  e  dell'Ente
 nazionale  di  previdenza e assistenza consulenti del lavoro, nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 27 ottobre 1998 il giudice relatore
 Fernanda Contri;
   Uditi gli avvocati Maurizio Cinelli per Saetti Franco e Muci Luigi,
 Carlo De Angelis per l'INPS, e l'avvocato dello Stato Luigi  Mazzella
 per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel corso di un giudizio promosso da Consolata Cadoni contro
 l'INPDAI e la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense,  il
 pretore  di  Cagliari,  con  ordinanza  emessa  l'8  gennaio 1997, ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e  38  della  Costituzione,
 questione  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 1 e 2 della
 legge 5 marzo 1990, n. 45 (Norme per la  ricongiunzione  dei  periodi
 assicurativi  ai  fini  previdenziali  per  i liberi professionisti).
 L'art. 1 della legge n. 45 del 1990 prevede la facolta'  di  chiedere
 la  ricongiunzione,  nella  gestione di attuale afferenza, di tutti i
 periodi  di  contribuzione  maturati  presso  forme  obbligatorie  di
 previdenza  per i liberi professionisti cui il lavoratore, dipendente
 o autonomo, sia stato iscritto nel corso della sua  vita  lavorativa.
 Si  tratta  di una ricongiunzione onerosa, poiche' la gestione presso
 la  quale  si  effettua  pone  a  carico  del  richiedente  la  somma
 risultante dalla differenza tra la riserva matematica, determinata in
 base all'art.  13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, necessaria per
 la copertura assicurativa relativa al periodo utile considerato, e le
 somme  versate  dalla  gestione o dalle gestioni assicurative a norma
 del primo comma dell'art. 2 ("Ai fini di cui all'art. 1, la  gestione
 o  le  gestioni  interessate  trasferiscono  a quella in cui opera la
 ricongiunzione  l'ammontare  dei  contributi   di   loro   pertinenza
 maggiorati  dell'interesse  composto  al  tasso  annuo  del  4,50 per
 cento").    Le  disposizioni  impugnate  -  osserva,  ai  fini  della
 motivazione  della  rilevanza,  il  pretore rimettente - impongono il
 rigetto della domanda attrice, diretta ad ottenere l'applicazione del
 sistema  della  "totalizzazione"   dei   contributi,   basato   sulla
 erogazione  del  trattamento  pensionistico  pro-rata  da  parte  dei
 diversi  enti  previdenziali,  ciascuno  dei  quali  interessato   in
 proporzione  alla  contribuzione  versata dall'assicurato.   Sotto il
 profilo  della  non  manifesta  infondatezza  della   questione,   la
 disciplina  impugnata appare al giudice a quo in contrasto con l'art.
 3  della  Costituzione,  sia  sotto  il  profilo   dell'entita'   del
 trasferimento  imposto all'ente cedente dal primo comma dell'art.  2,
 irragionevolmente  commisurato  al  mero  equivalente  monetario  dei
 contributi  a  suo  tempo versati, non rivalutato, e maggiorato di un
 interesse addirittura inferiore a quello legale; sia sotto il profilo
 della  disparita'  di  trattamento  in   relazione   a   ipotesi   di
 ricongiunzione  meno  onerose  per  gli  interessati:  il  rimettente
 richiama la legge 7 febbraio 1979, n. 29 - che riguarda i  lavoratori
 autonomi  iscritti  alle  gestioni INPS - secondo la quale l'onere di
 ricostituire la riserva matematica grava sull'assicurato nella misura
 del 50 per cento (art. 2, terzo comma); l'irragionevolezza  dell'art.
 2  della  legge  n.  45  del 1990 diventa ad avviso del giudice a quo
 "ancora piu' evidente in riferimento alle ipotesi  di  ricongiunzione
 che  interessano  i lavoratori subordinati, i quali non risultano mai
 penalizzati dal passaggio ad un diverso  settore  di  attivita'  (dal
 pubblico   al   privato   e   viceversa)  e,  dunque,  da  un  regime
 previdenziale ad un altro" (oltre alla citata legge n. 29  del  1979,
 nell'ordinanza  di rimessione si menziona la legge n. 322 del 1958 e,
 per il passaggio dal regime INPS a  quello  INPDAI,  l'art.  5  della
 legge  n.  44  del  1973).   L'onere talora insostenibile posto dalla
 legge n. 45 del 1990  a  carico  del  richiedente  la  ricongiunzione
 rende, secondo il giudice a quo la disciplina impugnata incompatibile
 con gli artt. 2 e 38 della Costituzione, giacche' quella che la legge
 "configura  come una 'facolta'' del libero professionista si traduce,
 in sostanza, nell'unica strada percorribile per rendere produttivi  i
 periodi  assicurativi  maturati  presso  gestioni diverse, e viola il
 dettato costituzionale nel momento in cui non  prevede  l'alternativa
 opzionabilita'  di  un  meccanismo  che eviti, nell'ipotesi in cui il
 costo della ricongiunzione non sia sostenibile, il verificarsi  della
 sterilizzazione  della  contribuzione versata presso gestioni diverse
 e, nella peggiore delle ipotesi, il pregiudizio della privazione  del
 diritto stesso al trattamento pensionistico, qualora in nessuna delle
 predette   gestioni   sia  stato  raggiunto  il  minimo  contributivo
 prescritto".  Dopo il rinvio ad una serie di ipotesi di  applicazione
 del  principio  della "totalizzazione" e del criterio del pro-rata ad
 alcune categorie di lavoratori  autonomi  (commercianti,  coltivatori
 diretti  e  artigiani  ex  art.  16  della  legge  n.  233  del 1990;
 imprenditori agricoli, agenti e rappresentanti di commercio ex  artt.
 11,  legge  n.  537  del  1993  e 2, comma 26, legge n. 335 del 1995;
 ostetriche libere professioniste; liberi  professionisti  forniti  di
 albo  ma  sprovvisti  di  autonoma  cassa  di  previdenza, ex decreto
 legislativo  n.  103  del  1996),  nell'ordinanza  di  rimessione  si
 conclude  per  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge n.  45  del
 1990,  "nella  parte in cui non prevedeno la facolta' dell'assicurato
 libero professionista di optare per un  meccanismo  alternativo  alla
 ricongiunzione  onerosa  dei periodi di contribuzione maturati presso
 altre gestioni, e tuttavia idoneo ad attribuire valenza alla suddetta
 contribuzione, ai fini del diritto al trattamento pensionistico".
   2.  -  Ha  depositato  fuori  termine  l'atto  di  costituzione nel
 giudizio dinanzi a questa  Corte  Consolata  Cadoni,  ricorrente  nel
 procedimento a quo pendente di fronte al pretore di Cagliari.
   3. - Questioni parzialmente analoghe di legittimita' costituzionale
 dell'art.  2  della  legge  n.  45  del 1990 sono state sollevate, in
 riferimento agli artt. 3, 4, 36, 38  e  41  della  Costituzione,  dal
 pretore  di Modena con ordinanza emessa il 24 gennaio 1997, nel corso
 di un giudizio iniziato da Franco Saetti contro la Cassa nazionale di
 previdenza ed assistenza per gli ingegneri e  gli  architetti  liberi
 professionisti   e   contro  l'INPS,  per  ottenere  la  pensione  di
 anzianita'  o  di  vecchiaia  commisurata  a   tutti   i   contributi
 obbligatoriamente  versati in base al principio della totalizzazione,
 che comporterebbe l'obbligo degli enti convenuti di corrispondere  al
 ricorrente  i rispettivi pro-rata di pensione. In via subordinata, il
 ricorrente chiedeva che l'onere di ricongiunzione preteso dalla Cassa
 nazionale di  previdenza  ed  assistenza  per  gli  ingegneri  e  gli
 architetti  ex  art.  2,  comma  2, della legge n. 45 del 1990, fosse
 determinato sulla base  del  criterio  della  riserva  matematica  al
 cinquanta per cento, analogamente a quanto il terzo comma dell'art. 2
 della  legge  7  febbraio 1979 n. 29 dispone per gli altri lavoratori
 autonomi, e che fosse accertato  l'obbligo  dell'INPS  di  trasferire
 alla  suddetta  Cassa  la  riserva matematica nella stessa misura del
 cinquanta  per  cento,  o  almeno  le  somme  versate  a  titolo   di
 contributi, maggiorate da rivalutazione monetaria ed interessi legali
 dalla  data del pagamento alla data del trasferimento.  Il pretore di
 Modena ritiene evidente la rilevanza delle questioni  sollevate,  "in
 quanto l'esistenza stessa della normativa impugnata comporta per cio'
 stesso  il rigetto della domanda attrice".  In relazione agli artt. 3
 e 38 della Costituzione, premesso il rinvio ad  una  serie  di  testi
 normativi  che  prevedono  ipotesi  di totalizzazione (oltre a quelli
 richiamati nell'ordinanza del  pretore  di  Cagliari,  si  menzionano
 l'art.  5  della  legge n. 44 del 1973; l'art. 17 della legge n. 1079
 del 1971; la legge n. 402 del 1995; il rimettente  richiama  altresi'
 l'art.  51  del  Trattato  CEE,  nonche'  l'art.  45  e  seguenti del
 regolamento CEE n. 1408 del 1971, integrato dal regolamento n.   2001
 del  1983),  la questione di legittimita' costituzionale sollevata e'
 ritenuta dal  pretore  di  Modena  non  manifestamente  infondata  in
 quanto,  a  suo  avviso,  la  mancata  estensione  del  modello della
 totalizzazione ai soggetti contemplati  dalla  disciplina  denunciata
 "viola  il  principio  di  eguaglianza,  non essendo dato individuare
 alcuna ragione di tale diverso trattamento". L'art. 2 della legge  n.
 45  del 1990, in particolare, appare al rimettente in contrasto con i
 menzionati parametri costituzionali, "nella parte in cui non  prevede
 la  scelta  per  l'interessato tra totalizzazione e ricongiunzione, e
 cioe' la facolta'  di  optare  per  un  meccanismo  alternativo  alla
 ricongiunzione  onerosa  dei periodi di contribuzione maturati presso
 altre gestioni e tuttavia idoneo ad attribuire valenza alla  suddetta
 contribuzione,  ai  fini  del  diritto al trattamento pensionistico".
 Non manifestamente infondata appare al giudice rimettente l'eccezione
 di  illegittimita'  costituzionale,  sollevata  dal  ricorrente   nel
 giudizio  a  quo in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione,
 dell'impugnato art. 2,  nella  parte  in  cui  prevede  modalita'  di
 calcolo   degli   oneri   da   porsi  a  carico  dei  richiedenti  la
 ricongiunzione irragionevoli e comunque difformi senza alcuna ragione
 rispetto  a  quelli previsti dall'art. 2, terzo comma, della legge n.
