N. 62 SENTENZA 24 febbraio - 5 marzo 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico  -  Incrementi  stipendiali   per   il   personale
 dirigenziale  in  servizio - Omessa previsione di analogo trattamento
 per il personale in  quiescenza  -  Riferimento  alla  giurisprudenza
 della  Corte  in  materia (vedi sentenza nn. 409/1995, 226 e 42/1993,
 119/1991,  20/1991  e  173/1986)  -  Insussistenza  di  un  principio
 costituzionale  che  imponga  l'automatico adeguamento delle pensioni
 agli stipendi - Non fondatezza.
 
 (D.-L. 27 dicembre 1989, n. 413, art. 1, comma 2, convertito in legge
 28 febbraio 1990, n. 37; d.-l. 24 novembre  1990,  n.  344,  art.  5,
 convertito  in  legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
 legge 23 gennaio 1991, n. 21; d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5, artt. 2,  3
 e  4, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge
 6 marzo 1992, n. 216, art. 1).
 
 (Cost., artt. 3, 36 e 38).
 
(GU n.10 del 10-3-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
 Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.
 Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE,
 avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 1,
 (recte: 2) del d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413  (Disposizioni  urgenti
 in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle
 categorie   ad  essi  equiparate,  nonche'  in  materia  di  pubblico
 impiego), convertito in legge 28 febbraio 1990, n.  37,  dell'art.  2
 (recte:    5)  del  d.-l. 24 novembre 1990, n. 344 (Corresponsione ai
 pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti  economici  relativi
 al  periodo  contrattuale  19881990,  nonche' disposizioni urgenti in
 materia di pubblico impiego), convertito  in  legge,  con  modifiche,
 dall'art.    1,  comma 1, della legge 23 gennaio 1991, n. 21, e degli
 artt. 2, 3 e 4 del d.-l. 7 gennaio  1992,  n.  5  (Autorizzazione  di
 spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali
 dell'arma  dei  Carabinieri  in  relazione  alla sentenza della Corte
 costituzionale n. 277 del  3  12  giugno  1991  e  all'esecuzione  di
 giudicati, nonche' perequazione dei trattamenti economici relativi al
 personale   delle  corrispondenti  categorie  delle  altre  forze  di
 polizia), convertito in legge, con modifiche, dall'art. 1 della legge
 6 marzo 1992, n.  216, promosso con ordinanza  emessa  il  24  giugno
 1997  dalla  Corte  dei  conti  sul ricorso proposto Droghini Roberto
 contro il Ministero della difesa, iscritta al  n.  867  del  registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visti  l'atto di costituzione di Droghini Roberto nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1999 il giudice relatore
 Fernando Santosuosso;
   Uditi l'avv. Filippo de Jorio per  Droghini  Roberto  e  l'Avvocato
 dello  Stato  Luigi  Mazzella  per  il  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  del  giudizio  promosso  dal  colonnello Roberto
 Droghini,  collocato  a  riposo  in  data  15  marzo  1983,  per   la
 riliquidazione del proprio trattamento pensionistico sulla base degli
 aumenti  retributivi  corrisposti a favore del personale dirigenziale
 in servizio,  la  Corte  dei  conti,  Sezione  seconda  centrale,  ha
 sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  1,  del
 d.-l.  27  dicembre  1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di
 trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie  ad
 essi  equiparate, nonche' in materia di pubblico impiego), convertito
 in legge 28 febbraio 1990, n. 37, dell'art. 2 del d.-l.  24  novembre
 1990,  n.  344  (Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui
 miglioramenti economici relativi al  periodo  contrattuale  19881990,
 nonche'   disposizioni  urgenti  in  materia  di  pubblico  impiego),
 convertito in legge, con modifiche, dall'art. 1, comma 1, della legge
 23 gennaio 1991, n. 21, e degli artt. 2, 3 e 4 del  d.-l.  7  gennaio
 1992,   n.  5  (Autorizzazione  di  spesa  per  la  perequazione  del
 trattamento economico dei sottufficiali dell'arma dei Carabinieri  in
 relazione  alla  sentenza  della Corte costituzionale n. 277 del 3 12
 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonche'  perequazione  dei
 trattamenti  economici  relativi  al  personale  delle corrispondenti
 categorie delle altre forze di polizia),  convertito  in  legge,  con
 modifiche, dall'art. 1 della legge 6 marzo 1992, n.  216.
   Il  giudice  a quo premette che una questione analoga alla presente
 e' stata dichiarata inammissibile con la sentenza n.  178  del  1995;
 tale  pronuncia,  peraltro,  essendo  fondata sulla genericita' della
 prospettazione  (erano  impugnati   i   testi   integrali   dei   tre
 decreti-legge),  non  puo'  avere  alcun  effetto  preclusivo in sede
 odierna, ove le norme sono puntualmente indicate.
