N. 81 ORDINANZA 11 - 18 marzo 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale - Utilizzabilita' delle dichiarazioni rese nel corso
 delle indagini preliminari da imputati in procedimento  connesso  che
 si  avvalgano  in  dibattimento  della  facolta'  di non rispondere -
 Analoghe questioni gia' decise con sentenza n. 361/1998 -  Disciplina
 transitoria  delle regole di acquisizione e valutazione della prova -
 Analoga questione gia' dichiarata inammissibile dalla Corte in quanto
 l'art. 514 c.p.p. non ha autonomo contenuto normativo  rispetto  alle
 regole  di  utilizzazione  probatoria  delle  dichiarazioni  rese  in
 precedenza - Esigenza di nuova valutazione della questione  da  parte
 del  giudice  a  quo  a  seguito  della citata sentenza della Corte -
 Manifesta inammissibilita'  -  Restituzione  degli  atti  al  giudice
 rimettente.
 
 (C.P.P. artt. 514 e 513, comma 2).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 101, secondo comma, e 111, primo comma).
 
(GU n.12 del 24-3-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Renato GRANATA;
 Giudici: prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 513, commi 1 e
 2, e 514 del codice di procedura penale, nel testo  modificato  dalla
 legge  7  agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni del codice
 di procedura penale in tema di valutazione delle prove), promossi con
 ordinanze emesse il 5 novembre 1997 dal Tribunale di Napoli, il 24  e
 17  febbraio  1998 dal Tribunale di Verbania, il 18 novembre 1997 dal
 Tribunale di Napoli ed il 18 febbraio 1998 dal Tribunale di Avezzano,
 rispettivamente iscritte ai nn. 236, 301, 324, 388 e 397 del registro
 ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 nn. 15, 18, 19 e 23, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 febbraio 1999 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che il Tribunale di Napoli (r.o.  n.  236  del  1998),  il
 Tribunale di Verbania (r.o. nn. 301 e 324 del 1998) e il Tribunale di
 Avezzano  (r.o. n. 397 del 1998) hanno sollevato, in riferimento agli
 artt. 3, 24, 25, 101, 111 e  112  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  513,  comma 2, del codice di
 procedura penale, come modificato dalla legge 7 agosto 1997, n.   267
 (Modifica  delle  disposizioni del codice di procedura penale in tema
 di valutazione delle prove), nella parte in cui subordina all'accordo
 delle  parti  l'utilizzabilita'  ai  fini   della   decisione   delle
 dichiarazioni    rese   nella   fase   delle   indagini   preliminari
 dall'imputato in procedimento connesso che si avvalga in dibattimento
 della facolta' di non rispondere;
     che, in particolare, il Tribunale di Avezzano impugna, unitamente
 al comma 2 dell'art. 513 cod. proc. pen.,  anche  il  comma  1  della
 medesima   disposizione   e   l'art.  514  dello  stesso  codice,  in
 riferimento agli artt. 3, 24, 101, secondo comma, e 111, primo comma,
 Cost;
     che con diversa ordinanza il Tribunale di Napoli (r.o. n. 388 del
 1998) ha sollevato, in riferimento agli  artt.  2,  3,  24,  primo  e
 secondo  comma, 25, secondo comma, 101, 111 e 112 Cost., questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, cod. proc.   pen.