 29 del 1979, a norma del quale  l'onere  di  ricostruire  la  riserva
 grava sull'assicurato nella misura del cinquanta per cento.  Sotto il
 profilo  della ragionevolezza, il giudice a quo condivide l'eccezione
 del ricorrente, che evidenziava  la  sperequazione  tra  il  criterio
 dettato per la determinazione a carico dell'ente cedente dell'importo
 da  trasferire  (mero  equivalente  monetario dei contributi versati,
 maggiorato dall'interesse del  4,50  per  cento,  senza  applicazione
 degli  interessi nella misura legale e della rivalutazione monetaria)
 e  quello  dettato  per  la  determinazione,   a   favore   dell'ente
 cessionario,   dell'importo   da   introitare   (riserva   matematica
 necessaria per la copertura assicurativa relativa  al  periodo  utile
 interessato  dall'operazione).    Ad avviso del pretore di Modena, lo
 "sproporzionato  onere  economico"  derivante  dall'applicazione  del
 criterio   di   calcolo  previsto  dalla  legge  impugnata,  viene  a
 precludere di fatto l'esercizio del  diritto  alla  ricongiunzione  e
 conseguentemente  ad  impedire  la maturazione del diritto a pensione
 nel caso di mancato raggiungimento in ciascuna gestione del requisito
 contributivo minimo, cio' che  renderebbe  la  disciplina  denunciata
 difficilmente  conciliabile, per un verso, con gli artt. 36 e 38, per
 un altro verso, con gli artt.  4,  36  e  41  della  Costituzione.  A
 quest'ultimo  riguardo,  si  legge  nell'ordinanza  di rimessione, la
 disciplina della ricongiunzione recata dalla legge  n.  45  del  1990
 "costituisce  una  limitazione alla liberta' di scelta dell'attivita'
 lavorativa", ed incide sul principio dell'equa retribuzione "sia  per
 la  decurtazione  di  fatto  del  reddito  prodotto  che,  seppure  a
 posteriori, essa determina, sia in virtu'  del  collegamento  tra  il
 suddetto  art.  36  e l'art. 38 della Costituzione, che garantisce la
 permanenza  di  una  interrelazione  tra  contributo   lavorativo   e
 trattamento pensionistico".
   4.   -   Si   e'   costituito   nel  giudizio  davanti  alla  Corte
 costituzionale  Franco  Saetti,  per  chiedere  l'accoglimento  delle
 questioni  sollevate  dal  pretore di Modena e per svolgere deduzioni
 largamente   coincidenti   con   quanto   esposto   da   quest'ultimo
 nell'ordinanza  di rimessione.   Sul criterio di riparto disparitario
 degli oneri di ricongiunzione tra ente previdenziale cedente ed  ente
 previdenziale  cessionario,  a  danno dell'assicurato, previsto dalla
 legge n. 45 del 1990, la parte  ricorrente  nel  procedimento  a  quo
 aggiunge  un  richiamo all'art.   6, comma 3, della legge 29 dicembre
 1988, n. 554, che, in riferimento ai pubblici dipendenti  interessati
 da  processi  di  mobilita', impone al fondo cedente di trasferire al
 fondo  di  destinazione  i  corrispettivi   capitali   di   copertura
 costituiti   dalla   riserva   matematica.  In  merito  alla  mancata
 rivalutazione dei contributi versati presso la  gestione  cedente,  a
 sostegno   ed   in   aggiunta   alle  argomentazioni  gia'  contenute
 nell'ordinanza,  Saetti  ricorda  che   normativa   previdenziale   e
 giurisprudenza   irrazionalmente   riservano   un   trattamento  piu'
 favorevole, quanto a maggiorazione per interessi, alla somma  erogata
 all'assicurato  in  restituzione dei contributi non utilizzabili.  In
 merito all'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al  meno
 oneroso regime di ricongiunzione previsto dalla legge n.  29 del 1979
 per i lavoratori autonomi iscritti nella corrispondente gestione INPS
 (alla    quale   possono   ora   iscriversi   anche   taluni   liberi
 professionisti,  in  base  alle  leggi,   gia'   citate,   richiamate
 nell'ordinanza   di   rimessione),  il  ricorrente  ricorda  che  "e'
 principio    generale    dell'ordinamento    previdenziale     quello
 dell'armonizzazione  dei regimi pensionistici (pur nel rispetto della
 pluralita' degli organismi), reso ormai norma precettiva dalla  legge
 di  riforma  pensionistica  del 1995 (art. 1, comma 1, legge 8 agosto
 1995,  n.  335)  e  ribadito  espressamente  anche   per   i   regimi
 previdenziali  dei  liberi  professionisti  (art.  3,  comma 12)". Al
 Saetti appare altresi' ingiustificata  la  differenza  di  disciplina
 rispetto  alla  ricongiunzione,  sostanzialmente  priva  di oneri per
 l'assicurato, che interessa i lavoratori subordinati, in base a varie
 leggi  (oltre  alla  gia'  menzionata  legge  n.  29  del  1979,   si
 richiamano:  la  legge n. 322 del 1958 e gli artt. 11 e 12 del d.P.R.
 n. 1092 del 1973 per il passaggio da attivita' di lavoro  subordinato
 nel  settore  pubblico  a quella nel settore privato; l'art.  5 della
 legge n. 44 del 1973, per il  passaggio  dal  regime  INPS  a  quello
 INPDAI, o da quest'ultimo ad altri enti; l'art. 16 della legge n. 669
 del  1978,  concernente  il regime previdenziale dei lavoratori dello
 spettacolo iscritti all'ENPALS; l'art. 5 della legge n. 54 del  1994,
 per  il passaggio dal regime previdenziale di altri enti a quello del
 fondo telefonici, gestito dall'INPS).  Quanto alla mancata estensione
 ai soggetti interessati dalla legge n. 45 del 1990 del sistema  della
 totalizzazione  -  che  non  comporta  oneri aggiuntivi nei confronti
 degli assicurati - previsto dalla legge n. 223 del 1990 e, per  altri
 lavoratori  autonomi  e  liberi professionisti, da una serie di leggi
 ulteriori (richiamate nell'atto di costituzione,  e  gia'  menzionate
 nell'ordinanza  di  rimessione),  secondo  il Saetti il modello della
 totalizzazione dei contributi e  della  liquidazione  pro-rata  delle
 prestazioni  pensionistiche,  oltre  a  rappresentare  un  "principio
 fondamentale del diritto  comunitario",  avrebbe  "pieno  titolo  per
 essere   considerato   il   modello   tendenzialmente   generale  ...
 dell'ordinamento previdenziale", e quindi il tertium comparationis da
 privilegiare.
   5. - Nel giudizio di fronte a questa Corte si e' costituito  l'INPS
 per   chiedere   la  declaratoria  di  infondatezza  delle  questioni
 sollevate dal pretore di Modena.   L'INPS premette  che  un'eventuale
 introduzione   tramite   sentenza   additiva   del   criterio   della
 totalizzazione comporterebbe un aggravio delle  spese  previdenziali,
 anche  in  considerazione  della  circostanza  che  "ogni prestazione
 previdenziale e' determinata secondo un  proprio  articolato  sistema
 che  tiene conto sia della specificita' dell'attivita' lavorativa che
 quella disciplina assicurativa tende a tutelare ..., sia del criterio
 di determinazione della misura stessa della pensione ..., sia  infine
 della   possibilita',   in   deroga   al  principio  di  solidarieta'
 categoriale, di  ottenere  la  restituzione  di  tutti  i  contributi
 versati  qualora  non  siano  sufficienti  a liquidare una pensione".
 L'ente convenuto nel procedimento a  quo  esclude  che  all'eventuale
 riforma  del  complesso  e stratificato corpus normativo formatosi in
 questa materia possa porsi mano senza un intervento del  legislatore,
 dovendosi "evitare di alterare inevitabilmente il complessivo sistema
 di valutazioni ponderate previsto in ciascuna delle ricordate leggi".
 Ad  avviso  dell'INPS,  la  questione  di legittimita' costituzionale
 dell'art.  2 della legge n. 45 del  1990,  sollevata  in  riferimento
 all'art.  3  della  Costituzione, appare infondata "in relazione alla
 specificita' del fondo assicurativo in argomento, i cui  oneri  e  le
 cui  prestazioni,  non omologabile a quelli di altri fondi e gestioni
 (per la diversita' delle prestazioni, per  il  diverso  numero  degli
 utenti,  etc.)  ben giustificano i diversi costi ed i diversi oneri".
 In merito al lamentato contrasto della disposizione impugnata con gli
 artt. 4, 36 e 41 della Costituzione, l'INPS afferma essere "del tutto
 ragionevole la disciplina che pone un costo corrispettivo ai vantaggi
 che la  ricongiunzione  dei  periodi  assicurativi  puo'  fornire  al
 lavoratore",   e   conclude   sottolineando  che  "la  posizione  del
 lavoratore 'statico' non e' uguale a quella del lavoratore 'dinamico'
 per il quale si pone l'esigenza della ricongiunzione".
   6. - In prossimita' dell'udienza, la parte  privata  costituita  ha
 depositato  una  memoria  illustrativa ad integrazione di quanto gia'
 dedotto con l'atto di  costituzione.    Nella  memoria  illustrativa,
 Franco  Saetti  ricorda come recentemente, con il decreto legislativo
 30 aprile 1997, n. 184, ai lavoratori di cui all'art.  1,  comma  19,
 della legge 8 agosto 1995, n. 335, sia stata accordata la facolta' di
 optare  per  il  criterio  della  totalizzazione,  mentre  agli  enti
 privatizzati gestori delle forme di previdenza obbligatoria a  favore
 dei   liberi   professionisti  sia  stato  attribuito  il  potere  di
 riconoscere ai propri iscritti analoga facolta', sia  pure  "al  solo
 fine   del   conseguimento   dei   requisiti   contributivi  previsti
 dall'ordinamento giuridico di appartenenza per il diritto a  pensione
 e   non  la  misura  di  quest'ultima".  Cio'  avrebbe  generalizzato
 l'istituto della totalizzazione, in  alternativa  all'istituto  della
 ricongiunzione,   rendendo  piu'  evidente  "l'irrazionalita'"  della
 lacuna  del  sistema  previdenziale  rilevata   dall'ordinananza   di
 rimessione.    In  merito alle lamentate disparita' rispetto ad altre
 categorie di lavoratori autonomi,  alle  deduzioni  gia'  svolte  con
 l'atto di costituzione Saetti aggiunge che, rappresentando la riserva
 matematica  il  risultato  del prodotto dell'incremento pensionistico
 concretamente  erogabile  per  il  coefficiente  di  capitalizzazione
 stabilito  nelle  tabelle  approvate  con  decreto  ministeriale, "le
 differenze tra le varie gestioni incidono sul calcolo dell'incremento
 pensionistico  e,  dunque,  sui  contenuti   delle   tabelle".   Tali
 differenze,  pertanto,  non  dovrebbero  incidere  sulla  quota della
 riserva matematica da  porre  a  carico  del  richiedente.  Anche  la
 circostanza  che  l'onere  della ricongiunzione non muti in relazione
 alla gestione presso la quale opera dimostrerebbe che  la  misura  di
 tale  onere "dipende dall'attivita' professionale del soggetto fisico
 che opera  la  ricongiunzione,  non  gia'  da  reali  esigenze  della
 gestione previdenziale di accorpamento".
   7. - Nell'imminenza della data fissata per l'udienza pubblica anche
 l'INPS  ha  depositato  una  memoria  illustrativa  per svolgere piu'
 ampiamente  deduzioni  gia'  contenute  nell'atto  di   costituzione,
 attinenti  all'infungibilita'  -  in questa materia - dell'intervento
 legislativo;  alla  necessaria  gradualita'   nell'attribuzione   dei
 benefici   di   cui   si   tratta;  all'eterogeneita'  e  conseguente
 incomparabilita' dei  regimi  previdenziali  posti  a  raffronto;  al
 problema  della  copertura finanziaria di un'eventuale estensione del
 principio della totalizzazione, comportando  quest'ultima,  si  legge
 nella  memoria  dell'INPS, "l'utilizzazione di posizioni contributive
 altrimenti non utilizzabili".
   8.  -  In  prossimita'  dell'udienza, Franco Saetti, ricorrente nel
 giudizio a quo pendente davanti al pretore di Modena,  ha  depositato
 una ulteriore memoria illustrativa, ad integrazione di quanto gia' in
 precedenza dedotto.