   Cio' posto la Corte rimettente sottolinea che, in  conseguenza  dei
 miglioramenti  economici  introdotti  dalle  norme  impugnate per gli
 stipendi dei dipendenti in servizio, si e' venuta a creare  in  danno
 dei  pensionati  una  sperequazione  cosi'  grave  da essere in tutto
 assimilabile a quella corretta  dalla  Corte  costituzionale  con  la
 sentenza n. 1 del 1991.
   Tenuto   conto  della  natura  di  retribuzione  differita  che  la
 giurisprudenza costituzionale riconosce alla   pensione, questa  deve
 essere  in  grado,  secondo  l'art.  36  Cost.,  di assicurare all'ex
 dipendente ed alla sua famiglia un'esistenza libera  e  dignitosa;  e
 cio' e' possibile solo se sussiste una ragionevole corrispondenza tra
 gli  incrementi  stipendiali  e  quelli pensionistici. D'altra parte,
 secondo quanto ribadito dalle sentenze nn.  42  e  226  del  1993  di
 questa  Corte, la proporzionalita' e l'adeguatezza del trattamento di
 quiescenza devono esistere non solo al momento della  cessazione  dal
 servizio, ma anche in seguito.
   Nel  caso  in  esame,  invece,  l'obiettivo  di  perequazione delle
 pensioni contenuto nel d.-l. 16 settembre 1987, n. 379, convertito in
 legge 14 novembre 1987, n. 468 e' stato totalmente  vanificato  dalle
 norme   oggi   sospettate  di  incostituzionalita',  le  quali  hanno
 incrementato le retribuzioni rispettivamente del 15%, del 15%  e  del
 9%,  determinando cosi' una divaricazione tra queste e le pensioni di
 circa il 47%.  Pur essendo indubbio che il legislatore gode di  ampia
 discrezionalita'   nella   fissazione  dei  rapporti  tra  incrementi
 stipendiali  ed  incrementi  pensionistici,  e'  paradossale  che due
 dirigenti di pari grado, con identica attivita' di servizio,  vengano
 a ricevere trattamenti di quiescenza sensibilmente diversi sulla base
 del  solo  fattore temporale, con sicuro danno per il dipendente piu'
 anziano, che solitamente e' anche quello con maggiori necessita'.
   Il giudice rimettente, quindi,  conclude  chiedendo  che  le  norme
 impugnate  vengano  dichiarate  costituzionalmente  illegittime nella
 parte in cui non prevedono l'estensione dei benefici ivi  contemplati
 al personale gia' collocato a riposo.
   2.   -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituito il colonnello  Droghini,  chiedendo  l'accoglimento  della
 questione.
   Nella  articolata  memoria  la  parte  privata fa propri i passaggi
 logici  dell'ordinanza  di  rimessione,   sottolineando   la   palese
 irrazionalita'  di  una normativa che, obliterando il contenuto delle
 sentenze n.  1 del 1991 e n. 501 del 1988 della Corte costituzionale,
 crea  notevolissime  differenze  tra  pensionati  e   lavoratori   in
 servizio,  oltre che tra pensionati e pensionati, sulla base del solo
 dato  temporale  (c.d.     pensioni  d'annata).  D'altra   parte   la
 giurisprudenza  costituzionale  ha  ribadito  in  subiecta  materia i
 principi della  proporzionalita'  e  della  necessita'  del  continuo
 adeguamento  dei trattamenti di quiescenza a quelli dei dipendenti in
 servizio,   esigendo   che   vi   sia   sempre   quella   ragionevole
 corrispondenza  che,  pur  non  traducendosi  in  assoluta identita',
 garantisce pur sempre che siano rispettati i parametri  di  cui  agli
 artt. 36 e 38 della Carta fondamentale.
   3.  - Nel giudizio e' intervenuto anche il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la  questione  venga dichiarata inammissibile
 ovvero infondata.
   La difesa erariale osserva che la normativa da scrutinare e' immune
 dai lamentati vizi, poiche' il legislatore ha il potere  di  disporre
 precisi  limiti  temporali  per  l'applicabilita'  delle norme nuove,
 tanto  piu'  che  il   tempo   e'   un   fondamentale   elemento   di
 diversificazione delle situazioni giuridiche.