 "nella  parte  in cui consente al soggetto citato ex art. 210 c.p.p.,
 che  durante  le  indagini  preliminari  aveva  inteso rispondere, di
 avvalersi  della   facolta'   di   non   rendere   dichiarazioni   in
 dibattimento";
     che  tutte  le  questioni  sono  state  sollevate  nel  corso  di
 dibattimenti nei quali  alcuni  imputati  in  procedimenti  connessi,
 citati per la prima volta dopo l'entrata in vigore della legge n. 267
 del 1997, si erano avvalsi della facolta' di non rispondere, e che le
 parti  non  hanno  prestato  il  consenso  alla  utilizzazione  delle
 dichiarazioni rese in precedenza;
     che i rimettenti denunciano il contrasto dell'art. 513, comma  2,
 cod.  proc. pen. con l'art. 3 della Costituzione per la irragionevole
 diversita' della disciplina riservata  alle  dichiarazioni  rese  nel
 corso   delle  indagini  preliminari  dall'imputato  in  procedimento
 connesso che  in  dibattimento  si  avvalga  della  facolta'  di  non
 rispondere,  utilizzabili  solo  con l'accordo delle parti, rispetto:
 alla disciplina prevista per le dichiarazioni testimoniali  rese  nel
 corso  delle  indagini preliminari e, fra queste, quelle del prossimo
 congiunto dell'imputato (r.o. nn. 301 e 324 del 1998; r.o. n. 388 del
 1998, che evoca congiuntamente anche l'art. 111 Cost; r.o. n. 397 del
 1998); alla disciplina dettata nel comma 1 dell'art. 513  cod.  proc.
 pen.,  secondo  cui  le  dichiarazioni  del coimputato che rifiuta in
 dibattimento di sottoporsi all'esame sono utilizzabili nei  confronti
 dell'imputato che vi consenta (r.o.  n. 397 del 1998);
     che  nella prima ordinanza (r.o. n. 236 del 1998) il Tribunale di
 Napoli ravvisa la violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto  il
 profilo  della  disparita' di trattamento tra l'imputato raggiunto da
 dichiarazioni  accusatorie  rese  da  un  imputato  in   procedimento
 connesso  divenute  irripetibili  ai  sensi  dell'art. 512 cod. proc.
 pen., come tali utilizzabili per la decisione, e  l'imputato  attinto
 dalle   dichiarazioni   di  un  imputato  in  procedimento  connesso,
 irripetibili  a  seguito  dell'esercizio  della   facolta'   di   non
 rispondere, ma inutilizzabili ai fini della decisione;
     che  nella  seconda ordinanza (r.o. n. 388 del 1998) il Tribunale
 di Napoli censura  inoltre,  in  riferimento  anche  agli  artt.  24,
 secondo  comma,  111 e 112 Cost., la disciplina contenuta nel comma 2
 dell'art.  513 cod. proc. pen. perche' fa dipendere  l'esercizio  del
 diritto  dell'imputato al controesame dalla scelta del dichiarante di
 avvalersi o meno della facolta' di non  rispondere,  con  conseguente
 disparita' di trattamento tra imputati e violazione del principio del
 giusto  processo,  del  libero  convincimento  del  giudice  e  della
 obbligatorieta' dell'azione penale;
     che inoltre, secondo i rimettenti,  l'art.  513,  comma  2,  cod.
 proc.   pen.,   vietando   in   mancanza   dell'accordo  delle  parti
 l'acquisizione delle dichiarazioni legittimamente assunte  prima  del
 dibattimento,   deroga   irragionevolmente   al   principio   di  non
 dispersione della prova e impedisce al giudice  la  piena  conoscenza
 dei fatti del giudizio, cosi' sacrificando l'esercizio della funzione
 giurisdizionale,  il  cui fine e' quello della ricerca della verita',
 con conseguente  lesione  anche  del  principio  dell'obbligatorieta'
 dell'azione  penale,  in  contrasto  con  gli  artt.  3, 24, 25, 101,
 secondo comma, e 112 della Costituzione (r.o. nn. 301 e 324 del 1998)
 e con gli artt. 3, 25, secondo comma, 112 della Costituzione (r.o. n.