   Nella  predetta  memoria  si  richiama la relazione governativa sul
 decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278  (Disposizioni  correttive
 dei decreti legislativi 16 settembre 1996, n. 564, 24 aprile 1997, n.
 181,   e   30  aprile  1997,  numeri  157,  180  e  184,  in  materia
 pensionistica),  parzialmente   modificativo   del   citato   decreto
 legislativo  n.  184  del  1997,  che  disattende l'indicazione delle
 Commissioni   lavoro   della   Camera   e   del   Senato   favorevole
 all'estensione  della  facolta' di totalizzazione - gia' riconosciuta
 dal  decreto  legislativo  n.  184  del  1997  ai  lavoratori  i  cui
 trattamenti  pensionistici sono liquidati con il sistema contributivo
 - ai lavoratori i cui  trattamenti  siano  invece  liquidati  con  il
 sistema retributivo o misto.
   La  difesa  del  Saetti  contesta gli argomenti addotti dal Governo
 nella richiamata relazione, sottolineando, in  primo  luogo,  che  il
 criterio  della totalizzazione "e' tecnicamente applicabile ... anche
 nei  casi  di  calcolo  retributivo  o  reddituale  del   trattamento
 pensionistico";  in secondo luogo, che, contrariamente all'avviso del
 Governo, "e' proprio la regola di computo del 'pro rata'  sulla  base
 del criterio dettato dall'art. 1, comma 3, del decreto legislativo n.
 184  del  1997  ad  escludere la possibilita' che la (generalizazione
 della) totalizzazione possa comportare oneri impropri".
   9. - Nel corso di un giudizio promosso  da  Luigi  Muci  contro  la
 Cassa  nazionale  di  previdenza  e  assistenza  ragionieri  e periti
 (CNPR), contro l'INPS e  contro  l'Ente  nazionale  di  previdenza  e
 assistenza  dei consulenti del lavoro (ENPACL), il pretore di Milano,
 con una terza ordinanza, emessa il 15 maggio 1997, ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  art.  3,  38 e 53 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2  della  legge  5  marzo
 1990,  n. 45 (Norme per la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai
 fini  previdenziali  per  i  liberi  professionisti).    Il   giudice
 rimettente premette, in fatto, che Luigi Muci (il quale ha esposto di
 aver  versato: in qualita' di ragioniere, oltre 13 anni di contributi
 obbligatori alla CNPR,  alla  quale  e'  attualmente  iscritto;  come
 consulente  del lavoro, 14 anni di contributi all'ENPACL, dal 1979 al
 1992; come lavoratore dipendente, 14 anni di contributi all'INPS)  ha
 presentato  domanda  di  ricongiunzione presso la gestione di attuale
 appartenenza, la CNPR, la quale ha comunicato al richiedente che  gli
 oneri  di  ricongiunzione ammonterebbero a 149.012.448 lire, al netto
 di  lire  45.512.610  trasferiti  dall'ENPACL,  e  che   l'incremento
 pensionistico  annuo  derivante  dalla  ricongiunzione ammonterebbe a
 lire 12.885.181.   Il ragionier Muci -  si  legge  nell'ordinanza  di
 rimessione   -   ha   accettato   di   pagare  le  prime  rate  della
 ricongiunzione,  ma  ha  agito  in  giudizio  "confidando  di   poter
 ricongiungere  le sue posizioni contributive in base a criteri equi e
 conformi alla contribuzione gia' versata".   Davanti  al  pretore  di
 Milano,   il   ricorrente  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art 2 della legge n. 45 del  1990.    Il  giudice
 rimettente  ritiene  tale  questione  rilevante  nel  giudizio  a quo
 giacche'  quest'ultimo,  "allo  stato  della  legislazione,  dovrebbe
 chiudersi  con  una  pronuncia di rigetto".  La questione e' ritenuta
 altresi'  non  manifestamente  infondata  dal   pretore   rimettente,
 apparendo  allo  stesso  la  disposizione  impugnata in contrasto con
 l'art. 3 della Costituzione, nella parte  in  cui  determina  l'onere
 della  ricongiunzione  per  i  liberi professionisti nella misura del
 cento per cento  della  riserva  matematica,  mentre  per  gli  altri
 lavoratori  autonomi  lo  stesso  onere e' stabilito, dal terzo comma
 dell'art. 2 della legge n. 29 del 1979, nella  misura  del  cinquanta
 per  cento  della  riserva  matematica,  ed e' pari a zero per alcune
 categorie di lavoratori dipendenti (il rimettente menziona  la  legge
 n.  322  del  1958 per i dipendenti statali; la legge n. 889 del 1971
 per i regimi sostitutivi; la legge n. 44 del 1973  per  gli  iscritti
 all'INPDAI).    Il giudice a quo esclude che le constatate disparita'
 di trattamento si giustifichino in considerazione  della  circostanza
 che  la  ricongiunzione  dei  liberi professionisti va ad incidere su
 gestioni "privatizzate".  Questo argomento - ad avviso del rimettente
 - non e' persuasivo, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto pagare il
 cento per cento della riserva matematica anche se avesse  ricongiunto
 presso  l'INPS.    Il  pretore  di  Milano  ritiene  la  disposizione
 impugnata in contrasto con l'art. 3 della Costituzione  anche  "nella
 parte  in cui dispone che alla gestione di destinazione venga versata
 la intera riserva matematica, mentre  alla  gestione  di  provenienza
 consente   di   trasferire   non   la   propria   riserva  matematica
 corrispondente alla posizione previdenziale del ricorrente, ma i soli
 contributi maggiorati dell'interesse  composto  del  4,50  per  cento
 all'anno,  ossia  una somma non rivalutata secondo le reali dinamiche
 monetarie e non comprensiva dei contributi integrativi".   Ad  avviso
 del  giudice  a quo "se si stabilisce che la gestione di destinazione
 ha diritto di ricevere la riserva matematica, sembra logico che anche
 la gestione di provenienza trasferisca la propria riserva matematica;
 se invece sembra giusto trasferire i contributi, anche la gestione di
 destinazione deve  accontentarsi  dei  contributi,  rivalutati  nella
 stessa  misura".   Richiamando la sentenza di questa Corte n. 508 del
 1991, il rimettente, a dimostrazione del carattere abnorme dell'onere
 di ricongiunzione, sottolinea che quest'ultimo e' tale, nel  caso  di
 specie,  "da  assorbire  l'incremento pensionistico di oltre 20 anni"
 (tenuto conto anche della non deducibilita' dal reddito imponibile ai
 fini IRPEF degli oneri di ricongiunzione).  Il giudice a quo aggiunge
 poi, richiamando la sentenza della Corte costituzionale  n.  156  del
 1991  e  la giurisprudenza comune, che "la polverizzazione del valore
 della posizione  contributiva  della  gestione  di  provenienza,  ...
 attraverso  il  trasferimento  dei  contributi  non  rivalutati, urta
 contro la natura previdenziale del  credito  che  l'assicurato  vanta
 verso  la cassa di provenienza, come tale disciplinato dall'art.  429
 c.p.c.", cio' che evidenzierebbe un ulteriore motivo di contrasto con
 il principio di eguaglianza ed altresi' la violazione dell'art.    38
 della  Costituzione.    Un ultimo profilo d'incostituzionalita' viene
 ravvisato dal pretore  di  Milano  nella  non  deducibilita'  fiscale
 dell'onere  di  ricongiunzione,  a  fronte  dell'assoggettamento  del
 correlativo incremento pensionistico al regime fiscale delle pensioni
 obbligatorie. L'importo da versare per la ricongiunzione,  assume  il
 rimettente,   dovrebbe  invece  essere  fiscalmente  equiparato  alla
 contribuzione obbligatoria cui  esso  inerisce,  giacche',  l'attuale
 disciplina   rende   irragionevolmente   oneroso   il   costo   della
 ricongiunzione e si pone in contrasto sia con  l'art.    38  sia  con
 l'art.  53  della  Costituzione, "in quanto le somme da pagare per la
 ricongiunzione  non  possono  essere  incluse  nel  novero  di quelle
 rivelatrici della  capacita'  contributiva,  essendo  destinate  alla
 salvaguardia della posizione previdenziale".
   10.  -  Nel  giudizio davanti a questa Corte si e' costituito Luigi
 Muci per argomentare la fondatezza dei dubbi sollevati dal pretore di
 Milano.  Sul criterio di riparto degli oneri  di  ricongiunzione  tra
 ente  previdenziale  cedente  ed  ente cessionario, il ricorrente nel
 giudizio a quo deduce, a dimostrazione dell'irragionevolezza di  tale
 criterio   disparitario:   che   per  tutti  i  regimi  previdenziali
 interessati  dall'operazione  vale  non   gia'   il   sistema   della
 capitalizzazione,   bensi'  il  sistema  di  gestione  delle  risorse
 finanziarie secondo il criterio  della  ripartizione,  il  quale  non
 prevede  che le pensioni vengano pagate con il rendimento di capitali
 previamente  accantonati;   che   per   tutti   i   predetti   regimi
 previdenziali  gli  oneri  pensionistici  si calcolano con gli stessi
 criteri (art. 3, comma 11, della legge n. 297 del 1982; art. 1, commi
 8 e 9, della legge n. 335  del  1995);  che  le  medesime  regole  si
 applicano in qualunque direzione l'interessato intenda indirizzare la
 ricongiunzione.    Ad  avviso  della  difesa  del Muci, l'iniquita' e
 l'irrazionalita' del criterio di riparto  degli  oneri  tra  ente  di
 provenienza  ed  ente cessionario - che si traduce in un onere talora
 insostenibile per l'assicurato - sono aggravate dall'applicazione  ai
 contributi  oggetto di trasferimento di un interesse (4,50 per cento)
 inferiore allo stesso interesse legale, nonche' dall'esclusione della
 rivalutazione monetaria che, invece, si  applica  tanto  nel  sistema
 retributivo  che in quello contributivo di calcolo delle pensioni per
 riportare ai valori attuali, al momento  della  determinazione  della
 pensione,  rispettivamente,  i  ratei  di retribuzione e i periodi di
 contribuzione (art. 3, comma 11, della legge 29 maggio 1982,  n.  29;
 art.  1,  commi  8 e 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335).  La parte
 osserva che, ove per evitare i suddetti, sproporzionati, costi  della
 ricongiunzione,   rinunciasse   a   quest'ultima,  "potrebbe  vedersi
 definitivamente preclusa la possibilita'  di  maturare  il  requisito
 pensionistico presso ciascuno degli enti presso i quali e' o e' stato
 iscritto,  in quanto ciascuno di essi riconosce il diritto a pensione
 ... solo se nella propria gestione  risultano  soddisfatti  requisiti
 contributivi  minimi, di durata superiore a quella che il ricorrente,
 anche  continuando  a  lavorare  fino  al  raggiungimento   dell'eta'
 pensionabile, potra' maturare". Da quanto precede, richiamandosi alla
 sentenza n. 508 del 1991 di questa Corte, deriverebbe ad avviso della
 parte  privata  costituita  nel presente giudizio, una violazione sia
 dell'art.  3 - sotto il profilo del principio di razionalita'  -  sia
 dell'art.    38  della  Costituzione.  Nell'atto  di  costituzione si
 prospetta anche un contrasto con gli artt. 4 e 41 della Costituzione,
 per  la  limitazione  che  deriverebbe  alla   liberta'   di   scelta
 dell'attivita'  lavorativa;  con l'art. 36 della Costituzione, per la
 decurtazione della  retribuzione  che,  sia  pure  a  posteriori,  il
 pagamento  dell'onere della ricongiunzione determinerebbe; con l'art.