                         Considerato in diritto
   1. - La Corte dei conti, Sezione seconda centrale, ha sollevato, in
 riferimento  agli  artt.  3, 36 e 38 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,  del  d.-l.  27
 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento
 economico  dei  dirigenti  dello  Stato  e  delle  categorie  ad essi
 equiparate, nonche' in materia di pubblico  impiego),  convertito  in
 legge  28  febbraio  1990,  n.  37, dell'art. 2 del d.-l. 24 novembre
 1990, n. 344 (Corresponsione ai pubblici dipendenti  di  acconti  sui
 miglioramenti  economici  relativi  al periodo contrattuale 19881990,
 nonche'  disposizioni  urgenti  in  materia  di  pubblico   impiego),
 convertito in legge, con modifiche, dall'art. 1, comma 1, della legge
 23  gennaio  1991,  n. 21, e degli artt. 2, 3 e 4 del d.-l. 7 gennaio
 1992,  n.  5  (Autorizzazione  di  spesa  per  la  perequazione   del
 trattamento  economico dei sottufficiali dell'arma dei Carabinieri in
 relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277  del  3  12
 giugno  1991  e all'esecuzione di giudicati, nonche' perequazione dei
 trattamenti economici  relativi  al  personale  delle  corrispondenti
 categorie  delle  altre  forze  di polizia), convertito in legge, con
 modifiche, dall'art. 1 della legge 6 marzo 1992, n.  216.
   2.  -  Va  preliminarmente  osservato  che il giudice a quo volendo
 sottoporre allo scrutinio di questa Corte le norme che hanno disposto
 incrementi degli stipendi, ha invece  indicato  articoli  diversi  da
 quelli  che  specificamente  prevedono  detti  aumenti stipendiali (e
 cioe' piu' esattamente: l'art. 1, comma  2,  del  d.-l.  27  dicembre
 1989,  n.  413, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37, e l'art.
 5 del d.-l. 24 novembre  1990,  n.  344,  convertito  in  legge,  con
 modifiche, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 gennaio 1991, n. 21).
 Tuttavia,    la    questione   delineata   in   termini   sostanziali
 sufficientemente chiari nell'ordinanza  di  rimessione,  puo'  essere
 ugualmente decisa, previa correzione di detto errore.
   3. - Nel merito la questione non e' fondata.
   Le  norme  impugnate  si  limitano,  secondo  quanto rilevato dallo
 stesso giudice a quo a disporre  incrementi  degli  stipendi  per  il
 personale   dirigenziale   in  servizio,  senza  che  vi  sia  alcuna
 previsione riguardante il personale  in  quiescenza.  Tale  omissione
 legislativa,  osserva  l'ordinanza  di  rimessione,  non  rispettando
 l'esigenza  del   necessariocostante   adeguamento   della   dinamica
 pensionistica a quella stipendiale, avrebbe determinato una eccessiva
 divaricazione  tra gli emolumenti percepiti dal personale in servizio
 e quelli dei colleghi di  pari  grado  collocati  a  riposo  in  data
 antecedente  all'entrata in vigore delle norme contestate.  Si chiede
 pertanto nel dispositivo la declaratoria di incostituzionalita' delle
 disposizioni relative agli aumenti stipendiali "nella  parte  in  cui
 non  prevedono  l'estensione  dei  benefici  da  essi  contemplati al
 personale collocato in quiescenza".
   4.  -  Nei  termini   della   questione,   cosi'   come   impostata
 dall'ordinanza,  e'  decisivo rilevare in questa sede che la costante
 giurisprudenza di questa Corte (v. le sentenze n. 409  del  1995,  n.
 226  e  n.  42 del 1993, n. 119 del 1991, n. 20 del 1991 e n. 173 del
 1986) ha sempre ribadito contrariamente a quanto prospetta il giudice
 rimettente che non vi e'  un  principio  costituzionale  che  imponga
 l'automatico adeguamento delle pensioni agli stipendi.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  1,  comma  2,  del  d.-l.  27  dicembre   1989,   n.   413
 (Disposizioni   urgenti  in  materia  di  trattamento  economico  dei
 dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi  equiparate,  nonche'
 in  materia  di  pubblico  impiego),  convertito in legge 28 febbraio
 1990, n. 37, dell'art.    5  del  d.-l.  24  novembre  1990,  n.  344
 (Corresponsione  ai  pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti
 economici  relativi  al  periodo   contrattuale   19881990,   nonche'
 disposizioni  urgenti  in materia di pubblico impiego), convertito in
 legge, con modifiche, dall'art.  1, comma 1, della legge  23  gennaio
 1991,  n.  21,  e degli artt. 2, 3 e 4 del d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5
 (Autorizzazione  di  spesa  per  la  perequazione   del   trattamento
 economico  dei  sottufficiali  dell'arma dei Carabinieri in relazione
 alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3 12 giugno  1991
 e  all'esecuzione  di giudicati, nonche' perequazione dei trattamenti
 economici relativi al personale delle corrispondenti categorie  delle
 altre   forze  di  polizia),  convertito  in  legge,  con  modifiche,
 dall'art. 1 della  legge  6  marzo  1992,  n.    216,  sollevata,  in
 riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, dalla Corte dei
 conti, Sezione seconda centrale, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 marzo 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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