 388 del 1998, che evoca altresi'  l'art.  2  della  Costituzione  per
 contrasto  della  disciplina  con  "il principio di responsabilita' e
 collaborazione in vista dell'accertamento della verita'");
     che,  ad  avviso  dei  giudici a quibus l'art. 513, comma 2, cod.
 proc. pen., subordinando alla volonta' delle parti  l'ingresso  delle
 dichiarazioni rese in precedenza da imputati in procedimenti connessi
 fra  il materiale probatorio sottoposto alla valutazione del giudice,
 introduce  un  principio  dispositivo  in  materia   probatoria,   in
 contrasto  con i principi di legalita', esercizio dell'azione penale,
 funzione  conoscitiva   del   processo   e   indefettibilita'   della
 giurisdizione,  con  violazione  degli artt. 25, 101, 111 e 112 della
 Costituzione (r.o. n. 236 del 1998) e degli artt. 101, secondo comma,
 e 111, primo comma, della Costituzione (r.o. n.  397  del  1998,  che
 evoca  anche  l'art. 24 della Costituzione per violazione del diritto
 di difesa della parte civile e del coimputato che  possono  avere  in
 ipotesi interesse alla utilizzazione di dichiarazioni favorevoli);
     che  nei  giudizi  promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 236,
 301, 324, 388 e 397 del r.o. del 1998 e'  intervenuto  il  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
 generale dello Stato, riportandosi integralmente,  stante  l'analogia
 delle  questioni,  al  contenuto  dell'atto di intervento relativo ai
 giudizi di costituzionalita' promossi con le  ordinanze  iscritte  ai
 nn.  776 e 787 del r.o. del 1997, gia' decisi con sentenza n. 361 del
 1998,  nonche'  all'atto  di  intervento  relativo   alla   questione
 sollevata  con  ordinanza  del 1 dicembre 1997 dal Tribunale di Lecco
 (r.o. n. 112 del 1998).
   Considerato che tutte le  ordinanze  di  rimessione,  muovendo  dal
 quadro  normativo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7
 agosto  1997,  n.  267,  sottopongono  a   censura   il   regime   di
 inutilizzabilita'  ai  fini della decisione, in mancanza dell'accordo
 delle parti, delle  dichiarazioni  rese  nella  fase  delle  indagini
 preliminari  dall'imputato in procedimento connesso che si avvalga in
 dibattimento della facolta' di non rispondere;
     che i giudizi, attesa l'analogia delle questioni, vanno riuniti;
     che,  successivamente  alla  emissione  delle  ordinanze,  questa
 Corte,  con  sentenza  n. 361 del 1998, ha inciso sul predetto quadro
 normativo, dichiarando la illegittimita' costituzionale, tra l'altro,
 dell'art.   513, comma 2, ultimo periodo,  del  codice  di  procedura
 penale  "nella  parte  in cui non prevede che, qualora il dichiarante
 rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su  fatti
 concernenti  la  responsabilita'  di  altri  gia'  oggetto  delle sue
 precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle  parti  alla
 lettura  si  applica  l'art.    500,  commi  2-bis e 4, del codice di
 procedura penale";
     che pertanto occorre restituire gli atti  ai  giudici  rimettenti
 affinche'   verifichino   se,   alla   luce  della  nuova  disciplina
 applicabile a seguito della sentenza n. 361 del  1998,  le  questioni
 sollevate siano tuttora rilevanti;
     che,   per   quanto   concerne   la   questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 514 cod. proc. pen. sollevata dal  Tribunale
 di  Avezzano,  con  la sentenza richiamata questa Corte ha dichiarato
 l'inammissibilita' di analoga questione, sul presupposto che  "l'art.
 514  non  ha  autonomo  contenuto  normativo  rispetto alle regole di
 utilizzazione probatoria delle dichiarazioni rese in precedenza";
     che   pertanto   la   questione   va   dichiarata  manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la manifesta inammissibilita' della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 514 del codice  di
 procedura  penale,  sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 24, 101,
 secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione  dal  Tribunale
 di Avezzano con l'ordinanza in epigrafe;
   Ordina  la  restituzione  degli  atti  al  Tribunale  di Napoli, al
 Tribunale di Verbania, al Tribunale di Avezzano,  in  relazione  alla
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 2, del
 codice di procedura penale.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 marzo 1999.
 Il Presidente: Granata
 Il redattore: Neppi Modona
 Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 marzo 1999.
 Il direttore della cancelleria: Di Paola
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