 53  della  Costituzione,   "per   il   carattere   sproporzionato   e
 assolutamente non calibrato sulla capacita' contributiva dell'onerato
 dei  costi della ricongiunzione" (non deducibili a norma dell'art. 10
 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).  La disciplina impugnata appare
 al Muci incompatibile con gli artt.  2 e 3 della Costituzione  anche,
 e  specialmente,  a causa della disparita' di trattamento rispetto ad
 altre  categorie  di lavoratori autonomi, per i quali il diritto alla
 ricongiunzione e' subordinato  dalla  legge  al  pagamento  di  oneri
 notevolmente  inferiori,  e  rispetto  ai  lavoratori subordinati, in
 favore dei quali  il  legislatore  ha  previsto  la  possibilita'  di
 avvalersi  di  una  ricongiunzione  gratuita.    Quanto  ai primi, il
 ricorrente  nel   giudizio   a   quo   insiste   nel   rimarcare   la
 discriminazione cui sono soggetti i liberi professionisti rispetto ai
 lavoratori  autonomi  assicurati presso l'INPS, per i quali - a norma
 dell'art. 2, terzo comma, della  legge  7  febbraio  1979,  n.  29  -
 l'onere  di  ricongiunzione  e'  pari  al  50 per cento della riserva
 matematica, invariata restando la disciplina  del  trasferimento  dei
 contributi  dalla  gestione  cedente.  Nell'atto  di  costituzione si
 aggiunge  che  nella  gestione  INPS  per  i   lavoratori   autonomi,
 implicante  il  diritto  di ricongiunzione meno oneroso, "possono ora
 iscriversi anche quei liberi professionisti, cui l'art. 3,  comma  1,
 lettera  d),  del  decreto  legislativo  10 febbraio 1996, n. 103, ha
 attribuito  la  tutela  previdenziale  obbligatoria  della  quale  in
 precedenza  erano  privi, mentre, oltre ai lavoratori parasubordinati
 (art. 11 della legge n. 537 del 1993), gia' da epoca  risalente  sono
 obbligatoriamente   iscritti   in   quella   gestione  gli  agenti  e
 rappresentanti di  commercio,  gli  imprenditori  agricoli  a  titolo
 principale   (legge   n.   233   del   1990),  le  ostetriche  libere
 professioniste (legge n. 249  del  1990)".    Quanto  alla  lamentata
 disparita' di trattamento rispetto ai lavoratori subordinati, il Muci
 elenca  una  serie di disposizioni che prevedono per questi ultimi la
 ricongiunzione  gratuita  (art.  1  della  legge  n.  29  del   1979,
 concernente  la  ricongiunzione presso la gestione dell'assicurazione
 generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti dell'INPS;  legge  n.
 322  del  1958,  art.  unico,  e artt. 11 e 12 del d.P.R. n. 1092 del
 1973, per il passaggio da attivita' di lavoro subordinato nel settore
 pubblico ad attivita' di lavoro subordinato nel settore privato; art.
 5 della legge n. 44 del 1973, concernente  gli  iscritti  all'INPDAI;
 art.  16  della legge n. 669 del 1978, riguardante i lavoratori dello
 spettacolo iscritti all'ENPALS; art. 5 della legge n.  54  del  1994,
 per  il passaggio dal regime previdenziale di altri enti a quello del
 fondo telefonici, gestito dall'INPS).  Sotto un ulteriore profilo, la
 disciplina impugnata contrasta, ad avviso della difesa del Muci,  con
 gli  artt.  3,  36 e 38 della Costituzione, laddove - penalizzando il
 lavoratore "mobile" rispetto al lavoratore  "statico"  -  esclude  la
 facolta'  di optare per la c.d. totalizzazione, prevista dall'art. 16
 della legge 2 agosto del 1990, n. 233, per i lavoratori autonomi  che
 liquidano  la  pensione  in  una  delle  gestioni  speciali  ad  essi
 destinate  con  il  cumulo  dei  contributi  versati  nelle  medesime
 gestioni  o  nell'assicurazione  generale obbligatoria dei lavoratori
 dipendenti.  A proposito del modello della  totalizzazione  la  parte
 ricorrente  nel procedimento civile a quo osserva che gia' l'art. 35,
 comma 2, lettera c della legge 30 aprile 1969, n.  153,  delegava  il
 Governo ad "attuare il principio della pensione unica, determinandone
 la  misura  con  la  totalizzazione  di  tutti  i  periodi coperti da
 contribuzione  obbligatoria,  volontaria,  o   figurativa,   mediante
 l'applicazione  del  criterio  del  pro-rata". La delega non e' stata
 esercitata - rileva  il  Muci  -  ma  in  una  serie  di  settori  il
 legislatore  ha comunque introdotto il principio della totalizzazione
 (art. 16 della legge n. 233 del 1990; art. 5 della legge  n.  44  del
 1973; art. 17 della legge n. 1079 del 1971; art. 70, lettera c) della
 legge  28  dicembre  1995, n. 549, attuato dal decreto legislativo 29
 giugno 1996, n. 414; artt. 1, comma 12, e 3, comma 12, della legge  8
 agosto  1995,  n. 335), che rappresenta altresi' un principio accolto
 dal diritto comunitario (art. 51 del Trattato CE; artt.  45  ss.  del
 regolamento   CEE   n.  1408  del  1971,  cosi'  come  integrato  dal
 regolamento CEE n. 2001 del 1983).
   11. - Nel  presente  giudizio  si  e'  costituita  anche  la  Cassa
 nazionale   di   previdenza   ed   assistenza   ragionieri  e  periti
 commerciali,  parte  convenuta  nel  giudizio  a  quo   per   dedurre
 l'inammissibilita'  e  l'infondatezza  delle  questioni sollevate dal
 pretore    di     Milano.          L'inammissibilita'     deriverebbe
 dall'insindacabilita'  delle  scelte discrezionali del legislatore in
 ordine alle  modalita'  ed  ai  tempi  della  ricongiunzione  a  fini
 previdenziali  dei periodi assicurativi.  L'infondatezza viene invece
 argomentata a partire dalla premessa - desunta  dalla  giurisprudenza
 costituzionale  -  secondo  cui  i  diversi  sistemi previdenziali di
 categoria sono tra loro autonomi e non comparabili, si' che, "fino  a
 quando  il  legislatore  non  provveda  al riordinamento, con criteri
 unitari, dei trattamenti  di  previdenza  delle  varie  categorie  di
 lavoratori,  tra cui appunto quelle dei liberi professionisti, i vari
 sistemi previdenziali conservano una propria autonoma individualita',
 e la soluzione accolta da  uno  di  essi  non  puo'  essere  valutata
 paragonandola  con  la  soluzione  accolta  da  altri".    Quanto  al
 lamentato difetto  di  ragionevolezza  della  previsione  legislativa
 dell'obbligo,  per la gestione cedente, di trasferire a quella presso
 la  quale  il  richiedente  opera  la  ricongiunzione  l'importo  dei
 contributi   da   quest'ultimo   versati,   aumentato   nella  misura
 dell'interesse del 4,50 per cento, la Cassa osserva che si tratta  di
 interessi composti, cio' che diminuirebbe la denunciata disparita' di
 valore  tra  cio'  che  la  gestione di destinazione e' autorizzata a
 porre a carico del richiedente e  cio'  che  invece  la  gestione  di
 provenienza  deve  versare, importo comunque non corrispondente ad un
 credito previdenziale.
   12.  -  Fuori  termine,  ha  depositato  le  sue  deduzioni  l'Ente
 nazionale  di  previdenza  ed  assistenza  dei  consulenti del lavoro
 (ENPACL).
   13. - Nel presente giudizio si  e'  costituito  anche  l'INPS,  per
 chiedere  che  la  questione  sollevata  dal  pretore  di  Milano sia
 dichiarata  infondata.    L'INPS  muove  dall'assunto   -   affermato
 richiamando    la   giurisprudenza   costituzionale   -   della   non
 raffrontabilita', ai fini del sindacato alla stregua del principio di
 eguaglianza, di sistemi  previdenziali  diversi  ed  osserva  che  il
 meccanismo  previsto  dall'art.  2  della legge n. 45 del 1990 "tiene
 conto delle diverse esigenze finanziarie che  le  forme  assicurative
 dei liberi professionisti pongono ai loro iscritti".
   14.  -  Nel giudizio davanti a questa Corte, ha spiegato intervento
 il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello Stato.   L'Avvocatura rileva innanzi
 tutto che se si avverte da tempo una generale esigenza di unificare o
 almeno rendere omogenei i vari regimi previdenziali, "cio'  e'  anche
 la riprova che l'attuale ordinamento e' informato invece al principio
 della  pluralita' dei sistemi previdenziali, ognuno caratterizzato da
 criteri  particolari".     Quanto  alla   misura   dell'onere   della
 ricongiunzione,   nell'atto  di  intervento  si  sottolinea  che  "le
 gestioni  che  interessano  i  liberi   professionisti   sono   state
 recentemente  privatizzate,  per cui si e' fatta ancor piu' pressante
 l'esigenza di conseguire il loro  pareggio  di  bilancio",  e  -  con
 richiami  a  precedenti  decisioni  di questa Corte - si aggiunge che
 "nell'a'mbito di tali gestioni, pur riconoscendosi la sussistenza  di
 forti elementi di solidarieta', si e' sempre affermato che questi non
 cancellano  ma  si  limitano ad integrare e correggere i fondamentali
 elementi di mutualita' e  corrispettivita'  che  le  caratterizzano".
 L'Avvocatura  aggiunge  che  il recente decreto legislativo 30 aprile
 1997, n. 184, all'art. 1 ha previsto la  ricongiunzione  dei  periodi
 contributivi,  a  titolo gratuito, sotto forma di totalizzazione, con
 riferimento  ai  soli  periodi   liquidati   in   base   al   sistema
 contributivo,  mentre  l'art.  5 ha lasciato all'autonomia degli enti
 privatizzati, gestori delle forme di previdenza obbligatoria a favore
 dei liberi professionisti, il riconoscimento del computo di eventuali
 periodi liquidati secondo il sistema retributivo, presso altre  forme
 di  previdenza,  "al  solo  fine  ... del conseguimento del requisito
 contributivo e non gia' per la misura di quest'ultimo".    In  merito
 alla  censura  concernente  il  trasferimento  dei  contributi  dalla
 gestione di provenienza a quella di destinazione, rileva l'Avvocatura
 che il trasferimento della riserva matematica da  parte  delle  prime
 "avrebbe  comportato  per  quelle un notevole aggravio, rispetto alle
 somme ricevute dal contribuente negli anni precedenti".  Quanto  alla
 denunciata  illegittimita'  della disciplina impugnata nella parte in
 cui prevede il trasferimento  dei  contributi  senza  il  calcolo  di
 interessi  e  rivalutazione,  si  osserva  che  "non si puo' assumere
 neppure  indirettamente   a   parametro   ...   l'art.   429   c.p.c.
 nell'interpretazione  accolta  dalla giurisprudenza prevalente, tanto
 piu' ora che il legislatore e' intervenuto a modificare tale  assetto
 esegetico  escludendo  il  c.d.  cumulo con l'art. 16, comma 6, della
 legge 412 del 1991". Inoltre, conclude su questo  punto  l'Avvocatura
 dello   Stato,   "l'importo   della   maggiorazione   del  contributo
 (l'interesse  composto  del  4,50  per  cento  annuo)  all'atto   del
 trasferimento e' frutto di un giudizio insindacabile del legislatore,
 in  quanto  calcolato  in  base alle disponibilita' finanziarie degli
 enti e comunque in una misura non insignificante".   In  merito  alla
 non  deducibilita' fiscale dell'onere di ricongiunzione, la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art 10 del d.P.R.    n.  917  del
 1986  e'  ritenuta  infondata dall'Avvocatura, la quale deduce che il
 raffronto operato tra il regime fiscale dei contributi  previdenziali
 e quello dei premi di assicurazione non appare appropriato.
   15.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  Luigi  Muci, ricorrente nel
 giudizio a quo pendente davanti al pretore di Milano,  ha  depositato
 una  memoria  illustrativa ad integrazione di quanto gia' dedotto con
 l'atto    di    costituzione.        Ad    ulteriore    dimostrazione
 dell'irrazionalita'  della ripartizione degli oneri di ricongiunzione
 secondo la disciplina impugnata, il  Muci  osserva  che  il  criterio
 dettato dal citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962 per calcolare
 la  riserva  matematica  "e'  calibrato  sulle  caratteristiche di un
 sistema di gestione 'a capitalizzazione', mentre viene  impiegato  in
 un  sistema  di gestione 'a ripartizione' quale e' quello del vigente
 ordinamento pensionistico nella sua  totalita'  (compresi,  cioe',  i
 regimi  previdenziali dei liberi professionisti)".  Inoltre, si legge
 nella  memoria,  "le conseguenze discriminatorie" in danno dei liberi
 professionisti  risultano  aggravate   dalla   circostanza   che   le
 disposizioni  censurate costringono l'interessato ad "accollarsi, per
 i  periodi  di  assicurazione  come  lavoratore  subordinato,   oneri
 contributivi  che,  ai  sensi  della  vigente legislazione, sarebbero
 altrimenti gravati essenzialmente sul datore di  lavoro,  e  soltanto
 pro   quota  (minimale)  su  di  lui".    Per  ribadire  la  ritenuta
 irrazionalita' del trattamento discriminatorio  riservato  ai  liberi
 professionisti   dalla  normativa  denunciata,  la  parte  ricorrente
 davanti al pretore di Milano procede nella memoria ad una elencazione
 riassuntiva dei vari e piu' favorevoli  regimi  di  ricongiunzione  o
 cumulo  dei  periodi  assicurativi  previsti  per  altre categorie di
 lavoratori,  gia'  evocati  come  tertia  comparationis  in  sede  di
 costituzione  nel  presente  giudizio  e  nelle  stesse  ordinanze di
 rimessione.
   16. - Anche l'INPS ha depositato  una  memoria  per  svolgere  piu'
 ampiamente  -  a sostegno dell'infondatezza della questione sollevata
 dal pretore  di  Milano  -  argomenti  gia'  addotti  con  l'atto  di
 intervento.    Ad  avviso  dell'INPS  sussistono  "valide ragioni che
 giustificano  il  diverso  trattamento  dell'onere  economico   della
 ricongiunzione  dei  liberi professionisti rispetto alle disposizioni
 di cui alla legge n.  29  del  1979":  sia  in  considerazione  della
 circostanza  che  "i  contributi  versati  dagli  iscritti alle Casse
 professionali ...   sono di gran lunga  inferiori  a  quelli  versati
 nell'A.G.O. per il lavoro subordinato, correlati ad una aliquota pari
 oggi  al 32% della retribuzione complessiva, mentre aliquote analoghe
 sono previste nella previdenza dei  dirigenti  industriali";  sia  in
 considerazione   del   fatto   "che  nel  sistema  previdenziale  dei
 professionisti e' prevista la  restituzione  dei  contributi  qualora
 l'iscritto  cessi dall'iscrizione senza aver maturato i requisiti per
 il diritto a pensione", cio' che non e' consentito  dalla  disciplina
 riguardante i lavoratori dipendenti ed autonomi.  Per quanto riguarda
 l'invocazione  dell'art.  429  cod.  proc.  civ., la difesa dell'INPS
 osserva "che le somme  che  i  professionisti  versano  a  titolo  di
 contributi  non  hanno  natura  retributiva".   In ordine all'assunto
 secondo il quale l'introduzione del modello della totalizzazione  non
 comporterebbe   alcun  onere  aggiuntivo,  l'INPS  rileva  che  "ogni
 prestazione  previdenziale  e'   determinata   secondo   un   proprio
 articolato   sistema   che   tiene   conto   sia  della  specificita'
 dell'attivita'  lavorativa  ...  sia  delle  aliquote  contributive",
 cosicche'  puo'  avvenire  che,  "a parita' di anni per accedere alla
 pensione  di  anzianita'  ...  due  fondi   prevedano   aliquote   di
 rendimento,  oppure  aliquote  contributive, ovvero ancora criteri di
 determinazione della retribuzione pensionabile assolutamente diversi,
 per cui differenti sono i risultati a seconda che una pensione  venga
 liquidata in un fondo anziche' in un altro". Ad avviso dell'INPS, "se
 una  prestazione previdenziale viene liquidata nella Gestione o Fondo
 in cui il  lavoratore  e'  stato  iscritto  per  ultimo,  in  base  a
 variabili piu' vantaggiose di quelle stabilite nella Gestione o Fondo
 di  prima  iscrizione,  la  spesa  previdenziale  finale  sara' tanto
 maggiore quanto  piu'  elevata  sara'  la  valutazione  attribuita  a
 periodi  contributivi  che,  nel  coacervo,  hanno  invece una minore
 valenza ponderata".  L'INPS disconosce infine la portata generale del
 criterio della totalizzazione sia  in  a'mbito  comunitario  sia  nel
 nostro  ordinamento  previdenziale, sottolineando che in quest'ultimo
 tale  criterio  "trova  una  specifica  e   delimitata   applicazione
 nell'art. 16 della legge n. 233 del 1990".
                         Considerato in diritto
   1.  -  Con  due  distinte ordinanze, i pretori di Cagliari e Milano
 hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale degli  artt.
 1  e  2  della legge 5 marzo 1990, n. 45 (Norme per la ricongiunzione
 dei  periodi  assicurativi  ai  fini  previdenziali  per   i   liberi
 professionisti).    Di  quest'ultima  legge,  il pretore di Modena ha
 impugnato solo l'art.  2. Le tre ordinanze prospettano  questioni  in
 parte  analoghe,  in  riferimento a parametri costituzionali in parte
 comuni.
   Le  questioni  sollevate  dai  giudici  a  quibus  possono   essere
 riformulate come segue.
   Nelle  ordinanze  in  epigrafe,  in  primo  luogo,  si  dubita,  in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   della   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  della  legge 5 marzo 1990, n. 45, nella
 parte in cui prevede, da un lato, che l'ente cedente trasferisca alla
 gestione di confluenza il mero equivalente monetario  dei  contributi
 versati,  maggiorato  nella  misura  dell'interesse composto al tasso
 annuo del 4,50 per cento; dall'altro  lato,  che  l'ente  cessionario
 riceva  dall'iscritto  l'importo  corrispondente  all'intera  riserva
 matematica necessaria  per  la  copertura  assicurativa  relativa  al
 periodo utile interessato dall'operazione, al netto del trasferimento
 operato    dall'ente    cedente.       Le   disposizioni   denunciate
 realizzerebbero  in  tal  modo,  ad  avviso   dei   rimettenti,   una
 distribuzione    non   equilibrata   ed   irragionevole   dei   costi
 dell'operazione medesima.
   In secondo luogo, i rimettenti dubitano, in riferimento all'art.  3
 della Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt.   1
 e  2  della  legge  n.  45  del  1990,  nella  parte in cui impongono
 all'assicurato  di  versare  all'ente  previdenziale   di   afferenza
 l'importo  corrispondente all'intera riserva matematica, al netto del
 trasferimento operato dall'ente cedente, introducendo una  disciplina
 disparitaria  rispetto  agli  artt. 1, terzo comma, e 2, terzo comma,
 della legge n. 29 del 1979, che pone a carico dei lavoratori autonomi
 iscritti alle gestioni speciali INPS l'onere della riserva matematica
 nella piu' modesta misura del 50 per cento.
   In  terzo  luogo,  ancora   in   riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione,   i   Pretori   rimettenti  censurano  le  disposizioni
 denunciate   nella   parte   in   cui   prevedono   un    trattamento
 irragionevolmente diverso rispetto a quello stabilito dal primo comma
 dell'art.   1   della  legge  n.  29  del  1979,  che  disciplina  la
 ricongiunzione "gratuita" per i lavoratori dipendenti.
   Le ordinanze di rimessione emesse dai pretori di Cagliari e Modena,
 in  quarto  luogo,  sollevano,  in  riferimento  all'art.   3   della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1
 e 2 della legge n. 45 del 1990, nella parte in cui non prevedono,  in
 favore  dell'interessato,  la facolta' di scelta tra totalizzazione e
 ricongiunzione,  o  comunque  la  possibilita'  di  optare   per   un
 meccanismo   alternativo   alla   ricongiunzione  onerosa  (questione
 sollevata dal pretore di Cagliari anche in riferimento agli artt. 2 e
 38 della Costituzione). I rimettenti  richiamano  a  questo  riguardo
 l'art.  51  del Trattato CE e talune previsioni legislative, indicate
 come  tertia  comparationis  che, in caso di maturazione di posizioni
 contributive presso gestioni diverse, prevedono la totalizzazione dei
 periodi assicurativi mediante applicazione del criterio del  pro-rata
 istituto  che  i rimettenti assumono privo di costi aggiuntivi per le
 gestioni interessate, chiamate  ad  erogare  una  quota  di  pensione
 commisurata al periodo di contribuzione maturato presso le medesime.
   I  pretori  di  Cagliari  e Modena prospettano poi un contrasto con
 l'art.  38  (e,  solo  il  secondo,  anche  con  l'art.   36)   della
 Costituzione,  giacche' l'onere previsto dalle disposizioni impugnate
 potrebbe talora rivelarsi insostenibile per il  richiedente,  con  il
 rischio  -  in  assenza di forme alternative di ricongiungimento o di
 cumulo dei  periodi  previdenziali  -  di  vedere  "sterilizzata"  la
 contribuzione  versata  e,  nella  peggiore delle ipotesi, di vedersi
 precluso qualsiasi  trattamento  pensionistico,  qualora  in  nessuna
 delle  gestioni sia stato raggiunto il minimo contributivo prescritto
 (questione sollevata dal pretore di  Cagliari  anche  in  riferimento
 all'art. 2 della Costituzione).
   Il pretore di Modena dubita della legittimita' costituzionale degli
 artt.  1  e  2  della  legge n. 45 del 1990 anche in riferimento agli
 artt. 4, 36 e 41 della Costituzione,  giacche',  qualora  l'onere  da
 essi  previsto  si  dimostrasse  insostenibile,  si  realizzerebbe un
 condizionamento  ed  una  limitazione   alla   liberta'   di   scelta
 dell'attivita' lavorativa.
   Il pretore di Milano solleva altresi', in riferimento agli artt.  3
 e  38  della  Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 2 della legge n. 45 del 1990, nella  parte  in  cui  impone
 alla   gestione   di  provenienza  di  trasferire  alla  gestione  di
 confluenza i  contributi  versati  dall'assicurato,  rivalutati  solo
 nella  misura  del  4,50  per  cento  all'anno,  con esclusione degli
 interessi legali e  della  rivalutazione  monetaria.  Ad  avviso  del
 giudice  a  quo tale esclusione contrasterebbe con la ritenuta natura
 previdenziale del credito vantato dall'assicurato verso  la  gestione
 di  provenienza  che, in base ai principi contenuti nella sentenza di
 questa  Corte  n.  156  del  1991,   richiamata   nell'ordinanza   di
 rimessione,  dovrebbe  essere  disciplinato  dall'art. 429 cod. proc.
 civ.
   Il pretore di Milano dubita infine, in riferimento agli artt. 38  e
 53  della Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt.
 1  e  2  della  legge  n.  45  del  1990,  in  quanto  aggraverebbero
 ulteriormente  il  costo  della  ricongiunzione attraverso la mancata
 previsione della sua deducibilita' fiscale.
   2.  -  Le  tre  ordinanze  di  rimessione  sollevano  questioni  di
 legittimita'  costituzionale in gran parte coincidenti, relative alle
 stesse disposizioni legislative. I relativi giudizi possono  pertanto
 essere riuniti e decisi con unica sentenza.
   3.  -  Sotto  il  primo  profilo, la questione concernente l'art. 2
 della legge 5 marzo 1990, n. 45, sollevata dai giudici  a  quibus  in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, e' inammissibile.
   I  rimettenti  censurano  la  previsione che impone alla gestione o
 alle gestioni interessate di trasferire a  quella  in  cui  opera  la
 ricongiunzione   l'ammontare   dei   contributi  di  loro  pertinenza
 maggiorati dell'interesse composto al tasso annuo del 4,50 per cento.
 Nel  disporre  che  l'ente  cedente  trasferisca  alla  gestione   di
 confluenza  il  mero  equivalente  monetario  dei contributi versati,
 maggiorato  solo  nella misura indicata, e che l'ente presso il quale
 si  concentrano  i  periodi  previdenziali  riceva  dal   richiedente
 l'importo corrispondente all'intera riserva matematica necessaria per
 la  copertura  assicurativa  relativa  al  periodo  utile interessato
 dall'operazione, al netto del trasferimento  operato,  la  disciplina
 impugnata   realizzerebbe   una   distribuzione  non  equilibrata  ed
 irragionevole dei costi dell'operazione.
   La disciplina impugnata -  sotto  questo  primo  profilo  non  puo'
 formare  oggetto  di  una decisione di accoglimento di tipo additivo,
 data  l'impossibilita'  di  prefigurare  una  soluzione  univocamente
 imposta  dalla  Costituzione,  ed in considerazione della particolare
 complessita' del necessario bilanciamento  tra  i  diversi  interessi
 coinvolti   che,   nel   rispetto  del  canone  di  razionalita',  il
 legislatore e' chiamato ad operare.   D'altro  canto,  una  pronuncia
 meramente  caducatoria  farebbe  subentrare alla normativa denunciata
 una  disciplina  della  materia  ancor  piu'  lontana  dai  parametri
 costituzionali  invocati,  rendendo impossibile la rincongiunzione in
 favore dei liberi professionisti.
   La disparitaria  distribuzione  dei  costi  dell'operazione  che  i
 giudici  rimettenti  lamentano,  non si manifesta per altro ogni qual
 volta un soggetto intenda esercitare il diritto  alla  ricongiunzione
 di  cui alle disposizioni impugnate. Gli squilibri denunciati possono
 al contrario presentarsi o meno, ed in misura piu' o meno accentuata,
 a seconda delle premesse di diritto e di  fatto  di  volta  in  volta
 rilevanti per le singole posizioni assicurative.
   Quanto  alle  prime, va ricordato che sono previsti, per le diverse
 gestioni in direzione delle quali si opera la ricongiunzione, criteri
 differenti per il calcolo  della  riserva  matematica,  la  quale  si
 ricava  moltiplicando  l'incremento  (teorico)  di pensione derivante
 dalla  ricongiunzione  per  il   coefficiente   di   capitalizzazione
 (corrispondente  all'eta',  al  sesso  ed all'anzianita' contributiva
 determinata tenendo  conto  dei  periodi  ricongiunti)  di  cui  alle
 tabelle  approvate  con  decreto  del  Ministro  del  lavoro  e della
 previdenza sociale, a norma dell'art. 13, ultimo comma,  della  legge
 n. 1338 del 1962.
   Diversi  sono  i  criteri  sia  per  il  calcolo dell'incremento di
 pensione derivante dalla ricongiunzione sia per l'individuazione  del
 coefficiente   di   capitalizzazione,  a  seconda  che  si  operi  la
 ricongiunzione di cui alla legge n. 45 del 1990 presso  le  casse  di
 previdenza dei liberi professionisti, presso l'INPS, presso l'INPDAI,
 ovvero nell'ordinamento statale.
   Quanto  alle  premesse  di  fatto  destinate  ad incidere sui costi
 dell'operazione, occorre constatare che l'onere di  ricongiunzione  -
 equivalente alla differenza tra la riserva matematica ed i contributi
 trasferiti  dalla  gestione,  o  dalle  gestioni, cedenti, rivalutati
 nella misura dell'interesse composto al  tasso  annuo  del  4,50  per
 cento  -  puo'  in  concreto  assumere entita' variabile in relazione
 all'eta' del soggetto  richiedente,  alla  situazione  reddituale  al
 momento   della   richiesta  ed  al  momento  della  maturazione  dei
 requisiti, all'anzianita' contributiva nella gestione di  provenienza
 ed  alla  consistenza  della posizione assicurativa nella gestione di
 confluenza.
   In   particolare,   l'onere   della   ricongiunzione  -  dipendente
 dall'importo della riserva matematica, che a sua volta  e'  calcolata
 tenendo  conto della situazione reddituale del richiedente al momento
 della  richiesta  -  potra'  risultare  ex  post  commisurato  ad  un
 incremento teorico di pensione (calcolato al momento della richiesta)
 eccessivo  e  privo  di  riscontro  nella realta', ove l'effettiva, e
 successiva,  liquidazione  della  pensione   in   base   al   sistema
 retributivo  sconti  -  cio'  che  non puo' escludersi a priori - una
 diminuzione del reddito negli ultimi anni dell'attivita'  lavorativa.
 Per  contro,  in  caso  di  aumento  del reddito negli ultimi anni di
 attivita', l'onere  della  ricongiunzione  apparira'  sostanzialmente
 proporzionato,   quando  non  sottodimensionato,  rispetto  al  reale
 incremento della pensione.
   Si tratta, come  si  vede,  di  una  materia  influenzata  da  piu'
 variabili, di ordine sia normativo sia fattuale, suscettibili di fare
 apparire piu' o meno equilibrata la distribuzione tra i vari soggetti
 dell'onere   della  ricongiunzione,  che  in  taluni  casi  ben  puo'
 risultare nullo.
   Quanto precede non consente un  intervento  da  parte  del  giudice
 della   costituzionalita'   delle  leggi,  volto  a  configurare  una
 ripartizione  dei  costi  della  ricongiunzione  diversa  da   quella
 stabilita dal legislatore e regolata dagli artt. 1 e 2 della legge n.
 45 del 1990.
   4.  -  I  giudici  a  quibus sotto un diverso profilo, dubitano, in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   della   legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  1 e 2 della legge n. 45 del 1990, nella
 parte  in  cui   impongono   all'assicurato   di   versare   all'ente
 previdenziale  di  destinazione  l'intera riserva matematica al netto
 del trasferimento operato dall'ente cedente, introducendo  cosi'  una
 disciplina  disparitaria  rispetto  agli  artt.  1, terzo comma, e 2,
 terzo comma, della legge n. 29  del  1979,  che  pone  a  carico  dei
 lavoratori  autonomi  afferenti  alle  gestioni speciali INPS l'onere
 della riserva matematica nella piu' modesta misura del 50 per cento.
   La questione non e' fondata.
   Nel nostro ordinamento previdenziale non mancano  -  come  anche  i
 rimettenti  rimarcano - previsioni legislative disciplinanti forme di
 ricongiunzione  meno  onerose  rispetto  alla  disciplina  impugnata:
 oltre  alla  citata  legge n. 29 del 1979, artt. 1, terzo comma, e 2,
 terzo  comma,  invocata  quale  tertium  comparationis   il   decreto
 legislativo n. 103 del 1996, art. 3, lettera d), riguardante i liberi
 professionisti  con  obbligo  di  iscrizione  ad  albi  o elenchi, ma
 sprovvisti di autonoma cassa di previdenza; la legge n. 249 del 1990,
 che all'art. 2 equipara ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni
 speciali INPS, anche ai  fini  della  ricongiunzione,  le  ostetriche
 esercenti  la libera professione gia' iscritte al disciolto ENPAO; la
 legge n. 233 del 1990, art.    16,  comma  3,  riguardante  ancora  i
 lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali INPS.
   L'estensione   ai  liberi  professionisti  della  disciplina  della
 ricongiunzione prevista per i  lavoratori  autonomi  dagli  artt.  1,
 terzo  comma,  e 2, terzo comma, della legge n. 29 del 1979, non puo'
 considerarsi costituzionalmente imposta, ne'  ammettono  procedimenti
 analogici le ulteriori norme sopra ricordate.
   L'incomparabilita'  delle  norme  disciplinanti  la  ricongiunzione
 presso  gestioni  previdenziali  diverse  in   favore   di   soggetti
 provenienti  da  esperienze  lavorative  e  contributive  differenti,
 deriva sia  dalla  diversa  incidenza  dei  costi  dell'operazione  a
 seconda  del  numero di iscritti ad ogni singola gestione tra i quali
 eventualmente "ripartire" l'onere; sia dalle differenze ulteriori tra
 lavoratori autonomi e liberi  professionisti,  concernenti  l'entita'
 della  contribuzione,  i  livelli  delle prestazioni, il regime della
 restituzione dei contributi non utilizzati, o non utilizzabili.
   Come anche poc'anzi si e' osservato, peraltro, in relazione ad  una
 serie di variabili (entita' della contribuzione pregressa, situazione
 reddituale  del  richiedente  al  momento della ricongiunzione, ecc.)
 l'onere puo' risultare piu' o meno elevato e, talora, inesistente.
   5. - Le considerazioni  che  precedono  impongono,  a  fortiori  di
 dichiarare  infondata  anche  la  questione prospettata dai giudici a
 quibus sotto il profilo seguente.
   Ancora in riferimento all'art. 3 della  Costituzione,  come  si  e'
 anticipato, i Pretori rimettenti censurano le disposizioni denunciate
 nella parte in cui prevedono un trattamento irragionevolmente diverso
 rispetto  a  quello stabilito dal primo comma dell'art. 1 della legge
 n. 29 del 1979, che disciplina la  ricongiunzione  "gratuita"  per  i
 lavoratori dipendenti.
   I   rimettenti   richiamano  anche  altre  ipotesi  legislative  di
 ricongiunzione  priva  di  oneri:  dalla  legge  n.  322  del   1958,
 disciplinante  la  ricongiunzione  dei  lavoratori  iscritti  a forme
 obbligatorie  di  previdenza  sostitutive  dell'assicurazione  I.V.S.
 (invalidita',  vecchiaia, superstiti), cessati dal servizio prima del
 30 aprile 1958, al d.P.R. n. 1092 del 1973, riguardante i  dipendenti
 civili  e  militari  dello  Stato;  dalla  legge  n. 44 del 1973, che
 all'art.  5  regola  la  ricongiunzione  dei  dirigenti  di   aziende
 industriali,  alla  legge  n.  669  del  1978,  art. 1, concernente i
 lavoratori dello spettacolo.  Nelle  ordinanze  di  rimessione  viene
 richiamato  altresi' l'art. 5 della legge n. 58 del 1992, riguardante
 il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia.
   Se non che, rispetto ai lavoratori  subordinati,  risultano  ancora
 piu'  evidenti  le differenze che rendono eterogenee ed incomparabili
 le situazioni poste a raffronto.
   In ordine alla possibilita' di introdurre, con  sentenza  additiva,
 la facolta' di ricongiungere nell'assicurazione generale obbligatoria
 periodi  maturati presso gestioni per i liberi professionisti, questa
 Corte ha gia' avuto occasione in passato di chiarire che i due regimi
 si differenziano sia per quel che riguarda le contribuzioni  sia  per
 quanto  attiene alle prestazioni sotto vari aspetti, "come ad esempio
 la mancanza di un intervento finanziario anche solo  eventuale  dello
 Stato,   l'ambito   dei  rischi  coperti  rispetto  a  quelli  propri
 dell'I.V.S., la misura  dei  contributi  e  i  criteri  per  la  loro
 determinazione,  le  modalita'  di  liquidazione  della  pensione con
 riferimento  ai  contributi  versati  ed  alla  durata  dei   periodi
 assicurativi,   la   durata   minima  del  periodo  contributivo,  il
 raggiungimento dell'eta' pensionabile" (sentenza n. 527 del 1987).
   6. - La questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e  2
 della  legge  n.  45  del  1990, nella parte in cui non prevedono, in
 favore dell'interessato, la facolta' di scelta fra la  ricongiunzione
 e  la  totalizzazione,  o  comunque  la possibilita' di optare per un
 meccanismo alternativo alla  ricongiunzione  onerosa,  sollevata  dai
 Pretori di Cagliari e Modena (che limita l'impugnazione all'art.  2),
 in  riferimento agli artt. 2, 3 e 38 della Costituzione (gli artt.  2
 e  38  sono  stati invocati solo dal pretore di Cagliari), e' fondata
 nei limiti appresso precisati.
   Il principio della totalizzazione dei periodi assicurativi consente
 al soggetto - in possesso  dei  requisiti  dell'eta'  pensionabile  e
 dell'anzianita'  contributiva in virtu' di una fictio iuris potendosi
 a tal fine sommare i periodi di iscrizione a diverse  gestioni  -  di
 percepire  da  ciascun  ente  previdenziale,  in base al criterio del
 pro-rata una quota della  prestazione  proporzionata  al  periodo  di
 iscrizione,  calcolata  applicando  le  norme  in  vigore  per l'ente
 medesimo.
   Il  riconoscimento  ai  liberi  professionisti  del  diritto   alla
 totalizzazione   non   comporta   l'impropria   estensione  di  norme
 previdenziali destinate a consentire la ricongiunzione in ipotesi non
 comparabili con quelle in esame.
   D'altro canto, l'accoglimento della questione  entro  i  limiti  di
 se'guito  specificati  e' imposto dall'esigenza di neutralizzare, con
 l'introduzione del diritto alla totalizzazione (per il  caso  in  cui
 essa  rappresentasse l'unica possibilita' di accesso alla prestazione
 pensionistica),  elementi  di  irrazionalita'  ed  iniquita'  che  la
 disciplina  impugnata  evidenzia,  i  quali  non  si  esauriscono nel
 rischio, gia' di per  se'  non  giustificabile  dal  punto  di  vista
 costituzionale, che l'entita' elevata dell'onere - qualora in nessuna
 delle  gestioni  presso  le quali sono stati versati contributi siano
 raggiunti i requisiti necessari - comporti di fatto  l'impossibilita'
 di accedere allo stesso trattamento minimo di pensione.
   Non  si  puo',  in  particolare,  non  rimarcare  come  la  riserva
 matematica venga addebitata per intero al richiedente sia  che  operi
 in direzione di una Cassa previdenziale di liberi professionisti, sia
 che  operi  in  direzione  di  una  gestione  INPS  (o di una diversa
 gestione previdenziale per lavoratori dipendenti, quale, ad  esempio,
 l'INPDAI),  e  come la riserva matematica venga addebitata per intero
 (al netto dei contributi trasferiti) anche  quando  la  contribuzione
 confluita   nella   gestione   accentratrice   (che   sia  una  forma
 previdenziale obbligatoria per liberi professionisti) si riferisca  a
 periodi di lavoro dipendente che, se ricongiunti ai sensi della legge
 n.  29  del  1979,  non  comporterebbero oneri (ove convogliati verso
 l'assicurazione generale obbligatoria) o richiederebbero il pagamento
 di oneri inferiori (se ricongiunti in una gestione speciale INPS).
   Da tali elementi di irrazionalita' non puo' prescindersi, al di la'
 della possibilita' di ravvisare  nelle  fattispecie  sottoposte  alla
 cognizione  dei  giudici  a  quibus  quel  "carattere  abnorme" della
 copertura assicurativa e dell'onere imposto al richiedente, a  fronte
 degli  obiettivi  dell'operazione  (il pretore di Milano osserva che,
 tenuto  conto  della   non   deducibilita'   fiscale,   "l'onere   di
 ricongiunzione  tale,  nel  caso di specie, da assorbire l'incremento
 pensionistico di oltre 20 anni") che questa Corte  (sentenza  n.  508
 del  1991)  ha  ritenuto,  in  via  di mera ipotesi, possibile motivo
 d'incostituzionalita' della disciplina della rincongiunzione onerosa.
   L'introduzione  del  diritto  alla   totalizzazione   dei   periodi
 assicurativi - meno vantaggiosa per l'assicurato, ma per lui priva di
 oneri  -  consente  di porre rimedio alla situazione denunciata dalle
 ordinanze di rimessione senza alterare il  sistema  discrezionalmente
 delineato  dal legislatore previdenziale, tendente a diversificare la
 disciplina della  ricongiunzione  delle  posizioni  previdenziali  in
 relazione   ai   diversi   profili  professionali  e  sulla  base  di
 valutazioni delle compatibilita'  finanziarie  interne  alle  diverse
 gestioni,  non sostituibili in questa sede da valutazioni diverse del
 giudice della costituzionalita' delle leggi.
   La  ricongiunzione  cosi'  come  disciplinata  dalle   disposizioni
 censurate  puo' rimanere nell'ordinamento senza vulnerare i princi'pi
 costituzionali invocati dai rimettenti solo se ridotta a mera opzione
 -  piu'  vantaggiosa,  ma  anche  piu'  costosa  per  l'assicurato  -
 alternativa  alla totalizzazione dei periodi assicurativi, il ricorso
 alla quale il legislatore deve rendere sempre possibile fino a quando
 in una delle  gestioni  dove  e'  iscritto  l'interessato  non  abbia
 maturato  i  requisiti  di  eta'  e di anzianita' contributiva, e dal
 momento che l'onere di  ricongiunzione  potrebbe  risultare  talmente
 elevato da precludere l'esercizio del diritto di cui agli artt. 1 e 2
 della legge n. 45 del 1990.
   L'istituto  di cui si tratta, contrariamente all'avviso dei giudici
 a  quibus  puo'  comportare  costi   aggiuntivi   per   le   gestioni
 interessate.    All'onere  derivante  agli  enti  di previdenza dalla
 mancata sterilizzazione della contribuzione insufficiente  non  puo',
 tuttavia,  annettersi  alcuna  rilevanza;  il  costo  derivante  alla
 gestione cedente dall'obbligo di corrispondere - in luogo del  valore
 nominale  dei  contributi  versati dall'interessato, rivalutato nella
 misura del 4,50 per cento all'anno - un segmento  di  prestazione  di
 importo,  nel  lungo  periodo, eventualmente piu' elevato e', d'altra
 parte, imposto dai principi costituzionali evocati nelle ordinanze di
 rimessione, ed in particolare dall'art.   38,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  al  fine  di  garantire  al lavoratore il diritto alla
 prestazione previdenziale.
   Finalita' ed effetto  della  ricongiunzione  -  come  questa  Corte
 ancora  di  recente  ha  avuto occasione di osservare - e' consentire
 all'assicurato di  concentrare  presso  la  gestione  prevedibilmente
 destinata  ad  erogare  la prestazione la posizione assicurativa gia'
 posseduta  dal  lavoratore  nella  gestione,  o  nelle  gestioni,  di
 provenienza,  nella  sua  integrale  consistenza (sentenza n. 374 del
 1997).  La  ricongiunzione  dei  periodi   assicurativi,   operandosi
 solitamente  presso la gestione cui l'assicurato afferisce al termine
 della sua attivita' lavorativa, garantisce, di  norma,  l'accesso  al
 regime piu' favorevole ed alla prestazione piu' elevata, specie se si
 tratta  di  casse  di  previdenza per i liberi professionisti - ma il
 rilievo potrebbe estendersi all'INPDAI, gestione nella quale  sovente
 operano  la ricongiunzione i liberi professionisti - che liquidano la
 pensione in base al sistema retributivo, assumendo a base di  calcolo
 il   reddito   professionale   degli  ultimi  anni  di  iscrizione  e
 contribuzione.
   La  facolta'   di   operare   la   ricongiunzione   presso   l'ente
 previdenziale   di  attuale  afferenza  puo'  rappresentare,  talora,
 un'opportunita'   per   il   lavoratore,   chiamato   a   contribuire
 all'operazione  in  una  misura  congrua  e  proporzionata; talaltra,
 l'unica via di accesso alla prestazione, subordinata al pagamento  di
 un  onere  che in qualche caso puo' risultare non sostenibile, o tale
 da assorbire per diversi anni  la  prestazione  medesima.  In  queste
 ipotesi,  l'onere  particolarmente  gravoso della ricongiunzione puo'
 effettivamente  provocare  la   paventata   "sterilizzazione"   della
 contribuzione versata presso gestioni diverse e, nella peggiore delle
 ipotesi,  la  privazione  del  diritto  al trattamento pensionistico,
 qualora in nessuna delle predette gestioni  sia  stato  raggiunto  il
 minimo contributivo prescritto.
   Nonostante  le  anomalie e gli elementi di irrazionalita' che, come
 si e' constatato, caratterizzano la disciplina  della  ricongiunzione
 censurata  dai giudici a quibus quest'ultima - occorre ribadire - non
 puo' formare oggetto di una pronuncia meramente caducatoria,  se  non
 altro   in   considerazione  della  lesione  degli  stessi  parametri
 costituzionali invocati che deriverebbe dalla conseguente  esclusione
 di  qualsiasi possibilita' di ricongiunzione dei periodi assicurativi
 per  i  liberi  professionisti.  Essa,  d'altro  canto,  si  appalesa
 incostituzionale,  piu'  che  per  il suo contenuto, per l'assenza di
 alternative in caso di eccessiva onerosita', quando l'assicurato  non
 abbia  maturato  il  diritto  alla  pensione  in  una  delle gestioni
 previdenziali alle quali ha contribuito.
   I principi costituzionali impongono la previsione di un'alternativa
 alla ricongiunzione che risulti onerosa in  misura  tale  da  esporre
 l'assicurato  al  rischio  di rimanere sprovvisto di qualsiasi tutela
 previdenziale, nonostante il versamento di contributi per  un  numero
 complessivo   di   anni   eventualmente   anche   superiore  rispetto
 all'anzianita'   contributiva   richiesta   nei    diversi    sistemi
 pensionistici.  L'alternativa  di  cui  si  tratta  non puo' tuttavia
 essere indicata in un diverso -  meno  oneroso  e  meno  vantaggioso,
 sotto   il   profilo  dell'entita'  della  prestazione  -  regime  di
 ricongiunzione: la Costituzione, da un lato, come si e' chiarito, non
 consente di  estendere  integralmente  ai  liberi  professionisti  la
 disciplina  del ricongiungimento dei periodi assicurativi dettata dal
 legislatore  per  i  lavoratori  autonomi,   ne'   tantomeno   quella
 riguardante  i  lavoratori subordinati, sia per l'eterogeneita' delle
 situazioni poste a raffronto, sia per l'effetto di sperequazione  che
 ne deriverebbe sul versante opposto; dall'altro lato, non consente di
 desumere  ne' una soluzione univocamente necessitata, ne' princi'pi e
 criteri  da  indicare  al  legislatore  per  la  delineazione  e   la
 precisazione di modelli di ricongiunzione differenti ed alternativi.
   La  ricongiunzione  dei periodi assicurativi e' stata concepita dal
 legislatore come operazione destinata a permettere la concentrazione,
 nella  gestione  di  attuale  afferenza,  delle   diverse   posizioni
 previdenziali  maturate  dal lavoratore presso le gestioni alle quali
 sia stato iscritto nel corso della sua vita lavorativa. La disciplina
 relativa ha come scopo prioritario quello di provvedere -  attraverso
 la  previsione  dell'onere  corrispondente  ad  una quota piu' o meno
 consistente della riserva matematica -  alla  copertura  assicurativa
 necessaria   per   alimentare   l'incremento  di  pensione  derivante
 dall'operazione.  Si  tratta  di  normative  calibrate  sui   diversi
 ordinamenti  e sulle diverse gestioni di destinazione, reciprocamente
 non  comparabili  ai  fini  del   sindacato   di   costituzionalita',
 espressione  di  una  discrezionalita'  la  cui  ampiezza, in tema di
 ricongiunzione,  la  Corte  ha  gia'  riconosciuto   al   legislatore
 previdenziale  in  piu'  occasioni (v. le sentenze nn.  508 del 1991,
 527 e 184 del 1987).
   Esclusa la possibilita' di prefigurare regole per la ricongiunzione
 alternative a quelle  previste  dalle  disposizioni  denunciate,  non
 resta  che  indicare  allo  stato  - nella totalizzazione dei periodi
 assicurativi - principio gia' risultante da  varie  disposizioni  del
 nostro  ordinamento  previdenziale  -  il  sistema alternativo che il
 legislatore  dovra'  disciplinare  affinche'  l'eccessiva  onerosita'
 della  ricongiunzione  non esponga l'assicurato - costretto nel corso
 della sua esistenza  ad  una  piu'  o  meno  accentuata  mobilita'  e
 pertanto  carente  dei requisiti per accedere alla prestazione in una
 singola gestione - al rischio di veder sterilizzata la  contribuzione
 versata  per  un  numero  di anni tale da raggiungere, nel complesso,
 l'anzianita' contributiva richiesta, evitando cosi' che il lavoratore
 abbandoni il mondo produttivo  senza  alcuna  prospettiva  di  tutela
 previdenziale.
   Come  poc'anzi  si  e'  detto,  la  totalizzazione  costituisce  un
 principio gia' noto alla  normativa  previdenziale  sia  interna  sia
 comunitaria (oltre che internazionale).
   Prevedono,  tra  le  altre,  forme  di  totalizzazione  dei periodi
 assicurativi la legge n. 233 del 1990, all'art. 16, comma 1 e 2,  che
 consente  ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali INPS
 di optarvi in alternativa alla ricongiunzione; il decreto legislativo
 n. 184 del 1997, art. 1, commi 1-3, che prevede la totalizzazione per
 i  lavoratori  i  cui  trattamenti  pensionistici  saranno  liquidati
 secondo  il sistema contributivo (v. art. 1, comma 19, della legge n.
 335 del 1995); la legge n. 153 del 1969,  art.  35,  lettera  c)  che
 conferisce  al  Governo  una  delega  legislativa, mai esercitata, ad
 "attuare il principio della pensione unica determinandone  la  misura
 con  la  totalizzazione  di  tutti i periodi coperti da contribuzione
 obbligatoria volontaria  e  figurativa  mediante  l'applicazione  del
 criterio  del  pro-rata";  la legge n. 1079 del 1971, che all'art. 17
 prevede la totalizzazione per i dirigenti dell'ENEL e  delle  aziende
 elettriche  private;  la  legge  n.  549  del 1995, art. 1, comma 70,
 lettera c) ed il decreto legislativo n. 414 del  1996,  art.  3,  che
 prevedono  un'applicazione  del  criterio  del  pro-rata al personale
 addetto ai pubblici servizi di trasporto.
   I giudici rimettenti richiamano anche l'art. 51  del  Trattato  CE,
 riguardante  i  lavoratori  migranti  nei  paesi  membri  dell'Unione
 Europea, ed il regolamento CEE n. 1408/1971, che agli  artt.  45  ss.
 disciplina  la  totalizzazione  dei periodi assicurativi maturati nei
 diversi ordinamenti dai lavoratori mobili in a'mbito comunitario.
   L'esame  delle  menzionate  disposizioni  mostra  tuttavia  che  la
 disciplina  della totalizzazione - principio, basato sul criterio del
 pro-rata che indubbiamente possiede una sua ben delineata  fisionomia
 -  puo'  variare,  per  quanto  concerne taluni aspetti di dettaglio,
 sotto  piu'  di  un  profilo,   specie   per   quanto   riguarda   la
 determinazione  del  reddito  pensionabile  ai fini del calcolo della
 (quota di) pensione e, piu' in generale, l'adattamento del  principio
 di   cui   si   tratta   alle   particolarita'   dei  diversi  regimi
 previdenziali.
   Si presenta pertanto, nell'a'mbito del modello rappresentato  dalla
 totalizzazione  dei periodi assicurativi, una pluralita' di soluzioni
 astrattamente ipotizzabili, idonee a costituire, per l'assicurato che
 in nessuna gestione previdenziale  abbia  maturato  il  diritto  alla
 prestazione,  un'alternativa  alla  ricongiunzione  onerosa  prevista
 dalle  disposizioni  denunciate,   in   armonia   con   i   princi'pi
 costituzionali,  tra le quali il legislatore puo' operare una scelta.
 Il necessario intervento legislativo dovra' precisare le modalita' di
 attuazione   del   principio   della   totalizzazione   dei   periodi
 assicurativi,  intesa  come  alternativa  alla   ricongiunzione   che
 risultasse  eccessivamente  onerosa  per  il  soggetto  che non abbia
 maturato i requisiti di accesso  alla  prestazione  pensionistica  in
 nessuno  degli  ordinamenti previdenziali ai quali ha contribuito nel
 corso della sua vita lavorativa.
   Potra' naturalmente  il  legislatore  disciplinare  la  materia  in
 maniera   diversa   purche'  venga  comunque  evitato  che,  a  causa
 dell'eccessiva onerosita' del sistema, risulti di fatto vanificato il
 diritto  dell'assicurato  di  avvalersi  dei   periodi   assicurativi
 pregressi.
   Nei  limiti  sopra precisati, gli artt. 1 e 2 della legge n. 45 del
 1990 devono essere dichiarati  costituzionalmente  illegittimi  nella
 parte  in  cui  non  prevedono,  in  alternativa  alla ricongiunzione
 onerosa,  il  diritto  dell'assicurato  che   in   nessuna   gestione
 previdenziale abbia maturato il diritto alla pensione di avvalersi di
 una   forma  di  totalizzazione  dei  periodi  assicurativi,  secondo
 modalita' legislativamente previste, ed in conformita'  ai  princi'pi
 sopra indicati.
   7.  -  Il pretore di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt.
 3 e 38 della Costituzione, una ulteriore  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 2 della legge n. 45 del 1990, nella parte in
 cui prevede, a carico della gestione di provenienza, il trasferimento
 alla gestione di destinazione dei contributi versati, rivalutati solo
 nella   misura  del  4,50  per  cento  all'anno.  L'esclusione  degli
 interessi legali e della rivalutazione monetaria  contrasterebbe  con
 la  ritenuta natura previdenziale del credito vantato dall'assicurato
 verso la gestione di provenienza, che, in base ai princi'pi contenuti
 nella  sentenza  n.  156  del  1991  di  questa   Corte,   richiamata
 nell'ordinanza  di rimessione, dovrebbe essere disciplinato dall'art.
 429 cod. proc.  civ.
   La questione non e' fondata.
   Questa Corte ha avuto modo di precisare che la sentenza n. 156  del
 1991  ha  fondato l'estensione della regola del cumulo di interessi e
 rivalutazione prevista per i crediti  di  lavoro  "sul  requisito  di
 adeguatezza alle esigenze di vita del lavoratore, enunciato nell'art.
 38,  secondo  comma,  Cost.",  con  riguardo alla pensione, in quanto
 prestazione dotata di "una funzione  sostitutiva  di  un  reddito  di
 lavoro  cessato"  (sentenza  n.  361  del 1996). In questi casi si fa
 riferimento  ad  una  prestazione  previdenziale  ormai  liquida   ed
 esigibile, non comparabile al "credito" - che, a rigore, l'assicurato
 puo'   esercitare   solo  attraverso  la  richiesta  di  restituzione
 eventualmente consentita  dal  singolo  ordinamento  previdenziale  -
 relativo  ai  contributi  che la legge impugnata impone alla gestione
 cedente di  trasferire  a  quella  di  destinazione,  ai  fini  della
 ricongiunzione.
   8.  - Il pretore di Milano dubita infine, in riferimento agli artt.
 38 e 53 della Costituzione, della legittimita'  costituzionale  degli
 artt.  1  e  2  della  legge n. 45 del 1990, in quanto aggraverebbero
 ulteriormente  l'onere  da  essi  imposto   attraverso   la   mancata
 previsione della sua deducibilita' fiscale.
   La questione e' inammissibile.
   Il  rimettente  imputa  agli artt. 1 e 2 della legge n. 45 del 1990
 un'omissione riferibile, se mai, all'art. 10 del d.P.R.  22  dicembre
 1986,  n.  917  (Approvazione  del  testo  unico  delle  imposte  sui
 redditi),  sollevando  tuttavia   una   questione   irrilevante   nel
 procedimento  a  quo  non potendo venire in discussione, nell'a'mbito
 dello stesso, la deducibilita' fiscale dell'onere di ricongiunzione.
   9. - Rimane assorbita ogni ulteriore censura.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
     1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli  artt.  1  e  2
 della  legge  5  marzo  1990,  n. 45 (Norme per la ricongiunzione dei
 periodi   assicurativi   ai   fini   previdenziali   per   i   liberi
 professionisti),   nella  parte  in  cui  non  prevedono,  in  favore
 dell'assicurato che non abbia maturato il diritto ad  un  trattamento
 pensionistico  in  alcuna  delle gestioni nelle quali e', o e' stato,
 iscritto, in alternativa alla ricongiunzione, il diritto di avvalersi
 dei periodi assicurativi pregressi nei limiti e secondo  i  princi'pi
 indicati in motivazione;
     2)   dichiara   inammissibile   la   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45 (Norme per
 la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali  per
 i  liberi professionisti), sollevata, in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione, dai  Pretori  di  Cagliari,  Modena  e  Milano  con  le
 ordinanze in epigrafe;
     3)   dichiara   inammissibile   la   questione   di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge  5  marzo  1990,  n.  45
 (Norme  per  la  ricongiunzione  dei  periodi  assicurativi  ai  fini
 previdenziali per i liberi professionisti), sollevata, in riferimento
 agli artt. 38 e 53 della Costituzione,  dal  pretore  di  Milano  con
 l'ordinanza in epigrafe;
     4)   dichiara   non   fondate   le   questioni   di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge  5  marzo  1990,  n.  45
 (Norme  per  la  ricongiunzione  dei  periodi  assicurativi  ai  fini
 previdenziali per i liberi professionisti), sollevate, in riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, dai  Pretori  di  Cagliari,  Modena  e
 Milano con le ordinanze in epigrafe;
     5)   dichiara   non   fondata   la   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45 (Norme per
 la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali  per
 i liberi professionisti), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38
 della   Costituzione,  dal  pretore  di  Milano  con  l'ordinanza  in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Contri
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 marzo 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0200